Sono atea

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Sono Atea. Censurare il proprio ateismo a scuola Esprimo tutta denunciata.

la

mia

solidarietĂ

alla

collega

di Marcella Boccia (nella foto)


Testimonianza

: “Maestra, io sono ateo” – esclamò un giorno un mio alunno di 11 anni. “Non voglio fare l’ora di religione!” - aggiunse. “Come mai non hai deciso per l’ora alternativa, all’inizio dell’anno?” – chiesi io, curiosa. “Mia nonna si sarebbe arrabbiata!” – fu la risposta. Quello fu il primo episodio in cui, nella mia classe, una quinta elementare si usò il termine “ateismo”. Più volte, da allora, i miei alunni, con i quali discutiamo di qualunque soggetto, mi chiesero se fossi atea, o buddista. Mai ho espresso la mia personale opinione sull’argomento, limitandomi ad insegnar loro la tolleranza e la ricchezza delle diversità. Il nostro corso di convivenza civile più volte è stato messo in discussione da colleghi e genitori, a causa del comportamento degli alunni, che si sono “erroneamente” convinti, a causa delle mie lezioni, della loro libertà di opinione e di espressione, ed usano scrivere lettere di protesta contro insegnanti “un tantino rigidi”. Lo scorso novembre, mio primo mese d’insegnamento nella scuola in questione, fui richiamata dal preside, urlante, perché ero stata denunciata da una coppia di genitori. “Non si fa politica a scuola!”. L’eresia era aver “costretto” dei poveri bambini indifesi a disegnare, come copertina del quaderno di convivenza civile, una bandiera arcobaleno… Per tutta risposta, i genitori della bambina le avevano strappato la pagina (i genitori non possono intervenire materialmente sui quaderni, semmai segnalare all’insegnante la loro opinione) e l’avevano costretta a disegnare una bandiera tedesca. Dov’è, dunque, la collaborazione tra insegnanti e genitori nell’educazione dei fanciulli? Siamo sul piede di guerra… Sono testimone dell’atmosfera che si vive ogni giorno a scuola: i colleghi sono preoccupati di ricevere una denuncia da un momento all’altro, perché la legge sulla privacy stabilisce che non si può riportare nei lavori scolastici argomenti che riguardino la famiglia. I classici temi su “i tuoi genitori, i nonni, gli amici”, ecc. sono “illegali”, si rischia la denuncia. I miei alunni, pertanto, sanno perfettamente cosa sia l’Unione Europea, l’Onu, gli organismi sopranazionali, ma mai si è toccato l‘argomento “famiglia”. Solo una volta, spiegando cosa fosse un referendum, espressi la mia personale opinione su quanto fosse stato importante che nel 1974 si decise di dar la possibilità ai loro genitori di divorziare, visto che il 99% dei miei alunni vivono tra casa di mamma e casa di papà. Che io sia favorevole al divorzio non ha infastidito, perciò, i loro genitori, ma che sia pacifista sì. Allora mi domando: e se sapessero che sono atea? Ho vissuto giorni di tensione dopo aver raccontato in classe l’episodio, a tratti


divertente, del mio matrimonio indù celebrato in India. Erano curiosi di saperne di più di questo ex marito indiano, di carnagione scura, che faceva il docente universitario. Loro credevano che in India vi fossero solo capanne di terra battuta… Mi aspettavo polemiche da parte dei genitori. Per fortuna non sono ancora arrivate, ma… diamo tempo al tempo… Lo stesso alunno, il poeta della classe, ha espresso, in un’altra occasione, il desiderio di non avere il crocifisso in classe. “Non lo voglio!” – esclamò, con decisione. Un forte desiderio di prendere quel crocifisso e riporlo in archivio, coi vecchi libri di religione che nessuno legge, invase tutto il mio corpo. Mi sono sentita una codarda a dover rispondere: “Purtroppo non posso decidere se tenere o non tenere il crocifisso in questa classe”. Cosa avrei dovuto rispondere? Forse che il crocifisso deve star lì perché è obbligatorio essere cattolici altrimenti si viene accusati di eresia? Certo, non si rischia il rogo, ma un processo in tribunale è anche peggio. Perché quando c’è una denuncia e si prosegue con contro-denunce per diffamazione, si scatena un meccanismo che non ha fine… E chi ne ha voglia? Sono stata costretta a confidare nell’orecchio del mio alunno: “Anch’io sono atea, ma non dirlo a nessuno!”. Perché? Perché mai un giorno insegno che la nostra Costituzione sancisce l’uguaglianza tra individui di differente sesso, razza, opinione, credo religioso, ed il giorno dopo devo censurare il mio ateismo? : Marcella Boccia www.marcellaboccia.it posta@marcellaboccia.it :


aggiunta di Gandalf il grigio, disturbatore della quiete …

L'Ateo Anche se non mi riesce molto facile, vorrei esporre in questo capitolo, qual è la mia idea su colui che gli uomini chiamano Dio. Ma prima di andare avanti, vorrei dire qualcosa sull'ateismo. Penso che la maggior parte di coloro che si dichiarano atei, quello che in realtà fanno è non aver fede in un falso dio, un dio realizzato dalla mente dell'uomo, o semplicemente il dio del Pentateuco, e dobbiamo riconoscere che con questo non fanno niente di male. Quello che fanno è dimostrare un innato senso di giustizia e di essere intelligenti. Tuttavia, ... neanche bisognerà arrabbiarsi troppo con questo tipo di atei radicali, poiché comprendo che il loro atteggiamento ha molto della ribellione giusta contro un abuso del quale tutti siamo stati vittime dalla nostra infanzia, quando ci imposero, senza un'altra alternativa, un'immagine di Dio tiranno, cieco, patrigno e perpetuamente minaccioso. E d'altra parte, la vastità del cosmo e la complessità della vita stessa, con molta frequenza contribuisce a che non sia per niente facile scoprire questo Dio nascosto dietro l'infinità della sua natura e nelle profondità insondabili del suo universo. Da bambino, indotto dai miei maestri religiosi, guardavo gli atei come esseri snaturati; essi erano gli «empi» per eccellenza; una specie di mostri di malvagità che l'inferno aspettava con le sue eterne fauci aperte. Oggi li vedo con maggiore comprensione; mi ispirano persino un po' di simpatia perché vedo in loro persone che si preoccupano di decifrare in qualche modo il mistero della vita e della trascendenza, di fronte ad altri per i quali questi problemi dell'oltre sono senza la minima importanza. tratto da "Perché agonizza il cristianesimo" di Salvador Freixedo


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