Ghiringhelli - ARSambiente - Nuove tecnologie digestione anaerobica forsu - Lambiente 5-13

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Nuove tecnologie per la digestione anaerobica della Forsu Massimizzazione del recupero termico e minimizzazione della produzione di digestato  Giorgio Ghiringhelli, Michele Giavini, ARS Ambiente Srl, Analisi Ricerche e Servizi per l’Ambiente, Enrico Calcaterra, Costech International S.p.A,, Mario Bregoli, CISA Impianti srl

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 ghiringhelli@arsambiente.it)

La digestione anaerobica rappresenta un settore di particolare interesse, soprattutto riguardo al trattamento della frazione organica proveniente dal circuito della raccolta differenziata. Su un totale di 32 impianti censiti nel 2011, 27 sono gli impianti operativi di cui 24 localizzati nelle regioni del Nord e 3 al Sud. Nell’anno 2011, i rifiuti complessivamente trattati ammontano a 510 mila tonnellate. L’87,7% (circa 448 mila tonnellate) è costituito dalla frazione organica proveniente dalla raccolta differenziata dei RU; i fanghi da trattamento di reflui urbani e speciali (circa 39 mila tonnellate) rappresentano il 7,7% ed i rifiuti del comparto agro alimentare (oltre 23 mila tonnellate) il 4,6% (ISPRA, 2012). La frazione organica dei rifiuti urbani (Forsu) è presente nei rifiuti urbani domestici in percentuale variabile tra il 25 e il 35% in peso e presenta, tra le sue caratteristiche principali, un elevato grado di putrescibilità ed umidità (>65%) che le rendono adatte alla digestione anaerobica (con elevate rese energetiche) e al compostaggio. Tale frazione dei rifiuti urbani (composta principalmente da scarti di cucina, ovvero dai resti di preparazione dei pasti e da avanzi cotti e/o crudi) se raccolta in modo differenziato svolge un ruolo fondamentale nel sistema di gestione integrata dei rifiuti in quanto consente, da un lato, di ridurre il flusso dei rifiuti da avviare allo smaltimento e, dall’altro, di condizionare in maniera positiva l’intero sistema di gestione. La Forsu può essere intercettata dalle utenze domestiche e assimilate, oppure da utenze selezionate (ristorazione, mense, etc.). Con la progressiva applicazione dei livelli di raccolta differenziata individuati dalla normativa europea (target a 50% di RD di cui 1/3 frazione putrescibile) il CIC-Consorzio Italiano Compostatori (associazione di produttori di compost e biogas da rifiuti organici) stima che la frazione organica compostabile, data dalla somma dei quantitativi di “verde” (scarti ligneo - cellulosici) e “umido”(scarti di cucina), ipotizzando i livelli di crescita registrati negli ultimi cinque anni, passerà dalle attuali 2,5 mln di t/anno a circa 4,5 mln di t/anno di frazione organica da RU nel 2020 (Centemero, 2011). Nell’ultimo decennio si è assistito a una crescente diffusione nel nostro Paese come in Europa delle tecnologie di digestione anaerobica applicate alla Forsu. Ciò ha comportato un’intensa attività di normazione tecnica a supporto del settore e allo sviluppo di soluzioni sempre più adatte alle esigenze degli operatori e di sostenibilità ambientale (Calcaterra, 2007). Nel presente lavoro si presenta una soluzione tecnologica sviluppata per far fronte alla richiesta di tecnologie rispondenti all’esigenza di avere una elevata qualità del digestato, un agevole recupero termico, il tutto concomitante a una maggiore adattabilità alle impiantistiche esistenti (impianti di compostaggio) e alla futura evoluzione normativa.

