Stagioni

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STAGIONI Di Giulia Fini





STAGIONI Di Giulia Fini



Progetto fotografico e fotografie: Giulia Fini Coordinamento grafico di Rita Cavallini Collaborazione di Franca Albonetti e Luigi Cappelli Copyright Š Giulia Fini Istituto superiore d’arte A.Venturi Sezione di comunicazione Visiva Modena 2013 Edizioni GF



AUTUNNO


Cadete foglie, fiori svanite;stenditi notte,giorno sii breve; ogni foglia che vola da una pianta autunnale mi parla di felicità. Sorriderò quando fiocchi di neve fioriranno al posto della rosa; canterò quando la notte in declino annuncerà un giorno più grigio.

EMILY BRONTË



L’uva è matura, il campo arato, Si stacca il monte dalle nuvole . Sui polverosi specchi dell’estate Caduta è l’ombra, Tra le dita incerte Il loro lume è chiaro E lontano. Colle rondini fugge L’ultimo strazio.

UNGARETTI



Grosse gocce dentellano le stecche, come lacrime su ciglia di persiane; note, L’ una schioma sull’altra, perle nette su un macropentagramma, musicale per l’ immagine e il suono che risale dalle gronde ingozzate, dalle docce, spioventi gole assetate negli scoli gorgoglianti una strada tra i tombini, invidiosi dei tetti toccati dal fruscio; e con la pioggia sembra che si muova anche questa città, sotto il suo cielo grigio compatto, come una nave-scuola, dove s’ impara a vivere al riparo, gustando il movimento del possibile che sempre la pioggia inscena, udibile... Ma quel suono di xilo sulle stecche, come di martelletti sulla scala minore, quel tic tic sventagliato che non smette... e fino a tarda notte il gocciolio, dalle gronde sfondate, sulle strade ricade, fuso al rombo del mare natio...

GIANNI D’ELIA



L’autunno indossava un patatuccio di goccioline e fumo e se la sera domandavi a qualcuno: “dov’eri?”, rispondeva: “laggiù, laggiù”, e si trascinava dietro una nuvola comeun agnello. I cotogni più tardi, serravano di nuovo i pugni i pomodori arrossivano come guance baciate un rametto di menta germogliava nella fessura del muro e la fucilata del vecchio Dimos rimbombava nel plataneto. Allora dalla barba del nonno spuntavano piccoli nodi rossi come gli agrifogli sul pendio quando ritorna sulle vette il sole.

GHIANNIS RITSOS



Ogni colore si espande e si adagia negli altri colori Per essere pi첫 solo se lo guardi

UNGARETTI




INVERNO


S’ è tirato la coperta sulla faccia il sole, una coperta di nuvole disfatte, quasi a dire: basta, per oggi, si stacca, si va a dormire, oziare,fino a domani; e le scie di due aerei disegnavano, incrociandosi, una x, ferma nel cielo azzurro azzurro, come solo a settembre accade, una grande x che andava sfilacciandosi lentamente, nelle sue gambe e braccia di gigante: un segno esatto, inquietante, che poteva dire: è qui il posto segnato; oppure: presto tu sarai cancellato; dio, che cosa stringiamo delle cose tra cui siamo; delle incredibili cose che segnano lo sguardo in un respiro, che è solo nostro, come questo corpo, questo povero e illuso naturale, cotto dal sole, che si dovrà disfare...

GIANNI D’ELIA



Chiudi le finestre, Signora. il vento della notte doppia il capo. Il gelo entra dalla fessura e appanna lo specchio. Sul tetto gli scarponi chiodati della tempesta spaccano le tegole e solo l’ah della lucerna si fa il segno della croce nella stanza. Piano, piano, che non scricchioli l’assito. Il topo nella diapensa rosicchia la suola del silenzio. Piano - chi è ? La porta s’apre da sola ed entra la Madonna battuta dal mare. Sotto il braccio ha i vestiti dell’annegato - il giubbotto da marinaio e la maglietta a righe la mappa con la sua ansia riflessa nelle stelle e una foglia di vite in legno fregio della Gorgone .

GHIANNIS RITROS



La notte attorno a me si oscura, gelidi soffiano i venti impazziti; ma un sortilagio mi ha cinto di catene e io nonposso, io non posso andare, Gli alberi smisurati inclinano i rami spogli carichi di neve, la tempesta discende a precipizio e io non posso andare. Nuvole sopra nuvole nei cieli, deserti oltre i deserti sulla terra; ma non vi è orrore che mi possa muovere; io non voglio, io non posso andare.

EMILY BRONTĂ‹



L‘ afrore degli aghi di pino, delle foglie dei platani, ammucchiate dal vento, lungo i marciapiedi, dai cordoli bombati, slabbrati nel cemento, di pioggia bagnati, pedalando nell’ombra soleggiata, a coglierne il caldo orlo sopra i muri, rasente finestre basse e portoni, sotto la grotta verde e verso il mare, e una fetsa azzurra di pozzanghere dove case alberi potati insegne cielo stanno rovesciati, più belli per la fuga quotidiana da diporto, bici in scia, così simile al ronzio della poesia; e quattro navi in rada a beccheggiare, caro R., scafi neri o ranci, ma tutti bianchi i castelli di poppa, e il mareggiare di spume alzate contro le scogliere, e le due gobbe nere della costa innate che s’alzano sul Conero, lineandolo nei giorni di bora, balena o ottovolante, e un cane che si scalda a un chiosco al sole chiuso, giornali ai vetri, finestagione...

