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Numero 0 - Natura Primavera 2018
COLOPHON UNDEREXPOSURE. Tutti i diritti riservati © Direzione, cura dei testi e del design: di Gloria Colaianni Relatore: Stefano Mosena Tesi di laurea Dipartimento di Progettazione e Arti Applicate, Scuola di Progettazione Artistica per l’Impresa. Corso Triennale di Grafica Editoriale presso l’Accademia di Belle Arti di Roma.
Sede via di Ripetta, 222 00187 Roma Stampato presso: La Legatoria in Via Genova, 25, 00184 Roma RM Si ringraziano i fotografi e le fotografe: Marta Bevacqua Mira Nedyalkova Terje Abusdal Michelle De Rose Rona Keller Ekaterina Ignatova The Hendrys Néha Hirve
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editoriale Prima di parlarvi di questo primo numero di Underexposure, vorrei scrivere due parole sulla rivista. Questa rivista nasce come progetto di tesi, dall’idea di realizzare una rivista di fotografia di ritratto, che presenti diversi esempi di ritrattistica ad un pubblico di giovani fotografi, andando ad ogni numero ad approfondire un tema specifico, sia artistico che culturale. La rivista vuole proporsi come punto di riferimento per chi sta costruendo la propria identità come fotografo, ma anche per chi è già attivo da diversi anni in questo campo, volendo anche creare un terreno comune dove i fotografi possono condividere le loro esperienze e i loro punti di vista, in modo da arricchire il panorama fotografico ed artistico contemporaneo italiano. In questo primo numero, ho cercato di raccogliere i punti di vista di diversi fotografi che nel proprio lavoro hanno un qualche tipo di legame con la natura, intesa sia come forza creatrice che come luogo dove rifugiarci e dare un senso più profondo alle nostre esistenze. Le sei interviste presenti nell’articolo sono accompagnate da fotografie, ambientate nella natura o che ne utilizzano nel loro linguaggio i simboli, dei fotografi intervistati. I due articoli, sono invece incentrati su delle serie fotografiche che raccontano le emozionanti storie di due gruppi sociali, una minoranza etnica ed una comunità di volontari, le quali vite e tradizioni sono profondamente legate al rapporto con la natura. L’ultimo articolo è un making of di una serie fotografica, in cui l’autore parla in prima persona dell’ideazione e realizzazione della serie e delle difficoltà riscontrate. In questo primo numero ho deciso di sfruttare questa rubrica per parlarvi di un progetto di tesi a cui tenevo molto ma che ho deciso di accantonare dopo un anno di esperimenti per dedicarmi a questa rivista, spero potrà interessarvi. Gloria Colaianni
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In
q u e s to n um e r o , l a p r ota -
g o n i s ta s a r à l a n at u r a , e i l r a p p o r to c h e n o i e s s e r i um a n i a b b i a mo c o n l e i .
Per
q ua n to
n o i s t e s s i fac c i a mo i n p r i m a p e r s o n a pa r t e d e l l a n at u r a , c i s i a mo , s o p r at u t to n e l l ’ u lt i mo s e c o lo , s e m p r e p i ù a l lo n ta n at i da l r e s to d e l l ’ a m b i e n t e ,
som m ario
chiudendoci sempre di più nelle
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0 6. M ar t a B evacqu a/ / 26. M i r a N edy al ko va/ / 44. Ter j e Abu sdal / / 62. M i ch el l e De R o se/ / 76. R o n a Kel l er / / 98 . N éh a Hi r ve/ / 112. Ek at er i n a Ign at o va/ / 1 26. Th e Hen dr y s/ / 14 2. G l o r i a Co l ai an n i / /
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SOMMARIO
nostre cit tà e nei nostri pa l a z z i , f i n o a d i s tac c a r c i q ua s i c om p l e ta m e n t e da l l ’ a m b i e n t e e da l l e a lt r e f o r m e d i v i ta c h e c i c i r c o n da n o .
Ma
da l r u o lo d i r i l i e vo c h e q u e s ta h a n e l l a p o e t i c a d i mo lt i s s i m i a r t i s t i , p o s s i a mo r e n d e r c i c o n to d e l l ’ e s i g e n z a c omu n e d i rimet terl a al centro dell a nostra esistenza.