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La digestione anaerobica La digestione anaerobica è un processo che coinvolge un consorzio di batteri altamente specializzati, tra cui i batteri metanigeni, che trasformano i composti generati nelle diverse reazioni biologiche in metano. Le reazioni biologiche avvengono all’interno di un digestore, dove sono ricreate le condizioni ottimali per la buona riuscita dell’intero processo, fondamentalmente (ENAMA, 2010): • assenza di ossigeno (ambiente anaerobico); • temperatura 30-40 °C (sistemi mesofili) 50-55 °C (sistemi termofili); • ambiente neutro (pH compreso tra 6,7 - 7,4); • elevata umidità del substrato (> 50%); • rapporto carbonio/azoto compreso tra 20-40. Il processo di digestione anaerobica si articola in quattro fasi: idrolisi - in questa prima fase, per intervento di diversi gruppi batterici, si ha la degradazione di substrati organici complessi quali proteine, grassi e carboidrati, con formazione di composti semplici, quali aminoacidi, acidi grassi e monosaccaridi in forma solubile; • acidogenesi - microrganismi acidogenici fermentanti operano l’ossidazione dei substrati organici semplici, consentendo la trasformazione in acidi grassi volatili, alcoli e chetoni che rappresentano i substrati di partenza per la successiva fase aceto genica; • acetogenesi - a partire dai substrati formatisi nel corso delle precedenti fasi di idrolisi e acidificazione, i batteri acetogeni producono acido acetico, acido formico, CO2 e H2; • metanogenesi - la produzione di CH4 rappresenta la conclusione della catena trofica anaerobica. (APAT, 2005). •

Il biogas è un combustibile gassoso ottenuto dalla trasformazione anaerobica di biomasse di scarto di origine animale e/o vegetale. Il biogas può essere prodotto in modo controllato attraverso l’utilizzo di impianti di digestione anaerobica, che consentono, in condizioni controllate, di produrre biogas a partire da molteplici substrati organici derivanti da diversi macro-settori produttivi, quali (Pecorini, 2009): • agricolo (reflui zootecnici, residui colturali, colture energetiche dedicate); • agroindustriale (scarti organici di macellazione, siero, sottoprodotti orto-frutticoli, fanghi e reflui dell’industria enologica); • industriale (acque reflue e/o fanghi ottenuti dalla loro depurazione); • civile (acque reflue e/o fanghi ottenuti dalla loro depurazione, frazioni organiche di rifiuti solidi urbani). L’utilizzo del biogas può avvenire sostanzialmente in quattro modalità


costo per il trasporto; problematiche ambientali per le emissioni odorigene potenzialmente generate.

Quando detto fa intuire l’importanza di integrare il processo di digestione anaerobica con quello di compostaggio: ciò consente infatti di trasformare digestato (frazione di scarto semi-solida al termine del processo di digestione anaerobica) in un ammendante utilizzabile direttamente in agricoltura (Centemero, 2008). Abbinare e far seguire ad un impianto di digestione anaerobica un impianto di compostaggio potrebbe non rivelarsi una scelta efficiente nei seguenti casi: • scelta di un sito ove l’impatto odorigeno potenziale dell’impianto di compostaggio non sia sopportabile e quindi il digestato prodotto potrà essere inviato ad un impianto di compostaggio terzo; • introduzione di modifiche normative a seguito dei Regolamenti comunitari del così detto “end of waste”, che potranno far si che il digestato, opportunamente soggetto a raffinazione, oggi classificato come rifiuto (CER 190606) sia classificabile come prodotto e quindi destinabile direttamente in agricoltura come fertilizzante.

Impianto ad alto rendimento in biogas e ridotta produzione di digestato

Figura 1 - Schema generale del processo di digestione anaerobica (APAT, 2005). (ENAMA, 2010): • combustione diretta in caldaia, per la sola produzione di energia termica; • combustione in un cogeneratore, per la produzione combinata di energia termica ed elettrica. Il calore prodotto può essere ulteriormente sfruttato in sistemi ad assorbimento per la produzione di energia frigorifera (trigenerazione); • impiego in una fuel cell; • trattamento per la produzione di biometano (autotrazione o immissione nella rete gas).

