La polarità del femminile nella mistica ebraica

Page 1

http://www.izalmaim.it/index.php?option=com_content&view=article&id=13&Itemid=31

Le polarità del femminile nella Mistica Ebraica Le polarità del femminile nella Mistica Ebraica Versione con commento e note integrative A cura di Peter Ben David [1]

La Mistica Ebraica, nell’odierno rifiorire delle sue tante scuole, come comune denominatore ci invita, nella sua peculiare valenza esoterica, a meditare in profondità sulla necessaria riscoperta del pregnante significato spirituale dell’aspetto femminile del creato e della stessa umanità, sia nel suo complesso che a livello di essere individuale, come unica chiave per comprendere appieno quel complesso processo di riunificazione in un’unità inscindibile con il proprio creatore della precedente necessaria scissione fra maschile e femminile, inerente ogni esistenza sperimentata sul piano fisico della Materia. Secondo la mistica ebraica, ogni volta che un’anima decide nel suo livello di consapevolezza superiore post-vitam di re incarnarsi in un corpo umano ,assecondando uno scopo evolutivo sia individuale e sia inerente gli altri frammenti del suo “ sé”, rimasti intrappolati nell’entropia dell’incoscienza del piano materiale al momento della morte fisica (nella sua ultima esistenza o in esistenze precedenti), deve sapere scindersi dal suo livello di unificazione con l’assoluto divino del piano trascendente per sperimentare ogni volta la dolorosa esperienza della separazione dalla sua matrice divina. In tale tragitto di discesa dal piano trascendente di puro spirito al piano immanente della Materia, l’anima si scinde ulteriormente nei suoi elementi maschili e femminili, sia sul piano spirituale, che sul piano psichico e fisico. La dolorosa esperienza di frammentazione le permetterà, nel suo punto più critico, di rincontrare quelle parti del suo “sé” inferiore per reintegrarle e portarle al “compimento” evolutivo. Proprio solo dalla effettiva capacità di penetrare il mistero del femminile, sarà possibile rinsaldare in un unicum i termini contrapposti di ogni realtà, sia fisica che spirituale, in una visione di collettivo molteplice “ricomponimento” di ogni possibile dualismo, basato sul confronto della polarità maschile con la sua polarità femminile. Secondo il grande cabalista Arizal, nel tentare di penetrare tale mistero, ci si deve concentrare inizialmente sui due differenti fondamentali aspetti del femminile contenuti proprio nelle due lettere Hey h del Tetragrammaton ebraico Yud-Hey-VavHey hwhy, il Nome sacro ed impronunciabile di D-o, che costituisce il vero completo DNA spirituale ed ontologico dell’Essere umano ed il principio metafisico in cui si articola ogni potenziale e concreta forma di realtà e di pensiero.


Così come nella sequenza xy si possono individuare le componenti del DNA biologico dell’uomo, parimenti nella sequenza YHVH hwhy è possibile cogliere il mistero della nostra complessa natura spirituale. Quattro semplici lettere ebraiche, Yud y Heyh Vavw Heyh, che lette nei due sensi racchiudono ogni possibile dinamica della discesa delle componenti spirituali sul piano materiale e del loro percorso di ritorno verso il piano trascendente. In ebraico ogni parola va letta da destra verso sinistra, quindi in tale sequenza hwhy , la Yud è la prima lettera di tale Nome, la prima Hey che segue la Yud invece la seconda, la Vav è la terza e l’ultima Hey che la segue è la sua quarta lettera. Questo primo percorso palesa a livello di macrocosmo la dinamica della creazione dell’universo in cui la Yud rappresenta l’infinito che si fa spazio finito per lasciare sperimentare alla sua creatura(Vav) l’esperienza della separazione e dell’individualità nella Materia(l’ultima Hey), per fare affiorare in essa la necessità e volontà del suo superamento ed acquisire così piena consapevolezza(la prima Hey) del ritorno alla sua prioritaria natura spirituale. In tale visione le due Hey rappresentano altresì le Acque superne(Hey sup.) separate dalle Acque inferiori(Hey inf.) nel secondo giorno della creazione. Tale sequenza è anche quella della discesa dell’anima(Yud/Padre) dal piano spirituale trascendente(Yud Hey) al piano materiale immanente (Vav Hey). In tale significato nella sequenza Yud Hey Vav Hey, l’anima incarnata nella Vav(il Figlio)deve inizialmente confrontarsi con la sua polarità spirituale inferiore smarrita(Hey Vav) per reintegrarla, acquisirne le immense energie e potere così procedere verso la polarità spirituale superiore( Hey Yud), per riunirsi così al suo creatore. Così come le due Hey simbolizzano le due diverse ed opposte polarità del Femminile (ed anche del sé), parimenti, la lettera Yud y e la lettera Vav w, rappresentano all’interno del Nome YHVH hwhy, che in ebraico si usa pronunciare Hashem (il Nome), i due aspetti (Yud-Padre e Vav-Figlio) del polo maschile : h

