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NoN è solo sposi. EssERE, VIVERE, sENtIRE, pERcEpIRE, gIOIRE, dIRE

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L’open space

Arte

Pappalardo, Calusca

L’area speciale

THE LOOK OF THE YEAR

Spose Moderne

LA VERA RIVOLUZIONE


sI’ spOsAItALIA cOLLEZIONI

passione, emozione, tradizione ed eleganza. sono queste le basi che hanno reso l’ Italian touch famoso nel mondo e che si sono incontrate a Milano per l’evento sposa più atteso dell’anno: sì sposaitalia collezioni 2011. prima del marchio, prima del modello, prima del colore viene il mood. Quello dello scorso sì sposaitalia collezioni, che ha avuto luogo dal 17 al 20 giugno 2011 al padiglione 3 di Fieramilanocity, con ingresso da porta teodorico, ha avuto un’impronta particolare che racchiude un modo di pensare la sposa, lo sposo, la cerimonia e tutto l’universo a loro collegato, attraverso gli occhi e la capacità dei nostri migliori talenti. sensibilità, estro, creatività ma anche la grande tradizione sartoriale del Bel paese, sono stati presentati nei quattro giorni di fiera.

Ha chiuso con 6.430 buyer , un incremento rispetto al 2010 sì sposaitalia collezioni, salone internazionale only trade dedicato al mondo del bridal fashion, in fieramilanocity, organizzato da Fiera Milano. E’ di circa il 27% il dato relativo ai buyer stranieri che hanno visitato il salone. sorpresa dal Nord Europa con presenze da Austria, germania, Finlandia, Norvegia e svezia che incrementano nettamenteil loro passaggio in manifestazione. Una conferma arriva anche dal bacino dei paesi dell’Est, consolidata piazza di riferimento per il mercato degli abiti da sposa, con picchi di crescita da serbia, Moldavia, Ucraina e Russia.piccolo decremento, invece, su Francia e spagna. Varcando i confini europei, la migliore soddisfazione viene dal giappone, paese che si è rivelato in grande fermento con una buona presenza di buyer in mostra, ottenuta grazie al capillare lavoro dell’Ice. In aumento anche i compratori cinesi. Fra i paesi worldwide spiccano nuovi mercati come Brasile e Australia, mentre c’è una buona tenuta degli Usa. Export positivo, dunque, un dato che trova riscontro anche nell’ultimo rapporto sMI (sistema Moda Italia) relativo al 2010, sul comparto dal quale emerge un + 7,1% dopo un pesante ‐18% del 2009. Buono anche il fatturato complessivo del settore abiti da sposa che, sempre secondo sMI, si attesta su un +2% di crescita. dagli oltre 6000 abiti in esposizione al portello emerge una tendenza: le spose 2012 avranno quasi sempre le spalle scoperte e il punto vita sottolineato. tramonta il taglio impero a favore di corpetti strutturati su maxi gonne ampie e leggere. Qualche indicatore fonde tendenza con economia e socialità: le linee scivolate e minimal sono le preferite dalle spose occidentali e giapponesi. Negli stati Uniti, invece, vince l’abito particolarmente ricco e strutturato, anche se le spose americane destinano un budget inferiore (circa 35 mila euro) all’evento “matrimonio” rispetto alla spesa un po’ più alta delle italiane (40 mila) e delle inglesi (43 mila). In particolare, per l’abito, le italiane acquistano in un range fra i 2400 e i 6000 euro, un po’ meno della disponibilità inglese che parte da 3200 per raggiungere anche gli 8000 euro. particolare il discorso per le collezioni maschili in Usa, perché oltre oceano la tendenza per lo sposo è quella di noleggiare l’abito per il giorno del sì, creando un buon indotto fra i distributori di abiti a noleggio. Ma nei particolari cosa abbiamo realmente apprezzato? senza ombra di dubbio i tagli e le cromie della stilista turca Ozlem suer, tra le più geniali al momento sul mercato, le forme raffinate e costruite della siciliana Loredana Roccasalva, il gusto sempre raffinato di giuseppe papini e l’ardita eleganza dello stile dell’inglese Ian stuart.

l’appuntamento con la 35esima edizione di sì sposaitalia Collezioni è per giugno 2012, dal 15 al 18 del mese


EDITORIALE

lA VERA RiVolUZioNE di Jaja Ferri

come se una coltre fumosa e spessa, come una folata improvvisa, avesse spazzato in un colpo il buon senso e la misura, come se fossimo piombati in un caos che, più o meno consapevolmente, abbiamo barattato con l’idea di libertà. tutti, prima di aprire bocca su qualsiasi questione prendiamo le distanze dalla moralità: “non per fare il moralista …”,”non vorrei che sembrasse che ne faccio una questione di morale … ”. E perché no? Forse la distanza che abbiamo preso è eccessiva, forse la battaglia che abbiamo condotto per essere persone’ libere’ ci ha portati nella direzione sbagliata. si è perso il senso intimo e la mancanza di intimità ha ridotto il senso del valore.tutto è troppo visibile, tutto è troppo detto, è condiviso non ciò che rappresenta un valore, ma quello che in sé rappresenta vuoto, mancanza, assenza e annullamento di ogni valore. tutto è raccattato con i mezzi più vili, purché venga raccattato, niente si riesce più a meritare animati da quel meraviglioso senso di conquista, di sacrificio, che porta a sentire il traguardo, lontano e irraggiungibile, più vicino, sempre più vicino e accorciandosi la distanza a renderci migliori come esseri umani. che la nostra libertà finisce dove comincia quella