L’impianto si basa su un processo di degradazione anaerobica delle matrici organiche provenienti dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani. Il processo, per le caratteristiche specifiche del sito, si pone l’obiettivo di trattare la frazione alimentare (scarti di cucina, scarti mercatali e simili) al fine di ottenere biogas da destinare alla produzione di energia termica ed elettrica, e un digestato parzialmente essiccato da destinare ad impianti di compostaggio terzi al fine di produrre un ammendante compostato misto e in futuro direttamente in agricoltura (con l’approvazione dell’end of waste sul digestato). Nel caso di invio al processo di compostaggio, l’umidità residua del digestato dopo l’essiccazione (50-55%) è del tutto compatibile con i processi microbici aerobici tipici del compostaggio che in questo caso necessitano di un apporto ridotto di materiali lineo cellulosici per la costituzione della miscela iniziale. In questo modo si favorisce la disponibilità di tali materiali che sempre più trovano difficolta di disponibilità per la concorrenza di altri utilizzi (recupero termico). La scelta impiantistica per il processo aneaerobico è ricaduta su un processo wet ove il rifiuto di partenza viene opportunamente pre-trattato, raffinato e diluito al fine di raggiungere un tenore in solidi totali inferiore al 10% attraverso il ricorso a diluizione con acqua così da poter poi utilizzare un classico reattore completamente miscelato del tipo applicato nella stabilizzazione dei fanghi biologici negli impianti di depurazione. In generale, il processo prevede, dopo la fase di pre-trattamento del rifiuto, finalizzata alla rimozione di plastiche ed inerti e di corpi grossolani che potrebbero

La produzione di biogas da Forsu presenta infine delle peculiarità rispetto alla produzione da altre matrici di natura prevalentemente agricola e/o zootecnica, legate essenzialmente a: • necessità di pre-trattamenti atti ad allontanare le impurezze presenti nella Forsu (materiali non digeribili e compostabili) prima dell’immissione nei reattori di digestione; • il digestato prodotto da Forsu è ancora classificato dalla normativa italiana come rifiuto speciale e non può essere destinato direttamente allo spandimento in agricoltura; • la produzione di Forsu è tipicamente concentrata in aree urbane causando incrementi rilevati di

Figura 2 - Schema di un tipico processo wet di digestione anaerobica (APAT, 2005).

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danneggiare gli organi meccanici del reattore, uno stadio di miscelazione in cui si ottiene una miscela con caratteristiche omogenee e l’opportuno contenuto in solidi. La diluizione può avvenire tramite aggiunta di acqua di rete o dal parziale ricircolo dell’effluente del reattore (APAT, 2005). Le principali fasi operative di funzionamento e relative sezioni dell’impianto sono: • ricezione e stoccaggio; • pretrattamenti materiali entranti; • vasche di equalizzazione e polmone stoccaggio; • digestione anaerobica; • stoccaggio e purificazione biogas; • produzione di energia elettrica; • disidratazione digestato; • essiccamento digestato disidratato; • trattamento frazione liquida del digestato.

separata e del 75% della sostanza secca originariamente presente. Il restante 25% del secco é ripartito tra gli scarti estratti, indicativamente: • scarto inerte da iniziale spappolamento (in prevalenza plastica); • sabbie di piccola e media pezzatura derivanti dal dissabbiamento (ossa, vetri, metalli, gusci, conchiglie e simili); • inerti leggeri derivanti dalla presso-estrusione (in genere piccole plastiche, fogliame e fibre, semi, carte e simili). LA DIGESTIONE ANAEROBICA

• • •

Lo schema di progetto si basa su reattori (digestori anaerobici) monostadio, alimentati in continuo secondo lo schema seguente: la sospensione organica giunge direttamente al digestore; attraverso lo scambiatore di calore, asservito al circuito di produzione acqua calda recuperata dai cogeneratori funzionanti a biogas, la miscela in digestione viene portata alla temperatura di 55 °C, corrispondente alla temperatura di processo, e ricircolata continuamente al digestore.

Le sezioni impiantistiche su cui si concentrerà la trattazione si riferiscono ai pretrattamenti, alla digestione anaerobica e all’essiccazione del digestato, in quanto si tratta delle fasi di processo per le quali il progetto presentato presenta le maggiori peculiarità.

