Glocal Handmade

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Glocal Handmade Laboratorio di Riscoperta | Ridistribuzione | Riappropriazione | Rielaborazione


GLOCAL HANDMADE

Laboratorio di Riscoperta | Ridistribuzione | Riappropriazione | Rielaborazione AUDITORIUM POLIVALENTE PIAZZA MAYER ROSS, SORA (FR) A cura di Paolo Emilio Bellisario Evento promosso da: Innova Azienda speciale della CCIAA di Frosinone Associazione culturale Il Sagittario In collaborazione con: Provincia di Frosinone (Assessorato alle attività produttive), e con il patrocinio di: Comune di Sora Università degli studi “G. d’Annunzio”, Facoltà di Architettura di Pescara. Media partner: Ottagono Si ringraziano per la collaborazione: C.A.P. Comitato abruzzese del paesaggio Cityvision magazine

Url: www.glocalhandmade.com Email: glocalhandmade@gmail.com

cercaci su Contatti Paolo Emilio Bellisario //direzione artistica e organizzativa// paoloemiliobellisario@zo-loft.com Innova – Simonetta Ceccarelli, Barbara Segneri //responsabili segreteria organizzativa// s.ceccarelli@innova.fr.it | b.segneri@innova.fr.it Agenda – Annamaria Giordano //responsabile coordinamento locale// agenda03@virgilio.it Rachele Nardone //ufficio stampa// rachele.nardone@gmail.com

Book’s concept and design: Ilias Fragkakis (c0ntextual) Editor: Rachele Nardone ©2011 Glocal Handmade workshop Copyright on text and work is held by respective designers and contributors. I testi e le immagini, dove non altrimenti specificato, sono di Glocal Handmade Ogni riproduzione è ammessa solo previa esplicita autorizzazione.


FOREWORD / PREMESSA

PROJECTS / PROGETTI

05-10

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Vanity Ring

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InGrata

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Lucia

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Catamena

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Deseco

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Calamaio / Quasicubo

30

Arcavèglie

34

Achille in Cucina

36

Kate

40

You Imagine

44

Nella spirale del vino

46

CuLight2

48

Dùeit

52

Cubo Speziale

54

Lumino

56

Five

58

Ramami

62

Companatico

66

Play

70

CU3O

72

Input

76

Broom

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Nello

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The Good-night Lamp

84

Sbrocco Sbrocchina

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Let’s Fun

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Dolce Vita

INDEX/ INDICE.

TALKS / TESTI

PHOTOS / FOTO

PEOPLE / PROTAGONISTI

95-116

118-125

126-127


foreword / premessa

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Fiorindo Buffardi President of the Chamber of Commerce of Frosinone and Innova

Presidente della Camera di Commercio di Frosinone e INNOVA

Talking about a relationship between design and craft, it might seem almost an heresy to some, but this was the key that let me, both as a citizen and as President of the Chamber of Commerce of Frosinone and Innova, to promote the first edition of the Glocal Handmade Workshop - Laboratory of Rediscovery, Redistribution, Re-appropriation and Revision. Several approaches are possible and worth with craft – that once was rich and now in crisis – as several are the activities in this world made of lost and found jobs, but mostly made of thousands stories of old but still full of vitality craftsmen and talented youth. Between all the possible approaches we chose the less obvious and more difficult one: searching for new products, based on ancient craft’s production materials and techniques, that are able to make them competitive on the market today.

Parlare di design e di rapporto con l’artigianato, potrebbe forse sembrare ad alcuni quasi un’eresia ma è stata proprio questa la chiave che mi ha spinto, sia come cittadino di questa provincia che come Presidente della CCIAA di Frosinone e Innova, ad accettare con entusiasmo l’idea di promuovere la prima edizione del Workshop Glocal Handmade un Laboratorio di Riscoperta, Ridistribuzione, Riappropriazione e Rielaborazione. Numerosi sono gli approcci possibili e validi con la realtà dell’artigianato del nostro territorio - ricco di passato e di tradizione ma con un presente difficile, attraversato da una profonda crisi - così come molteplici sono le attività interne a questo mondo composto da mestieri perduti e ritrovati, ma soprattutto dalle mille storie di artigiani anziani ancora pieni di vitalità e di giovani non meno valenti. Fra tutti gli approcci possibili abbiamo voluto percorrere quello meno banale e più impegnativo: la ricerca di prodotti nuovi, basati su materiali e antiche tecniche di produzione artigianali, che possano affrontare le sfide dell’attuale mercato globale.

Revisioning the tradition, through an ongoing collaboration between artisans, architects and designers based on quality, sustainability and functionality among with research and innovation, 37 designers have created or recreated spaces and objects. The workshop’s aim was reached: 28 projects have been made and revealed a contamination between art, craft and design, mixing tradition and innovation. The heart of the Glocal Handmade Workshop was the meeting between the manual dexterity of craft and the passion for experimentation and planning of contemporary art. The interaction between design and craft created new, unimaginable, unique, objects that led us to realize this publication that could be read as a territorial marketing essay for revival of local crafts.

Rileggendo la tradizione in chiave contemporanea, i 37 designer che hanno partecipato al workshop, hanno creato o ri-creato spazi e oggetti. Attraverso una collaborazione continua tra artigiani, architetti e designer, per la realizzazione di qualità, sostenibilità e funzionalità percorrendo la strada della ricerca e dell’innovazione. L’obiettivo del Workshop è stato raggiunto , infatti, i 28 progetti che sono stati realizzati hanno rivelato contaminazioni tra arte, artigianato e design, sintesi tra tradizione e innovazione. Cuore dell’attività del Laboratorio Glocal Handmade è stato l’incontro tra la manualità dell’artigianato artistico tradizionale ed il gusto per la sperimentazione e la progettualità proprio dell’arte contemporanea. L’interazione fra design e artigianato ha creato oggetti nuovi, inimmaginabili, unici che ci hanno spinto a realizzare questa pubblicazione che può essere letta come un vero e proprio saggio di marketing territoriale per il rilancio dell’artigianato locale.

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Rodolfo Damiani President of “Sagittario”

presidente del “Sagittario”

I’m sure the first edition of Glocal Handmade will be remembered. The event captures the aspirations of who have promoted a review of craft products over the years, updating techniques and forms to follow contemporary needs. It captures the dream of those artisans that keep the tradition alive by sacrifices and perseverance and of tose youngs who want to innovate while linking to past experiences. An original, innovative project able to provide employment for the young blood too. The idea for this laboratory of Rediscovery, Redistribution, Re-appropriation and Revision of craft, was born by a historical research of the Cultural Association “Sagittarius”. Since its earliest beginnings, Sora has played a role that still keep: being the center of trade. Its location and its bishopric ranks, being the capital of the Duchy and an administrative reference point throughout the Alta Terra di Lavoro, have helped. This lively business had another side. Who was selling was often who produced too, creating a still almost prosperous artisan fabric. Having so many artisans is not only a supply and demand result. After both the World Wars, institutions and private citizens opened several craft schools in Sora to face unemployment, giving young people a chance of work and an opportunity to highlight their skills. After the World War II, craft has not been the recipient of care, only now it is beginning a revival of cultural traditions.

Sono convinto che la prima edizione di Glocal Handmade sarà da ricordare. L’evento coglie le aspirazioni di quanti negli anni hanno postulato una rivisitazione dei prodotti dell’artigianato, aggiornato nelle tecniche e nelle forme per seguire le esigenze moderne. Coglie anche il sogno degli artigiani che con sacrifici e costanza mantengono viva la tradizione di produzioni create con amore e dei molti giovani che pur restando legati alle esperienze passate vogliono innovare con lo stesso spirito trasmesso loro dagli anziani. Un progetto originale, innovativo e suscettibile di dare sbocchi occupazionali alle potenzialità giovanili. Lo spunto per questo laboratorio di riscoperta, ridistribuzione, riappropriazione e rielaborazione delle tecniche di produzione artigianali, nasce da uno studio storico dell’artigianato a Sora elaborato dall’Associazione Culturale “IL SAGITTARIO”. Sora, fin dalla sua più lontana origine ha svolto un ruolo che ancora la coinvolge: essere centro di scambi commerciali. La sua posizione e i suoi ranghi di sede vescovile, capitale del Ducato e punto di riferimento amministrativo per tutta l’Alta Terra di Lavoro, la hanno in questo favorita. Questa vivacità commerciale aveva anche un altro risvolto. Chi vendeva spesso era anche chi produceva, creando un tessuto artigianale che è giunto prospero quasi fino a noi. La fioritura di tanti artigiani di qualità ha una ragione, che non è solo quella della domanda e dell’offerta. A Sora per fronteggiare la disoccupazione, dopo ambedue le guerre, le istituzioni e privati cittadini aprirono delle scuole di artigianato, offrendo ai giovani una prospettiva di lavoro e la possibilità di mettere in evidenza le proprie capacità. Nel secondo dopoguerra, l’artigianato non è stato destinatario delle attenzioni necessarie, solo ora si sta riscoprendo con il rilancio della cultura delle tradizioni.

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The great period of craft, despite the contamination of the mass-produced objects and the invasion of the Chinese products, is not finished. The craftsmanship is in hibernation, we must restart it, perhaps allowing the olds to give lessons to youngest in public facilities. I’m sure, young people will prefer the independence against to the frustration of the assembly, and they will discover the market of beautiful things.

La grande stagione dell’artigianato d’arte, malgrado le contaminazione dei prodotti in serie e l’invasione degli oggetti cinesi, a mio avviso non è terminata. L’artigianato d’arte è in letargo, è necessario riavviarlo, magari permettendo ai vecchi di dare lezioni ai giovani in strutture gestite dal potere pubblico. Certamente i giovani preferiranno l’indipendenza alla frustrazione della catena di montaggio e sapranno riscoprire il mercato delle cose belle.

Paolo Emilio Bellisario 9 artisans, 37 designers, 8 Italian regions and 3 European Countries, 4 days studying, 28 projects, 17 prototypes, 1 couple: design and craft. These are just few numbers about the Glocal Handmade workshop that helped the design and craftsmanship meeting.

9 artigiani, 37 designer, 8 regioni italiane e 3 nazioni europee, 4 giorni di studio, 28 progetti, 17 prototipi, una la coppia protagonista: design e artigianato. Questi sono solo alcuni numeri del workshop Glocal Handmade che ha fatto incontrare/rincontrare design e artigianato.

From June 16 to 19, Glocal Handmade called students, designers, architects, engineers and designers from all over Italy but also Spain and Greece. During four days, in the Auditorium of Mayer Ross Square in Sora (FR), artisans, teachers and tutors had been telling their stories that inspired the creativity of participants.

Dal 16 al 19 giugno scorso, Glocal Handmade ha richiamato a Sora (FR) studenti, creativi, architetti, ingegneri e designer provenienti da tutta Italia, ma anche dalla Spagna e dalla Grecia. Per quattro giorni, nella sala dell’Auditorium polivalente in piazza Mayer Ross, artigiani, docenti e tutors si sono alternati raccontando le loro testimonianze che hanno ispirato la creatività dei partecipanti.

Glocal Handmade was supported and sponsored by Innova, Special Agency of the Chamber of Commerce of Frosinone, and by the Cultural Association “Sagittarius” with the partnership of the University “G. d’Annunzio” - Faculty of Architecture of Pescara, of the Province of Frosinone - Department of Productive Activity and of Sora’s city hall. The collaboration between each actor, has created an archetypal project for future interdisciplinary projects. Glocal Handmade has been a real laboratory of rediscovery, redistribution, re-appropriation and revision of traditional crafts. Before the workshop was starting, it helped to discover and document some crafts

Glocal Handmade è stato un evento sostenuto e promosso da Innova, Azienda Speciale della CCIA di Frosinone, e dall’Associazione Culturale “Il Sagittario” con il patrocinio della Università degli studi “G. d’Annunzio” - Facoltà di Architettura di Pescara, dell’Assessorato alle attività produttiva della Provincia di Frosinone e del Comune di Sora. La collaborazione dei singoli attori, ognuno per le proprie specificità, ha dato vita ad un progetto che potrebbe essere un archetipo nei confronti di futuri progetti interdisciplinari. Glocal Handmade si è proposto come un vero e proprio laboratorio di riscoperta, ridistribuzione, riap-

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in the area. The artisans who were involved in the initiative had been interviewed using video, photographs and notes during their working day: they have been able to describe the machinery, the tools (almost designed for their specific techniques), the problems they have and solution to solve them. A sort of reinterpretation of the “How it’s made” TV programme. Once selected, this material has been shared online to redistribute this knowledge into daily life. In this way, those involved in the workshop were able to learn about “traditional know-how” too, re-appropriating and being ready to re-visioning traditional crafts in an attempt to innovate traditions. Participants were required to: - Innovate the product. Studying new products able to win for their quality, form and strategy, while unchanging the production process, manufacturing techniques, materials and used tools. - Innovate materials. Unchanging the production techniques, production processes and tools, while introducing new materials, that allow the product to have a new additional value to compete on the market. - Innovating the process. Unchanging used materials by the craftsman, but studing new techniques and new tools that improve the productive activity. It is clear that the main goal was not, therefore, the mere creation of a new “form”, but the development of “creative strategies” able to find inspiration in traditions, materials and craft’s products of a territory, to create new products that could meet the challenges on global markets. An high-level team of teachers and tutors was called. Designers such as Gum design, Marco Mazzei, Poco Design, DeZign studio, Giuseppe Augugliaro, ZO-loft, ADD, C0ntextual e DmDesign. All professional designers, selected between old and young talents of the national scene, distinguishing by their design ap-

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propriazione e rielaborazione dell’artigianato tradizionale. Il workshop, infatti, prima ancora di intraprendere la parte didattica, è servito per riscoprire e documentare alcune delle realtà artigianali presenti sul territorio. Gli artigiani coinvolti nell’iniziativa hanno avuto modo di essere documentati durante una loro giornata lavorativa: hanno avuto modo di descrivere i macchinari utilizzati, gli strumenti (molti appositamente progettati per specifiche lavorazioni o tecniche), i problemi incontrati durante le singole lavorazioni e gli espedienti adottati per risolverli. Tutto questo mentre venivano effettuate riprese video, scattate fotografie, preso nota delle loro risposte su un taccuino. Una rivisitazione in chiave artigiana degli attuali programmi “Come è fatto” tanto in voga al momento. Una volta raccolto, questo materiale è stato caricato on line per essere condiviso e ridistribuito nel quotidiano. In questo modo anche gli iscritti al workshop hanno avuto modo di conoscere e riappropriarsi di questo “saper fare tradizionale”, di metabolizzato e di essere pronti a “rielaborarlo” nel tentativo di innovare la tradizione. Ai partecipanti si richiedeva l’impegno a: - Innovare il prodotto. Cioè studiare nuovi prodotti capaci di essere qualitativamente, formalmente, strategicamente vincenti, lasciando però invariati processo produttivo, tecniche di lavorazione, materiali e strumenti impiegati. - Innovare i materiali. Lasciando invariati tecniche di lavorazione, processo produttivo e strumenti, si richiedeva di introdurre nuovi materiali, che permettano al prodotto stesso di avere un plusvalore tale da renderlo competitivo sul mercato. - Innovare il processo. Lasciando invariati i materiali impiegati dall’artigiano, la sfida era studiare nuove tecniche di lavorazione e nuovi strumenti che ne migliorassero l’attività produttiva.

Obiettivo comune ai tre approcci non è stata, dunque, la semplice creazione di una “forma” nuova, ma piuttosto l’elaborazione di vere e proprie “strategie creative” in grado di ricercare spunti nelle tradizioni, nei materiali o nei prodotti artigianali di una regione, per la creazione di prodotti nuovi che, basati su materiali e antiche tecniche


proach, strategies, professional results and experiments concerning matters related to the workshop. Additional contributions were given by both teachers and researchers from the University “G. d’Annunzio” - in Pescara, and by representatives of ADD of Sora. A team aiming to mix local and national. Of course the contribution of the artisans was essential: the blacksmith Maurizio D’Onorio from Alatri; the potter Ileana Di Pucchio and carpenters Massimiliano D’Orazio and Giuseppe Recchia from Isola del Liri; the glassmaker Antonio Simeone from Atina; the goldsmith Gabrielli Scarl, the tailor Cinzia Zuppetti and the coppersmith Antonio Alviani from Sora. A special section was devoted to food design choosing o re-invent the local “ciambella sorana” thank to the collaboration of Ciambelleria Alonzi and Sons from Sora. Particularly in Sora, the town hosting the workshop, there is a typical 100% handmade food product, called “ciambella sorana”. It is a kind of bread (its goes back to medieval and it is mentioned in documents of the ‘500 and ‘600) which is just like a shiny and golden donut, crispy outside and soft inside, as good as a simple snack or accompanied with salami, cheese, anchovies, or vegetables. The “ciambella sorana” is currently a local street food so the participants were encouraged to work on street food needs: packaging, special plate for consumption on the street or for a picnic, or a full formal makeover. From the workshop to the work-show. Communication certainly played an important role in the workshop. Thanks to a media partnership with the national magazine Ottagono along with an excellent press office activities craftsmen and designers had the visibility of major national and international channels. An additional showcase

di produzione artigianali, possano affrontare le sfide dell’attuale mercato globale. Di altissimo livello il team di docenti e tutor chiamato per seguire i partecipanti. Designer come Gum design, Marco Mazzei, Poco Design, DeZign studio, Giuseppe Augugliaro, ZO-loft, ADD, C0ntextual e DmDesign. Tutti designer professionisti, selezionati tra veterani e giovani promesse presenti nell’attuale panorama nazionale, distintisi per l’atteggiamento progettuale, per le strategie proposte, per i risultati professionali e le sperimentazioni riguardanti le tematiche toccate dal workshop. Ulteriori contributi didattici sono stati dati sia da docenti e ricercatori dell’Università G. d’Annunzio di Pescara che da rappresentanze dell’ADD, Distretto del design di Sora. Una squadra composta da designer provenienti da città e/o regioni diverse nel tentativo di mixare locale e nazionale. Fondamentale anche il contributo degli artigiani: da Alatri il fabbro, Maurizio D’Onorio; da Isola del Liri, la ceramista Ileana Di Pucchio e i falegnami Massimiliano D’Orazio e Giuseppe Recchia; da Atina il vetraio Antonio Simeone; da Sora per i gioielli la Gabrielli Scarl, la sarta Cinzia Zuppetti e il ramaio Antonio Alviani. Una sezione speciale è stata dedicata al food design scegliendo come prodotto simbolo da reinventare la ciambella sorana con la Ciambelleria Alonzi e figli. Nella provincia di Frosinone, e in particolare a Sora, città che ha ospitato il workshop, c’è un particolare prodotto alimentare, artigianale al 100%, chiamato “ciambella sorana”. Si tratta di una sorta di pane (le sue origini risalgono all’età altomedievale ed è citata in documenti del ‘500 e del ‘600) che si presenta appunto come una ciambella lucida e dorata, croccante all’esterno e morbida internamente, ottima come semplice snack oppure accompagnata a salumi, formaggi, acciuga o verdure. Ormai la “ciambella sorana” è un vero è proprio street food tipico del suo territorio. E proprio sul tema e sulle necessità dello street food sono stati stimolati i partecipanti: packaging, piatti per il consumo in strada o per i pic-nic, lasciando spazio anche ad un vero e proprio restyling formale.