W

h+ ( y )

Rimozione Coscienza/Incoscienza

Coscienza

Consapevolezza del Superconscio (Dio)

Spiritualità femminile del Sé inferiore

Risveglio

Spiritualità femminile del Sé super.

Figlia/Malkut

Figlio(Tipheret)

Sposa/Binah (Padre/Keter)

Circolarità dell’Ouroboros

Rottura della circolarità/retta

verticalizzazione

Solo percorrendo l’intero campo polare dal polo negativo(femminile/sé inferiore) al polo positivo (femminile/sé superiore) la coscienza del Figlio ( Vav W ) potrà “risvegliarsi” per ritrovare la sua originaria consapevolezza e la smarrita identità divina (Yud ySuperconscio Padre). Come sappiamo dai tanti midrashim (miti ebraici), furono proprio le lettere ebraiche le pietre fondanti con cui Hashem (Dio) creò ogni realtà nell’universo. Ogni lettera, infatti, in base alla sua forma, al suo nome ed al suo valore numerico, contiene differenti potenziali di energia e fu proprio assemblando tali “potenze” nella composizione delle singole parole della Torah che fu dato inizio al processo di creazione. L’Arizal sottolinea inoltre come la creazione ebbe luogo proprio tramite lo


stesso schema del Tetragrammaton, facendo sì che il processo creativo rispecchiasse lo stesso ordine dall’alto ( nel grafico da destra verso sinistra) e lo stesso archetipo di ognuna delle quattro sacre lettere che lo compongono. In rapporto alle Sephirot (vedi appendice sull’Albero della Vita), i dieci stati unificati dell’Essere spirituale relativi all’Albero della Vita( in ebraico Etz Ha Chaim), va precisato che mentre la sephira Chokhmah viene associata alla lettera Yud del Nome, invece la sephira Binah viene associata alla prima lettera Hey,quella che segue immediatamente la Yud, così come le sei sephirot del livello psichico-emotivo, in ebraico “Middot”[2], sono associate alla natura umana della lettera Vav, mentre la decima sephira, Malkut(il Regno), il mondo materiale, si identifica con la seconda ed ultima Hey del Tetragrammaton. Si tenga presente che la misteriosa invisibile undicesima sephira, Da’at(Conoscenza unificante), viene di norma considerata come un momento di sviluppo della “consapevolezza” umana superna, legata al superconscio, inerente a Binah e quindi associata alla prima Hey del Nome. Da tali rapporti ontologici risulta evidente che il primo aspetto del femminile è proprio quello relativo alla “conoscenza” intellettiva, con cui si suole definire Binah. Ma è solo grazie alla proiezione fecondante di Chokhmah, la “sapienza” intuitiva, che Binah, da visione interiore oggettiva ed indistinta, si trasforma nella mente umana in percezione soggettiva capace di “creare” forme di realtà. La seconda Hey è invece legata a Malkut, il “Regno”, per rappresentare l’infinita potenzialità dell’uomo, nel suo processo di “compimento” del creato, di divenire sovrano della sua realtà, semplicemente tramite l’effettivo controllo della propria volontà, dei propri pensieri e delle proprie emozioni e grazie a tale padronanza di sé, tramite le proprie parole ed azioni, di poter cambiare, rettificare ed elevare la realtà fisica verso la sua più profonda radice spirituale superna. In tale procedimento, Binah sembra avere il ruolo di strumento attuativo di Chokhmah, mentre Malkut diviene il contenitore delle proiezioni creative delle sei sephirot-Middot psicoemozionali, sancendo così una visione della polarità maschile basata sulla pura astrazione creativa ed una visione della polarità femminile come effettivo principio di concretizzazione. La Mistica ebraica ci ricorda inoltre come questi due aspetti del femminile siano collegati a due importantissimi archetipi biblici di carattere matriarcale, Lea e Rachele, le due sorelle-mogli del patriarca Giacobbe. Dal momento che le quattro lettere del Tetragrammaton indicano l’esatta sequenza della creazione dall’alto, questo implica che Lea, collegata alla Hey superiore, rappresenti il più alto livello