Giuseppe Diara
Giuseppe Diara è nato a Ragusa nel 1960. Vive e lavora a Ragusa. La sua prima personale risale al 1981, presso il Circolo Cattolico M. SS. Addolorata di Comiso. Ne segue un’altra, alla distanza di tredici anni, presso lo Studio Nuova Figurazione di Ragusa e un’ultima, nel 2011, presso la Galleria "Il Chiodo", sempre a Ragusa. Più intensa, varia e costante la sua partecipazione a rassegne collettive, a cominciare dalla mostra “20x20” della Galleria Ibiscus di Ragusa nelle edizioni del 2003 e del 2004 e del 2005 (quest’ultima edizione si sposterà nello stesso anno anche presso la Galerie Beukers di Rotterdam). Nel 2005 partecipa anche all’evento 50 artisti per Kaos: la magnifica visione, organizzato presso il Castello di Donnafugata dalla Galleria degli Archi e dalla Galleria Lo Magno. Nel 2006 è presente alle rassegne Medi Arte di Palermo e Catania Artefiera, con la Galleria Lo Magno di Modica e la Ferraro Arte di Roma. Partecipa inoltre alla mostra D’après, presso la Galleria Lo Magno. Nel 2007 è la volta della mostra 100 Artisti, presso la Galleria degli Archi di Comiso e della fiera Medi Arte di Palermo. Dal 2010 partecipa regolarmente alla collettiva natalizia organizzata dal Circolo “Vitaliano Brancati” di Scicli. La mostra di quell’anno, L'Annunciazione - 35 pittori per Antonello da Messina, si sposta poco dopo presso il Museo Bellomo di Siracusa. Nel 2011 figura nella rassegna Notti al Castello presso il Castello di Donnafugata tenuta dalla Galleria Il Chiodo di Ragusa, alla fiera Agrigento Arte e alla Ventunesima edizione di “Istanbul Art Fair” in Turchia. Nel 2012 è invitato da Vittorio Sgarbi alla 54° Esposizione d'Arte della Biennale di Venezia. Torino, Palazzo delle Esposizioni, Sala Nervi. Partecipa inoltre alla mostra Visioni dall’arte contemporanea presso complesso dei Dioscuri al Quirinale, Roma, a cura di Rosario Sprovieri. Espone infine presso il Museo Archeologico Nazionale Di Buccino (Salerno) e presso la Villa Romana Del Casale di Piazza Armerina. Nel 2013 interviene alla collettiva d’arte contemporanea Primavera Dell’arte presso il Museo Archeologico Regionale Di Gela, a cura di Francesco Gallo Mazzeo e con la direzione artistica di Giovanni Iudice. Partecipa inoltre alla 1° Collettiva d’Arte Contemporanea svoltasi presso il Centro Culturale Eni Group Club di Macchitella, Gela, a cura di Giovanni Iudice.
ROTTAMI NEL PAESAGGIO
RIFIUTI
VICOLO
ROTTAMI
Giuseppe Diara. Artista siciliano. Ci parla di un mondo sociale, intimo, dove la propria pittura si sedimenta nella materica e coloristica quasi monocromatica. Melanconico, intrigante, sembra catturare le cose da animo di voyant, colui che è consapevole del proprio sguardo, per restituirci che il clamore della vita non è lo stereotipo ma quello che si consuma sotto i nostri occhi, senza pretese e con grande poetica. Giovanni Iudice
L’ATTESA
Le mie opere sono fotogrammi di vita custoditi nella memoria…. Sono permeati da un’apparente immobilità i quadri di Giuseppe Diara, artista ragusano autodidatta, interprete di una poetica legata alle atmosfere della sua terra che traduce con tratti veloci, a volte indefiniti, ma risultato di un’elaborazione personale che non lascia spazio all’improvvisazione. Sono scorci di vita quotidiana quelli che cattura sulle sue tele, fotogrammi impressi nella memoria che fa rivivere utilizzando tonalità sobrie da cui trapela un’anima mediterranea. Diara diventa osservatore attento della realtà che lo circonda, cogliendola nei tratti essenziali dei suoi paesaggi velati da un’intima melanconia o nella solitudine che avvolge i suoi personaggi, scrutati con sguardo partecipativo e umano. Sono figure statiche, scaturite da pennellate materiche o quasi evanescenti, e in movimento, come negli ultimi lavori da cui si evince un cambiamento. Giada Cantamessa
prima di venire (Alda Merini)
ROTTAMI
VICOLO
PROCESSIONE
Mythical movement
NOTTURNO
PAESAGGIO
PAESAGGIO IBLEO
Intima Solitudine Dinanzi alle opere di Giuseppe Diara, al primo impatto, esternando le emozioni del cuore, se così si può dire, ho provato un gran senso d'intima solitudine. L'immagine ferma dei quadri, in forza della loro chiusura (stanno li difronte, con i loro confini ben definiti) ha sollecitato in me, un momento di astrazione, non molto diversa di quella dello stato d'animo che ci pervade, quando ci accingiamo asfogliare con avidità le pagine di un libro, quando riusciamo a concentrarci attentamente nella lettura. Anche qui per la semplice contemplazione delle tele, è per l'osservazione dello scorrere delle immagini, del racconto pittorico intriso e denso di colori e di cromatismi irripetibili, è necessario concentrarsi. E' così che le opere del Diara, ci traghettano in un mondo silenzioso solo apparentemente. Fissando