Il museo egizio di Torino: antiche civiltà e nuove forme di comunicazione

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Politecnico di Torino I FacoltĂ di Architettura

Corso di laurea triennale in

Progetto grafico e virtuale (Graphic & Virtual Design)

Relatore: Prof. Franco Mello

: Candidato G e r b in o e pp G iu s e 118328 Matricola

Anno accademico 2008/2009


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1. Introduzione

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2. Contesto di riferimento: Il Museo delle Antichità Egizie di Torino 2.1. Storia del Museo Egizio 2.2. La Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino 2.3. L’apparato espositivo 2.3.1. Percorsi di visita 2.4. Interventi recenti 2.5. Ampliamenti futuri 2.6. Utenti del museo e target di riferimento 2.6.1. Ricerca delle informazioni

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3. Funzioni e finalità del museo

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4. Progetto di ridefinizione della comunicazione visiva del Museo Egizio di Torino

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5. Analisi dell’immagine coordinata del Museo Egizio di Torino 5.1. Logo e logotipo 5.2. Declinazione grafica dell’immagine coordinata 5.3. Segnaletica interna 5.4. Sito internet 5.5. Oggettistica

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6. Confronto con l’immagine coordinata del British Museum 6.1. Logo e logotipo 6.2. Segnaletica interna 6.3. Sito internet 6.4. Oggettistica 6.5. Conclusioni

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7. Progettazione ergonomica 7.1. Il caso “Museo Egizio da toccare”

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8. Altri strumenti per la comunicazione museale 8.1. Servizi di accoglienza 8.2. Strategie di promozione 8.3. Visita virtuale 8.3.1. Competenze coinvolte 8.4. Realtà aumentata

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9. Proposta di redesign della comunicazione visiva del Museo Egizio 9.1. Logo e logotipo 9.2. Declinazione grafica dell’immagine coordinata 9.3. Segnaletica interna 9.4. Sito internet 9.4.1. Struttura 9.4.2. Accessibilità 9.4.3. Contenuti 9.4.4. Visita virtuale al museo 9.5. Applicazioni di realtà aumentata 9.6. Oggettistica

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10. Conclusioni

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11. Bibliografia

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12. Sitografia

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el novembre 2007 il professor Aimaro Isola, lo scenografo Dante Ferretti e l’intero gruppo Isolarchitetti, hanno ricevuto l’incarico, da parte del Consiglio di amministrazione della Fondazione Museo delle Antichità Egizie, di “rifunzionalizzare, restaurare, ampliare e mettere in sicurezza” il Museo Egizio di Torino. I lavori partiranno nel settembre del 2009 e dovrebbero avere termine entro il marzo 2013, ma sembrano già destinati a rivoluzionare l’impianto architettonico ed espositivo del Palazzo dei Nobili, sede del Museo Egizio – si scaverà sotto il cortile, per interrare tutti i servizi e far filtrare la luce naturale attraverso un soffitto di cristallo iper-tecnologico, poi si salirà verso l’alto per occupare i 6.000 metri quadri lasciati liberi dalla Galleria Sabauda e in cui poter esporre 24.000 reperti fino ad oggi rimasti chiusi nei magazzini del museo, e infine si “sfonderà” l’edificio sul retro, creando un nuovo ingresso su via Roma, l’arteria principale del centro cittadino. Ma questo è solo l’ultimo di una lunga serie di interventi che dal 2005 hanno donato nuova linfa vitale al museo e alla sua collezione rivoluzionandone gli aspetti comunicativi. Il 20 giugno di quell’anno, in vista degli imminenti «Giochi Olimpici Invernali» di 6

Torino 2006, Pininfarina ha presentato ufficialmente la grafica del nuovo logo della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino. È stato creato un nuovo sito, realizzata una nuova immagine coordinata, una nuova libreria e un nuovo allestimento delle opere. Il 3 febbraio 2006 ha infatti aperto i battenti al grande pubblico la mostra “Riflessi di Pietra” dell’architetto e scenografo cinematografico Dante Ferretti con cui è stato inaugurato il nuovo statuario del museo. Ho ritenuto che fosse interessante cogliere l’occasione per analizzare più da vicino i risultati di tutti questi sforzi, focalizzandomi, in particolare, sulla nuova immagine coordinata del museo. Il mio intento era dar vita ad un progetto di redesign del materiale comunicativo del museo in vista del futuro ampliamento della struttura museale. Avrei discusso e analizzato il materiale preesistente mettendone in luce punti di forza e debolezze. Lo avrei confrontato con quello di altre strutture museali equivalenti e, dal giudizio ottenuto, ne avrei ricavato i dati necessari per ipotizzare il mio lavoro di ridefinizione della comunicazione visiva del museo. Ma sin da subito mi sono accorto che per portare a termine un tale progetto non


sarebbe bastato un semplice restyling grafico dell’immagine coordinata del museo. Per rinnovarne la comunicazione visiva sarebbe stato necessario tenere conto anche di fattori nuovi o fin’ora ignorati – ma non per questo meno importanti – come le nuove tecnologie e tecniche emergenti applicate al campo della divulgazione del sapere in ambito museale: realtà aumentata, visite virtuali, ma anche marketing, merchandising, pubblicità ecc.. Nei capitoli seguenti verrà illustrato il risultato di questo processo di ricerca che tenta di coinvolge il maggior numero possibile di elementi di comunicazione visiva applicabili all’ambito museale. Conclude il lavoro un’ipotesi di ridefinizione dell’identità e della comunicazione visiva del Museo Egizio di Torino con esempi pratici di quanto precedentemente descritto solo a livello teorico.

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rimo museo d’Italia, nonché maggiore per quantità e qualità dei materiali tra tutti i musei del mondo dedicati esclusivamente a questa antica ed affascinante civiltà dopo quello de Il Cairo, Il Museo Egizio di Torino ha sede nello storico Palazzo dell’Accademia delle Scienze ed ospita circa 30 mila pezzi risalenti ad un periodo storico compreso tra il paleolitico e l’epoca copta. Come scrisse il decifratore di geroglifici egizi Jean-François Champollion, giunto a Torino nel 1824: «La strada per Menfi e Tebe passa da Torino». La sua importanza per il capoluogo piemontese e per l’Italia intera è infatti fuori discussione e il continuo afflusso di visitatori non fa che confermarlo anno dopo anno, con cifre in continua crescita1. L’Egizio è, dunque, un centro di eccellenza ed un’inesauribile fonte di informazioni per tutti gli studiosi interessati all’arte e alla cultura di questo antico popolo. Nei capitoli seguenti ripercorreremo la sua storia, osserveremo la sua organizzazione e ne studieremo la struttura per analizzare più nel dettaglio il contesto di riferimento dal quale ricavare le informazioni necessarie

Fig.1: L’ingresso del Museo Egizio di Torino

per lo sviluppo di un’efficace ed indispensabile strategia di comunicazione, marketing e promozione.

1 Nel settembre 2008 risultava un aumento dei visitatori annui equivalente al 4%. Una cifra non altissima, ma in controtendenza rispetto alla situazione generale dei musei italiani nel periodo preso in esame.

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e volessimo risalire alle origini di questa importante istituzione culturale per delinearne la storia sin dai suoi primi passi, dovremmo, con tutta probabilità, tornare indietro con la memoria all’anno 1628; momento nel quale Carlo Emanuele I, Duca di Savoia e Principe di Piemonte, acquistava e portava a Torino quel reperto noto col nome di Mensa Isiaca: una tavola d’altare in bronzo ageminato, di cultura non egizia ma romana egittizzante, risalente al I secolo d.C. e scoperta a Roma da Pietro Bembo nel 1527; reperto che avrà un tale impatto sulla cultura e sul nascente interesse per il misticismo piemontesi da spingere molti illustri uomini d’ingegno ad imbarcarsi in spedizioni archeologiche verso l’Egitto dei faraoni per soddisfare la propria sete di curiosità. Sarà infatti proprio grazie a tale reperto se in Piemonte, e nel resto d’Italia, si assisterà, di lì a poco, alla rinascita di quell’interesse per l’antico Egitto che già a Roma, in epoche ben più lontane, aveva dato sfoggio di sé attraverso riproposizioni di stilemi e culti esotici in territorio italico. Sotto la spinta di tale interesse, infatti, Vittorio Amedeo II di Savoia fonderà, nel 1724, il Museo della Regia Università di Torino, presso il palazzo dell’Università in Via Po, cui verrà donata una piccola collezione di antichità provenienti dal Piemonte. 10

La Mensa Isiaca Bronzo intarsiato in altri metalli Epoca Romana, I secolo d.C. Provenienza: acquistato da Carlo Emanuele I di Savoia nel 1628, esposto per la prima volta al Museo Egizio nel 1832

Il fascino per l’arte egizia che portò alla fondazione del Museo torinese ebbe origine in epoca romana, con l’assorbimento del culto di Iside. La Mensa Isiaca è un tipico esempio della fascinazione romana per la cultura egizia. Prodotta nel corso del I secolo d.C., probabilmente a Roma, presenta geroglifici privi di senso e scene di culto egittizzanti che non si rifanno ad alcun reale culto egizio. L’unica figura riconoscibile è quella della dea Iside e ciò suggerisce una provenienza della tavola riconducibile ai luoghi del culto della dea. La tavola risulta decorata con vari tipi di metalli preziosi colorati (argento, oro e oro misto a rame) e rappresenta un’importante testimonianza delle tecniche metallurgiche dell’antichità.

Fig.2: Mensa Isiaca, I secolo d.C.


Nel 1757 Carlo Emanuele III di Savoia incaricherà Vitaliano Donati, professore di botanica, naturalista ed ambasciatore, di compiere un viaggio in Oriente e di acquistare in Egitto oggetti antichi, mummie e manoscritti utili ad illustrare il significato della tavola stessa. Sarà questo il culmine della sete di conoscenza generato dall’interesse per la cultura e l’arte egizia suscitato dalla Mensa Isiaca.

Carlo Felice di Savoia, che, nel 1824, concludendo una trattativa già avviata da Vittorio Emanuele I, il Regio Museo Egizio verrà formalmente fondato.

Gli oggetti raccolti dal Donati nella Valle del Nilo giungeranno a Torino nel 1759 e verranno esposti presso il Museo della Regia Università, dove dal 1755 era già presente la Mensa Isiaca. Tra i più importanti ritrovamenti ad opera del Donati, una statua della dea Iside, scoperta a Coptos, e soprattutto le statue della dea Sekhmet e del faraone Ramesse II, riportate alla luce nel tempio della dea Mut a Karnak. Quest’ultima di particolare rilevanza in quanto considerata uno dei capolavori della scultura egizia dal decifratore dei geroglifici Jean-François Champollion e, col passare degli anni, assunta a simbolo stesso del museo torinese. La collezione, frutto di continue sovrapposizioni, continuerà ad arricchirsi nel corso degli anni: prima nel tardo Settecento e poi nel corso dell’Ottocento e dei primi anni del Novecento. Ma sarà solo in seguito all’acquisto della collezione privata di Bernardino Drovetti2 (fig.3), ad opera del Re di Sardegna 2 Una collezione composta da ben 5268 oggetti, 100 statue, 170 papiri, stele, sarcofagi, mummie, bronzi, amuleti e oggetti della vita quotidiana.

Fig.3: Bernardino Drovetti (1776-1852)

Drovetti, di origini piemontesi ma arruolato come ufficiale nell’esercito napoleonico, aveva seguito Napoleone Bonaparte durante alcune delle sue campagne militari in Nord Africa ed era stato nominato Console di Francia in Egitto dall’Imperatore stesso. Grazie alla sua amicizia con il viceré d’Egitto Mohamed Alì (fig.5), riuscì a trasportare in Italia gli oggetti collezionati durante la sua permanenza in Egitto. Tali antichità rimarranno depositate per diversi anni nel porto di Livorno in due magazzini del negoziante ebreo Morpurgo per poi essere spedite via mare a Genova, e da qui a Torino, presso la loro sede definitiva: il palazzo del XVII noto

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come “Collegio dei Nobili”, progettato dall’architetto Guarino Guarini come scuola gesuita e che nel XVIII secolo era, nel frattempo, diventato sede dell’Accademia delle Scienze.

borerà il catalogo delle opere allora conservate.

Durante il disimballaggio della Collezione Drovetti, giungerà a Torino il decifratore di geroglifici egizi Jean-François Champollion che, nell’arco di pochi mesi, produrrà un primo catalogo dei reperti. Nel 1832 alla Drovettiana andranno ad aggiungersi le poche antichità egizie già raccolte presso il Museo dell’Università – tra di esse anche la Mensa Isiaca – che verranno trasferite nel palazzo dell’Accademia delle Scienze, d’ora in avanti sede ufficiale del Regio Museo delle Antichità Egizie. Ulteriori acquisti, donazioni e campagne scavo completeranno a tal punto la valenza documentale del museo, sia sotto l’aspetto della ricchezza di testimonianze della cultura materiale degli Egizi, sia sotto quello della bellezza della loro produzione artistica, che, già nel corso dell’Ottocento, la raccolta piemontese comincerà a delinearsi come la più importante d’Europa, facendo di Torino, già in questo periodo, una meta obbligata per ogni visitatore colto e ogni studioso di antichità egizie al di qua delle sponde del Mediterraneo.

lli (1856-1928)

Fig.4: Ernesto Schiapare

Nel 1894 sarà poi la volta di Ernesto Schiaparelli (fig.4), già direttore della Sezione Egizia del Museo Archeologico Nazionale di Firenze tra il 1881 e il 1893.

Alla guida del museo si succederanno Francesco Barucchi e Pier Camillo Orcurti. Dal 1871 al 1893 il direttore sarà invece Ariodante Fabretti che, coadiuvato da Francesco Rossi e Ridolfo Vittorio Lanzone, ela-

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69-1849)

Fig.4: Mohamed Alì (17


Questi, recandosi personalmente in Egitto per acquistare altri pezzi antichi e per organizzare scavi in siti come Eliopoli, Giza, la Valle delle Regine a Tebe, Qau el-Kebir, Asiut, Hammamija, Ermopoli, Deir el-Medina e Gebelein, inaugurerà, nel 1903, le fortunate e fruttuose campagne scavi della Missione Archeologica Italiana. Tra i suoi più importanti ritrovamenti vanno ricordati la scoperta, nel 1904, della splendida tomba di Nefertari, sposa di Ramesse II e regina tra le più influenti dell’Antico Egitto, considerata tra le tombe più belle della Valle delle Regine; e la scoperta, fatta nel 1906, nella necropoli di Tebe, della famosa tomba dell’architetto reale Kha, perfettamente intatta e con un ricco corredo funerario, ora conservata presso il Museo egizio di Torino. Il suo lavoro verrà portato a termine dal suo successore, Giulio Farina, che tornerà a Torino con un carico di quasi 20.000 nuovi reperti. Reperti i quali andranno ad aggiungersi alla già ampia collezione del Museo Egizio torinese. Per gli scavi condotti in Egitto dalla Missione Archeologica Italiana (fig.6) tra il 1900 e il 1935 vigeva, infatti, il criterio secondo cui gli oggetti rinvenuti durante gli scavi fossero ripartiti fra l’Egitto e le missioni archeologiche operanti. Il criterio oggi in vigore prevede invece che i reperti rimangano tutti in Egitto. A testimonianza di ciò l’ultima importante acquisizione del museo sarà infatti il piccolo tempio di Ellesija, donato all’Italia dalla Repubblica Araba d’Egitto nel 1970 per

Fig.6: Attività di scavo della Missione Archeologica Italiana

il significativo supporto tecnico e scientifico fornito al Paese dall’Italia durante la campagna di salvataggio dei monumenti nubiani destinati ad essere sommersi dalle acque del lago artificiale Nasser dopo la costruzione della grande diga di Assuan. Nel 2005, infine, l’ultima data fondamentale per la storia del Museo delle Antichità Egizie di Torino: In dicembre, la Fondazione omonima acquisisce la guida del museo.

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l 6 ottobre 2004, alle ore 12,23, nell’anticamera di Re Carlo Emanuele IV di Savoia, al secondo piano del Palazzo Reale di Torino, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, insieme con la Regione Piemonte, la Provincia di Torino, la Città di Torino, la Compagnia di San Paolo e la Fondazione CRT, hanno affidato la direzione del Museo Egizio alla Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino che rappresenta il primo esperimento di costituzione, da parte dello Stato Italiano, di uno strumento di gestione museale a partecipazione privata. La Fondazione avrà in uso per trent’anni i beni appartenenti alla collezione del museo e disporrà dei locali del Palazzo dell’Accademia delle Scienze come propria sede. Il suo compito sarà quello di raddoppiare e rilanciare il Museo Egizio, ma costituirà soprattutto il banco di prova per un nuovo modello gestionale che permetterà a Stato, Regioni ed enti locali di unirsi ai privati per valorizzare il patrimonio culturale del Paese.