di spiritualità, relativo a Binah, che la “coscienza” del popolo di Israel dovrà un giorno raggiungere, come modello collettivo e transpersonale per l’intera umanità, mentre Rachele, collegata alla seconda ed ultima Hey, incarna la gamma del livello evolutivo attuale dei membri del popolo eletto, relativo allo stadio di Malkut, ancora preda, nella loro stragrande maggioranza, dell’esilio psichico dal proprio “Oriente” e della prigionia individuale nella gabbia tutta interiore delle proprie incontrollate Middot, la passionalità non ancora alchemicamente “purificata” dalle sue scorie


quipotiche[3] stratificatesi nel corso dei secoli in potentissime entropiche tensioni di carattere karmico. Sono proprio tali scorie ad impedire ancora oggi il pieno effettivo collegamento delle Middot di tutto Israel con l’energia luminosa della triade divina superna KeterChokhmah-Binah, capace di rettificare ogni aspetto di Malkut. Dice infatti in prospettiva la stessa Torah : ” L’Umanità è la Gloria di Hashem” che si esplica fin dalla prima parola della Genesi, Bereshit tyXarb (in principio), che contiene in nuce sia l’intera Torah che tale futura visione di compimento. Se fin dalle pagine dell'antico Testamento ci sforziamo di intravedere il frutto della semina dello Yud(Padre) in Malkut (la Hey inf.-Rachel) che sarà possibile cogliere con evidenza solo nel Nuovo Testamento , la presenza della tomba di Rachel in BetLechem (casa del "pane")ha un significato chiaramente messianico su di un doppio binario maschile-femminile. Infatti così come sulla croce del Golgota, che letteralmente in ebraico significa il "cranio" ( dell'Adam), il Cristo(l'unto dallo Yud), il "pane" eucaristico di vita disceso dal cielo(piano trascendente) per nutrire e vivificare, come la "manna" nel deserto nutrì il popolo di Israel per rettificarlo, lo spirito di ogni uomo di “buona volontà sul piano immanente”,si unifica alchemicamente al Figlio dell'Uomo-Adam(Vav), innalzandolo dal suo peccato originale tramite il battesimo e la purificazione, con l'acqua di vita che sgorga dal suo costato trafitto, riscattando il suo errore e quelli di tutta l'umanità(Malkut), con il sacrificio del suo sangue, in modo parallelo Myriam di Nazareth, connessa all'archetipo biblico di Lea(Hey superiore) nel partorire il "pane" spirituale di nuova Vita ,il Redentore, il Mashiach, riscatta in sè Rachel-Malkut (Hey inferiore), aprendo così le zolle di Malkut al seme della nuova "coscienza messianica" che viene grazie al sacrificio di Cristo seminata nel mondo (riallacciando cosìdi nuovo Malkut con l'Albero della vita). Tale seme, un giorno, quando maturerà, darà i frutti di una nuova"consapevolezza" condivisa da ogni popolo : l'Era messianica. Solo allora il maschile ed il femminile anche in Malkut saranno un'unica inscindibile realtà( una sola Hey) in ogni essere umano. Nel Vangelo GESU’ afferma infatti che nell’era messianica gli uomini non prenderanno più moglie. E’ facile osservare che in Bereshit è contenuta la stessa Chokhmah, chiamata anche “Reshit”, il Principio, sinonimo di Sapienza, dal momento che il primo versetto della Genesi può essere tradotto oltre che come “In principio creò D-o” anche con “ con la Sapienza creò D-o”. Numerosi brani della Torah sovrappongono i due termini, così come in Proverbi 3-19 : “ Hashem ha fondato la terra con Sapienza” e in Siracide 1-4 : “ Prima di ogni cosa fu creata la Sapienza e la saggia Prudenza è da sempre”. L’inizio vero e proprio del processo creativo è quindi basato sulla Sapienza(Chokhmah), che dal punto di vista alchemico va distinta dalla Conoscenza(Binah), in quanto è solo la prima ad essere connessa al “Bitul”, lo stato di “pura coscienza” che secondo la Mistica ebraica si raggiunge solo quando il livello della meditazione o della preghiera è tale che l’Io pensante si trasforma nell’essenza dell’oggetto. Tale stato di coscienza può


