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Il commercio sta nei dettagli
Quali effetti ha avuto e avrà la pandemia sul mondo del retail? A dare una risposta è il professor Luca Pellegrini, della Iulm di Milano, con un occhio al gaming e all’intrattenimento.
di Francesca Mancosu
Lapandemia di Covid-19 e le restrizioni governative per il suo contenimento hanno cambiato il volto di molte attività, costrette a chiudere per mesi o a poter aprire solo dopo alcune - spesso consistenti - modifiche alla propria organizzazione interna, ma anche le abitudini di tutti noi.
Come è cambiato, e come cambierà il mondo della vendita al dettaglio alla luce di tutto questo?
Lo abbiamo chiesto a Luca Pellegrini, direttore del Dipartimento di Business e professore ordinario di marketing della Libera università di lingue e comunicazione
Iulm di Milano.
“Le ricerche condotte in questo periodo sono molte e molto diverse perché indagano i tanti effetti che la pandemia ha avuto sui vari comparti del retail. Un tratto comune è stata l’accelerazione della spinta verso l’e-commerce. Nell’alimentare, tutte le insegne si stanno organizzando, cercando di consolidare le iniziative costruite, spesso in gran fretta, nei mesi passati. Ma il processo è lento perché i costi dell’e-commerce sono molto alti in rapporto ai margini dei distributori. Nel lusso chi non aveva già in essere una offerta virtuale ha ormai capito quanto sia fondamentale averla e si sta adeguando. E in questo caso i margini per la domiciliazione ci sono. Negli altri comparti, e, in particolare, nel non alimentare semi-durevole e durevole, tutti si sono resi conto che non avere un’opzione e-commerce significa lasciare il mercato ad Amazon e a chi su Amazon è presente”. Quali sono i trend che si stanno affermando e cosa dobbiamo aspettarci per i prossimi mesi, se non anni? “Dell’e-commerce e della sua accelerazione si è già detto, ma non è il solo trend da considerare. Un secondo trend importante è costituito dalla tendenza a offrire delle alternative d’acquisto nell’ambito della prossimità. Qui l’alimentare è il comparto più avanti, con piccoli punti vendita di vicinato che stanno aprendo in tutte le grandi città. Ma c’è anche un’altra prossimità, quella rilevante per le aree metropolitane, dove prossimo non significa, come in città, di quartiere, ma soluzioni che non obbligano a lunghi spostamenti finalizzati solo alla spesa. Il che significa supermercati, e sempre più spesso anche discount, che si distribuiscono lungo gli assi stradali più trafficati, che permettono a chi si muove negli spostamenti casa-lavoro di fare una sosta per rifornirsi. Questa tendenza inciderà anche sul ruolo dei centri commerciali che finiranno per polarizzarsi: o grandi centri, come quello di Arese (Mi), dove si va a passare una mezza gior-
nata a fare shopping e a servirsi delle altre funzioni che contengono (dall’intrattenimento ai servizi alla persona, allo sport), oppure centri più piccoli e più legati a singole comunità che svolgono una funzione di supporto in una logica di vicinato”. Il Retail, customer experience e touchpoint del brand di cui è direttore scientifico mette al centro “le nuove sfide commerciali caratterizzate da modelli di business innovativi attraverso l’integrazione di canali fisici e digitali”. Un tema particolarmente caro al mondo del gioco pubblico, che alla luce della chiusura totale delle sale terrestri ha visto spostarsi molti consumatori sull’online e “spinto” gli operatori a diventare sempre più “omnichannel”, portando l’offerta fisica sui dispositivi mobili, e facendo di necessità virtù. Quali sono i modelli di business del futuro, secondo lei? “In generale, credo si possa dire che, almeno in prospettiva, la soluzione di default per l’acquisto è quella virtuale: se l’unica cosa che cerco è un prodotto e nulla di più, se non ci sono ostacoli specifici scelgo l’e-commerce. Ma questo non significa che il fisico non abbia carte da giocare: se è in grado di offrire più della semplice vendita può riproporsi con successo. Detto altrimenti, il fisico deve proporsi come luogo di incontro e di relazione, dove non è detto che l’acquisto sia la funzione principale. Il punto vendita diventa la ‘casa’ di un brand e il consumatore è invitato a fare visita. Come tutti gli ospiti verrà intrattenuto, con servizi che arricchiscono la sua esperienza, attraverso l’entertainment, ma anche con l’offerta di informazione rilevante e con la possibilità di incontrare altre persone simili a lui con le quali interagire. L’omnicanalità di cui si parla tanto è questa: comunicazione e vendita si integrano in tanti punti di contatto che definiscono l’esperienza che il cliente ha con una data marca/insegna. Tutto questo non vale solo per la vendita di beni, ma anche di più per chi offre servizi, come quelli di gaming. Se non si offre nulla oltre al gioco che è disponibile in rete perché muoversi? Ma, esattamente come per chi vende beni, anche chi offre servizi di gaming può arricchire l’esperienza fisica con le modalità appena descritte. Il fisico ha molte carte da giocare e se anche la densità di negozi e luoghi di servizio sarà meno capillare che in passato, le strade per valorizzarli ci sono e sono ancora in gran parte da esplorare”.
Sale gioco già pronte a riaprire in sicurezza, ecco come
Allo stato attuale, secondo quanto deciso dalla “cabina di regia” del Governo Draghi, le sale da gioco potranno riaprire i battenti dal 1° luglio, il che comporterebbe un’ulteriore perdita di fatturato per gli esercizi su rete fisica, dato l’avvio del campionato europeo di calcio l’11 giugno. In previsione di allora e nella speranza di un anticipo dei tempi previsti, considerando che gli Europei rappresenterebbero una grande occasione per la ripresa delle attività retail, mancare questa opportunità potrebbe essere il colpo di grazia per molte imprese già pronte a tornare in attività in sicurezza, come già fatto dopo il lockdown del 2020. Come? Con forti investimenti per garantire il distanziamento sociale e riorganizzare gli spazi, la sanificazione degli ambienti e degli apparecchi, e il controllo degli accessi, tutelando la salute di clienti e dipendenti come dimostra il video visibile integralmente al Qr code indicato alla fine di queste righe. Le sale gioco sono ormai chiuse da più di 10 mesi. Lo sono state dall’8 marzo al giugno scorso, all’epoca delle prime chiusure per il contenimento del Covid-19, poi hanno riaperto fino al 26 ottobre 2020 - nell’osservanza di rigidi protocolli, e senza che al loro interno si riscontrasse alcun focolaio - per poi chiudere di nuovo, e finire in un limbo che perdura ancora oggi. Però la riapertura in sicurezza delle sale da gioco in “zona gialla” sarebbe possibile da subito grazie ai protocolli di sicurezza redatti in virtù della collaborazione tra operatori di gioco, associazioni di categoria e organizzazioni sindacali. Nonostante il momento di grande difficoltà, gli esercenti del comparto hanno investito importanti risorse economiche per adeguare i locali alle normative dei vari Dpcm e adottare tutte le linee guida dei Protocolli di sicurezza sanitaria in vista della riapertura del giugno 2020. L’attenzione e il rispetto di tali direttive consentirebbero agli esercenti di riaprire le attività e accogliere in totale sicurezza un numero limitato di clienti, riducendo così al minimo la possibilità di contagio. I protocolli di sicurezza sanitaria prevedono l’attuazione delle seguenti misure: obbligo misurazione temperatura all’ingresso (ingresso consentito con temperatura minore di 37.5) e utilizzo di mascherina (su richiesta fornita dall’esercente); avvisi posizionati all’esterno del locale es. ‘Locale igienizzato’; disponibilità di igienizzanti in diversi punti del locale; permanenza nei locali consentita ad una persona per ogni 5 metri quadri di spazio; floor stickers per garantire la distanza minima impegno alla sanificazione delle Adi (Vlt, Awp) e vendor machine al termine di ogni utilizzo; divieto della somministrazione di cibi e bevande; obbligo di mantenere attivi l’ingresso e l’estrazione dell’aria; spegnimento delle macchine che non permettono il distanziamento di almeno 1,5 metri; obbligo di separatori (plexiglas) per le Adi che non rispettano la distanza minima di 1,5 metri e tra operatore e cliente; registrazione all’ingresso di nominativo e recapito telefonico dei clienti in modalità autocertificazione.