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Il Museo Egizio rimarrà infatti sotto la tutela dello Stato ma potrà disporre delle risorse e delle iniziative di gestione privata di enti quali la Compagnia di San Paolo e la Fondazione Crt. Lo dimostra il comodato con il quale la Compagnia di San Paolo ha affidato al Museo il prestigioso «Papiro di Artemidoro», la più antica carta geografica esistente al mondo. Tra le iniziative della Fondazione – alcune delle quali ancora in corso, altre invece già concluse – vanno citate la riqualificazione del percorso museale, l’allestimento temporaneo dello Statuario a cura di Dante Ferretti, l’introduzione di nuovi servizi per migliorare l’accoglienza dei visitatori, la sostituzione dei supporti dei reperti, la pubblicazione di guide bilingue per il museo, l’introduzione di didascalie bilingue nelle sale del museo e la promozione del museo attraverso varie iniziative.


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l museo ha sede in Via Accademia delle Scienze 6, a Torino, all’interno di un imponente palazzo del XVII secolo noto come Collegio dei Nobili o Palazzo dell’Accademia delle Scienze (fig.7).

L’edificio, realizzato a partire dal 1679 e destinato a diventare sede del collegio gesuita riservato a giovani nobili, perse questa destinazione d’uso in seguito alla soppressione dell’ordine gesuitico ed è sede oggi, oltre che del Museo Egizio, anche dell’Accademia delle Scienze, del Museo di Antichità e della Galleria Sabauda. Il palazzo è un imponente complesso architettonico barocco con pianta a forma di ferro di cavallo. Al suo interno trovano spazio oltre 33.000 oggetti, di cui circa 6.500

esposti al pubblico nelle sale del museo. Altri 26.500 reperti giacciono invece inutilizzati nei magazzini. Alcuni per necessità conservative, altri poiché portatori di un genere d’interesse esclusivamente Fig.7: Uno spacca scientifico3 e to della struttura del Collegio dei No non per il granbili de pubblico.

All’interno del museo è quindi possibile osservare migliaia di oggetti e reperti differenti attraverso diverse tipologie di vetrine, modelli in scala, veri e propri templi egizi e vari ambienti tematici dedicati all’esposizione di alcune specifiche tipologie 3 Vasellame privo di decorazioni, statue frammentarie, ceste, stele e papiri con iscrizioni.

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di opere, come il famoso statuario. Quest’ultimo è uno dei locali più emblematici del museo. Si snoda in due sale direttamente collegate. Due stanze parallele, dal soffitto molto elevato, al cui interno convivono statue di divinità e faraoni, sfingi e sarcofagi, stele ed elementi architettonici tra i più rappresentativi della produzione artistica egiziana del tempo. La qualità delle opere esposte all’interno dello statuario ha sempre rappresentato un motivo di vanto per il Museo Egizio torinese. Vi compaiono statue che non hanno nulla da invidiare alle più conosciute ed apprezzate opere riconducibili alla produzione artistica di culture quali quella greca o romana. Opere uniche nel proprio genere e famose in tutto il mondo. Una di queste, in particolare, – mi riferisco ovviamente alla statua di Re Ramesse II – è stata assunta a simbolo stesso del museo, emblema dell’intera collezione torinese. Ma negli ultimi anni, grazie a scelte ben ponderate effettuate dalla nuova gestione del museo, anche la qualità stessa dell’esposizione di queste opere è stata condotta a livelli non meno elevati. Il nuovo allestimento di Dante Ferretti ha donato nuova vita al vecchio ambiente dello statuario, illuminando le antiche statue di nuova luce e “riflessi di pietra”4. L’intero museo ne è uscito rivoluzionato, con un carat4 “Riflessi di Pietra” è il titolo che Dante Ferretti ha dato al nuovo allestimento dello statuario.

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tere più moderno e marcato del precedente, e non stupisce che, in seguito al successo di questo intervento, si sia deciso di continuare con i progetti di rinnovamento estendendo i lavori ad altri settori del museo.


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a visita del museo è suddivisa in due percorsi alternativi: Il percorso cronologico, che ha ini-

zio dal piano terra e si snoda per l’intero museo dalle fonti a reperti riconducibili all’epoca romana e copta, e il percorso tematico, che invece può iniziare dal primo piano e segue una ripartizione dei reperti in base alla suddivisione per argomento. Al visitatore è lasciata assoluta libertà di scelta. Questo genere di organizzazione dei reperti permette un approccio attivo alla fruizione della conoscenza messa a disposizione dal museo. Al visitatore non viene imposto un tragitto prestabilito cui doversi attenere per forza, anzi, è spronato a sceglierne uno proprio, con cui possa trovarsi maggiormente a proprio

Fig.8: Schema del percorso di visita cronologico all’interno del Museo Egizio

agio o che rispecchi in maniera più diretta le sue necessità o i suoi gusti in materia.

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egli ultimi anni il Museo Egizio è stato sottoposto a diversi interventi di rinnovamento volti ad aggiornare o a migliorare l’esperienza di fruizione della visita al suo interno. Il più evidente tra essi è stato il riallestimento dello Statuario (fig.9) ad opera dello scenografo cinematografico Premio Oscar Dante Ferretti (fig.10).

Fig.9: Una panoramica del nuovo Statuario di Ferretti

Fig.10: Dante

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Ferretti

Lo statuario non aveva subito sostanziali modifiche sin dal tempo della sua sistemazione, nel 1852, e sino al 2006 risultava fortemente condizionato da un’illuminazione diffusa, sia naturale che artificiale, che si distribuiva uniformemente sulle pareti neutre con un effetto di appiattimento delle statue. La scenografia ideata da Ferretti è contraddistinta da una nuova “pelle” di colore rosso scuro alle pareti. Su questo sfondo emergono attraverso un gioco di luci ed ombre le statue appartenenti alla preziosa collezione torinese, illuminate per mezzo di particolari proiettori che ne mettono bene in evidenza le caratteristiche più peculiari. Fasci di luce “solare” ricreati artificialmente spiovono in diagonale dai varchi di collegamento con il vicino tempio di Ellesiya, mentre pareti specchianti disposte in diversi punti permettono al visitatore di osservare le statue da più angolazioni in un ambiente dalle dimensioni dilatate.


Le statue ritornano finalmente ad essere i veri protagonisti dello statuario anzichÊ semplici ospiti della struttura. Completano l’allestimento delle nuove didascalie ed un suggestivo accompagnamento sonoro, soppresso in seguito alle proteste di alcuni impiegati del museo.

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el 2007 una commissione presieduta dal direttore del Museo, Eleni Vassilika, ha decretato il vincitore della gara internazionale imbastita per la rifunzionalizzazione, il restauro, l’ampliamento e la messa in sicurezza del Museo Egizio di Torino. La proposta vincente è stata quella del team capeggiato da Aimaro Isola, in cordata, oltre che con la sua squadra di lavoro ed il figlio Saverio, anche con Dante Ferretti, già autore del riallestimento dello Statuario. La gara ha visto fronteggiarsi alcuni dei migliori architetti del mondo, tra cui un altro Premio Oscar, Vittorio Storaro, il team di Giuggiaro Architettura, Gae Aulenti, David Chipperfield, e Arata Isozaki.

Fig.11: Uno dei concept di Ferretti per il nuovo Egizio

I lavori partiranno nel settembre del 2009 e saranno strutturati in due fasi: la prima parte dovrebbe aver tercorte sotterranea mine entro il gennaio 2011, anno del t focalizzato sulla nuova Fig.12: Un’altro concep centocinquantenario dell’Unità d’Italia, e porteranno all’apertura della nuova corte sotterranea (fig.10 e 11), dell’attuale statuario rivisitato e della tomba di Kha, mentre la seconda si concluderà entro il marzo 2013, per un investimento totale di 50 milioni di euro. Il progetto prevede di scavare sotto il cortile, per interrare tutti i servizi e far filtrare la luce naturale attraverso un soffitto di 20

Fig.13: Una delle maquette di Ferretti


cristallo specchiante (fig.13) ideato da Ferretti. Ai vecchi servizi si andranno ad aggiungere una nuova caffetteria, un ristorante, un bookshop, un giftshop e delle aule didattiche. Il tutto cinto da un colonnato d’acciaio rivestito di vetro satinato e luminescente. Il grosso del lavoro sarà però costituito dal raddoppiamento degli spazi, che passeranno dai circa 6.000 metri quadrati attuali agli oltre 10.000 disponibili in seguito all’occupazione degli spazi lasciati liberi dalla Galleria Sabauda. Grazie a questo intervento potranno essere esposti 24.000 reperti fino ad oggi rimasti chiusi nei magazzini del museo per mancanza di spazio, che andranno ad affiancarsi ai circa 6500 attualmente in esposizione. Saranno inoltre riveduti integralmente i criteri espositivi e concluderà il lavoro l’apertura di un nuovo ingresso sul retro dell’edificio, su via Roma, l’arteria principale del centro cittadino. Ma la riqualificazione del museo non si limiterà a questo. È infatti previsto l’allestimento di un nuovo itinerario razionale in cui il visitatore potrà orientarsi con maggiore facilità senza il rischio di perdersi nei meandri dell’edificio. Il modello ideale è quello del Guggenheim di New York, contraddistinto da un percorso elicoidale dall’alto verso il basso. Il Museo Egizio tenterà di emularlo convogliando i visitatori verso l’ultimo piano, attraverso rampe di scale mobili che saranno accompagnate, sulla parete adiacente, da una sorta di affresco, a bassissimo rilievo, che riprodurrà il corso del Nilo dalle sorgenti fino al delta, con un gioco di luci e suoni per dare l’illusione dello scorrere dell’acqua: «Un’ascesa dal buio alla luce» secondo l’interpretazione di Ferretti.

Fig.14: Vista del cortile pavimentato

Fig.15: Concept pe

di cristallo

r la nuova disposiz

ione delle vetrine

Fig.16: Geometrie e giochi di luce del nuovo Egizio

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Dal secondo piano, la visita si svolgerà con andamento cronologico e tematico attraverso le sale dedicate al periodo predinastico, al Vecchio, Medio e Nuovo Regno, con la possibilità di salire verso un soppalco dove sarà ospitato un magazzino visitabile. Da qui avrà inizio la discesa attraverso lo scalone ottocentesco, che, passando per il primo piano, condurrà al pianterreno, dove rimarrà lo statuario, nella sua attuale collocazione, ma profondamente riorganizzato nel suo insieme. Lungo il percorso principale saranno inoltre disseminate delle salette laterali per gli approfondimenti munite di cassetti estraibili sigillati con vetro trasparente per osservare da vicino oggetti più minuti come amuleti, ostraka o bronzetti. Il nuovo Egizio diventerà quindi un luogo aperto all’interscambio, rinnovato in ogni aspetto, dove non ci si limiterà più alla semplice visita delle collezioni: il visitatore potrà sostare, intrattenersi e incontrare altra gente, come in una moderna agorà.

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n fattore di estrema rilevanza da tenere presente per comprendere meglio l’efficacia degli interventi correlati alla comunicazione di un’istituzione museale e su cui basarsi per lo sviluppo del processo progettuale, è, senz’ombra di dubbio, il quadro statistico relativo al nucleo di visitatori del museo ed al target di riferimento cui intende indirizzare le proprie proposte progettuali.

sulla base del presupposto che il pubblico dei musei sia l’unica categoria di interlocutori a cui il museo deve far riferimento. Quest’equivalenza interpretativa – che vede nei consumatori dell’offerta l’unico target di riferimento – finisce per escludere dallo spettro dei destinatari dell’offerta museale altre importanti categorie di soggetti, come la comunità scientifica ed i sostenitori. (Solima, 1998, pp. 251-252)

Spesso, infatti, si tende erroneamente a stabilire una precisa corrispondenza identificativa tra domanda e visitatori,

È necessario, quindi, distinguere tra i rapporti in essere, cioè le “relazioni esistenti” e quelli che invece potrebbero essere at-

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tivati, cioè le “relazioni potenziali”. (Solima, 1998, p. 253) Tornando al target di riferimento, possiamo affermare che l’importanza diquest’ultimo si deve al fatto che l’ipotesi di progetto dovrà, prima o poi, fare i conti con un pubblico in carne ed ossa che giudicherà il lavoro realizzato sulla base di un proprio metro di giudizio. Per evitare di incorrere in brutte sorprese, è quindi sempre buona norma basare sin dall’inizio il proprio progetto sul maggior numero di informazioni disponibili relative a quella percentuale di utenti individuata nella massa come la più significativa e promettente per il raggiungimento degli obiettivi fissati dall’istituzione. Soddisfare quest’importante fetta di pubblico sarà dunque l’obiettivo primario dell’intero processo progettuale. Nel caso dei musei, l’insieme dei destinatari dell’offerta museale è spesso rappresentato da un gruppo di individui estremamente eterogeneo, ognuno dei quali percepisce il museo in maniera differente rispetto al resto dell’utenza. Per ottenere risultati significativi, sarà dunque necessario individuare le principali categorie d’individui sulla base di un ampio spettro di fattori che influenzano la loro propensione e le motivazioni relative alla decisione di visitare il museo, il loro comportamento durante la visita e la durata della visita stessa. Per quanto riguarda il Museo Egizio, il target di riferimento è stato individuato in tre differenti categorie di visitatori: la prima è quella dei bambini di età compresa tra i 6 e i 14 anni; Percentualmente rappresentano una delle fasce d’età maggiormente presenti

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al Museo Egizio. I motivi di questa loro superiorità numerica 6-14 anni sono da ricercare fondamentalmente in due ragioni principali: 15-25 anni 26+ anni la prima è che a quell’età è molto facile imbattersi in film, cartoni animati o videogiochi contenenti riferimenti, più o meno espliciti, al mito della civiltà egizia. La seconda ragione è che è assai comune per le scuole elementari e medie l’organizzazione di visite didattiche per intere classi di studenti. Questa categoria di utenti è forse quella maggiormente differenziata rispetto alle altre prese in esame. Le esigenze dei bambini non si adattano facilmente a quelle degli altri utenti del museo; spesso è indispensabile personalizzare il materiale informativo perché non risulti loro troppo complesso o noioso ed è utile sviluppare attività ad hoc per stimolarne l’apprendimento con metodi mirati per rendere gradevole l’acquisizione delle conoscenze. Anche le tempistiche della visita sono differenti: se la visita dura troppo allungo i bambini possono stancarsi facilmente o annoiarsi. La seconda fascia d’età presa in esame è quella degli studenti di età compresa tra i 15 e i 25 anni. Anche in questo caso assume una certa rilevanza il fenomeno delle visite di gruppo, anche se nettamente ridimensionato. Prevale, invece, l’interesse di studio e professionale.


La terza categoria d’utenti, infine, è anche quella piĂš eterogenea; si riferisce ai visitatori di etĂ superiore ai 26 anni. Professionisti del settore o semplici estimatori della cultura egizia, ma anche, e soprattutto, genitori o insegnanti che accompagnano al museo i propri figli o i propri studenti.

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el capitolo precedente abbiamo visto quali sono le tre tipologie di utenza scelte come target di riferimento per il progetto di ridefinizione della comunicazione visiva del Museo Egizio di Torino. A questo punto, però, sorge spontanea una domanda: come colmare la situazione di asimmetria informativa relativa alla nostra indagine sulle esigenze e le richieste dei destinatari dell’offerta museale? Ovvero, come raccogliere le informazioni necessarie alla creazione del nostro “sistema informativo di marketing”? Esistono diversi modi per raccogliere le informazioni di cui necessitiamo: Attraverso le “fonti istituzionali” o per mezzo di “rilevazioni sul campo”. FONTI ISTITUZIONALI Ricerche qualitative sulle abitudini culturali Analisi quantitative dei consumi culturali Indagini sugli ingressi nei musei RILEVAZIONI SUL CAMPO Somministrazione di questionari Interviste dirette Osservazione dei comportamenti La costruzione di un SIM (Sistema Informativo di Marketing) avviene attraverso un processo sequenziale articolato nel seguente modo: 26

a) delimitazione del campo d’indagine b) strutturazione della base-dati; c) acquisizione ed immissione delle informazioni; d) interpretazione dei dati; e) individuazione dei cluster. L’obiettivo che si persegue è quello di acquisire gli elementi di valutazione necessari per definire i contenuti del marketing mix. Il primo punto è di estrema rilevanza, in quanto è necessario individuare con precisione i confini dell’analisi che si prevede di effettuare: considerando infatti la possibile spesa (monetaria e non) per l’intero processo, è indispensabile ottimizzare l’uso delle risorse disponibili. Al momento della nascita di un museo, ad esempio, la mancanza di qualsiasi informazione di tipo storico può determinare l’esigenza di circoscrivere in maniera significativa l’indagine, focalizzando l’attenzione sulle caratteristiche della popolazione residente, che dovrebbe costituire il primo bacino di attrazione della struttura. Un museo esistente, come nel nostro caso, viceversa, è – almeno in teoria – in condizione di disporre di un numero elevato di informazioni sui suoi visitatori, e potrebbe pertanto ritenere maggiormente opportuno rivolgere la propria attenzione sui visitatori potenziali, cioè quei soggetti che non mostrano interesse per i servizi culturali offerti


dalla struttura. Un primo elemento discriminante nella delimitazione del campo d’indagine è la scelta di focalizzare l’attenzione sui visitatori, ovvero di integrarne i contenuti prevedendo di indagare anche i non visitatori e, ancor più in generale, il mercato ed il contesto ambientale di riferimento. Nel primo caso la ricerca e l’acquisizione dei dati è abbastanza semplice. Basta somministrare un questionario e, in maniera ricorrente e a costi contenuti, è possibile acquisire un gran numero di informazioni e notizie sulle caratteristiche della domanda. Le analisi relative alla domanda potenziale, invece, richiedono un approccio metodologico più complesso e, quindi, uno sforzo organizzativo molto maggiore. A questo punto, però, entra in gioco il rapporto sforzo/risultato. Considerando i possibili benefici sotto il profilo informativo, appare ovvio che la comprensione delle motivazioni che inducono molte persone ad escludere il museo dalle loro scelte di consumo possa risultare anche più utile rispetto all’analisi della domanda esistente.

del Museo Egizio di Torino si è deciso di procedere attraverso il metodo della rilevazione sul campo, formulando un questionario d’indagine, somministrato, poi, ad un campione di utenti del museo stesso. Le domande a corredo del questionario sono 22, suddivise in domande chiuse (la maggior parte) e domande aperte. Il primo gruppo di domande è diretto ad indagare le caratteristiche socio-economiche del visitatore, nonché le sue abitudini culturali. La seconda e la terza sezione si concentrano, invece, sulla visita al museo, al fine di conoscere sia le modalità di fruizione della struttura museale, che il livello di soddisfazione personale. L’ultima sezione, infine, focalizza l’attenzione sulla modalità di accesso al museo, per trarre elementi utili a quantificare il costo complessivamente sostenuto dal visitatore per effettuare la visita. Le informazioni ottenute attraverso il questionario saranno impiegate in fase progettuale per andare in contro alle esigenze del target di riferimento del museo.

