Università della campania “ Luigi Vanvitelli “ Dip. Di Architettura e disegno Industriale C.D.L Design per la moda Insegnante : Abilità Informatiche Docente : Alessandra Cirafici, Angelo Esposito Marroccella Studente : Giulia Riccardi Mat. A03000714
ALEXANDER MCQUEEN
Università della campania “ Luigi Vanvitelli “ Dip. Di Architettura e disegno Industriale C.D.L Design per la moda Insegnante : Abilità Informatiche Docente : Alessandra Cirafici, Angelo Esposito Marroccella Studente : Giulia Riccardi Mat. A03000714
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BIOGRAFIA
Qualche volta un incubo si può tramutare in una creazione da sogno, a volte un film del terrore può rappresentare una fonte di ispirazione per il proprio lavoro: “noi inglesi viviamo in un’isola, ed essendo isolati dobbiamo gridare più forte degli altri affinché qualcuno ascolti cosa abbiamo da dire”. Alexander McQueen nasce il 17 marzo 1969 a Londra, anagraficamente registrato come Lee McQueen, in una modesta famiglia inglese, sesto e ultimo figlio di un tassista del quartiere popolare dell’East London. Dopo aver abbandonato i suoi studi scolastici all’età di 16 anni entra nel mondo del lavoro dapprima collaborando attivamente nell’esclusivo atelier di Anderson & Shepperd di Saville Row, un ambiente favorevole per la sua formazione professionale dove scopre i piccoli segreti dell’alta sartoria maschile, per poi confluire nella sartoria di Gieves & Hawks e successivamente nello studio teatrale di Angels & Bermans, nel quale si immerge nella vera sartoria femminile imparando i sei tagli principali di un modello del XVI secolo e vari segreti del mestiere. I suoi 20 anni acclamano al successo, prima collaborando con il designer Koji Tatsuno e in seguito nel
1990, trasferendosi a Milano, per collaborare nell’ufficio stile del famoso stilista italiano Romeo Gigli. Nel 1992 Alexander McQueen torna nuovamente
nella sua amata città con il desiderio di migliorare le sue conoscenze stilistiche, nonché di accrescere le sue esperienze sartoriali, proponendosi come tutor per il taglio nel rinomato istituto di design Central Saint Martins College of Art and Design. Considerando il suo portfolio gremito di esperienze proficue per il suo successo professionale, gli viene proposto di iscriversi al master di studi della durata di quattordici mesi per raggiungere un diploma finale attestante la sua professionalità concertata,
titolo concernente una collezione lancio di presentazione, allestita alla presenza della talent scout, stylist e consulente di moda Isabella Blow, futura musa ispiratrice e punto focale della sua creatività, che ne acquista l’intera uscita segnando così l’inizio della sua strabiliante carriera, consolidata ulteriormente da un rapporto di ammirevole amicizia maturata e consolidata fino alla sua fine, deceduta per morte suicida circa tre anni fa. Alexander McQueen, fortemente affranto dalla terribile mancanza, di recente decide di dedicare una collezione esclusiva alla sua cara amica deceduta citando un breve epitaffio commemorativo: “Non vi sarà un’altra Isabella, mai più. Era più di una sorella. La nostra intesa veniva alimentata da una malinconia a volte connessa alla superficialità del nostro ambiente. Lei aveva la pelle fragile, io invece ho la pelle dura”. Nel 1996 entra nella maison di Givenchy al posto di John Galliano, chiamato alla guida della direzione artistica del noto marchio dal proprietario del gruppo Lvmh, Bernard Arnault, una collaborazione che si protrarrà fino al 2001, conclusa con la sua recessione dal contratto, e un periodo di grande incertezza creativa poiché dibattuto da una
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visione troppo conservatrice della haute couture francese, accentuata dai tratti caustrofobicamente troppo cinematografici dell’entourage parigino, nel quale non riesce a stabilire un reale contatto sinergico, e di conseguenza ne trae una spinta negativa alla sua grande inventiva. Durante questo periodo egli consolida il suo progetto concernente lo sviluppo del suo marchio originario allestendo un ufficio stile a Londra, di cui già nel 2000 il gruppo Gucci detiene il 51% e dal quale riceve la nomina di direttore creativo con la possibilità vincente di poter lavorare finalmente nella sua amata città insieme ai suoi cari amici e compagni di studi, tra i quali il designer cappellaio Philip Treasy e la sua adorabile amica Isabella Blow, un lancio fenomenale che contribuisce all’espansione delle sue linee di abbigliamento, proposte con il tempo in 39 paesi, e alla nascita di boutiques flagship nelle città di New York, Londra e Milano. Nel 2005 sigla un contratto con il gruppo Puma vertente il lancio della linea calzature PUMA – Alexander McQueen, recentemente estesa all’abbigliamento sportivo e casual chic; seguono inoltre collaborazioni esclusive con la Siv Spa, nel 2006, con-