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Un
i m m ag i n a r i o
sognante e ricco di connessioni con i l mo n d o d e l l a n at u r a
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AU LOIN â–²
FOTOGRAFIE DI MARTA BEVACQUA
THE INTERVIEW
MARTA BEVACQUA Foto g rafa d i m oda e fine a r t, c rea nel l e s u e fo to g rafie delle sc ene irrea li e s o gn anti, cu ra ndo minuziosa m ente ogni d ettag lio p e r c rea re un imma gina rio cr e d ib ile ma a l tempo stesso fa nta stic o. I su o i lavo ri sono spesso a mbienta ti in co nte s ti n at u ra li e le m odelle entra no i n s tr e tto co ntatto c on la na t ura , spesso qu asi tr as me tte n d o ci una per fetta sim biosi c o n g li e le me nti che la c irc onda no.
1. Quanto
è importante nello sviluppo del tuo
stile personale il rapporto con la natura? In che modo ti ha influenzato?
È stato fondamentale. Sono cresciuta in una casa in campagna a Frascati, e credo di aver iniziato a scattare fotografie proprio grazie alla natura in mezzo alla quale sono cresciuta. I primi scatti rappresentavano fiori, gocce di pioggia sui rami e alberi, e solo dopo ho iniziato a fotografare le persone. Da subito le ho inserite in un contesto naturale, seguendo semplicemente l’istinto o quello che avevo a disposizione, come per esempio la mia casa. Senza la natura, dubito che sarei mai diventata fotografa. 2. Nelle
tue foto sono molto spesso presenti
degli elementi naturali, siano questi acqua,
fiori o alberi, ci sono dei significati simbolici dietro?
Spesso
si ha una sensazione
di vicinanza, quasi una metamorfosi tra il
soggetto e la natura che lo circonda, è un messaggio voluto?
A dire il vero non è un messaggio propriamente voluto, non ci sono dei veri e propri significati simbolici. Per me la natura è importantissima, e mi rappresenta, come persona e come artista. Ho un grandissimo rispetto per il nostro pianeta, e oltretutto, a livello puramente estetico, trovo che la natura, ovunque e in qualsiasi periodo, sia bella. Quel tipo di bellezza quasi oggettivo. Stare tra gli alberi, nell’acqua o accarezzare un fiore, sono cose che mi rilassano e mi ispirano, forse per questo non posso fare a meno di rappresentarle nelle mie fotografie. 9
THE INTERVIEW
3. In
alcuni dei tuoi lavori ci sono delle
atmosfere abbastanza dark, a volte un po’ malinconiche, da cosa sono ispirate? tutto, come le ottieni?
Soprat-
Prendo ispirazione un po’ da tutto e poi seguo semplicemente l’istinto. Io sono un po’ malinconica e, forse, un po’ dark. Alcune volte mi devo sforzare per staccare un po’ e produrre fotografie meno cupe. Seguo semplicemente me stessa, il mio gusto e la mia sensibilità, che sia giusto o sbagliato. Per ottenerle, cerco sempre delle luci tenui. Inoltre imposto la macchina fotografica in modo da ottenere già questo tipo di effetto e completo il tutto in post produzione. 4. Ho
letto in un intervista che ami raccon-
tare storie con le immagini, quanto c’è di programmato nelle tue fotografie?
Quanto
è
Per quanto riguarda la scelta dell’orario, del luogo, della modella, dei vestiti e di tutto il resto, sono cose che penso molto prima e che preparo con precisione prima dello shooting. La preparazione, secondo me, diventa quasi più importante dello shooting stesso. 5. Le
tue foto hanno spesso un forte impatto
emotivo, e lo sguardo della modella sembra
penetrare lo spettatore, come fai ad ottenere
un effetto così intenso? In base a cosa scegli le modelle?
Parlo con loro e chiedo loro di muoversi liberamente e a piacimento. Racconto loro delle storie o chiedo di diventare qualcuno o qualcosa. Scelgo in base al mio gusto. Mi piacciono le ragazze espressive, giovani, particolari. 6. Cosa
intendi per
“moth
art”?
importante avere un concept ben costruito per creare un immaginario forte?