Ecco come e perché i locali possono ripartire:
Un nuovo avviamento ma si riparli di bingo
Larete dedicata alla raccolta del gioco del bingo di sala già prima della pandemia causata dal virus viveva un momento di grande difficolta. Ad attanagliare il settore non c’erano solo le problematiche legate ad un assottigliarsi dell’interesse del pubblico nei confronti del gioco, ma anche problematiche legate a oneri di concessione e prelievi erariali che, negli ultimi anni, hanno eroso i ricavi delle aziende. A tutto ciò, come ben sappiamo, si è aggiunta una prolungata chiusura forzata che rischia di causare profondi mutamenti all’intero settore. A Italo Marcotti, presidente di Federbingo, chiediamo un’istantanea del bingo che, dopo quasi un anno di stop, si prepara a riprendere le attività. “Il bando di assegnazione delle concessioni del gioco del Bingo è di inizio anni 2000, sono trascorsi ormai 20 anni, e le aziende scontano contratti di locazione molto lontani dall’attuale realtà del mercato immobiliare, il canone si aggira mediamente a 150.000 euro anno. Inoltre le nostre sono attività labour intensive, pertanto i costi occupazionali incidono pesantemente sul nostro conto economico gestionale. Alla ripartenza, nella speranza che il Governo anticipi la data del 1° luglio 2021, le attività dovranno affrontare un nuovo avviamento al quale andranno sommati gli ingenti costi derivanti l’applicazione dello stringente protocollo anti Covid-19 che abbiamo sottoscritto con le parti sindacali dei lavoratori nella primavera del 2020, poi rivisto a gennaio di quest’anno. La rete di attività operanti in forza della concessione ministeriale per la raccolta del gioco del bingo era a inizio 2020 composta da 196 punti vendita. Attività figlie di un bando di concessione che prevedeva 800 sale in tutta Italia. Quante sale sopravviveranno alla pandemia Covid-19 lo scopriremo solo alla riapertura. Il tema del canone oneroso ricollegato alla proroga delle concessioni è una spada di Damocle che pende sulle nostre attività. Lo riteniamo sproporzionato ed ingiusto. In oltre 7 anni lo Stato italiano non è stato in grado di riscrivere il modello del settore e pretende che i concessionari paghino un’incapacità non loro. Le sale bingo sono chiuse dal 28 ottobre 2020, abbiamo azzerato i fatturati e perso una parte dei collaboratori. I ristori sono stati irrisori e la quasi totalità delle Regioni ce li ha negati. Siamo cittadini ed imprenditori di uno Stato che si ricorda di noi solo nei mesi della redazione della legge di Bilancio”. Con Salvatore Barbieri, presidente di Ascob, l’Associazione dei concessionari del bingo, proviamo invece a delineare quale potrebbe essere il futuro del settore. Come cambieranno a suo parere le sale bingo una volta che si riaprirà? Come potrebbe cambiare l’intrattenimento offerto e in che tempi pensa si possa tornare alla normalità? “Innanzitutto bisogna vedere cosa s’intende con ‘riaprire’. Se si dovesse riaprire con gli stessi protocolli di sicurezza anti Covid che abbiamo avuto lo scorso anno da giugno fino a ottobre le sale bingo sono già preparate, già pronte a ripartire con tutte le precauzioni immaginabili. Questo perché sappiamo bene che il virus non è sconfitto. Ripartiremo da lì, dal controllo delle temperature, dai disinfettanti per le mani, dai tavoli e dalle macchinette distanziati, sui quali verrà indicato con un cartellino se l’igienizzazione è stata fatta oppure no, e dai posti a sedere contingentati. Certo, dobbiamo svecchiare il gioco, serve un altro regolamento di gioco. Si può cercare di introdurre ad esempio il bingo elettronico, che secondo me potrebbe essere una valida idea, ma soprattutto servono nuove modalità di gioco. In ogni caso dovremmo riprendere il dialogo con Adm. Serve un incontro urgente per riattivare il gioco del bingo, dobbiamo ricominciare dalle interlocuzioni che avevamo intrapreso prima della chiusura, instaurare un tavolo tecnico dove si riinizi a parlare di sistemi di gioco, di modalità di gioco diverse, perché quello che offriamo oggi è un gioco obsoleto. Sul ritorno alla normalità non ho risposte. Siamo passati da 200/250 posti a sedere a 100/110 posti, la metà, nel migliore dei casi, e già questo ha ridotto di molto gli incassi. Questo, messo insieme al coprifuoco e alle norme regionali, a quelle comunali, che impongono a loro volta orari alle sale, mi porta a dire che, se la politica non interviene, la normalità di prima, con le sale bingo che funzionano a pieno regime, con tutte queste norme non la rivedremo mai più. Serve la proroga delle concessioni, una revisione dell’onere di concessione, pari a 7500 euro, che chiediamo non venga richiesto per i mesi di chiusura e venga ridotto per i prossimi 12-18 mesi, e poi lo slittamento di tutte le norme regionali e il riordino del settore al più presto”, conclude.
Marcotti (Federbingo) sottolinea come “300 giorni di chiusura hanno costretto i concessionari ad assorbire i costi”, mentre Barbieri (Ascob) rimarca: “Ripartiamo con quattro richieste chiare alla politica”.
di Daniele Duso
Riapertura non per tutti
Unanno di chiusure e poi, l’apertura, ancora in bilico durante l’avvio degli Europei di calcio. Per gli operatori del gioco terrestre è quasi una beffa quella che si va delineando nelle prossime settimane, se il Governo non deciderà, attraverso il Dl Riaperture o in sede di cabina di regia, di anticipare i tempi del riavvio. E non usa mezzi termini Francesco Ginestra presidente Agisco, l’Associazione giochi scommesse, nei definire “incompetente” chi ha fissato la data di riapertura delle sale il 1° luglio. A Ginestra abbiamo chiesto innanzitutto se è possibile fare un rapido bilancio di questi ultimi mesi. Quando ha inciso sul settore delle sale scommesse la pandemia? “Il bilancio è drammatico: dalla prima chiusura del marzo 2020 e fino al 30 giugno 2021, la cessazione dell’attività è pari esattamente a 363 giorni, un intero anno che manca nei bilanci delle nostre società. Se poi pensiamo che i giorni in cui siamo stati aperti lo scorso anno sono stati i meno importanti dal punto di vista commerciale per la raccolta di gioco, il danno che abbiamo avuto è pari ad oltre un anno e mezzo di chiusura. A poco sono serviti i ristori ricevuti dallo Stato, a fronte di affitti ridotti pagati, utenze, anticipi di Tfr ai nostri dipendenti. Quando riapriremo dovremo ricominciare a costruire un avviamento che è stato spazzato via dalla pandemia e dalle scelte della politica”. Ci sarà anche chi non riuscirà a riaprire? E nel caso quanti saranno i posti di lavoro persi dal settore? “Purtroppo, in tanti hanno già deciso di non riaprire e non solo per la pandemia, ma anche perché stritolati dall’attività espulsiva del gioco pubblico messa in atto dagli Enti locali. In tanti già si mantenevano in equilibrio prima del Covid, ingegnandosi per riuscire a lavorare nonostante le mille difficoltà dei distanziometri e degli orari di apertura e si sono chiesti ‘chi me lo fa fare’ di attendere la riapertura per poi dover essere chiusi da norme locali miopi ed ingiuste. Temo che ci saranno almeno 1.000 negozi su 5.700 che non riapriranno anche se spero che i colleghi demoralizzati provino a riaprire per almeno due o tre mesi per vedere se e come si riprende l’attività e poi decidere il proprio futuro e quello dei propri dipendenti. In merito all’occupazione che si può perdere stimo almeno 12.000 posti di lavoro a fortissimo rischio”. Lei ha già espresso le perplessità del settore che rappresenta nei confronti della data di riapertura, fissata post Europei di calcio, pensa che dietro a questa scelta vi sia effettivamente una giusta prudenza da parte del Governo o è una scelta dettata da altri criteri? “Se fosse stata una scelta derivante da una giusta prudenza non potrei che stare zitto, purtroppo credo che la causa sia stata la mancanza di competenza: ai fini della pandemia cosa cambiano 20 giorni? Riaprire entro il 10 di giugno (inizio Europei) o il 1° luglio, per la pandemia non cambia, per la nostra attività commerciale fa una enorme differenza, dovremo attendere fine agosto con l’avvio del campionato di calcio per sperare di ripartire davvero”. Le sale sono tutte pronte a rientrare in attività? Le risulta che tutti abbiano adottato le direttive per ripartire in sicurezza? “L’amarezza e la rabbia del ritardo della riapertura aumentano proprio in considerazione del fatto che i nostri locali sono sicuri, non ci sono mai stati focolai di infezione e quando abbiamo riaperto per i pochi mesi del 2020 abbiamo dovuto investire migliaia di euro a punto vendita per attenerci alle stringenti indicazioni del Comitato tecnico scientifico, delle Regioni e dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli. Ci sono poche attività commerciali che hanno avuto tante prescrizioni e regole da dover seguire, ma noi le abbiamo seguite tutte!” Nel frattempo, durante la pandemia, sono lievitati i numeri relativi alle scommesse online. È un fenomeno che vi preoccupa? “No. Siamo consapevoli, leggendo i dati di mercato, che durante la pandemia le migliori performances delle scommesse on line le hanno avute i grandi players che hanno una diffusa rete di punti vendita sul territorio perché la credibilità di Secondo il presidente dell’Associazione giochi scommesse Francesco Ginestra il bilancio è drammatico e un migliaio di negozi rischiano di non rialzare le saracinesche
un marchio a cui affidare le proprie risorse per giocare on line deriva dalla solidità di una rete terrestre. Vuol dire che tutti coloro che sono passati all’online torneranno in Agenzia? Credo di sì, forse una piccola parte, specialistica e speculativa, potrà restare davanti al proprio device, mentre tutti gli altri che hanno sempre privilegiato i negozi di gioco per ‘socializzare’ torneranno da noi”. Al di là di ristori e sostegni il settore delle sale scommesse chiederà, oppure si aspetta, qualcos’altro dal Governo? “Pensiamo ad esempio ad agevolazioni per favorire la ripartenza di aziende che hanno comunque sofferto molto, ma anche altro in merito alle leggi regionali che impongono limiti spesso troppo vincolanti. Ripeto quello che ho sempre detto: il migliore sostegno alla nostra attività è farci lavorare. Però dandoci la certezza del nostro futuro; vanno immediatamente risolte le problematiche già evidenziate delle norme espulsive degli Enti Locali, va cessata la moda di usare i Giochi come tappabuchi per ogni Legge di Bilancio e va ridefinita la durata delle concessioni, dato che il 1luglio riaprirà la rete di raccolta scommesse ma le relative concessioni sono scadute il precedente 30 giugno. Su quest’ultimo punto so che c’è la soluzione, ma perché il nostro settore deve essere sempre tenuto sul filo del rasoio?” (Dd)
FRANCESCO GINESTRA
Contenti ma non troppo
Felici, seppur con un grosso “ma” ad aggrottargli la fronte. Questo lo stato d’animo dei gestori e dei rappresentanti di alcuni dei maggiori ippodromi italiani, a pochi giorni dalla riapertura al pubblico, dopo mesi di “corse a porte chiuse”. Soddisfatti, ma ancora attanagliati dai soliti problemi – come i ritardi nei pagamenti e nell’approvazione dei contratti – e trafitti da uno nuovo: il divieto di accettare le scommesse, ribadito dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli, fino alla ripresa del gioco terrestre, al momento in cui scriviamo fissata al 1° luglio.
