La capponadda ligure, il fast-food ante-litteram dei marinai genovesi

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La capponadda ligure, il fast-food antelitteram dei marinai genovesi

L'insalata di mare tipica della costa genovese h a una storia

secolare e non c'entra nulla con il quasi omonimo piatto siciliano siciliano Se la capponadda ligure potesse parlare, svelerebbe forse qualcuno dei segreti che la circondano. Su questo si fa davvero fatica a mettersi d’accordo, sia per quanto riguarda l’etimologia del nome, che per il luogo esatto di provenienza e per gli ingredienti della ricetta originale. Una cosa però è certa: questa insalata di mare sui generis non c’entra nulla con la caponat a di melanzane siciliana, un piatto completamente diverso che arriva dall’altra parte dell’Italia.

La “schiscetta” dei marinai Basta guardare la lista degli ingredienti per capire perché la capponadda fosse il piatto perfetto per marinai, pescatori e rematori delle galere, impegnati in lunghe traversate durante i secoli di dominio del tirreno da parte della Repubblica di Genova. Veloce da preparare, non richiede cottura e valorizza gli alimenti disponibili in mare e nell’entroterra della Liguria. L’ingrediente di base sono proprio le “gallette del marinaio”, un pane secco e schiacciato che ben si conservava nelle imbarcazioni, imbevute di acqua e aceto. Anche il condimento è povero e facilmente reperibile: aglio, olio, acciughe, olive e capperi (il pomodori e le uova sode sono aggiunte più moderne, spesso i marinai se le


sognavano…). Unica concessione al palato er a l’uso del “mosciame”, una preparazione di filetto di pesce essiccato: oggi si usa la ventresca di tonno, in passato la carne dei delfini che si impigliavano nelle reti dei pescatori. Pronunciato mösciame in genovese, era apprezzato al punto da far pensare che il nome derivi

dal termine dialettale muscio (persona dai gusti difficili), anche se la spiegazione più plausibile porta al vocabolo arabo mossammed (cosa dura e secca), diventato mojama in spagnolo.

Ricetta e varianti La capponadda originale, quella che si mangiava sulle navi, si prepara rompendo le gallette, strofinandoci sopra uno spicchio d’aglio e imbevendole di acqua e aceto per farle rinvenire. A parte bisogna spezzettare dei pomodorini, delle uova sode, e delle acciughe, aggiungendo capperi e olive. Gli ingredienti vanno poi messi in un recipiente largo, insieme al mosciame di tonno sbriciolato (o al tonno in scatola come dignitoso ripiego): a questo punto si uniscono le gallette scolate, rigirando il tutto con una generosa dose di olio d’oliva. Attenzione, gli integralisti della capponadda non tollerano l’uso della bottarga né dei sottaceti, che qualcuno ha provato a infilare nell’insalata.

Nome e nascita incerti Sull’origine del nome della capponadda ci sono versioni contrastanti. C’è chi sostiene che il termine derivi dal


latino caupona (taverna), a rimarcare la provenienza popolare del piatto, e chi suggerisce un’ipotesi più sofisticata: “capón de galea” era il nome ironico che si dava al pane duro dei marinai, richiamando la prelibata carne del cappone, appannaggio solo delle mense dei nobili genovesi. La carta d’identità della capponadda è incerta anche alla voce “luogo di nascita”: vari p aesi della riviera di Levante se ne contendono la cittadinanza, neanche si trattasse di Cristoforo Colombo. È possibile che la sua prima apparizione sia avvenuta sui leudi, le imbarcazioni a vela con le qual i i pescatori di Camogli andavano a pescare le acciughe in mare apert o. Proprio a San Rocco di Camogli (come a Chiavari del resto), hanno avuto l’idea di allestire una sagra della capponadda.


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