BIOGRAFIA cernente il lancio della linea McQ – Alexander McQueen, incentrata sulla linea jeans ispirata alle creazioni eccentriche del prét a porter, e con il gruppo Samsonite, nel 2007, proponente la presentazione di accessori di valigeria e pelletteria tipicamente space-wear. Tutto sommato, chi era Alexander McQueen? Una celebrità, un uomo, un artista… Acclamato dai media come l’hooligans della moda per le sue creazioni innovative, a volte avveniristiche, intrise di un sottile savoir faire onirico permeato di ironico simbolismo, eleganza estrema e maestosa bellezza. Le sue performances rappresentano il mondo in continuo mutamento, la realtà che si evolve costantemente, dietro i grandi artefici della moda internazionale, annoverato tra i più grandi nomi dello stile. “Sì, sono aggressive, parlano di disastri, guerre, morte, rovine. Sono esattamente come i tempi che viviamo. Possono anche essere romantiche, come i tempi che non riusciamo più a vivere. Ma sempre e ogni volta per le mie presentazioni è come se dovessi uscire da un buco nero per mostrare il lato positivo. Provengo dalla classe operaia, ora sono circondato dal benessere. Le classi sono meno
divise, o forse, invece, sono drammaticamente separate. Bisogna fare attenzione a non perdere il senso della realtà e a tenere i piedi ben saldi a terra. In India ho visto un’armonia, un rispetto e perfino una capacità di felicità fra i poveri che non avrei creduto potesse esistere”, dichiara in una sua intervista. Rabbia, ribellione, anarchia concettuale come manifestazione di uno stile contemporaneo estemporaneo additante il decadentismo e l’integrazione; un sobillatore intellettuale alla ribalta, un sognatore ribelle conteso tra la libertà di pensiero, espressa dalla sua mise stravagante e agguerrita, e l’emancipazione sessuale, messa in risalto dalle crude accentuazioni di scena solitamente edulcorate da riverberi prettamente neo-romantici e di carattere favolistico.
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BIOGRAFIA
Innamorato della vita, quella creata senza inibizioni e falsi preconcetti, un uomo puro – come lo definisce Franca Soncini, talent scout e stratega delle pubbliche relazioni – incontaminato dall’ipocrisia e sicuramente un ragazzo istintivo nella sua vivida riservatezza, amorevole e spiazzante, libero ed integro nella sua spontaneità. A testimonianza della sua teatralità dirompente, nel 1999 sceglie l’atleta Aimee Mullins, recisa delle sue gambe sostituite da protesi di legno, tra le modelle preferite per la sua sfilata londinese. Definito il “ragazzaccio” della new generation per l’euforia trasgrediva delle sue silhouettes spesso permeate da un stile gotico in un gusto tipicamente eclettico, mesciute in live-shows additati tra il macabro e il misterico, quali inibizioni di una sensibilità indagatrice, probabilmente inquisitoria e sicuramente incontaminata dagli stereotipi, diventa una figura stimolante apprezzata da molti artisti di fama internazionale. Ma chi era realmente Alexander McQueen? Una celebrità nascosta nell’ombra delle sue inquietudini, un uomo innamorato della sua vita nonostante la sua unicità, un artista
brillante capace di sorprendere l’intero star system scioccando il mondo intero con le sue sfilate incredibilmente inquietanti, un genio creativo, definito da molti esperti del settore. Io amerei definirlo un giovane di talento, come tanti altri della sua specie, un omosessuale e non per questo una persona meno intraprendente e laboriosa, un essere umano capace di realizzare cose incredibili nella piena semplicità come pochi riescono a definire in un’esistenza. la vita di Alexander McQueen viene frastornata da una terribile forma di depressione che coinvolge il suo habitat interiore, compromettente la sua emotività interlocutrice e la sua sensibilità stravolta da una serie di eventi infausti che lo recidono nel suo profondo trascinando il suo animo in un vicolo cieco dal quale non troverà mai uno sbocco da cui riemergere. Il giovane talentoso dalla pelle dura inizia il suo silenzioso sciabordio verso quella morte spesso ritratta negli scenari ludici delle sue sfilate, ermetico ed incompreso infrange contro una nuda realtà che sembra divenire più greve, istintivamente isolata malgrado il fervido entourage di
contorno. Dapprima la perdita della sua migliore amica Isabella Blow, in seguito la fine del suo rapporto sentimentale con l’ex-marito George Forsyth, infine la tragica ed improvvisa morte della madre Joyce McQueen; una perdita costante dopo l’altra sgretola lentamente quella solida impalcatura finora salda e tenace, un pezzo alla volta egli avverte la manchevolezza di quel sontuoso benessere di cui si circonda, intriso di sofferenza per quell’amore divenuto fioco dentro di lui poiché disperso poco per volta in un mondo frenetico. Perdere l’amore conduce alla melanconia, all’isolamento, alla solitudine, alla segregazione, alla tragica dipartita. Alexander McQueen muore suicida l’11 febbraio 2010 nella sua casa di Green Street a Londra, prossimo all’età di 41 anni, in preda ad uno sconforto che lo spinge all’impiccamento, l’epilogo di una tragica agonia vissuta nel silenzio di una vita spezzata dalle digressioni della felicità.