È fondamentale. Tutto è programmato, a parte le espressioni della modella, i suoi movimenti e, soprattutto, la luce. Scatto quasi unicamente con luce naturale, di conseguenza non posso mai prevedere che tipo di luce avrò, ma anche per questo mi piace e mi diverte scattare in esterna. Diventa un mix tra preparazione e improvvisazione. 10
Quando ho iniziato a scattare fotografie, ormai 10 anni fa, mi sono registrata sui primi siti di condivisione fotografica e non volevo utilizzare il mio vero nome. Era solo un gioco, nulla di serio, non potevo sapere dove mi avrebbero portato quelle prime fotografie. Così ho scelto “moth art”: moth significa “falena” in inglese. È una lunghissima storia che riguarda un libro, un sogno, la notte e, appunto, una falena.
“ Senza
l a n at u r a ,
d u b i to c h e s a r e i
f o t o g r a fa
“
AUGUR IES OF INNOCENCE ▼
m a i d i v e n tata
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WILD â–²
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THE INTERVIEW
7. Potresti
parlarci del tuo percorso nel
mondo della fotografia? questa passione?
Quali
Come
hai scoperto
fotografi ti hanno
ispirato nel tuo percorso?
Ho iniziato per caso. Cercavo un’immagine da utilizzare come avatar per il mio personaggio di un gioco di ruolo fantasy online. Una volta trovato ciò che cercavo, ho continuato ogni giorno a navigare su questi siti di condivisione fotografica, per il puro piacere che provavo nell’ammirare belle immagini. Da lì è scattato qualcosa, ho pensato: perché non provarci. Ho preso una vecchia macchina fotografica compatta (e rotta) e ho scattato le prime foto. Come ho detto prima, era un gioco, lo facevo perché era estate e mi annoiavo, non perché volessi rappresentare chissà cosa. Non avevo idea di cosa sarebbe successo dopo e nemmeno me lo chiedevo. Dopo qualche mese ho ricevuto in regalo la mia prima reflex, e non ho mai più smesso di scattare fotografie. Ora è diventata una sorta di urgenza nel creare qualcosa. Ho iniziato scattando ritratti alle mie sorelle, a me stessa e ai miei amici. Poi, pian piano, sono finita a scattare una collezione di abiti di un’amica e, quasi senza volerlo, ho iniziato a lavorare nella fotografia di moda. Da quasi quattro anni vivo a Parigi, dove lavoro per riviste, campagne pubblicitarie, e video, mandando ovviamente avanti i miei progetti personali. 8. Che attrezzatura fotografica utilizzi maggiormente? Ho letto che utilizzi principalmente luce naturale, di solito usi pannelli riflettenti? Più in generale, come gestisci l’utilizzo della luce? Uso soltanto luce naturale. La osservo molto, spesso vado sul posto e rimango a guardare la luce che cambia, e cerco di sfruttarla al meglio.
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“ Ora
è d i v e n tata
u n a s o r ta d i urgenza nel creare q ua lc o s a .
“
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UNDER THE GIANT TR EE â–²
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SPR ING BIR D ▲
9. Potresti
parlarci un po del tuo processo di
editing in post-produzione?
Hai
mai pensato di
fare dei video tutorial sul tuo stile di editing o in generale su come fotografare?
Non faccio molto su Photoshop: gestisco il colore, la saturazione, il contrasto e la luminosità. Non molto di più. Tutto quello che c’è nelle mie foto, c’era già al momento dello scatto. Preferisco di gran lunga lavorare sullo shooting che davanti a un computer. Non faccio tutorial, ma ho già dato parecchi workshop, sia in Italia che all’estero, dove spiego, appunto, il mio modo di fotografare e il mio stile di editing. 10. Come
funziona con gli editoriali di moda,
puoi scegliere il tema o lo sceglie il committente?
I
temi ambientati in location naturali
sono molto richiesti e amati?
