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Donne di libertà di Fabio Massi
Questa è la storia di due donne nate in nazioni distanti migliaia di chilometri l'una dall'altra, ognuna con la propria cultura, la propria storia e con la propria lingua. Hanno due cose in comune: lottano per la sovranità democratica della propria gente e sono state private della loro libertà individuale. Si tratta della birmana Aung San Suu Kyi e della colombiana Ingrid Betancourt.
Nata nel 1945, figlia di Aung San, eroe nazionale e leader del movimento indipendentista birmano, assassinato nel 1947, Suu Kyi vive nel Regno Unito fino al 1988, quando fa ritorno al suo Paese natale per accudire la madre malata. In quell'anno, lo SLORC (Consiglio di Stato per il Ripristino della Legge e dell'Ordine) eredita ogni potere dall'onnipresente generale Ne Win, ufficialmente in pensione ma tuttora vero padrone incontrastato della scena politica, e inizia una durissima repressione contro gli oppositori del regime: si susseguono arresti di massa, torture, esecuzioni sommarie. Si contano più di 3.000 morti, mentre la Birmania viene ribattezzata Myanmar. Suu Kyi non può più rimanere in disparte e, nel giorno dell'anniversario della morte di suo padre, il 19 luglio 1989, ha il coraggio di denunciare pubblicamente le nefandezze del regime militare e abbraccia la causa della Lega Nazionale per la Democrazia. Il giorno seguente viene arrestata e la sua vicenda travalica i confini della nazione asiatica. Grazie al suo impegno, nelle elezioni del 1990 la Lega riesce a ottenere un consenso popolare dell'82%, conquistando ben 392 seggi su 485 del Parlamento birmano. Tuttavia, la giunta militare invalida questo successo e mette fuori legge tutti i partiti e i movimenti d'opposizione. Nel 1991, Suu Kyi viene insignita del Premio Nobel per la Pace, in qualità di importante simbolo della lotta contro l'oppressione». Oggi è agli arresti domiciliaci in condizioni precarie di salute senza poter incontrare né familiari né avvocati.
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