E P I S T E M E DIVULGAZIONE DEI FONDAMENTI DEL SAPERE
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www.episteme.it GRANDE TEORIA GENERALE.
In questo file saranno esposte le ultime riflessioni in senso cronologico, su una teoria generale dei fenomeni alchemici, la cui stesura non è ulteriormente dilazionabile.
STHEPHEN HAWKING E LA SOLUZIONE “INTERA” da “Dal big bang ai buchi neri” pag. 24 : aggiunta del 4 febbraio 1997. “Risulta molto difficile escogitare una teoria in grado di descrivere l’intero funzionamento dell’universo. Abitualmente noi scomponiamo il problema in varie parti e inventiamo varie teorie parziali. Ognuna di queste teorie descrive e predice una certa classe limitata di osservazioni, trascurando gli effetti di altre quantità, o rappresentandole per mezzo di semplici insiemi di numeri. Può darsi che questa impostazione sia completamente sbagliata. Se ogni cosa dell’universo dipende in un modo fondamentale da ogni altra cosa, potrebbe essere impossibile approssimarsi a una soluzione completa investigando isolatamente le diverse parti del problema. (Tiphaigne de la Roche sostiene esattamente la stessa cosa)Nondimeno, e certamente questo il modo in cui abbiamo proceduto in passato. L’esempio classico è anche in questo caso, la teoria newtoniana della gravità, la quale ci dice che la forza gravitazionale che si esercita fra due corpi dipende solo da un numero associato a ciascun corpo, la sua massa, mentre è per altro verso indipendente dalla composizione del corpo. Non c’è quindi bisogno di possedere una teoria della struttura e della composizione del Sole e dei pianeti per poterne calcolare le orbite. Oggi gli scienziati descrivono l’universo nei termini di teorie fondamentali parziali: la teoria generale della relatività e la meccanica quantistica. Queste due teorie sono le grandi conquiste intellettuali della prima metà di questo secolo. La teoria generale della relatività descrive la forza di gravità e la struttura dell’universo su scale molto grandi comprese da pochi chilometri a milioni di miliardi di miliardi ( 1 seguito da ventiquattro zeri) di chilometri, che sono le dimensioni dell’universo osservabile. La meccanica quantistica si occupa invece di fenomeni su scale estremamente piccole, come un milionesimo di millonesimo di centimetro. E’ noto però che queste due teorie sono purtroppo in disaccordo fra loro, e non possono quindi essere entrambe corrette. Una delle maggiori imprese della fisica di oggi che è anche il tema principale di questo libro - è la ricerca di una nuova teoria che le includa entrambe. Una teoria quantistica della gravità.
CARATTERE STATISTICO DELLA FISICA E RINUNCIA ALLA DESCRIZIONE DI EVENTI ISTANTANEI : Recentemente (8 Agosto 1996) mi sono imbattuto in un’ottimo testo di fisica, il Pasachoff. Ebbene gli autori sostanzialmente convengono sul fatto che la meccanica razionale non può, e neanche tenta di descrivere variazioni brusche ed istantanee del moto quale che esso sia di un corpo puntiforme. Quello che la meccanica razionale può descrivere sono solo variazioni medie delle caratteristiche di questo moto in un certo intervallo. E , difatto la descrizione in questo intervallo è puramente statistica. Il moto viene descritto, in un certo qual modo solo dai risultati prodotti in un’intervallo considerato. E non è assolutamente possibile diversamente. Curve che prevedono variazioni istantanee sono affrontabili dalla matematica, ma non dalla fisica. Questa è un’affermazione del testo riportata para para. Ebbene : variazioni istantanee e per tanto non descrivibili possono avere conseguenze stabili e permanenti. Un’esempio pedestre : una macchina impiega due ore a percorrere venti chilometri. Alle ore 20 è in un posto , alle ore 22 è in un’altro distante per l’appunto venti chilometri. Essa ha viaggiato ad una media di 10 Km ora. Dopo 15 chilometri di percorrenza è scoppiato uno pneumatico. Se la macchina ha viaggiato davvero a 10 km ora per tutta la durata dell’esperienza, conformemente alla rappresentazione fisica dello spostamento, noi la ritroveremo a posto sia pure con la gomma scoppiata dopo i famosi venti chilometri percorsi. Supponiamo che la macchina sia stata invece ferma per la massima parte delle due ore, e che abbia percorso i venti chilometri a 300 Km/h o più in modo da trovarsi alle 22 a venti km dal punto di partenza pur essendo partita diciamo all’ultimo minuto. La gomma scoppia sempre dopo 15 km di percorrenza. Ritroveremo, se la ritroveremo, la macchina completamente distrutta. Una ragazza ci è indifferente. Anch’essa non prova alcunché di particolare nei nostri confronti. In un’attimo particolare ed irripetibile (si noti quanto è usata questa espressioneirripetibile, dunque non fisico- nella vita di tutti i giorni) succede qualcosa. Può rimanere gravida. Non le interesseremo più, epperò la gestazione ormai va avanti lo stesso. Nei diagrammi di Feyman si ammette in pratica che ogni particella può essere e difatto è una somma di tutto quel che si vòle purché si consideri un’attimo abbastanza piccolo. Scomponiamo un protone in n particelle. Se una fosse annichilata in una reazione parimenti possibile nell’attimo considerato, in un certo qual modo due istantaneità contemporanee, il protone si trasformerebbe. Due, o in senso lato n eventi istantanei contemporanei, o meglio coesistenti non sono poi una cosa così rara. Esaminando un grande numero di strutture interagenti la coesistenza di singolarità sarà verosimilmente assai frequente, invece. E forse l’alchimia su questo funziona e si basa. Singolarità coesistenti e istantanee, dalle conseguenze irreversibili. Se così fosse verosimilmente l’alchimia è fuori dalle possibilità di descrizione della fisica classica.
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www.episteme.it “L’INSPIEGABILE EFFICACIA DELLA MATEMATICA NELLE SCIENZE NATURALI” Da “Personaggi e Scoperte della fisica classica” di Emilio Segré, pag.107 : L’influenza della matematica sulla fisica fu sorprendente. Risultò infatti che teorie create per ragioni puramente matematiche erano applicabili alla fisica. Questo strano risultato costituisce ancor oggi un enigma, benché se ne possano dare spiegazioni ipotetiche. Per taluni le teorie matematiche, inventate da matematici puri senza alcuna considerazione per le loro possibili applicazioni, forniscono schemi di ragionamento e modelli di deduzioni adatti alla mente umana, e lo scienziato può quindi trovare i fenomeni che calzano con il paradigma da esse offerto. Ciò però non risolve il problema del perché si verifichi questo accordo tra teoria e fenomeni. Eugene Wigner, l’insigne fisico matematico che tanto fece per introdurre la teoria dei gruppi nella fisica moderna, ha scritto un saggio su L’inspiegabile efficacia della matematica nelle scienze naturali nel quale il lettore troverà idee molto interessanti. Vi è anche la possibilità che questa concordanza si limiti solo a certe parti della scienza, e che, proprio per questo motivo, tali parti siano state sviluppate diventando quindi più note mentre un vasto campo delle scienze o delle dottrine o dei problemi non accessibili alla matematica rimane in ombra. Qualunque ne sia la causa, l’applicazione di teorie create per ragioni puramente matematiche, e senza attenzione alcuna alla loro possibile applicabilità alla fisica, è un fenomeno sorprendente che è continuato per più di un secolo...” GRAVITA’ ED INTERFACCIA Sempre dal Pasachoff ( pag. 194) apprendiamo che la risultante della forza gravitazionale all’interno di un corpo pieno è nulla, analogamente alla carica elettrica ; per tanto anche per la gravità esiste una sorta di effetto pelle per il quale la carica gravitazionale di un corpo è funzionale alla sua massa, ma di fatto si libera dalla sua superficie esterna. Insomma anche per la forza di gravità abbiamo una sorta di effetto di interfaccia, di discontinuità a me particolarmente simpatica. FORZE DI MAREA E LIMITE DI ROCHE . ANCHE A LIVELLO NUCLEARE ? A pag. 196, 8.7. del Pasachoff troviamo esposta la teoria, confermata dalle osservazioni astronomiche, del limite di Roche. Essa consiste in questo : è possibile per un pianeta avere una luna, ovvero un corpo che gli rotea attorno con una certa massa diremmo rilevante, solo oltre una certa distanza -il limite di Roche appunto- dal centro gravitazionale del pianeta o corpo maggiore. Sotto a questo limite, le forze cosiddette di marea del corpo maggiore fanno letteralmente a pezzi il corpo roteante, e è possibile avere solo satelliti, e non lune, roteanti attorno ad un corpo entro il limite di Roche. Ora pag. 199 “Entro i limiti di Roche dei pianeti Giove, Saturno, Urano, Nettuno si trovano effettivamente solo satelliti e anelli, e oltre questo limite lune. Ora ci si chiede : a livello nucleare, attorno per esempio al nucleo, o attorno ad un protone o a quel che si vòle, non potrebbero esistere fenomeni analoghi ? Ovvero forze che da un certo punto in poi come dire “coagulano” e sotto questo punto “solvono” ? Anche lo stesso Pasachoff , nella prima parte del testo, tratta l’elettrone come un corpo planetario roteante eccetera attorno al nucleo e così via.