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Un’ascesa straordinaria ed universalmente riconosciuta alla moda di Lee McQueen, da quando bambino disegnava sui muri nell’East End di Londra fino alla sua finale, favolosa (ed incompiuta) Collezione
STILE E MOOD
Autunno/Inverno 2010/11 , illustrata postuma in una serie di presentazioni private a Parigi. Genio del fantastico, Alexander McQueen è stato più volte definito l’ “hooligan dell’alta moda” per il suo
ininterrotto bisogno di sottrarsi alle regole della couture e per le collezioni legate ad un’estetica gotica-punk quasi scioccante.
STILE E MOOD McQueen è stato tra i primi designer a mescolare l’arte con la moda, allontanandosi verso un qualcosa di più astratto e creativo. I concetti drammatici e spettacolari delle sue sfilate dimostrano come la visione McQueen abbia eclissato il semplice ready-to-wear e come abbia cercato di definire la moda attraverso processi di pensiero, effetti speciali e set elaborati, volti a presentare alcuni dei vestiti più belli e stupefacenti mai visti su una passerella. L’enfant terrible della moda britannica non poteva che far discutere, accusato da mol-
ti di misoginia e di privilegiare lo show allo stile. Raccontava storie incredibili attraverso il taglio delle stoffe e le contestualizzava in universi onirici che lasciavano a bocca aperta chiunque. Canalizzava il sublime. Assistere ad un suo show voleva dire lasciarsi trascinare nel suo immaginario dove gli abiti erano protagonisti di un sogno tridimensionale. L’ologramma di Kate Moss, come reazione allo scandalo di cocaine-Kate proiettato a conclusione di una sfilata, è stato sicuramente il momento più lirico (e al contempo ironico) del mondo
5 delle passerelle. La modella, che era appena stata travolta dallo scandalo mediatico, fluttuava nel buio come in un’angelica visione accompagnata da un violino dolorosissimo. Un’ingegnosità tecnica ha riempito i suoi disegni di una sensibilità innovativa in grado di porlo tra le avanguardie della moda. In meno di 10 anni Lee McQueen è diventato uno degli stilisti più rispettati al mondo. Uno stile provocatorio (sempre sperimentale) ha caratterizzato la sua breve ma intensissima carriera.
6 Artistica, spregiudicata e spesso anche provocatoria, la sua visione della moda ha senza alcun dubbio
STILE E MOOD cambiato le regole del fashion system dimostrando che la passerella è in grado di essere
un vero e proprio teatro delle meraviglie.