La costruzione di un SIM consente, quindi, di sviluppare delle valutazioni di carattere generale sul sistema di offerta, che possono rivelarsi particolarmente preziose anche all’atto della definizione delle scelte strategiche compiute dal museo. (Solima, 1998, pp. 254-260) Per la costruzione del SIM relativo al progetto di ridefinizione dell’identità visiva

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Indagine sulla fruizione del Museo Egizio La ringraziamo per la sua visita al Museo Egizio e le chiediamo qualche minuto del suo tempo per compilare questo semplice questionario. Il suo aiuto ci aiuterà a migliorare il servizio offerto.

Variabili socioͲeconomiche 1) Sesso M

F

2) Qual è la sua età?

6Ͳ14 15Ͳ20 21Ͳ30 31Ͳ45 46Ͳ65 Più di 65 3) Qual è il suo titolo di studio? Elementare

Diploma medie superiori

Medie inferiori Laurea o titoli postͲlaurea

4) Quali mezzi d’informazione utilizza più spesso? (massimo 2 risp.) Televisione Radio Internet Quotidiani 5) Quante persone compongono il suo nucleo familiare? (incluso lei) 2 3Ͳ4 Più di 4

Caratteristiche della visita 6) È la prima volta che visita il museo Egizio di Torino? Si

No

7) Con chi ha visitato il museo? In gruppo organizzato Da solo In coppia Con famiglia (figli) Con parenti/amici 8) Quanto tempo è durata la visita? Meno di 30 minuti Da 30 minuti a 1 ora Da 1 a 2 ore Più di 2 ore 9) Ha acquistato qualcosa all’interno del punto vendita del museo? Si

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No


Giudizio sulla visita 10) In generale è soddisfatto della visita? Per niente Poco Abbastanza Molto 11) È soddisfatto dell’allestimento? (luci, collocazione delle opere) Per niente Poco Abbastanza Molto 12) È soddisfatto dei percorsi espositivi? Per niente Poco Abbastanza Molto 13) È soddisfatto dei materiali informativi a disposizione? (schede, pannelli, didascalie …) Per niente Poco Abbastanza Molto 14) È soddisfatto del servizio offerto dal personale del museo? Per niente Poco Abbastanza Molto

Decisione della visita 15) Come è venuto a conoscenza del museo? Da amici/parenti Dalla radio/TV Da un articolo su una rivista/giornale (quale?) __________________________________ Attraverso Internet Da un pieghevole/locandina Da una pubblicazione/guida (quale?) _________________________________________ A scuola o sul posto di lavoro Conoscevo già il museo Altro (specificare) _______________________________________________________ 16) Per quale motivo ha visitato il museo? Interesse specifico sulla raccolta Come parte di una visita turistica nella zona/città Interesse di studio/professionale Per accompagnare amici/conoscenti Per trascorrere del tempo libero Altro (specificare) _______________________________________________________

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17) Prevede di rinnovare la visita in futuro? Si

No Forse

Accesso al museo 18) Quale mezzo di trasporto ha utilizzato per raggiungere il museo? Auto Autobus/tram metropolitana Nessuno Altro 19) Dove abita? In provincia di Torino In Italia (indicare la provincia) __________________________________________________ All’estero (indicare la nazione) __________________________________________________ 20) Per finire, qual è l’aspetto del Museo che ha trovato di maggior gradimento? ___________________________________________________________________________ 21) E qual è, a suo giudizio, un aspetto del Museo che può essere migliorato? ___________________________________________________________________________ 22) Altre osservazioni e suggerimenti: ___________________________________________________________________________ Data e orario della visita _______________________ Grazie per la cortese collaborazione!

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ei capitoli precedenti ci siamo soffermati sulla storia, i luoghi e l’organizzazione del Museo Egizio di Torino per meglio delineare il contesto di riferimento cui attenersi per sviluppare il processo di analisi e progettazione alla base di questa dissertazione. Ma per quale scopo esiste il museo? Quali sono le sue funzioni e finalità? E quali le normative di riferimento? A questo scopo risulta utile citare la definizione ICOM5 del museo, adottata e fatta propria, tra l’altro, anche dalla Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino: «Il museo è un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo. È aperto al pubblico e compie ricerche che riguardano le testimonianze materiali e immateriali dell’umanità e del suo ambiente; le acquisisce, le conserva, le comunica e, soprattutto, le espone a fini di studio, educazione e diletto.» (ICOM Statutes art. 2 §1)

sottovalutare anche l’ambito economico e di mercato. Va ricordato, infatti, che non è affatto sufficiente assicurare l’erogazione in sé della prestazione, cioè l’accessibilità al museo. È indispensabile, inoltre, garantire la qualità della funzione stessa. È questo un aspetto che può risultare determinante in termini di differenziazione dell’offerta e di costruzione di un vantaggio competitivo difendibile. (Solima, 1998, p. 34) Non bisogna quindi porre in secondo piano gli aspetti organizzativi e gestionali del settore rispetto agli interventi finalizzati ad operazioni di tutela.

Per semplificare potremmo parlare, quindi, di tre funzioni principali: conservazione, valorizzazione ed esposizione. L’offerta museale va dunque ricondotta nell’ambito delle prestazioni di servizi che si caratterizzano per una precisa connotazione di carattere sociale. Ma non bisogna

Una buona gestione dell’istituzione museale dovrà quindi tener conto anche di fattori quali marketing, promozione e qualità dell’esposizione. Quest’ultima integrabile con tecniche e tecnologie nuove, come le applicazioni di realtà aumentata, non ancora sfruttate a pieno nel panorama della divulgazione culturale nonostante l’ottimo potenziale. Un approccio simile è riscontrabile

5 ICOM - International Council of Museums Consiglio internazionale dei musei

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Negli ultimi anni le aspettative sul fronte della domanda sono mutate considerevolmente. Oggi l’utenza dei musei è più sensibile alla qualità del servizio offerto e sempre più attenta alle alternative di consumo e di intrattenimento offerte dai nuovi media. (Solima, 1998, pp. 52-53)


nella normativa vigente in Italia in tema di musei. Ma bisogna ricordare che la situazione era assai diversa sino a qualche anno fa. Fino al 1993, infatti, il museo veniva inteso come mero contenitore di opere e non come soggetto attivo della politica di promozione e valorizzazione del patrimonio culturale. (Solima, 1998, p. 56) Bisognerà aspettare l’arrivo della legge n. 3 del 14 gennaio di quell’anno per arrivare ad una diversa concezione del museo. La cosiddetta “Legge Ronchey” contribuirà, infatti, alla formazione di un’idea nuova del museo, non più inteso come mero contenitore di opere, ma quale organizzazione deputata ad esplicare un’attività didattica e pedagogica nei confronti dei fruitori del servizio offerto. (Solima, 1998, p. 62) Per riassumere, dunque, i musei sono istituzioni culturali al servizio della collettività e le loro principali finalità si possono identificare nel preservare le opere, attraverso attività di conservazione, e nel metterle a disposizione del pubblico, attraverso attività di valorizzazione. (Solima, 2000, p. 17) Non volendo addentrarsi in tematiche estranee al campo di studi d’appartenenza, questa dissertazione si concentrerà quindi soprattutto sulla funzione di valorizzazione dell’offerta museale. Ma cosa intendiamo per valorizzazione? Ludovico Solima identifica due sub-sistemi di tale funzione: la funzione espositiva e quella di servizio. (Solima, 1998, pp. 69-71) La funzione espositiva può essere identificata nel processo di selezione delle opere, nella predisposizione dell’allestimento (di-

sposizione delle opere, scelta dei supporti sui quali collocarle, dei sistemi di illuminazione, etc.) e nella produzione di supporti informativi messi a disposizione del pubblico. Quella di servizio, invece, può essere a sua volta identificata nei servizi di divulgazione, accoglienza e nei cosiddetti servizi complementari.

FUNZIONE ESPOSITIVA Selezione delle opere Allestimento e supporti informativi ATTIVITÀ DI SERVIZIO Servizi di divulgazione Servizi di accoglienza Servizi complementari

Il museo deve quindi essere in grado di sviluppare e trasmettere dati, informazioni e notizie sulle proprie collezioni agli utenti e per farlo non deve sottovalutare l’aspetto qualitativo dell’esposizione. Durante il processo di fruizione si avranno dunque due dimensioni che dovranno essere correttamente bilanciate tra loro: una estetica, incentrata sulle reazioni di tipo sensoriale ed emozionale, ed una cognitiva, basata sugli stimoli di ordine intellettuale e culturale. (Solima, 2000, pp. 18-19) Ma la sola funzione di valorizzazione potrebbe non risultare sufficiente. Un altro aspetto fondamentale sarà quindi la promozione dell’offerta culturale. Il museo dovrà anche essere in grado di promuovere la pro-

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pria immagine nei confronti del pubblico, al fine di mantenere o arricchire il proprio bacino d’utenza. Promozione e valorizzazione, dunque.

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ei capitoli precedenti si è tentato di delineare il quadro generale di riferimento necessario per comprendere nel suo insieme un’istituzione culturale complessa ed importante quale quella del Museo Egizio di Torino. La storia e il contesto nel quale opera il museo sono elementi essenziali per lo studio sulla comunicazione visiva museale oggetto di questa dissertazione. Obiettivo di questa tesi è infatti giungere, attraverso un percorso di analisi, ricerca e riprogettazione, ad una ridefinizione degli elementi di comunicazione del museo. Per farlo si è ipotizzata la commissione del progetto da parte della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino ad un’ipotetica agenzia di comunicazione. Il progetto ha quindi preso avvio dalla mission della Fondazione, desumibile dalle parole del suo presidente, Alain Elkann: «Il nostro scopo è quello di coniugare il rigore scientifico e la divulgazione. Per questo il Museo egizio manterrà il suo antico ruolo di struttura scientifica destinata agli studiosi ma cercherà allo stesso tempo di coinvolgere maggiormente il pubblico e soprattutto i giovani». Il proposito di Alain Elkann è dunque quello di «svecchiare l’ atmosfera dell’ Egizio» senza per questo rinunciare al giusto apporto di competenze scientifiche e professionalità. 36

Ma quali sono gli strumenti più adatti per comunicare l’identità societaria di un museo archeologico? E quali gli strumenti migliori per aumentarne l’ergonomia intellettuale? A queste e ad altre domande, relative alla comunicazione visiva museale ed al miglioramento della divulgazione culturale attraverso metodi e tecnologie d’avanguardia, si cercherà di dare una risposta nei capitoli seguenti. Per far ciò sarà però necessario, innanzitutto, analizzare nel dettaglio quanto il museo e la fondazione omonima siano stati in grado di produrre fino a questo momento. Nei capitoli successivi si procederà, dunque, ad una analisi del materiale di comunicazione visiva preesistente al fine di raccogliere tutte le informazioni necessarie alla realizzazione del progetto vero e proprio. Prima tappa di questo percorso sarà l’analisi dell’immagine coordinata del museo.


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a necessità di definire con chiarezza la propria identità è oggi un bisogno sempre più sentito da aziende ed enti. Anche i musei, infatti, come i comuni o altri enti pubblici, tendono ad emulare il comportamento delle aziende private promuovendo sempre più decisamente un’immagine-identità chiara al fine di esercitare richiamo per il turismo, in particolare culturale. Come spiegato da F. H. K. Henrion e A. Parkin in Design Coordination and Corporate Image (1967): «Una corporate image è la totalità delle immagini, delle idee, delle valutazioni su un’azienda, che si formano nella mente di coloro che entrano in contatto con essa». Il termine “immagine coordinata” viene usato spesso come sinonimo per indicare il coordinamento degli aspetti grafici nella comunicazione dell’identità d’impresa. (Pasca e Russo, 2005, p. 8) Fondamentale per il buon esito della comunicazione d’impresa è trovare l’immagine più appropriata per riassumere le qualità, gli obiettivi e ciò che, in definitiva, rende unico il soggetto promotore. È indispensabile una buona dote di sintesi e un’accurata conoscenza dell’azienda o dell’ente del quale si vuole sviluppare l’identità di marca. Trovata tale immagine bisogna fare in modo che i vari elementi visivi siano ben coordinati tra loro e seguano lo stesso filo narrativo 38

senza deviazioni eccessive. Diventa quindi particolarmente importante il concetto della coerenza. È attraverso la coerenza degli elementi visivi, infatti, che sarà possibile fare leva sul fenomeno della memoria di marca. L’elaborazione dell’immagine coordinata del Museo Egizio di Torino è stata affidata a Pininfarina, nota azienda torinese attiva nel settore delle carrozzerie per automobili, ma non estranea anche al settore del design e della comunicazione visiva.

In base all’accordo di partnership con la Fondazione, Pininfarina si è occupata dell’aspetto stilistico del logo e della declinazione grafica del materiale di comunicazione. Ma non è stata la prima volta che l’azienda torinese ha avuto a che fare con il Museo Egizio. Una precedente collaborazione risaliva al 1967, quando il suo importante supporto tecnico è stato fondamentale per ricostruire l’antico tempio di Ellesija all’interno del museo.


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l logo della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino (fig.17) è stato presentato ufficialmente al pubblico da il 20 giugno 2005 presso lo Statuario del museo.

Fig.17: Il logo della Fondazione Museo Egizio

È costituito dalla riduzione in cinque tonalità di colore – dal giallo al marrone – dell’immagine frontale del volto della statua di Re Ramesse II, tagliata a metà in verticale e accompagnata dal logotipo recante il nome della fondazione torinese. La statua di Ramesse II è stata scelta per la sua esclusività, in quanto “pezzo unico” nella storia dell’egittologia. Ciò che la rende così famosa ed apprezzata in tutto il mondo sono le sue fattezza realistiche e atipiche rispetto ai canoni artistici dell’epoca. È considerata il ritratto capolavoro del faraone egizio più famoso e che ha regnato

più a lungo ed è raffigurata perfino sulla banconota da 50 piastre egiziane (fig.18).

Fig.18: La banconota da 50 piastre egiziane raffigurante la statua di Re Ramesse II

Bisogna ricordare, infatti, quanto lo stesso Jean François Champollion, a suo tempo, ne rimase affascinato. In una sua lettera all’amico L.J. Dubois si legge: «Ho infine ottenuto che si riunissero i frammenti della statua di Sesostris [Ramesse II] di cui parlo nella mia Prima Lettera [al duca di Blacas]. Non ne manca niente, e quando considero la bellezza e l’ammirevole perfezione di questa figura colossale, rimpiango di non averne detto abbastanza nella mia Lettera a favore dell’arte egiziana. Questa statua vi incanterà e direte con me, senza alcun dubbio: Depuis six mois entiers chaque jour je la vois et crois tojours la voir pour la première fois! [versi tratti dall’opera Bereni39


ce]. Ebbene, ne sono innamorato e arriverò a Parigi con un buon calco dell’intero busto di questa statua. Vedrete allora se la mia passione non è legittima. La testa è divina, i piedi e le mani sono ammirevoli, il corpo è morbido, io lo chiamo “L’apollo del Belvedere egiziano”.» (Ferretti, 2006, p. 21)

di spazio derivante dalla giustificazione o dell’importanza simbolica del termine. Come salta subito all’occhio, infatti, la parola meglio visibile è “egizie”, quella che meglio riassume l’unicità del museo torinese, secondo museo al mondo dedicato “esclusivamente” a questa antica civiltà.

L’immagine frontale del volto della statua è stata “dimezzata”, non solo per scelte di tipo grafico, ma anche per suscitare curiosità e desiderio di “scoperta” nell’osservatore. Desiderio che si intende debba tradursi nell’interesse a visitare il Museo.