GLI STUDI ALCHEMICI DI NEWTON Sempre Segré ci conferma, v. p. 96 del suo libro sulla storia della fisica classica, della grande applicazione e passione di Newton per l’alchimia, anche se in realtà questo aspetto del pensiero di Newton viene grosso modo riportato ai disturbi psichici di cui pare proprio che ad un certo punto della sua vita dovette soffrire, attribuiti o ad intossicazione da mercurio o ad altra causa, e che in effetti lo portarono, per circa un buon anno, ad urtarsi con tutti i suoi più cari e fedeli amici. Ma ammettendo pure che tale passione sia senz’altro da legarsi al lato “oscuro” di Newton, ai suoi studi biblici, in una parola alle mille stramberie cui certamente andava soggetto Segré nella sua tentata “intervista immaginaria” lo descrive proprio come un pazzo, su questo mi pare proprio non ci sia dubbio alcuno- pure lo stesso Segré ci dice che la passione di Newton era l’esperimento pratico, e che ipotesi non verificabili sperimentalmente non rientravano punto nella sfera dei suoi interessi. E’ accertato che l’alchimia per lui fosse una dottrina importante e rispettabile. Se ne dovrebbe dedurre che Newton dovrebbe aver avuto almeno una prova inconfutabile della validità pratica e sperimentale dell’alchimia. O solo per questa disciplina avrebbe derogato rispetto alle sue convinzioni. Certamente, secondo la testimonianza del suo copista, che si chiamava H. Newton pur non essendo suo parente “nel periodo in cui egli stava scrivendo i Principia (realizzando, in altre parole, un lavoro quasi sovrumano, se si tien conto della velocità con cui il testo fu scritto), si occupava assiduamente anche di alchimia.- E’ proprio nei principia il famoso Hypotheses non fingoNewton possedeva un forno a muffola per esperimenti: Per sei settimane in primavera e sei in autunno, il fuoco non era quasi mai spento in laboratorio, che era ben fornito di materiali chimici come le sostanze, i recipienti gli alambicchi, i crogioli, eccetera: cose di cui faceva scarso uso, salvo che per i crogioli nei quali faceva fondere i metalli; a volte, ma di rado. Consultava un vecchio libro ammuffito che giaceva in laboratorio. Credo si trattasse di un libro di Agricola intitolato De Metallis, e che il suo scopo principale fosse la trasmutazione dei metalli, per la quale l’antimonio era un ingrediente essenziale.” Gli studi di alchimia di Newton rimangono confinati nei suoi manoscritti e di essi non è stato pubblicato quasi nulla. (Io per la verità ricordo di aver visto, in vetrina alla libreria Tombolini un testo di tale Elisabetta Better-Dodd o qualcosa di simile, in inglese intitolato ad un dipresso “I Fondamenti dell’Alchimia di Newton” costosissimo ) Il suo genio non si estendeva alla chimica: il fondatore della fisica matematica non è infatti importante per la storia della chimica. Forse era necessaria una diversa forma mentale per fare progressi in quella scienza. Alcune riflessioni sul nitro e tartaro sono riportate nel frammento, l’unico di cui dispongo, delle riflessioni alchemiche di Isaac Newton, originariamente in inglese, a commento del “FARMACO CATHOLICO” DI JOANNES DE MONTE-SNYDERS, riportate tradotte in francese da B. Husson, a pag. 192 della sua prima raccolta sull’Alchimia. “La première chose à comprendre, ce sont les trois feux mystérieux. Le premier doit rendre le metal fusibile et c’est, sans enigme alcune, le regule d’antimoine. Le second doit etre en sympathie avec le feu métallique et Snyders déclare aussi qu’il est double, bien qu’il se propose de le considerer comme unique. Bien qu’il soit constitué de natures douées de qualites contraires, il lui suffit qu’elles aient le meme effet dans l’accom- plissement de son dessein. Il l’appelle un feu sympathique hermaphrodite brùlant. Il dit que le soufre et le nitre sont deux feux violents, mais que si l’on sait comment les www.episteme.it
www.episteme.it réconcilier, rien, sinon Dieu, ne peut nous emphecher d’obtenir la santé et les richessesSalnitro proprio inteso come azotato di potassio, e zolfo inteso proprio come metalloide S, venivano effettivamente impiegati assieme in diverse composizioni spagiriche : il cosiddetto “Sel prunelle” ou “cristal mineral” il “sel antifebrile” il “sel polycreste” e anche altri: Vedi Glaser: Traité de la chimie, Paris 1663 pag. 211 e sgg. - et que c’est la seule chose qu’il ait réservées par devers lui et pour ceux que Dieu a chosis à cette fin. Ce qu’il dit n’est pas sans vraiesemblance, car le soufre et le nitre sont véritablement deux feux contraires qui, une fois unis, sont capables de penetrer quelque métal que ce soit, d’en allumer l’ame et de l’extraire, une fois unis au feu métallique froid qu’il appelle l’ame de Saturne, laquelle l’amalgame avec tous les métaux et se laisse calciner au feu avec l’aide de l’élément double igné- SARA’ AFFINE ALL’UOMO DOPPIO IGNEO ?sachez que le feu froid est le régule d’antimoine (c’est-à-dire le meme que le premier feu). Il dit que l’on doit commencer là où la nature a fini et, au moyen de cet élément magique igné composé de deux matières infernales et contraires, calciner les portes, autrement inex- pugnables de la forteresse solaire. C’est ainsi, et tout au long de son livre, qu’il indique que vous devez utiliser l’or et l’unir à l’ame de Saturne, qui doit etre tirée du SATUNE MINERAL NON (ENCORE) FONDU, car il ne brule pas comme le (segno del mercurio) commun; mais il est doué d’une qualité terrestre et sèche qui le rend propre à défendre le soufre du Soleil, à moins qu’il ne soit brùlé et chassé en l’air avec son mercure. L’or, étant amalgamé avec le mercure de Saturne, devient poreux et alors le feu infernal peut mieux et plus promptement calciner le corps robuste et le réduire en cendres, desquelles est extrait au moyen de la claire rosée celeste, le soufre; du corps résiduel est extrait ensuite, au moyen d’une lessive, après réverbération préalable requise, le sel médicinal le plus précieux, que les sages ont dit etre la pierre des philosophes. Il avertit que la séparation du soufre d’avec le sel peut etre faite en peu de temps à feu ouvert. Mais que vous devez prendre garde à ne pas bruler le feu des Métaux et qu’à cet effet vous devez avoir un gardien ou protecteur capable de s’y opposer; il a nommé ce gardien: c’est le tartre, qu’il déclare etre fort favorable aux métaux et doté d’une grande affinité pour eux.” FINE DEL FRAMMENTO DI NEWTON. E’ particolarmente interessante che il tartaro sarebbe in grado di proteggere il fuoco (anima) dei metalli.