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was given choosing international events to promote the results of the workshop. Thanks to the partnership with CityVision magazine several designers had the chance to present their work during Pecha Kucha Night vol.4, held in Rome last June. The aim of Glocal Handmade is also to spark new collaborations between involved designers and craftsmen, turning ideas into real objects for the market. A first step in this direction has been done presenting prototypes of works during the Buy Lazio in Frosinone from September 17th to 18th . Young designers and artisans confronted themselves with people visiting the stand, collecting feedbacks and comments from insider and outsiders. A good start, then, for Glocal Handmade. As the early intention the formula confirmed it as a good territorial marketing tool. The workshop gave the craftsmen the opportunity to escape from the usual work and accept new challenges. Participants, however, had seen their creative efforts materialized into production and sale of products. For information and updates please follow www.glocalhandmade.com

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Dal workshop al workshow. Un ruolo importante all’interno del workshop ha senz’altro giocato la comunicazione. In questo senso la collaborazione con la rivista Ottagono insieme ad un’ottima attività di ufficio stampa hanno garantito ad artigiani e designer visibilità nei principali canali nazionali e esteri. Un’ulteriore vetrina sono state le manifestazioni di carattere internazionale scelte per promuovere i risultati del workshop. Grazie alla partnership con CityVision magazine alcuni ragazzi hanno avuto la possibilità di presentare il proprio lavoro durante la quarta edizione della Pecha Kucha Night tenutasi a Roma lo scorso giugno. Tra gli obiettivi di Glocal Handmade c’è anche quello di innescare nuovi rapporti di collaborazione tra i designer e gli artigiani coinvolti, trasformando le idee dei partecipanti in veri e propri oggetti da proporre sul mercato. Un primo passo, in questo senso, è stato fatto con la presentazione dei primi prototipi realizzati al Buy Lazio tenutosi a Frosinone il 17 e 18 settembre scorso. In questa occasione, i giovani designer e gli stessi artigiani hanno avuto modo di avere un primo confronto con il pubblico che ha visitato lo stand, raccogliendo feed back e commenti da addetti ai lavori e non. Primo bilancio positivo, dunque, per Glocal Handmade. La sua formula si è confermata, così come era nell’intenzione iniziale, uno strumento di marketing territoriale efficace. Il workshop, ha dato agli artigiani l’opportunità di uscire dai soliti schemi lavorativi e accettare nuove sfide professionali. Ai partecipanti, invece, ha permesso di vedere concretizzati i loro sforzi creativi e di entrare nel circuito legato alla produzione e alla vendita dei propri prodotti. Per tutte le altre informazioni e gli aggiornamenti vi invitiamo a seguire il sito dedicato all’iniziativa: www.glocalhandmade.com


projects / progetti

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Vanity RING photo_Ilias Fragkakis


Vanity_RING

design / realization Antonia Pia Bitondi / Giuseppe Gabrielli

Vanity_Ring was born thanks to a collaboration between design and craftsmanship, it retrieves an Etruscan granules decoration on its frame getting the jewel back to its primary ornamental vocation of making the user more attractive. The quality of craftsmanship meets creativity of the design placing a mirror inside the ring as a simple and complex element at the same time, which reflects all that is around and the user too. Behind the classic ornamental ring lies the opportunity to always have an handy mirror. It is designed for all curious, vain women, that may look theirselves and have fun.all the time. Vanity_ Ring has a creative mind and let imagination and emotions of the user play.

Vanity_RING nasce dalla collaborazione tra design e artigianato, recupera la decorazione etrusca a granuli nella sua cornice riportandoci alla primaria vocazione ornamentale del gioiello di rendere più bello chi lo indossa. La qualità della manifattura artigianale incontra la creatività del progetto inserendo all’interno dell’anello uno specchio, elemento semplice e complesso allo stesso tempo, che riflette tutto ciò che sta intorno e fa riflettere chi lo indossa. Dietro il classico anello ornamentale si nasconde l’opportunità di avere una piccola superficie specchiata sempre a portata di mano. È un oggetto pensato per tutte le donne curiose, vanitose e non, che possono specchiarsi e divertirsi in ogni momento. Vanity_RING ha un animo creativo, crea connessioni culturali armoniche lasciando spazio alle emozioni e all’immaginazione di chi lo indossa.

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Vanity RING photo_Paolo Emilio Bellisario


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InGrata photo_Paolo Emilio Bellisario


InGrata

design / realization Emilia Caffo/ Maurizio D’Onorio

“An hug from nature that protects your home”. Usually, thinking about a grid can be oppressive, here’s why “InGrata” is using a new shape for security problems. The branches, that represent a great strength, are used to have a new formal element. The fickle light, and the game of shadows changing daily all around house represent the second and third design input. “InGrata” is made of iron, by overlapping 4 different levels, creating the interweaving of branches. Points of contact are fixed with a welding for safety reasons. To follow low costs and ecofriendly needs, the grid can be made with disused sheet iron. Finishing is made at first through a oxidation treatment up to the desired color, and then locked through the use of special paints that stop the corrosion process. The aim of the finishing is to have an architectonic element close to the natural element wich ensues from. “InGrata” may be finished with an epoxy powder painting with various colours too.

InGrata, ovvero un abbraccio dalla natura che protegge la tua casa. Il concetto di grata è spesso considerato opprimente. Per questo motivo InGrata vuole dare una nuova forma al problema della sicurezza. I rami, esemplari di grande forza, vengono utilizzati come spunto per ottenere un nuovo elemento formale. La luce, mutevole nel tempo, costituisce il terzo input progettuale, insieme al gioco di ombre, che cambiano, con lo scorrere delle ore, all’interno della casa. InGrata è realizzata in ferro, mediante la sovrapposizione di quattro diversi livelli che creano l’intreccio dei rami. I punti di contatto vengono fissati tra loro tramite una saldatura, dando così una maggiore sicurezza. In un’ottica di ottimizzazione dei costi e di rispetto della natura, la grata può anche essere costruita con gli scarti di lavorazione delle lamiere in ferro. La finitura viene effettuata tramite un primo trattamento di ossidazione fino ad arrivare al colore desiderato, e poi bloccato attraverso l’utilizzo di apposite vernici che interrompono il processo di corrosione. La finitura è stata pensata per avere un elemento architettonico vicino all’elemento naturale a cui si ispira, ma InGrata potrebbe anche essere rifinita con una verniciatura a polvere epossidica in vari colori.

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InGrata photo_Paolo Emilio Bellisario


La grata è realizzata con ferro da 4 mm in strati sovrapposti; possono essere utilizzati scarti di lavorazione da lamiere oppure ferri piatti. Il telaio è formato da un profilo 20x40 mm. I punti di contatto vengono fissati tra di loro tramite dei punti di saldature. La finitura viene realizzata tramite un processo di ossidazione del ferro che viene siccessivamente bloccato attraverso la verniciatura con speciali vernici epossidiche.

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Lucia


Lucia

design / consultant Laura Caparrelli, Valentina De Carolis / Maurizio D’Onorio

Lucia è un’amica capace di raccontare delle storie. Un oggetto poetico, capace di creare un mondo fatto di luce, ombra e fantasia. Come nel gioco delle ombre cinesi, racconta delle storie attraverso la luce e le ombre proiettandoti in mondi animati dai personaggi delle fiabe che prendono vita sulla parete secondo la fantasia di chi le costruisce. Un gioco che coinvolge tutti i sensi e che stimola la fantasia, semplice e interattivo, rende complici bambini e adulti trasportandoli in un mondo fantastico. Come funziona? Le mascherine con le sagome si inseris20.00 cono all’interno della scatola attraverso la fessura, si accende la luce e le ombre si proiettano sul muro. Inizia il gioco! Il bambino, ma anche l’adulto, sono coinvolti nello svolgimento di una storia che può essere narrata o reinventata ogni volta.

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16.00

10.00 9.80

Is it a lamp, a book or a game to play? Lucia is a friend to tell us stories. It wants to be a poetic object, that can create a world made of light, shadows and imagination. Such as the Chinese shadows game, Lucia tells stories trough lights and shadows, drifting us worlds animated by fairytale characters live on the walls, by the imagination of the story-builders. A fairy game wich involves all the senses, and stimulates imagination, a simple and interactive game that makes adults be partner to babies, carrying them into a magic dimension. The covers with shapes can be inserted within the box through the slit, and after the light has turned on, the shadows will be screen on the wall. The game begin! Child, but also adult, are involved in the development of the story, that can be narrated and reinvented.

20.00

15.00

40.00

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Catamena


Catamena

design / consultant Dominga Carlone / Antonio Alviani

Symbol of Sora the conca, a sinuous pot, was used by local women to carry water without using their hands, just putting it on their head. While carrying the bowl women had an undulating course: “Catamena” is just the name of this walk! Today the conca is just a souvenir or decorative objects, deprived of its primary function. In Catamena the concave base allows a tilting movement, and recall the behavior of women. Its silhouette is shaped to remind a tiny, a fat and a perfect woman too. Designed to be entirely made of copper, it can be used to collect water, or as a flower pot could be a further tribute to women. Catamena is a mix of its past and present feature. Simbolo sorano per eccellenza, la conca, vaso dalle forme sinuose, era utilizzata dalle donne ciociare per il trasporto di acqua senza l’utilizzo delle mani, posandola direttamente sul capo. La donna, infatti, trasportando la conca aveva naturalmente un andamento ondeggiante: “catamena” è proprio il nome di questa camminata! Oggi della conca non resta che un semplice oggetto souvenir e di decorazione, privato della sua primaria funzione. Con Catamena la conca si trasforma, la sua base diventa concava per permettere un movimento basculante e rievocare il portamento della donna. Le sue linee ricordano maggiormente quelle delle donne: la minuta, la grassa e la donna dalle linee perfette. La funzione della conca in questo modo si attualizza: contiene acqua e fiori, un ulteriore omaggio alle donne. Il risultato è quindi un mix della funzione passata e presente: Catamena, progettata per essere interamente realizzata in rame grazie alla maestria dell’artigianato locale, può contenere comunque acqua come in passato e il suo utilizzo continua a essere di decorazione.

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Deseco


Deseco

design / consultant Piergianni Chiugi / Massimiliano D’Orazio

Deseco is the fusion of two words: design and eco. Its hexagonal shape, even if very geometrical, makes the object to look very natural, optimal for ethnic environments. Thanks to its modular form you can request any composition, thereby fitting it to the room. It can have a single or double or triple sink and so on. Materials are MDF or solid wood for the hexagonal mesh top and ceramic for the basin. It is fixed to the wall using metal brackets. In coordinated you can have shelves, mirrors and bath accessories too. Deseco è la fusione di due parole: design ecologico. La forma, anche se molto geometrica (formato da esagoni), rende l’oggetto molto naturale, ottimale per ambienti etnici. Essendo la forma modulare si può richiedere qualsiasi composizione, adattando così il mobile all’ambiente. Può essere a mono lavabo oppure doppio o triplo e così via. I materiali di cui stiamo parlando sono un mdf o massello per la trama esagonale superiore e la ceramica per il lavabo. Viene fissato a muro tramite braccetti in metallo che mantengono la stessa forma del modulo. In coordinato si possono avere mensole, specchiere e accessori da bagno.

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Calamaio / Quasicubo photo_Fausto Capalbio


Calamaio + Quasicubo

design / realization Marco De Masi / Massimiliano D’Orazio

Smart objects that can simplify the life on your desk! Design with wood and ceramic, organic materials to make your working place warmer and more comfortable. Calamaio is a paper and pen holder. It redraws an ancient way of writing with his gestures and his forms. Metaphor is emphasized by the cut on the basis that shows the amount of remaining sheets, representing what was once the ink level. Quasicubo is a Pantone and markers holder. The inclined plane of the base makes the containers perpendicular to the desk and exposing their contents. Once freed from the base of the “quasicubo” are ready to use. Containers with their angle tilt allow quick access to markers.

Oggetti intelligenti in grado di semplificare la vita della vostra scrivania realizzati in legno e ceramica, materiali organici per rendere il vostro posto di lavoro più caldo e accogliente. Calamaio, contenitore per fogli e portapenne, ridisegna un antico modo di scrivere reinterpretando la sua gestualità e le sue forme. La metafora viene enfatizzata dal taglio sulla base che mostra la quantità dei fogli rimanenti rappresentando quello che una volta era il livello dell’inchiostro. Quasicubo è, invece, nello specifico un porta-pantone ma, in generale, un porta-pennarelli. Il piano inclinato della base fa si che i contenitori, quando sono in posizione di risposo, rimangano perpendicolari al piano d’appoggio ed espongano il proprio contenuto. Una volta liberati dalla base i “quasi cubi” sono pronti all’uso. Con la propria inclinazione, consentono un rapido accesso ai pennarelli.

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Calamaio / Quasicubo photo_Fausto Capalbio


70

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Arcavèglie photo_Paolo Emilio Bellisario


Arcavèglie

design / realization Giuseppe Di Resta / Ileana Di Pucchio

On a closer inspection craft offers a lot, a 360° control over the production process and a link with the territory that is a valid alternative base to a global vision. Arcavèglie is a small ceramic bowl, entirely processed and finished by hand, which transform everybody into a good chef in a few easy steps. To replicate at home the traditional recipe of “ciambelline ruzze” (usually sold in bakery) you just need to rotate and tilt it. The base, characterized by a faceted surface, lets the bowl to take a different inclinations. Each tilt is the dosage of an ingredient (flour, sugar, oil, wine, etc.) that will fill the bowl only till the edge. No reference to units of measure and quantity (no conversion between the various systems of measurement and weight). A “global” object that can be easily used by those who has now left the beautiful country for years but do not want to forget their origins. The glazed internal processing is in contrast with a rather rough exterior work, to foster a better grip on the bowl during the execution of recipe. Engravings and colors corresponding to the individual ingredients finish the outside. The decoration can be customized on request, making the bowl a product that does not exhaust its functionality in the preparation of the recipe, but it can be used as a standard bowl in everyday life. The idea is easily adaptable to various recipes (made with a few simple ingredients), if sold within the “ciambelline ruzze” , Arcavèglie lends itself to become a new tool for local promotion, a direct connection with the history and tradition of the place from which it comes. A ben vedere l’artigianato offre possibilità di non poco conto, un controllo a 360° sul processo produttivo e un legame con il territorio che è la base per una valida alternativa rispetto a una visione globalizzata. Arcavèglie è una piccola ciotola in ceramica che, lavorata e rifinita interamente a mano, in poche semplici mosse trasforma tutti in abili cuochi. Per replicare in casa la tradizionale ricetta delle “ciambelline ruzze” (solitamente vendute dai forni cittadini) sarà sufficiente far ruotare e inclinare Arcavèglie. La base, caratterizzata da una superficie sfaccettata, consente di dare alla ciotola varie inclinazioni. Ogni inclinazione corrisponde al dosaggio di un ingrediente (farina, zucchero, olio, vino, ecc.) che non potrà riempire la ciotola se non fino all’orlo. Nessun riferimento a unità di misura e quantità (senza conversioni tra i vari sistemi di misura e peso). Arcavèglie è un oggetto “globale” che può essere facilmente utilizzato per esempio da chi ormai ha lasciato il bel paese da anni ma non vuole dimenticare le proprie origini. Alla lavorazione smaltata interna corrisponde, invece, una lavorazione ruvida dell’esterno, per favorire una miglior presa sulla ciotola durante l’esecuzione della ricetta. Incisioni e colori, corrispondenti ai singoli ingredienti, rifiniscono l’esterno. La decorazione può essere personalizzata a richiesta rendendo la ciotola un prodotto che non esaurisce la sua funzionalità nella preparazione della ricetta ma che, nel quotidiano, fa bella mostra di sé quando è utilizzato come un normale contenitore da portata. L’idea è facilmente adattabile a varie ricette tradizionali (fatte con pochi e semplici ingredienti), se venduta con all’interno le ciambelline, Arcavèglie si presta a divenire un nuovo strumento di promozione territoriale, un oggetto di connessione diretta con la storia e la tradizione del luogo da cui proviene.

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Arcavèglie photo_Paolo Emilio Bellisario


Ø160 Ø148

olio

39°

46°

6

farina

84

vino bianco

semi di anice

farina

olio

B

B

vista dall'alto

piani di appoggio per inclinazione

zucchero

A

semi di anice

farina 57°

vino bianco

piedino di appoggio

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sezione BB

sezione AA

zucchero


Achille in cucina


Achille in cucina

design / consultant Tiziano D’Innocenzo / Giuseppe Recchia

Achille in cucina is a kitchen cabinet with drawers and cutting board. The drawers rotate around a pivot and users can choose their colors, layering, size and number depending on their needs. The customization retrieves the craftsmanship. The project is inspired by the Castiglioni’s Arco lamp as a tribute to their teachings.

28 42 138

10

Achille in cucina è un mobile da cucina con tagliere e cassetti. I cassetti ruotano attorno a un perno e se ne possono decidere i colori, la disposizione, la dimensione e il numero a seconda delle proprie necessità. La personalizzazione del progetto recupera l’artigianalità del manufatto. Il progetto rimanda all’icona della lampada Arco dei fratelli Castiglioni come omaggio ai loro insegnamenti.