Il logo si presenta dunque con un’immagine sobria ed elegante, ma allo stesso tempo statica e poco incisiva. La scelta dei colori e del carattere, in particolare, risultano quasi scontati e graficamente neutri. L’identità comunicata è quella di un’istituzione ancorata al passato, di vecchio stampo, seria e severa. Se l’obiettivo della Fondazione era quello di «svecchiare» l’immagine del museo con questo nuovo logo si potrebbe affermare che il risultato non è stato all’altezza delle aspettative.

Le cinque tonalità di colore sono invece le tonalità calde del deserto africano e si ispirano agli ambienti originari della cultura egizia, scelti con l’intento di veicolare, al contempo, un contenuto di innovazione e contemporaneità. In altre parole, l’intento originale di Pininfarina era quello di conciliare l’immagine tecnologica della città di Torino con la cultura millenaria dell’Egitto dei faraoni. È come se la statua fosse analizzata, sezionata, “scannerizzata” con l’intervento delle migliori tecnologie disponibili, al fine di garantire la sua migliore tutela e conservazione. (Pininfarina, 2005) Il carattere impiegato per il logotipo è un carattere proporzionale con grazie, molto snello, in maiuscoletto. Il colore utilizzato riprende una delle quattro tonalità di colore del logo ed il testo è giustificato all’interno di un riquadro rettangolare posto alla destra del logo. Ogni parola ha un peso grafico ben specifico in funzione dell’esigenza tecnica

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a declinazione grafica dell’immagine coordinata del Museo Egizio può essere apprezzata osservando il biglietto d’ingresso e le guide d’orientamento alla visita. Il biglietto d’ingresso (fig.19) riporta l’immagine della statua del Re Ramesse II insieme alla dicitura “Museo Egizio di Torino” all’interno di una cornice rossa con geroglifici in oro. Il carattere utilizzato è lo stesso del logotipo della Fondazione, logotipo che riappare sul retro del biglietto insieme al “mezzo volto” del faraone stesso. Le guide sono invece caratterizzate dalla disponibilità di tre diverse versioni (fig.20): una rivolta ai visitatori italiani, una in lingua inglese per i visitatori stranieri ed una, sempre in italiano, per i visitatori più giovani.

Fig.20: Le tre tipologie di guida

Fig.19: Il biglietto d’ingresso

La guida rivolta ai più giovani (fig.21) è anche quella che presenta le scelte progettuali più interessanti. La scelta degli argomenti trattati è stata fatta sulla base degli interessi più comuni per questa fascia d’età. Vi compaiono, per cui, titoli come: “Dove abitavano gli egizi?” “Che aspetto avevano?” “Chi comandava in Egitto?” “C’era la scuola in Egitto?”. Il linguaggio utilizzato è inoltre semplice e diretto e il carattere impiegato è caratterizzato dall’assenza di grazie e da un corpo maggiore rispetto a quello usato per le altre guide di orientamento al museo. Si tratta di una scel41


ta progettuale mirata al target di riferimento e il suo scopo è quello di facilitare la lettura e rendere più “informale” il testo. Ogni capitolo è inoltre contraddistinto da un colore diverso ed ogni pagina è numerata, per per-

mettere agli insegnanti di indicare ai propri giovani studenti dove guardare per trovare le informazioni relative all’opera che si sta osservando in quel particolare momento.

Fig.21: La guida per “i più giovani” (fronte - retro)

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Fig.22: La guida per gli adulti (fronte - retro)

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a segnaletica interna di un museo è costituita dai supporti informativi messi a disposizione del pubblico. È possibile distinguere tre livelli di comunicazione: • le indicazioni delle gallerie e dei percorsi; • i pannelli esplicativi del contenuto di ciascuna sala; • le informazioni poste a corredo dei singoli pezzi. Un’interessante riflessione che si potrebbe fare a tal proposito riguarda l’opportunità di imprimere sollecitazioni o vincoli al “libero arbitrio” del visitatore nella scelta del percorso da seguire durante la fruizione della mostra. Il visitatore spesso non possiede le basi necessarie per comprendere appieno ciò che osserva, né la rete di collegamenti invisibili tra le varie opere esposte. Risulta comprensibile, dunque, la volontà di indirizzarlo verso una modalità di lettura appropriata dell’esposizione mediata attraverso le conoscenze degli esperti. D’altronde il momento divulgativo è alla base stessa dell’istituzione museale. È anche vero, però, che una situazione eccessivamente costrittiva può portare il visitatore ad assumere un atteggiamento di ansia o di rifiuto. Per questo motivo bisogna prestare particolare attenzione nella costruzione del sistema di segnaletica interna. 44

La predisposizione del materiale segnaletico contenente le indicazioni dei percorsi dovrebbe limitarsi a suggerire dei possibili itinerari, e non imporne dei propri, magari suggerendo al visitatore la possibilità di costruire un proprio percorso culturale soggettivo. La possibilità di interagire con l’offerta museale anche ad un tale livello potrebbe migliorare l’esperienza stessa della visita. Per farlo sarebbe però necessario che al visitatore fossero forniti i riferimenti teorici sulla base dei quali costruire la visita in maniera conforme ai propri schemi culturali ed alle proprie conoscenze, superando i «limiti di una fruizione delle collezioni museali fondata sulla ispezione di una serie di atomi materiali – i singoli oggetti esposti, ognuno chiuso in sé stesso – invece che letti come “nodi” di reticoli storici e concettuali complessi». (Solima, 1998, p. 99) L’importanza della segnaletica museale non appare spesso evidente ma bisogna ricordare che concorre, al pari di altri fattori, a determinare il livello del servizio offerto. Basti pensare che in una recente rilevazione compiuta dal British Museum sul suo pubblico una percentuale decisamente elevata delle persone intervistate (poco meno del 12%) ha segnalato, tra i motivi di insoddisfazione, la scarsa qualità della segnaletica del museo (Cfr. CAYGILL e LEESE – Visitors to the British Museums).


Perché la segnaletica interna risulti utile è dunque necessario innanzitutto che per il visitatore sia sempre chiaramente comprensibile, non solo il luogo nel quale si trova fisicamente in quel momento, ma anche la sua collocazione all’interno dello spazio culturale rappresentato dal percorso espositivo. (Solima, 1998, p. 101)

La segnaletica interna del Museo Egizio di Torino ripropone i tre livelli informativi illustrati in precedenza: indicazioni dei percorsi, pannelli tematici e didascalie a corredo dei reperti. Il primo tipo di supporto è costituito da pannelli verticali marchiati con il logo della Fondazione Museo Egizio. Si tratta di pannelli singoli o tripli – a forma di prisma a base triangolare – con la possibilità di autosostenersi al centro della sala. I pannelli tematici sono invece attaccati alle pareti o disposti in apposite nicchie e riconoscibili per la loro tipica forma a “T”. Entrambi i supporti informativi ripropongono uno stesso modello grafico, condividendo caratteri, colori e impaginazione dei contenuti. Se la coerenza grafica può essere portata a loro sostegno come un punto a favore, però, bisogna riconoscere come fattore limitante il carattere freddo e anonimo della loro impaginazione grafica. L’uso del colore è quasi del tutto assente, le informazioni sono riportate in maniera asettica sotto forma di lunghi testi bilingue e sembra del tutto assente la volontà di coinvolgere il pubblico più giovane nella condivisione del sapere messo a disposizione da tali supporti informativi. Evidentemente il pubblico giovanile è stato escluso dal target di riferimento di questi supporti già in fase progettuale. Una scelta non insensata dal punto di vista statistico – quanti bambini hanno il background culturale e la pazienza necessaria per fermarsi a leggere i lunghi testi dei pannelli informativi posti all’interno di un museo? – ma dettata da un approccio deduttivo a posteriori, per cui non del tutto esatto.

Fig.23: Uno dei pannelli informativi tematici

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l museo rappresenta solo una delle tante alternative disponibili nel panorama delle scelte relative all’impiego del tempo libero e del reddito disponibile. Vi sono molti altri prodotti e servizi che possono sostituirsi ad esso nel campo della divulgazione culturale o dell’intrattenimento. Il museo si colloca quindi all’interno di un contesto competitivo molto agguerrito e complesso, nel quale la concorrenza può assumere anche forme indirette, ma non meno rilevanti. In un tale scenario, risulta quindi necessario studiare forme nuove di articolazione dell’offerta. Coniugando la funzione educational con quella di entertainment, si giunge a soluzioni che sono state definite, per l’appunto, di edutainment. Una di queste può essere considerata il sito internet istituzionale. Attraverso l’utilizzo di piattaforme interattive, si riesce con maggiore facilità a catturare l’attenzione di un pubblico abituato a forme di comunicazione evolute. Permettendo all’utente di consultare il materiale informativo messo a disposizione in modalità iper-testuale si aumenta il suo grado di coinvolgimento e, di conseguenza, anche la qualità dell’esperienza con l’offerta museale. Inoltre, la struttura iper-testuale, per sua natura, consente al “navigatore” un approccio multi-disciplinare al problema, che risulta intellettualmente più stimolante ed introduce importanti elementi di creatività nello stesso processo di fruizione. 46

Ma i vantaggi non sono finiti qui. Internet è uno strumento estremamente flessibile che permette di veicolare informazioni sia di tipo istituzionale che di natura promozionale. Fornendo la giusta dose di informazioni e intrattenimento il visitatore potenziale, prima di recarsi alla mostra, può essere messo in condizione di avere accesso ad una pluralità di informazioni e notizie, utili ad influenzare positivamente il suo processo decisionale ed a fornirgli un quadro d’insieme dei contenuti culturali dell’evento stesso. (Solima, 1998, pp. 108-109) A differenza dei supporti cartacei, per loro natura inevitabilmente statici, Internet consente inoltre di aggiornare costantemente con nuove informazioni il proprio bacino d’utenza. Tale caratteristica risulta particolarmente rilevante nel caso del sito istituzionale del Museo Egizio. Gli utenti vengono costantemente aggiornati riguardo a nuove iniziative, servizi o promozioni. Il sito internet della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino (fig.24) è stato realizzato dall’azienda torinese Domino, attiva nel settore della comunicazione e del marketing attraverso internet. Il progetto è nato con l’obiettivo di presentare la nuova conduzione del museo in seguito all’istituzione della Fondazione. Domino si è occupata quindi di sviluppare tutte le componenti del progetto: comunicazione


web, design, sviluppo software ed erogazione. Le sezioni principali del sito sono quelle relative alla Fondazione, al Museo, alle attività didattiche, alle visite ed ai percorsi di visita all’interno del museo. Nella home page vengono presentate alcune delle opere emblematiche della collezione, provviste di didascalie esplicative, le informazioni pratiche per raggiungere o contattare il museo e gli eventuali avvisi in riferimento a particolari iniziative o eventi patrocinati dal Museo Egizio di Torino. Il risultato è un sito di facile navigazione, ben strutturato, ma che non concede troppo sul fronte dell’intrattenimento. Quello che manca è soprattutto l’elemento ludico ed interattivo. Manca, cioè, quell’approccio alla comunicazione del sapere citata nei precedenti capitoli con il nome di edutainment.

abbondante e ben organizzato, ma esposto in maniera neutrale, esclusivamente sotto forma testuale o, al più, corredato da immagini di piccole dimensioni, spesso sprovviste anche delle indispensabili didascalie esplicative.

Nonostante il sito presenti un’intera sezione dediFig.24: La home page del sito internet della Fondazione Museo Egizio cata ai giovani studenti – che rappresentano una porzione consistente dell’utenza del museo, grazie alle visite guidate – è evidente, infatti, come tale Il sito si presenta dunque come un porsezione sia rivolta in realtà più ai loro inse- tale informativo statico, non interattivo e gragnanti che non agli studenti stessi. Non sono ficamente monotono. presenti giochi educativi, visite virtuali né un particolare lessico comunicativo mirato al target di riferimento. Il contenuto informativo è

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l punto vendita del Museo Egizio propone diversi oggetti personalizzati per poter veicolare l’immagine del Museo. Tra di essi figurano penne, matite, gomme, quaderni, segnalibri, spille, borse, guide, libri per adulti e per bambini e altri oggetti di vario genere, dall’orologio alla riproduzione di statue o stampe raffiguranti le opere più note del museo. L’utilità del merchandising è legata, oltre ai vantaggi finanziari da esso derivanti, anche alla convinzione che tali prodotti riescano a soddisfare efficacemente le aspettative dei visitatori contribuendo, contemporaneamente, alla diffusione della conoscenza del museo e del suo patrimonio. Gli oggetti venduti, infatti, oltre ad un certificato di provenienza, presentano in molti casi anche delle spiegazioni dettagliate sull’opera alla quale sono state ispirate, assolvendo – per quanto possibile – anche ad una funzione divulgativa. (Solima, 1998, pp. 112-115) Nella vasta scelta di oggetti disponibili presso il Museum Shop dell’Egizio è possibile notare una certa riproposizione degli elementi grafici distintivi dell’immagine coordinata del museo. In primo luogo il logo del museo e il suo logotipo. Talvolta, però, è assente ogni riferimento esplicito al Museo Egizio o, qualora ci sia, non è presentato in maniera conforme alla grafica dell’immagine coordinata. Questa 48

mancanza va ad intaccare il lavoro svolto sulla corporate image del museo e non può che minarne l’efficacia comunicativa. Il principale obiettivo nella creazione di una brand identity è infatti quello di favorire il riconoscimento della marca. Il coordinamento degli elementi grafici è quindi un fattore essenziale nella comunicazione visiva dell’identità d’impresa. Eventuali incongruenze possono vanificare gli sforzi compiuti per facilitare “identificazione” e “memorizzazione”. Per quanto riguarda il rapporto che si viene a creare tra il visitatore e la struttura museale attraverso l’atto di acquisto, vanno sottolineati due aspetti: in primo luogo, in molto visitatori la decisione di acquisto è motivata da un sentimento di solidarietà verso l’istituzione, che viene indirettamente sostenuta sotto il profilo finanziario acquistando i prodotti messi in vendita dal museo. In secondo luogo, può risultare determinante una sorta di “desiderio di appropriazione” del visi-


tatore, che si esprime concretamente attraverso l’acquisto di un prodotto realizzato dal museo, del quale viene privilegiato pertanto l’aspetto simbolico, oltre a quello estetico o funzionale. L’atto di acquisto, in questa logica, finisce per certi versi per rappresentare il desiderio inconscio di realizzare un “prolungamento” della visita del museo, il quale viene “reificato” sotto forma di cartoline, poster, riproduzioni di vario genere, etc. Gli aspetti impliciti del processo di acquisto vengono pertanto collegati al “valore segnico” attribuito dal compratore agli oggetti di consumo. (Solima, 1998, pp. 116-117)

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l British Museum di Londra è uno dei più grandi ed importanti musei di storia del mondo. Al suo interno trovano spazio sei milioni di oggetti che testimoniano la storia e la cultura materiale dell’umanità dalle origini ad oggi. Tra le più importanti e famose: le sculture del Partenone, il Tesoro di Oxus, i Bronzi di Benin, le sculture di Amavarati, la Stele di Rosetta e varie statue e mummie egizie. Proprio per la sua famosa sezione egizia fa, infatti, il British Museum rappresenta uno dei più importanti concorrenti del Museo Egizio di Torino in Europa nel settore della divulgazione culturale applicata alle antichità di questa civiltà. Per questo motivo si è ritenuto utile mettere a confronto il lavoro di comunicazione visiva svolto dai due musei. Come per il precedente capitolo, l’analisi si soffermerò, dunque, su tutti gli aspetti della comunicazione visiva del British Museum. Dal confronto effettuato si procederà dunque a trarre le conclusioni di quanto osservato e ad illustrare l’ipotesi di progetto basata sui risultati di tali considerazioni.

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l logotipo del British Museum ripropone il nome del museo in maiuscolo, a cui talvolta va ad accompagnarsi un riferimento alla città di residenza: Londra.

tere tipografico creato appositamente per il museo, facilmente riconoscibile grazie alla conformazione atipica della lettera “u”. Questo segno distintivo, anche se poco evidente – ma comunque, proprio per questo, più elegante e discreto – basta ad imprimere nella memoria dell’osservatore il ricordo dell’identità visiva del museo. Il logotipo è infatti molto usato nel materiale di merchandising, anche come solo elemento d’identificazione.

Fig.25: Il logotipo del British Museum

Il carattere utilizzato è di tipo lineare, senza grazie, molto leggibile ma, allo stesso tempo, non privo di un minimo di ricercatezza stilistica. Le parole sono infatti disposte una sopra l’altra secondo un allineamento non convenzionale e fanno uso di un carat-

Fig.26: Il logotipo del British Museum declinato nelle diverse iterazioni di colore

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A volte è accompagnato dal disegno del prospetto dell’edificio ospitante il museo (fig.27), completo o disegnato solo in parte. La grafica impiegata è di tipo tecnico: un chiaro riferimento ai progetti architettonici relativi al recente ampliamento della corte centrale dell’edificio.