D’Alesio (Coordinamento ippodromi): “Superare il limite delle mille unità”
“Dopo tanti mesi di chiusura finalmente e grazie al lavoro svolto dal sottosegretario Battistoni, il pubblico dal 15 maggio è potuto tornare negli ippodromi”, sottolinea Attilio
D’Alesio, presidente del Coordinamento ippodromi. “I gestori degli impianti hanno vissuto la riapertura con grande emozione e si sono subito organizzati per accogliere il pubblico nel pieno rispetto delle norme di sicurezza previste nelle linee guida adottate dal Mipaaf, lavorando molto per rendere sicure ed accoglienti tutte le strutture. Per ora il limite massimo degli spettatori è stabilito in 1000 unità e ci auguriamo che, una volta superata questa tremenda pandemia, si torni a vedere gli ippodromi affollati. Le corse dei cavalli senza il pubblico a bordo pista e sulle tribune sono molto tristi e quindi dovremo lavorare in sinergia con il Ministero e con il Parlamento per raggiungere questo obiettivo, facendo la necessaria e non più rinviabile riforma per rilanciare l’ippica nazionale”.
D’Angelo (Agnano): “Peccato per le scommesse, il ‘sale’ delle corse” Da Napoli arriva il commento di Pier Luigi D’Angelo, presidente di Ippodromi partenopei, società di gestione dell’impianto di Agnano. “La riapertura è stata piacevole ma solo dal punto di vista ambientale, perché la conca di Agnano è meravigliosa. Il discorso cambia quando si parla delle scommesse, che, come più volte ho ribadito, sono il ‘sale’ delle corse dei cavalli, e sono organizzate anche per supportare la filiera di green economy che è alla base dell’allevamento italiano e internazionale di cavalli. Detto questo, per il resto ci siamo limitati a seguire i protocolli, con il preciso controllo degli accessi come da linee guida del Mipaaf, e ovviamente garantendo il rispetto del limite delle presenze previsto”.
Rondoni (Bologna e Cesena): “Eccesso di zelo da parte di Adm” Salendo nella terra emiliano-romagnola a parlare è Marco Rondoni, direttore generale di HippoGroup Cesenate, gestore degli ippodromi di Bologna e Cesena. “La riapertura di Bologna e le prime giornate si sono sostanzialmente sviluppate allo stesso modo. Poco più o poco meno di 200 persone nel feriale e 300 la domenica in tribuna, qualche decina fra tavola calda e bar. Nessun problema con le procedure Covid, ma molte lamentele per la mancanza delle scommesse, che ha tenuto lontano il grosso degli appassionati. Abbiamo aperto solo una porzione di parterre e tribuna e solo gli spazi all’esterno dove avevamo allestito diversi punti scommesse che avrebbero permesso tranquillamente di giocare in sicurezza”, esordisce il Dg. “Non capisco la differenza per un cliente tra prendere un caffè d’asporto o un biglietto di una giocata. Quello messo in campo da Adm è oggettivamente un eccesso di zelo. Ricordo che gli ippodromi hanno la peculiarità di poter raccogliere il gioco all’aperto sempre (e non solo in emergenza Covid), documentata dalle licenze di Pubblica sicurezza regolarmente rilasciate da anni dalle questure competenti. È stato uno sgarbo istituzionale nei confronti di un ente gerarchicamente superiore quale il Mipaaft e nello specifico di un sottosegretario di Stato, quale il senatore Battistoni, che ha preso a cuore le sorti dell’ippica Italiana molto più concretamente di Adm, che da anni la ignora sistematicamente non dando il via a riforme utili quali l’unificazione dei totalizzatori, la revisione della scommessa Ttq e delle aliquote di prelievo. Il minimo necessario se si vuole fare l’ultimo tentativo di rilancio del comparto”.
Pautasso (Roma): “Clienti delusi dal divieto di scommettere” Restando in casa Hippogroup, infine ecco il commento di Elio Pautasso, direttore generale di Roma Capannelle. “Per poter ottenere il ritorno degli spettatori sulle tribune degli ippodromi abbiamo cercato di lavorare a fianco del ministero ed in particolare del sottosegretario Battistoni, e solo grazie al suo fattivo interessamento il Mipaaf ha emanato le linee guida per la riapertura al pubblico, che è avvenuta in totale sicurezza e senza alcun problema. Anche a Capannelle abbiamo organizzato il protocollo sulla base delle linee guida, peraltro molto simile a quello dello scorso anno nel periodo in cui si correva ‘a porte aperte’. Poi abbiamo fatto un po’ di promozione per far sapere agli utenti che, seppur in numero limitato, si può accedere allo spettacolo delle corse dal vivo”, puntualizza Pautasso, che quindi torna, anche lui, sulla vexata quaestio del betting vietato. “Nei due giorni nei quali era possibile accettarle nulla è accaduto, essendo i terminali del gioco posti in luoghi all’aperto. I primi riscontri sono stati molto positivi, ma dopo il diniego di Adm abbiamo riscontrato un forte malcontento tra i nostri clienti e fra tutti i nostri utenti”.
Ippodromi in bilico fra la soddisfazione per la riapertura al pubblico, seppur a capienza ridotta, e lo sconcerto per il divieto di raccogliere scommesse sancito da Adm
di Francesca Mancosu
Come stanno cambiando le sale gioco in vista della riapertura di luglio, e quali saranno i trend del settore, senza dimenticare l’online? A rispondere è Paolo Gioacchini, amministratore di Gmg Games e G Planet.
Ritorno al futuro
Ladata ora è certa – il 1° luglio – e non mancano le speranze che possa essere anticipata di qualche giorno, ma l’impegno degli operatori del gioco per garantire il ritorno in sicurezza della clientela nelle sale e nelle altre location non è mai cessato fin dalla primavera del 2020, nonostante il succedersi dei provvedimenti governativi che hanno di fatto bloccato il settore per oltre 300 giorni. Fra quelli che non si sono mai fermati, e, anzi, hanno gettato il cuore – e l’ingegno - oltre l’ostacolo c’è G Planet, brand delle gaming hall ideato e creato grazie alla professionalità e all’esperienza cinquantennale di una delle più affermate aziende italiane dell’intrattenimento: la Gmg Games. A raccontare la “preparazione” alla riapertura è l’amministratore Paolo Gioacchini. “Abbiamo cercato di cogliere quelle poche ‘opportunità’ offerte dal lockdown per fare tutte quelle cose che in condizioni ‘normali’ spesso non c’è tempo di fare. A cominciare da un’ulteriore formazione del personale, con i corsi resi obbligatori dalla legge regionale delle Marche sul contrasto al Gap, ma non solo. Dopo un sondaggio fra i nostri dipendenti, per capire quali conoscenze e competenze avrebbero voluto approfondire, abbiamo organizzato degli incontri non solo professionali, ma anche sulle relazioni, la gestione dello stress, motivazionali e sull’autostima, che tornano utili anche nei rapporti con le persone, e non solo nel lavoro. È stata un’occasione preziosa, anche per rivederci e tenere alto l’umore”, rimarca Gioacchini. Di pari passo, è stato “aggiornato tutto il materiale operativo aziendale, la modulistica, il codice etico, le procedure”. Ma il fulcro di questo rinnovamento favorito dalle circostanze è stato il “restyling” delle sale del Gruppo. “Oltre ai normali lavori di manutenzione, nel rispetto dei protocolli antiCovid abbiamo ridiviso e rivisitato gli spazi delle nostre gaming hall, garantendo fra gli apparecchi il maggior distanziamento possibile, e ovviamente tracciando i percorsi che si debbono seguire una volta entrati e segnalando gli accessi. Poi, abbiamo concepito un diverso modo di svolgere l’abituale somministrazione di cibi e bevande. Quanto alla sanificazione, già prima del Covid nelle nostre location avevamo il gel per le mani. Poi abbiamo introdotto una innovazione che di sicuro possono vantare in pochi: dei tappeti che sanificano le suole delle scarpe in tutte le sale, credo che li abbiano solo la Ferrari e le strutture sanitarie. Un plus che non figura nei protocolli, ma l’abbiamo adottato lo stesso, per dare ai nostri clienti un senso di pulizia e sicurezza ancora maggiore”, prosegue l’amministratore. Di fronte a tutto questo, sorge spontaneo domandarsi se si tratta di cambiamenti temporanei o destinati a restare per sempre. “Non ho mai puntato sulla quantità, sia per il numero delle sale sia per gli apparecchi installati (oggi le G Planet gaming hall sono 14, con una media di 30 apparecchi, Ndr), ma sulla qualità”, evidenzia Gioacchini. “Qualità significa riqualificazione dell’offerta a 360 gradi, con una distribuzione più ragionata, qualificata e qualificante”. Quanto ai nuovi trend del futuro per il settore, alla luce dei cambiamenti delle abitudini dei giocatori indotti dalla pandemia, l’Ad è convinto che “un operatore di gioco dovrebbe puntare ad evidenziare ancora di più il valore aggiunto di una sala o di un’agenzia, l’atmosfera che c’è al suo interno, la possibilità di socializzare, che nessun altro luogo di gioco può dare. Credo che sia fondamentale concentrarsi su questo, specie per le sale di alto livello. Chi torna al fisico lo farà perché vuole vivere un’atmosfera che non trova altrove, l’eleganza, il layout, il servizio, perché cerca un’esperienza che nessun gioco telematico può offrire, parlare con i vicini di sgabello o il personale di sala, vivere un momento di evasione, di svago. Altrettanto importante per un operatore di gioco che guarda al futuro sarà riuscire ad assecondare tutte le richieste del giocatore, comprese quelle che sono emerse nell’ultimo anno. L’ovvio riferimento è all’online, per il quale abbiamo lanciato Giocondabet, concessionaria di Stato. Un ‘progetto’ aperto anche ad altri operatori, per dargli ancora più forza, nella logica di offrire il più possibile. Penso che oggi non concedere opportunità a chi vuole giocare online sia quantomeno rischioso. Bisogna stare al passo coi tempi e con l’evoluzione del mondo, il cambio delle abitudini – velocizzato anche dalla pandemia - e il progresso, una componente che ha sempre contraddistinto e sempre contraddistinguerà il nostro settore”.