portare all’annullamento dell’Io, che crea il vuoto ricettivo indispensabile perché le Acque della Consapevolezza superna possano scorrere in noi, proprio come una fonte scaturisce all’improvviso dalla roccia. Chokhmah è infatti il potere intuire a colpo d’occhio il significato globale dell’oggetto secondo la sua prospettiva. Ma torniamo alla parola Bereshit tyXarb. Nelle sue molteplici interpretazioni può essere anche resa come “Bar eshit” tyXa rb (un figlio io pongo) o “Bat reshi yXar tb (figlia, il mio principio ) o “Berit Esh” Xa tyrb (alleanza di fuoco). In tali accezioni Hashem stabilisce un’alleanza che (come il fuoco) arde d’amore per sua “figlia”(HeyMalkut), la sua creazione decaduta ed ha come fondamento il “figlio”(Vav) che lei dovrà portare in gestazione lungo l’intero campo polare(-Hey+Hey) fino al suo “compimento” ontologico, divenendo così la sua “sposa”divina(Hey-Binah). Le nozze sacre delle due Hey riunificate con lo Yud, reintegrano la natura spirituale dell’uomo nella sua originaria dimensione divina. Ma il lemma Bereshit pone un importantissimo vincolo di carattere ontologico proprio al popolo di Israel. Il suo valore ghematrico delle lettere ebraiche che lo compongono è infatti 913, che corrisponde alla frase “Kol Israel arevim” (Tutti i membri del popolo di Israel sono reciprocamente interdipendenti ). Il processo di rettificazione prima interiore e poi esteriore, che potrà un giorno aprire ad Israel ed al mondo intero le porte dell’Olam habba (il mondo a venire dell’era messianica) non riguarda solo un’esigua percentuale di credenti, di devoti osservanti delle Mitzvot (precetti) e della Torah[4], ma dovrà penetrare in profondità nel cuore e nella “coscienza” di ogni membro, consapevole o meno delle sue origini, del popolo eletto, per liberarlo dal suo esilio spirituale dal Padre e potere così ritornare collettivamente ai giorni felici della Shekhinà, l’immanenza di Hashem presso il suo popolo. Nella parola Bereshit è in effetti proprio la prima lettera, la Beit b a contenere l’icona di tale segreto. La Beit è il “due”[5] gravida dell’Uno a originante ed incarna la creatura matrice dell’increato, sviluppandosi lungo la tensione di due poli opposti e complementari[6], di cui nessuno può sussistere senza l’altro. E’ appunto l’Aleph-Beit, come l’alpha e l’omega, il principio ed il termine di ogni forma ontologica di realtà. La Beit sgorga dal “Nulla” metafisico, (in ebraico Ayin), l’aspetto assolutamente inconoscibile ed insondabile del divino Creatore, punto di arrivo e di partenza di una “contrazione” ( in ebraico Tzim-Tzum) celebrata sull’amore e sull’abnegazione per la sua creatura, in cui D-o si è reso “Ayin”(Nulla) affinché una infinitesimale parte di sé, potesse finalmente “Essere”. In tale manifestazione di puro ed intenso amore, il restringimento premuroso dell’Uno assoluto ha permesso che dal suo “seme”(in ebraico Shem, che significa non a caso anche nome) germogliasse l’intero creato. Infatti è proprio il “seme” divino, la lettera Yud y del Tetragrammaton, che si da una “casa” nella lettera Beit b di Bereshit e nella stessa litterazione di Beit ( Beit-Yud-Tav tyb), equivalente ghematricamente a 412, che corrisponde proprio a “Bait” (casa), che però significa anche “Tempio”, luogo di contenimento dell’immanenza divina e per estensione l’intera creazione, che anche dopo la sua “caduta” causata dall’Adam, nonostante tutto “conserva l’Amore” (Notzer