STILE E MOOD
VOGLIO DARE FORZA ALLE DONNE. VOGLIO CHE LE PERSONE ABBIANO PAURA DELLE DONNE CHE VESTO. ALEXANDER MCQUEEN
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GOSSIP SUICIDE Lo stilista Alexander McQueen ha sempre avuto la reputazione di enfant terrible, un creativo turbolento nato per socializzare con i ricchi e famosi. Archie Reed è stato per 12 anni il fidanzato di McQueen. Lo descrive come un amico leale,
un compagno tenero, un generoso benefattore, ma anche come un cocainomane paranoico, uno che sperperava milioni in droghe e alcol prima di suicidarsi nel 2010, a 40 anni. Gli spacciatori erano abituati a lasciargli le dosi nella cassetta delle lettere... Non
molti sapevano cosa pensasse
realmente Alexander McQueen dei suoi prestigiosi clienti e Archie, ora 38enne, non resiste alla tentazione di raccontarlo. Ad esempio, Victoria
GOSSIP Beckham adorava McQueen e spese per lui parole di encomio inconsapevole del fatto che lui non la ritenesse all’altezza della sua moda. Quando McQueen la vide in una foto con indosso la sua classica gonna in tartan, divenne una furia e disse: «David Beckham può indos sare i miei vestiti, non
9 lei. Che cazzo ne sa lei della moda?E’ una popstar, e non sa nemmeno cantare». La sua amica più stretta era la stilista Isabella ‘Issy’ Blow, che lo aveva scoperto.
Si adoravano, condividevano una certa
Si adoravano, condividevano una certa oscurità, l’eccentricità, la follia creativa. Lei era un genio della moda ma un’anima infelice. Tentò il suicidio e Alex non la prese mai seriamente. Pensò si trattasse di una richiesta di attenzione. Quando lei riuscì a togliersi la vita, lui non fu più lo stesso.
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aumentò le di droga e alcol, scelse l’autodistruzione. Archie e Lee si incontrarono nel club “L’Atelier” nel 1997 e finirono a letto insieme, senza sapere nulla l’uno dell’altro. Iniziarono la relazione e
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presto Archie scoprì che Alex spendeva 600 sterline al giorno in cocaina. Gli spacciatori erano abituati a lasciargli le dosi nella cassetta delle lettere.Archie era bisessuale, sposato e con una figlia, della quale
Alex era molto geloso. Non era geloso solo di lei, anche dei modelli che giravano intorno al suo uomo, così lo tagliò fuori dal suo mondo lavorativo. La loro storia finì poco prima del
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suicidio Racconta Archie: «Quando lessi del suicidio, ero devastato ma non sorpreso. Alex era ossessionato dalla morte. Aveva
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cercato tutti i dettagli sugli ultimi giorni della Monroe, leggeva le autopsie. Un giorno mi disse: «Siccome sono stato potente in vita,
sarò un dio nella morte. E poi i gay non invecchiano».
12 Nel ’95, anziché fare un inchino, come fanno tutti gli stilisti alla fine di una sfilata, lui si slacciò i pantaloni e fece vedere il lato B per esprimere il suo disprezzo
BRAND IMAGE alla stampa presente allo show. Quando diventò direttore creativo di Givenchy, dichiarò alla stampa che i tessuti e i ricami francesi “facevano vomitare”. Forse anche
per questo non stupisce il fatto che a scoprirlo fu Isabella Blow, che comprò la sua collezione nel ’92 e cominciò a far girare il nome di McQueen ai piani alti della moda.1994
BRAND IMAGE lanciò il suo marchio. Ai giornali raccontò che le prime quattro collezioni non erano destinate alla vendita, bensì volevano catturare l’attenzione del pubblico. Le sue sfilate erano un evento senza precedenti: per la collezione primavera/estate 2010 intitolò la sfilata “L’Atlantide
di Platone” e portò in passerella una cupa rappresentazione della fine del genere umano a causa dei cambiamenti climatici: l’uomo avrebbe fatto ritorno all’acqua, così nel corso della sfilata venne proiettata la scena di un film di Nick Knight, in cui la modella Raquel Zimmermann, nuda
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e avvolta da serpenti, si scioglieva nell’acqua fino a diventare una ninfa. . Nel 1996 quando disegnò la prima collezione per Givenchy, fatta di abiti bianchi e corna da cervo dorati, Karl Lagerfeld lo liquidò come “il tipo di artista alla Damien Hirst che vuole solo scioccare il mondo della
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moda”. Eppure McQueen continuò a lavorare da Givenchy per altri cinque anni. Le sue sfilate costavano dai 200.000 fino a 1 milione di euro per la sola preparazione, una cifra alluci-
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nante per un giovane stilista, lui però ne fu sempre all’altezza. Nella collezione del ’99 presentò un top di pelle rossa che sembrava fatto apposta sul corpo della modella e ricordava
tantissimo quello del 1980 di Miyake. Insomma, moltissimi stilisti hanno cercato ispirazione nel passato, ma pochi sono stati convincenti come McQueen nelle loro interpretazio-
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ni moderne. Guardando le collezioni di Alexander McQueen ci si rende conto subito di quanto fosse “strano”, a lui piaceva tanto usare i buchi nei punti più insoliti dei suoi capi, voleva che le modelle indossassero reggiseni di pelle sopra gli abiti, deco-
rava personalmente le punte delle scarpe e le sue stampe ricordavano sempre il tromp e l’oeil. Una volta dichiarò: “bisogna poter incasinare un po’ le cose altrimenti non si va da nessuna parte”. In molti pensano che ciò accadde nella collezione del
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2007, quella che aveva come tema la caccia alle streghe e la magia nera. Le sue sfilate, dopo quella dichiarazione diventarono sempre più cupe, e forse non si trattava più soltanto del desiderio di stupire. Si suicidò l’11 febbraio 2010.