Fig.27: Il logo del museo con il prospetto dell’edificio su un block notes


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a segnaletica interna del British Museum si suddivide in tre diversi tipi di supporti disseminati per le sale del museo: i pannelli verticali posti all’interno della corte centrale dell’edificio, i pannelli contestuali che suddividono in zone tematiche le diverse sale del museo e le didascalie specifiche di ogni opera o reperto. Non si notano particolari ricercatezze grafiche nella realizzazione di tali supporti informativi. Quelli maggiormente curati sono i pannelli verticali (fig.28). È assente, tuttavia, qualunque riferimento agli elementi visivi della brand identity del museo. Il colore istituzionale non è stato ripreso, il carattere impiegato è un comune Arial e le immagini di corredo ripropongono alcune delle opere ospitate nella collezione londinese. Non è stato ripreso nemmeno il logotipo del museo, forse per rimarcare l’aspetto di “zona franca” riconducibile all’area centrale dell’edificio, adibito a zona di transito, ristoro e sosta, virtualmente esterno al percorso tematico museale. Fig.28: I pannelli verticali

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Fig.29: La home page del sito internet del British Museum

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l sito internet del British Museum è strutturato secondo la tipologia del portale istituzionale. L’impaginazione è realizzata in codice HTML con piccoli inserti animati o interattivi in flash. La struttura è estremamente semplice: un header, un corpo principale ripartito in tre colonne di testo e immagini e un footer. Nell’angolo sinistro dell’header fa bella mostra di sé il logotipo del museo, bianco su fondo colorato. Sul lato destro è invece presente un campo di ricerca, estremamente utile per velocizzare ed ottimizzare la ricerca delle informazioni. Più sotto, alla base dell’header, sono invece presenti i pulsanti relativi alle sezioni principali del sito. Ogni sezione è contraddistinta da un colore differente per aiutare l’utente ad orientarsi tra le pagine del portale. I contenuti del sito sono in parte permanenti ed in parte temporanei, aggiornati periodicamente. A livello strutturale, se si escludono il footer e l’header, presenti, senza particolari variazioni di sorta, in ogni pagina, il sito appare poco organico, quasi confusionario. È un difetto particolarmente evidente nella Home page, dove ogni sezione ha una barra del titolo di colore e formato differente e si mescolano immagini, icone e testo, ma non del tutto assente anche nelle pagine dedicate alle singole sezioni.


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’oggettistica venduta all’interno del British Museum ripropone in varie forme gli elementi dell’identità visiva del museo. L’elemento più ricorrente è ovviamente il logotipo, ma a differenza dei gadget relativi al Museo Egizio, quelli del British Museum ricorrono spesso anche al richiamo dei colori istituzionali. Come per il Museo Egizio, gli oggetti sono molti e molto vari: penne, matite, segnalibri, gomme, spille, borse, peluche e riproduzioni di opere. Spicca, però, per varietà il materiale da cancelleria, ma è interessante notare anche la commercializzazione di prodotti culinari tipici dell’area geografica d’appartenenza del museo. È una scelta promozionale molto interessante in quanto lega il museo al territorio e viceversa. Anche in questo caso sulla confezione sono ripresi gli elementi visivi dell’immagine coordinata del museo.

L’uso estensivo dei colori istituzionali e del logotipo richiama immediatamente al fine promozionale insito nella commercializzazione di questi oggetti. L’identificazione con il museo è immediata ed è ben visibile una certa omogeneità di stile utile al ricordo dell’identità di marca. Non vi sono particolari carenze o pecche da segnalare.

Fig.30: Una raccolta del materiale di merchandising commercializzato con il marchio del British Museum

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al confronto tra l’immagine coordinata del Museo Egizio con quella del British Museum emergono scelte progettuali diverse che differenziano in maniera abbastanza evidente i due progetti. Bisogna ricordare, però, che i due musei possiedono contesti di riferimento del tutto differenti. Il primo è un museo dedicato esclusivamente ad una singola civiltà, con tutti i pregi e le limitazioni del caso. Il secondo, invece, è un museo a tutto tondo, pluritematico, con opere e reperti riconducibili a più civiltà diverse. Questa differenza d’impostazione è particolarmente evidente nelle scelte progettuali alla base della creazione del logo dei due musei. Il Museo Egizio, potendo usufruire di una maggiore omogeneità interna, può permettersi di “pescare nel mazzo”, scegliendo un’immagine rappresentativa dell’intero museo tra le opere più significative della sua raccolta. Il British Museum, viceversa, è costretto ad usare un approccio più generalista, meno specifico. Al di là di ciò, però, è possibile rimarcare alcune caratteristiche comuni. Entrambi i musei, ad esempio, peccano di un’organicità visiva troppo frammentaria. L’immagine di marca viene stravolta con troppa facilità e questo pregiudica il ricordo dell’identità visiva dei due musei.

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Emergono dei propositi di sviluppo per la successiva fase di progettazione: • sviluppare un’immagine coordinata più “semplice” e versatile; • migliorare l’organicità del sistema di comunicazione visiva del museo; • progettare tenendo conto dei principi di accessibilità del contenuto.


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ei capitoli precedenti abbiamo visto come uno dei principali scopi del museo sia quello di diffondere la conoscenza di cui è portatore. Per farlo, però, non è sufficiente gettare in pasto al pubblico le informazioni disponibili sulle opere e i reperti custoditi all’interno della struttura. Bisogna saper stimolare il visitatore in maniera adeguata e, per farlo, risulta necessario affrontare uno studio approfondito sulla fruizione del museo che vada a crearne o a migliorarne l’“ergonomia intellettuale”. Si considera una buona “ergonomia intellettuale” l’utilizzo di metodologie e tecniche tali da favorire l’acquisizione del sapere tramite metodi di fruizione il più semplificati possibile e buone interfacce informazioneutente. L’esposizione va concepita pensando che al suo interno gli utenti interagiscono con gli occhi, con le orecchie, con le dita e con il movimento del proprio corpo e di quello degli altri visitatori. Generalmente, il senso che più viene sollecitato è la vista, ma ciò non esclude l’utilizzo di mezzi di comunicazione che facciano leva sull’udito, sul tatto e sull’odorato. Tenendo presente questi elementi, è possibile potenziare realmente l’aspetto didattico e il fascino dell’esposizione, stimolando ricerche, scoperte e domande. (Durant, 1998, p.36-37)

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Una progettazione dell’esposizione museale basata sullo studio dell’ergonomia intellettuale dovrà tener conto di quattro fattori fondamentali: • tempo; • energia; • denaro; • informazione. Se le prime tre possono essere considerate delle risorse scarse, da amministrare in maniera parsimoniosa, l’eccessiva sovrabbondanza di informazione può, invece, produrre effetti opposti e deleteri. Troppe informazioni possono, infatti, condurre alla saturazione e demotivare i visitatori. Una buona “ergonomia intellettuale” dovrà quindi eliminare passività, frustrazione e saturazione informativa e dovrà essere sostenuta da un linguaggio immediatamente accessibile e comprensibile a tutti. A questo scopo è importante: • ottimizzare i quattro fattori; • stabilire una chiara gerarchia tra i messaggi per agevolare l’orientamento del visitatore o evitare che sia costretto a code eccessive; • utilizzare una scenografia che aiuti nella visualizzazione dei temi principali; • guidare il visitatore dal generale allo specifico, in modo che possa attraversare i vari livelli di approfondimento disponibili. (Durant, 1998, pp. 37-38)


Riassumendo, dunque, un buon progetto di esposizione museale ergonomica dovrebbe, quindi, stimolare tutti i sensi del visitatore, ottimizzare l’impiego di tempo, energia e denaro e rendere l’informazione immediatamente intellegibile e accessibile a tutti, senza rinunciare all’impiego di metodologie utili per rendere l’apprendimento più interessante o gradevole.

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i inserisce in questa casistica l’esempio del progetto “Museo Egizio da toccare”; un’iniziativa nata nel 1982 e sviluppata per permettere l’integrazione dell’handicap visivo nell’esperienza di fruizione del museo. Il progetto prevedeva la predisposizione di un “itinerario tattile” all’interno dello statuario del museo, integrato da uno specifico materiale didattico studiato in collaborazione con l’Unione Italiana Ciechi e il Centro di Documentazione Non Vedenti della città di Torino. Il manuale aveva testi in braille6 e nero e disegni a rilievo realizzati con tecnica Minolta. Il programma “Arte da toccare” confluisce in seguito nel più ampio progetto “Museo Egizio oltre l’handicap”. Nel 1994, dopo oltre dieci anni di esperienze, il progetto ha una nuova fase di sviluppo. Questa volta l’offerta si arricchisce di un sistema integrato di visita del museo che tiene conto anche della multimedialità. All’itinerario tattile si va ad aggiungere l’area informativa “Museo Egizio da Toccare” presente nel sito internet del museo. La sezione viene sviluppata per favorire l’accessibilità dei contenuti agli utenti non vedenti ed ipovedenti con testi a corpo maggiore giallo su 6 Il braille è un sistema di scrittura e lettura a rilievo per non vedenti.

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Fig.31: Particolare del pettorale del sarcofago del giudice Gemenefherbak (600 a.C. ca), parte dell’itinerario tattile nello statuario del museo

fondo nero e relativa stampa in braille. Completa l’offerta il manuale guida ai disegni delle opere “Le statue degli Egizi”, realizzato con disegni a rilievo secondo le peculiarità della statuaria egizia e accompagnato da una cassetta audio integrata al materiale-guida.

Fig.32: Materiale didattico comprendente una guida all’itinerario tattile con schede delle opere in testo braille e nero e disegni a rilievo con tecnica Minolta


L’esempio del “Museo Egizio da toccare” può essere inquadrato facilmente nell’ambito di un programma rivolto all’integrazione delle disabilità all’interno della divulgazione culturale. Ciò non toglie che, al di là di quest’interpretazione finalistica, il progetto sviluppato dal Museo Egizio abbia anche un ritorno su soggetti diversi dai portatori di handicap visivo. La possibilità di toccare direttamente le opere o delle riproduzioni, soprattutto se opportunamente segnalato, può arricchire l’esperienza di fruizione della mostra di qualunque genere di visitatore, a partire dai bambini, che per loro natura, amano esplorare il mondo attraverso il tatto.

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ei capitoli precedenti abbiamo analizzato nel dettaglio il materiale di comunicazione visiva prodotto per il Museo Egizio di Torino al fine di comunicarne l’identità societaria: la cosiddetta corporate identity. Ma per sviluppare una strategia di comunicazione efficace e completa non ci si può limitare ad analizzare il materiale di comunicazione già prodotto. Vi sono molti altri strumenti che potrebbero essere usati per integrare ed estendere il sistema di comunicazione del Museo Egizio. Ma quali sono i più adatti al nostro caso? Tra di essi possiamo individuare i servizi di accoglienza, le cosiddette strategie di promozione, comprendenti tematiche come la pubblicità, il marketing e le relazioni pubbliche, ma anche concrete possibilità di edutainment come quelle permesse dal diffondersi delle nuove tecnologie informatiche. È il caso di strumenti particolarmente versatili quali la visita virtuale al museo e le applicazioni di realtà aumentata. Nei paragrafi seguenti vedremo le caratteristiche principali di questi strumenti, i loro punti di forza e i loro punti deboli, e verranno descritti gli esempi di alcune eventuali implementazioni in ambito museale.

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n questa categoria rientrano quell’insieme di servizi messi a disposizione del pubblico per rendere la visita ad un museo più rispondente alle sue aspettative. È possibile distinguere tra “servizi esterni” e “servizi interni”. I servizi esterni di accoglienza, consistono, ad esempio, nella predisposizione di pacchetti turistici in collaborazione con Tour Operator, nella presenza di centri informativi, nella segnaletica cittadina, nella presenza di parcheggi e nel servizio informazioni e prenotazioni. I servizi interni di accoglienza sono invece connessi alla presenza di reception, servizio biglietteria, segnaletica interna, centri di incontro e di ristoro, negozi e bookshop, servizio di pronto soccorso, servizio accompagnamento anziani, servizio di nursering, ecc. Alcuni di tali servizi sono stati descritti più nel dettaglio nei precedenti capitoli. Non ci soffermeremo oltre sui rimanenti per via della poca correlazione con l’ambito visivo oggetto del percorso di studi di questa dissertazione.

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no strumento molto importante per la comunicazione museale è quello delle iniziative e degli eventi patrocinati dal museo stesso per promuovere la propria immagine all’esterno coltivando, al contempo, le relazioni pubbliche con altri enti, aziende o direttamente nei confronti del proprio pubblico di utenti e visitatori. Questo genere di promozione può avvenire attraverso diverse strategie di marketing, quali, ad esempio, la pubblicità, il marketing diretto e le relazioni pubbliche. Ma cosa intendiamo per promozione? Vi sono diverse forme di comunicazione riconducibili al campo d’applicazione della promozione. Una di queste è la cosiddetta comunicazione di carattere istituzionale e consiste nel produrre un flusso costante di informazioni sui contenuti e sul progetto culturale della struttura museale, quando non la sua stessa esistenza. Questo genere di promozione viene generalmente veicolata attraverso l’immagine coordinata presente sulla modulistica di rappresentanza, le affissioni, il sito internet dell’istituzione e la comunicazione interna ed esterna per mezzo di posta. Tuttavia, al di là della comunicazione istituzionale, solitamente si tende ad associare la promozione con il verificarsi di un evento culturale specifico, come una mostra

temporanea. Questo perché in occasione di tali eventi emerge la necessità di informare l’opinione pubblica dell’esistenza dell’evento stesso e, per farlo, si ricorre in genere ad un media relativamente economico, ossia le affissioni, realizzate in prossimità dell’inizio della manifestazione. Ma le affissioni non rappresentano il solo media con il quale veicolare tali informazioni. Molto usate a livello locale sono anche le locandine, diffuse con la collaborazione dei gestori degli esercizi commerciali del luogo. In presenza di budget più elevati possono, però, essere impiegati anche mezzi d’informazione più incisivi, come la radio, la televisione e la carta stampata. In alternativa, un ulteriore strumento di comunicazione destinato progressivamente a diffondersi in maniera sempre più pervasiva e capillare a livello internazionale, è rappresentato dalla possibilità di presenza sulla rete Internet. I vantaggi sono molteplici e i costi d’implementazione molto contenuti. Vi è infatti la possibilità di: • Veicolare messaggi istituzionali e promozionali costantemente aggiornati; • Stabilire un contatto diretto con gli utenti, attuali e potenziali, che consenta, ad esempio, di raccogliere valutazioni e commenti sulla manifestazione o sull’efficienza della struttura; • Creare un data-base di nominativi, 65


attraverso l’acquisizione delle e-mail delle persone entrate in contatto con il sito, verso cui indirizzare, a costi quasi nulli, missive elettroniche destinate, ad esempio, ad informare l’utenza dell’approssimarsi delle attività museali; • Stimolare la creazione di “gruppi di discussione” attraverso cui operatori del settore ed esponenti della comunità scientifica possano entrare in contatto con gli utenti del sito Internet. Riassumendo, quindi, la qualità e l’efficacia di un sito Internet possono, pertanto, essere misurate facendo riferimento a due dimensioni specifiche: quella informativa e quella interattiva. L’importante è non ridurre il sito ad una mera “vetrina elettronica”, ma caratterizzarlo, attraverso l’aumento delle informazioni rese disponibili on-line e del contributo di partecipazione e di interazione da parte dei fruitori, come ciò che Micelli, Legrenzi e Moretti identificano con il termine di “ambiente evoluto”. Fin’ora abbiamo parlato delle forme di promozione cosiddette, dirette. Ma esiste anche una forma di promozione indiretta ed è quella delle pubbliche relazioni. Il loro scopo è quello di migliorare la conoscenza e la reputazione del museo nei confronti del pubblico esterno attraverso la partecipazione a dibattiti e convegni, spesso promossi dalla stessa istituzione museale. I principali soggetti coinvolti in tale forma di promozione sono il direttore del museo e i diversi responsabili delle strutture scientifiche che, attraverso i contatti con la comunità politico-istituzionale, il mondo imprenditoriale ed il tessuto

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sociale, hanno la possibilità di sollecitare la predisposizione di tali soggetti ad interventi di finanziamento dell’istituto museale Vi sono poi altri strumenti di promozione in senso stretto. Uno di questi è la fidelizzazione dell’utenza attraverso abbonamenti e formule di ingresso articolate nel tempo. Ma quello che più caratterizzata l’offerta promozionale museale è, sostanzialmente, la limitazione dovuta all’impossibilità di distribuire fisicamente il bene, che può essere messo a disposizione del pubblico unicamente nella sede che lo ospita. Sotto questo punto di vista, va però considerata l’esistenza di vari soggetti, disseminati sul territorio, che concorrono a realizzare una forma di promozione diretta o indiretta del bene culturale. Rientrano nel primo caso gli uffici per il turismo e altre istituzione demandate alla valorizzazione del patrimonio culturale, mentre svolgono, invece, una forma di promozione indiretta i Tour Operator e le agenzie di viaggio. (Solima, 1998, pp. 325-331)


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a visita virtuale al museo è uno strumento nuovo e in continua ascesa riconducibile nell’ambito della comunicazione visiva museale. Lo scopo della cosiddetta “realtà virtuale” è quello di simulare la realtà in modo da ingannare la percezione visiva, in modo, cioè, da far credere veramente reale quanto rappresentato per mezzo di tecnologie interattive basate sul computer. Benché tecnicamente complessa, il suo schema di funzionamento è semplice: si costruisce un modello elettronico dell’ambiente da replicare modellandolo in tre dimensioni e si immagazzina tale modello nel computer; a questo punto entra in gioco l’applicazione di un algoritmo che permette di calcolare e restituire visivamente, quasi in tempo reale, la vista del modello che si avrebbe nella realtà dal punto di vista scelto. L’intera elaborazione avviene in un lasso di tempo ristrettissimo7, il che significa che lo spostamento del punto di vista viene percepito come continuo. È lo stesso fenomeno fisico che ci permette di osservare un film al cinema senza notare la successione dei fotogrammi. Se la costruzione del modello e la sua resa grafica sono accurate e di elevata qualità l’approssimazione alla percezione reale è notevole. (Antinucci, 2004, p. 126) 7

Meno di un quindicesimo di secondo.