Ciascun digestore è realizzato da un serbatoio di sezione circolare - la cui fluidodinamica è di tipo CSTR (processo in reattore continuo completamente miscelato senza ricircolo) - con struttura esternamente coibentata (fondo, pareti e copertura) da materiale in grado di limitare le dispersioni PRETRATTAMENTI DELLA FORSU termiche. Per processo continuo si intende un sistema alimentato in modo contiPer il pretrattamento della Forsu tra le diverse soluzioni tecnologiche dinuo o semicontinuo con un tempo di permanenza medio del substrato nel sponibili sul mercato, si è optato per l’impiego di macchine di separazione reattore espresso dal tempo di residenza idraulico (HRT). Il reattore CSTR di più recente sviluppo che sfruttano il principio della forza centrifuga comprevede che la concentrazione del substrato, dei prodotti e della biomasbinato all’azione di organi meccanici di lacerazione. La prevista aggiunta sa nell’effluente è uguale a quella nel reattore, il cui contenuto è assunto di acqua alla Forsu da trattare consente sia di lavare la frazione solida traomogeneo. Questo tipo di processo - generalmente utilizzato per la stabisportata verso l’alto, recuperando componente organica, sia fluidificare lizzazione dei fanghi prodotti negli impianti di depurazione o per processi l’organico spappolato favorendo la sua discesa dal cilindro. wet o semi-dry di digestione di rifiuti organici - è caratterizzato dall’eguaIl materiale solido di scarto separato dalle bioseparatrici viene inviato a glianza del tempo di ritenzione idraulica e del tempo di ritenzione dei solidi smaltimento, ed è pari a circa il 15-20% del Forsu in ingresso. (e quindi dei microrganismi). Il materiale organico spappolato, diluito e scaricato in apposita vasca La parte alta del reattore sopra al pelo libero del liquido è occupata dal sottostante le bioseparatrici, viene pompato ai sistemi di raffinamento pomateriali entranti; biogas prodotto ed è deputata alla raccolta del gas di reazione; essa è sti a pretrattamenti valle. equalizzazioneForsu, e polmone posta in comunicazione con un gasometro. Lavasche linea didipretrattamento per la stoccaggio; natura della stessa del fluido digestione anaerobica; Il liquame da trattare viene immesso nel reattore attraverso un tubo separato, ancora ricco di materiali difficilmente separabili e/o sedimenstoccaggio e purificazione biogas; convogliatore, dotato di miscelatore sommergibile; il miscelatore provvetabili, è completata da una linea di raffinazione piuttosto accurata che è produzione di energia elettrica; de a disperdere i fanghi da trattare su tutta la sezione del reattore. Un composta da più fasi di dissabbiatura alternate a opportuni passaggi in disidratazione digestato; ulteriore sistema di miscelazione é assicurato dal ricircolo del biogas prodispositivi di flottazione e sgrigliatura. essiccamento digestato disidratato; dotto, compresso da appositi compressori e ricircolato, periodicamente, Altrattamento termine della sezioneliquida di pretrattamento e affinamento, si stima una frazione del digestato. alla base di ciascun reattore; tale sistema del tipo “gas–lift” é inoltre interesa di cattura del 95% della componente organica presente nella Forsu ALL’INTERNO DELLA FIGURA CHE TI HO MANDATO DEVI INSERIRE LE SCRITTE grato da ulteriori miscelatori a elica sia interni INDICATE QUI DI SEGUITO nella figura che esterni. Nella parte centrale del fondo del reattore PRETRATTAMENTI è inoltre presente un pozzetto di raccolta dei Raffinazione fanghi di fondo, dotato di tubazione di spurgo, utilizzabile per uno spurgo esterno (da carrobotte). Bioseparazione Forsu I digestori anaerobici sono sistemi completamente chiusi e dove la massa liquida è mantenuta sempre in agitazione a mezzo di agitatori Vasca di elettrici; essi funzionano in continuo per cui venalimentazione gono alimentati del quantitativo orario previsto PRODUZIONE ENERGIA DIGESTIONE ANAEROBICA ESSICCAZIONE DIGESTATO ed un pari quantitativo di digestato esce per Disidratazione stramazzo dai digestori stessi. La sospensione Gasometro essiccazione organica pretrattata (con concentrazione mediamente variabile dall’8 al 10% di secco) è immessa direttamente dentro il reattore Digestato essiccato anaerobico, mantenuto termostatato a 55 °C (condizione termofila) e mescolato dal ricircolo Cogeneratore del biogas prodotto; quindi l’elevata concentrazione di cellule batteriche a contatto col Acqua a depurazione carico organico lo trasformano in energia sotto Figure 3 - Schema dell'impianto proposto. forma di gas combustibile (biogas). Figura 3 Schema dell’impianto proposto La resa di conversione in biogas dipende da Le sezioni impiantistiche su cui si concentrerà la trattazione si riferiscono ai pretrattamenti,