20 20 108

10

40

80

60

60

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kate


kate

design / consultant Mirco Fantauzzi / Antonio Simeone

Kate, when religion is based on the image.The project starts with an observation I made when I made during my Univeristy time. The Madonna and other religious figures of the past always were noble and aristocratic women of their time. So why not build and create a new look for a Madonna? Updating the image and creating a new kind of religious concept was the base from which to start. The project was developed just searching the right photos and assembled. It should look like an old stained glass window. but this time the face of the Madonna is completely the opposite of religion and its values . Who does not know Kate Moss can take a ride on the internet and see who she is, and especially what she has given to the world of fashion and contemporary culture with her lifestyle. Model, actress, provocative, gay icon. Kate Moss is anything but a quiet figure, living life to the fullest and taking everything from herself and the world around her. Using the face of Kate Moss in place of the classic Madonna is a risky choice also completely out of any moral scheme. Creating a new image and leave to posterity the representation of a modern Madonna. Kate, quando la religione si basa sull’immagine. Il progetto parte da una constatazione artistica che feci ai tempi dell’università. Le madonne e le figure religiose del passato erano sempre donne della nobiltà e dell’aristocrazia del tempo. Perchè allora non realizzare e creare una nuova veste per le madonne? Aggiornare l’immagine e creare un nuovo tipo di concetto religioso era la base da cui partire. Il progetto si è sviluppato cercando le foto giuste e assemblandole. La vetrata dovrebbe avere l’aspetto di una vecchia vetrata ma questa volta il volto della Madonna è completamente l’opposto della religione e dei suoi valori. Chi non conosce Kate Moss può fare un giro su internet e verificare chi è e, soprattutto, quello che con il suo stile di vita ha trasmesso al mondo della moda e alla cultura contemporanea. Modella, attrice, provocatrice (chi non ricorda lo strip del video dei White Stripes), icona gay. Kate Moss è tutto tranne una figura tranquilla, vive la vita al massimo e prende tutto il possibile da sé stessa e dal mondo che la circonda. Usare il volto di Kate Moss al posto di quello delle madonne classiche è una scelta azzardata e completamente fuori da ogni schema morale. Creare una nuova immagine e lasciare ai posteri l’immagine di una Madonna contemporanea. Il progetto prevede una mia interazione con il vetraio per la realizzazione del progetto. Non mi incuriosisce tanto il risultato finale quanto le fasi: discutere e valutare i materiali e tutto quello che comporta il prodotto. Sono abituato a un mondo di carta e alla impalpabilità del web e del video e trovo interessante l’idea di realizzare qualcosa di più simile a un’opera d’arte che a una campagna pubblicitaria.

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kate


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You Imagine photo_Paolo Emilio Bellisario


You Imagine

design / realization Rosamaria Fiore / Maurizio D’Onorio

You Imagine is a plant’s or flower’s holder, designed to change the usual shape of our plants.It ‘a game. Its stylized forms, inspired by the plant world, let everyone to see their own image, like looking at clouds!Why a small plant can not have a leading role once? Even a simple daisy, can become a big and strong oak or small and spiny cactus.The shape is simple, costruction is fast, its use is funny: it start from a sheet of iron folded like a box, then entering a plant the fun begins. Just imagine!

You Imagine è un contenitore per piante da vaso o fiori che ha come obiettivo quello di cambiare idealmente la forma solita che siamo abituati a vedere delle nostre piante. È un gioco di fantasia, non c’è una forma oggettiva, ma solo tre dimensioni diverse per esigenze e usi disparati. Ognuno è libero di vedere in queste forme stilizzate, ispirate al mondo vegetale, una propria immagine: è un po’ come giocare con le nuvole! Perché una piccola pianta non può per una volta sentirsi protagonista? Anche una semplice margherita possiamo immaginarla grande e forte come una quercia o piccola e spinosa come un cactus. La forma è semplice, la realizzazione è veloce, l’utilizzo è spiritoso. Si parte da una lamiera di ferro, tagliata a seconda del disegno e piegata come una scatola, si inserisce una pianta e a questo punto comincia il divertimento. Buona immaginazione!

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You Imagine photo_Paolo Emilio Bellisario


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Nella spirale del vino

design / consultant Lucia Gabriele / Maurizio D’Onorio

Alcohol is a substance that tends to slightly evaporate but is held by a considerable packaging, sometimes heavy, for this reason a spiral shape seems useful to defuse content and packaging. A spiral cylinder, also suitable for domestic use, but mainly designed as a tasting tool or as an exhibitor in a wine cellar or a commercial property. A lightweight frame having significant dimensions. A spiral to hook bottles and cups on, made by a steel calendered tube of 40 mm diameter, height 180 cm and 55 cm width. The base can be used as an advertising toll too. L’alcol è una sostanza leggera che tende a evaporare ma è contenuto da un involucro consistente, a volte pesante, proprio per questo la forma della spirale ci è sembrata utile a sdrammatizzare contenuto e contenitore. Un cilindro a spirale, adattabile anche a un uso domestico ma essenzialmente preposto come strumento per la degustazione oppure come espositore all’interno di una cantina o di un locale commerciale. Una struttura leggera pur avendo dimensioni importanti. Una spirale su cui agganciare bottiglie e bicchieri costituita da un tubo di acciaio calandrato con diametro di mm 40, altezza di cm 180 e larghezza totale di cm 55. La base oltre che da sostegno può essere utilizzata come supporto pubblicitario.

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CuLight2


CuLight2

design / consultant Valentino Gabriele / Antonio Alviani

“Art is ongoing research, assimilation of past experiences, the addition of new experiences.” These are the words of Bruno Munari who accompanied me during the workshop Glocal Handmade. The goal, the still point, is to put together crafts, as local tradition and art of the past, with the present. Revisiting a traditional product. To give new life to craft, able of signing each object with the quality of details and research. To interact with design and craftsmanship to create a new unique object, in contrast to the tradition. CuLight2 is the idea of reviewing the function of a local copper product. Since the “conca” has actually lost its original function, its shape was turned two main parts, bound together by a copper handle. No longer a container of water, but of light. This two parts made of copper are both designed as a changing table lamp, able to turn into two independent sources of light giving the chance to create different lighting effects. The lower part is tied to the handle, while the top can slide giving the possibility to have a different beam; to be released and placed on the bottom or work independently. CuLight2, crafts seeking new light. “L’arte è ricerca continua, assimilazione delle esperienze passate, aggiunta di esperienze nuove”. Queste le parole di Bruno Munari che mi hanno accompagnato durante il workshop Glocal Hand-made. L’obiettivo, il punto fermo, è quello di legare, mettere insieme l’artigianato, inteso come tradizione locale e arte del passato, con il presente. Rivisitare un prodotto della tradizione mettendolo in rispolvero. Ridare nuova linfa all’artigianato, capace di lasciare su ogni oggetto caratteri come la qualità e la ricerca del dettaglio. Far interagire design e artigianato per creare un oggetto nuovo, unico e in contrasto con la tradizione. CuLight2 è l’idea di rivedere la funzione di un prodotto della produzione artigianale locale, la conca in rame. Utilizzato dalle donne ciociare per il trasporto dell’acqua e realizzato in varie dimensioni ha perso con il tempo la sua funzione originaria diventando un oggetto ornamentale. In questo progetto la forma della conca viene suddivisa in due parti principali, legate assieme dal manico in rame. Non più un contenitore di acqua ma di luce. Le due parti realizzate in rame sono pensate insieme come una lampada da tavolo dai diversi modi di utilizzo, possibilità data dalla capacità di poter spostare e separare i due elementi principali. Due fonti luminose mobili e indipendenti che danno la possibilità di creare diversi giochi di luce. La parte inferiore è legata al manico, mentre quella superiore può scorrere dando la possibilità di variare il fascio luminoso, essere sganciata e posizionata nella parte inferiore o lavorare autonomamente dando la possibilità di avere due lampade separate. CuLight2, l’artigianato che cerca nuova luce.

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D첫eit photo_Ilias Fragkakis


Dùeit

design / realization Livia Lugana / Cinzia Zuppetti, Giuseppe Recchia

Dùeit is a bag with a strong, resolute and versatile character. Thanks to a system of two rotating-rings joined by a tangent hinge, it lets the smallest ring to rotate and to position itself within the larger ring. Dùeit can be used as hand or arm bag when the smallest ring is in its internal position. After rotation, the same ring will be positioned outside of the bag and it will create a handle that will allow the bag to be carried on shoulders. Dùeit has a flared opening with and easy access to the deepest area of the bag. Taking in account the size of the bag, diameter 39 cm, it was necessary to include in the internal space a pochette, zipped up and equipped with a snap-hook that it allows to extract it if you like. Dùeit has a wooden internal structure made by a multilayer frame of beech and wengè, that gives it the right toughness combined with the elasticity necessary to make the bag versatile. The warm and dark color of the wengè well fits a positive harmony with the shade of the copper of the material chosen for the external side of the bag. This material, made of wire, was chosen for its characteristics of memory of the shape that allows to maintain the drape created during the phase of production. Dùeit is fully lined in cotton fabric. The metallic-style with copper highlights makes the bag very “street”, but the drape of the material makes it also the perfect bag for most stylish and elegant circumstances. Dùeit è una borsa dal carattere forte, deciso e versatile. Grazie a un sistema di rotazione di due anelli uniti da un perno in tangenza, permette all’anello più piccolo di ruotare e posizionarsi all’interno del più grande. Dùeit può essere portata come borsa a mano o a braccio, quando l’anello piccolo è in posizione interna. Dopo la rotazione, l’anello più piccolo si posiziona all’esterno della borsa e va a creare una maniglia che permette alla borsa di essere trasportata a spalla. Dùeit è dotata di un’apertura agevole svasata, questo rendere comodo l’accesso alla borsa anche nei punti più pro-fondi. Considerando l’ampiezza della borsa, diametro interno di 39 cm, si è reso necessario organizzare il contenuto con una pochette, chiusa con cerniera e dotata di moschettone che permette di poterla sganciare ed estrarre totalmente in caso di necessità. Dùeit ha una struttura in legno multistrato, faggio e wengè, che le danno la giusta tenacità abbinata all’elasticità necessaria all’anima per rendere la borsa versatile. Il colore caldo, ma scuro del wengè trova un’armonia positiva con i toni del rame del tessuto scelto per il rivestimento esterno. Il tessuto, realizzato con filo metallico, è stato scelto per le sue caratteristiche di memoria di forma, in modo da tenere fede al drappeggio creato in confezione. Dùeit è interamente foderata in tessuto di cotone. Lo stile metallico dai riflessi ramati rendono la borsa molto “street”, ma il drappeggio del tessuto la rendono perfetta anche per momenti più sofisticati ed eleganti

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D첫eit photo_Paolo Emilio Bellisario


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Cubo Speziale


Cubo Speziale

design / consultant Chiara Malaspina, Valentina Marrocco / Maurizio D’Onorio

Cubical apothecary is an outdoor seat that combines a social and olfactory needs. We are often not in right situations, sitting on static and boring benches, finding it hard to look who’s next in the eye. The cubical apothecary aims to improve relationships. Its modular design allows to combine them following situation needs: a friendly meeting where you can have fun creating different forms, combining and separating, based on the number of guests. A rendezvous using no more then two seats, to increase the intimacy between lovers; a formal or working meeting, where people prefer to keep their privacy. The stark shape, stressed by the iron, is broken by a cut on the corner, but immediately re-balanced by a colored wood pot filled with aromatic spices: basil, sage, rosemary. Mobility is assured thanks to the wheels that helps to add ore remove colors and scents. The 65x65 cm size allow a comfortable seat that can also be turned into a coffee table for drinks and snacks. A pleasant shape that involves not only the sense of smell but also eyesight and the sense of touch. An object that is designed for private person who want to use it on a terrace, in a garden, into a wine bar, to daily spread imagination and creativity in every user. Una seduta per ambienti esterni che coniuga l’aspetto conviviale e olfattivo, sono questi gli elementi che hanno fatto nascere il cubo speziale. Spesso ci troviamo irrigiditi da ambienti poco consoni alle situazioni, seduti su panche statiche e noiose, facciamo fatica a guardare negli occhi l’interlocutore che abbiamo al nostro fianco. Cubo speziale intende migliorare la qualità dei rapporti interpersonali. Il suo design permette la modularità nelle più svariate situazioni: un incontro amichevole dove ci si può divertire creando diverse forme, unendo e separando, giocando con le combinazioni in base al numero degli invitati. Un incontro amoroso dove il numero massimo concesso è il due e non più sedute, la vicinanza farà da padrona favorendo l’intimità della coppia; oppure un incontro formale o di lavoro o di persone che non si conoscono e che preferiscono mantenere la loro privacy. L’austerità della forma e del ferro come materiale viene spezzata da un taglio su uno dei quattro angoli, ma subito riequilibrata da un vaso di legno colorato che si caratterizza per il suo contenuto di spezie aromatiche: basilico, salvia, rosmarino. L’agilità è assicurata grazie alle rotelline che uniscono, allontanano, sommano colori e profumi. Le dimensioni, 65x65 cm, permettono una comoda seduta che può fungere anche come piano di appoggio per drink e snack. Un aspetto piacevole che non coinvolge solo il senso dell’olfatto ma anche quello visivo e tattile, dando un tocco di energia carica di positività e di allegria. Un oggetto che si rivolge al privato: una terrazza, un giardino, wine bar sono i luoghi per i quali tale progetto è stato ideato. Nella sua essenzialità il cubo speziale riesce e trasmettere fantasia e creatività in ogni persona che lo vive. Quel tocco speciale indispensabile per trascorrere con intensità la quotidianità nella maniera più semplice.

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Lumino


Lumino

design / consultant Daniele Marturano / Maurizio d’onorio

o r b i l

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a n i d a p m a l

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o n i m e or ' l a lt a i op s t a o dd l a sa e t et a od a t d a a gap ei n i om p i a sl on n t ea i r rm o e i ip mdn iu ad l

L’idea di LUMINO nasce dal concetto: “la lettura illumina l’uomo”. Per questo motivo ho voluto unire l’uomo, il libro e la luce in un unico elemento stilizzando la forma umana, plasmandola in modo tale da poter diventare elemento di supporto per libri, e allo stesso tempo poter essere la fonte della luce necessaria a leggere. Unendo così la leggerezza della forma con la forza della struttura sapientemente lavorata dall’artigiano del ferro, si sono sviluppate due ipotesi di progetto. Nel primo caso LUMINO è una sorta di abat-jour dove riporre il libro che si sta leggendo. Nella seconda ipotesi la sagoma dell’omino seduto prende forma e colore tramite i libri che vi vengono riposti. Inoltre, l’illuminazione realizzata tramite diodi a Led rgb, situata nella testa e comandata tramite telecomando, ha anche funzione cromo-terapica.

e o n i me r ot u ' l l a e g de i ap z zl e ee l t l d a

“Reading lights the man.” For this reason I wanted to join the man, the book and the light in a single element stylizing human form, molding it so that it can become a support for books, and at the same time can be the source of light needed to read. The strength of the iron is combined with the lightness of the shape of a man sitting, that can be colored through the stored books. A LED RGB diodes lighting system palced in the head and controlled by remote control also serves as color therapy.

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Five


Five

design / consultant Manuel Melluso / Giuseppe Recchia

Five is a “body rests” primarily designed for very fast rest. Five are the minutes needed to rest during a break but avoiding a terrible “dream busters” bed! Choosen materials are wood to get the best weight / elasticity with an iron part, joining the base with the top, to offer the right bending to support the body. Over the top, several staves are connected with cylindrical pillows to host the body.

Five è un “appoggia-corpo” pensato principalmente per un riposo molto veloce. Five, ovvero “cinque”, sono i minuti per il suo utilizzo necessari per riprendere la giornata dopo una pausa evitando il terribile “letto acchiappa sonno”! Strutturalmente Five è stato concepito in legno per un miglior rapporto peso/elasticità con una lingua in ferro che, unendo la base di appoggio con la parte superiore, è in grado di offrire un’adeguata elasticità/flessione per l’appoggio. Sopra la parte superiore sono montate le doghe sulle quali spuntano dei morbidi cuscinetti cilindrici pronti a ospitare il corpo.

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Ramami


Ramami

design / realization Luca Oropallo / Giuseppe Gabrielli

Perhaps, copper is the metal that mankind uses the longest. Between copper objects the conca or “concone” is actually a symbol of Ciociaria. It was once made by the expert hands of the coppersmith, who was able to shape the metal up to a shape inspired to the silhouette of a woman. The idea is to start from this female inspired shape to design jewels shaped by ideally cutting the conca. By a horizontal cut, just in the middle, we can get two bracelets achieving to wear in different ways. By four vertical cuts, instead, we can get several “primordial arrows”, to be used alone or assembled on a female chain, symbol of emancipation. L’idea progettuale parte dall’analisi del materiale che più di ogni altro ha condizionato lo sviluppo del genere umano: il rame. Con ogni probabilità il rame è il metallo che l’umanità usa da più tempo: sono stati ritrovati oggetti in rame datati 8700 a.C. e oggi lo troviamo impiegato in tutta Italia per la creazione di oggetti utili ai lavori domestici. Tra questi uno è diventato il simbolo dell’intera Ciociaria: la conca o “concone”. Utile per il trasporto dell’acqua dalla fonte alle abitazioni, la conca è realizzata dalle mani esperte del ramaio, capace di plasmare il metallo fino a fargli assumere una forma che ricorda la silhouette di una donna. L’idea è di partire dalla conca, sinonimo di lavoro femminile e di sofferenza fisica, di sezionarla con piani orizzontali e verticali ottenendo monili da indossare. Con un piano orizzontale, proprio in corrispondenza della “vita” della conca, si seziona e si ottengono due tronchi di cono che si intagliano come merletti, realizzando due bracciali da indossare in diversi modi. Usando quattro piani verticali, invece, si ottengono elementi romboidali, piegati lungo la linea d’unione dei due tronchi di cono. Gli elementi così ottenuti, simili a frecce - cimeli primordiali che da sempre l’uomo ha sfoggiato e usato come monili -, si possono montare su una collana o assemblarli tra loro, diventando oggetti seriali di una infinita catena, simbolo dell’emancipazione femminile.