Il suo principale pregio è, quindi, quello di “immergere” il visitatore nella realtà simulata dandogli l’illusione di trovarsi effettivamente nell’ambiente che sta osservando. Questo può avvenire dotando il luogo di esposizione delle apposite postazioni che permettono di compiere l’esperienza immersiva o direttamente a casa dell’utente, attraverso il suo personal computer. In quest’ultimo caso l’esperienza immersiva è, ovviamente, più limitata ma, allo stesso tempo, più facilmente realizzabile. Bisogna tener conto, infatti, che le postazioni di realtà virtuale sono fortemente condizionate dal costo della loro implementazione, dalla delicatezza tecnica che l’apparato presenta, nonché dalla difficoltà di gestione e manutenzione. Finché il progresso tecnologico non renderà facilmente accessibili tali apparati, la veicolazione per mezzo di Internet o tramite CD-Rom rimarrà, per cui, l’alternativa migliore. Il modello virtuale rimane comunque un supporto valido anche in mancanza degli appositi apparati di delivery immersiva e questo perché è decisamente superiore a qualsiasi tipo di disegno ricostruttivo e a qualsiasi tipo di modellino fisico. Il motivo fondamentale è che il livello di dettaglio e di accuratezza raggiungibile nella modellazione virtuale non ha limiti, dato che la scala è 1 a 1 e siccome lo spazio del modello è percorribile a piacere, inquadrando o avvicinando ogni particolare, fino a coglierne anche il più piccolo dei dettagli. 67


Anche in queste condizioni, quindi, la realtà virtuale rimane comunque la miglior ricostruzione possibile dal punto di vista percettivo, e rappresenta, dunque, il miglior sistema per la lettura di questo tipo di opere. (Antinucci, 2004, pp. 127-128) La sua flessibilità la rende, inoltre, un utile sostituto in tutte quelle particolari condizioni in cui, per motivi pratici o contingenti, non è possibile effettuare la ricostruzione fisica dei modelli. Non tutti i musei, infatti, hanno abbastanza spazio a disposizione per ospitare riproduzioni in scala 1 a 1 di reperti o architetture. Non sembra questo il caso del Museo Egizio, che si appresta, a breve, ad ampliare il proprio spazio espositivo andando ad inglobare i molti metri quadri lasciati liberi dalla Galleria Sabauda. Ma c’è, anche in questo caso, un limite non travalicabile: anche aggiungendo alla superficie visitabile del museo l’intera metratura del Collegio dei Nobili, non sarà mai possibile ricostruire al suo interno una piramide in dimensioni reali. Un limite che non si impone alle libertà espressive della realtà virtuale. E non è tutto. Tra le possibilità offerte da questo mezzo vi è, inoltre, l’opportunità di contestualizzare i reperti per quanto riguarda la loro collocazione storica, spaziale e funzionale. Si può ricreare, cioè, attorno ad ogni reperto la situazione contingente il suo ritrovamento, mostrandolo al centro di una rappresentazione dello scavo archeologico che lo ha portato alla luce. O si può ricostruire l’ambiente in cui si trovava al tempo della sua creazione o la situazione contingente l’impiego del reperto mostrato nell’atto di adempiere alla sua funzione originale. E, come se

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ciò non bastasse, vi è, inoltre, la possibilità di simulare ipotesi di restauro senza andare ad intaccare il reperto esistente, magari proponendo più soluzioni per uno stesso reperto. Le possibiltà sono davvero infinite. Ciò che rende possibile una tale flessibilità è la strutturazione a livelli dell’informazione che permette di mostrare, nascondere o sovrapporre più rappresentazioni differenti dello stesso oggetto. Per non parlare della possibilità di focalizzare l’attenzione sui singoli oggetti senza perderne il significato contestuale. Ma la realtà simulata della visita virtuale si differenzia dalla normale offerta culturale del museo anche attraverso altre caratteristiche: • nella realtà virtuale è sicuramente più attenuato l’effetto cosiddetto di “affaticamento da museo”; l’attenzione dei visitatori verso gli oggetti esposti, cioè, superata la prima mezz’ora di visita, decade rapidamente col passare del tempo. Il pubblico si sofferma sugli oggetti per meno tempo e più di rado. • la struttura architettonica che ospita il museo reale vincola fortemente la progettazione delle esposizioni. Nella realtà virtuale questo vincolo non esiste. • le esposizioni multimediali rappresentano un modo più efficiente, rispetto alle esposizioni reali, per offrire diversi livelli di approfondimento all’utenza. • l’appeal delle esposizioni multimediali agisce più intensamente


sulle giovani generazioni, che, d’altro canto, vedono nel museo reale un’istituzione rigida e formale. • nel museo reale gli oggetti sono, in genere, protetti da teche. Nelle esposizioni multimediali possono invece essere manipolati, messi in funzione o osservati da punti di vista insoliti. • Il museo reale costringe il visitatore a seguire percorsi predefiniti all’interno dell’esposizione. Nelle esposizioni multimediali è possibile, invece, personalizzare il proprio percorso e “saltare” da un tema ad un altro. Il principio che regola questa funzionalità è lo stesso degli ipertesti8. • La visita al museo reale è condizionata dal costo del biglietto e dalla distanza del museo dal luogo di residenza del visitatore. La visita virtuale, viceversa, permette di accedere alla raccolta della collezione museale comodamente seduti a casa propria ed al costo della semplice connessione a internet. Ciò stimola a reiterare la visita più volte.

8 Un ipertesto è un insieme di documenti messi in relazione tra loro attraverso un sistema di “parole chiave” che rende possibile una lettura non sequenziale dei contenuti.

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el paragrafo precedente abbiamo visto cos’è una visita virtuale al museo e quali sono le caratteristiche e i pregi di questa nuova tecnologia. Inoltre, facendo un confronto con le caratteristiche della visita reale al museo, abbiamo potuto constatare quali e quanti pregi la visita virtuale possa vantare nei confronti di quest’ultima. Ma quali sono le competenze necessarie per integrare l’offerta culturale del museo con un servizio di visita virtuale? Per prima cosa, c’è da dire che le conoscenze necessarie per la realizzazione di un tale servizio sono molteplici e richiedono la collaborazione di più figure professionali. Sono necessarie, innanzitutto, competenze specifiche nel campo dell’egittologia, della programmazione, di web-design (nel caso si volesse implementare la visita virtuale sul sito internet del museo), di modellazione 3D e di animazione. Ma vediamo più nel dettaglio il percorso di lavoro necessario per la realizzazione di un’ipotetico progetto di visita virtuale al Museo Egizio: Il programmatore svilupperà il software di gestione dei dati e dell’organizzazione dei percorsi stabiliti dall’utente. L’esperto di modellazione lavorerà sulla trasposizione in tre dimensioni degli oggetti reali e dell’ambiente virtuale progettato 70

per contenerli. In questo caso sono necessarie competenze di modellazione, animazione, rendering9 e gestione dei modelli interattivi. Il materiale necessario per la modellazione degli oggetti tridimensionali verrà fornito dall’esperto di egittologia che si occuperà, inoltre, di studiare la contestualizzazione dei vari oggetti trasposti in 3D e di reperire il materiale informativo da portare a corredo di questi ultimi. A contatto con il modellatore e l’egittologo, lavorerà, inoltre, anche il museografo. Il suo compito sarà quello di studiare l’organizzazione dei percorsi all’interno della visita virtuale. Nel caso in cui il servizio fosse rivolto anche ad un pubblico di bambini, il lavoro del museografo dovrebbe essere integrato con la collaborazione di esperti di psicologia infantile, che si occuperebbero di studiare percorsi, testi e metodi di comunicazione adatti ad un pubblico più giovanile. Della grafica e dei collegamenti ipertestuali, infine, se ne occuperà, invece, il web designer.

9 Il rendering è il processo attraverso il quale il computer genera la rappresentazione visiva di una scena tridimensionale descritta matematicamente. La descrizione è data in un linguaggio o in una struttura dati e deve contenere la geometria, il punto di vista, le informazioni sulle caratteristiche ottiche delle superfici visibili e sull’illuminazione.


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a realtà aumentata – meglio conosciuta con la denominazione inglese “Augmented Reality” – è un campo dell’informatica relativamente recente che mescola realtà percepita a realtà virtuale. Viene considerata da molti una branca del più vasto concetto della Mixed Reality e, in parole povere, consiste nel sovrapporre alla realtà percepita dal soggetto osservante una realtà virtuale generata dal computer e resa visibile attraverso l’ausilio di specifici dispositivi. La percezione del mondo viene, per cui, “aumentata” attraverso oggetti virtuali che forniscono informazioni supplementari sull’ambiente reale. Mixed Reality (MR) Ambiente Augmented reale Reality (AR)

Augmented Ambiente Virtuality (AV) virtuale

Il museo è il luogo ideale per l’implementazione di applicazioni di realtà aumentata perché prevede come elementi da fondere insieme una struttura-contenitore, una serie di opere-contenuto ed un percorso logico da far seguire ai visitatori. Spesso, però, questa opportunità non riceve la giusta considerazione, anche se i musei più grandi – con collezioni molto ricche o particolarmente disomogenee – hanno escogitato visite guidate su cassetta audio da ascoltare in cuffia che fornisce al visitatore informazioni sull’edificio e sulle opere esposte al suo interno. Si tratta, comunque, sempre di informazioni scarse ed esposte in maniera poco lineare. In alternativa, esistono documentari audiovisivi che offrono un’esperienza più completa ma fruibile solo in un momento diverso dalla visita reale al museo.

Continuum realtà-virtualità (RV)

Fin’ora è stata impiegata principalmente in applicazioni connesse con l’addestramento militare, la medicina, la manutenzione, la pianificazione architettonica ed urbana, il turismo e l’intrattenimento. Ed è proprio a alla combinazione di queste due ultime categorie che possiamo ricondurre l’offerta didattica delle strutture museali, considerate da molti non solo come spazi di ricerca ed esposizione ma anche come importanti ambienti dedicati all’apprendimento informale.

Risulta evidente, a questo punto, quanto l’offerta museale possa trarre vantaggio da una tale tecnologia. I benefici sono molti e non si differenziano di troppo da quelli della visita virtuale, già elencati nei paragrafi precedenti. Vi sono, però, com’è immaginabile, delle ovvie differenze: • La realtà aumentata è strettamente vincolata all’ambiente reale. Se, da un certo punto di vista, questo aspetto può essere considerato un 71


vantaggio, poiché l’utente è in contatto diretto con l’oggetto fisicoreale, viene meno, però, la facilità con cui nella realtà virtuale è possibile personalizzare il proprio percorso all’interno dell’esposizione, “saltando” da un tema all’altro. • La visita virtuale è un’attività pressoché solitaria. Ogni utente è chiuso nella propria stanza, isolato dal contatto con gli altri visitatori del museo. Le applicazioni di realtà aumentata, viceversa, permettono senza problema l’interscambio di informazioni e sensazioni in tempo reale. • La complessità delle applicazioni di realtà aumentata risente fortemente della limitata potenza di calcolo dei dispositivi di delivery a disposizione dell’utente. La principale differenza tra realtà aumentata e realtà virtuale, infatti, risiede nell’impiego di questo genere di dispositivi. Apparecchi piccoli e leggeri, da indossare o da tenere in mano lungo la visita, dotati di una videocamera con cui riprendere l’ambiente reale e di uno schermo su cui osservare i contenuti multimediali a supporto degli oggetti esposti. Nel primo caso possiamo parlare di “wearable”, ovvero dispositivi spesso realizzati in forma di “giacca” con integrati un microprocessore, un sistema sensibile per l’identificazione dello spazio, una tastiera cucita su una manica e un Head-up display (HUD), cioè un visore a sovrimpressione costituito da un display a colori montato su occhiali speciali

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che permete di osservare contemporaneamente l’ambiente reale e i contenuti virtuali forniti dal dispositivo. Ma negli ultimi anni, grazie al progresso tecnologico, sono andati diffondendosi apparecchi molto meno ingombranti dei wearable e più vicini all’esperienza d’uso del visitatore medio del museo. Si tratta dei cosiddetti palmari, o PDA, e soprattutto degli ormai diffusissimi Smartphone. Apparecchi estremamente potenti e versatili – come i famosissimi iPhone della Apple – che forniscono un’alternativa sicuramente più pratica ed economica rispetto all’impiego dei costosi ed ingombranti wearable. Il vantaggio risiede nel fatto che il museo non è più costretto ad acquistare costosi dispositivi da fornire in comodato d’uso ai propri visitatori per integrare la visita al museo con un’esperienza di realtà aumentata. Il servizio può essere offerto via download a tutti i possessori di un cellulare Smartphone compatibile. Basterebbe predisporre apposite centraline dati nei pressi della biglietteria o lungo il percorso di visita. Il visitatore, avvicinando il proprio cellulare all’antenna della centralina, riceverebbe – via Bluetooth o tramite connessione Wi-Fi – tutto il necessario per realizzare l’esperienza di visita “aumentata” al museo attraverso il proprio cellulare. Non bisogna dimenticare, infatti, che la diffusione di questi dispositivi ha acquisito negli anni una velocità di crescita esponenziale, all’apparenza inarrestabile. Ormai quasi tutti in Italia possiedono uno o più cellulari. Inoltre, le caratteristiche tecniche di questi dispositivi – soprattutto quelle relative


agli ultimi modelli entrati in commercio – ne fanno degli apparecchi ideali per eventuali applicazioni di realtà aumentata. Sensori di prossimità a infrarossi, accelerometri capacitivi, sensori di luminosità, bussole digitali e moduli per la geolocalizzazione satellitare sono tutti strumenti che potrebbero essere sfruttati con ottimi risultati nel campo della realtà aumentata.

l’identificazione a radio frequenza. Il sistema RFID riconosce in maniera automatica, a distanza, oggetti, animali o persone attraverso i dati memorizzati in apposite etichette RFID o tag. Un tag RFID è costituito da: • un microchip contenente dati; • un’antenna; • una batteria (opzionale).

Un esempio in questa direzione è il software Layar, sviluppato dall’azienda olandese SPRXmobile, che definisce la sua creazione come “il primo browser al mondo per la realtà aumentata”. Il programma combina spazi e oggetti della vita reale con quelli provenienti da Internet. Puntando il cellulare su un determinato oggetto o un’area più vasta è possibile visualizzare sul display tutte le eventuali informazioni associate all’oggetto e all’area in questione. Informazioni che, per esempio, possono riguardare monumenti, ristoranti, negozi, hotel, indicazioni stradali ecc. Il tutto è reso possibile dall’utilizzo massivo dei moduli di geolocalizzazione satellitare, della bussola digitale e del collegamento Wi-Fi a Internet disponibili sui cellulari Smartphone di ultima generazione, come gli iPhone 3GS e quelli equipaggiati con sistema operativo Google Android.

Un’esempio di utilizzo di questa nuova tecnologia in ambito museale è il progetto del Dipartimento dei musei della Malesia di taggare oltre venti musei che gestisce in tutto il Paese. Attualmente, l’identificazione degli oggetti esposti nei musei avviene attraverso una targhetta cartacea applicata manualmente dai dipendenti. Questo metodo, però, consente una scarsa integrazione dei dati, visto che in molti casi i musei dispongono di informazioni digitali sull’oggetto esposto. L’utilizzo della tecnologia RFID consentirà di aumentare la densità di informazioni a corredo di ogni oggetto e faciliterà enormemente il reperimento di tali dati rendendo la visita museale ancora più stimolante. Diventerà possibile accedere a contenuti multimediali di vario tipo che incrementeranno il coinvolgimento emotivo, favorendo così anche la “fissazione” del ricordo.

Ma la tecnologia forse più interessante riguardo l’implementazione di applicazioni di realtà aumentata in ambito museale, potrebbe probabilmente rivelarsi l’RFID, ovvero

Com’è stato rilevato in alcune sperimentazioni già effettuate, infatti, questi sistemi riescono a genere entusiasmo nel pubblico (Ferris, 2004) e si sono rivelati estremamente utili per incoraggiare interazione e copartecipazione (Hindmarsh, 2002) favorendo il carattere sociale della visita museale (Galani, 2005).