L’OPERA AL BIANCO E AL ROSSO SECONDO FLAMEL
Una riflessione poetica attribuita a Nicolas Flamel sulla pratica dell’Opera al bianco e dell’Opera al rosso “Perché per entrambe non c’è che un procedimento che è sovrano e autentico Tutte e due si fanno in un unico modo. Vale a dire Sole e Luna. Cosi il loro procedimento collega II bianco al rosso, in una maniera Talmente semplice e agevole, Che una donna che fila un fuso Non sarà affatto distolta, quando farà questo lavoro. Non farà altro che mettere Quando fa freddo delle uova a covare Sotto una gallina; senza lavarle (COSA SIGNIFICA QUESTO NON LAVARE LE UOVA? Forse non purificare i materiali impiegati, specie se minerali e\o metallici ? Che non è mai accaduto, Perché non si lavano le uova Per metterle in cova, vecchie o nuove, Ma proprio cosi come sono, Si mettono senz’altro sotto la gallina. E non si fa altro che voltarle E rivoltarle tutti i giorni Sotto la madre, senza altra copertura, per avere finalmente il Pulcino.” Flamel, Sommario Filosofico citato da Ranque, pag. 82 di ”La Pietra Filosofale” Beringardo da Pisa, in un’opera intitolata Circulus Pisanus, citata da Ranque a pag. 70 del suo libro sulla Pietra Filosofale così riporta una trasmutazione da lui effettuata «Voglio riferire quello che mi è successo una volta, quando dubitavo fortemente che fosse possibile convertire il mercurio in oro. Un uomo esperto, volendo dissipare tutti i miei dubbi a questo proposito, mi diede una dramma di una certa polvere dal colore quasi uguale a quello del papavero selvatico e il cui odore ricordava quello del sale marino calcinato. Per evitare ogni possibile inganno, acquistai io stesso il crogiolo, il carbone ed il mercurio da commercianti differenti, in questo modo potevo essere assolutamente sicuro che in nessuna di quelle materie c’era dell’oro come invece succede tanto spesso con gli alchimisti ciarlatani. A dieci dramme di mercurio (38,2 grammi) aggiunsi un pò di polvere, esposi tutto a un fuoco piuttosto forte e in po’ di tempo il contenuto del crogiuolo si trovò tutto trasformato in quasi dieci dramme d’oro, che fu valutato purissimo nei saggi di vari orefici. Se questo fatto non si fosse verificato senza testimoni, eccettuata la presenza di osservatori estranei avrei potuto pensare a qualche inganno; ma posso assicurare in tutta sincerità che la cosa è avvenuta esattamente come l’ho riferita” Quale è la natura della pietra filosofale compiuta? Sarebbe della più alta utilità comprendere in termini attuali come la Pietra agisca, sempre che ciò sia esprimibile concretamente in termini moderni. www.episteme.it
www.episteme.it Potrebbe essere definita come un supercatalizzatore, una specie di enzima di natura non proteica. I rapporti ponderali con i quali essa reagisce con il materiale in cui viene proiettata ricordano infatti un’azione del genere, che non segue una proporzione stechiometrica. Sappiamo anche che questo supercatalizzatore, per trasmutare deve essere attivato dall’argento per la pietra al bianco e dall’oro per la pietra al rosso, almeno seguendo quella che Fulcanelli definisce come la via non classica, non degli antichi autori. Di essi dice che non impiegavano l’oro metallico, anche se non mi sembra sia così categorico quanto all’esclusione dell’argento ( proprio Ag). Questo ci porta a considerare il seguente aspetto del problema: L’ORIENTAZIONE. A COSA SERVONO L’ORO O L’ARGENTO IN CONCRETO PER PASSARE DALL’ELISIR ALLA PIETRA TRASMUTATORIA? Se semplicemente la pietra filosofale avesse la funzione di portare alla fine l’evoluzione di metalli su cui agisce, e questo traguardo evolutivo fosse come comunenemente detto l’oro per i metalli “rossi” e l’argento per quelli “bianchi”, non si vede a cosa servirebbe l’aggiunta per l’appunto di oro o argento. Non si aggiunge di certo ad un ricostituente pediatrico una parte di uomo adulto per attivarlo. Se la pietra deve semplicemente spingere un corpo metallico lungo un’evoluzione dopo tutto già tracciata, verso un traguardo congenere al paziente che le è sottoposto, sembra ridondante in qualche modo questo dover “ripetere” al paziente dove esso debba andare: se il mercurio deve diventare oro, e in un certo senso questo gli è congeniale, se il mercurio è davvero oro in potenza, a cosa serve introdurre del’oro nella miscela di reazione? Pure ci viene detto espressamente che se non si procede in questo modo non si ottiene alcuna trasformazione. Quindi la pietra non trasmuta semplicemente attivando un qualcosa che è già inerente il metallo che le è sottoposto. Il meccanismo deve essere per forza un’altro, e deve essere chiarito: è verosimile che comprendendo, ipotizzando il meccanismo d’azione del Lapis si possa nel contempo avvicinarsi a chiarirne la Natura, e dunque il modo di produzione. Si possono al momento fare varie ipotesi: 1) IPOTESI DELL’AZIONE “PRIONICA” O SIMILVIRALE: Come è noto i prioni sono delle molecole proteiche capaci di obbligare una cellula vivente a riprodurle: il loro interesse per noi è nel fatto che nonostante abbiano una struttura molto più semplice di un virus pure sono capaci in qualche modo di “imporsi” ad una cellula e obbligarla a moltiplicarli. Un prione è al momento la cosa più vicina alla natura della cosiddetta ”materia inanimata” che pure è capace di riprodursi, in assenza completa di acidi nucleici. Come dice Fulcanelli il “crescete e moltiplicatevi” è forse davvero omnipervadente, e comunque può fare a meno del Dna: su questo ormai non c’è alcun dubbio: i prioni per l’appunto lo dimostrano. La riproduzione virale è ampiamente nota e si sa che vi sono molti virus che da soli sono incapaci di infettare una cellula, o di obbligare la stessa a riprodurli, qualora l’infezione avvenga. Questi virus per riuscire in questi intenti devono appoggiarsi ad un’altro virus, del quale sono per così dire satelliti, e in tal caso possono infettare e riprodursi. Ma solo se appoggiati a un virus attivatore. Fatte ovviamente le debite distinzioni, e solo per immagine: La Pietra è il virus attivatore: l’oro e l’argento sono i virus difettivi. In presenza del Lapis essi possono riprodursi nel bagno di fusione, altrimenti no. Quanto può questo esempio essere spinto avanti? Un virus aderisce e attacca una cellula attraverso dei recettori presenti sulla membrana della cellula stessa e poi una volta penetrato obbliga il nucleo della cellula, o comunque le strutture preposte alla replicazione a copiarlo,
finchè la cellula non viene distrutta. Occorrerebbe trovare gli analoghi in un metallo di queste strutture: la loro quantità potrebbe essere anche ridottissima , giacché per la questione degli orbitali molecolari ( cfr. per esempio il testo di Silvestroni) una massa omogenea di metallo quanto si vuole grande, in realtà è un’unica molecola. Un solo recettore sparso per una gran quantità di materiale in opera potrebbe dunque essere sufficiente ad indurre il fenomeno, e altrettanto vale per le strutture replicative. Appare evidente il rapporto per esempio con il famoso “ferro radicale purissimo” del quale ci parla Fulcanelli, contenuto nel ferro proprio Fe nella misura del 7 per mille circa. La chimica industriale ci dice che questo è pressappoco il titolo delle impurità nel ferro o acciaio usuali del commercio, e che queste impurità sono costituite prevalentemente da Silicio ed altri elementi in traccia. E’ NOTO QUALE FUCINA DEI TITANI PUO’ ESSERE IL SILICIO. L’ipotesi “prionica” è del tutto mia personale. Almeno non mi risulta ad oggi (1-XII-1995) che sia stata mai esposta da altri, a quanto io sappia. 2) IPOTESI DEL “MAGMA PRIMORDIALE METALLICO” La Pietra potrebbe agire come una sorta di sdifferenziatore generale e trasformare il bagno metallico su cui agisce in una sorta di terreno metallico primordiale, dalle potenzialità illimitate: l’oro o l’argento , in tal caso, agirebbero come germi cristallini che fanno precipitare macrocristalli da una soluzione soprassatura: questa ipotesi ammette, come le altre del resto, una nostra attuale profonda sconoscenza delle reali strutture di base della materia. In questo caso la Pietra, solvente universale proprio alla lettera, ricrea la sostanza primordiale, l’apeiron o se si vuole il koilon dei teosofi, e l’oro o l’argento non sono altro che i modelli, i semi ai quali il koilon deve rifarsi, e che dunque si ritrovano moltiplicati. Questa ipotesi si ritrova, ben nascosta per la verità, nelle pieghe delle riflessioni di Atòrene e dei seguaci di Solazareff. 3) IPOTESI DELLA REAZIONE NUCLEARE (TEMPERATURA-DIPENDENTE!) Sostanzialmente è l’ipotesi presentata da Ranque nel suo bel libro “La Pietra Filosofale” in pratica esisterebbero tutta una serie di reazioni nucleari, egli ne fornisce numerosi esempi a livello stechiometrico proprio, che possono condurre per esempio dal mercurio all’oro: il Lapis non è altro che il catalizzatore che le rende possibili. E’ forse sfuggito a Ranque il fatto che vista la temperatura richiesta per l’attivazione del processo di trasformazione, (si ricordi sempre che il solo Cyliani riferisce di aver effettuato una trasmutazione a freddo) QUESTE REAZIONI NUCLEARI DA LUI IPOTIZZATE SAREBBERO TEMPERATURA DIPENDENTI: il che costituirebbe davvero un formidabile punto di ulteriore interesse qualora fosse necessario! 4) IPOTESI DELLA CONTRAZIONE E INDURIMENTO: Purtroppo non è spiegata affatto diffusamente, ma è l’interpretazione dell’azione del Lapis che viene fornita da Fulcanelli proprio. Anche in un’oscuro passo del chimico scettico di Robert Boyle, che occorre ricordarlo bene riteneva la Pietra Filosofale possibilissima, sembrerebbe essere ipotizzata un’azione simile: non è impossibile che Fulcanelli si riferisca proprio a Boyle, dopo tutto. Così ad un dipresso quest’ipotesi ci porta piuttosto vicino alla fusione fredda dell’idrogeno e ad ipotetiche altre fusioni fredde che io immagino prima o poi saranno scoperte: ritengo ben si possa assimilare l’elio ad una sorta di idrogeno indurito e contratto. Una variante di questa è la cosiddetta: IPOTESI “DEL FORMAGGIO”. www.episteme.it
