GENITORI E FIGLI EDUCARE ALLA LIBERTÀ
É un testo (Nota di Gandalf: è miolo scritto in grassetto, rientrato) i molti anni fa che io mi sono ricopiato e ho tradotto dallo spagnolo. Questo è un testo frutto di un contatto medianico. Dovrebbe essere una donna che in contatto medianico scrive questo testo. I genitori non hanno il diritto di conservare per sé i propri figli, affogandoli nelle attenzioni e nell’amore. Devono concedere la possibilità di costruirsi la propria vita e di realizzare le scelte del proprio Spirito, anche se si rendono conto che le esperienze che loro (i figli) cercano possono far male. Sta ricordando il testo che ognuno nasce con un suo progetto, quindi noi possiamo essere genitori di qualcuno, possiamo essere figli di qualcuno, ma tutto questo è strumento per realizzare un proprio progetto, un proprio destino. Nessuno di noi è così essenziale per l’altro: siamo solo strumenti, reciprocamente, ma non essenziali. Siamo importanti reciprocamente MOMENTANEAMENTE, per un periodo, ma non siamo essenziali. Padre Vannucci, dirà ad un certo punto: una delle trasformazioni fondamentali della vita di ognuno di noi - e lui parla dal punto di vista religioso - è che io diventi capace di guardare mio padre e scoprire nel suo volto un fratello; di guardare mia madre e scoprire nel suo volto una sorella. E quindi notate il passaggio: fa parte del mio destino nascere da un padre e da una madre che mi trasmettono una base fondamentale per la mia vita, ma il passaggio di liberazione in questa evoluzione è che poi ad un certo punto mio padre e mia madre non sono più padre o madre, nel senso di esseri che mi dominano o a cui devo obbedienza, ma il passaggio radicale è che diventino compagni di viaggio, fratello, sorella, compagni di viaggio, dove non ci sono più doveri di obbedienza o di soggezione, ma c’è la possibilità di condivisione. É un grossissimo passaggio che siamo chiamati a fare. Quindi guardare il figlio e rispettare il suo progetto. Io genitore sono solo uno strumento per mio figlio: gli devo solo servire. Non c’è molto scampo: gli devo solo servire, per quello che gli serve. Ed ecco allora che mi dicono: non ho il diritto di cavalcare il mio amore sfruttandolo come elemento che gli vada a mettere dei limiti nella realizzazione del suo progetto. Perché molte volte noi ci facciamo forza dell’amore per dire: “Sono tuo padre e quindi alto là.” Dove alto là qualche volta è bloccargli la possibilità. Ecco la grande attenzione che bisogna tenere nel mettere limiti. Dove una cosa è mettere limiti educativi per aiutare la maturità della persona, diverso è mettere limiti perché siccome a me non va che tu faccia così, allora non lo fai neanche tu. Qui lo dice molto bene: essere lì rispettando le scelte del tuo Spirito anche se queste scelte qualche volta noi sappiamo perfettamente che gli faranno male. Ma se un figlio qualche volta non si fa male, non impara quello che deve imparare. Ed è dura per il genitore essere lì solamente per medicare le ferite quando l’altro se le fa, ma essere lì capace di rispettare il suo spazio quando potrebbe bloccarlo e se non lo blocca l’altro si fa male. Notate la criticità della posizione del
genitore? Il genitore che potrebbe impedire al figlio di farsi male, ma capire che impedire la figlio di farsi male è impedire al figlio l’esperienza di cui hanno bisogno. É una grossa gestione. Crescere significa cercare la propria autonomia e separarsi dalla protezione dei genitori per ritagliarsi il proprio spazio e il proprio obiettivo. Questo ci sta bene come figli. E chiaramente questo presuppone che nella nostra vita, uno dei grossi conflitti che siamo chiamati - come figli - ad affrontare è il rischio nel rischio: è l’esperienza critica della disubbidienza. Disobbedienza intesa come momento in cui, per affermare la tua autonomia devi avere il coraggio di fare qualcosa che tuo padre ti criticherà, se hai un padre che non rispetta i tuoi diritti. Lui ti criticherà perché tu farai qualcosa che lui non avrebbe fatto; ma lui è un’altra cosa. Riguarda noi come genitori, la capacità di rispettare il figlio; riguarda noi come figli, accetta la critica di tuo padre, qualche volta, anche se dovrai per forza disobbedire se vuoi essere fedele a te stesso. Ed è un altro degli elementi che vanno gestiti con molto equilibrio. Qual è il dovere dei genitori? Vigilare sui figli affinché sentano la presenza dell’affetto, ma senza interferire nella loro vita e concedendo a loro la possibilità di sbagliare. Imparino a comunicare con loro (cioè i genitori imparino a cominciare con i figli) a livello interiore e trasmettano messaggi di amore, messaggi positivi, ma senza interferire nelle decisioni. Educare alla responsabilità, insegnare ai figli il camino dell’analisi e della ricerca interiore, essere per loro un segno di contraddizione in un mondo