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ei capitoli precedenti abbiamo visto quali sono i principali strumenti utili per sviluppare o integrare la comunicazione visiva di un museo archeologico come il Museo Egizio di Torino. Abbiamo visto quali sono le informazioni, le competenze e le tecnologie necessarie e, oltre al materiale preesistente, è stato preso in esame anche l’esempio di altri musei e si è parlato, inoltre, di come migliorare o integrare il materiale prodotto sulla base delle nuove tecniche e tecnologie disponibili per la comunicazione del sapere. In questo capitolo si illustrerà il materiale prodotto basandosi sulle informazioni raccolte nel corso dei capitoli precedenti, in modo da osservare concretamente il risultato dei temi trattati precedentemente in maniera solo teorica. Il materiale prodotto comprende il redesign dell’immagine coordinata del museo, la creazione di un nuovo sito internet comprensivo di un esempio di visita virtuale e alcune proposte per la realizzazione di applicazioni di augmented reality; queste ultime descritte solo sommariamente per via del gran numero di competenze tecnologiche necessarie per il loro sviluppo. Qui di seguito verranno descritti in dettaglio i diversi elementi prodotti e il procedimento alla base della creazione della visita virtuale.

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a proposta per il nuovo logo della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino (fig.33) prende ispirazione dal volto della statua del faraone Ramesse II con indosso il Khepresh10 ospitata nello statuario del museo e già utilizzata per il logo precedentemente progettato da Pininfarina. Questa scelta, oltre che rifarsi esplicitamente a quello che è ormai divenuto il simbolo storico del museo, è stata dettata, inoltre, dalla volontà di mantenere una certa continuità visiva con l’immagine del logo precedente, in modo da controbilanciare l’esigenza di un’immagine nuova e fresca per il logo con la necessità di mantenere alcuni punti in comune con l’identità visiva ormai ben nota al grande pubblico. Per rinnovare il logo sono state però adottate delle scelte stilistiche differenti: per prima cosa si è scelto di cambiare drasticamente la palette di colori utilizzata. Le vecchie tonalità calde dell’arancione e dell’ocra, che si ispiravano ai colori del deserto egiziano, sono state sostituite con il nero, il bianco e il grigio Pantone11 5625 M. Il nuovo logo viene presentato nella sua forma originale su uno sfondo nero uniforme. La variante su sfondo 10 Il Khepresh è la corona di guerra del faraone, un casco blu con piccole decorazioni circolari ornato con l’”Ureo”, la dea cobra, protettrice dei faraoni. 11 Il Pantone Matching System è un sistema di classificazione dei colori per la stampa in quadricromia CMYK.

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bianco può essere utilizzata in casi particolari sostituendo il nero al bianco e mantenendo invariato il grigio. La scelta di queste nuove tonalità dark è stata dettata dal desiderio di riproporre l’atmosfera buia ed ammaliante del nuovo allestimento dello statuario. Il nero è il colore dell’ignoto e del mistero, della notte e del cielo notturno: non si può sapere cosa si nasconde nella sua oscurità. Tale parallelismo risulterà ancora più marcato successivamente, quando si andrà ad analizzare il materiale prodotto per l’immagine coordinata del museo. Le differenze con il logo precedente, però, non si fermano qui. Il nuovo logo utilizza uno stile grafico nettamente diverso: il disegno è più geometrico, meno realistico, composto da forme semplici e simmetriche, quasi tendente all’astrazione. Inoltre, il tratto è uniforme, pulito e la forma complessiva ricorda vagamente il profilo di uno scarabeo, un animale sacro della religione egizia. La scelta di questo nuovo stile è stata dettata da due ragioni particolari: per facilitare il ricordo del marchio e per rendere il logo più leggibile anche nel caso di riproduzioni in dimensioni assai ridotte. Le fattezze reali del volto sono state, inoltre, “asportate” per lasciare il posto ad un segno grafico riconducibile al simbolo


Fig.33: La proposta per il nuovo logo della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino

dell’asterisco che si rifà all’iconografia classica della stella a cinque punte presente in varie rappresentazioni artistiche del cielo notturno nell’arte dell’antico Egitto. Un simbolo inatteso ed enigmatico il cui scopo è quello di stuzzicare la curiosità dell’osservatore attraverso un effetto di contrasto volontario e straniante. Una sorta di ossimoro grafico. Completa il logo la scritta “FoMAET”, posta sotto la testa coronata del faraone, acronimo della dicitura “Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino”. Nell’interpretazione di Pininfarina tale scritta veniva presentata per esteso, complicando eccessivamente la resa grafica del logo. Il ricorso all’acronimo esemplifica il segno e lo rende maggiormente flessibile rispetto ad esigenze di ridimensionamento. Quella di ridurre il nome di un’istituzione al suo acronimo è

un’usanza ormai assai diffusa nel campo della museologia e vanta illustri precedenti, come nel caso del MoMA di New York. Il carattere utilizzato è inoltre creato ad hoc e si ispira allo stile grafico della scrittura copta12, di cui riprende alcuni grafemi e ne reinterpreta altri al fine di rendere l’acronimo più facilmente leggibile rispetto ad osservatori di madrelingua indoeuropea.

12 Il copto è una lingua egizia scritta con i caratteri dell’alfabeto greco e del demotico, altra scrittura egizia sviluppatasi nel Basso Egitto tra il 650 ed il 400 a.C., durante la XXV dinastia.

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Khepri (“il Sole che sorge”) Lo scarabeo era un animale sacro della religione egizia, identificato come un simbolo del dio sole Ra. La particolare specie rappresentata in numerosi amuleti ed opere d’arte dell’Antico Egitto era il grande scarabeo sacro (Scarabeus sacer). Questo insetto era noto per la sua abitudine di far rotolare piccole palle di sterco sul terreno. La femmina depone le uova nello sterco, che poi modella in forma di palla e fa rotolare verso un buco nel terreno. Quando le uova si schiudono, le larve si cibano della palla di sterco e, quando lo sterco è stato consumato, emergono dal buco. Gli antichi egizi ritenevano che i giovani scarabei emergessero spontaneamente dal terreno in cui nascevano. Questo aspetto creativo dello scarabeo fu associato alla figura del dio creatore Atum. Le antenne a raggera sulla testa dell’insetto e la sua pratica di far rotolare palline di sterco gli fecero guadagnare, inoltre, l’associazione con il simbolismo del movimento solare. Si credeva che il dio scarabeo Khepri spingesse il tramonto del sole nel cielo nella stessa maniera in cui l’insetto faceva con lo sterco. In molti bassorilievi e gioielli, infatti, lo scarabeo è rappresentato nell’atto di spingere il sole lungo il suo percorso celeste. Durante e dopo il Nuovo Regno, inoltre, gli amuleti in forma di scarabeo venivano posti sul cuore dei morti mummificati. Lo scopo di que-

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sti “amuleti del cuore” era quello di contrastare il peso della “piuma della verità13” al momento del giudizio finale. Sul fondo degli amuleti veniva spesso incisa una formula magica tratta dal libro dei morti, in cui si supplicava il cuore di “non testimoniare contro di me”.

Seba (la stella) Il Seba è la rappresentazione della stella nell’arte religiosa egiziana, simbolo delle costellazioni, o divinità stellari. Il simbolo egizio per le stelle era un segno composto da cinque linee equidistanti disposte a raggera, ispirato alla forma delle stelle marine che popolano il Mar Rosso. Iscritto in un cerchio, il Seba rappresentava il Duat, o aldilà, dove il sole scompariva ogni notte, e dove le anime dei defunti ascendevano al momento della morte. La parola “Seba” significa letteralmente “apprendimento, cultura” o “disciplina” ed è associata con i portali e i cancelli. 13 Gli antichi egizi credevano che dopo la morte il defunto dovesse sottomersi al giudizio divino attraverso la pesatura dell’anima. Innanzi ad ogni Giudice, egli pronunciava una formula d’innocenza. La veridicità di questa dichiarazione era controllata da una bilancia, su uno dei cui piatti era posto il cuore del defunto e sull’altro la piuma, simbolo della dea Maat. In caso di esito negativo lo spirito del defunto veniva sbranato dal mostro Ammit. Se l’esito era favorevole, invece, il defunto veniva ammesso ai Campi Elisi.


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er la realizzazione della nuova immagine coordinata del Museo Egizio sono stati ripresi il logo e i colori istituzionali descritti nel capitolo pre-

cedente. Il materiale prodotto è costituito da una carta intestata, una busta da lettera, tre biglietti da visita, una cartellina, un biglietto d’ingresso e una guida. La grafica è contraddistinta da una riproposizione dei colori istituzionali e dall’utilizzo di forme geometriche semplici, come bande orizzontali o piccoli riquadri smussati. Questa scelta stilistica, insieme all’allineamento centrato, vuole riproporre in chiave grafica la staticità geometrica propria dell’arte egizia.

Fig.34: Una raccolta dei principali elementi della modulistica di rappresentanza: cartellina, carta intestata, busta da lettera e biglietti da visita.

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Le suggestioni del nuovo statuario di Dante Ferretti sono evocate dalla sfumatura di rosso che fa da sfondo ad alcuni elementi dell’immagine coordinata. Questa caratteristica è ben evidente sul fronte del biglietto d’ingresso (fig.35) e sulla variante generale del biglietto da visita. La tonalità è direttamente mutuata dal colore delle pareti dello statuario, a cui si aggiunge il tono nero dell’oscurità in cui le statue sono avvolte. Il riquadro del logo, in questo modo, risalta nell’oscurità come fa la statua originale di Ramesse II. Un’altra caratteristica del biglietto d’ingresso è la presenza, sul retro (fig.36), dell’ immagine del volto della statua del faraone Ramesse II. Una volta acquistato il biglietto non c’è più bisogno di ricorrere all’effetto curiosità suscitato dall’asterisco-stella. Il visitatore è ormai pronto a svelare il “mistero” che si cela dietro quel segno e – prima attraverso il biglietto d’ingresso, poi di persona – può dare sfogo alla propria curiosità osservando con i propri occhi le vere fattezze del potente re egiziano.

Fig.35: Il biglietto d’ingresso (fronte)

Fig.36: Il biglietto d’ingresso (retro)

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na delle principali mancanze riscontrate nell’analisi della segnaletica interna del Museo Egizio di Torino era l’assenza di chiari riferimenti in relazione alla possibilità di scegliere diversi percorsi di visita all’interno del museo stesso. Come abbiamo visto nei capitoli precedenti, il principale scopo della segnaletica interna dovrebbe essere quello di guidare e informare il visitatore in merito alla collocazione delle opere all’interno della sede museale ed ai percorsi tematici da seguire. Tenendo presenti questi principi basilari, la nuova segnaletica interna è stata riprogettata in tre versioni differenti (fig.37): • una per il percorso cronologico; • una per il percorso tematico; • una per la contestualizzazione. Ogni variante è caratterizzata da un colore diverso per differenziarne la funzione. I pannelli di contestualizzazione sono azzurri, quelli relativi al percorso cronologico sono arancioni e quelli relativi al percorso tematico sono verdi. I due pannelli relativi ai percorsi saranno posti all’entrata del museo, in modo che il visitatore possa scegliere con cognizione di causa quale dei due percorsi intraprendere. Il pannello di contestualizzazione, invece, rappresenta solo un esempio delle tante possibili iterazioni che troverebbero luogo all’interno del museo.

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L’impaginazione dei contenuti è stata studiata per venire in contro alle esigenze delle diverse tipologie di utenti del museo. Nella parte alta, infatti, trovano posto i testi relativi agli approfondimenti sul contesto storico-culturale dei reperti presenti in sala. Sono testi bilingue, in italiano e in inglese. Si tratta della parte dedicata al target adulto. Nella parte bassa, ad altezza di bambino, sono presenti, invece, un’immagine e un riassunto semplificato dello stesso testo presente in alto. L’immagine serve per catturare l’attenzione del bambino ma è utile anche per illustrare alcuni contenuti non comunicabili verbalmente agli adulti. Da qui la sua posizione centrale all’interno del pannello. Il suo compito è inoltre quello di fungere da spartiacque tra le due tipologie di target (adulti/bambini). Il riassunto semplificato, invece, ha la funzione di tradurre in un linguaggio più adatto ai bambini i contenuti relativi alla contestualizzazione dell’opera. Il testo presenta frasi più brevi e parole semplici ed è scritto con un carattere più grande e leggibile e con una maggiore spaziatura tra le righe.


Fig.37: Le tre tipologie di pannelli

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ella riprogettazione del sito internet del Museo Egizio di Torino si è tentato di bilanciare il peso della cosiddetta dimensione informativa con quello della dimensione interattiva, di cui il mezzo in questione si è visto essere il principale strumento di veicolazione. Il nuovo sito (fig.37), oltre a riproporre gli elementi grafici dell’identità visiva del museo già presenti nel resto degli elementi di immagine coordinata precedentemente descritti, presenta, dunque, una componente interattiva che fa propri i principi progettuali e comunicativi dell’edutainment. Tra le nuove caratteristiche implementate nel sito del museo sono, infatti, presenti diverse sezioni dedicate all’esplorazione della collezione e della storia dell’Antico Egitto attraverso approcci metodologici mirati alla soddisfazione, nella fruizione del sito, da parte di diverse tipologie di target o, in generale, stimolando l’utenza ad una più diretta interazione con il contenuto informativo presente sul sito stesso. Questo è reso possibile dalla presenza di una sezione intitolata “Scopri l’Egitto giocando”, dedicata agli utenti più giovani e mirata a sollecitare l’apprendimento di nozioni storico-culturali attraverso il tramite del gioco e con un linguaggio visivo e una terminologia mirati al target di riferimento, e di altri strumenti quali la trasposizione in tre dimen84

sioni di alcune delle opere facenti parte della collezione di antichità del museo e di un “Virtual tour” che rende possibile l’immersione all’interno delle sale del museo attraverso una simulazione iperrealistica in tre dimensioni dell’intera struttura espositiva e delle opere esposte.


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4 5

8

6

7

Componenti 1. Logo 2. Campo di ricerca 3. Scelta della lingua 4. Header animato 5. Sezioni principali 6. Menu dinamico 7. Breve introduzione 8. Galleria di immagini 9. Footer

9 Fig.38: La home page della proposta per il nuovo sito del Museo Egizio

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Fig.39: La sezione “Capolavori 3D”

Fig.40: La sezione

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“Virtual Tour”


zione”

Fig.41: La sezione “Fonda

Fig.42: La sezione “Studenti e scuole”

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Fig.43: La sezione “Storia del museo”

Fig.44: La sezione “Capo

lavori del museo”

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Percorso cronologico Percorso tematico

Shop Virtual tour Contatti Accessibilità Mappa del sito Termini d’uso FAQ

L

a struttura del nuovo sito è stata pensata per essere estremamente semplice. Ogni pagina è infatti raggiungibile con un massimo di tre clic. 89


I

l nuovo sito è stato progettato tenendo conto dei principali requisiti di accessibilità informatica e validato attraverso il servizio automatico di controllo del codice markup14 messo a disposizione dal W3C, il World Wide Web Consortium, ovvero l’associazione che da anni si occupa di migliorare i protocolli e i linguaggi esistenti per il WWW e di aiutare il Web a sviluppare tutte le sue potenzialità, diffondendo la cultura dell’accessibilità informatica. In particolare, il nuovo sito: • utilizza un codice logico e semanticamente corretto; • utilizza testi chiari, fluenti e facilmente comprensibili, adattati al target di riferimento; • utilizza testo alternativo per ogni tipo di contenuto multimediale; • sfrutta titoli e link sensati anche al di fuori del loro contesto; • ha una disposizione coerente e lineare dei contenuti e dell’interfaccia grafica. Inoltre, per verificarne l’accessibilità software, è stato testato con i principali browser in circolazione (Internet Explorer 8.0, Firefox 3.5, Chrome 2.0, Safari 4.0, Opera e Flock). 14 Un linguaggio di markup è un linguaggio che consente di descrivere dati tramite dei marcatori (tag).

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XHTML 1.0 Passando all’ambito normativo, invece, bisogna ricordare che in Italia è in vigore dal 2004 una legge che definisce i soggetti che devono garantire l’accessibilità dei propri siti, per consentirne l’accesso completo anche a tutti coloro che necessitano di tecnologie assistive. Questa legge, denominata “Legge Stanca”, dal nome dell’allora ministro per l’Innovazione e le Tecnologie, si applica a tutte le pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici economici e le aziende private concessionarie di servizi pubblici. La Fondazione Museo Egizio di Torino non fa eccezione. Il sito è stato quindi sottoposto alla verifica dei 22 requisiti che la compongono.


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erranno ora brevemente descritti i contenuti della nuova proposta per il sito web della Fondazione Museo Egizio di Torino. Rispetto al precedente sito internet la nuova proposta integra due nuove sezioni denominate rispettivamente “Shop” e “Virtual tour” ed estende considerevolmente la sezione dedicata agli utenti più giovani, denominata “Studenti e scuole”.

conoscenza. Tra i giochi disponibili ci sono frasi in geroglifici da tradurre, puzzle a tema da ricomporre, quiz sulla vita dei faraoni e molto altro. Ogni gioco è accompagnato da una breve spiegazione che arricchisce le conoscenze del bambinomn senza annoiarlo. Giocare diventa quindi un modo per apprendere nozioni di storia, senza fatica.