www.episteme.it Questa è la spiegazione che viene fornita da un Adepto al matematico Pompeo Colonna, il sedicente “Crosset de l’ Haumerie” che avrebbe assistito a numerose trasmutazioni effettuate da quest’ultimo durante un suo soggiorno a Parigi all’incirca nella seconda metà del 1600. Il Lapis agirebbe sui metalli in fusione come il fermento del caglio agisce sul latte. Dal rapprendimento per esempio del mercurio nascerebbe prima l’argento, e poi, proseguendo l’azione, anche l’oro. 5) IPOTESI DELLA TINTURA E/O DEL “GRANO FISSO” METALLICO E’ questa la spiegazione fornita dagli alchimisti classici proprio, della tradizione europea medievale: è specifica di Paracelso che riteneva di poter estrarre da una grande quantità di sostanza, quale che essa fosse, il principio attivo, l’archeo o mummia, che si sarebbe dovuta comunque trovare in minuscola quantità rispetto alla massa impiegata, ma efficacissima. La migliore esposizione che conosco di questa teoria si trova per esempio nel Trattato del Fuoco e del Sale di Blaise de Vigènere, e il solito Canseliet vi ha un po’ ricamato sopra. In sostanza ogni corpo metallico sarebbe costituito da una sorta di zavorra o corpo inerte di gran lunga predominante dal punto di vista quantitativo e da una ridottissima parte di principio attivo, per l’appunto detto Zolfo, o Tintura o Grano fisso, l’espressione preferita da de Vigènere. Questo grano fisso, se estratto, può essere traslato da un corpo metallico all’altro, e questo processo sarebbe la base dell’azione trasmutatoria. I metalli, per così dire, non avrebbero sistema immunitario e non rigetterebbero i trapianti eterologhi. Il mercurio o il piombo, innalzati dal grano ricevuto dall’esterno salirebbero nella scala evolutiva divenendo per l’appunto oro e argento. Ma anche in questa ipotesi di azione non si vede a cosa dovrebbero servire l’oro o l’argento (proprio Au e Ag) incorporati nella pietra trasmutatoria. A meno che questa strada non rappresenti la via classica, quella antica, che appunto non farebbe impiego di Au, secondo la tradizione. CONCLUSIONE ( PROVVISORIA) E’ del tutto evidente, purtroppo, che una scelta fra queste ipotesi, sulla base di dati razionali, appare, allo stato presente, del tutto inoperabile. Ognuna di esse è in parte razionale ma in parte ancora maggiore del tutto strampalata dal punto di vista della scienza ufficiale. Anche operando una sorta di fusione fra le varie ipotesi, in una sorta di sincizio esplicativo, al momento tutt’altro che facile fra l’altro, verosimilmente la risultante peccherebbe comunque senz’altro di stravaganza Un criterio di valutazione momentaneo, pertanto, potrebbe essere, alla Dirac, l’esteticità intrinseca alle ipotesi stesse, la loro “bellezza”. In questo contesto, le ipotesi 1a “Prionica” e 2a o del “Magma Primordiale” mi appaiono come le più attraenti. ANCORA SULLA “SUPERCATALISI” OPERATA DAL LAPIS TRASMUTATORIO La temperatura d’azione di questo processo è dell’ordine dei 1200 gradi: cfr Mistero delle Cattedrali sul quarto grado del fuoco, quello da impegarsi appunto per la proiezione. Il tempo di azione è dopotutto abbastanza lungo: non sono rare descrizioni di proiezioni in cui il riscaldamento del materiale ricevente si è protratto per tempi dell’ordine di grandezza delle ore: l’unica proiezione rapida, se è da credersi è quella fatta a freddo da
Cyliani, dove il mercurio si sarebbe rapreso pressocché istantaneamente e per l’appunto a freddo, in un vetro d’orologio agitato circolarmente dall’operatore, Cyliani stesso. Questo supercatalizzatore è dunque relativamente lento nella sua azione, almeno a pressione normale. Questo supercatalizzatore, privo dell’oro e dell’argento e parrebbe molto diluito è dotato di proprietà farmacologiche imponenti, anche se, al solito la sua azione è molto lenta: il rinnovarsi del corpo richiede veri e propri cicli di terapia, probabilmente di complessa e appunto lenta attuazione. L’aspetto farmacologico della Pietra rende possibile in un certo qual modo apporre un punto fermo, e Dio sa quanto siano necessari: IL CORPO METALLICO -IN SENSO LATODOTATO DELLE PROPRIETA’ FARMACOLOGICHE DI GRAN LUNGA PIU’ IMPONENTI E’ SENZA DUBBIO ALCUNO L’ANTIMONIO. ASSOLUTAMENTE NESSUNO FRA I CORPI NATURALI CONOSCIUTI FIN DALL’ANTICHITA’ PUO’ COMPETERE CON L’ANTIMONIO A QUESTO RIGUARDO. L’ipotesi più economica per spiegare la sua azione tonificante generale è che rinnovi e riqualifichi il sistema immunitario: forse agisce proprio sui linfociti T CD4 positivi, i famosi “direttori d’orchestra” QUANTA E’ L’ENERGIA IN OPERA DURANTE UNA TRASMUTAZIONE METALLICA? Per qualche motivo a ben vedere dopo tutto di tipo senz’altro incoscio, sono sempre stato portato a credere che in una trasmutazione per proiezione le energie in ballo fossero notevolissime. VI SONO OTTIME POSSIBILITA’ CHE QUESTO SIA DEL TUTTO SBAGLIATO, IN REALTA’. Intanto in Fulcanelli nulla autorizza a ritenere che il processo proiettivo sia qualcosa di titanico o simili; e si ricordi bene che invita scrupolosamente alla prudenza in tutte le esperienze spagiriche che descrive: si riguardi per esempio nel file spagiria il brano inerente l’impiego dell’acido solforico a 66 gradi per la demolizione della limatura di ferro. La temperatura da impiegarsi secondo il suo parere -quarto grado del fuoco, 1200 gradi, cfr. file Mistero, non è poi così terrificante: un’artigiano del vetro di Murano opera oltre i 2000, e una saldatura alla fiamma ossidrica si spinge ampiamente oltre. Canseliet afferma in più luoghi che l’alchimia non ha affatto bisogno delle energie terrificanti della fisica nucleare. Helvetius fallisce addirittura una proiezione, cfr. Vitulus Aureus, non avendo avvolto la scheggia di Lapis sottratta destramente all’Adepto che gliela ha mostrata, in cera o carta come previsto. Il materiale nel crogiolo esplode vetrificandosi, e lui non ne ricava alcun danno, dalla sua cronaca parrebbe anche non si sia nemmeno spaventato; il che appare poco plausibile se Helvetius avesse assistito ad una reazione in qualche modo impressionante: tenendo conto che prima della sua “conversione” non sembra avesse conoscenze specifiche nel campo. Mette in opera in modo erroneo una reazione a lui del tutto ignota, e dal fallimento dell’esperienza non ne ricava neanche un po’ di spavento. Evidentemente deve aver assistito ad un’esperienza “tranquilla”. Appare poco plausibile che lo scatenarsi di energie immani non sia in qualche modo percepito da un’operatore attento, sottile come Helvetius sicuramente doveva essere. Quindi le energie NON SONO AFFATTO IMMANI. Su questo non può esserci dubbio. Il vero problema è forse la qualità, il tipo dell’energia. Può darsi che su questo aspetto la nostra fisica sia in torto , in difetto , essendosi occupata, a ben vedere, prevalentemente delle quantità di scambio, di equivalenza fra un tipo di energia ed un’altra. Dire che energia meccanica ed energia termica si equivalgono, e tracciare le corrispondenze fra le quantità dell’un tipo e dell’altro è giustissimo, ma forse non tiene conto realmente degli aspetti pratici della realtà concreta. www.episteme.it
www.episteme.it In teoria si può far tranquillamente bollire l’acqua in una caffettiera a forza di martellate picchiate sul fondo della stessa: ma in pratica la caffettiera in questo modo si sfascerebbe ben prima che la più piccola goccia di caffé sia pronta. Una piccola, piccolissima fiamma e in breve tempo il caffé , fragrante, è pronto. Non è impossibile che la fisica nucleare faccia bollire l’acqua a martellate, in realtà. Se poi ci si avvicina ai sistemi biologici, e la Pietra pare appartenga alquanto a questo dominio, questa insufficienza di una rappresentazione basata solo sul “quanto” e non sul “come” appare del tutto manifesta. In biologia 1000 calorie ricavate da un tot di benzina non sono affatto la stessa cosa della stessa misura energetica ricavata in modo diverso. LA COLOMBA ATTACCATA ALLA PIETRA. Fulcanelli definisce la Pietra Filosofale come un corpo non metallico sovrassaturato di “spiriti metallici” Lo spirito metallico è da lui definito precisamente nella prima parte delle Dimore Filosofali, e non corrisponde esattamente ad un’energia. Tuttavia in molti punti della pratica alchemica parrebbe che si debba proprio saturare, in qualche modo, un corpo concreto, afferrabile, con un’energia “arcana” di qualche natura, soprattutto per esempio l’ormai famosissimo 4H. Ma questo immagazzinamento come deve essere inteso realmente? Conosciamo in concreto esempi di un’energia in atto deposta, stivata in qualche modo o parte? Sembrerebbe proprio di no, a vedere bene. Possiamo immagazzinare solo energia potenziale, e mai in atto. L’immagazinamento dell’energia potenziale poi in reltà non è altro che avere disponibili i materiali perchè possa essere generato l’evento che produce energia. Sfido chiunque a tenere immagazzinati tot chilogrammetri, o tot erg o jaule o quel che si vuole. Si può tenere pronto un motore e il combustibile per farlo funzionare per il tempo equivalente al dispendio