PAOLO GIOACCHINI
GIOC O & ARTE
CINQUANTA SFUMATURE DI GIOCO
PH. STEFANO MANZINI, UNSPLASH
La “tradizionale” tripartizione tra giocatori occasionali, ludopatici e professionisti è superata da studi europei che evidenziano ben più diversificati atteggiamenti e attitudini, ma è comune la percezione del sempre maggiore peso dell’online rispetto al terrestre
di Michael Haile
PROM O SPAC E
GIOCARECO N GI O G UST O
GIOCAREC O N GI O G UST O
Siparla e si scrive molto delle caratteristiche e della spesa del mondo del gioco con vincita in denaro, ma molto poco del profilo dei giocatori, tranne te di essi partecipa a scommesse ippiche e sportive, bingo nelle sale, casinò terrestri e sale da gioco, ed è un giocatore occasionale. quando si affronta il tema azzardopatia. Certo, i giocatori 3. Quelli che giocano perchè lo fanno gli altri con problemi di Gap sono un elemento molto importan- Quelli che giocano perché lo fanno gli altri sono quelli che te ma il mondo del gioco è composto anche da altri e di- vengono considerati giocatori passivi. Non sono particoversi profili. larmente interessati al gioco, ma lo praticano solo perché Quindi, chi sono quelli che indulgono nel gioco? è quanto fanno i loro amici, anche se ciò potrebbe costare Storicamente i giocatori erano divisi in tre categorie: gli loro caro. La metà di questi giocatori si dedica soprattutto occasionali, i ludopatici e i professionisti. a lotterie e gratta e vinci, ma c’è una minoranza che punta Quelli occasionali trattano il gioco come un svago, ma alle slot e che pratica il bingo nelle sale. sono moderati e hanno autocontrollo. Invece i giocatori 4. Quelli che giocano perchè si sentono fortunati ludopatici sono impulsivi, spendono sopra le loro possibi- Questa è la tipologia di giocatori che amano rischiare e che lità, generalmente si indebitano per giocare, hanno proble- hanno quasi sempre la sensazione che questa sia la giormi in famiglia e rincorrono le loro perdite puntando som- nata “buona”. Non possono fare a meno di giocare per non me sempre più alte. In effetti, sono dipendenti dal gioco perdere la possibilità di vincere. Quelli che si sentono forcome l’alcolizzato lo è dall’alcol. tunati generalmente giocano quasi a tutto, ma i loro giochi Quello professionista invece è un giocatore riflessivo, per- preferiti sono le scommesse sportive e ippiche, oltre alle ché ricava il suo reddito solo da giochi “di abilità” come il slot, sia online che terrestri. La maggior parte dei giocatori poker, il blackjack o il backgammon e tende a evitare qua- patologici si trova in questa categoria. si tutti gli altri giochi. È bravo in matematica e nel calcolo 5. Quelli che hanno soldi da bruciare delle probabilità, ed è disciplinato. I giocatori che hanno soldi da bruciare sono giocatori ocInvece la Gambling commission (Gc) del Regno Unito ha identificato otto tipi di giocatori, usando una metodologia più sofisticata così da ampliare il raggio dell’indagine. 1. Quelli che considerano il giocare una decisione saggia LA PUNTAT A LE DRITTEDEL M AESTROLE DRITTEDE L M AESTRO ENGLISH P AGESPROM O SPAC E casionali. Giocano quando hanno soldi extra, non importa loro se perdono, in quanto è solo un piccolo vizio che si permettono una volta tanto: se vincono bene, se perdono pazienza. Questa tipologia gioca sia online che di persona. Per questa tipologia il gioco è una questione di abilità. Sono Quasi la metà di loro gioca a lotterie e gratta e vinci, ma fiduciosi nella loro capacità di farlo bene, motivo per cui si anche a bingo e slot, con una piccola percentuale che fa eccitano a trasformare gli eventi di gioco in un’altra oppor- scommesse sportive. tunità per testare le loro capacità, soprattutto davanti ad al- 6. Quelli che giocano perchè vogliono godersi un po’ di
O tri. La maggior parte di essi gioca soprattutto poker, ma anche a lotterie e scommesse sportive. Si può dire che anche i giocatori professionisti si trovano in questa categoria. PROM O SPAC EPROM SPAC E GIOCARECO N GI O G UST O tempo per se stessi Ci sono persone che vanno al parco a leggere e quelle che vanno al bar con il giornale per staccarsi un po’ dal mondo, 2. Quelli che giocano per socializzare e poi ci sono quelli che giocano per godersi e concedersi Il gioco è qualcosa che si fa con gli amici. Per questi tipi un po’ di tempo con se stessi. Questi giocatori amano giodi giocatori, giocare è solo un modo di stare insieme, non care e se vincono è un’ulteriore ricompensa. Generalmente fa differenza se a poker o a Monopoli, basta che si tratti di una competizione amichevole, di aggiungere più entusia-GIOCAREC O N GI O G UST O non sono patologici ma è possibile che passino dalla categoria dei giocatori non problematici a quella dei problesmo a un evento o solo di divertirsi un po’. La maggior par- matici. I giochi preferiti di questi giocatori solitari sono le
scommesse sportive e ippiche, le slot sia terrestri che online, le lotterie. 7. Quelli che giocano per abitudine L’abitudine al gioco si crea quando una persona lo pratica da tempo. È l’equivalente di una persona che guida da molto tempo e che non si accorge quando cambia la marcia, in quanto lo fa inconsciamente. Questi giocatori non spendono molto, solitamente in lotterie o gratta e vinci. Giocare per loro è un piccolo vizio o regalo, indipendentemente dal fatto che vincano o meno. La maggior parte delle donne che giocano si trova in questa categoria. Quasi il 60 percento di questi giocatori abituali gioca a lotterie, gratta e vinci e scommesse sportive, con una forte minoranza che gioca a bingo in sala o nelle sale giochi. Sono soprattutto giocatori che preferiscono farlo di persona e poco online. 8. Quelli che giocano perchè vogliono vincere soldi La “prima” motivazione di questi giocatori è il denaro. Il gioco è solo un altro veicolo per ottenere soldi. A questo tipo di giocatori piace l’idea di vincere anche se le probabilità sono scarse. Più dell’80 percento di essi gioca a lotterie e gratta e vinci, in quanto sono le uniche tipologie di gioco in denaro che possono cambiare la vita.