di un altro è un concetto da ritenersi antiquato, soggetto a scadenza, moralista, falso e bacchettone? Oppure, al momento attuale, quanto di più trasgressivo, eversivo, eretico e politicamente svincolato esista? se invece di continuare a svilire la nostra natura in ogni sua forma provassimo ad esaltarla? Intelligenza, lealtà, senso di giustizia, sono parole così familiari, geneticamente inscritte nell’essere umano, potremmo ripescarle nel sacchetto chiuso delle nostre verità. E senza falsi o scontati moralismi, sarebbe una pesca miracolosa. Non ci avevano insegnato che ci differenziamo dagli animali perché la nostra intelligenza, lo spirito, intelletto e il raziocinio, ci consentono di tenere a bada il nostro istinto, che di fondo è identico a quello di un animale? Il concetto si accompagnava a tavole illustrative che vedevano la curva della schiena di un primate accartocciato su se stesso, colmarsi fino a diventare l’uomo eretto, nostro rappresentante, che per quanto fosse brutto il disegno era sempre splendido. pare che quella figura debba rileggersi al contrario. siamo tutti piegati e schiavi, come se ci fosse impedito di guardare in alto, come se ‘sopra’ ci fosse solo fumo nero. La caduta dei valori? L’abbattimento della morale? L’egoismo elevato a massima aspirazione?

tutto trangugiato nel vortice del caos, confusione imperante nella personale dirittura, nelle priorità su larga scala, nella cultura, nel costume, nelle relazioni, nella famiglia. solo caos, contagioso e contaminante, nessuno amico di nessuno e tutti nemici di tutti. corpi svenduti perché quello è l’unico utilizzo che gli si concede senza neanche prevedere opzioni. E soprattutto poche domande e men che meno quella che chiede “ma forse potrei avere di meglio per me?” tutto è invece giustificato e zittito dalla mancanza di mezzi, dalla difficoltà di sostenersi, offendendo chi con la schiena dritta, col bene condiviso si nutre ogni giorno e sfama chi la fame la conosce davvero. si può sperare solo che il silenzioso senso di offesa di coloro che continuano nella difficoltà effettiva, ridisegnino un nuovo quadro evolutivo, con un uomo un po’ meno animale e sempre più uomo. E se finalmente ci concedessimo la libertà di essere uomini? E se ci concedessimo un’unica indulgenza, quella della dignità? sarebbe una vera rivoluzione e senza il vincolo della morale, dell’apparenza e del facile giudizio. La vera rivoluzione sarebbe il recupero cosciente della nostra dignità.



agosto|settembre 2011

SCENE

(O SKETCH) PER SOLA SPOSA di Rocco Giudice

li sconfinamenti fra interni abitabili o sfitti, paesaggi visti di scorcio e sogni dove si è soli. O la pittura e l’immagine fotografica che si incontrano senza mescersi, che concorrono alla stessa scena senza fondersi, perché la distanza che dovrebbe salvare dalle illusioni è la più forte fra di esse. Vale anche in questo caso per figura fotografata e sfondo dipinto, dove lo spazio dell’una è contenuto o prosegue nell’altro o vi si sovrappone; una sortita nell’immaginazione accresce un dato di fatto; e entrambe sembrano sospese sull’orlo in cui il contorno è tutto lo spessore che le separa. Quello che il sogno rivela e quello che la realtà nasconde vivono sulla stessa linea di tensione, percorribile a ritroso, terra di nessuno cui fanno schermo, location naturale o patria ideale per un’immagine che sembra fuori della portata dei sensi e dell’essere. perciò, la sposa è librata nell’orbita attorno a cui gravita la scena che esiste solo per lei – i dipinti di calusca e di Alfio pappalardo sono disarticolati e remixati, perdendo, in relazione alla figura che vi è installata, le connotazioni, rispettivamente, di interno domestico che non esorcizza l’horror vacui e di spazio aperto a una messa a fuoco da zero a infinito; di orizzonti atrofizzati a dimensioni domestiche e di prossimità disperse fra vaste distese impercorribili e poderose scenografie celesti. Nell’abito del giorno più bello, la donna non sogna o non sa di sognare, perché è sognata su uno sfondo che la cinge e che mescola i suoi colori al bianco che li ha fusi nel suo spettro. Allora, quello spazio ritrova le sue linee nel profilo su cui esse convergono; e compone così, in una figura, il centro che gli mancava. Una creatura che non può esistere dentro un paesaggio che si trova nella sua mente o (come lei) nella nostra. pertanto, fluttua, levita sul pavimento; e vedendo oltre di sé, come una scultura arcaica emersa fra le pieghe di un angolo che vorrebbe ingabbiarla, la sua testa sorvola il reticolo che lo spazio intesse per lei, divenuta una creatura di Magritte alle prese con un ambiente pronto a cambiare stato d’aggregazione, sedizioso come in Bacon o soutine. calusca ha riassemblato brandelli dei suoi dipinti per darci un set onirico perfetto per una sparizione o una visione. L’interno e l’esterno si scambiano di ruolo e una parete cede il posto a un muro; una stanza, come una piazza metafisica, si accampa quasi fosse una propaggine del vuoto da cui offre riparo; lo spazio è dissezionato dal taglio di un cono di luce gettato da una lampada o risucchiato, in una mise-en-abîme latente o in corso, da una finestra che intercetta