Di solito sceglie il committente. Ti lasciano -fortunatamente- abbastanza libero, ma ti danno delle linee guida da rispettare. Per quanto riguarda le location, non ho mai notato una particolare predisposizione per lo studio o per location naturale, tutto dipende dalla rivista e dal numero su cui si sta lavorando. 11. Quando
fotografi su commissione come
bilanci le scelte legate alla commissione con il tuo stile personale?
La mia regola, per un lavoro, è che è il cliente a dover essere soddisfatto prima di tutto. Fortunatamente di solito ti chiamano per un determi-
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nato lavoro proprio perché richiedono una foto che rifletta il tuo stile, ma alcune volte è difficile riuscire a trovare il compromesso. Cerco sempre di non perdere me stessa e il mio stile e di trovare, appunto, un giusto compromesso tra le due cose. 12. Ho
visto sul tuo sito che hai fatto dei
video musicali per un gruppo, ti piacerebbe lavorare in quell’ambito? preferisci?
Che
genere musicale
Si, ho già realizzato un altro video clip. Per quanto riguarda i generi, ascolto un po’ di tutto. 13. Ultima
domanda, se potessi scegliere, che
personaggio famoso (attori, cantanti, etc...) vorresti nelle tue foto? glieresti?
Che
E
che location sce-
tipo di foto ti piacerebbe farci?
Elle Fanning. Deserto stile Arizona. Foto abbastanza oniriche, con larghe vedute naturali in cui l’essere umano si perde. ♦
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FRANCESCA â–²
ALL ABOUT LOLITA â–²
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AU LOIN â–²
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GAIA Questa foto si intitola “Gaia”, e rimanda al pianeta, alla Terra, alla natura. È stata scattata in studio, ovvero casa mia a Parigi, con la luce naturale della finestra. Il muschio è vero. Penso sia una delle mie foto preferite e che mi rappresenta al meglio.
GAIA ▲
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IN BLOOM â–²
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THE INTERVIEW
IN BLOOM â–²
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SOL I T UDE Questa foto è di circa due anni fa ed è stata scattata al Tuscolo, vicino Frascati. È un luogo che mi è sempre stato molto caro. Ho scelto il crepuscolo come orario perché volevo trasmettere un senso di malinconia, di solitudine. Riflette uno stato interiore in cui qualcuno si può trovare anche stando in mezzo alla gente. Tanto vale allora accoglierlo e lasciarlo andare, ma per farlo serve il posto giusto.
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SOLITUDE â–²
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DILETTA â–²
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“ Cerco
sempre di
non perdere me stessa e il mio stile e d i t r o va r e u n g i u s t o compromesso tra le due cose
“ 27
FOTOGRAFIE DI MIRA NEDYALKOVA
Un
v i ag g i o a l l ’ i n t e r n o
dell’onirico e delle e m o z i o n i d e l l ’ a r t i s ta
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R EMEIN NAMELESS ▲
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THE INTERVIEW
Mira Nedyalkova 29
THE INTERVIEW
M ira Ne d ya lkov a c rea princ ipa lme nt e fo to g rafie fine a r t, c rea ndo delle immag in i da l for te im pa tto emotiv o e se n s u ale. Un c onnubio tra espress i vi t à d e l co rp o della modella e uso simb o lico di oggetti e ed elem ent i n at u rali, c he flutt ua no in un m ond o o n irico e a nc estra le dov e l’inc onsci o è lib e ro d i mostra rsi ed esprim ersi.
1. Come
descriveresti il tuo stile fotografico?
3. Le
atmosfere fluttuanti e irreali nelle tue
fotografie ci parlano di un mondo onirico
E’ il mio stile: uno stile che unisce la fotografia con la pittura, la poesia con la filosofia. Dove la bellezza si unisce al dolore e l’oscuro ti fa aprire gli occhi per vedere e apprezzare la luce. 2. Le
dine e sessualità sono libere di esprimersi. significato ha per te l’onirico?
E
Che
quanto è
importante per l’artista conoscere le proprie emozioni e i propri aspetti psicologici?
tue foto sono per la maggior parte
scattate in acqua, come mai utilizzi soprattutto questo elemento?
Che
significato ha?