dell’energia voluto, ma nulla di più. L’energia potenziale di un motore fermo, con il suo combustibile, può essere trasformata, con elevata perdita, per altro, per esempio nell’energia potenziale di un grosso peso sollevato ad un’altezza elevata, da cui si libererebbe facendolo cadere. Ma si passa sempre e solamente da un’energia potenziale ad un’altra, se si vuole effettuare uno stoccaggio. L’energia in atto è qualcosa di assolutamente non immagazzinabile. Quale è la ricaduta alchemica di questo ragionamento? E’ presto detto. E’ senz’altro vano cercare traccia, anche in materiali alchemici, di energia in atto. Lo stesso Lapis Trasmutatorio compiuto è verosimile ci apparirebbe a freddo come un corpo del tutto inerte, composto forse di varie parti, non diverso in nulla da qualsiasi altra mistura o composto da laboratorio. Per rivelarsi il Lapis deve essere fatto agire, e nell’atto dell’azione è del tutto inconoscibile e insondabile: ne vedremmo i risultati al termine dell’esperienza. Un corollario è che in Alchimia i corpi dall’aspetto il più inerte potrebbero, nelle condizioni opportune, rivelarsi estremamente attivi: potrebbe essere questo l’abisso di insondabile semplicità che mi terrorizza più d’ogni altro baratro. INADEGUATEZZA DELLA TEORIA ATOMICA, Al meno all’epoca di Fulcanelli a fini alchemici. Si confronti questo : “Aggiornamento del 14 Dicembre 1996 : dal libro, bellissimo per altro di Emilio Segré, “Personaggi e scoperte della fisica contemporanea” a pag. 16 : “...non solo nel 1895, ma fino al 1905 e forse anche un pò più tardi c’erano ancora degli scettici, (quanto alla reale esistenza dell’atomo)- certamente né fissati né incompetenti. Il “Waynflete professor” di chimica a Oxford, B. C. Brodie (1817-1880), che occupava una delle più prestigiose cattedre
inglesi, non credeva negli atomi e scrisse libri per dimostrare che l’ipotesi atomica non era necessaria. Egli si adirò fortemente quando apparvero modelli molecolari con palline e bastoncini. Ernst Mach, insigne fisico e filosofo, non credeva negli atomi e seguitò a dubitare anche quando vide le scintillazioni prodotte dal particelle alfa emesse dalle sostanze radioattive. Wilhelm Ostwald, un importante chimico tedesco e uno dei primi vincitori del premio Nobel per la chimica è un altro esempio. Egli aveva sviluppato una nebulosa teoria dell’ energetica che credeva potesse servire anche a evitare gli atomi. Alla base di questo scetticismo non era tanto uno spirito di contraddizione quanto il fatto che nessuno aveva visto un atomo, e anche oggi nessuno li ha visti nel senso ordinario del verbo vedere, per quanto le prove della loro esistenza siano assai più convincenti di quelle dell’esistenza di oggetti o fenomeni veduti da molti, come certi miracoli o i dischi volanti... ...Alla fine del secolo scorso perfino una persona come Max Planck era più che prudente nell’usare concetti atomici” Infatti leggiamo a pag. 19 de “I Dilemmi di Max Planck” : “Non nutriva alcun desiderio, disse a Jolly, di effettuare nuove scoperte, ma solo di capire e magari di approfondire le basi già esistenti. Nella sua tesi di laurea del 1879, Planck affrontava i due principi della termodinamica classica. Il primo stabilisce la conservazione dell’energia; il secondo, inteso in quello che Planck definiva il suo significato più ampio, indica una direzione privilegiata del tempo definendo una quantità - l’entropia - che aumenta in tutti i processi fisici reali. Nel suo primo scritto scientifico originale, la sua Habilitationsschrifr (tesi di abilitazione) del 1880, dedicata agli “stati d’equilibrio dei corpi isotropi” Planck partiva dai principi della termodinamica per ottenere alcuni risultati concreti, controllabili sperimentalmente, senza dover ricorrere a specifiche ipotesi sulla struttura interna della materia. Poneva unicamente la premessa che la condizione di equilibrio stabile corrispondesse alla massima entropia, dopodiché, secondo la sua formulazione rigorosa, nel sistema non si potevano avere ulteriori cambiamenti. Planck intendeva dare il massimo risalto alla possibilità di ottenere risultati utili attraverso la termodinamica, senza dover ricorrere all’ipotesi atomica, da lui (come scrisse nel 1882) considerata, tutt’al più, come un’ipotesi aggiuntiva da utilizzare solo dopo aver passato in esame tutte le possibili deduzioni dalle leggi dell’energia e dell’entropia.” L’entusiasmo di Planck per il principio dell’entropia e gli esperimenti da lui proposti furono accolti con una certa freddezza dal mondo della fisica. I professori di Monaco non capirono le argomentazioni della sua tesi di laurea; a Berlino, dove Planck aveva studiato per un anno, il professore di fisica teorica, Gustav Kirchhoff, le giudicò sbagliate; Hermann von Helmholtz, uno degli scopritori del principio dell’energia, non lesse affatto lo scritto; quanto a Clausius, che insegnava a Bonn, Planck non riuscì a incontrarlo per consegnargliene una copia. Letto o non letto, quel lavoro permise tuttavia all’Università di Kiel, dove suo padre aveva ancora degli amici e forse dell’influenza, di assumere Planck come professore (associato) “straordinario” di fisica teorica nel 1885. C’erano pochissime cattedre nel campo, a quell’epoca relativamente nuovo, della fisica teorica. “Non c’è bisogno di dirlo - scrisse Planck all’amico Carl Runge. - Sono stato molto fortunato.” Poco dopo avere iniziato il nuovo lavoro, Planck colse quella che gli pareva l’occasione di correggere l’ingiustizia consumata ai danni suoi e della termodinamica...”
ANCORA SULLA TEORIA BIOLOGICA DELL’ALCHIMIA www.episteme.it
www.episteme.it In questo brano che segue Fulcanelli affronta la questione un poco più da presso, e parla di un errore importante nella rappresentazione della struttura ultima della materia: “Nous assurons donc, sans parti pris, que les grand savants...se trompent lorsqu’ ils nient le résultat lucratif de la trasmutation. ILS SE MEPRENNENT SUR LA CONSTITUTION ET LES QUALITES PROFONDES DE LA MATIERE, QUOIQU’ILS PENSENT EN AVOIR SONDE’ TOUS LES MYSTERES. HELAS! LA COMPLEXITE DE LEURS THEORIES, L’AMAS DE MOTS CREES POUR EXPLIQUER L’INEXPLICABLE ( CURIOSO CHE PER FULCANELLI DUNQUE VI DELL’INESPLICABILE NELL’ALCHIMIA), ET SURTOUT L’INFLUENCE PERNICIEUSE D’UNE EDUCATION MATERIALISTE LES POUSSENT A RECHERCHER FORT LOIN CE QUI EST A LEUR PORTE’. MATHEMATICIENS POUR LA PLUPART, ( IL PENSIERO ESCLUSIVA-MENTE MATEMATICO E’ VEROSIMILE SIA DI OSTACOLO IN ALCHIMIA) ILS PERDENT EN SIMPLICITE’, EN BON SENS, CE QU’ILS GAGNENT EN LOGIQUE HUMAINE, EN RIGUEUR NUMERALE. ILS REVENT D’EMPRISONNER LA NATURE DANS UNE FORMULE, DE METTRE LA VIE EN EQUATION. Ainsi, par déviations successives, en arrivent-ils incosciemmment à s’éloigner tellement de la verité, simple qu’ils justifient la dure parole de l’Evangile. “Ils ont des yeux pour ne point voir et du sens pour ne point comprendre!” Serait-il possible de ramener ces hommes à une conception moins compliquée des choses, de guider ces égarés vers la lumière du spiritualisme qui leur manque? Nous allons l’essayer et dirons tout d’abord, à l’intention de ceux qui voudront bien nous suivre, qu’ON N’ETUDIE POINT LA NATURE VIVANTE EN DEHORS DE SON ACTIVITE’. L’ANALYSE DE LA MOLECULE ET DE L’ATOME N’APPREND RIEN...” Qui s’impone una riflessione: come interpretare le parole “l’anlyse de la molecule et de l’atome n’apprend rien” : si dovrebbe supporre che i fenomeni che interessano l’alchimia non appartengono né alla scala di grandezza dell’atomo né a quella della molecola, presumo. Pertanto si dovrebbe supporre che i fenomeni alchemici si osservano su scale più elevate di quella atomica e molecolare. Si potrebbe chiamare “dominio” o “land” la quantità minima di materiale da esaminare perché in esso si possa osservare un fenomeno alchemico. Qualcosa tipo la vecchia massa critica crapica di qualche anno fa. Ora un dominio o un land è equivalente a Natomi o Nmolecole, dove è ragionevole supporre che N sia un numero molto elevato, tendente all’infinito. Il problema è questo: un dominio si riconosce dall’esterno? Un cristallo di minerale, per esempio o un gruppo di cristalli contigui, ageminati fra loro, costituiscono un dominio? Se si esamina al microscopio un minerale metallico si osservano in esso strutture continue e discontinue, che trapassano insensibilmente le une nelle altre. Potrebbero essere domini? Solazareff, pag.14: “Un’altra grande legge chimica é quella che insegna l’esistenza di una semenza metallica, precisamente come quella dei vegetali e degli animali. È soltanto il suo modo di esistenza che, essendo lentissimo rispetto agli altri due più veloci , le dona la caratteristica di sfuggire ai moderni tentativi di analisi. Il regno minerale si perpetua entro condizioni che non sfuggono agli alchimisti. Un grandissimo mistero si cela dietro le sue maglie impigliate nella ganga: quello della generazione principiziale di ogni materiale. In esso dovrebbe consistere tutto l’interesse degli scienziati, che non ha alcun rapporto con la petrografia”