GIANNI D’ELIA



Giornata invernale con pallida luce e nubi alte, silenziose, la luce oscilla tra cose ben note. E tu che cammini sotto il cielo, sempre più estraneo, sempre più vicino al principio, vedi i venti levarsi, la luce cambiare. Il principio: è solo questo che manca, ed è ciò che fa il mondo completo: Stesse cose, stessa luce , i giorni oscillano, venti irreali, dove vi ho prima conosciuto? E’ assolutamente il solito mondo, oscilla, sempre più vicino al mistero coperto dal ghiaccio della notte, un ago potrebbe penetrare. Trilla sotto i pidei, trilla: e la sensazione di essere in qualche luogo remoto, forse a Khorazan o a Persepoli, la stessa nube! Si stende all’infinito! Questo è lo straordinario, che il mondo si estenda infinitamente, e proprio qui accanto. Questo è lo strano. Percorrevo d’inverno una strada. Giunsi in un luogo, e là c’era vertiginosa inquietudine e canto.

LARS GUSTAFSSON




PRIMAVERA


Anche quest’anno ti posso salutare, Primavera. Questa srada, è la prima di Parigi a svegliare il grigio dei suoi caseggiati con una fresca fascia di foglie. Ma un’ ombra mi è rimasta, e mi acccopagna lieve come il volo di una nuvola, e quando, come le nobili forme danzanti dell’antilope nella vastità soffocante dell’aria d’ oro, mi ha rasserenato, ancora mi tenta: - Solo la morte è seria. - Giovine moderno, guardati intorno anche la vita è seria.

UNGARETTI



Nel mio sogno ho visto un’erba che ondeggiava alta e fitta. Guardai intorno a me, e similmente era in tutte le direzioni e la stessa sensazione molto dolce sotto la mano. Tutta l’ estensione visibile era coperta di un’ erba lo stesso solenne ondeggiare e gli stessi dolci fuscelli, e non c’erano più a vista d’occhio nè uomini nè case e i loro alberi. E non era una fine e deserto nemmeno. Era come un inizio, un’altra specie d’inizio, e questo in un’altra specie di tempo.

LARS GUSTAFSSON



La terra s’è svelata di tenera leggerezza come una sposa novella offre allibita alla sua creaturail pudore sorridente di madre

UNGARETTI



Ovunque ci volgiamo nella bufera di rose, la notte è illuminata di spine, e il rombo del fogliame, così lieve poc’anzi tra i cespugli , ora ci segue alle calcagna.

INGEBORG BACHMAN



Mughetto fiore piccino calice di enorme candore sullo stelo esile innocenza di bimbi gracile, Sull’altalena del cielo

UNGARETTI




ESTATE


Quando su ci si butta lei, Si fa d’un triste colore di rosa il bel fogliame. Strugge forre, beve fiumi, Macina scogli, splende, E’ furia che s’ ostina, è l’ implacabile, Sparge spazio, acceca mente, E’ l’ estate e nei secoli Con i suoi occhi calcinati Va della terra spogliando lo scheletro.

UNGARETTI



Dopo la pioggia la terra è un frutto appena sbucciato. Il fiato del fieno bagnato è più acre - ma ride il sole bianco sui prati di marzo a una fanciulla che apre la finestra.

UNGARETTI



Più bello della pregevole luna con la sua nobile luce, Più bello delle stelle, illustri decorazioni della notte, Molto più bello dell’infocato apparire di una cometa E a cose assai più belle di tutti gli astri designato, Poichè da lui ogni giorno la vita tua e la mia dipende, è il sole . Bel sole, che sorge e non ha dimenticata nè ultimata L’opera sua, bellissimo d’estate, quando la giornata Evapora dai litorali e le vele pendule a specchio dei tuoi occhi Trascorrono, finchè tu stanco ne dimezzi l’ultima. Priva di sole, riprende il velo anche l’arte: Tu non mi appari più, e il mare e la sabbia, Flagellati dalle ombre, mi fuggono sotto le palpebre. Bella luce, che dona calore e custodisce e meravigliosa Provvede a ridonarmi la vista, a ridarmi la vista di te! Cosa più bella sotto il sole non vè che star sotto il sole...

INGEBORG BACHMANN



L’ azzurro dell’azzurro dell’azzurro, l’azzurro del mare, del cielo, del sussuro azzurro del vento, nell’aria azzurra tra i rami verdi e chiari, fino a sera, dove la vista opaca si fa vera visione di bellezza che ci appaga, sì, Oscar, tutto il senso che ci manca e ci consacra all’essere che batte contro il nulla il suo pennello intriso o la sua penna a sfera, perchè la notte nera sia meno nera...

GIANNI D’ELIA



Ora è tempo che s’apra ilare ai vostri vini un colore più fresco, e a fiorami le inquiete forme. Avanti miti brezze dei rami d’acia! Già un sentore d’estate, in un afrore d’acqua sopra le selci accese, al chiaro viso esala in un rossore. Quasi un caldo improvviso.

UNGARETTI




Finito di stampare nel mese di maggio 2013 per conto di GF editore s.r.l. Printed in Italy



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