UK – PERCENTUALE DEGLI ADULTI (+16*) CHE HANNO GIOCATO ALMENO UNA VOLTA
Tutti Uomini Donne 16-24 25-34 35-44 45-54 55-64 +65 anni anni anni anni anni anni 2016 48.4% 52.6% 44.3% 38.1% 48.3% 49.2% 52.6% 52.6% 48.4% 2017 48.8% 48.4% 41.4% 35.0% 47.7% 43.2% 47.8% 47.8% 44.6% 2018 45.8% 50.8% 40.9% 36.1% 45.9% 49.9% 52.3% 52.3% 42.2% 2019 47.2% 51.0% 43.5% 40.4% 48.7% 50.5% 52.8% 52.8% 41.9% 2020 42.0% 44.5% 39.6% 31.2% 39.0% 45.8% 48.4% 48.4% 39.1% Fonte: Gambling Commission * l’età minima per giocare alle lotterie nel Uk è 16 anni
GIOCO ONLINE
UK – PERCENTUALE DEGLI ADULTI (+16) CHE HANNO GIOCATO ONLINE ALMENO UNA VOLTA
Tutti Uomini Donne 16-24 25-34 35-44 45-54 55-64 +65 anni anni anni anni anni anni 2016 12.8% 16.1% 9.6% 14.7% 16.1% 15.1% 13.4% 10.6% 8.1% 2017 13.6% 16.3% 11% 11.9% 20.3% 14.8% 12.6% 14.5% 8.5% 2018 14.4% 17.7% 11.2% 11.9% 20.3% 17.1% 15.4% 16.5% 7.3% 2019 16.6% 19.5% 14% 16.9% 21.4% 22% 18.2% 14.7% 9.3% 2020 17% 19.3% 14.9% 16.2% 17.3% 18.5% 20.3% 18.8% 12.6% Fonte: Gambling Commission
L’AUTORE
degli ultra sessantenni e cinquantenni tra coloro che giocano “a distanza” nel Regno Unito. In Svezia, dove più del 60 percento degli adulti ha giocato almeno una volta nel 2019, il 62 percento di chi gioca dichiara di farlo per intrattenimento, quindi appartiene alla categoria dei giocatori occasionali, mentre il 31 percento afferma di voler vincere “alla grande”, quindi si può definire un giocatore motivato da soldi. Il 30 percento dei giocatori svedesi pratica scommesse sportive e casinò. Nel Regno Unito il 23,4 percento degli adulti ha giocato online nel 2020 (il 26,7 percento degli uomini e il 20,6 percento delle donne) e la grande maggioranza di loro sono individui tra i 35 e i 64 anni. In Svezia, invece, poco più del 24 percento della popolazione gioca online, l’85-87 percento di essa su siti illegali. I giocatori svedesi che giocano su siti “off-shore” lo fanno soprattutto perché attratti dai bonus. ITALIA Per quanto riguarda l’Italia non ci sono dati che catturano il livello socio-economico o altre caratteristiche dei giocatori, però ne esistono alcuni che danno un’idea generale di essi. L’approccio italiano per identificare la tipologia dei giocatori è quasi sempre clinico. L’Istituto superiore di sanità per esempio ha individuato quattro gruppi di giocatori utilizzando il metodo Problem gambling severity index (Pgsi ) che in effetti è disegnato per individuare giocatori problematici. In base a tale ricerca sono stati individuati giocatori senza nessun problema di gioco (26,5 percento), in pratica coloro che giocano a scopo ricreativo e per socializzare. La seconda categoria è quella dei giocatori a basso livello di Una ricerca condotta dall’Università di Lethbridge in Ca- rischio (4,1 percento), che per definizione sono quelli che nada e dalle Università di Queensland e Sydney, in Austra- solo una volta tanto hanno assunto atteggiamenti rischiolia, mostra che esiste una differenza tra i giocatori online e si ma che non soffrono di dipendenza. La terza categoria è quelli che preferiscono giocare “di persona”. Quelli online quella dei giocatori a rischio moderato (2,8 percento), che tendono a essere più giovani, in prevalenza maschi, pro- spesso assumono atteggiamenti da giocatori patologici e vengono da un ambiente socio economico più alto della che quindi sono ad alto rischio di diventarlo. Infine, c’è il media e hanno un livello un livello di educazione più alto. gruppo dei giocatori altamente problematici (3 percento), Ma il Covid-19 sta trasformando sia la demografia che le che assumono atteggiamenti dannosi sia per se stessi che caratteristiche per la loro famiglia e la società in generale. di quelli che Analizzando i dati disponibili, le caratteristiche dei giocaMichael Haile giocano online tori nei mercati maturi sono molto simili, cambia solo il Economista, consulente economico e della regolamentazione, è stato market policy specialist della Gambling Commision (Regno ed è partico- canale del gioco (online o terrestre). Ma a lungo andare è Unito), senior economist & analyst di Gbgc (Isle of Man) e larmente inte- inevitabile che il gioco online sia destinato a soppiantare ricercatore del Censis e del Centro Internazionale di Studi Sociali (Roma). ressante vede- una larga fetta di quello “di persona”, soprattutto quando i re l’aumento cellulari 5G saranno ampiamente diffusi.
ITALIA – GIOCHI IN DENARO PER TIPOLOGIA E GENERE (2019)
Uomini Gioco Donne 27.9% Lotterie istantanee 24.6% 14.6% Giochi numerici a totalizzatore 7.5% 13.9% Lotto e lotterie a esito differito 11.9% 11.7% Slot machine 3.4% 9.1% Scomessse sportive 0.5% 8.1% Altri giochi a base sportiva 0.6% 3.9% Vlt 1.4% 1.6% Scommesse virtuali 0.5% 1.4% Giochi di abilità a distanza 0.1% 0.6% Altri giochi di casinò 4.7% Fonte: Istituto Superiore di Sanità
WORLDMATCH PIONIERI IN EUROPA
Trale industrie del gioco online che vantano una più lunga storia, figura certamente WorldMatch. La società opera infatti da più di vent’anni ed è stata uno dei primi provider a muoversi sia in Europa che in Italia, un vantaggio competitivo che le ha permesso di sviluppare una posizione di leadership in entrambi i mercati. Non solo: WorldMatch è stata la prima società di gioco ad aprire la propria sede a Malta, quando ancora non esisteva un corpo legislativo che regolasse il gaming in tantissimi paesi del mondo. E quando, era il 2004, a Malta sono state approvate le Remote Gaming Regulations, WorldMatch è stato il primo provider ad ottenere la licenza per lavorare in Europa. Una serie di “primati” storici che sono stati la base per gli sviluppi negli anni successivi, fino a giungere al 2021, quando WorldMatch resta uno degli operatori europei più presenti in ogni parte del globo. La società è infatti attiva a livello mondiale e dispone delle autorizzazioni necessarie in Italia, Bulgaria, Spagna, Portogallo, Bielorussia, Regno Unito, Colombia e Argentina. WorldMatch realizza solo integrazioni e accordi diretti con operatori esteri di primo livello, senza bisogno di aggregatori. Ma se l’orizzonte della società è mondiale, l’Italia rimane un mercato molto importante. A tale proposito, uno dei punti forti è la collaborazione con i produttori di giochi Awp e Vlt “terrestri”, il che garantisce a WorldMatch il porting e la distribuzione in esclusiva per l’online dei prodotti più popolari del mercato del gioco fisico. In particolare, il marchio SlotBar identifica i prodotti esclusivi nati dalla partnership tra WorldMatch e aziende tra cui Octavian, Nazionale Elettronica, Baldazzi e Cristaltec. Convertendo all’online le loro slot e distribuendole a livello mondiale, WorldMatch rafforza sia la propria che la presenza dei suoi partner sui mercati esteri. Il successo di WorldMatch dipende però anche da un altro fattore: la profonda conoscenza dei giocatori e la consapevolezza di quante possano essere le peculiarità, preferenze e attitudini in base al mercato geografico di riferimento, in particolare per quanto tipologia e modalità di gioco. I giocatori dei paesi latino americani, quelli europei, o ancora quelli asiatici, hanno infatti caratteristiche profondamente differenti, e non si può quindi pensare a una soluzione unica fornendo lo stesso prodotto. WorldMatch si adegua ai loro gusti offrendo diverse tipologie di gioco. E non si limita solo alle slot, che restano comunque un’importante componente dell’offerta, ma offre un pacchetto completo di prodotti Rng (random number generation Ndr) per casinò, quindi videopoker, giochi da tavolo e roulette. Tra le novità più recenti, l’aggiunta di una tipologia di giochi denominati Mario Slot. “Riteniamo importante andare incontro ai gusti dei nostri giocatori e per questo collaboriamo con studi grafici di tutto il mondo per offrire un’ampia varietà di prodotti sia in termini estetici, sia in termini di matematiche, volatilità e Rtp (return to player Ndr)”, spiegano in azienda. E quanto ai progetti futuri, ecco qualche anticipazione: “I nostri attuali progetti a livello mondiale prevedono il rilascio di nuove tipologie di gioco e, al tempo stesso, di nuove slot machine che verranno come di consueto certificate per i vari mercati regolamentati nei quali siamo presenti”. La società inizierà inoltre a breve processi di certificazione in paesi nei quali ancora non opera, oltre a continuare le attività commerciali per avviare nuove partnership sia in nuovi mercati che in quelli in cui i prodotti WorldMatch sono già ben consolidati.
COVER STORY
Novomatic Italia Al servizio del cliente
Parole d’ordine: formazione e prodotto, le leve per la ripartenza del business Vlt
Non è possibile pensare all’anno in corso, e a quello precedente, senza lasciarsi meravigliare ancora da come la crisi pandemica abbia prima di tutto fermato il mondo intero, scopertosi imprevedibilmente fragile, e senza guardare al settore del gioco pubblico italiano come ad una immensa macchina tenuta immobile oltre ogni ragionevole motivazione. La prospettiva cambia se si guarda al momento della ripartenza ormai imminente, e a come il futuro possa riservare prospettive nuove e importanti per un segmento di punta come quello delle Vlt: in questo ambito infatti Novomatic Italia non ha mai smesso di lavorare tanto che oggi, alla vigilia delle riaperture dei luoghi di gioco su tutto il territorio nazionale, si propone di attivare iniziative rivolte ai propri partner commerciali con l’obiettivo di avviare un nuovo percorso che abbia come destinatari finali i consumatori, affinché questi possano essere sempre ben informati sui prodotti di gioco Novoline presenti in ogni sala, rendendo il momento dell’intrattenimento più consapevole, responsabile e divertente. Da fornitore di servizi e tecnologie di gioco a 360°, quindi, Novomatic Italia ha sviluppato un progetto di formazione per gli operatori di sala fornendo consulenza e approfondimenti sui prodotti proprio a chi può comunicare direttamente con la clientela. Il Gruppo propone inoltre servizi aggiuntivi di marketing e trade marketing per dare omogeneità e rafforzare la comunicazione sul tema Vlt e nello specifico sul mondo Novoline. Tutto ciò si accompagna ovviamente al lancio di
MICHELE MASINI
nuovi prodotti: sei nuovi giochi animeranno la ripartenza del business e ben presto anche nuovi cabinet tecnologicamente evoluti potranno entrare nelle sale a fare, come sempre, la differenza. Michele Masini, direttore della Business Unit Vlt di Novomatic Italia, anticipa con grande soddisfazione i prossimi step per il settore fiore all’occhiello del Gruppo: “Come leader di mercato abbiamo il dovere e l’onere di riportare entusiasmo e coinvolgimento sul prodotto Vlt, attraverso progetti di formazione, studi di consulenza, fornitura di aggiornamenti hardware e proposizione di nuovi giochi e cabinet, tutte attività finalizzate a creare un interscambio continuo tra le concessionarie ed i loro retail con ovvi benefici per il cliente finale”.
