TERZA PAGINA RUOLO ARERA
i pilastri della regolazione del settore rifiuti: il nuovo ruolo dell’autorità di regolazione per energia reti e ambiente (arera) di Giorgio Ghiringhelli*, Giuseppe Sbarbaro**, Paolo Pagani**
2 igiene urbana igiene urbana luglio-settembre 2018
Nel 2016, il settore dell’igiene urbana ha registrato oltre 12 miliardi di fatturato, occupando 90.433 addetti, con 1.821 operatori complessivi. I servizi di igiene ambientale mostrano segnali di sviluppo sia sotto il profilo economico che sotto quello delle performance. Il settore è però caratterizzato da performance molto diverse territorialmente, con significative differenze in termini di livello, qualità e costi del servizio. Molte delle distorsioni della gestione dei rifiuti urbani risiedono nel sistema di governance e, in parte, nell’inadeguatezza della regolazione tecnica. L’attribuzione (Legge 27 dicembre 2017, n. 205) all’Autorità di regolazione per l’Energia Elettrica il Gas e il Sistema Idrico (AEEGSI) di competenze anche in materia di rifiuti urbani, con conseguente cambio di nome in ARERA (Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente) a partire dal 2018, permetterà di intervenire in un settore in cui fino ad oggi le competenze sono state ripartite tra Ministero, Regioni, Province, Comuni ed Enti di Governo d’ambito. ARERA è un’autorità indipendente di regolazione e controllo che esercita un potere delegato e riunisce i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario, controbilanciati dalla magistratura amministrativa. I tre pilastri sui quali poggia la regolazione operata da ARERA sono “qualità” (definizione dei livelli di qualità dei servizi) “tariffe” (definizione del metodo tariffario e approvazione della tariffa) e “unbundling” (separazione contabile e amministrativa della gestione). Il testo fornisce previsioni realistiche su quelli che saranno i primi passi dell’azione di regolazione che ARERA implementerà nel settore rifiuti, prefigurando la “rivoluzione” che attende il settore. Introduzione I servizi di igiene ambientale mostrano nel complesso segnali di sviluppo sia sotto il profilo economico (come dimostrato dalla crescita dei ricavi – in linea con i costi di produzione – e degli investimenti) che sotto quello delle performance (incremento delle raccolte differenziate, aumento dei rifiuti inviati a recupero,
diminuzione del conferimento in discarica). Il settore è caratterizzato da performance molto diverse da territorio a territorio, sia in termini di raccolta differenziata che di quantità di rifiuti avviati a recupero o smaltiti in discarica. Significative sono anche le differenze in termini di livello, qualità e costi del servizio, con il paradosso che si registrano costi maggiori
là dove qualità ed efficacia del servizio sono invece inferiori. Un’eterogeneità si riscontra anche sotto il profilo della governance (dimensionamento degli ATO, operatività degli EGATO, struttura e durata delle gare per l’affidamento del servizio) ed ha come diretta conseguenza la dimensione, la capacità operativa e finanziaria (quindi di investimento) degli operatori. Nel 2016, il settore dell’igiene urbana ha registrato oltre 12 miliardi di fatturato, occupando 90.433 addetti, con 1.821 operatori complessivi. Il fatturato di settore risulta superiore rispetto al costo, pari a 10,2 miliardi di euro, stimato da ISPRA per la gestione del ciclo dei rifiuti, e riferito unicamente alla spesa dei Comuni per il servizio di igiene urbana. La “gestione” dei rifiuti urbani ricomprende la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti. Nella gestione integrata del servizio, occorre innanzitutto distinguere tra le fasi a monte della filiera (raccolta, traporto e spazzamento) dalle fasi a valle (trattamento, smaltimento in discarica e recupero/riciclo). Ai servizi di base si sommano quelli aggiuntivi o accessori (gestione ecocentri, spazzamento strade, svuotamento cestini, etc.). Il perimetro del servizio di raccolta e gestione dei rifiuti urbani è in parte definito dal concetto di assimilazione: la normativa attuale definisce il limite qualitativo dei rifiuti assimilabili, mentre la determinazione dei limiti quantitativi è stata di fatto demandata ai Comuni o alle autorità di governo, mentre è in discussione una bozza di nuovo DM che prevede l’introduzione di limiti quantitativi massimi per alcune categorie di attività economiche. I valori massimi sono definiti in kg/mq/anno in presenza di un sistema di misurazione puntuale e in mq in assenza di un sistema di misurazione puntuale.