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Ramami


Lucido Bordo lucido

Satinato

Satinato

0.55 Satinato

2.37

7.00

Gancio

13째 170째

Lucido

Gancio

163째

6.35 7.50

Satinato

3.98

Lucido

Gancio

7.50

0.13

5.00

9.00

Modi diversi per indossare i bracciali Glocal Handmade

6.00

I vari elementi possono essere di dimensione diversa, mantenendo le stesse proporzioni tra le parti. Anche le finiture possono essere diverse, lucide, satinate, con rilievi o decorazioni prese dalle conche in rame e trasformate in segni geometrici.


Companatico photo_Ilias Fragkakis


Companatico

design / realization Laura Passalacqua/ Domenico Alonzi

So good to …eat the dish! Tradition and innovation join their union in a very simple idea: dishes made by the dough of the typical ciambella sorana. So the ciambella looses its hole to be fileldwith meats, cheeses, vegetables, or whatever your imagination suggests. The result is a true edible dish to “bite” alone or with friends over the appetizer, a buffet, seated in a park, walking in the street, during a picnic, daily, on holidays or simply if you do not want to wash the dishes.

Così buona da...mangiarsi il piatto! Tradizione e innovazione trovano la loro unione in una idea molto semplice: creare dei piatti attraverso la pasta della ciambella. La ciambella abbandona dunque il buco per far posto a salumi, formaggi, verdure, o tutto ciò che la fantasia suggerisce. Il risultato è un vero e proprio piatto commestibile da “mordere” da soli o con gli amici durante un aperitivo, un buffet, seduti in un parco, passeggiando in strada, durante un picnic fuori porta, nel quotidiano, nei luoghi di villeggiatura o semplicemente se non avete voglia di lavare i piatti.

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Companatico photo_Ilias Fragkakis


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Play photo_Paolo Emilio Bellisario


PLAY

design / realization Lavinia Perleonardi / Giuseppe Recchia

How to change the usual idea of crafts, to renew the relationship between the customer and the artisan,to intrigue and entice users to have a closer contact with the shop and the products inside? By leveraging the capabilities of the wise master artisan Giuseppe Recchia, I turned an usual wooden table into an interactive, customizable and with multiple functions design object. It is a coffee table - but replacing its foot could be turned into a desk or a dining table – which is made up of several pieces of different wood species, ranging from the maple (brighter) to the wenge (darkest). Pieces can be moved, changing the nuances of the shelf, with the chance to create new drawings, moreover when turned upside-down, the pieces become pen-holder, glove boxes, bookends, or a support for a laptop. Designer and craftman can design an realize new pieces too, with different functions to meet needs of customers. Play is a mono-material object that highlights the beauty of a precious ecological material such as the wood, it exploits the technical skills of the craftsman and lends itself to creativity and needs of the user who can reinvent, every day, a new object.

Come cambiare l’idea usuale di una bottega artigianale, rinnovando il rapporto tra i clienti e l’artigiano, incuriosire e invogliare i fruitori ad avere un contatto più stretto con la bottega e i prodotti al suo interno? Sfruttando le sapienti capacità del maestro ebanista Giuseppe Recchia, ho reinventato il solito tavolo di legno in un oggetto di design interattivo, personalizzabile e dalle molteplici funzioni. Si tratta di un tavolino da caffè - ma sostituendo i piedi potrebbe diventare una scrivania o un tavolo da pranzo - il cui piano è formato da tanti tasselli di diverse essenze di legno, andando da quella più chiara dell’acero fino a quella più scura del wengè. I tasselli possono essere spostati, variando il gioco di sfumature del ripiano, con la possibilità di creare disegni sempre nuovi e, non solo: se ribaltati in base alla loro morfologia, i tasselli diventano porta-penne, porta-oggetti, fermalibri oppure un sostegno per il pc. Inoltre, non è escluso il fatto che il designer e il falegname creino nuovi tasselli, con funzioni differenti per venire incontro alle molteplici esigenze dei clienti. Play rappresenta un prodotto mono-materico che mette in evidenza la bellezza estetica di questo prezioso materiale ecologico che è il legno, che sfrutta le capacità tecniche dell’artigiano e si presta alla creatività e alle necessità dell’utente che può reinventare, ogni giorno, un oggetto nuovo e più vicino ad ognuno.

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Play photo_Paolo Emilio Bellisario


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CU3O


CU3O

design / consultant Emiliano Soccodato / Maurizio D’Onorio

CU3O is a flexible and modular device for urban spaces. Its size is based on common dimension of a stool and a table, been inspired by the habit of sitting on the benche back.Its logo want to explain its three functions: - Seat - ADV - market stall Wheels help to move in both contemporary and historical spaces. It is designed to shape itself and change its functions to follow town or city needs as also to help organizing street markets too. CU3O è un dispositivo nomade per arredo urbano con diverse funzionalità complementari fra loro. La sua dimensione è un ibrido tra uno sgabello e un tavolo. Tale dimensione è ispirata dall’usuale tendenza urbana a sedere sullo schienale delle panchine per rendere più veloce la risalita dalla seduta e viceversa. Il CU3O racchiude anche nel suo logo la sua triplice funzione di seduta alta e bassa, spazio pubblicitario puntiforme e banchetto espositivo per mercato. La sua struttura dotata di ruote rende modificabile continuamente l’assetto delle ambientazioni urbane dove viene collocato in modo da facilitare il suo impiego sia negli spazi urbani contemporanei che in quelli di interesse storico (spazi più ridotti). Le sue funzioni sono così pensate per plasmarsi con le esigenze di città o paesi, che prevedono periodicamente il mercato rionale, senza dover ricorrere a dispositivi monofunzionali inutilizzabili in tutte le fasi della città.

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Input photo_Ilias Fragkakis


Input

design / realization Sarah Spinelli, Salvatore Saldano / Ileana Di Pucchio, Giuseppe Recchia

Input is conceived as a new typology of furnishing accessories, an hybrid between the coin tray and the coffee table. It is an ironic and purely functional furniture, characterized by the zoomorphic shape composed of three feet, the legs, and a body, the bowl, which creates the final result thanks to a simple balance established between the components. Its primary function is to gather together belongings in a safe place, such as keys, glasses, loose change, envelopes, in order to eventually retrieve them with ease.The ceramic bowl is 70 cm high so that it feels natural to empty out one’s own pocket or retrieving what has been put inside. One of the most important features is the commixture of wood and ceramic, both organic, simple and natural materials.The poetics around Input tends to sensitize the user towards the handmade value, as the product is crafted with fragile materials and therefore designed and realized with skill. In this regard, the vertical and suspended structure exalts the delicacy of the work to the point it is wrapped in an aura that influences and persuades the user to eventually deeply care for it.

Input nasce come una nuova tipologia di complemento d’arredo, un ibrido tra il comune svuota-tasche e il tavolino da fumo. Si presenta come un oggetto ironico e prettamente funzionale che si contraddistingue per la sua forma zoomorfa composta da tre piedi e un corpo, la ciotola, che, grazie a un semplice gioco di statica tra i componenti, dà vita al nostro oggetto. La sua funzione principale è di accogliere gli oggetti più disparati: chiavi, occhiali, spiccioli, buste da lettera e dar loro un posto sicuro in cui ritrovarli. La ciotola di ceramica è posta a un’altezza di 70 cm, per rendere naturale il gesto di svuotarsi le tasche dai piccoli oggetti e riuscire a riprenderli agevolmente dal piano d’appoggio. Una caratteristica importante del prodotto è la scelta di realizzarlo con una commistione di due materiali, legno e ceramica, entrambi materie organiche, semplici e naturali. La poetica che ruota attorno a Input ha lo scopo di sensibilizzare il fruitore verso il valore artigianale dell’oggetto, costituito da materiali fragili e, perciò, progettato e realizzato con maestria. A tal proposito la struttura verticale e sospesa esalta la delicatezza dell’oggetto fino ad avvolgerlo di un’aura (valenza) totemica che influenza e invoglia (induce) il fruitore a prendersene cura.

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Input photo_Paolo Emilio Bellisario


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BROOM


BROOM

design / consultant Francesco Taviani / Antonio Alviani

“Broom” is the new ergonomic brazier thought to be exposed in the middle of the table even during mealtime. Entirely made of copper, the brazier takes advantage of its material characteristics by transmitting high level of radiant heat in order to improve the cooking of food. Its special shape allows to contain freshly cooked food and easily grasp it to moved from one place to another, without the need for handles or pot holders. In fact two half-moons made with a special treatment of insulating titanium dioxide, allows to identify a perfect and safe holding of the object. Broom è il nuovo braciere ergonomico pensato per essere esposto al centro della tavola anche al momento del pasto. Costruito interamente in rame, sfrutta le proprietà del materiale, trasmettendo un elevato calore omogeneo, per migliorare le qualità di cottura dei cibi. La sua particolare forma permette di contenere i cibi appena cotti e di afferrarlo con facilità per essere spostato da un ambiente all’altro, senza l’ausilio di manici o presine. Due mezze lune, infatti, realizzate con uno speciale trattamento termoisolante in diossido di titanio, permettono di individuare la presa sicura dell’oggetto.

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Nello


Nello

design / consultant Serena Tibaldi / Massimiliano D’Orazio

Nello is a ring composed of a wooden frame and two decorative plugs: a wooden one and a ceramic one. Those materials have physical, visual and olfactory differences. The wood plug can have a different aroma: rose wood has a stimulating one; cinnamon has an aroma that lets you to dream of tropical islands, long journeys and it is an aphrodisiac; the cedar has an aroma that brings calm and peace and is against psychic exhaustion. Thanks to an easy plug-in the user can decide between colour, material and aroma to wear. Nello è un anello composto da due materiali legno e ceramica. Con il legno è fatta la struttura e uno dei due tasselli decorativi, con la ceramica l’altro tassello. Questi due materiali hanno differenze fisiche, visive e olfattive. Il legno può avere aromi diversi: il legno di rosa ha un aroma stimolante e aromatizzante, la cannella ha un aroma che fa sognare isole tropicali, viaggi lontani ed è afrodisiaco, il cedro ha un aroma che dona calma e pace ed è contro l’esaurimento psichico. Puoi decidere che colore, materiale e aroma indossare perché grazie a un semplice incastro Nello diventa intercambiabile e, quindi, personalizzabile.

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The good-night lamp photo_Ilias Fragkakis


The Good-Night Lamp

design / realization Nafsika Tzanou/ Ileana Di Pucchio

For a good night’s sleep take this lamp to your bedside table; it is designed to become a friendly necessity! When you wake up at night the lamp will provide you with soft ambient light, will hold a glass of water or a cup of tea and will keep it covered with a lid which also serves as a saucer and/or a pill holder. Inspired by the archetypal lamps and liquid vessels the lamp is made of ceramic. In the “glass of water” version, the light coming out through the glass vessel and through cuts hidden in the lamp’s base creates a poetic, aural effect. In the “cup of tea” version the light comes through “handmade” holes perforated in the lampshade. The lampshade and the base that hosts the led lamp and the electrical cord are made of white enamelled ceramic in glossy or matte finish. The lid/saucer is available in different colours. (pictures 1 and 3) For environmental concerns and low heat emission the lamp uses LED technology. Finally, for the elimination of packaging all the components fit in a cubic box 21X21X21cm made of recycled paper.

Per dormire bene metti Good night lamp vicino al tuo letto: è stata progettata per diventare una piacevole necessità! Quando ti svegli di notte la lampada fornirà una morbida luce ambientale, conterrà un bicchiere d’acqua o una tazza di the con un coperchio che funge anche sia da piattino che da portapillole. Ispirata agli archetipi delle lampade e dei contenitore per i liquidi, Good night lamp è realizzata in ceramica. Nella versione “bicchiere d’acqua”, la luce esce fuori attraverso il contenitore di vetro e attraverso le aperture nascoste alla base della lampada creando così un effetto luminoso quasi poetico. Nella versione “tazza da the” la luce passa attraverso le aperture - perforate a mano nel paralume. Quest’ultimo, la base che contiene la lampada Led e il cavo elettrico sono realizzati in ceramica bianca smaltata con finitura lucida o opaca. Il coperchio/piattino è disponibile in diversi colori. Per ragioni ambientali e per avere una bassa emissione di calore, la lampada utilizza la tecnologia Led. Infine, tutti i componenti sono pensati per essere contenuti in una scatola cubica, 21X21X21cm, di carta riciclata.

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The good-night lamp photo_Ilias Fragkakis


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Sbrocco Sbrocchina photo_ Patrick Toomey-Neri


Sbrocco Sbrocchina

design / consultant Cristian Visentin / Antonio Alviani 10.0

16.5

B-B

0.300

24.3

6.2

14.3

10°

Starting from the traditional “conca”, once used by women in the countryside to carry the water, a new object is designed to be used for lunch or dinner either for every day use or special occasions. According to tradition, this copper jug is made starting from a cylinder which is hammered and warped as a double cone. Then it is cut at the base and in the upper part, in order to give both a modern style and at the same time a functional shape to pour water. The external surface, supposed to be plain or decorated, as time goes by, is modified through an oxidation process that will always changes the look of this object. The internal part is tinned to suit dietary liquids, but it can also be made by a silvered layer which makes the object more precious also providing a functional role due to the anti-bacterial properties of silver ions. Sbrocco, which contains water, comes with Sbrocchina that is smaller and 13.4used for wine. These names have been chosen to establish an additional link with the city 8.6 of Sora where Rocco and Rocchina represent two of the most typical people names.

21.7

5.2

10°

Dalla tradizione della conca, caratteristicamente usata in passato dalle donne del paese per trasportare l’acqua sulla testa, nasce un oggetto da portare in tavola per tutte le occasioni, dal pasto quotidiano alle cene con gli amici. Nel rispetto della tradizione questa brocca viene realizzata dal ramaiolo partendo da un cilindro in rame sapientemente martellato e deformato in due coni. Successivamente viene tagliato inclinato alla base e nella parte superiore così da creare una forma moderna e allo stesso tempo funzionale nell’atto di versarne il contenuto. La superficie esterna è pensata liscia (ma può essere anche decorata) e può, nel corso del tempo,11.5 subire un processo di ossidazione che ne cambia l’aspetto rendendo l’oggetto sempre diverso. La parte interna è stagnata per adattarla al contatto con liquidi alimentari ma può esistere anche in versione argentata. L’utilizzo dell’argento impreziosisce l’oggetto e può anche avere una funzione igienizzante dovuta alle proprietà degli ioni presenti in questo materiale. Sbrocco, che contiene l’acqua, è accompagnata da Sbrocchina che, più piccola, viene usata per il vino. Anche i nomi affondano nelle tradizioni locali di Sora dove Rocco e Rocchina rappresentano due nomi di persona tipici del paese.

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Let’s Fun photo_Paolo Emilio Bellisario


Let’s Fun

design / realization Viviana Vittigli / Cinzia Zuppetti

The aim was to stimulate curiosity and creativity with the user. The dress is made of two-way stretch breathable cloth able to fit any female body, from size 38 to size 46. The reversible cloth panels allow to choose the colour or texture of the dress, to highlight every time one way rather than another. It can be made with a wide choice of cloth: silk, cotton, wool and jersey. In this way, to customize your dress is really easy. Let’s fun is easy to make, easy to carry, easy to use, fitting all women needs. It can be daily worn during breakfast, at university, at work, during an appetizer, a dinner or even for a smart evening. L’obiettivo dell’oggetto è quello di stimolare la curiosità e l’inventiva personale attraverso un processo ludico così da ottenere le opzioni proposte o di trovarne delle proprie. L’abito è realizzato in tessuto bielastico traspirante in grado di adattarsi alla forma del corpo femminile di qualsiasi taglia, dalla 38 alla 46. I pannelli di tessuto doubleface usati permettono di scegliere il colore o la texture del tessuto, potendo di volta in volta mettere in evidenza un verso piuttosto che l’altro. Molto varia anche la scelta dei tessuti da usare per la realizzazione: dalla seta al cotone, dalla lana al jersey. In questo modo, la possibilità di personalizzare l’abito, dotato di un laccio intercambiabile, è davvero massima per chi lo indossa. Let’s fun è formato da pezzi semplici e standardizzabili, è facile da assemblare, comodo da trasportare, rapido da utilizzare, adattabile a ogni tipo di esigenza femminile. Può essere infatti indossato, nelle sue diverse configurazioni, per le tutte le occasioni che si presentano nell’arco della giornata: per esempio a colazione, all’università, in ufficio, per l’aperitivo, a cena o addirittura per una serata elegante.

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Let’s Fun photo_Paolo Emilio Bellisario


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Dolce Vita photo_Ilias Fragkakis


Dolce Vita

design / realization Widianto Utomo / Giuseppe Recchia, Ileana Di Pucchio

Inspired by the italian way of cooking and eating lifestyle, La dolce vita idea is to create multifunction bowl + stick for cooking and serving food. Ispirato allo stile di vita italiano del cucinare e del mangiare, La dolce vita è una rivisitazione del tradizionale tegame in ceramica trasformato in un recipiente multifunzionale adatto a svariati usi sia in tavola che in cucina. Il manico in legno si divide in due per essere utilizzato sia per cucinare che per servire.

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Dolce Vita


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talks\ testi Interview and talks with teachers and tutors about design and craft / Interviste e chiacchierate con tutor e docenti sul tema design e artigianato


Gabriele Pardi / Laura Fiaschi Shall the designer’s work be solved only in forms or it should/must give also different contributions?

Il lavoro del designer deve risolversi solo in una forma o può/deve dare altri contributi?

Design should be an ethical commitment, deep and mature; the designer’s job affects on different rings of the productive chain and allows the creation of work, but at the same time it can generate uncontrolled pollution. Therefore limiting ourselves in just working on form denotes a superficial attitude; in the third millennium, every individual should try to reduce the waste, to have a responsible attitude in everyday life and the designer must also think of the “side effects “of a product. The choise of being enviroment friendly is also connected to a well-defined design approach, built on the basis of experience and cultural structure. We strongly believe that the object is a natural extension of our experience of life and our body and that, through an osmotic mechanism, can be transformed into a “sensitive matter”; a product must be able to come into contact with human beings and by its formal, conceptual and communication skills, it can or can not succeed to penetrate souls and bodies involving them emotionally.