alla digestione anaerobica e all’essiccazione del digestato, in quanto si tratta delle fasi di processo per le quali il progetto presentato presenta le maggiori peculiarità. 4 l’ambiente ● 5/13 Pretrattamenti della Forsu TITOLINO


molti fattori (tipo e natura della sostanza organica d’origine, reologia del materiale disponibile, pre-acidificazione ed idrolisi della stessa, tipo di impianto anaerobico disponibile, carico volumetrico e tempo di ritenzione idraulico e temperatura di processo scelti, ecc), ed in generale il rendimento della digestione si intende in termini di riduzione percentuale di solidi volatili nel fango digerito rispetto al fango fresco. I solidi volatili, si suddividono in funzione delle loro caratteristiche di biodegradabiltà in solidi volatili putrescibili, gassificabili per mezzo della digestione, e a ridotta putrescibilità, ovvero materiale organico soggetto a degradabilità molto lenta (che viene intaccato dalla digestione solo in tempi molto lunghi od in caso di pretrattamenti opportuni; è questo il caso ad esempio della cellulosa). La produzione minima attesa di biogas è pari a circa 650 Nmcbiogas/ton S.V., pari a circa 125 Nmcbiogas/ton T.Q.Forsu. Dai digestori si originano quindi un flusso di gas (biogas) inviato al gasometro e quindi al motore endotermico di cogenerazione per la produzione congiunta di energia elettrica e calore, mentre il flusso liquido (digestato) viene inviato alla sezione di disidratazione ed essiccazione. In questa sezione, delle centrifughe eseguono una prima separazione solido/liquido: la frazione liquida (chiarificato) è inviata all’impianto di depurazione biologica mentre la frazione solida (circa 30% di s.s.) è inviata all’essiccatore termico per la sua essiccazione. L’ESSICCAZIONE DEL DIGESTATO

Il progetto è studiato in modo da utilizzare il calore prodotto dai recuperatori dei fumi del cogeneratore, presente nell’impianto, così da rendere il processo di essiccamento quasi totalmente autonomo dal punto di vista energetico recuperando un fluido termico vettore ad alta temperatura (250-350 °C) capace di essiccare il digestato in tempi ridotti (1-2 minuti al massimo) e in spazi contenuti, utilizzando un sistema di essiccazione a film sottile. Si è optato per la scelta di un processo di essiccamento realizzato in ciclo chiuso ad elevate performance (grado di %s.s. ottenibile variabile a scelta dal 40 all’80%) per il maggiore controllo degli effluenti gassosi e la conseguente riduzione degli impatti potenziali. Il digestato disidratato arriva a un dosatore che invia all’essiccatore la quantità di prodotto da trattare in un punto posizionato all’inizio della camera di evaporazione e in prossimità di questo si trova anche l’ingresso per il gas di processo in ricircolo. Quest’ultimo, prima di rientrare nell’essiccatore, viene opportunamente preriscaldato in uno scambiatore di calore a pacco alettato, i cui tubi sono percorsi dal fluido termovettore (ad esempio olio diatermico). Per scambio indiretto, il gas di ricircolo si porta quindi alla temperatura di processo. Lo scambio di calore avviene mediante un circuito di olio che provvede al riscaldamento della camicia dell’essiccatore e al riscaldamento del gas di processo: tale circuito sfrutta l’energia termica dei recuperatori di calore. All’uscita il prodotto essiccato accompagnato dal gas umido di ricircolo arriva, trasportato pneumicamente, a una coclea con cappa che ha la funzione di separare la frazione solida dalla fase gassosa. Il ciclo di essiccamento è tutto in leggera depressione per cui è impedita qualunque fuoriuscita di polvere nell’ambiente. La coclea consente il trasporto del prodotto essiccato verso la parte terminale ove viene quindi scaricato. Il flusso di vapore di processo in uscita dalla coclea con cappa è inviato a un separatore, di tipo a umido, per la captazione dell’eventuale frazione fine ancora presente. La fase gassosa, prima di uscire dalla parte superiore, attraversa un demister avente la funzione di captare eventuali microgocce trascinate. Un ultimo passaggio nel separatore di gocce permette di catturare le ultime gocce o particelle fini, eventualmente trascinate dalla fase gassosa di processo. Il gas di processo arriva quindi alla colonna di condensazione. La condensazione del vapore avviene con un flusso di acqua in controcorrente alla frazione gassosa da condensare. Dal fondo della colonna, il condensato viene estratto con un sistema a sifone per poi essere convogliato verso la linea acque di processo. Il