I nuovi giochi
“Siamo pronti ad offrire ai nostri clienti giochi con caratteristiche innovative, sempre in linea con i loro gusti e le tendenze più recenti di mercato. Con XRoulette, rivisitazione in chiave moderna del gioco principe dei tavoli, introdurremo la Super Session, una meccanica di gioco innovativa per il mondo Novomatic, finalizzata a migliorare e prolungare l’esperienza del gioco”, dicono dal Gruppo. Dopo il forte interesse suscitato dal gioco Wave Patrol, Novomatic Italia lancerà Eye of Dragon and Mystic Ball, un nuovo titolo con bet minimo a 20 centesimi. “Con Treasure Island proponiamo un titolo con bonus game FreeSpin così come da tradizione Novomatic, introducendo per la prima volta il tema Pirati sulle nostre Vlt. Cats of Egypt ed Amber Party offrono l’innovativa funzionalità dei 4Bonus, vincite di importo elevato, mostrate sempre a video, che possono essere ottenute grazie ad una fase bonus interattiva e a tema. Attraverso il gioco Clower Power HD, vedremo per la prima volta sul cabinet Vip Chair una grafica ad alta risoluzione, valorizzata ancor più dalle grandi dimensioni dello schermo da 50 pollici che solo questo cabinet può offrire”.
Novocash - Industria 4.0
Un fermento, quello di casa Novomatic, che non si è arrestato neanche nel lungo periodo del lockdown: proprio nel momento di massimo sconforto, le strutture aziendali hanno avuto la capacità di guardare oltre, ottimizzare e migliorare il prodotto Novocash in entrambe le versioni Small e Vlt per portarlo in certificazione e permettere ai propri clienti di ottenere grazie ad esso lo sconto “Industria 4.0”. I Change di Novomatic Italia hanno entrambi ottenuto l’attestato di conformità tecnica di beni funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese secondo il modello “Industria 4.0”. La legge finanziaria 2021 (art. 1, comma 1051 e ss., legge n. 178/2020) infatti ha previsto il riconoscimento di specifici crediti di imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi che rientrano nel Piano “Industria 4.0”. Tale Piano consente alle imprese italiane di innovare la propria attività e il proprio business attraverso strumenti di avanguardia tecnologica: attivato già da alcuni anni, tale programma ha conosciuto per il 2021 un potenziamento delle precedenti misure e l’inserimento di nuove possibilità. Grazie all’attestazione come bene funzionale i due Novocash sviluppati e commercializzati da Novomatic Italia, destinati sia a sale dedicate sia a luoghi di gioco generalisti come i bar, possono essere acquistati quindi ottenendo un credito d’imposta pari al 50 percento del costo, da usufruire in 3 anni. Il primo terzo del credito è usufruibile già a partire dal giorno successivo all’interconnessione dell’apparecchio. Infine il credito è cumulabile con altre agevolazioni fiscali dedicate a particolari soggetti o territori, previa verifica di spettanza. Con i Novocash anche la tecnologia a servizio del gaming diventa 4.0!
Scienza e buon senso contro restrizioni ed eccessi
(SECONDA PARTE)
RIAPRIRE IN SICUREZZA SENZA INDUGIO PER USCIRE DALLA PANDEMIA MA SENZA DOVER RICHIUDERE IMMEDIATAMENTE PER I DISTANZIOMETRI ESPULSIVI DELLE LEGGI REGIONALI.
A cura di Geronimo Cardia
Nel numero precedente avevamo visto l’impatto delle restrizioni sul comparto del gioco pubblico e proposto alcuni rilievi, insieme ad alcune possibili soluzioni, basandoci sul buon senso (oltre a ricorrere alla giurisprudenza). Oggi sviluppiamo ulteriormente l’argomento partendo dall’analisi scientifica della stessa materia.
LE VALUTAZIONI SCIENTIFICHE Andando oltre al buon senso, il mondo scientifico da sempre esprime una perplessità profonda (mal digerita, a volte mal celata) in merito all’individuazione del criterio del distanziometro in sé (qualunque utente razionale, problematico, o patologico potrebbe percorrere 200 o 500 metri da un luogo ritenuto sensibile oltre che da casa propria) e un’avversione nei confronti del proibizionismo puro come ad esempio determinato dai distanziometri espulsivi (che di fatto determinano il divieto sulla sostanziale totalità dei territori, da un lato, e la marginalizzazione dell’offerta pubblica nelle periferie, dall’altro). Nel 2017, nell’ambito di una ricognizione degli studi emerge che se l’analisi dovesse limitarsi alla lettura delle sole conclusioni di parte della produzione scientifica disponibile dovrebbe prendersi atto di una reticenza a dare giudizi netti di bocciatura della misura del distanziometro. Quello che colpisce, tuttavia, è che andando a vedere nel cuore degli studi in realtà si rinvengono dei passaggi fondamentali che sembrano invece mettere in serio dubbio la sua efficacia. Sia esso inteso come distanziometro effettivo (nella misura in cui sia concepito tecnicamente in modo che lasci anche spazi adeguati alla distribuzione pubblica) sia esso come distanziometro espulsivo (che ciò impone un proibizionismo di fatto sulla sostanziale totalità del territorio). In effetti, sembrerebbe potersi dire che vi siano diversi spunti per affermare che i giocatori problematici e quelli patologici non solo non si fermino di fronte ad una distanza di 500 metri da luoghi sensibili come Chiese o scuole, ma non siano nemmeno disposti a rinunciare a giocare in presenza di chilometri da affrontare (cfr., in particolare, sul punto “Proibizionismo tra scienza e giurisprudenza”, Rivista Gioco News dicembre 2017). Molti studi analizzati mettono altresì in risalto il fattore della cosiddetta “accessibilità” al gioco che potrebbe in linea teorica favorire il gioco. Tuttavia tale richiamo mal si concilia, almeno agli occhi esterni di un osservatore esterno con tutte le affermazioni relative alla deriva anche solo problematica dell’incapacità di controllo e di ponderazione di fattori razionali quali la vicinanza o meno ai propri luoghi di frequentazione e con quanto poi riferito in seguito in merito alle conseguenze della marginalizzazione in periferia. Un altro dato che colpisce è che difficilmente si trovano studi che mettano esplicitamente in evidenza una valutazione su quali siano i luoghi definibili sensibili, perché di maggiore frequentazione dei soggetti da proteggere, e certamente nessuno studio scientifico certifica l’idoneità di un luogo sensibile utilizzato piuttosto che di un altro. Diverse sono poi le considerazioni registrate nella letteratura scientifica riguardo i comportamenti ascritti al giocatore medio, a quello che è definito giocatore sociale, che, in linea teorica, se posto di fronte alla scelta di percorrere chilometri per accedere ad una forma di gioco legale, ha tutta la razionalità e tutta la centratura per compiere la scelta di non andare e di preferire altre forme di gioco, legali o illegali, o altre forme di intrattenimento. Da quanto sopra non solo sembrerebbe che effetto espulsivo o marginalizzazione di fatto non curano e non contrastano effettivamente l’impulso patologico o problematico ma, addirittura, per quanto dedotto, se risulta verificato il teorema che al proibizionismo del gioco legale corrisponde l’invasione del gioco illegale, di fatto peggiorano la qualità del prodotto al punto da penalizzare ulteriormente la patologia dei soggetti deboli alimentando ulteriormente le loro patologie. Sul punto, è molto interessante quanto precisato da Caneppele e Marchiaro, “Gioco d’azzardo patologico: monitoraggio e prevenzione in Trentino, Rapporto Progetto Pre. Gio. 2013-2014”, maggio 2016, in www.transcrime. it. In detta relazione, infatti viene precisato quanto segue in merito alle “Restrizioni sulla disponibilità di gioco. È noto che l’aumentare della disponibilità di determinate tipologie di prodotti, che possono creare una dipendenza pur essendo legali, incrementa anche il loro utilizzo, tuttavia tale relazione non è mai semplice e lineare (Williams, West, e Simpson 2012). Per ciò che concerne il gioco d’azzardo, diversi autori hanno sostenuto una relazione positiva fra la disponibilità e l’accessibilità dei giochi d’azzardo legalizzati da un lato, e i tassi di prevalenza del gioco d’azzardo patologico dall’altro (Marshall e Baker 2002; Parsons e Webster 2000; Pearce et al. 2008; Shaffer, LaBrie, e LaPlante 2004; John William Welte et al. 2009; 2004). Tuttavia, tale >
relazione si presenta alquanto complessa. Come spiegato da Williams e colleghi (2012), i tassi di gioco problematico in Nord America e Australia hanno iniziato a crescere nel decennio 1985-1995, hanno raggiunto l’apice nel decennio successivo, ma da quel momento hanno iniziato ad abbassarsi. Il periodo di crescita dei tassi di prevalenza del Gap è risultato sostanzialmente coincidente con la rapida introduzione e la relativa espansione delle opportunità di gioco legali nei Paesi considerati, il che si è mostrato strettamente connesso all’incremento della spesa pro-capite per gioco d’azzardo e ad un aumento complessivo dei tassi di partecipazione a questa attività. Dopo tale fase è iniziato un graduale calo delle percentuali complessive dei soggetti definiti come problematici e, attualmente, i tassi di persone con problemi di gioco d’azzardo eccessivo sono analoghi a quelli degli anni ’80, prima dell’espansione del gioco. Poiché la disponibilità del gioco d’azzardo è in costante aumento negli ultimi trent’anni in molti Paesi, i risultati dell’indagine possono supportare due tesi differenti, ma non necessariamente in contrasto (Shaffer, LaBrie, e LaPlante 2004; Storer, Abbott, e Stubbs 2009): 1. l’aumento della disponibilità del gioco d’azzardo porta ad una crescita nei tassi complessivi di Gap; 2. le popolazioni tendono ad adattarsi nel corso del tempo. Esistono infatti differenti meccanismi potenzialmente responsabili della diminuzione della prevalenza del gioco d’azzardo eccessivo126 (Williams, Volberg, e Stevens 2012,7): - crescita della consapevolezza della popolazione dei possibili danni legati al gioco