le tele, veniamo istintivamente invitati, non solo a leggere esteriormente un'immagine, ma ad addentrarci nelle profondità, nei meandri più nascosti dell'anima alla ricerca del non detto, fra le ombre e le luci dei colori, per coglierne i segreti più preziosi. Allora, quelle scene su tela apparentemente immobili si animano, muovono mondi segreti e, scatenano sensazioni che catturano e coinvolgono totalmente colui che li ammira. I dipinti s'impadroniscono dell'osservatore e, introiettano dentro, tutti i panorami e gli scorci della terra di Sicilia, ove affiorano appena, storie, miti e leggende lontane. Diara, col suo tratto pittorico, ripropone l'epica dei suoi predecessori, dei loro paesaggi e dei tratti di corpi svelati, che eruttano l'anima mediterranea, cui gli artisti isolani, resero eterno omaggio. L'osservatore più attento, viene inconsapevolmente preso per mano e, mentre si affaccia difronte alle scene dipinte, si ritrova immerso in un nuovo contesto. Un fenomeno non dissimile da quello dell'ascolto partecipante, dove tutto risuona, oggetto, soggetto e contesto: qui il fruire delle immagini significa starci in mezzo, esserci dentro. Il soggetto entra in risonanza con l'oggetto, prende parte ad esso, anzi ne diventa, egli stesso, parte integrante. L'astrazione affabula, allora al Diara riesce un'operazione di rara intensità, come i prodigi che compie il musicista che riesce a farci sentire i colori egli diventa il pittore capace di farci vedere con maestria, anche i suoni. L'artista Ibleo, cambia la prospettiva dell'osservatore: non più un soggetto esterno che inquadra, incornicia l'immagine e la fa sua, ma grazie alla magia del suo pennello, fa si che la metamorfosi si compia: palcoscenico ed attore allora si integrano. L'osservatore è spinto direttamente inscena, assorbito, incluso, assoggettato all'immagine che lo avvolge interamente e lo fa totalmente suo. L'opera pittorica di Giuseppe Diara ammalia, basta poco tempo per comprendere che, nei suoi scorci assolati, nelle albe e nei crepuscoli isolani, fra i suoi nudi prorompenti, non c'è alcuna solitudine, perché noi stessi popoliamo il suo universo poetico, perché stiamo interamente immersi dentro ai suoi mondi. Il coinvolgimento è totale, la visione attiva l'umana comprensione de è un vero e proprio invito a ritrovarci, prima con noi stessi poi con i nostri simili. Un vero messaggio d'amore, per il paesaggio e per l'umanità che lo abita. Un appello che, nasce da una testimonianza d'autore, ed è destinato al futuro. S'alza dai pennelli di Diara, un canto corale che si leva verso il cielo che sormonta l'ambiente isolano. E' un canto armonico di sottofondo, quello che aleggia nella luminosità quasi dolorosa della campagna siciliana nei giorni d'estate . Nei paesaggi di Giuseppe Diara, appaiono scorie, s'intravvedono manomissioni e si notano tracce di rottami che lo insidiano in tanta parte. Ci sono campagne, colline, scorci che c'erano già tanti secoli fa e che, fortunatamente, ci sono ancora e, quando è ancora possibile palpare la bellezza della natura, quando ci si rende conto che l'immagine che l'arte propone, vive ancora nella realtà, l'emozione diventa straordinaria. La manomissione del paesaggio siciliano, in più parti lungo le coste, nell'entroterra osservato dall'artista, è quasi impercettibile. L'interno dell'isola infatti, è ancora un'oasi quasi incontaminato, la natura è praticamente immutata. C'è tutta l'intensità della luce: unica, intensa, irripetibile dell'isola. – Ecco allora che anche le tonalità prevalenti e le ombre tracciate da Diara, ricordano ciò che ha scritto Antonio Paolucci a proposito di Antonello Da Messina – “…Ma lo splendore della luce meridiana che ' imbalsama' le cose per cui il cipresso e la montagna, il muro di cinta e la ' trazzera', acquistano una assolutezza quasi metafisica, questo, ad Antonello, lo aveva insegnato il paesaggio di Sicilia.” Il materico di Diara si mimetizza e quasi scompare nella raffigurazione e nelle scene che ci propone, egli usa colori e strumenti con maestria ed abilità, usa la saggezza tramandata dai padri, si fa umile e disponibile a cogliere dall'esperienza e dalla tradizione tutta la ricchezza della conoscenza e della materia disponibile fra le terre e la gente che popola il pianeta del suo universo d'artista. Diara è un testimone dei nostri giorni, consapevole e talentuoso, egli è nello stesso tempo, maestro ed alunno, impegnato com'è a continuare a sperimentare ancora attraverso la sua arte, angoli, tonalità e prospettive che possano arricchire non solo il proprio patrimonio pittorico privato, ma la storia universale del sentire e del mostrare, attraverso l'occhio e le mani, dei grandi della pittura. (Rosario Sprovieri)
PAESAGGIO IBLEO
NUDO
NUDO