Se si aderisce, come vorrebbe consigliarci Grillot de Givry, alla teoria biologica dell’Alchimia occorre vedere subito alcune equivalenze o corrispondenze molto importanti. LA “CELLULA INORGANICA” : sappiamo che la vita biologica riconosce la cellula come unità fondamentale, benché i virus e i prioni, in un certo qual modo vivi, non siano cellule. In effetti la vita minerale e metallica potrebbe essere davvero simile a questo tipo di vita ( virus e prioni) ed in tal caso ci si ferma subito in questa presente speculazione. Tuttavia, quando scriveva de Givry questo tipo di esseri non era noto, pertanto possiamo ritenerci autorizzati a proseguire nell’estensione di una teoria biologica propriamente detta come lui doveva intenderla. In tal caso dovremmo tosto imbatterci negli equivalenti minerali delle strutture fondamentali che regolano e formano un’individualità biologica, e cioè: CELLULA INORGANICA (la cellula è l’unità elementare della vita biologica) TESSUTO INORGANICO (insieme di cellule, con una certa finalità) ORGANO MINERALE (insieme di tessuti dove la finalità appare ancora più manifesta) INDIVIDUO INORGANICO ( essere risultante come insieme di organi) Cosa si potrebbe intendere per “cellula inorganica?” In metallurgia si chiama grano o cella elementare la più piccola parte di un metallo che abbia metallurgicamente le proprietà di quel metallo. In mineralogia le singole unità cristalline costituenti possono essere paragonate a cellule elementari: che so un’aggregato di cristalli di pirite come risultante dela sommatoria dei singoli cristalli, ecc. E’ VEROSIMILE CHE LA CELLULA INORGANICA DEBBA SOMIGLARE AL GRANO METALLICO E AL CRISTALLO ELEMENTARE, MA E’ ALTRETTANTO VEROSIMILE CHE DEBBA AVERE ANCHE CARATTERI SUOI PECULIARI. Per esempio: una cellula pur essendo in attivo e fitto contatto con altre cellule o strutture (citoscheletri, strutture di sostegno e scambio varie) COSTITUISCE UNA UNITA’ INDIVIDUALE BEN DEMARCATA: nei vegetali questa demarcazione è operata da una spessa parete divisoria, negli animali questa struttura è meno evidente, ma pur sempre esistente. I sincizi o le cellule giganti dei granulomi sono raggruppamenti di cellule, ma vanno visti certamente come “individualità plurime” e non certo come “negazione dell’individualità” EBBENE NEI CRISTALLI E NEI GRANI NON E’ CHIARO QUALE SIA IL MARCATORE DELL’ INDIVIDUALITA’ , LO STRUMENTO DELLA SEPARAZIONE NETTA. Si pensi ai cristalli geminati. LA CELLULA INORGANICA DEVE POSSEDERE INVECE LA PREROGATIVA DI UN CONFINE BEN APPREZZABILE VERSO LE ALTRE CELLULE. IL TERMINE CELLULA VENNE INFATTI CONIATO PROPRIO SULLA BASE DI QUESTA NETTA SEPARAZIONE FRA UNA UNITA’ E L’ALTRA. Ipotizzare cosa possano essere un tessuto inorganico o un’organo minerale è veramente arduo, e per il momento, ampiamente al difuori della nostra portata. MA UNA MINIERA FORSE POTREBBE ESSERE UN’INDIVIDUO INORGANICO. Aggiornamento del 1° Febbraio 1997. Da “la fisica dell’immortalità” di Frank J. Tipler, pag. 119 : “VITA” PRIMITIVA BASATA SU CRISTALLI METALLICI. “Questa definizione della vita è alquanto diversa da quella che darebbe una persona normale - e anche un biologo normale. Nella definizione tradizionale, la vita è un processo complicato che si basa sulle proprietà chimiche dell’atomo di carbonio. Tuttavia, anche i sostenitori della definizione tradizionale riconoscono che le parole chiave www.episteme.it
www.episteme.it sono «processo complicato» e non «atomo di carbonio». Nonostante si verifichi che le entità che tutti concordano nel ritenere «vive» si basano sulle proprietà chimiche del carbonio, non vi è ragione di credere che processi analoghi non possano basarsi su altri sistemi. Di fatto, il biochimico britannico A.G. Cairns-Smith ( Genetic takeover and the Mineral Origin of Life, Cambridge University Press, 1982) asserisce che i primi esseri viventi - i nostri più lontani antenati - si basavano non sul carbonio ma su cristalli metallici. Posto che sia vero se si insiste nel ritenere che gli esseri viventi debbano basarsi sulle proprietà chimiche del carbonio si dovrebbe concludere che i nostri più lontani antenati non erano vivi. Nella teoria di Cairns-Smith, i nostri primi antenati erano configurazioni autoriproducentisi di difetti dei cristalli metallici. Nel corso del tempo, la configurazione si mantenne, trasferendosi però a un altro substrato: le molecole di carbonio. Ma l’importante non è il substrato, bensì la configurazione, che è un altro nome dell’informazione. Ma la vita, naturalmente, non è una configurazione statica, è piuttosto una configurazione dinamica che perdura nel tempo. Quindi è un processo. Ma non tutti i processi hanno vita. La caratteristica fondamentale delle configurazioni «vive» è che la loro continuilà è dovuta a una retroazione con l’ambiente: l’informazione codificata nella configurazione varia di continuo, ma la variazione è vincolata a rimanere entro un piccolo intervallo a causa della retroazione. Pertanto la vita è, come ho già affermato, informazione preservata dalla selezione naturale. Da questa definizione della vita derivano alcune conseguenze niente affatto intuitive. Nel 1986, John Barrow e io facemmo rilevare che essa implica che le automobili sono vive. Esse si autoriproducono nelle industrie automobilistiche utilizzando meccanici umani. È vero, non si tratta di una riproduzione autonoma, poiché hanno bisogno di un’industria; ma questo è vero anche nel caso degli esseri umani di sesso maschile: per produrre un bambino di sesso maschile è necessaria un’industria biochimica chiamata «utero».
I METALLI COME LUCE MATERIALIZZATA: Al solito si tratta di una idea venutami in quel curioso e niente affatto spiacevole stato di “sonno lucido” nel quale devo dire spesso mi trovo verso le tre, le quattro del mattino. In sostanza si tratta di questo: una sorta di riflessione, di comparazione fra i metalli e la struttura della luce. Se si assume un’ipotesi apparentemente assai bislacca, però indubbiamente dotata di un grande fascino estetico, stranamente essa spiega alcuni dei punti più oscuri e apparentemente importanti dell’ opera di Fulcanelli. L’ipotesi è questa: i metalli sono luce materializzata: sono il frutto della coagulazione, in virtù di chissà che cosa, forse davvero a questo punto della volontà dell’Altissimo, della Luce. Convengo senz’altro sulla bislaccheria di una simile ipotesi, purtuttavia mettiamoci un buon paio d’occhiali ed esaminiamola da vicino. Allora: tanto per cominciare questa ipotesi non è affatto nuova, né è stata formulata solo da me: l’antica scienza tradizionale dice proprio che i metalli si formano nelle viscere della terra per “coagulazione” “ispessimento” delle influenze cosmiche dei singoli pianeti: le emanazioni, i raggi del sole nelle viscere della terra darebbero origine all’oro, quelli della luna all’argento, quelli di marte al ferro, quelli di venere al rame e così via. Non a caso questi metalli, i più antichi conosciuti e impiegati dall’uomo vengono infatti detti planetari. Se assumiamo l’equivalenza, sicuramente sostenibile emanazioni, influenze
= luce... Anzi: la luce di questi corpi celesti è quantizzabile proprio, in luogo in fondo di una emanazione, di un’influenza ancora più evanescente della luce stessa. Uno dei pezzi più oscuri di Fulcanelli è la definizione di Alchimia: ebbene Fulcanelli dice formalmente che il significato esatto di Alchimia nella lingua degli uccelli è: TRASFORMAZIONE DELLA FORMA PER MEZZO DELLA LUCE. Quando Fulcanelli traccia il suo famoso paragone fra l’alchimia e le scienze esatte è proprio l’ottica che cita per prima, come si ricorderà. L’influenza della luce, solare e lunare, nelle singole operazioni e manipolazioni di laboratorio a questo punto sarebbe assolutamente evidente, da cui le raccomandazioni di Fulcanelli al riguardo. I metalli sono luce corporificata, o almeno devono alla luce le loro prerogative : l’ “electronic sea” del legame metallico mi ricorda il libero fluire della luce. E’ facilissimo ottenere fotoni dagli elettroni, e la spettrofotometria ad assorbimento atomico ci dimostra come ogni metallo abbia proprio la sua luce caratteristica, assolutamente “personale” diremmo. Franz Tausend della società 164, cfr. file desideri lib., diceva che i metalli potevano essere trasformati modificandone “ l’ accordo” con un paragone, da quel poco che ho saputo della sua opera, preso dal mondo della musica, delle vibrazioni sonore. Se sostituiamo la luce al suono, e cioè ci spostiamo solo verso le frequenze più alte, ciò è assolutamente equivalente. Una delle caratteristiche dei metalli è proprio la LUCEntezza metallica. Essi riflettono o assorbono, in strato sottile molto bene la luce proprio. Una lamina d’oro sufficientemente sottile colora in verde la luce solare che la attraversa. La scoppiosità dell’Antimonio a questo punto sarebbe dovuta al suo elevato contenuto in luce, ed infatti questo metallo viene impiegato nell’industria bellica come fornitore proprio di energia luminosa: nei fuochi d’artificio e nei traccianti. Anche il magnesio, e per gli stessi motivi, diverrebbe a questo punto assai interessante. A maggior ragione ancor di più il ferro sarebbe il corpo più ricco di luce metallica, facilmante liberabile da esso sotto forma delle notissime scintille o faville che emette se sollecitato meccanicamente in modo vigoroso. Quali possono essere le ricadute in senso pratico di questa strampalata teoria? E’ certamente presto per dirlo, ma ad esempio il sottoporre a luci relativamente monocromatiche ottenute da lampade per spettrofotometria delle soluzioni o dei composti, o delle fusioni proprio potrebbe darci qualche bella sorpresa. Un’esperienza in particolare mi tenta: sottoporre un bagno di Gaia in fusione, ottenuta magari per via elettrica, in modo da non avere neanche le emanazioni luminose del fuoco che potrebbero interferire, alla luce di una lampada a catodo cavo della lunghezza d’onda del ferro. Oppure una lampada a catodo cavo ad argento dovrebbe poter rinforzare l’azione dei raggi lunari, almeno in parte.