d’azzardo (abbassamento dei livelli di predisposizione all’attività); - diminuzione complessiva della partecipazione alle attività di gioco (maggiore cautela dopo il primo periodo di novità); - esclusione di alcuni soggetti dal gruppo di giocatori considerati problematici a causa di gravi conseguenze negative derivanti dal gioco stesso (bancarotta, suicidio, ecc.); - aumento degli sforzi complessivi volti a garantire un gioco “sicuro” e a mettere in atto programmi di prevenzione efficaci contro il Gap; - aumento dell’età della popolazione. (…) Partendo dal presupposto che di fronte al fenomeno del gioco d’azzardo occorre sviluppare strategie complessive che tendano a minimizzarne gli effetti negativi e, nello stesso tempo, a riconoscerne i potenziali benefici, emerge chiaramente come, in prospettiva, siano da escludere dal dibattito le due opzioni estreme: il proibizionismo e il liberalismo di mercato. L’opzione proibizionista, ossia considerare il gioco d’azzardo, in quanto tale, un’attività illegale, porterebbe a una crescita esponenziale del mercato clandestino dei giochi e darebbe ampio spazio alla criminalità organizzata e al banditismo”. E posto che l’ipotesi liberista estrema non sia neanche sul tavolo delle idee, resta da salutare con soddisfazione che anche la valutazione scientifica del proibizionismo rappresenta una bocciatura chiara. In sostanza vengono bocciate inaccessibilità ed accessibilità eccessiva. Al legislatore l’ardua missione di individuare una tempo per tempo misurata accessibilità che certo non è né la marginalizzazione né tanto meno il proibizionismo dell’effetto espulsivo imposto dai distanziometri attuali. Peraltro non può non ricordarsi quanto dichiarato dalla dottoressa Adele Minutillo, dell’Istituto Superiore della Sanità, in un suo intervento in cui ha dichiarato “Dal punto di vista sanitario non sappiamo se il distanziometro funziona. In realtà, non abbiamo evidenze scientifiche, se non in modelli statunitensi o australiani, molto lontani dalla nostra realtà. Nei mesi passati abbiamo sentito molti giocatori in trattamento per il disturbo da gioco d’azzardo. Tanti ci raccontano che nel momento della compulsione del comportamento cercano un luogo di gioco spesso lontano dal posto dove vivono. Questo avviene perché, quando il giocatore è in fase di compulsione, si sente in colpa verso la famiglia perché sa che sta togliendo loro soldi e tempo. Cerca quindi posti lontani dal suo abitudinario e dove non lo conoscono per andare a giocare. Se questo fosse confermato dalla ricerca che stiamo effettuando, il distanziometro potrebbe addirittura far aumentare la dipendenza piuttosto che risolverla. Il disturbo da gioco d’azzardo è un problema che esiste, ma il rischio è che si generalizzi troppo o che si utilizzino misure che non servono effettivamente a chi ha il disturbo”. Anche studi più recenti in modo piano affrontano direttamente il tema. I distanziometri espulsivi o semplicemente marginalizzanti (come la sostanziale totalità dei distanziometri imposti), sono in realtà palesemente contro lo scopo della norma volta a tutelare le fasce deboli e ad arginare il disturbo da gioco d’azzardo (ci sono perizie che lo affermano). E ciò, in quanto per la loro natura di divieto assoluto si rivelano dannosi per il loro agire negativamente sulla compulsività degli utenti problematici o patologici (sempre alla ricerca di luoghi nascosti per dare sempre più sfogo alle proprie dipendenze) e sulla percezione da parte degli utenti razionali delle periferie (che assisterebbero alla concentrazione eccessiva di offerta pubblica di gioco marginalizzata perché espulsa dalla sostanziale totalità del territorio cittadino del centro). E ancora, le limitazioni, ancorché misurate, di orari di distribuzione del gioco pubblico (per quelle che impongono interruzioni eccessive vi è lo stesso giudizio negativo dei distanziometri espulsivi), non accompagnate da un’adeguata messaggistica, non fanno altro che agire - negativamente – sulla compulsività degli
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utenti, desiderosi di riprendere la propria pratica, al punto di riprendere il gioco al termine dell’interruzione con maggiore intensità se non al punto da ricercare da subito altre fonti di gioco per esempio recandosi presso l’offerta illegale o canali diversi da quello del territorio come l’online soprattutto se illegale. Su tali aspetti può richiamarsi la pubblicazione dello studio portato a termine da parte della Italian Society of Psychopathology dal titolo “Il disturbo da gioco d’azzardo – implicazioni cliniche, preventive e organizzative” sul numero 1/2020 della rivista scientifica Journal of Psychopathology, disponibile anche sul sito al link www.jpsychopathol.it . Lo studio, condotto da importanti esponenti del mondo scientifico, in definitiva mette in evidenza che “Diverse misure sono state proposte dalle società contemporanee per la gestione del fenomeno, ma il loro impatto effettivo merita di essere accuratamente valutato. Attualmente, le risposte al problema del gioco d’azzardo non sono ancora sufficientemente delineate e socialmente soddisfacenti. Sono quindi necessarie strategie preventive, riabilitative e di cura che si basino maggiormente sulle conoscenze psicopatologiche e neuroscientifiche del disturbo.” In definitiva, dalla lettura del documento sembrerebbe emergere che il distanziometro non incide sul giocatore problematico e su quello patologico. Al contrario la marginalizzazione delle sale gioco, per i giocatori patologici e problematici, potrebbe accrescerne l’attrattività proprio per le condizioni di maggiore isolamento che vi troverebbero. Viene inoltre confermato che il giocatore razionale delle periferie (a più alta densità abitativa tra l’altro) potrebbe risentire dell’eccessiva concentrazione dell’offerta pubblica marginalizzata dall’effetto espulsivo. Interessanti, poi gli spunti per eventuali azioni concrete future, laddove viene precisato che: (i) “dal punto di vista preventivo, (…) la possibilità di attuare un registro di esclusione, fruibile a livello nazionale e in grado di impedire l’accesso nelle aree di gioco a soggetti sensibili o già diagnosticati e/o in trattamento per disturbo da gioco d’azzardo (…) potrebbe garantire una buona efficacia, come già dimostrato in paesi come Spagna e Germania (Motka et al., 2018), soprattutto se guidato e ben integrato con la rete territoriale sanitaria dei servizi per le dipendenze (Serd), dei Centri di Salute Mentale (Csm) e del Terzo Settore qualificato. Il sistema della segnalazione e successiva esclusione dovrebbe essere associato a un ‘efficace rete informativa tra i licenziatari. L’attuazione di strumenti integrati d’intervento precoce e prevenzione attiva dovrebbe necessariamente contemplare la possibilità di considerare la segnalazione da parte dei familiari del giocatore”; (ii) “altre misure riguardano Geronimo Cardia la possibile revisione dei Avvocato cassazionista, parametri di gioco degli dottore commercialista apparecchi, che consentano e revisore contabile di misurare l’accesso al gioStudio Cardia e Cardia www.gclegal.It co d’azzardo in termini di tempo trascorso e di denaro speso, consentendo la possibile individuazione precoce di situazioni di gioco a rischio. Lo sviluppo di sistemi di questo tipo potrebbe auspicabilmente consentire l’individuazione di chi risulta bisognoso di un intervento specifico. Questi interventi dovrebbero essere attuati da operatori specificamente formati agli strumenti del counseling e del supporto psicologico e in grado di indirizzare chi é vulnerabile verso la rete dei servizi territoriali di cura (Serd, Csm, Terzo Settore), oltre che di includere chi ha superato i limiti in maniera reiterata nel registro di esclusione. La gestione di quest’ultimo potrebbe prevedere esclusioni temporanee o definitive o, addirittura, differenziazioni in merito alla tipologia di gioco, limitando l’accesso esclusivo a quei giochi a rapido turn-over che più tipicamente affliggono e caratterizzano chi è affetto da disturbo da gioco d’azzardo”; (iii) “infine, può essere utile una considerazione specifica riguardo alle risorse: l’introito derivante dal gioco è consistente e in graduale aumento a fronte di un ambito - quello della prevenzione e della cura delle dipendenze - in cui, invece, mancano le risorse per fronteggiare l’aumento della diffusione e delle conseguenze sociali negative. Sarebbe pertanto opportuno vincolare e investire una parte delle risorse derivanti dal settore del gambling in favore dei servizi di cura e prevenzione delle dipendenze al fine di investire in progetti che estendano tali interventi non soltanto al disturbo da gioco d’azzardo, ma a tutte le forme di dipendenza (da sostanze in primis), visto l’elevato livello di comorbilità e la comunanza dei fattori di rischio per il loro sviluppo. Ciò permetterebbe di andare oltre a quanto ad oggi già previsto con il Fondo per il contrasto al disturbo da gioco d’azzardo, di cui alla legge di stabilità (articolo 1, comma 946, della L. 2018/2015) e, soprattutto, garantire una visione veramente integrata dei fenomeni di addcition, come da tempo enfatizzato nella letteratura Ebm più qualificata. Peraltro questo tipo di comorbilità tra forme diverse di addiction rappresenta il problema centrale della presa in carico attuale di questi soggetti, come recentemente mostrato da diverse ricerche che hanno dato enfasi alla forte associazione del disturbo da gioco d’azzardo con i disturbi da uso di alcol e di cocaina. Le più alte concentrazioni di comorbilità, soprattutto nelle fasce di età più giovani, aprono risvolti medici, psicopatologici e sociali drammatici che dovranno essere rivalutate in una dimensione allargata dei fenomeni di addiction (Martinotti et al., 2006; Di Nicola et al., 2015; Dufour et al., 2016; Loo et al., 2019).”
