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La battaglia dei dazi e la nuova geopolitica del flipper

La guerra commerciale tra Stati Uniti e Ue rischia di far sparire il flipper in Europa, oppure, di rilanciarlo. Ecco perché.

di Alessio Crisantemi

Cosa hanno in comune: ketchup, succo d’arancia, formaggio cheddar, tabacco, flipper, patate dolci e trattori? Difficile capirlo, a prima vista. Ma leggendo i quotidiani economici, potrebbe diventare tutto molto più chiaro. Il legame tra questi e altri prodotti, in primis è che sono tutti rigorosamente “Made in Usa”: il secondo, strettamente collegato al primo, è che si trovano oggi a dover fare i conti con un aumento dei prezzi del 25 percento a causa dei dazi doganali imposti dall’Unione Europea. Ciò a causa di una controversia in corso con gli Stati Uniti sui sussidi pagati ai produttori di aeromobili Boeing e Airbus.

Si tratta, in realtà, di una risposta “sul campo” dell’Europa in seguito alle misure imposte dal presidente uscente degli

Stati Uniti, Donald Trump: motivo per il quale, nel Vecchio

Continente, ci si aspetta che adesso, con la nuova presidenza di Joe Biden, si possa quanto meno ridiscutere la situazione, per evitare dei rincari che rischierebbero di creare non pochi problemi, soprattutto in un periodo di forte crisi economica come quella che si trovano ad affrontare tutti i mercati (e i consumatori) a causa della pandemia. Con alcuni settori e prodotti che rischiano di essere compromessi molto più degli altri, con il rischio – addirittura – di poter sparire dalla circolazione. Almeno in Europa.

Come nel caso del flipper: resistito a tantissime peripezie nel corso dei decenni e che ora rischia davvero di soccombere di fronte a questa novità, che è destinata a tagliare le gambe a un mercato già molto costoso in sé. Sì, perché il 99 percento della produzione mondiale del flipper è concentrato negli Stati Uniti e riferito quasi esclusivamente a un produttore, ovvero il celebre Stern Pinball, con sede a Chicago. Con l’Europa che rappresenta tuttavia quasi un terzo del mercato globale, attraverso le esportazioni. L’introduzione di questa tassa, dunque, andrebbe a caricare di oltre mille euro il costo di ogni singolo gioco: qualcosa di impossibile da sostenere per un mercato già fortemente limitato e che era andato scomparendo, nel corso tempo, proprio a causa dei costi tutt’altro che banali di ogni singola macchina. Figuriamoci quindi cosa potrebbe accadere nel caso di un surplus doganale di questo tipo. Non a caso, dalla data di entrata in vigore della nuova tassazione, cioè il 9 novembre 2020, tutti gli importatori europei hanno annullato gli ordini che avevano in ballo con gli Stati Uniti, sapendo già di non poter innalzare di così tanto una vendita, né tanto meno di poter assorbire tali costi in altro modo, visti i margini notevolmente ristretti.

Cosa dice la legge Tutto nasce da quando lo scorso anno gli Stati Uniti hanno imposto tariffe sui prodotti dell’Ue come vino, formaggio e whisky a seguito dell’approvazione dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto – World Trade Organisation) derivante dal sostegno finanziario per il produttore europeo di aeromobili Airbus. Subito dopo la stessa Wto ha approvato un’azione simile da parte dell’Ue contro vari prodotti statunitensi per sussidi simili pagati a Boeing. L’elenco dei prodotti interessati dovrebbe comprendere solo quelle merci importate dagli Stati Uniti che sono prontamente disponibili anche da paesi alternativi.

Poiché il formaggio, le patate dolci e il succo d’arancia possono provenire dai paesi europei, sono stati in contrasto con le nuove regole che impongono una tariffa di importazione del 25 percento su queste merci se provengono dagli Stati Uniti. Tuttavia, anche i flipper e i videogiochi Arcade insieme ai loro componenti rientrano nelle normative, con un aumento del prezzo di tale quota per tutte le macchine e le parti spedite dopo il 10 novembre 2020 (Il codice del prodotto che include il flipper: 95 04 30 10). Questa nuova tariffa di importazione si aggiunge alla normale imposta sulle vendite, l’imposta sul valore aggiunto (Iva), che in Italia è del 22 percento ma che varia in base al paese (dal 17 percento del Lussemburgo al 28 percento dell’Ungheria). Le regole si applicano a tutti i ventisette Stati membri dell’Ue e al Regno Unito. Anzi, per quest’ultimo si registra pure un’ulteriore beffa visto che, pur avendo formalmente lasciato l’Unione Europea il 1° gennaio 2020, a causa dell’accordo di recesso attuerà eventuali accordi normativi approvati dall’Europa fino alla fine del 2020. Dopodiché sarà libero di stipulare accordi commerciali alternativi con gli Stati Uniti e altri paesi, puntando quindi a eliminare questa tariffa del 25 percento nelle importazioni. Per gli altri la nuova tariffa di importazione sembra destinata a rimanere in vigore fino a quando non sarà raggiunto un nuovo accordo tra l’Ue e gli States. I prezzi dei nuovi flipper sono già significativamente più alti in Europa rispetto agli Stati Uniti a causa di una combinazione di tassi di cambio, costi di spedizione e Iva, ma questo aumento dei prezzi avrà sicuramente un impatto sulle vendite di nuove macchine nell’importante periodo la stagione delle vacanze.