L’UNIONE FA LA FORZA, OVVERO DELLE CELLULE GIGANTI www.episteme.it
www.episteme.it Leggiamo nell’ Anatomia Patologica del Prof. Cavallero, pag. 92 del primo volume: ”La cellula gigante istiocitaria, che va tenuta distinta dagli elementi giganti di origine e natura differente che si trovano in alcuni processi displastici e neoplastici, si forma per la fusione di diversi macrofagi o di cellule epitelioidi (sincizio) oppure, evento assai più frequente, per ripetute divisioni mitotiche od amitotiche del nucleo di una primitiva cellula, non seguite da plasmodieresi (plasmodio). Questo elemento esercita attività fagocitaria assai intensa...Anche la cellula gigante, come gli altri elementi dell’essudato può perire per azione tossica e subire una necrosi con coagulazione o con colliquazione...” Quindi almeno nelle cellule di uno stesso corpo umano vi è una tendenza spontanea alla fusione, alla confluenza in funzione di un compito eccedente la normalità, diremmo. Questa tendenza appare contraria alle leggi dell’individuazione ed anche della tipizzazione genica, dopo tutto. Orbene: individui minerali, simili o identici (provenienza proprio dallo stesso campione, dallo stesso pezzo di roccia) in condizioni di necessità, potrebbero essere dotati di una proprietà analoga? Potrebbe la Pietra in qualche modo avere a che fare con il “Sincizio Minerale e Metallico” e questo essere l’espressione della loro tendenza a difendere la stessa loro vita? Se si fonde un solido cristallino il processo si diffonde progressivamente da un cristallo all’altro: cessata la noxa si riformano dei cristalli più grandi, più belli e più solidi di prima. Il minerale, come la cellula gigante, ha imparato che l’unione fa la forza. In realtà processi di autoaggregazione e di autoorganizzazione, causati da pressioni esterne potrebbero ben essere importanti, nella pratica ermetica. Qui potrebbe essere importante la misura: stimoli troppo ridotti darebbero innesco solo a fenomeni troppo ridotti, ma una stimolazione eccessiva ucciderebbe l’essere in opera: la cellula gigante di sopra che a sua volta “può perire”. In questo brano che segue Fulcanelli sembrerebbe parlare di un errore importante nella rappresentazione della struttura ultima della materia: “Nous assurons donc, sans parti pris, que les grand savants...se trompent lorsqu’ ils nient le résultat lucratif de la trasmutation. ILS SE MEPRENNENT SUR LA CONSTITUTION ET LES QUALITES PROFONDES DE LA MATIERE, QUOIQU’ILS PENSENT EN AVOIR SONDE’ TOUS LES MYSTERES. HELAS! LA COMPLEXITE DE LEURS THEORIES, L’AMAS DE MOTS CREES POUR EXPLIQUER L’INEXPLICABLE ( CURIOSO CHE PER FULCANELLI DUNQUE VI DELL’INESPLICABILE NELL’ALCHIMIA), ET SURTOUT L’INFLUENCE PERNICIEUSE D’UNE EDUCATION MATERIALISTE LES POUSSENT A RECHERCHER FORT LOIN CE QUI EST A LEUR PORTE’. MATHEMATICIENS POUR LA PLUPART, ( IL PENSIERO ESCLUSIVA-MENTE MATEMATICO E’ VEROSIMILE SIA DI OSTACOLO IN ALCHIMIA) ILS PERDENT EN SIMPLICITE’, EN BON SENS, CE QU’ILS GAGNENT EN LOGIQUE HUMAINE, EN RIGUEUR NUMERALE. ILS REVENT D’EMPRISONNER LA NATURE DANS UNE FORMULE, DE METTRE LA VIE EN EQUATION. Ainsi, par déviations successives, en arrivent-ils incosciemmment à s’éloigner tellement de la verité, simple qu’ils justifient la dure parole de l’Evangile. “Ils ont des yeux pour ne point voir et du sens pour ne point comprendre!” Serait-il possible de ramener ces hommes à une conception moins compliquée des choses, de guider ces égarés vers la lumière du spiritualisme qui leur manque? Nous allons l’essayer et dirons tout d’abord, à l’intention de ceux qui voudront bien nous suivre, qu’ON N’ETUDIE POINT LA NATURE VIVANTE EN DEHORS DE SON ACTIVITE’. L’ANALYSE DE LA MOLECULE ET DE L’ATOME N’APPREND RIEN...”
Qui s’impone una riflessione: come interpretare le parole “l’anlyse de la molecule et de l’atome n’apprend rien” : si dovrebbe supporre che i fenomeni che interessano l’alchimia non appartengono né alla scala di grandezza dell’atomo né a quella della molecola, presumo. Pertanto si dovrebbe supporre che i fenomeni alchemici si osservano su scale più elevate di quella atomica e molecolare. Si potrebbe chiamare “dominio” o “land” la quantità minima di materiale da esaminare perché in esso si possa osservare un fenomeno alchemico. Qualcosa tipo la vecchia massa critica crapica di qualche anno fa. Ora un dominio o un land è equivalente a Natomi o Nmolecole, dove è ragionevole supporre che N sia un numero molto elevato, tendente all’infinito. Il problema è questo: un dominio si riconosce dall’esterno? Un cristallo di minerale, per esempio o un gruppo di cristalli contigui, ageminati fra loro, costituiscono un dominio? Se si esamina al microscopio un minerale metallico si osservano in esso strutture continue e discontinue, che trapassano insensibilmente le une nelle altre. Potrebbero essere domini? Aggiornamento del 14 Dicembre 1996 : dal libro, bellissimo per altro di Emilio Segré, “Personaggi e scoperte della fisica contemporanea” a pag. 16 : “...non solo nel 1895, ma fino al 1905 e forse anche un pò più tardi c’erano ancora degli scettici, (quanto alla reale esistenza dell’atomo)- certamente né fissati né incompetenti. Il “Waynflete professor” di chimica a Oxford, B. C. Brodie (1817-1880), che occupava una delle più prestigiose cattedre inglesi, non credeva negli atomi e scrisse libri per dimostrare che l’ipotesi atomica non era necessaria. Egli si adirò fortemente quando apparvero modelli molecolari con palline e bastoncini. Ernst Mach, insigne fisico e filosofo, non credeva negli atomi e seguitò a dubitare anche quando vide le scintillazioni prodotte dal particelle alfa emesse dalle sostanze radioattive. Wilhelm Ostwald, un importante chimico tedesco e uno dei primi vincitori del premio Nobel per la chimica è un altro esempio. Egli aveva sviluppato una nebulosa teoria dell’ energetica che credeva potesse servire anche a evitare gli atomi. Alla base di questo scetticismo non era tanto uno spirito di contraddizione quanto il fatto che nessuno aveva visto un atomo, e anche oggi nessuno li ha visti nel senso ordinario del verbo vedere, per quanto le prove della loro esistenza siano assai più convincenti di quelle dell’esistenza di oggetti o fenomeni veduti da molti, come certi miracoli o i dischi volanti... ...Alla fine del secolo scorso perfino una persona come Max Planck era più che prudente nell’usare concetti atomici” In questo brano che segue Fulcanelli affronta la questione un poco più da presso, e parla di un errore importante nella rappresentazione della struttura ultima della materia: “Nous assurons donc, sans parti pris, que les grand savants...se trompent lorsqu’ ils nient le résultat lucratif de la trasmutation. ILS SE MEPRENNENT SUR LA CONSTITUTION ET LES QUALITES PROFONDES DE LA MATIERE, QUOIQU’ILS PENSENT EN AVOIR SONDE’ TOUS LES MYSTERES. HELAS! LA COMPLEXITE DE LEURS THEORIES, L’AMAS DE MOTS CREES POUR EXPLIQUER L’INEXPLICABLE ( CURIOSO CHE PER FULCANELLI DUNQUE VI DELL’INESPLICABILE NELL’ALCHIMIA), ET SURTOUT L’INFLUENCE PERNICIEUSE D’UNE EDUCATION MATERIALISTE LES POUSSENT A RECHERCHER FORT LOIN CE QUI EST A LEUR PORTE’. MATHEMATICIENS POUR LA PLUPART, ( IL PENSIERO ESCLUSIVA-MENTE MATEMATICO E’ VEROSIMILE SIA DI OSTACOLO IN ALCHIMIA) ILS PERDENT EN SIMPLICITE’, EN BON SENS, CE QU’ILS GAGNENT EN LOGIQUE HUMAINE, EN RIGUEUR NUMERALE. ILS REVENT D’EMPRISONNER LA NATURE DANS UNE FORMULE, DE METTRE LA VIE EN EQUATION. Ainsi, par déviations successives, en arrivent-ils incosciemmment à s’éloigner tellement www.episteme.it