Progettare dovrebbe essere un impegno etico, profondo e maturo; il mestiere del designer incide su diversi anelli della catena produttiva e permette la creazione di lavoro, ma al tempo stesso può generare inquinamento non controllato. Limitarsi, dunque, alla sola forma dell’oggetto denota un atteggiamento superficiale; nel terzo millennio ogni singolo individuo dovrà cercare di contenere gli sprechi, ridurre i rifiuti, avere un atteggiamento responsabile nella vita di tutti i giorni ed il designer dovrà pensare anche agli “effetti collaterali” di un prodotto. Questo primo punto legato al tema dell’ecosotenibilità sarà accompagnato anche da un approccio progettuale ben definito, costruito sulla base della propria esperienza e della propria struttura culturale. Crediamo fortemente che l’oggetto sia una naturale estensione della nostra esperienza di vita e del corpo e che, attraverso un meccanismo osmotico, si possa tradurre in “materia sensibile”; un prodotto deve riuscire ad entrare in contatto con l’essere umano e proprio per le sue caratteristiche formali, concettuali e comunicative potrà riuscire o meno a penetrare anime e corpi coinvolgendoli emotivamente.

How design can help saving endangered local traditions? Local traditions are often held by small artisan firms, by men and women who pass on techniques and knowledge of materials and their ways to “tame” them; it is extremely important to be able to preserve traditions based on ancient experiences, to process and transpose them into contemporary languages. Craft becomes, for designers, an important point of view on the real world of design, where raw materials are transformed under the pressure of the craftsman’s or the artist’s hands. A key moment in the growth of anyone who wants to know the world of design, of creativity and “doing”, it can become a tool ... transforming experience of “small numbers” in involving and interesting experiments

In che modo il design può aiutare a salvare tradizioni locali in via d’estinzione? Le tradizioni locali sono spesso conservate dalle piccole aziende artigiane, da uomini e donne che tramandano tecniche e conoscenze dei materiali e dei loro modi di “addomesticarli”; è estremamente importante

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on the world of “large numbers”. You lose the boundaries of local and global, everything is transformed. The designer can (and should) become the “chef” of new recipes, time for reflection and maturation to let any small step to be essential for a new design concept. Nowadays, many designers experiment commingling of design and crafts. Often they are young designers who find it difficult to approach companies, and try self-production to realize their ideas. Many times, however, are well known designers to refer to traditional craftsmanship. What is the reason that let designers to approach crafts? There are some considerations that sharply divide the relationship between working with artisans and self production. We never believed in self-production for a simple reason: self-production means, somehow, becoming an entrepreneur with all problems related to business (production, distribution, logistics, for example, that are three themes extremely challenging). Self-producing (seriously) means setting a company, taking long time in building it and having less and less time to design; we have friends who tried it and had been able to “selfproduce”, but becoming in the end real “entrepreneurs of themselves”. We prefer to refer to small artisan firms, ready to grow and share a common road; we need to work so that together we can build an alternative to the crisis in contemporary craft. Therefore a strong complicity is needed and often it turns into true friendship, common suffering, but also in common satisfaction! We prefer that the company can grow with the designer.

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riuscire a conservare tradizioni basate su esperienze antiche, elaborarle e trasporle in linguaggi contemporanei. L’artigianato diviene un punto fondamentale di osservazione per il designer, al mondo del progetto più concreto, dove le materie prime si trasformano sotto le pressioni delle mani dell’artigiano o dell’artista. Un momento fondamentale nella crescita di chiunque voglia conoscere il mondo del progetto, della creatività e del “fare”; può diventare uno strumento di lavoro applicabile alla grande industria... trasformare esperienze su “piccoli numeri” in esperimenti coinvolgenti ed interessanti nel mondo dei “grandi numeri”. Si perdono i confini del locale e del globale, tutto si trasforma. Il designer può (e deve) diventare lo “chef” per le nuove ricette, momento di riflessione e maturazione affinché qualsiasi piccolo passo sia fondamentale per un nuovo pensiero progettuale. Oggi molti designer si sono cimentati in commistioni tra design e artigianato. Spesso sono giovani designer che hanno difficoltà a farsi ascoltare dalle aziende, e tentato la via dell’artigianato e dell’autoproduzione per vedere realizzate le proprie idee. Molte volte però sono designer già affermati ad avvicinarsi al mondo della tradizione artigianale. Quali sono dunque i veri motivi che dovrebbero spingere un designer ad avvicinarsi all’artigianato? Esistono alcune considerazioni che dividono in maniera netta il rapporto con l’azienda artigianale dall’autoproduzione. Il nostro studio non ha mai creduto fino in fondo all’autoproduzione per un semplice motivo: autoprodursi significa, in qualche modo, trasformarsi in imprenditore con tutte le problematiche che contornano un’attività imprenditoriale (la produzione, la distribuzione, la logistica sono per esempio tre temi estremamente impegnativi). Autoprodursi (seriamente) significa impostare un’azienda a tutti gli effetti, impiegare molto tempo nel costruirla e averne sempre meno per progettare; abbiamo amici che hanno percorso questa strada e alcuni sono riusciti ad “autoprodursi”, ma in fondo sono diventati a tutti gli effetti “imprenditori di se stessi”. Preferiamo piuttosto


Do you find any limits between design and craftsmanship? Or do you find this is a relationship that can always work? Any boundary between design and craftsmanship can be almost in the harmony (possible or not possible) between people, common goals, common points of view, “chemistry”, they become key elements to let a new story to be born. The cliché says the industrial product - global – is a mass product, uniform, cold, but also very low cost. While the artisan product - local - is a product of memory, made with natural materials, traditional manufacturing and high production costs. What is the truth? Obviously, a big industry follows different “rules” from the small one ... these rules are dictated by production’s needs and used technology so it is clear that they follow a different approach. Nevertheless they can have the same approach so the cliché can not always be true. Do you think the future of design is a return to craftsmanship? The future of design is simply in our hands. Designers and companies (any size) must reflect on what can be useful and what is not, to avoid product that are just “functional copies” and aim, instead, to innovation, research and experimentation so that “tomorrow” is going to be better than “yesterday” . It’s just a matter of thought.

avere rapporti con piccole aziende artigiane, pronte a crescere e a condividere un percorso comune; abbiamo la necessità di lavorare affinché, insieme, si possa costruire un’alternativa alla crisi dell’artigianato contemporanea. E’ dunque fondamentale una complicità forte che spesso si tramuta in vera amicizia, in sofferenze comuni ma anche in soddisfazioni comuni! Preferiamo costruire un nuovo percorso aziendale in accordo con l’imprenditore affinché l’impresa cresca insieme al progettista. Nel rapporto design e artigianato ci sono dei limiti o è una relazione che può funzionare sempre? Se ci sono dei limiti quali sono a tuo avviso? Il limite tra design e artigianato crediamo possa trovarsi quasi esclusivamente sulla sintonia (possibile o non possibile) tra le persone; obiettivi comuni, punti di vista comuni, “chimica” diventano elementi fondamentali affinché possa nascere una nuova storia. Il luogo comune associa al prodotto industriale - globale - caratteristiche di prodotto di massa, uniforme, freddo, ma anche costi molto bassi. Al contrario al prodotto artigianale - locale – viene associata la peculiarità d’essere prodotto-memoria, realizzato con materiali naturali e lavorazioni tradizionali e dai costi di produzione elevati. Quale è la verità? Ovviamente la grande industria segue “regole” diverse rispetto alla piccola azienda. Si tratta di regole dettate dalla produzione e dalle tecnologie ed è evidente che i percorsi siano diversi. Ma l’approccio al progetto può essere molto simile, seguire direzioni comuni e il “luogo comune” per cui al prodotto industriale corrisponda un oggetto massificato e al prodotto artigianale un oggetto unico può non valere sempre. Pensate che il all’artigianato?

futuro

del

design

sia

un

ritorno

Pensiamo che il futuro del design sia semplicemente nelle nostre mani. Designer e aziende (di qualsiasi dimensione) devono riflettere su ciò che può essere utile e ciò che non è, per evitare “duplicati funzionali” di prodotto e mirare invece ad innovazione, ricerca e sperimentazione affinché il “domani” sia migliore di “ieri”. E’ solo questione di pensiero.

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Monica Maggi Shall the designer’s work be solved only in forms or it should/must give also different contributions?

Il lavoro del designer deve risolversi solo in una forma o può/deve dare altri contributi?

If the designer’s work would end just in a pure shape, this work would be bad and useless, a mere exercise. Good design should focus any side of a project, whatever its use and / or function, including those sides related to the emotional sphere that the object carries with it.

Se il lavoro del designer si risolvesse nella pura forma sarebbe un lavoro brutto inutile e sterile, un puro esercizio intellettuale. Il buon design dovrebbe affrontare tutti gli aspetti che la progettazione di un oggetto, qualsiasi sia il suo uso e/o funzione, compresi quelli legati alla sfera emozionale che quell’oggetto porta con sé.

How design can help saving endangered local traditions? I believe that the best design projects and items I come across in trade fairs, exhibitions or magazines are the ones who are able to draw from traditions, both techniques or other key elements such as materials, usage, color, etc.. I’m almost tempted to say that traditional techniques, including those not endangered, can save the good design. The ability to make things with their hands is increasingly a rarity in this world. Maybe it is what designer should be looking for. Seek collaboration with the artisans, become craftsmen themselves, in some way, may be the way to be special. Nowadays, many designers experiment commingling of design and crafts. Often they are young designers who find it difficult to approach companies, and try self-production to realize their ideas. Many times, however, are well known designers to refer to traditional craftsmanship. What is the reason that let designers to approach crafts?

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In che modo il design può aiutare a salvare tradizioni locali in via d’estinzione? Credo che i migliori progetti di design e oggetti in produzione che mi capita di incontrare nelle varie fiere o mostre o tra le pagine delle riviste sono proprio quelli che riescono ad attingere dalle tradizioni, che esse siano tecniche di realizzazione o altri elementi fondamentali come i materiali, l’uso, il colore, ecc. Quasi quasi mi verrebbe da dire che sia vero il contrario: che le tecniche tradizionali, anche quelle non in via d’estinzione, possono salvare il buon design. La capacità di realizzare cose con le mani in questo mondo è sempre più una rarità. Ed è forse la marcia in più che dovrebbero ricercare i designer. Cercare la collaborazione con gli artigiani, diventare loro stessi artigiani in qualche modo può essere il modo per essere speciali. Oggi molti designer si sono cimentati in commistioni tra design e artigianato. Spesso sono giovani designer che


Understanding. This is the keyword. Understanding how things work. Understanding how they are produced. Understanding how an object could costs less and can function in the best way. Understanding materials and their limits, and how to stress them to get a new object from an established technique, without distorting it. All of this finding or creating a story in their work: an object without a story to tell is an empty object, with no hope. Do you find any limits between design and craftsmanship? Or do you find this is a relationship that can always work? Limits should trigger ideas. Knowing how to listen to the limits is not so easy instead. Looking to overcome them is the right way to do interesting projects. Most of the problem between designer and craftsman is that each side wants to impose uncompromising his knowledge. We must accept compromise, in a very positive way. If something can not be done in a certain way, you need to challenge the project and the process and find a new way. If by a proven process we obtain a result, that doesn’t mean that a change could not give a better, more beautiful, more efficient, more real result. The cliché says the industrial product - global – is a mass product, uniform, cold, but also very low cost. While the artisan product - local - is a product of memory, made with natural materials, traditional manufacturing and high production costs. What is the truth?

hanno difficoltà a farsi ascoltare dalle aziende, e tentato la via dell’artigianato e dell’autoproduzione per vedere realizzate le proprie idee. Molte volte però sono designer già affermati a avvicinarsi al mondo della tradizione artigianale. Quali sono dunque i veri motivi che dovrebbero spingere un designer ad avvicinarsi all’artigianato? Capire. Questa è la parola chiave. Capire come funzionano le cose. Capire come devono essere prodotte. Capire quali sono i processi che porta a realizzare un oggetto nella maniera giusta perché costi meno possibile e funzioni nel migliore dei modi. Capire i materiali e quali sono i limiti, e come spingerli per ottenere un oggetto nuovo da una tecnica consolidata, senza stravolgerla. Tutto questo trovando o creando una storia nel proprio lavoro: un oggetto senza una storia da raccontare è un oggetto vuoto, senza speranza. Nel rapporto design e artigianato ci sono dei limiti o è una relazione che può funzionare sempre? Se ci sono dei limiti quali sono a tuo avviso? Sono proprio i limiti che devono scatenare le idee. La difficoltà sta nel saper ascoltare i limiti. E cercare il modo di superarli è la via giusta per creare progetti interessanti. Spesso il problema tra il designer e l’artigiano è che ogni parte vuole imporre il proprio sapere sull’altro senza compromessi. Bisogna essere aperti ai compromessi, in senso assolutamente positivo. Se una cosa non si può realizzare in un certo modo è necessario mettere in discussione il progetto e il processo e trovare una nuova strada. E se, con un certo processo collaudato, si ottiene un risultato che funziona non è detto che accettare una variazione creativa a quel processo porti a una soluzione migliore, più bella, più efficiente, più vera. Il luogo comune associa al prodotto industriale - globale - caratteristiche di prodotto di massa, uniforme, freddo, ma anche costi molto bassi. Al contrario al prodotto artigianale - locale – viene associata la peculiarità d’essere prodotto-memoria, realizzato con materiali naturali e lavorazioni tradizionali e dai costi di produzione elevati. Quale è la verità?

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The truth is that mass market products and handicraft products are different because they have different qualities. The one having the qualities of the other it’s simply madness. A handmade object has on itself the sign of hands, of instruments, and it is always different from others even if it is part of a series. An industrial object has the sign of the project (when well designed and built) and its quality is being always the same and perfectly reproduced as a multitude of similar objects. A designer has to find a dialogue position between these two realities and to impose his own distinctive mark, his story to be told through the object.

La verità è che i prodotti di massa e i prodotti artigianali sono diversi proprio perché hanno qualità diverse. Ed è una follia che l’uno possa avere le qualità dell’altro. Un oggetto prodotto artigianalmente è un oggetto speciale che porta su di sé il segno delle mani, degli strumenti, è sempre diverso dagli altri anche se fa parte di una serie. Un oggetto industriale porta su di sé il segno del progetto (quando è ben pensato e realizzato) e la sua qualità è proprio quella di essere sempre uguale e perfettamente riprodotto insieme a una moltitudine di oggetti simili. Un designer deve imparare a trovare una posizione di dialogo tra queste due realtà. E imporre il proprio segno distintivo, la propria storia da raccontare attraverso il progetto.

Do you think the future of design is a return to craftsmanship?

Pensate che il futuro del design sia un ritorno all’artigianato?

Consumers are constantly looking for items that will help them to feel as a part of something (they are satisfied purchasing a status symbol objects as certain cell phones or a particular brand of clothing or a well know drink) but in the same time it’s also growing a need to stand out possessing special and unique items, to feel they have been made especially for us. I really don’t know what is the future of design. But designers can do something to listen to these needs.

Il consumatore è alla continua ricerca di oggetti che lo facciano sentire parte di qualcosa (viene soddisfatto dall’acquisto oggetti status symbol come un certo telefono cellulare o una particolare marca di abbigliamento o una bibita dal nome universalmente riconosciuto) ma parallelamente cresce anche il bisogno di distinguersi con il possesso di oggetti speciali, unici che danno la sensazione che siano stati creati apposta per noi. Non lo so davvero qual è il futuro del design. Ma i designer possono fare qualcosa per dare ascolto questi bisogni.

Marco Mazzei Craftsman designers.

Artigiano Designer

I stand in front of the aesthetic problem, seriously, deeply, concentrating so deeply to forget the problem, almost as if I leave from the chair which I sat on to start flying. To fly around something indefinite but, slowly, becoming what I’m looking for. Then, suddenly, the idea comes, the solution. That’s it.

Mi pongo di fronte al problema estetico, seriamente, profondamente, concentrandomi così a fondo da dimenticare il problema, quasi come se mi staccassi dalla sedia su cui mi sono seduto per iniziare a volare. A volare intorno a qualcosa di indefinito che però, piano piano, vedo assomigliare sempre di più a ciò che sto cercando.

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I did it. I achieved what I wanted. I commit my work. My client and then his friends, call me designer, craftsman or even artist, but this is a definition for his convenience, in manner of, almost to justify the money he spends to take away my work. But this is next to what was already born and died because I’m already bored of this work. Bored of myself, of the definitions given in ignorance. The real matters is that, while I’m thinking of something else, the money is already in the bank. Because I worked and I have to be paid, because I know how to do something that the buyer does not know or do not want to do. Concentration and silence. Nothing can be done in front of the sincerity of an honest object, a real object, that is part of us in the deep sense of the word. The rest is a manner, and it is not usefull to be the best you know.

Poi, di colpo, arriva l’idea, la soluzione. Ecco. Ce l’ho fatta. Ho raggiunto ciò che volevo. Consegno il lavoro. Il mio committente, e in futuro i suoi amici, mi definisce designer, artigiano o addirittura, artista ma questa è una definizione data per comodità, per maniera, quasi per giustificare i soldi che lui spende per portare via il mio lavoro. Ma tutto questo è successivo a ciò che è già nato e già morto perché mi sono già annoiato di questo lavoro. Annoiato di me stesso, delle definizioni date per ignoranza. Ciò che conta è che, mentre sto pensando ad altro, il bonifico sia già in banca. Perché ho lavorato e devo essere pagato perché so fare qualcosa che chi compra non sa fare oppure non ha voglia di fare. Concentrazione e silenzio. Nulla si può di fronte alla sincerità di un oggetto sincero, vero, che è parte di noi nel vero senso della parola. Il resto è maniera, e non serve per essere il migliore che conosci.