Tra rischi e opportunità Ecco quindi che un episodio di questo tipo potrebbe tradursi nella scomparsa definitiva del flipper nel nostro continente. Ma anche – e soprattutto – proprio nel nostro paese, dove un balzello di questo tipo andrebbe senza dubbio a scoraggiare in maniera totale e definitiva l’acquisto di questi giochi da parte degli operatori di sale giochi e dei noleggi, che fino ad oggi – e solo in minima parte – hanno continuato ad acquistare flipper per mantenere un’offerta diversificata all’interno dei locali, che non fosse soltanto rivolta ai giochi con vincita in denaro, o comunque puntando sul valore di aggregazione e di socializzazione che appartiene tipicamente al “Re” dei giochi a moneta. Tutto questo verrebbe inevitabilmente cancellato, con un rincaro di oltre mille euro a macchina, visto che in Italia è uno dei mercati in cui un gioco costa già oggi di più. E se qualcuno dovesse faticare a credere che un dazio possa davvero portare alla scomparsa di un prodotto, è opportuno citare ciò che è già accaduto anche in altri paesi: per esempio la Colombia, dove la maggior parte delle persone non sa neanche cosa sia un flipper, visto che non ce ne sono in circolazione, proprio a causa dei costi improponibili di importazione dagli Stati Uniti. Eppure proprio negli ultimi due o tre anni, l’Europa – trainata dall’Italia – aveva raggiunto livelli record in termini di vendita dei flipper, con il nostro Paese passato dai circa 300 agli oltre 450 flipper nuovi venduti ogni anno nell’ultimo triennio - anche grazie allo sviluppo e diffusione della pratica del flipper sportivo che aveva riportare il gioco sotto i riflettori e in molti bar. Facendolo tornare anche nelle grazie degli operatori dell’intrattenimento, che si erano resi conto di questo nuovo e rinnovato fenomeno di costume, che poteva permettere di arrotondare gli incassi e – meglio ancora – creare un’alternativa in quelle regioni in cui le restrizioni introdotte nei confronti delle slot creavano un vuoto da colmare nei bar e nelle sale giochi. Che qualcuno aveva ben pensato di colmare con il flipper, anche con il ricorso agli incentivi fiscali del cosiddetto “super-ammortamento” che consentivano ai gestori di ammortizzare prodotti di questo tipo: a conferma della rilevanza del tema economico e fiscale in questo particolare settore. Tutto questo, dunque, è destinato a finire, a causa delle scelte dell’Europa e di Trump. D’altro canto, tuttavia, questo scenario così fortemente critico potrebbe anche portare a un altro tipo di rivoluzione, magari in senso opposto: cioè spingendo i produttori ad aprire una sede in Europa in modo da non dover più importare i giochi, producendoli in loco. Un passaggio non banale ma che potrebbe – questo sì – addirittura rilanciare le vendite, dopo che negli ultimi anni il flipper era tornato a splendere, ormai in gran parte del mondo (non in Colombia, per esempio, come detto). Del resto, il flipper di oggi è molto diverso rispetto a quello del passato, essendo molto concentrato attorno a un cervellone centrale costituito da una cpu, alla stregua di un computer o un videogame, anche in seguito allo sviluppo tecnologico portato a termine da Stern con l’introduzione del sistema cosiddetto Spike. La produzione di un flipper oggi, pertanto, è ben diversa rispetto a quella degli scorsi decenni, che non poteva certo essere facilmente trasferita altrove. E chissà che questo delirio normativo e fiscale non possa portare, alla fine, a qualcosa di positivo. Staremo a vedere. Di certo, seguiremo la vicenda, nel vivo.

GARY STERN

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