Chesed = 412 ) del suo Creatore. La Beit è altresì pronunciabile nel significato di “Figlia” (in ebraico Bat), la Vergine di Israel che come “Figlia” deve portare in gestazione e poi partorire il suo elemento divino per elevarsi al rango di “Sposa” di Hashem. Dice infatti Isaia (Is.62-2) :” Ricevi ordunque il Nome nuovo che la bocca di Hashem disvela, sei la splendida corona nella sua mano, il diadema regale nel palmo del tuo D-o”. E’il mistero sublime del verbo che si fa carne, del trascendente che diviene immanente. Ovunque ci abbiano portato l’ostinazione umana e le dinamiche della Storia fino ad oggi, è questo il solo Mito “fondante” dell’Umanità. Continuare ad ignorarlo genera per l’uomo soltanto ulteriori labirintiche prigioni esistenziali, che molto presto finiscono inevitabilmente col trasformarsi in sepolcri imbiancati. La grande sociologa del sacro Annick de Souzenelle, in un suo illuminante saggio[7] afferma che :” i miti sono sul piano collettivo ciò che per l’individuo è il sogno”, il che ci rinvia al principio stesso dell’Essere, alle sue profondità ancora inesplorate legate al suo occulto DNA ontologico, la radice del Nome del suo Creatore. Proprio dall’incontro dell’individuo con i suoi simboli, il sogno è capace di fornire un codice di chiarificazione del significato più profondo e perciò nascosto dell’esistenza umana, portando conoscenza e maggiore “coscienza” di quegli elementi della nostra natura divina che ci aiutano ad evolvere, a verticalizzarci ed emanciparci dalle “chiusure” della realtà esteriore. La realtà interiore in noi occultatasi è l’Eden perduto, posto ad Oriente del nostro Essere, in una geografia tutta spirituale, dove i Cherubini, con la spada a doppio taglio(-Hey/ +Hey), difendono l’accesso prezioso al Verbo(Yud). I due lati dell’Albero della Vita sono in sintesi rappresentati proprio dalle due Hey del Nome. Hashem crea i cieli ( she-mayim MYmX) e la Terra. Ma in effetti i cieli sono composti dalle Acque (mayim MYm ) e dallo stesso Nome(She-m mX ) che si trova anteposto ad esse. I tre termini sono quindi strettamente collegati in un unicum simbolico. Leggendo questi dati in chiave ontologica è chiaro che tali cieli e tali Acque sono essenzialmente parte interiore di noi, rispettivamente parte del nostro Superconscio e del nostro Inconscio, così come ogni terra(eretz) che riusciamo a far emergere da tali Acque è parte costitutiva della nostra “coscienza” che sviluppiamo, dal momento che “eretz” significa in ebraico proprio “luogo prosciugato” . L’umanità che, consapevolmente o meno, si allontana dal suo Oriente interiore, dalla quella “terra emersa”, prosciugata dal potere della sua coscienza divina, in direzione opposta, verso una inevitabile tragica circolare deriva esistenziale, viene colpita da amnesia e diviene sorda al richiamo del Verbo. E’ lo stato di catalessi denunciato in Geremìa ( Ger.5-21), con estrema precisione : “ Hanno occhi ma non vedono, orecchie ma non sentono”. Solo quando l’Essere umano si risveglia dal suo torpore diviene capace di attraversare le immense fagocitanti paludi della sua “incoscienza”, dirigendosi con passo fermo e sicuro verso il richiamo da Oriente, in preda ad una struggente tensione amorosa mai prima avvertita verso il suo punto di origine . E’ solo allora che il Verbo si palesa, permettendoci di ritrovarlo proprio nelle pieghe più recondite del nostro Essere ed aprendoci il “passaggio”(Pesach) verso una nuova realtà. Tale processo riflette l’archetipo dell’Esodo, con un “passaggio” dal piano esteriore a quello interiore, che ci