prodotto essiccato, trasportato dalla coclea con cappa, è ripreso da un successivo trasportatore a coclea. La coclea prevista è completa di camicia esterna per il convogliamento di acqua forzata in controcorrente; questa consente il raffreddamento del prodotto essiccato fino a una temperatura tale da consentirne la movimentazione in condizioni di sicurezza. La coclea solleva inoltre il prodotto essiccato e lo trasporta al cumulo finale. L’energia termica fornita dai fumi provenienti dal gruppo di cogenerazione è normalmente sufficiente per portare il flusso di frazione solida del digestato originato dall’impianto separazione solido /liquido, da un contenuto di umidità del 70-75% al 50-55% corrispondente a una riduzione del 50% del volume originario. In fase di compostaggio ciò comporta una minore richiesta di materiale ligneo cellulosico che si traduce in una riduzione di circa tre volte il volume della miscela da compostare.

Conclusioni Con la digestione anaerobica wet in reattori CSTR le condizioni ottimali per la degradazione del materiale organico sono create in apparati a totale tenuta stagna, pertanto senza scambi rispetto all’esterno. La soluzione proposta prevede un’accurata fase di pretrattamento della Forsu e si completa con un sistema di essiccazione del digestato ad alta temperatura che utilizza completamente l’energia termica disponibile. Il sistema prescelto presenta i seguenti vantaggi, propri della digestione anaerobica dry rispetto all’utilizzo di altri metodi e sistemi di trattamento delle frazioni organiche: • migliora nettamente il bilancio energetico dell’impianto, in quanto nella fase anaerobica si ha la produzione di un surplus di energia rispetto al fabbisogno dell’intero impianto; • ottiene un controllo migliore e con costi minori dei problemi olfattivi; le fasi maggiormente odorigene sono gestite in reattore chiuso finalizzato a captare ogni emissione di processo che rappresentano un prodotto (biogas); • il digestato è già un materiale semi-stabilizzato e, quindi, il controllo degli impatti olfattivi durante il post-compostaggio aerobico risulta più agevole; • comporta un minor impegno di superficie a parità di rifiuto trattato, grazie alla maggior compattezza dell’impiantistica aerobica; • ottiene elevati livelli qualitativi dei prodotti ottenuti-recuperati grazie alla selezione-raffinazione ad umido eseguita a monte.

Bibliografia [1] ISPRA (2012): Rapporto Rifiuti Urbani, Roma; [2] M. Centemero (2008): “L’integrazione tra la digestione anaerobica e il compostaggio”, CIC-Consorzio Italiano Compostatori; [3] E. Calcaterra et al. (2007): “Normativa e Biogas: criticità e prospettive per lo sviluppo del settore” in Ecomondo, atti dei seminari, Maggioli ed., Bologna; [4] APAT(2005): “Digestione anaerobica della frazione organica dei rifiuti solidi”,Roma; [5] ENAMA (2010): “Progetto Biomasse: Valorizzazione energetica del biogas”, Roma; [6] G. Ghiringhelli, M. Giavini (2008): “Introduzione di sistemi domiciliarizzati per la raccolta rifiuti: elementi chiave, valutazioni economiche e casi studio”, in “Smaltimento dei rifiuti solidi urbani: stato attuale, tecnologie e gestione” CISM – Centre for mechanical sciences, Udine; [7] S. Piccinini (2009): “Studio di fattibilità della filiera del biometano da effluenti zootecnici e/o da discarica per autotrazione/immissione in rete”, Regione Piemonte, CRPA (a cura di), Torino; [8] G. Ghiringhelli, M. Giavini, M. Centemero (2011): “Statistiche sul tasso di intercettazione della FORSU a livello comunale in macroaree”, in Ecomondo, atti dei seminari, Maggioli ed., Bologna:

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