che pensa solamente alle conquiste materiali: questo è il loro impegno. ATTENZIONE, COME GENITORI: educare alla responsabilità, lasciar fare le scelte, poi aiutare i figli a responsabilizzarsi delle scelte che fanno. “Insegnare ai figli il cammino dell’analisi”, cioè a ragionare, ad usare la testa, quindi non ragionare sempre tu al posto loro; fa sì che siano loro capaci a fare l’analisi della realtà. “Insegnare ai figli il cammino della ricerca interiore”. É che noi spesso insegniamo ai figli il cammino dell’affermazione professionale, del guadagno economico, della conquista esterna; ma non sempre a valutare il cammino interiore. E poi dovremmo arrivare ATTENZIONE - questa ricerca interiore a cui va educato il bambino, non possiamo aspettare il figlio quando ha 15, 20 o 25 anni quando il bambino ormai ……Il bambino va educato nella ricerca interiore nel modo in cui gli compri i giocattoli quando ha 2 o 3 anni: dopo potrebbe essere troppo tardi o troppo dura. Perché se io quando ha 2 o 3 anni non sono capace di gestirgli la sua esperienza e quindi finisco per comprargli tutto quello che vuole, non lo sto educando nella ricerca interiore. Se io non riesco ad educare il bambino quando va in 1ª o 2ª elementare ad essere capace di sentirsi se stesso senza la maglietta firmata, perché i suoi compagni o le sue compagne hanno la
maglietta firmata e viene a casa e ti fa la testa così perché: “Voglio la maglietta firmata perché la mia amica …; voglio il tal giocattolo perché la mia amica ce l’ha … ” Se io non riesco ad educarlo ad essere se stesso, il bambino, e a star bene anche senza il giocatolo della sua amica, non lo sto educando alla ricerca interiore. Ma lo devo fare lì all’inizio, non devo aspettare quando ho 18 anni. E attenzione all’elemento molto importante: essere per loro genitori “segno di contraddizione in un mondo che pensa solamente alle conquiste materiali.”, cosa vuol dire? Che il bambino deve vedere nel genitore la capacità di attuare in contrasto con i criteri dei vicini di casa. Il bambino deve vedere te genitore capace di comportarti in contrasto con …… Deve vedere te capace di vestirti in una certa maniera anche se i vicini di casa lo fanno diversamente. Deve vedere te capace di celebrare le feste in casa diversamente da come le celebrano tutti gli altri, se gli altri le celebrano in maniera solamente rivolta all’esteriorità. Deve vedere te capace di affrontare la situazione che una festa di cresima non è la festa del vestito, non è la festa del pranzo. Deve vedere te capace di impostare questo discorso. In caso contrario non sarai segno di contraddizione, quindi non potrà apprendere a gestire questo sistema di valori. Lui tenderà ad imitare. E allora siccome viviamo in una situazione che fondamentalmente è legata ai valori esterni, devi essere tu quello che gli trasmette che esistono altri valori, ma tu devi essere il primo piatto. Quindi: la tua maniera di vestire, la tua maniera di mangiare, la tua maniera di far la spesa , la tua maniera di camminare nel supermercato e di non fermarti tutte le volte che lui si ferma “e il giocattolo qui, e la cosa là …” è una cosa pesante perché tu devi stare costantemente a spiegare, costantemente a parlare, costantemente a ripetere, costantemente intervenire … e qualche volta c’è la crisi RR/ e qualche volta gliele compri. GiBi e qualche volta glielo compri. É dura é, e non sappiamo mai poi alla fine cosa succede? Dopo mesi e mesi delle Barbi, delle Barbi, delle Barbi, tre giorni fa, hanno già scelto quelle che vogliono. Ultimo discorso di tre giorni fa: “In realtà papà e mamma non ti comprano queste bambole perché rappresentano veramente una forma di bambole molto superficiale, molto false, non è come e veramente fatto l’essere umano così come è questa bambola.” E questo glielo faccio come discorso quando un giorno prima gli ho detto “OK, in occasione di …… ve le compro queste tre bambole.” La grande reagisce subito: “Ma se sono così le bambole, perché ce le compri?” Ha capito la logica. E allora giustamente: “Te le compro perché non voglio che tu ti senta così diversa da tutte le tue compagne. Allora qualche volta te le compro, te l’ho promesso, però è una bambola falsa. Non la precludo del tutto, però hai capito che bambola è che andiamo a comprare?” Lei me lo ha detto ad un certo punto: “Perché me le compri se sono false, se non sono le vere bambole?” “Perché non voglio che tu ti senta così diversa. Gioca anche tu con le bambole, ma sappi giocare sapendo che bambola è” Ma è un anno che la tirano con questa storia. Arriva BABBO NATALE? E hanno scritto sulla lettera: Sailor Moon; non è arrivata. “Perché BABBO NATALE non ci ha portato la bambola che volevamo?” E di nuovo allora gli spieghi.…… É dura, è una lotta che devi riuscire ad affrontare. Poi magari vengono fuori peggio degli altri. Questa è la vita.