porta dalle urla assordanti della “piana di Sinear”, sinonimo della realtà fisica, che in ebraico significa “là dove si grida”, alla progressiva nitidezza dell’ascolto interiore del Verbo. Sono proprio gli abitanti della “piana di Sinear” i primi dell’umana razza , in una prospettiva alchemica estremamente riduttiva, a voler “cuocere” dei mattoni (lebenim) con cui sostituire, nel loro processo di edificazione spirituale, la pietra (eben), simbolo della celebrata “pietra angolare” (eben pinà), scartata dai “maestricostruttori” di torri, circolari come ’Ouroboros[8] e come la stessa torre di Babele. Per comprendere l’aspetto spirituale del mito della costruzione della torre di Babele, bisogna sapere osservare come in ebraico è “pietra”( eben nba) colui che è “figlio” (ben nb )del “Padre”(Ab ba), dove ogni termine è contenuto proprio nella prima parola. E’ invece “mattone”( lebenà hnbl) ) colui che è “figlio” (ben nb ) di Lei ( lah hl) , figlio della donna solo biologica ed incosciente di Malkut, privato quindi della “coscienza” interiore del Padre Uno e capace di ascoltare solo le grida caotiche della “Piana di Sinear”. Il “figlio” del “Padre” di cui stiamo parlando è nient’altro che il “Figlio dell’Uomo” più volte richiamato nella Torah e ripreso anche dai Vangeli, il “figlio interiore” che ogni Essere umano deve far crescere in lui, passando dalla polarità inferiore a quella superiore, per recuperare la sua piena reale dimensione spirituale. Quando il “figlio” perde il contatto con il “Padre”, si smarrisce nelle urla incomprensibili della sua individualità egoica e circolare, divenendo estraneo prima a se stesso e poi agli altri. Allora l’umanità è costretta a comunicare, del tutto incosciente della sua vera natura, in preda alla sua sola prerogativa animale, prioritariamente con rapporti di forza e di potere, con conflitti e guerre sanguinose, finalizzate a marcare il proprio territorio. Sotto questa prospettiva il mito della torre di Babele[9] è la chiara sintesi dell’uso fuorviato dell’immensa energia spirituale del Nome, utilizzato per recidere le sue radici divine e “deificare” l’uomo su di un piano sostitutivo, basandosi su di un’energia spirituale essenzialmente ctonia ed infera (Hey negativa). E’ il primo tentativo di parricidio dell’Essere umano consumato con la tracotanza che solo la forza dell’incoscienza può dare. In una prospettiva metafisica dell’attesa messianica, tralasciando per un momento le divergenze sulla natura immanente del Verbo fra la visione ebraica dell’Olam Habbà o quella cristiana della “Parusìa”[10] , pare evidente che solo quando lo Yud del Tetragrammaton viene ad incarnarsi anche nel cuore della storia umana, portando a pieno compimento per ognuno di noi l’archetipo del “Figlio dell’Uomo”, nello svelamento progressivo della sua origine trascendente sotto forma di una crescita esponenziale del livello individuale e collettivo di consapevolezza, solo allora possono essere unificati, in un processo di elaborazione tutto interiore, i divergenti aspetti esteriori di ogni forma della creazione, perchè solo allora il Figlio potrà celebrare, grazie al Padre, la sua effettiva deificazione. Tale processo non può mai ridursi alla mera celebrazione della sola dimensione storica del fenomeno, inerente la sua parziale proiezione fenomenica ed esteriore nel tempo e nello spazio, basata su di una concezione tutta essoterica,