Giuseppe Augugliaro I don’t remember who said that ... craftsmanship is quite often synonymous of quality, with a strong attention to details, a traditional occupation in which devices used for the realization of the product and its decoration are completely made by hand or by simple tools ... craft creates everyday objects, which have a function that is more than just decoration. Today it is quite common to call the craft, as an additional value of certain “design” productions: manufacturing, finishes, decorations ... in the name of a sort of protection and enhancement of local traditional skills. I often hear to talk about initiatives to reorganize the production lines with

Non ricordo chi ha detto che… l’artigianato è quasi sempre sinonimo di prodotti di qualità, con una spiccata attenzione ai dettagli, un’attività lavorativa tradizionale in cui i dispositivi utili alla realizzazione del manufatto e decorativi sono fatti completamente a mano o per mezzo di semplici attrezzi… l’artigianato crea oggetti d’uso, che hanno cioè una funzione oltre la semplice decorazione. Oggi è piuttosto frequente ricorrere all’artigianato, come valore aggiunto di certe produzioni di “design”: lavorazioni, finiture, decorazioni… in nome di una sorta di tutela e valorizzazione di competenze tradizionali locali. Sento spesso parlare di iniziative di riorganizzazione delle filiere produttive in cui designer e artigiani lavorano insieme per produzioni dai costi elevatissimi!!

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designers and craftsmen working together to very expensive productions! In a one-to-one relationship between industrial design and crafts, there are limits, unresolved ambiguity, a very tenuous boundary because it changes for each objects’ category (five airplanes are a mass production, while cars should be at least five thousand), it should be analyzed item by item. In other words, the distinction between craft and industrial design should not pass through the examination of the aesthetic qualities of the product but rather through the examination of production processes. However, I’d like to stress the supremacy of the project on object and an idea of work closer to craftsmanship then industry. I don’t remember who said that ... planning is an activity that involves all practices, when humanity is seeking to improve its rules or when, contradicting, is finding other solutions. We proceed by attempts, empirically evaluating various possible solutions, then by practice, mistakes, thoughts, we finally define the project and almost we never do this alone, craftsmen, employees, friends, they all take part in the process, they all contribute. Many of my colleagues say they “draw” for others ... I don’t believe it! I refer to myself and my needs as a reference and starting point for a new project and if through this I can give the right answer, I believe that others could benefit from it too! Whether a wood bar or a simple sheet of paper, a sander or a drill, no designer can do without hands to check the project. After that, when the dynamics of the project are more clear “you go to the craftsman,” who helps with his knowledge and experience, while making the prototype, who often suggests small corrections in the design, most suitable materials and most suitable solutions to problems that should require high costs to be solved in a “consistent” manner… businessman »» »Industry ??!!!

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Nel rapporto biunivoco tra industrial design e artigianato ci sono dei limiti, un’ambiguità irrisolta, un confine quanto mai labile perché variabile per ogni categoria di oggetti (per un aereo, cinque esemplari rappresentano già una grande serie, mentre per un’automobile questa cifra va moltiplicata almeno per mille), bisognerebbe analizzare oggetto per oggetto. In altre parole, la distinzione fra industrial design ed artigianato non dovrebbe passare per l’esame delle qualità estetiche del prodotto ma piuttosto attraverso l’esame dei processi di produzione. Ribadisco però la supremazia del progetto sull’oggetto e una concezione del lavoro più vicina all’artigianato che all’industria. Non ricordo chi ha detto che… progettare è un’attività che coinvolge ogni pratica, nel momento in cui l’umanità cerca di migliorare le proprie norme o quando, contraddicendole, trova soluzioni altre. Si procede per tentativi valutando empiricamente le diverse soluzioni possibili, poi con la pratica, gli errori, i ripensamenti, si arriva alla definizione del progetto e tutto questo quasi mai lo si fa da soli, artigiani, collaboratori, amici, tutti prendono parte al processo, tutti contribuiscono. Tanti miei colleghi dicono di “disegnare” per gli altri… ci credo poco! Io prendo me stesso e i miei bisogni come riferimento e punto di partenza per un nuovo progetto e se tramite questo riesco a dare una risposta corretta, credo che anche gli altri potrebbero trarne beneficio! Che sia una tavoletta di legno o un semplice foglio di carta, una levigatrice o un trapano, nessun progettista può prescindere dall’uso delle mani nella verifica del progetto sino ad allora solamente pensato e disegnato. In seconda istanza, quando le dinamiche generali del progetto sono più chiare “si va dall’artigiano”, che con le sue conoscenze specifiche, oltre a realizzare il prototipo e grazie alla sapienza data dal lavoro, non di rado ci suggerisce piccole correzioni nel disegno, commistioni di materiali più idonei e soluzioni a problemi che richiederebbero ingenti spese per essere risolti in modo “coerente” con il progetto… imprenditore»»»industria??!!!


I don’t remember who said that ... if design means project, it is essential that it is not limited to decorative and superficial aspects of an object, but it has to contribute, even in small part, to redesign the world. A form is good if it is, not if it seems ... But then, what to do? ... Think global, act local? Glocal-Handmade?

Non ricordo chi ha detto che… se il design è il progetto, è indispensabile che questo non si limiti agli aspetti decorativi e superficiali di un oggetto, ma che contribuisca, anche in piccolissima parte, a riprogettare il mondo. Una forma è buona se è, non se sembra… Ma allora, che fare?… Think global, act local? Glocalhandmade?

Angelo Bucci A new idea for the Made in Italy

Un nuovo spunto per il Made in Italy

The invitation of the arch. Bellisario to take part in this workshop was a nice surprise. I thought that these issues, which I am referring to from a very long time, were far away from the daily global and commercial design vision; away from relationships with the land, or even with the artisans. Nevertheless we just need to do a small reasoning to find out the value of returning to local realities. The competition in global markets and the race towards a “low cost “ structure for production, has done nothing more than flattening all products designed in last years. These are no longer carriers of a particular culture: having to be produced either in India or Romania, why should we give preference to local culture? No reason, of course, but a global style decided more by magazines then real people. Companies have been able to displace their production where in the world the cost of labor was cheap. However, this attitude led the Italian reality, composed of small and mediumsized enterprises, to a flattening that no longer allows them to invest, innovate and, therefore, to grow. Therefore this situation was born only because of the intention to compete with other markets by lower-

L’invito dell’arch. Bellisario a partecipare a questo workshop è stata una bella sorpresa. Credevo che questi temi, cui io faccio da tempo molto riferimento, fossero ormai lontani dalla visione del design commerciale e globale cui siamo abituati; lontano da rapporti con il territorio o, men che meno, con gli artigiani. Eppure basta fare un piccolo ragionamento per percepire quale possa essere il valore di un ritorno alle realtà locali. La concorrenza su mercati globali cui sono sottoposti, ormai, tutti i prodotti e la corsa verso una strutturazione della produzione tale da permettere un abbattimento dei costi, non ha fatto altro che un appiattire completamente i prodotti progettati negli ultimi anni. Questi, infatti, non sono più portatori di una particolare cultura, dovendo essere prodotti indifferentemente in India o in Romania, quale cultura locale dovrebbero privilegiare? Nessuna, naturalmente, se non quella di uno stile globale deciso più dalle riviste che dal reale gusto delle persone. In questo modo le aziende hanno avuto la possibilità di decentrare le loro produzioni sfruttando aree del mondo in cui il costo del lavoro era conveniente. Questo atteggiamento ha, però, portato, la realtà italiana, composta da piccole e medie imprese, a un livello di appiattimento verso il basso che non permette più loro di investire, di innovare e, di conseguenza, di crescere. Questa situazione si genera, dunque, solo per la cieca intenzione di competere

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ing costs, which is impossible for a civilized Country that say to respect the dignity of workers and the value of work. A civilized Country like Italy should have the only goal to innovate products by linking to its area. By this I mean that if designers remember to have a dense network throughout all Italy, made of small and medium companies and artisans, each one with its own characteristics and specialties, with its own experience, and think out the mere profit, they will realizes that the only way to compete with emerging markets is also the only way to relaunch an good Italian economy. Rediscovering these realities and using them to realize innovative products, will allow the product to be inextricably linked to the territory and, therefore, any war costs couldn’t take away that production from that particular place. A culture can not be copied, this must be the assumption from which we should all share. By culture, of course, I mean the knowledge, books, handed down from previous generations, I mean knowledge on material or their workmanship. Of course the work of designers, at this point become very important. It’s up to designers a formal and functional innovation of products. After this introduction, in fact, the error could be having a superficial approach to the project trying to reproduce obsolete features or products, unnecessary to contemporary life. Our skills should be channeled instead towards the exploration of

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con altri mercati attraverso l’abbassamento dei costi, cosa impossibile per un paese civile che rispetta la dignità dei lavoratori ed il valore del lavoro. Un paese civile come l’Italia dovrebbe avere come unico obiettivo, invece, quello di innovare prodotti legandoli in maniera univoca al territorio. Con questo voglio intendere che, se i progettisti si ricordassero di avere una fitta rete, in tutta Italia, di piccole e medie imprese e di artigiani, ciascuno con le proprie peculiarità e specializzazioni, con esperienze tramandate di generazione in generazione, e pensasse un attimo al di fuori del mero profitto, si accorgerebbero che l’unico modo per poter competere con i mercati emergenti è anche l’unico modo per far rinascere un’economia florida in Italia. Riscoprire queste realtà e sfruttarle per la realizzazione di prodotti innovativi, permetterebbe al prodotto di essere legato indissolubilmente al territorio e, di conseguenza, nessuna guerra sui costi potrebbe portare via da quello specifico luogo la produzione di questi prodotti. La cultura non si può copiare, questo è l’assunto da cui noi tutti dovremmo ripartire. Per cultura, naturalmente, intendo le conoscenze, i testi, tramandati da generazioni precedenti, intendo la conoscenza del materiale o di una particolare lavorazione di questo. Naturalmente il lavoro dei progettisti, a questo punto è importantissimo. E’ delegato a noi progettisti il lavoro di innovazione formale e funzionale dei prodotti. Infatti l’errore in cui è più facile incorrere dopo questa premessa, è la superficialità di approccio al progetto che potrebbe riproporre funzioni e prodotti ormai obsoleti, non necessari alla vita così come è oggi. Le nostre capacità dovrebbero, invece, essere convogliate verso l’esplorazione di prodotti innovativi che sfruttino queste culture locali ma facciano del prodotto un elemento globale, globalmente riconosciuto come prodotto locale ma attuale, legato ai nostri giorni così come è legato alla cultura locale che lo ha realizzato. Solo in questo modo si può realmente attuare una glocalizzazione del prodotto. I progettisti, a questo scopo, dovrebbero allontanarsi dalla logica del profitto ed, empaticamente, avvicinarsi a vari territori, a varie realtà. Nel momento in cui queste realtà trovassero interesse in questa possibilità di sviluppo, come succede oggi nel Sorano grazie al contributo dell’arch. Bellisario e delle Istituzioni intervenute nell’organizzazione del progetto, sono convinto che si svilupperebbe un circolo virtuoso di confronto e scoperta tra aziende, artigiani e progettisti che porterebbe tutti ad una crescita economica, sociale e, soprattutto, culturale,


innovative products that take advantage of these local cultures, but making it global, globally recognized as a local product, but also a contemporary product, linked to the local culture that has made it. Only in this way you can actually implement a glocalization of the product. The designers should move away from the easy money rules and, emphatically, approach different territories, different reality. When they actually find interest in this possibility of development, as happens in Sora, thanks to Bellisario and involved Institutions, I am convinced it would develop a virtuous cycle of confrontation and discovery between companies, artisans and designers that would lead all to an economic, social and, above all, cultural growth, also rediscovery fading traditions. The interest emerged from this workshop, together with other personal experiences, it helps me to say that this is the way to go.

incentivando anche la riscoperta di mestieri che, oggi, purtroppo, si stanno perdendo. L’interesse scaturito da questo workshop, unito a quello che già avevo intravisto in altre personali esperienze, mi aiuta a dire che questa è la strada da percorrere, cercando aziende disposte a investire in loro stesse attraverso un progetto continuo di ricerca e innovazione, mirato al locale ma che abbia respiro globale. Chiudo questo intervento con un sentito ringraziamento agli organizzatori, in particolare all’arch. Bellisario; ai tutor che con me hanno cercato, con un fine lavoro di maieutica, di tirar fuori dai creativi intervenuti il meglio dei loro progetti, avvicinandoli a questa visione glocale della progettazione; ai vecchi amici incontrati nei giorni passati in quel di Sora e ai nuovi amici conosciuti con i quali spero di continuare a confrontarmi.

Andrea Cingoli / Cristian Cellini Designer e artigiano per diffendere l’idendità cul- Designer e artigiano per diffendere l’idendità culturale turale Talking about crafts it might be difficult for a designer: designers always try to deep understand processing and used materials, but since we are not the real “makers of artifacts,” we can not learn the “secrets” that allow an object to be called “done in a workmanlike manner.” The real difference between artisans and designers is almost a loss of a conscious and iterative manual skills, in favor of a more fruitful researching and strategic planning on products. Designers also care about the story of the product, while the artisan is just interested in seeing it finished and well working. A designer is a skilled observer on customs and needs of our society, while, often, the artisan has not such a great interest into evolving his product because he trusts his large and consolidated operating rules that provide a valuable and safe result (although anachronistic).

Parlare di artigianato è difficile per un designer: noi progettisti tentiamo sempre di capire a fondo i metodi di lavorazione e le materie prime utilizzate, ma, non essendo noi i veri “costruttori di artefatti”, non riusciamo a carpire i “segreti” che permettono all’oggetto di poter sublimare per poter essere definito “fatto a regola d’arte”. In effetti ciò che distingue il designer dall’artigiano è la perdita quasi totale di manualità, consapevole ed iterativa, a favore di una più spinta e feconda applicazione progettuale e strategica sul prodotto: Il designer cura in modo maniacale anche il racconto del proprio prodotto mentre all’artigiano interessa fondamentalmente solo vederlo finito e ben funzionante. Il designer è un abile osservatore della società, dei suoi costumi e delle sue necessità mentre spesso l’artigiano non ha grande interesse a far evolvere il proprio prodotto perché confida in un vocabolario operativo

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A designer is just a piece of the product’s development chain. A craftsman instead is the whole chain, maybe a small one, but a full one, able to follow the object, starting from the concept, up to its making and sale. So why these two figures, being at the opposite side, should join? Where is their benefit? And where are benefints for the products or consumers? Certainly a designer, will face more unknowns working with a craftsman then with a company. A company’s skill is easily measured by its organization, the quality the used equipments, its public image or reputation. The automation allows to have a never changing quality standard of products throughout the all production. Changing company but keeping the same skills means you’ll almost get a satisfactory product. Each artisan, even if having the same tools and experience of his colleagues, will provide an always different outcome, moreover within his own production too. There are in fact more and less talented craftsmen, more or less rapid, more or less enthusiastic about the project or condescending. We must also consider factors such as fatigue, mood, character that will be reflected on items. Next, as regards the “numbers” and “distribution”, a craftsman production is smallest then a company, with higher cost (and therefore prices), and has mainly a local commercial strenght. So we can not talk about real benefits in the union of craftsmanship and design, but we can certnely talk about possibilities, because each cooperation is a way to compete with new instances, new

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ampio e consolidato che garantisce un pregevole e sicuro risultato (anche se a volte anacronistico). Il designer non è altro che una parte di una grande catena che sviluppa un prodotto. L’artigiano invece è un’intera catena, di piccolissime dimensioni, ma completa, capace di gestire integralmente l’oggetto, dall’idea (il concept) alla realizzazione, fino alla vendita. Perché allora queste due figure poste agli antipodi della concezione produttiva dovrebbero unire le forze? Che vantaggi ci sarebbero per loro? E per il consumatore finale o per la qualità stessa dell’oggetto? Certamente per un designer, la collaborazione con un laboratorio artigianale potrebbe porre più incognite di quante ne avrebbe con un’azienda industriale. L’abilità di un’azienda infatti è facilmente misurabile in base alla sua organizzazione, alla qualità dei macchinari utilizzati durante il processo produttivo, alle sua immagine e reputazione. L’automazione permette di avere uno standard qualitativo di prodotto verificabile e omogeneo in tutta la produzione. A parità di questi elementi anche cambiando azienda il risultato sarà quasi sempre un prodotto soddisfacente. Ogni artigiano invece anche avendo gli stessi strumenti dei suoi colleghi ed i medesimi anni di attività, e quindi di esperienza, offrirà un risultato sempre diverso sia rispetto ad altri laboratori artigianali che all’interno della sua stessa produzione. Esistono infatti artigiani più e meno talentuosi; artigiani più o meno rapidi; più o meno accondiscendenti o entusiasti del progetto. Bisogna poi considerare fattori come stanchezza, umore, carattere che si riflettono inevitabilmente e costantemente sulla produzione determinando oscillazioni anche evidenti nella fattura degli oggetti. Per quanto poi riguarda “numeri” e “distribuzione” l’artigiano produce meno, a costi (e quindi a prezzi) più alti, e ha un raggio d’azione commerciale prevalentemente locale. Non possiamo certo parlare di veri e propri vantaggi nella connubio artigianato e design. Possiamo invece parlare di possibilità, perché ogni collaborazione, a prescindere, è un modo per misurarsi con nuove istanze, nuovi progetti, nuovi mercati, ma il punto è che forse, più che guardare a un ipotetico guadagno, bisognerebbe capire che questa collab-


projects, new markets, but moreover, rather than gain, this collaboration is a “moral” need. Every day we walk between the objects. Each one is created from archetypes, made by hands and utensils at first, then by advanced serial production with molds and automations. Almost everything we know today,... was once made by hand…utensils, furniture, jewelry, accessories. Helping design and craftsmanship to coexist again is a bit like helping two old friends to meet again, after living their own lives and let them telling everything that happened during their leave. The meeting helps to reconnect this two worlds, giving dignity and prestige back to the craftsmanship, renewing the styles and “secrets” of the old masters, implementing new functions into old objects and letting contemporary design to return to a most sincere production. The limit of this experience could be an anachronistic and perhaps a no longer conforming to commercial standards production. But a craft production revival means not only to direct the effort to recover a mere art, but above all to defend our culture, our traditions,or identities of our places too: a mix of houses, shops, stores , public spaces, which are likely to be deprived of a key component for daily life we are used to know. Reviving the craft production also means the efforts for a “sustainable” dimension of our living, using local resources in each country. These were our goals in taking part to “Glocal Handmade” because we strongly believed the importance of new collaboration between designers and craftsmen, as an interdisciplinary, intergenerational, and maybe upstream partnership.

orazione è necessaria da un punto di vista “morale”. Tutti i giorni passeggiamo tra gli oggetti. Ciascuno di essi viene da archetipi creati nella storia, costruiti prima con mani e utensili, poi evoluti alla produzione seriale dello stampo e dell’automazione. Quasi tutto quello che oggi conosciamo è stato prima costruito artigianalmente...utensili, arredi, gioielli, accessori. Far tornare a coesistere design e artigianato è un po’ come far rincontrare due amici di vecchia data che, dopo aver vissuto una propria vita si trovano a raccontarsi tutto quello che è successo durante il periodo di lontananza. Questo incontro serve a riavvicinare i due mondi ridando dignità e prestigio alle lavorazioni artigianali attualizzandone i “segreti” dei vecchi maestri, rinnovando gli stilemi, implementando gli usi degli oggetti e facendo rientrare il design contemporaneo nell’ottica di una produzione più sincera ed a misura d’uomo. Il limite di quest’esperienza potrebbe essere una produzione anacronistica e magari non più conforme agli standard commerciali che il mercato ci impone su determinati articoli. Ma rilanciare la produzione artigianale al giorno d’oggi significa indirizzare lo sforzo non solo ad un mero recupero artistico, ma soprattutto alla difesa della nostra cultura, della nostra tradizione, ma anche dell’identità dei luoghi: un mix di case, botteghe, negozi, spazi pubblici, che rischiano di essere privati di una componente fondamentale per lo svolgersi della vita che siamo abituati a veder scorrere davanti ai nostri occhi. Rilanciare la produzione artigianale significa anche finalizzare gli sforzi ad un recupero di una dimensione “sostenibile” che utilizzi le risorse locali di ogni paese per venire incontro a quello che è il vero dilemma del nostro periodo storico, cioè l’esaurimento delle risorse. Questi per noi sono stati gli obiettivi all’interno del workshop “Glocal Handmade” , seminario in cui zo-loft ha creduto fortemente perché cosciente dell’importanza del sodalizio tra progettisti e artigiani , un sodalizio interdisciplinare, Intergenerazionale, e forse anche un po’ controcorrente.