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luglio|agosto 2011

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a volo un corridoio lungo cui si snoda il labirinto che riscatta un interno disertato o s’imbatte in una rampa di scale che cerca per conto suo il vuoto. Nella peculiare meteorologia dell’interno che eroga flussi benauguranti quale buona stella fissa, l’acqua della doccia riassetta le assi del parquet e le doghe della poltrona, serrata nell’intelaiatura che l’incardina: pure divagazioni geometriche in cui nulla scorre, rispetto a cui i tubi della doccia, con l’ombra di uno di essi, scandiscono monologhi prospettici fra dimensioni non comunicanti se non attraverso quel ritmo, imposto dalle inanimate comparse che vi irrompono e così, definiscono lo spazio e la posizione nello spazio, incrociandosi in coordinate per riportare il bianco delle pareti a quello dell’abito, inscritto dentro la cornice di una storia che, prima di iniziare, ha già una protagonista. scorrendo dalle pareti alle braccia per scoprirsi dentro un’immagine, uno stesso tatuaggio prosegue l’itinerario in cui sono trascritte le sue derive. Un tessuto si lega all’altro – siamo della stessa sostanza dei sogni. Questo mimetismo – di emulsioni alogene, di secrezioni stroboscopiche sparse in tutto il corpo, di contrassegni apposti o debordanti le superfici rugose di un rivestimento di linoleum e le reattive increspature di una parete scrostata come un’epidermide da abbigliare – non è fatto per sciogliere gli enigmi da cui scaturisce. Indoviniamo caratteri che non saranno decifrati – la logica del sogno lo esige. E quale sogno può rivelarsi più vano del tentativo di riportare alla realtà il sogno, quando l’unico nesso possibile fra di essi è la felicità. Alfio pappalardo ha scontornato brani dei suoi sostrati magmatici e d’alta quota, panorami impervi anche per l’immaginario cui connetterli – il Vulcano, con cui Alfio pappalardo ingaggia da tempo una personale lotta con l’Angelo. Ora che, angelo o ciclope, il vulcano si manifesta come uno degli alberi che crescono lungo i fertili pendii dell’Etna, Alfio pappalardo ha stemperato nei colori freddi, ma dalla stesura fibrosa e screziato delle sue trame più fluide l’incandescenza di ogni richiamo del profondo. sposa del vulcano o figlia dei nembi, il piovasco, che sgronda da addensamenti cromatici che non colmano, condensano lo spazio che li ospita, non la bagna, ma cade o inscena in onde verticali, in rapprese scie di volo la stessa rappresentazione che profittava di uno scenario ridotto, volgendo il gioco a incastro delle prospettive col dare a quel paesaggio un clima, disponendo a ala i drappeggi che la pioggia schiude nell’abbraccio con cui giove, nella sua passione idrosolubile, si accoppia con danae. gli interni più spogli di una terra desolata di calusca e la natura d’uso non domestico di Alfio pappalardo ci dicono che non è una casa di bambole e non è un’anima che la tiene dentro i suoi grovigli. La fotografia come la pittura fanno da luogo a un’immagine che non ammette alcuna distanza oltre di sé. Essere parte di un mondo o averne una rappresentanza qualificata intorno può essere un dettaglio fuorviante, un ripiego elusivo per chi evochi (o è già) un mondo a sé – lei non è mai sola: c’è solo lei. è così che arte e moda diventano termini dello stesso viaggio attorno e attraverso l’immagine: dove, fotografia o pittura, c’è posto solo per la bellezza come una virulenza che non permette ad altro di esistere.





luglio|agosto 2011

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CALUSCA pag 3 V77 - sequenzialità

pag 6 V57 - nuda

numero2 Edizione LSC EDITION Redazione via G. Vitale 29 95024 Acireale (CT) www.lisloslas.com info@lisloslas.com Direttore creativo Jack Pigeon Marketing marketing@lisloslas.com Progetto Grafico Giuseppe Calderone

Stampa Litocon srl ctr. Torre Allegra 95121 Catania

in attesa di registrazione

pag 7 V83 - seduta vanitosa

cover

ALFIO PAPPALARDO A.D. Immage Project Calusca Body painting Tahiti tattoo Make-Up Antonio Giuffrida Cover girl Giorgia M Photo Valerio D’Urso

pag 5 Pioggia estiva

pagg 8-9 L’ora del vento

Regesto delle opere presentate nello sfondo del servizio con abiti di GATTINONI.


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