A BEN VEDERE LA SOLUZIONE EFFICACE E SOSTENIBILE C’È Anche in quest’ottica scientifico sanitaria si scorge un serio e concreto contributo all’individuazione delle misure realmente idonee a contrastare il disturbo da gioco d’azzardo. In questa direzione, dunque, potrebbe porsi la politica per la gestione del fenomeno, abbandonando pratiche di fatto proibizionistiche (non solo inefficaci ma controproducenti e peraltro dannose anche sotto il profilo dell’ordine pubblico, del gettito erariale, della produzione e dell’occupazione) e regolamentando quindi il fenomeno in modo sostenibile, con sapienza e soprattutto con efficacia.
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Transazione fiscale il vero sostegno contro la crisi
A cura di Giancarlo Marzo e Francesco Scardovi
CON L’APPROVAZIONE DELL’ENNESIMO DECRETO “SOSTEGNI BIS” GLI OPERATORI DELLA FILIERA DEL GAMING SI RITROVANO A INTERPRETARE INCONSAPEVOLMENTE IL RUOLO DI BILL MURRAY NELLA PELLICOLA AMERICANA DEGLI ANNI ’90 “RICOMINCIO DA CAPO”. ALL’APPROVAZIONE DI OGNUNO DEI DECRETI – DI RILANCIO, RISTORO O SOSTEGNI CHE SIA – SI ACCENDE LA RADIO DELLE 6.00 CHE TRASMETTE “I GOT YOU BABE” DI SONNY AND CHER E SI RIVIVE, INESORABILMENTE ALLO STESSO MODO, IL “GIORNO DELLA MARMOTTA”.
Nonostante le richieste d’aiuto, dopo oltre un anno dall’inizio dalla crisi più grave dalla Grande depressione del 1929 ad oggi, si continuano a prospettare quelli che si possono considerare, purtroppo, una serie di “pseudo-sostegni”, tutti inidonei a un concreto rilancio dell’economia reale. Per un settore come quello del gioco legale, in cui le perdite sono state stimate in centinaia di milioni di euro per le imprese di raccolta di gioco terrestre ed in svariati miliardi di euro per l’Erario, il rischio è quello dell’irreversibile chiusura degli oltre diecimila operatori del settore, con forti ripercussioni su più di cinquanta mila impiegati attualmente occupati. Mentre questa rivista va in stampa, quando ancora si discute sui tempi di riapertura delle attività di gioco lecito, nell’attuale quadro normativo, l’unica chance per gli operatori della filiera potrebbe essere rappresentata dall’anticipazione dell’entrata in vigore delle previsioni del cosiddetto nuovo Codice della Crisi d’impresa (che d’ora in poi indicheremo come “Codice”, per semplicità) in materia di transazione fiscale e contributiva. Disposizioni che, riformando gli articoli 180, 182-bis e 182-ter della legge fallimentare (d’ora in poi indicata anche come “Legge”), consentono alle imprese in stato di insolvenza di ottenere l’omologazione di piani di concordato e accordi di ristrutturazione anche senza approvazione di Agenzia delle entrate e Inps.
EVOLUZIONE NORMATIVA DELLA TRANSAZIONE FISCALE Nella sua configurazione originaria, la transazione fiscale era ammessa per i soli tributi iscritti a ruolo e a beneficio di quanti si fossero mostrati insolventi nel corso di una procedura di esecuzione coattiva, oppure fossero stati assoggettati a procedure concorsuali. A partire dal 2005, invece, si sono susseguiti numerosi interventi legislativi che, onde salvaguardare i predetti interessi, hanno
potenziato gli strumenti di risoluzione concordata della crisi di impresa, introducendo, in particolare, nella legge fallimentare, gli articoli 182-bis e 182-ter. Attualmente, la transazione fiscale rappresenta una particolare procedura “transattiva” tra Amministrazione finanziaria e contribuente (articolo 182-ter della Legge) che, nell’ambito del concordato preventivo (articolo 160, della Legge) e degli accordi di ristrutturazione (articolo 182-bis della Legge), consente alle imprese in stato di insolvenza il pagamento in misura ridotta e/o dilazionata del credito tributario privilegiato, oltre che di quello chirografario. La ratio sottesa all’istituto, inizialmente nato per tutelare, in misura prevalente, gli interessi erariali e l’azione amministrativa, si è evoluta nel senso di contemperare i predetti interessi con la massima salvaguardia della continuità aziendale e dei livelli occupazionali. Ci è mossi, dunque, progressivamente, verso soluzioni condivise tra gli operatori economici e il Fisco, così da consentire un bilanciamento tra i reciproci interessi.
LA “NUOVA” TRANSAZIONE FISCALE Con l’articolo 3, comma 1-bis, del decreto legge n.125/2020, sono stati modificati gli articoli 180 e 182-bis della Legge fallimentare, anticipando gli effetti a partire dallo scorso 3 dicembre 2020. Allo stato attuale, è così consentito al Tribunale di procedere - in base ad una valutazione di maggior convenienza della proposta dell’imprenditore rispetto all’alternativa liquidatoria - all’omologazione del concordato preventivo e dell’accordo di ristrutturazione dei debiti. Ciò, anche in caso di “mancanza di voto”, o “mancanza di adesione”, da parte dell’Amministrazione finanziaria (o da parte degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie), qualora l’assenso di quest’ultima sia necessario ai fini del perfezionamento della procedura compositiva. Nell’effettuare tale valutazione il Tribunale può tenere conto anche delle risultanze della relazione redatta dal professionista incaricato dell’attestazione. Inoltre, il citato comma 1-bis ha modificato l’articolo 182-ter della Legge, precisando che la relazione del professionista attestatore deve, relativamente ai crediti tributari o contributivi e relativi accessori, avere ad oggetto anche la convenienza del trattamento proposto rispetto alla liquidazione giudiziale, modificando il precedente richiamo alle alternative concretamente praticabili. Scopo delle modifiche normative, evidentemente, è quello di eliminare una delle più rilevanti criticità applicative dell’istituto della transazione fiscale, costituita dall’interpretazione che l’Agenzia delle entrate ha, fino ad ora, fornito della disposizione recata dall’articolo 182-ter della legge fallimentare. La stessa Agenzia, infatti, ha sempre ritenuto che la sussistenza di tale convenienza non fosse di per sé sufficiente per approvare le proposte di transazione fiscale e ha generalmente rigettato quelle proposte che, pur essendo oggettivamente più vantaggiose per l’Erario di qualsiasi altra soluzione, avevano previsto un soddisfacimento inferiore a certe soglie (soglie, peraltro, non definite in alcuna norma). Ai sensi della nuova normativa, al contrario, il Tribunale deve procedere all’omologazione dell’accordo di ristrutturazione o del piano di concordato anche in mancanza di adesione dell’Amministrazione finanziaria, quando: a) l’adesione è decisiva al fine del raggiungimento delle percentuali dei crediti previste per la omologabilità (del 60 percento o del 30 percento in taluni casi); e b) il soddisfacimento dei crediti offerto dall’impresa debitrice sia, anche sulla base delle risultanze dell’attestazione resa da un professionista indipendente, più conveniente di quello derivante dall’alternativa liquidatoria.
BILL MURRAY IN “IL GIORNO DELLA MARMOTTA” (1993) GLI AUTORI Francesco Scardovi Dottore Commercialista Revisore legale, Partner Studio Scardovi & Giordani Giancarlo Marzo Managing partner Studio legale e Tributario Marzo Associati
CONCLUSIONI In attesa dei primi decreti di omologazione fondati sulla nuova normativa, le modifiche introdotte potrebbero rappresentare l’unica via percorribile per gli operatori del comparto in crisi economica e finanziaria. Tale norma, infatti, potrebbe finalmente rendere concretamente operativo un istituto non sempre attuato a causa della discrezionalità valutativa finora concessa all’Amministrazione finanziaria. Una chance, dunque, assolutamente da non perdere. Specie considerato che la stessa Agenzia delle entrate, con la Circolare 29 dicembre 2020, n.34/E, ha invitato i propri uffici: “a profondere il massimo impegno nel garantire una tempestiva gestione delle procedure di composizione della crisi di impresa, fornendo - nell’esercizio della propria azione - un adeguato supporto agli operatori che si trovano ad affrontare l’attuale congiuntura economica, nell’ottica di favorire la ripresa produttiva e la conservazione dei livelli occupazionali”.