perché in tal caso il Mashiac[11], il Cristo, l’unto del Signore, verrebbe ridotto al semplice rango di profeta minore, fondatore di una dottrina religiosa, svuotando la sua venuta ed il suo messaggio dalla sua salvifica matrice di eternità e dalla sua potenza rettificatrice di ogni controverso aspetto della realtà, all’interno di una nuova chiarificante consapevolezza interiore e conoscenza intuitiva attivata in noi dalla Sapienza divina. Il nucleo del significato messianico si basa infatti sull’altissimo livello di “coscienza” che il “Messia” viene a ripristinare nell’uomo, facendolo schiudere proprio da quella matrice femminile di gestazione del nuovo Essere, basata su una nuova consapevolezza di sè, per riportare la bassa energia della Hey di Malkut allo stesso intenso livello vibratorio della Hey di Binah, in un processo di conoscenza unificante. In tale crescita esponenziale, proprio la Vav, emblema del Figlio dell’Uomo, trova il suo totale compimento nel percorrere l’intero campo bipolare delle due Hey presenti nel Nome, prima come necessaria dolorosa discesa in Malkut e poi tramite l’elaborazione emotiva, psichica e spirituale delle sue Middot , come risalita verso la consapevolezza superna di Binah unificata a Chokhmah, che riesce poi a trasmettere ed amplificare intorno a sé, come energia trasmutativa interiore di ogni “distorsione” presente sul piano materiale . Questo percorso di crescita della “coscienza” del genere umano dal polo inferiore della seconda Hey al polo superiore della prima Hey, rappresenta il tragitto di compimento della consapevolezza messianica del Figlio dell’Uomo(Vav), che solo così può svelare il suo Yud ad ogni uomo di “buona volontà”. Se l’umanità, nel suo insieme, riesce ancora a sopravvivere nella sola esteriorità del piano fisico, come una massa di inconsapevoli burattini, guidati da fili ad essa invisibili, lo deve unicamente al fatto che nel suo piano biologico sussiste ancora una adeguata fase onirica, la sua capacità di sognare, potendo così avvertire, anche se quasi sempre del tutto inconsciamente, l’alito divino del suo Essere, che gli dona quella luce e quell’energia spirituale necessarie alla sua possibile sopravvivenza sul piano fisico. Recita lo Shir HaShirim (Cantico dei Cantici), summa degli arcani esoterici dell’Ebraismo, secondo l’interpretazione del Siddur Tefillà, il più importante breviario di preghiere, basato sul rituale sefardita istituito dall’Arizal, fondamento della Cabala ebraica : “ Io dormo –perché i peccati (incoscienza) mi hanno intorpidita, ma il mio cuore è sveglio…odo la voce del mio amato che bussa – e cerca di svegliarmi inviando dei profeti perché faccia ritorno a Lui…”. Il Siddur interpreta il brano spiegando che Israel si rivolge ad Hashem dicendogli : “ Sovrano dell’universo, sono (Israel) addormentata(incosciente) perché non posso più offrire i sacrifici (a causa della distruzione del Tempio), ma il mio cuore è sveglio( rimane cosciente solo) grazie alle preghiere (le preghiere dell’Amidà, inserite nel Siddur) che li sostituiscono”. La catalessi spirituale di Israel è quindi collegata al nascondimento dell’immanenza divina, che va ricercata e raggiunta ora su piani superni, cominciando proprio dal piano onirico, corridoio di collegamento con i piani superni dell’Altrove ontologico, penetrandolo con gli stessi importantissimi accorgimenti esoterici di progressivo