Però ci tenti. Viviamo in un mondo dove vanno in giro ed è quello che vedono, alla televisione è quello che vedono. Non so le scuole del vostro paese, ma nella scuola del nostro paese hanno fatto una riunione, le maestre con i genitori, disperate per la conflittualità in scuola per la magliette firmate, perché c’erano quelle che andavano a scuola, di proposito, senza grembiule per far vedere che loro erano vestite con la roba firmata, e chiaramente crei il problema. Se tu cedi è una battaglia persa fin dall’inizio. E quindi ecco l’elemento. Per il genitore è dura, perché devi essere sempre in contraddizione: “I vicini di casa ce l’hanno, l’altra amica ce l’ha, quell’altro ce l’ha e noi siamo le uniche che non ce l’hanno!” É una lotta personale. Notate. É un lotta di investimento dove alla fine non è che tiri fuori più di tanto: tiri fuori al limite che loro stanno meglio, ma non è una lotta che poi diventando grandi ti diranno - forse te lo diranno portando i fiori sulla tomba! - “Quanto era in gamba mio padre, mia madre, che mi hanno insegnato le cose che adesso capisco.” É investimento a rendere a livello evolutivo! Il rapporto genitori figli ha questa forza di coinvolgimento. Amare i figli non significa chiuderli nella gabbia dorata attenzioni e della vostra protezione, ma significa invece confrontarsi con la vita con quell’unica ricchezza che è il dono che può essere offerto a loro: la coscienza che la VERITÀ si di sé e che è possibile farla fiorire.
delle vostre insegnare a più autentico trova dentro
Cioè portarli ad essere coscienti di questo. Qualunque altro tipo di amore è falso, in quanto non è altro che una maschera dietro la quale i genitori nascondono la propria paura di non sapere amare a sufficienza, di non sapere offrire ai figli il meglio di se stessi. E possiamo vedere molto bene il limite e l’equivoco di quel “meglio di se stessi”: ricchezza - protezione - vita tranquilla - aspirazioni borghesi ecc.. Perché spesso quando noi diciamo “ti do il meglio”, “il meglio” che cos’è? Ti ho comprato l’appartamento. Ti ho fatto studiare all’università …… cose esterne, dove il meglio raramente è la realtà interna. La confusione che regna nei genitori e la loro incapacità a considerare i valori essenziali, si riflette nei figli che crescono con le stesse illusioni e sui quali ricadono le insicurezze e le ansie dei genitori. Educare i figli significa aiutarli a scoprire che la realtà è piena di illusioni, ma noi possediamo la capacità di modificarle (queste illusioni) ed adattarle ai nostri desideri; significa aiutarli a scoprire che la serenità è dentro di noi e possiamo possederla e viverla; significa aiutarli a capire che la nostra vera finalità è realizzare le scelte del nostro Spirito.
Questo è ciò che i genitori possono e devono fare con i figli. Il processo dell’educazione ha il suo obiettivo nello sviluppo delle potenzialità dell’individuo. I genitori educano nel figlio l’UOMO, ossia l’individuo che esiste nel mondo materiale, ma con un fine essenzialmente spirituale. (I due elementi che deve riuscire a collocare dentro) Non è facile favorire i veri processi educativi, perché significa prima di tutto essere coscienti delle proprie scelte e responsabilizzarsi fino a saper coinvolgere gli altri nel proprio cammino. EDUCARE, nella sua radice latina (ex ducere), significa “CONDURRE FUORI” e questo è il senso dell’educazione: promuovere nell’individuo una evoluzione umana e spirituale, aiutarlo ad essere autonomo, responsabile, capace di autogestirsi e di partecipare attivamente e criticamente alla vita del suo tempo.