La sezione “Shop” è una vetrina per l’acquisto dell’oggettistica di merchandising del Museum Shop. Al suo interno l’utente può visionare gli oggetti disponibili e acquistarli direttamente online. La sezione “Virtual Tour” ospita invece il servizio di visita virtuale al museo, oltre alla trasposizione in tre dimensioni di alcune delle opere della raccolta. Per una descrizione più approfondita di questa sezione si veda il capitolo seguente. La sezione “Studenti e Scuole”, infine, mette a disposizione dell’utenza più giovane quiz, giochi, testi e immagini studiati per catturare la loro attenzione e insegnargli qualcosa sull’Antico Egitto senza annoiarli. È una vera e propria risorsa di edutainment, che mescola intrattenimento a studio, gioco a 91


L

a proposta per il nuovo sito internet della Fondazione Museo delle AntichitĂ Egizie di Torino integra al suo interno una nuova sezione denominata “Virtual Tourâ€? che si propone di dare una risposta concreta al fabbisogno di edutainment evidenziato nei paragrafi precedenti. Come abbiamo visto, infatti, il sito internet del Museo Egizio era piuttosto carente sotto questo aspetto, non offrendo alcuna alternativa valida al modello di fruizione del sapere sotto forma di testo accompagnato da immagini discaliche. Questa nuova sezione si propone, dunque, di venire incontro a tutti quegli utenti insoddisfatti dal servizio offerto dal Museo 92


Egizio o alla ricerca di modelli alternativi per la diffusione del sapere. Il suo scopo è quello di favorire l’apprendimento informale; aggiungere, cioè, una componente ludica al processo di divulgazione delle conoscenze di cui il museo si fa portatore. Un’aspetto cruciale in questo senso può essere ravvisato nell’impiego di una componente interattiva all’interno del processo di divulgazione del sapere. Il “Virtual Tour” rappresenta un vero e proprio condensato di questi concetti. Il servizio si compone di due differenti applicazioni: una visita virtuale vera e propria all’interno della rappresentazione in tre dimensioni del Museo Egizio e una galleria di modelli tridimensionali dei principali capolavori della collezione torinese. 93


Tutti i modelli tridimensionali presenti nelle applicazioni della sezione Virtual Tour sono stati realizzati con il programma 3D Studio Max Design 2009, della Autodesk. Solo il prototipo virtuale di una delle statue del museo15 è stato prima creato con Zbrush 3.0, della Pixologic, e importato solo in un secondo momento in 3D Studio Max. Per la prototipazione è stato necessario, innanzitutto, raccogliere una grande quantità di immagini e informazioni relative ai singoli oggetti e all’ambiente. Le foto scattate agli oggetti comprendono le viste frontali, laterali, dall’alto e, quando possibile, anche dal basso. Per la ricostruzione dell’ambiente espositivo, invece, ci si è basati sulle planimetrie e i prospetti del Collegio dei Nobili. I modelli sono stati costruiti attraverso un processo di reverse engineering sulla base di tali immagini. Il criterio alla base della modellazione era quello di creare degli oggetti i più simili possibile a quelli reali, facendo attenzione a mantenere basso il numero di poligoni utilizzati. Eseguita la modellazione, si è proceduto all’applicazione delle texture. Queste ultime sono state ricavate dalle fotografie scattate agli oggetti, editate con il programma di fotoritocco Adobe Photoshop CS4 – per ridimensionarle e 15 Una statua di ariete con figura di faraoe tra le zampe anteriori.

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correggere eventuali riflessi o distorsioni prospettiche – ed applicate ai modelli tridimensionali in 3D Studio Max. Fin qui il processo di realizzazione dei modelli di entrambe le applicazioni del Virtual tour è il medesimo. Un ulteriore passaggio riguarda l’esportazione per il web dei prototipi virtuali. Nel caso della visita virtuale ci si è limitati ad inserire un video in formato AVI all’interno della pagina HTML del sito internet. Per la galleria 3D, invece, è stato necessario esportare i modelli in formato SOM, attraverso il programma 3D Software Object Modeller. Se per la galleria di modelli tridimensionali si può parlare quindi della disponibilità di una componente interattiva, riguardo alla visita virtuale, tuttavia, questo abbinamento è rimasto solo un proponimento teorico. La simulazione realizzata si propone di rappresentare solo un esempio di quanto il museo reale potrebbe sviluppare. Come abbiamo visto, infatti, le competenze tecnologiche coin-


volte nella creazione di un servizio di visita virtuale al museo sono estremamente alte e necessitano del lavoro di piÚ figure professionali differenti. La visita virtuale realizzata per questa dissertazione si limita, per cui, a mostrare un percorso di visita predefinito, immutabile, che consente, comunque, di apprezzare alcuni aspetti dello strumento. La resa visiva è quasi fotorealistica e la simulazione del percorso mostra come apparirebbe il servizio ad un eventuale utente.

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ome abbiamo visto nei paragrafi precedenti il museo è il luogo ideale per l’implementazione di applicazioni di realtà aumentata, anche se tale opportunità non viene sempre sfruttata in maniera adeguata al suo potenziale. In questo paragrafo verrà presentata un’ipotesi di progetto per la realizzazione di

un’applicazione di realtà aumentata in ambito museale. Il progetto illustrato rapprsenta un esempio di quello che sarebbe possibile realizzare in questo campo con i giusti mezzi, risorse e competenze tecnologiche. L’applicazione è stata pensata per essere distribuita – gratis o a pagamento – all’interno della struttura museale per mezzo di una rete WiFi predisposta per l’occasione. Le reti di questo genere sono relativamente economiche e di facile implementazione. L’applicazione, in sé, è c o s t i t u i ta da un programma per dispositivi PDA o cellulari Smartphone di ultima generazione. I componenti tecnologici necessari per il funzionamento dell’applicazione sono:

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• • • •

una videocamera; uno schermo touch screen; una bussola digitale; un modulo di geolocalizzazione satellitare.

con una propria storia o un’iconografia degna di nota – attraverso questa applicazione sarà possibile puntare il dito sulla figura che ci interessa per accedere alle informazioni disponibili.

L’interfaccia dell’applicazione si presenta suddivisa in due aree differenti: l’area superiore, che occupa la quasi totalità dello schermo, mostra le immagini riprese in tempo reale dalla videocamera con, in sovrimpressione, i contenuti supplementari forniti dall’applicazione. L’area inferiore, invece, contiene il menù con le icone relative ai pulsanti necessari per accedere ai contenuti multimediali (audio, video o interattivi), alla mappa dell’edificio, ad altre informazioni sulle opere o per redigere delle note o scaricare il contenuto relativo ad un particolare oggetto sul proprio dispositivo.

Nel caso in cui i “punti caldi” appaiano al di fuori del campo visivo della videocamera, saranno comunque sempre visibili delle freccette direzionali relative agli “hot spot” più vicini, governate dall’orientamento della bussola digitale in collaborazione con l’input spaziale fornito dal modulo di geolocalizzazione satellitare.

La bussola digitale e il modulo di geolocalizzazione permettono di sovrapporre immagini e informazioni direttamente sui “punti caldi” dell’opera o del reperto che si sta osservando. I “punti caldi” possono riguardare l’intera opera o solo alcune parti di essa e vengono segnalati sullo schermo attraverso tracce perimetrali dell’oggetto o apposite icone. Se, ad esempio, su un bassorilievo sono raffigurati diversi personaggi, – ognuno

Schema dell’interfaccia • hot spot • freccette direzionali • layer virtuale • testo descrittivo • menù a icone

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Tra i contenuti multimediali predisposti per l’applicazione potrebbero essere realizzati degli appositi “layer” per mostrare in sovrimpressione ipotesi di restauro, immagini schematiche delle opere, ingrandimenti di alcuni dettagli, traduzioni dei geroglifici, “false visuali ai raggi X” (per mostrare, ad esempio, cosa si trova all’interno di un sarcofago o di una piramide o per osservare la radiografia di una mummia bendata), documentari video o, infine, ricostruzioni interattive in tempo reale. Esistono, ad esempio, delle ricostruzioni in 3D del volto di alcuni faraoni famosi, come Tutankhamun. Questa applicazione potrebbe permettere di osservare contem-

poraneamente il volto della mummia e la sua ricostruzione digitale, osservando il faraone da più punti di vista – come se si trattasse di un ologramma – semplicemente girandogli attorno.

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45b 45c Fig.45: La disposizione a livelli (layer) dei contenuti virtuali dell’applicazione di realtà aumentata: a) immagine reale, mediata dalla videocamera del dispositivo b) primo livello supplementare con il volto della mummia c) secondo livello supplementare con la ricostruzione del volto della mummia

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a realizzazione degli oggetti di merchandising proposti per il nuovo Museo Egizio ha preso ispirazione dagli stessi elementi grafici dell’immagine coordinata. La scelta degli oggetti è stata fatta sulla base della necessità, sottolineata dallo stesso presidente della Fondazione Museo Egizio, Alain Elkann, di “svecchiare” l’immagine del museo. Tra gli oggetti proposti vi sono, per cui, oltre al consueto materiale da cancelleria, delle cover per CD-Rom (fig.46), dei tappetini per il mouse, delle magliette e delle borse. Oggetti d’uso comune, quindi, ma, soprattutto, connessi al mondo della tecnologia e della moda, due settori del design legati al concetto di modernità ed estetica. E se ciò non bastasse, sull’esempio dell’oggestica commercializzata dal British Museum, sono stati presi in considerazione anche prodotti tipici del luogo, come i gianduiotti, i crumiri e i baci di dama. Tutti dolci originari della regione Piemonte. Ma non è solo nella scelta degli oggetti che si evidenzia la volontà di svecchiare l’immagine del museo. è soprattutto il carattere moderno e scanzonato del nuovo linguaggio visivo a puntare in questa direzione. La nuova immagine coordinata si presta molto bene a questo tentativo di “ringiovanimento”. Il nuovo logo comunica professionalità e serietà, per via dell’impostazione simmetrica e stilizzata, ma anche mistero e curiosità.

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Fig.46: Cover per CD Rom

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Fig.47: Magliette personalizzate con la nuova grafica e il nuovo logo

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Fig.49: (in alto) le penne decorate con la grafica della nuova immagine coordinata.

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Fig.48: (a sinistra) i mousepad personalizzati con la nuova grafica e il nuovo logo del museo.

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Fig.50: Il packaging della confezione dei “Gianduiotti del faraone�

Fig.51: I segnalibri personalizzati con la nuova grafica e il nuovo logo del museo

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I

l percorso intrapreso da questa tesi ha avuto inizio con una semplice domanda: Sarebbe possibile migliorare l’offerta comunicativa del Museo Egizio di Torino ridefinendo la sua identità visiva e il suo comparto di servizi divulgativi? E come? Il lavoro è stato sviluppato secondo un percorso di analisi, ricerca, confronto, critica e riprogettazione dell’intero comparto di materiali inerenti la comunicazione visiva del Museo Egizio. Questo approccio ha permesso di mettere in luce pregi e difetti del materiale preesistente, punti di forza e mancanze, e ci ha permesso di condurre un’indagine sul contesto relativo al Museo Egizio, da cui trarre tutti i dati necessari per giungere al progetto di ridefinizione della sua identità visiva. Ma non ci si è limitati alla semplice riprogettazione del materiale preesistente. È stato necessario integrare quanto già prodotto con elementi nuovi, fin’ora ignorati o trascurati all’interno delle strategie di comunicazione della gestione del museo. Il progetto è stato quindi sviluppato ipotizzando la commissione del lavoro ad un’ipotetica agenzia di comunicazione visiva da parte del Museo Egizio stesso. Questo espediente si è rivelato molto utile per descrivere i principali compiti e competenze necessari per portare a termine un lavoro tanto complesso. 104

Com’era prevedibile, durante il processo progettuale sono sorte diverse problematiche correlate all’ingente mole di lavoro ed alla necessità di conoscenze tecniche specifiche per la realizzazione di alcuni dei servizi divulgativi presi in esame. Mi riferisco, in particolare, ai servizi di visita virtuale ed alle applicazioni di realtà aumentata proposti per integrare la comunicazione del museo con strumenti all’avanguardia e tecnologie al passo coi tempi. Le ipotesi progettuali proposte, tuttavia, si sono rivelate sufficientientemente descrittive per illustrare visivamente quanto si intendeva realizzare in maniera pratica. Un museo con le giuste risorse e i giusti collaboratori potrebbe portare a compimento quanto descritto senza particolari problemi. Come abbiamo avuto modo di vedere questi nuovi servizi si pongono come strumenti complementari per la comunicazione delle conoscenze di cui il museo è portatore. Possiedono l’appeal della “novità” – con cui riescono ad attrarre l’attenzione dei visitatori più giovani – e forniscono un metodo efficiente per soddisfare il fabbisogno di edutainment che al giorno d’oggi caratterizza sempre più di frequente la domanda del settore. In questo modo il museo viene in contro alle esigenze del visitatore, e non viceversa.


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Antinucci, Francesco (2004), Comunicare nel museo, Laterza Ciampini, Emanuele M. (2005), Il museo egizio di Torino tra passato e presente: Documentazione fotografica e storia del museo egizio dagli archivi dell’istituto centrale per il catalogo e la documentazione, Bologna, Bonomia University Press Durant, J. (1998), (a cura di) Scienza in pubblico. Musei e divulgazione del sapere, Bologna, Clueb (Lexis. MuseoPoli. Luoghi per il sapere) Eco, Umberto (2007), Il museo nel terzo millennio (trascrizione dell’intervento di Umberto Eco al seminario sul «Museo del Terzo Millennio» tenutosi il 25 giugno 2001 presso il Guggenheim Museum di Bilbao), Bompiani Ferretti, Dante (2006) (a cura di), Riflessi di pietra. L’antico Egitto illuminato da Dante Ferretti. Catalogo della mostra (Torino 3 febbraio – 30 giugno 2006), (Torino-Milano), Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino e Skira editore (Arte antica. Cataloghi) Pasca, Vanni e Russo, Dario (2005), Corporate image. Un secolo d’immagine coordinata dall’AEG alla Nike, Milano Lupetti (Design)

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Solima, Ludovico (1998), La gestione imprenditoriale dei musei. Percorsi strategici e competitivi nel settore dei beni culturali, CEDAM Vassilika, Eleni (2006a), Tesori d’arte del Museo Egizio, Moncalieri (Torino), Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino e società editrice Umberto Allemandi & C. Vassilika, Eleni (2006b), Il museo egizio di Torino, Moncalieri (Torino), Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino e società editrice Umberto Allemandi & C.


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British Museum, http://www.britishmuseum.org/ - Sito ufficiale del British Museum di Londra CIPA, http://cipa.icomos.org/fileadmin/papers/Athens2007/FP051.pdf - Articolo del CIPA sulla realtà aumentata dal titolo “Merging augmented reality based features in mobile multimedia museum guides” Domino, http://www.domino.it/pages/CaseMuseoegizio.jsp - Sito ufficiale dell’agenzia di comunicazione e web marketing che si è occupa di realizzare il sito internet della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino La Stampa (2008a), http://www.lastampa.it/Torino/cmsSezioni/cultura/20081 1articoli/8637girata.asp - Articolo del 10 novembre 2008 dal titolo “L’acqua virtuale del Nilo nel nuovo Egizio di Torino” La Stampa (2008b), http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/societa/2 00811articoli/38081girata.asp - Articolo di Maurizio Assalto dell’11 novembre 2008 dal titolo “I faraoni ritornano al futuro” La Stampa (2008c), http://www.lastampa.it/Torino/cmsSezioni/cultura/20081 2articoli/8993girata.asp - Articolo di Maurizio Lupo dell’11 dicembre 2008 dal titolo “Il nuovo museo Egizio è un’Isola azzurra” 108

Museo Egizio, http://www.museoegizio.it/ - Sito ufficiale del Museo delle Antichità Egizie di Torino e della Fondazione omonima Pininfarina (2005), http://www.pininfarina.net/index/eventi/eventiPin.html?index. php&p=134 - Articolo del 20 giugno 2005 dal titolo “Pininfarina disegna il logo del Museo Egizio di Torino” Sensingplaces, http://www.sensingplaces.com/about/pr/14_Archit.pdf - Articolo di Luca Marchetti su “La realtà aumentata di Flavia Sparacino” Torinosette, http://www.torinosette. it/arte_cultura/servizi/museoegizio.htm – Articolo dal titolo “Riflessi di pietra. L’Egitto illuminato da Dante Ferretti” UMUT (2000), http://www.um.u-tokyo. ac.jp/publish_db/2000dm2k/english/01/01. html - Raccolta di articoli sulle tecnologie digitali applicate al museo dal titolo “Digital Museum” Webmasterpoint (2006), http://www. webmasterpoint.org/speciale/2006apr03realta-virtuale-vita-reale.asp - Articolo di Marcello Tansini sulla realtà aumentata Ultimo accesso il 5 giugno 2009


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