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Daniele De Angelis “The glocalization, while analyzing a small local group, is aware that it will grow, develop, interact with other groups being able to face the daily complex and global realities. The meaning of the term local expands, without confusing local realities that remain meaningful subsystems”. It also meas by definition “... respect for the local product and its features when facing the global market, and respect for local needs by the global product; in the first case the glocalization leads to niches located in the global market, in the second one it helps global products to reach local market wherever impossible without any adaptations.” Glocal Handmade fully captures the spirit of the glocal meaning, as “... to preserve the individual identities within a complex system, without compromising the individuality and existence right of other identities within that system .” And also “respect for the local product and its features when facing the global market”. Since the 80’s, as the first signs of production crisis of companies appears, they find a new way, proposing a mass market production to be replaced with a new strategy based on differentiated and high quality products for few. In this way, the design can not give just a shape to the handicraft tradition: it is proposed also

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“La glocalizzazione, pur ponendo idealmente il micro gruppo alla base della sua analisi, è cosciente che esso cresce, si sviluppa, interagisce con gli altri gruppi sempre più complessi fino ad arrivare alle complesse realtà globalizzanti di oggi. Il significato della parola “locale” si espande di fatto inglobando senza confondere realtà locali che rimangono a tutti gli effetti sottosistemi significanti”. Essa per definizione è anche “...rispetto del prodotto locale e delle sue caratteristiche nel momento che si affronta il mercato globale, nonché rispetto di esigenze locali da parte del prodotto globale; nel primo caso la glocalizzazione porta inevitabilmente a nicchie di mercato ubicate nel mercato globale, nel secondo a mercati locali che i prodotti globali non potrebbero raggiungere senza adeguamenti”. Il workshop Glocal Hand-made coglie in pieno lo spirito del significato insito nel termine glocale, ossia “... preservare le singole identità all’interno di un sistema complesso, senza ledere l’individualità ed il diritto ad esistere delle altre identità all’interno di tale sistema”. E anche “rispetto del prodotto locale e delle sue caratteristiche nel momento che si affronta il mercato globale”. Fin dagli anni ’80 del secolo scorso, al manifestarsi dei primi segnali di crisi produttiva delle grandi realtà industriali, si è cercata una nuova via, proponendo l’eliminazione dell’assunto di una produzione per un mercato di massa, per sostituirla con una strategia produttiva differenziata e di qualità estetica elevata destinata ad un mercato di nicchia. In questo senso, il design può non soltanto dare forma nuova a oggetti della tradizione artigianale: esso si propone di rielaborare non solo la forma, ma dare anche nuove funzione, vita nuova ad oggetti prodotti, necessariamente, secondo tecniche antiche, preziose. In questo rapporto designer-artigiano, si esplica la forza, il valore aggiunto degli oggetti risultanti. Il workshop Glocal Hand-made contribuisce in maniera assolutamente positiva nel far conoscere le realtà artigianali tradizionali del sorano e più in


to give new function, new life, of course according to the precious ancient techniques. This is the additional and resulting value of the objects by meeting designers and craftmens. Glocal Handmade surely give a positive contribute to help traditional crafts from Media Valle del Liri, to be known, while the trend is unfortunately, to let them slowly to die with the characters that still interpret it. Generally, the real reasons that I believe will make the collaboration between a designer and a craftsman it easier, is the ease way you can meet a small and fiercely modest artisan, then an industrial reality; much more easy could be the cost of a prototype or a small series, when the designer decides to self-produce, and finally the technical and formal freedom given to a designer during this exclusive relationship that is established with the craftsman. It would be desirable to have a greater spread of these initiatives, aimed to preserve and promote crafts, local culture, traditional products, next to new innovative line.

generale, della Media Valle del Liri, laddove la tendenza è secondo noi, purtroppo, di abbandono di certe realtà lavorative che inesorabilmente andranno a morire con la scomparsa dei personaggi che ancora oggi la interpretano. Più in generale, i motivi che a nostro avviso rendono più facile la collaborazione tra un designer e un artigiano, è la maggiore facilità con la quale si può “avvicinare” una realtà artigianale, piccola e fieramente modesta, rispetto a una meno avvicinabile, grande realtà industriale; notevolmente incentivante potrebbe anche essere il costo della operazione di produzione di un prototipo originale o di una piccola serie, quando il designer decide di autoprodursi; altresì importante e conseguenza dei primi, è la maggiore libertà tecnicoformale di cui il designer gode nella relazione esclusiva che si instaura con il maestro artigiano di riferimento. Sarebbe auspicabile una maggiore diffusione di iniziative come queste, volte a preservare e incentivare un mondo artigiano altrimenti in abbandono; auspicando da una parte la diffusione della cultura locale e degli oggetti della tradizione, ai quali poter affiancare nuove linee di oggetti “d’autore”.

Ilias Fragkakis The evolution of species - parallel between the biological world and production processes.

L’evoluzione delle specie - Parallelo tra mondo biologico e processi produttivi

Charles Darwin, with the book The Origin of Species, published in 1859, introduces the theory on evolution of living beings, definitely putting into question the defended hitherto view of a never changing world. At the base of adaptation and speciation processes (evolutionary process leading to new species), there is the concept of a natural selection that occurs when structural and behavioral changes of a living organism, exposed to a particular environment, are made to a test. It follows that living organisms that can survive and reproduce to ensure generational replacement, had a high level of integration and better adaptability to environmental factors and their change over time. Adaptation is the key to evolution.

Charles Darwin, con il libro L’origine delle specie, pubblicato nel 1859, introduce la teoria sull’evoluzione degli esseri viventi, mettendo definitivamente in discussione la concezione sostenuta fino ad allora di un mondo immutabile. Alla base dei processi di adattamento e speciazione (processo evolutivo che conduce alla formazione di nuove specie), pone il concetto della selezione naturale che avviene nel momento in cui le variazioni strutturali e comportamentali di un organismo, esposte a un determinato contesto ambientale, vengono messe alla prova. Ne segue che gli organismi in grado di sopravvivere e riprodursi, assicurando il ricambio generazionale, possedevano un alto livello d’integrazione e migliore adattabilità ai fattori ambientali e alla loro mutazione nel tempo. L’adattamento è la chiave dell’evoluzione.

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THE EVOLUTION OF PRODUCTION PROCESSES For millennia, the craft has evolved into a socio-economic context where the almost constant process of converting raw materials into products was based on well established techniques. In the eighteenth century, something changed. The appearance of the machine, as a mechanical evolution of the craft, able to achieve unrivaled production efficiency, irreversibly upset the balance of centuries. In a global context that was changing fast, the industrial miracle, compared to craftsmanship, proved the most suitable and better structured body to reach the economic resources of consumers. On the other hand, as an attempt to make their products more competitive, the craft underwent a slow and isometimes desperate process of adaptation to the context. Just think that today many artisans have a sort of micro factory based on machines, assigning to their hand just the task to a final assembly and finishing. We all have some items which we could not say for sure if they were made using an industrial or handicraft process. The question is: is imitating industrial structures and behaviors the only way to revive the partial extinct craft? Absolutely not! To not let it remain a victim of Darwinian natural selection, the way of “contextualization”, a walk on contemporary world in search of opportunity, innovation and a continuous update by starting the process of adaptation and integration in the ecosystem, it seems the best solution, if not the only one. Walking this way and believing that unity is strength, a designer can be a good ally, not only contributing to product innovation, to experimenting new techniques and materials, but also in helping to free the craft from any unfounded inferiority complex and get back to being himself: Téchne (art) in the service of human being.

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L’EVOLUZIONE DEI PROCESSI PRODUTTIVI Per millenni, il mestiere dell’artigiano si è evoluto in un contesto socio-economico pressoché costante dove il processo di trasformazione delle materie prime in prodotti utilizzava tecniche ormai consolidate. Nel XVIII secolo qualcosa cambiò. L’apparizione della macchina, intesa come evoluzione meccanica del mestiere dell’artigiano, in grado di raggiungere un’efficienza produttiva senza eguali, sconvolse irreversibilmente un equilibrio instauratosi nei secoli. Rispetto all’artigianato, in un contesto globale che ormai cominciava a mutare a ritmi sostenuti, il miracolo industriale si rivelò l’organismo più adatto e meglio strutturato per giungere alle risorse economiche messe a disposizione dai consumatori. Dall’altra parte, nel tentativo di rendere più competitivi i propri prodotti, l’artigianato subì un lento, e in alcuni casi disperato, processo di adattamento al contesto. Basti pensare che oggi molti artigiani, dispongono di vere e proprie MICRO FABBRICHE, ovvero di mini officine fondate sull’uso delle macchine, assegnando alla manualità il compito di assemblaggio e rifinitura. Il fatto stesso che tutti noi disponiamo di articoli dei quali non sapremmo affermare con sicurezza assoluta se siano stati realizzati mediante un processo industriale o artigianale, è indicativo. La domanda è: imitare strutture e comportamenti industriali è l’unica strada per risollevare l’artigianato, in parziale via d’estinzione? Assolutamente no! Affinché esso non resti vittima della selezione naturale darwiniana, la via della “contestualizzazione”, ovvero la riemersione nella contemporaneità in cerca di opportunità, innovazione e continuo aggiornamento avviando processi di adattamento e integrazione nell’ecosistema, sembra la soluzione più giusta, se non l’unica. Nell’intraprendere questo percorso e nella convinzione che l’unione fa la forza, la figura del designer può rivelarsi un ottimo alleato, non solo nel contribuire all’innovazione dei prodotti, nello sperimentare tecniche e materiali favorendone l’evoluzione, ma anche nell’aiutare l’artigianato a liberarsi da ogni infondato complesso di inferiorità e tornare ad essere se stesso: Téchne (arte) a servizio dell’uomo.


BEYOND THE LOCAL LEVEL One of the greatest opportunities of this era is the ability to overcome territorial boundaries, to show off one’s products and to distribute them over a local level, opportunities once reserved only to big companies and a selected few; thanks to Web: an environmental resource as rich as a must to achieve business goals. A showcase of local to global.

OLTRE IL LIVELLO LOCALE Una delle più grandi occasioni offerte da questa era è la possibilità di poter superare i confini territoriali, di far conoscere i propri prodotti e distribuirli oltre il livello locale, opportunità fino a pochi anni fa riservata solo alla grande industria e a pochi eletti, tutto grazie al web: una risorsa ambientale tanto ricca quanto d’obbligo per giungere ai propri scopi commerciali. Una vetrina globale del fare locale.

Raffaello Sanso The word “design” is always shaped around the figure of industry and mass production; however, steps that bring the word “design” from its creation up to the present day are different. Just think that at its beginning industrial production was nothing more than a support through “modern tools” to help people creating a product, so nothing more than an advanced artisan product. As time goes by we got more and more use of technologies that no longer provided a manual support. Nowadays a relationship between the designer and the craftsman is a rare thing, even if the merger between the planning control of the first one plus the skill and productivity of the second one could lead to a “unique product”, a product with a soul, with a “poetry” of experience and love used while shaping. The designer should value the craftsmanship helping on the communication of the product, taking into life. We should be closer to craft techniques while designing a product, we should discover what it means to miss in times, getting into trouble, having problems to sort out and a solution to find during processing of materials. This means giving a soul to the product, it is one of those challenges that every designer should try. However, though there is always a downside, and

Il termine “design” viene da sempre modellato intorno alla figura dell’industria e della produzione seriale; sono diversi però gli step che portano la parola “design” dalla creazione fino ad arrivare ai giorni d’oggi. Basta pensare che all’inizio quella che poteva essere chiamata produzione industriale non era nient’altro che un maggior supporto tramite “utensili moderni” a favore dell’uomo per la realizzazione di un prodotto; Questo quindi era nient’altro che un prodotto artigianale avanzato; con il passare del tempo siamo arrivati sempre più all’uso di tecnologie che non prevedono più il supporto della manualità. Oggi il rapporto tra il designer e l’artigiano è cosa rara, anche se la fusione tra la progettualità del primo più la manualità e la produttività del secondo può portare ad avere quello che è un “prodotto unico”, un prodotto che ha un’anima, un prodotto che ha in se la “poesia” dell’esperienza e dell’amore messo nel momento in cui viene plasmata la materia. Il designer dovrebbe valorizzare la lavorazione artigianale dando comunicazione al prodotto, dandogli vita. Bisognerebbe riavvicinarsi maggiormente all’uso di tecniche artigianali nella costruzione di un prodotto, bisognerebbe riscoprire a volte cosa significa perdersi, trovarsi in difficoltà, avere dei nodi da sbrogliare e ragionare per trovare una soluzione durante la lavorazione di un materiale; questo significa dare anima ad un prodotto, è una di quelle sfide che ogni designer dovrebbe provare

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this relationship is not always possible because a designer must face mass production manufacturing too, which is impossible to a craftsman. Here there are relationship’s limits between craftsman and designer, positive limits I think, because the love and passion that puts an artisan in making a product let the product ise the one and not equal to many other mass-produced objects.

per mettere alla prova se stesso con la materia. Tuttavia però esiste sempre un rovescio della medaglia; questo rapporto non è sempre possibile, perché il designer deve confrontarsi anche con quella che è la realtà della produzione seriale legata alla fabbricazione di migliaia di pezzi, cosa impossibile da parte di un artigiano. E’ qui che il rapporto tra artigiano e designer trova dei limiti; limiti che credo siano a volte positivi, perché l’amore e la passione che mette un artigiano nella fase di creazione del suo prodotto fanno si che il prodotto stesso sia il solo e l’unico e che non sia uguale a tanti altri oggetti prodotti in serie.