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McQ by Alexander McQueen ha svelato la sua collezione uomo e donna autunno/inverno 16 attraverso i vari social media del brand e sul sito ufficiale, McQ. com. La presenta-
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zione digitale della collezione include i look scattati da Brianna Capozzi, alcuni short film di Sharna Osborne e studi di carattere di Jack Davison. Ci sono inoltre le foto di Caroline
Sodergren che documentano il processo creativo, fornendo cosĂŹ un ritratto a 360 gradi delle collezioni.
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Gli abiti stessi catturano l'essenza della giovinezza di entrambi i sessi. La collezione donna guarda agli anni '70 e '80 a Tokyo - gli strip club di Shinjuku di cui Lonely Planet non parla, teenager nonconformi-
sti che si ribellavano alla tradizione, elementi presi dai motociclisti e codici tipicamente giapponesi. Immaginatevi moltissimi capi in pelle, creepers rosse, cinture che ricordano quelle da karate, stampe
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floreali dei kimono rivisitate e motivi presi dalle locandine dei club di Tokyo o dalle scritte trovate sui jukebox o sui flipper.
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La collezione uomo si sposa perfettamente con i codici classici di McQueen - tartan scozzesi e fantasie Fair Isle - con una manifattura di alto livello unita a tecniche di stampa su tessuto sperimentali, creando un forte contrasto. Un paio di pantaloni in pelle vengono abbinati ad un paio di creeper alte fino al ginocchio, unite a un blazer e a una t-shirt nera, mentre dei pantaloni ampi vengono indossati assieme a un gilet in pelle imbottito. La collezione mantiene i tratti distintivi di McQ ma con uno sguardo al futuro. Dopo la decisione di Burberry, VETEMENTS e Tom Ford di non attenersi al tradizionale calendario delle sfilate, la presentazione interamente digitale di McQ potrebbe essere la soluzione a basso profilo per cui opteranno altri designer in futuro.
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IL BRAND OGGI
McQueen torna in pedana con i suoi poeti
Un come-back nell’ultimo giorno della fashion week di Parigi, dopo due stagioni di presentazioni affidate a shooting fotografici d’autore e passerelle tra Londra e Milano. Sarah Burton riporta Alexander McQueen nell’arena del menswear con una spring-summer 2018 ospitata all’Orangerie du Senat che diventerà la McQueen house per gli show maschili estivi
almeno per i prossimi tre anni. Su una passerella-labirinto di assi grezze si materializzano gli uomini creati dalla stilista per il marchio del gruppo Kering. Sono pionieri, scrittori, collezionisti ed esploratori. Figure poeticamente british che raccontano un’estate con temperature da brughiera. Vestono pelle ferita di zip e doudoune dovrapposti a con-
trasto, tailoring purista, da sartoria doc, e knitwear dai disegni antichi, coat dall’anima in shearling e cotoni immacolati intagliati come un pizzo, suit in principe di Galles e cappottini cammello. Frammenti del poema The explorer firmato da Rudyard Kipling compaiono come décor intellettuale sulle cappe, sulle tute o sui completi di denim da cui penzo-
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lano sfrangiature scarlatte. Scarnificazioni sulla seta delle giacche da sera, lavori tridimensionali di puzzle tessili e broderie di cristalli anneriti decorano una sera decadentemente poetica.
Che sceglie grandi alberi da romanzo antico per il coat dalla silhouette fluida. Fil rouge di tutte le silhouette, una joaillerie magica. Grazie a ciondoli di cristallo naturale e charms di corno,
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piccoli teschi, dadi da gioco e portafortuna in labradorite. Memoria di storie antiche, tutte da raccontare.
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