www.episteme.it de la verité, simple qu’ils justifient la dure parole de l’Evangile. “Ils ont des yeux pour ne point voir et du sens pour ne point comprendre!” Serait-il possible de ramener ces hommes à une conception moins compliquée des choses, de guider ces égarés vers la lumière du spiritualisme qui leur manque? Nous allons l’essayer et dirons tout d’abord, à l’intention de ceux qui voudront bien nous suivre, qu’ON N’ETUDIE POINT LA NATURE VIVANTE EN DEHORS DE SON ACTIVITE’. L’ANALYSE DE LA MOLECULE ET DE L’ATOME N’APPREND RIEN...” Qui s’impone una riflessione: come interpretare le parole “l’anlyse de la molecule et de l’atome n’apprend rien” : si dovrebbe supporre che i fenomeni che interessano l’alchimia non appartengono né alla scala di grandezza dell’atomo né a quella della molecola, presumo.§ Pertanto si dovrebbe supporre che i fenomeni alchemici si osservano su scale più elevate di quella atomica e molecolare. Si potrebbe chiamare “dominio” o “land” la quantità minima di materiale da esaminare perché in esso si possa osservare un fenomeno alchemico. Qualcosa tipo la vecchia massa critica crapica di qualche anno fa. Ora un dominio o un land è equivalente a Natomi o Nmolecole, dove è ragionevole supporre che N sia un numero molto elevato, tendente all’infinito. Il problema è questo: un dominio si riconosce dall’esterno? Un cristallo di minerale, per esempio o un gruppo di cristalli contigui, ageminati fra loro, costituiscono un dominio? Se si esamina al microscopio un minerale metallico si osservano in esso strutture continue e discontinue, che trapassano insensibilmente le une nelle altre. Potrebbero essere domini? Aggiornamento del 14 Dicembre 1996 : dal libro, bellissimo per altro di Emilio Segré, “Personaggi e scoperte della fisica contemporanea” a pag. 16 : “...non solo nel 1895, ma fino al 1905 e forse anche un pò più tardi c’erano ancora degli scettici, (quanto alla reale esistenza dell’atomo)- certamente né fissati né incompetenti. Il “Waynflete professor” di chimica a Oxford, B. C. Brodie (1817-1880), che occupava una delle più prestigiose cattedre inglesi, non credeva negli atomi e scrisse libri per dimostrare che l’ipotesi atomica non era necessaria. Egli si adirò fortemente quando apparvero modelli molecolari con palline e bastoncini. Ernst Mach, insigne fisico e filosofo, non credeva negli atomi e seguitò a dubitare anche quando vide le scintillazioni prodotte dal particelle alfa emesse dalle sostanze radioattive. Wilhelm Ostwald, un importante chimico tedesco e uno dei primi vincitori del premio Nobel per la chimica è un altro esempio. Egli aveva sviluppato una nebulosa teoria dell’ energetica che credeva potesse servire anche a evitare gli atomi. Alla base di questo scetticismo non era tanto uno spirito di contraddizione quanto il fatto che nessuno aveva visto un atomo, e anche oggi nessuno li ha visti nel senso ordinario del verbo vedere, per quanto le prove della loro esistenza siano assai più convincenti di quelle dell’esistenza di oggetti o fenomeni veduti da molti, come certi miracoli o i dischi volanti... ...Alla fine del secolo scorso perfino una persona come Max Planck era più che prudente nell’usare concetti atomici”
ECCO FINALMENTE SPIEGATA LA NECESSITA’ E L’IMPIEGO DEL FERRO NELL’OPE-
RA ERMETICA. Nota del 22 gennaio 1997 Tullio Regge, “Infinito” pag.154. : La fusione nucleare : “Quasi tutte le reazioni nucleari non potrebbero avere luogo senza l’effetto tunnel. Secondo la meccanica classica, la reazione di fusione tra un deutone e un nucleo di trizio dovrebbe essere impossibile, poiché la repulsione elettrostatica tra nuclei agisce da barriera insormontabile che non permette il contatto diretto tra deutone e trizio. Esiste tuttavia una probabilità finita di tunneling attraverso la barriera, e questa dà luogo alla fusione dei nuclei qual’è stata sperimentalmente verificata nel JET, una bottiglia magnetica costruita appositamente per studiare la fusione nucleare in laboratorio. Molte reazioni ritenute impossibili sono rese in realtà inevitabili dall’effetto tunnel, sia pur con bassissima probabilità. Una pietra lasciata a se stessa finirebbe per trasformarsi, attraverso una serie quantistica di lentissimi spostamenti di atomi e di fusioni nucleari della durata di 10 elevato alla 1500 anni, in una palla di ferro che rappresenta lo stato di energia minima per la pietra. Gli effetti apparentemente paradossali dell’effetto tunnel hanno condotto al comandamento secondo cui in meccanica dei quanti tutto quello che non è esplicitamente proibito è di fatto obbligatorio. In sostanza il ferro, la “cenere cosmica” come suole ripetermi l’amico Claudio Cardella, è una sorta di minimo energetico dal punto di vista quantistico. Orbene, ogni movimento, ogni flusso di energia deve passare da un massimo ad un minimo, e l’energia di questo fluire è dipendente dalla differenza di potenziale. Un modo ottimo per ottenere un vigoroso flusso è disporre di una notevole differenza di potenziale, e sicuramente il miglior modo per ottenere la massima differenza di potenziale da un primo membro dato della coppia è di porre a zero il secondo elemento. Il ferro rappresenta lo zero della coppia. La Materia Prima, il Vas d’Elezione rappresenta il “termine attivo” Una obiezione cade facilmente. Fulcanelli ma anche altri autori parrebbero accreditare l’idea che il ferro sia invece, di fatto, pieno di energia, in luogo di essere il vuoto per antonomasia. La prova sarebbe, per esempio, le scintille che si liberano dal suo cozzo, ad es. con la selce o altra cosa simile. Non c’è problema : le scintille si liberano proprio perché il ferro è lo zero assoluto. Sono nella selce. Il ferro le estrae proprio perché “ABISSUS CLAMAT ABISSUM, FRAGORE CATARACTARUM” Murray Gell-Mann e l’undicesimo comandamento .Universo, di T. Regge 288. Murray Gell-Mann, ben noto per i suoi contributi alla teoria delle particelle elementari, sostiene che in fisica tutto quanto non è espressamente vietato è obbligatorio. (Nota mia : tutta la fisica, sembra. Non ci sono limitazioni a questo enunciato. E mi sembra che Regge proprio questo sostenga, vedi più sotto.) Gell-Mann pensava alle particelle elementari, alla meccanica dei quanti ed in particolare all’effetto tunnel. Molti processi atomici o subatomici, quali la fusione nucleare, non violano alcuna legge fondamentale della fisica, ma non avverrebbero se non esistesse l’effetto tunnel che agisce da catalizzatore. Tale effetto assegna una probabilità non nulla, seppure piccola, a tutti i fenomeni fisici previsti dalla teoria dei campi: basta attendere abbastanza a lungo ed essi si dovranno verificare. www.episteme.it
www.episteme.it Vorrei estendere il comandamernto di Gell-Mann ben oltre le intenzioni dell’autore. Le equazioni del campo ed il modello standard delle particelle elementari descrivono in modo abbastanza soddisfacente l’insieme dei dati empirici in nostro possesso, ma permettono una quantità di fenomeni e di oggetti molto superiore a quanto abbiamo finora visto. In breve, la nostra teoria descrive una Biblioteca di Babele di cui abbiamo letto finora pochissimi volumi. Il comandamento esteso di Gell-Mann impone che l’Universo debba contenere i volumi rimanenti. Sono disposto ad accettare un emendamento: lo spazio-tempo ha pubblicato o pubblicherà tutti i volumi, non è necessario che essi esistano tutti nello stesso istante. Una configurazione qualsiasi di campi che sia compatibile con le equazioni del campo deve obbligatoriamente apparire nella storia dell’universo. Un oggetto possibile anche se estremamente improbabile deve realizzarsi in qualche evento dello spazio-tempo. E poiché la porzione di universo osservata è troppo piccola per contenere tutto, penso che la Biblioteca di Babele contenga infiniti volumi, non solamente un numero vastissimo, e che occorraun universo aperto per contenerla tutta.