Enzo Calabrese Form is the central issue of design, intended as a profession in order to a project. The word design, in English, means project. Design and form are a kind of sorrow that runs through both the head of a designer or a university researcher. I believe that design can not be taught. I think a good designer is just a wonderful person – he could be a photographer - with an incredible technical knowledge and great sensitivity. For this reason form crosses the stage of design and its processes, in a very different way from the expectations of those who subscribe to a design school or those who try to be designers. Form can not be prior to technical solutions. We can not charge the project the consequences of a form, but we should use the form to solve technical issues. This is a huge difference, because it allows to give sense, nobility, beauty, role to a form and therefore to designer’s work. Form must be the answer to technical issues, it should be that brilliant

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La forma è una questione centrale del design, inteso come mestiere finalizzato alla progettazione. Il termine design, infatti, in inglese vuol dire progettare. Progettazione e forma sono una sorta di cruccio che attraversa sia la testa di un progettista che di un ricercatore universitario. Credo che il design non si possa insegnare. Credo che un buon designer sia semplicemente una bella persona - potrebbe essere anche un fotografo - con una incredibile conoscenza tecnica e una grande sensibilità. Per questo motivo la forma attraversa lo scenario della progettazione e i suoi processi, in un modo molto diverso da quelle che sono le aspettative di chi si iscrive invece ad una scuola di design o di chi prova a fare il designer. La forma non può essere precedente alle soluzioni tecniche. Non possiamo far pagare al progetto le conseguenze di una forma, ma dovremmo utilizzare la forma per risolvere temi tecnici. Questa differenza è enorme, perché permette di dare senso, nobiltà, estetica, ruolo alla forma e quindi al mestiere del designer, in tutte le sue declinazioni. La forma deve essere la risposta ai temi tecnici, dovrebbe essere quel guizzo geniale capace di mettere insieme esigenze tecniche, estetiche, etc. L’altro utilizzo della forma - quello a mio avviso scorretto - è il motivo per cui ci additano con tutta quella serie di nomignoli legati all’architetto/designer che “inventa”: il famoso creativo. Credo che dovremmo rimpossessarci del termine creativo nella sua vera accezione più bella. Dovremmo rimpossessarci della creatività in quanto momento nobile della progettazione, dell’estetica, della bellezza, del decoro, che sono tutte


flash able to put together the technical, aesthetic, etc.. The other use of form - what I believe wrong - is the reason why people use a whole series of nicknames related to the architect / designer who “invents”: the famous creative. I think we should repossess the real beautiful meaning of “creative”. We should repossess creativity as a noble moment of design, of aesthetics, of beauty, of decoration, that are actions and results often related to moments of great poetry, high creative emphasis, certainly finding a huge dedication in the relationship with a craftsman. The relationship between a designer and a craftsman is almost like a celebration of a mass. The most important experience I had, was when designing a collections of objects of stone. I worked face to face with a stonecutter from Apricena who took inert blocks and drew objects identical to the crazy forms I drew with my fountain pen, rubbing any feasibility. The hand of the craftsman was able to get anywhere. It is clear that in this case the craft allowed to go beyond any limits of form, something which would never have been possible with the industrialization. That experience let me understand limits and possibilities of a relationship with an artisan. If form is a problem on an industrial scale, on craft is not. Everything made by hand, but also with numerical control machines, has no limits except one: the cost. For a craftsman does not make sense to talk about mass production. The craftsman do not amortise costs producing more pieces. The handcrafted products are often unique productions. The cost is the monster to kill. You may start studing a project with a craftsman and then end up in the industry. Artisan, form and designer are an incredible union, but just to get to amazing moments - that perhaps could be the future - in which you repossess the exclusivity, the love, the passion. If we move from pure craftsmanship to and industrial-craftsmanship, in that case form and the tech-

azioni e risultati legati spesso a momenti di grande poetica, di grandi enfasi creativa nell’accezione alta della creatività e che sicuramente nel rapporto con l’artigiano trovano un enorme consacrazione. Il rapporto tra un progettista e un artigiano è quasi come una celebrazione di una messa. Penso che l’esperienza più importante, io l’abbia fatta nel periodo in cui ho disegnato collezioni di oggetti di pietra. Ho lavorato a tu per tu con uno scalpellino di Apricena che prendeva blocchi inerti e ne ricavava oggetti identici alle forme folli che io generavo con la penna stilografica fregandomene di qualsiasi problema legato alla realizzabilità. La mano dello scalpellino riusciva ad arrivare ovunque. È evidente che in quel caso l’artigianato permetteva di andare oltre ogni limite della forma, cosa che con l’industrializzazione non sarebbe mai stata possibile. Quella esperienza mi ha fatto capire limiti e le possibilità di un rapporto con un artigiano. Se a livello industriale la forma è un problema a livello artigianale non lo è. In tutto ciò che fai a mano, ma anche con macchine a controllo numerico, non ci sono limiti se non uno solo: il costo. Con un artigiano non ha senso parlare di produzioni in serie. I costi con l’artigiano non si ammortizzano producendo più pezzi. Le produzioni artigianali spesso sono produzioni uniche. Il costo è il mostro da abbattere. Si potrebbe partire da un artigiano per studiare una cosa e poi finire a livello industriale. L’artigiano, la forma e il designer sono un unione incredibile, ma per raggiungere momenti - che forse potrebbero essere il futuro - in cui ti rimpossessi di una esclusività, di un amore, di una passione. Se ci si sposta dall’artigiano puro all’artigianalità industriale in quel caso la forma e la capacità tecnica diventano un tutt’uno che riescono a gestire un futuro abbastanza contemporaneo. I grandi colossi industriali diminuiscono i loro introiti, chi sta crescendo sono quelle aziende che hanno riscoperto un’artigianalità portabile nell’industria, ma con numeri ridotti. Semi-industrializzazione: ti rimpossessi del decoro, della parola creativo, della parola tec-

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nical capability become the one who can handle a quite contemporary future. The industrial giants decrease their revenue, companies who have rediscovered portable craftsmanship in the industry are growing, but with reduced numbers. Semi-industrialization: we will repossess the decor, the creativity, the technique, the beauty and the passion. I think it could work just in this way. The pure relationship with the artisan is a wonderful thing, but can not dotext. It may be related to experimentations, involving the craft to work in the research.The craft is not lost, but won only when used in this way. The rest is a story of exceptions, of rarity, of small chanches who are those that can not run a world so big, so complex, so expensive as ours.

nica, della parola bellezza e della parola passione. In questa nicchia credo la cosa funzioni. Il rapporto puro con l’artigiano è una cosa fantastica, ma non può fare testo. Al più potrebbe essere legato a momenti di sperimentazione, coinvolgendo l’artigianato per lavorare in parte alla ricerca. L’artigianato non perde, ma vince, solo se viene usato in questo modo. Il resto è una storia di eccezioni, rarità di piccole occasioni che non sono quelle che possono far funzionare un mondo così grande, così complesso, così costoso come il nostro.

Luciano Rea Artisan manners .... a winning culture

Fare Artigiano …. una cultura vincente.

Succesfull Made in Italy is still represented by craftsmanship, a hallmark of our culture that often does not have the right importance. It had a great clout in the development of industrial districts and small businesses that have marked the economic growth of the eighties and nineties. The competitiveness of our industrial system, and therefore of an important piece of our economy, is still intimately tied to craft skills that have been able to renew their role in large and small businesses. Just in an economy populated by knowledge workers, what characterizes the Italian industry is, in many cases, a know-how that few other countries have preserved. These skills make our manufacturing being flexible, dynamic and, above all, attractive to that growing population seeking history and culture in the products they buy. On one side there is a widespread consensus in recognizing the cultural weight and value of a manual labour knowledge, on the other side, thre is a certain embarrassment in declining Italian crafts to future. In a global society and a knowledge economy, which is the role of craftsmanship? Above all: Do we really need it while facing an economic situation where the Country is called to strengthen its international role and mostly boost the Made in Italy in emerging economies?

Il Made in Italy di successo è ancora oggi rappresentato dal lavoro artigiano, un tratto distintivo della nostra cultura cui spesso non diamo il giusto valore. Il suo peso è stato determinante nello sviluppo dei distretti industriali e delle piccole imprese che hanno segnato la crescita economica degli anni ottanta e novanta. La competitività del nostro sistema industriale, e quindi di un pezzo importante della nostra economia, è ancora oggi intimamente legata a competenze artigiane che hanno saputo rinnovare il loro ruolo nelle grandi e nelle piccole imprese. Proprio in un’economia popolata da knowledge workers, ciò che caratterizza l’industria italiana è, in moltissimi casi, un saper fare che pochi altri paesi hanno saputo conservare. Queste competenze rendono la nostra manifattura flessibile, dinamica e, soprattutto, interessante agli occhi di quella crescente popolazione che cerca storia e cultura nei prodotti che acquista. Se è vero che esiste un consenso diffuso nel ri-

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Rediscovering craftsmanship exceeds the boundaries of the economy, it force us to reflect on what we mean as creativity and meritocracy and on growth opportunities offered to new generations of our Country. Small factories and large workshops, meet professionals, finding pride and passion anywhere. Craftsmanship shake Italy like few other matters, what emerges, then, is a world far from being resigned and sad. The new craft, not only in Italy, must lead a movement that aims to redefine the categories of innovation and consumption, a world that our politicians should listen very carefully.

conoscere il peso culturale e il valore di un saper fare manuale ancora radicato, si percepisce però un certo imbarazzo nel declinare al futuro un’eredità, quella dei mestieri artigiani italiani, sentita da molti come ingombrante. In una società globale e in un’economia della conoscenza, che ruolo può avere il lavoro artigiano? Soprattutto: ne abbiamo davvero bisogno di fronte a una congiuntura economica in cui il paese è chiamato a confermare il suo ruolo a livello internazionale e a rilanciare il Made in Italy prima di tutto nelle economie emergenti? La riscoperta del lavoro artigiano supera i confini dell’economia, ci costringe a riflettere su cosa dobbiamo intendere oggi per creatività e meritocrazia e sulle opportunità di crescita che si offrono alle nuove generazioni del nostro paese. Piccoli laboratori e grandi manifatture, incontrano operatori del settore, trovando ovunque orgoglio e passione. Il lavoro artigiano accende l’Italia come pochi altri temi, ciò che emerge, quindi, è un mondo tutt’altro che rassegnato e dolente. Il nuovo artigianato, non solo in Italia, si vuole alla testa di un movimento che si propone di ridefinire le categorie dell’innovazione e del consumo, un mondo che la nostra classe politica dovrebbe ascoltare con grande attenzione

Barbara Falcone The city as a dining room

La città come sala da pranzo

The food and the street have an ancient bond, for hundreds of years people have bought (and eaten) the food in the street. From Europe to the Far East, the city has always been a big dining room. After the advent of the restaurants, in the late ‘700, and their transformation from taverns to haunts and culture places, in the ‘800 they had the most significant change; in the nineteenth century, in fact, the restaurant loses its elite destination to become a place for everyone. Next to a traditional vision of the enclosed room, there is a

Il cibo e la strada hanno un legame antico, per centinaia di anni le persone hanno comprato (e mangiato) il cibo in strada. Dall’Europa all’Estremo Oriente, la città è sempre stata una grande sala da pranzo. Dopo la nascita dei ristoranti, sul finire del 700, e la loro trasformazione da taverne a luoghi di ritrovo e di cultura, è l’800 che ne vede la modificazione più rilevante; nel XIX secolo, infatti, il ristorante perde la sua destinazione d’elite per diventare un luogo per tutti. Alla tradizionale visione di ambiente racchiuso si affianca un nuovo concetto ristorazione: quello del caffè all’aperto; ed è proprio questa seconda tipologia di luogo di ristoro, a divenire parte integrante della vita cittadina, a riempirsi di una popolazione eterogenea, chiassosa, piena di joie de vivre. Oggi la nuova tendenza della ristorazione è quella di creare ambienti informali e ibridi, a cavallo tra interno ed esterno, generando un ambiente fluido, cangiante, in cui muoversi liberamente, consentendo all’avventore una lettura multifunzionale ed a-gerarchica dello spazio. I mercati

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new restaurant concept: the outdoor cafes, and this second type soon becomes part of the city life, filled with different people, noisy, full of joie de vivre. Nowadays, the new trend is to create hybrid and informal environments, between interior and exterior, creating a fluid and changing room, in which to move, offering the clients a multi-hierarchical space. Markets The street, the square, the market, they become places where everything comes together, spaces full of vitality, the “third luogo”, halfway between home and work, in which to look around, to talk, to have a physical contact with the goods. The food, staged in aesthetic way, theatrical exhibited, seemingly without rules, becomes the main character, the subject of negotiations, means of appeal. Here, the companies’ logistics, almost unconsciously accepted by consumers fade, leaving the user an apparent feeling of freedom. The markets, as small cells, temporarily take possession of parts of the city, turning spaces, colouring, filling them with scents, sounds, chaotic voices. Street food, therefore, changes even temporarily the city: it brings new flows, new vitality, unexpected routes and alternative views of the city. Street restaurants creeps into residual spaces of an overpass, in the cross between the buildings, colonizing the city for the short time of a lunch break, then when everything ends, and the lights turns off, the city go back to its initial state. Has that short time, left any traces of itself? Sometimes I like to think that every happening, temporary too, leaves indelible marks of its passage maybe just in the memory of those who were at that time and in that place. If a light is off, somewhere else, in another time, another city, new flows, new vitality, unexpected routes and alternative views will be lit for a few hours transforming the space enclosed within a light bulb.

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La strada, la piazza, il mercato, diventano punti in cui tutto converge, spazi ricchi di vivacità, “terzo luogo” a metà tra casa e lavoro, in cui potersi guardare attorno, comunicare, avere un contatto fisico con le merci. Il cibo, messo in scena in modo estetico, esibito, teatrale, apparentemente senza regole, diventa il protagonista principale, oggetto di contrattazioni, strumento di richiamo. Qui, le logiche prestabilite dalle aziende e accettate dal consumatore quasi inconsapevolmente si attenuano, lasciando al fruitore degli spazi l’apparente sensazione di muoversi liberamente, senza costrizioni. I mercati, come piccole cellule vitali, si appropriano temporaneamente di parti di città, trasformando gli spazi, colorandoli, riempiendoli di profumi, di suoni, del vociare caotico di una brulicante di umanità. Il cibo consumato o venduto in strada trasforma, dunque, seppur temporaneamente, la città: la anima di nuovi flussi, di nuova vitalità, di percorsi impensati, di visuali alternative e la città accoglie e respinge questi luoghi reietti ma fortemente radicati nella cultura popolare. I ristoranti di strada, come entità fluide, si insinuano sotto gli spazi residuali di un cavalcavia, negli anfratti tra i palazzi, colonizzando la città per il tempo breve di una pausa pranzo poi, quando tutto finisce, e le luci si spengono, la città torna al suo stato iniziale. Ciò che è accaduto in quel breve lasso di tempo, ha lasciato traccia di sé? A volte mi piace pensare che ogni fenomeno, seppur temporaneo, lasci segni indelebili del suo passaggio anche solo nel ricordo di coloro che si trovavano in quel tempo e in quel luogo. Se una luce si è spenta, da qualche altra parte, in un’altra ora, in un’altra città, nuovi flussi, nuova vitalità, percorsi impensati, visuali alternative si accenderanno per qualche ora trasformando lo spazio circoscritto nel raggio di una lampadina ad incandescenza.


photos\ foto 117 Glocal Handmade


photo_Ilias Fragkakis*

workshop

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* photo_Rachele Nardone

* photo_Rachele Nardone

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photo_Ilias Fragkakis

Work \ off

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photo_Paolo Emilio Bellisario

work \ in progress


Glocal Handmade


pecha Kucha Night Roma vol.4 (next page) XIV edizione del Workshop Turistico Internazionale Buy Lazio.l 15 - 18 settembre 2011

photo_Claudio Apicella

work\ show


photo_Paolo Emilio Bellisario


people\ protagonisti ARTIGIANS / ARTIGIANI 1

Maurizio D’Onorio (iron/ferro) inidirizzo: Via Mole Bisleti, 43 - 03011 Alatri (Fr) tel: 0775 / 40.88.64

2

Antonio Alviani (copper/rame) inidirizzo: Piazza Venditti - 03039 Sora (Fr) tel: 0776 / 18.05.262

3

Ileana Di Pucchio (ceramic/ceramica) inidirizzo: Via Capitino – 03036 Isola Del Liri (Fr) tel: 0776 / 80.85.86

4

Giuseppe Recchia (wood/legno) inidirizzo: Via San Domenico, 2 - 03039 Sora (Fr) tel: 338.38.98.788

1

4

7

5

Massimiliano D’Orazio (wood/legno) inidirizzo: Via Montemontano, 96 - 03036 Isola Del Liri (Fr) tel: 328.16.10.597

6

Cinzia Zuppetti (textile/tessuti) inidirizzo: Via Attilio regolo 11/13 - 03039 Sora (Fr) tel: 393.89.92.240

2

5

8

7

Giuseppe Gabrielli (gold/orafo) inidirizzo: Corso Volsci 122 - 03039 Sora (Fr) tel: 0776 / 83.13.00

8

Antonio Simeone (glass/vetro) inidirizzo: Via Sferracavalli, 112 - 03042 Atina (Fr) tel: 0776 / 69.11.94

9 3

6

9

Alonzi Domenico (ciambelleria/food) inidirizzo: Via Valle Rosati 18, 03039 Sora (Fr) tel: 0776 / 83.27.09

Leggi le biografie degli artigiani su glocalhandmade.com

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photo_Ilias Fragkakis

participants / Partecipanti Antonia Pia Bitondi, Emilia Caffo, Laura Capparelli, Dominga Carlone, Piergianni Chiugi, Valentina De Carolis, Marco De Masi, Giuseppe Di Resta, Tiziano D’Innocenzo, Mirco Fantauzzi, Rosamaria Fiore, Lucia Gabriele, Valentino Gabriele, Livia Lugana, Chiara Malaspina, Valentina Marrocco, Daniele Marturano, Manuel Melluso, Luca Orapallo, Laura Passalacqua, Lavinia Perleonardi, Valentina Polsinelli, Salvatore Saldano, Emiliano Soccodato, Sarah Spinelli, Francesco Taviani, Serena Tibaldi, Nafsika Tzanou, Widiando Utomo, Cristian Visentin, Viviana Vittigli

TEACHERS / DOCENTI GUM DESIGN | Gabriele Pardi – Laura Fiaschi // www.gumdesign.it / MARCO MAZZEI | Marco Mazzei // www.marcomazzei.org / POCO DESIGN | Monica Maggi // www.pocodesign.it / Tutor: Giuseppe Augugliaro (Augugliaro); Daniele de Angelis (DmDesign); Angelo Bucci (DeZign studio); Andrea Cingoli, Cristian Cellini (ZO-loft); Ilias Fragkakis (C0ntextual); Raffaello Sanso (ADD). Attended / Sono intervenuti: - Enzo Calabrese - Architetto e designer, docente presso l’Università G.d’Annunzio – Pescara //www.enzocalabresestudio.it / - Luciano Rea – Presidente ADD, Associazione Distretto del Design // www.distrettodeldesign.com / - Barbara Falcone – architetto e blogger, dottore di ricerca presso l’Università G.d’Annunzio – Pescara barbarafalcone.wordpress.com /

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9 artigiani, 37 designer, 8 regioni italiane e 3 nazioni europee, 4 giorni di studio, 28 progetti, 17 prototipi, http://glocalhandmade.com

una la coppia protagonista:

design e artigianato.

Questi sono solo alcuni numeri del workshop Glocal Handmade che ha fatto incontrare/ rincontrare design e artigianato. Dal 16 al 19 giugno scorso, Glocal Handmade ha richiamato a Sora (FR) studenti, creativi, architetti, ingegneri e designer provenienti da tutta Italia, ma anche dalla Spagna e dalla Grecia. Per quattro giorni, nella sala dell’Auditorium polivalente in piazza Mayer Ross, artigiani, docenti e tutors si sono alternati raccontando le loro testimonianze che hanno ispirato la creatività dei partecipanti.Glocal Handmade si è proposto come un vero e proprio laboratorio di riscoperta, ridistribuzione, riappropriazione e rielaborazione dell’artigianato tradizionale con l’obiettivo di approfondire la relazione tra locale e globale nel design, nell’industria e nella società.


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