sviluppo della coscienza che la stessa Amidà ci prescrive, per quella che può definirsi con parametri psico-analitici come una forma preliminare di “sonno vigile”. Solo portando crescente coscienza anche sul piano onirico, imparando ad interagire attivamente con il tessuto dei nostri sogni, memorizzandoli, esplorandoli, e decriptandoli, si può cominciare ad udire il lontano eco di quella voce che ci chiama da Oriente e ritrovare così le proprie coordinate ontologiche. Molti sono coloro che oggi cominciano a “risvegliarsi”, riuscendo per la prima volta a percepire esotericamente il valore ed il significato dei loro rituali religiosi, vissuti fino a quel momento solo sul piano meramente essoterico e formale, ritrovando in essi finalmente la loro dimensione “unificante” con la natura divina.

[1] Pietro Gonsalez [2] Trattasi di sei delle dieci sephirot(stati emotivi) Ghevurah(Rigore) Chesed(Misericordia), Tiferet(Bellezza armonica), Hod ( Splendore), Netzach(Eternità), Yesod(Fondamento), comprese fra le prime tre sephirot superne (Keter-Chokhmah-Binah) e la decima sephira, Malkut.. . [3] L’aggettivo qlipotiche si riferisce al termine Qlipot, entità psichiche parassite che vengono generate ed attirate inconsapevolmente dall’uomo a causa delle sue azioni malvage, che si nutrono dell’altrui energia spirituale, sia sul piano onirico-astrale che sul piano della realtà materiale (Malkut). [4] La tradizione mistica riporta l’esistenza dei Lamed-Vav, di 36 Tzaddikim (Giusti) sia in Israel che nel mondo edomita che grazie al loro inconsapevole ruolo di uomini devoti a D-o, assicurano quel livello minimo di bilanciamento delle forze del Kaos’ senza di cui la creazione sarebbe annichilita dall’entropìa. [5] Il valore numerico della lettera Beit b è 2., così come quello dell’Aleph a è 1 [6] Gli aspetti di tale dualismo assumono forme molteplici come Maschile e Femminile, Bene e Male, Luce e Tenebra, che possono sempre ridursi al dualismo progressivo fra Inconscio e Coscienza. [7] Il Femminile dell’Essere- Ediz. Servitium 1997. [8] L’Ouroboros è un antichissimo archetipo esoterico, simbolo dell’Inconscio annichilente del femminile legato al sé inferiore, relativo al ventre onnivoro ed insaziabile della “Grande Madre”. Viene rappresentato come un serpente-drago, di forma circolare, che si morde la coda per imprigionare al suo interno l’umanità inconsapevole, per assorbirne parassitariamente tutte le energie necessarie al risveglio della coscienza dell’Essere. [9] Genesi 11,4 ”Poi essi dissero : Orsù costruiamoci una città con una Torre, la cui cima sia nei cieli e facciamoci un “Nome”….”. [10] Termine greco in uso nel mondo cristiano che indica la seconda “venuta” del Cristo [11] Termine ebraico con cui si identifica il Messia , che letteralmente significa colui che ha ricevuto la sacra “unzione”, essendo così il consacrato da D-o. Lo stesso significato ha la parola greca Cristo.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.