Si, gran parte del mio lavoro è in acqua e questo certamente non è casuale. L’acqua per me è la Creazione. La creazione, la vita, la forza...l’acqua nasconde in se un enorme energia. L’acqua porta con se il piacere, regala la vita, pero può essere anche una minaccia, un pericolo. Adoro la trasparenza e la purezza dell’acqua, i riflessi della luce al suo interno e le trasformazioni che subiscono gli oggetti quando vi entrano in contatto. Per me l’acqua è un elemento estremamente erotico appunto, con le sensazioni opposte che porta con se. L’acqua ci disseta e ci salva. Il bisogno di ognuno di noi e l’eterna lotta di trasformare, guarire il dolore, la tristezza, la solitudine... 30
nel quale forti emozioni come dolore, solitu-
Si, l’onirico è molto presente nel mio lavoro, che riesco ad ottenere appunto usando l’acqua. Nelle mie foto cerco di rappresentare il mondo reale in modo irreale ed in questo senso l’acqua mi aiuta molto, perché crea sempre un atmosfera diversa, inaspettata, molto vicina e nello stesso momento anche lontana dal nostro mondo. Ecco perché è molto importante dire che nella mia arte l’acqua non è l’obbiettivo, ma è lo strumento con cui riesco a creare l’atmosfera adatta per le mie immagini e anche a trasmettere in modo più forte la mia idea e le mie emozioni. La fotografia è come una terapia per me. Mi aiuta a conoscere e ad accettare me stessa per quello che sono: guardando dentro di me, quello che porto nel mio cuore, quello che desidera la mia anima. Tramite le mie foto io parlo di me, della mia visione della vita e del senso della nostra esistenza così come lo intendo.
“ l ’ ac q ua n o n è l ’ o b b i e t t i vo , m a è lo s t r um e n to c o n cui riesco a creare l ’ atm o s f e r a a d at ta p e r l e m i e i m m ag i n i OR IGINS ▼
“
31
“ l a f oto g r a f i a è come una terapia p e r m e , m i a i u ta a conoscere e ad a c c e t ta r e m e s t e s s a R EMEIN NAMELESS ▲
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“
THE INTERVIEW
4. Nelle
tue foto sono spesso presenti
elementi naturali, (quali fiori, foglie, animali)
sono di solito dei simboli o servono più a creare una particolare atmosfera?
Che
valenza
ha nel tuo immaginario il tema della natura?
E’ vero, nelle mie foto si possono vedere spesso fiori, rami, foglie, insieme a diversi tessuti leggeri e trasparenti. Mi piacono le tinte, la terra, tutto quello che viene dalla natura. Mi piace molto avere animali come protagonisti nelle mie foto e quando c’è la possibilità colgo subito l’occasione. Per me è di fondamentale importanza che tutti gli oggetti che uso nelle foto entrino veramente in contatto con la modella, non devono rimanere solo uno sfondo, un arredamento, ma devono aiutarmi a trasmettere le emozioni che cerco e rinforzare l’idea che ho. Il tema della natura o la presenza della natura nelle mie foto è una cosa che trovo necessaria, perché noi, il nostro essere fa parte di questa natura e non dobbiamo dimenticarlo, dobbiamo viverla ed entrare in sintonia con la natura e quindi con noi stessi. 5. Puoi
parlarci un pochino del tuo processo
fotografico?
Da
dove nasce l’idea e come la
porti avanti fino allo scatto finale?
In genere ho sempre l’idea da cui parto e mi preparo riguardo questa idea principale. Qualche giorno prima di scattare comincio a cercare gli oggetti che voglio usare, tutto quello che mi serve. Nello stesso momento penso anche alla modella. Lei è la parte fondamentale, ma nonostante questo raramente cerco modelle particolari per realizzare le mie idee. Preferisco lavorare con modelle che già conosco e con cui mi sono trovata bene. Io non faccio foto ritratti e per questo cambiare sempre la modella per me non è per niente necessario. Prima di cominciare a scattare, racconto sempre bene alla modella la mia idea, le indico diversi modi in cui, secondo me, si può comportare per poter entrare più facilmente nel personaggio. Mi piace scattare mentre lei si muove, mentre si spo-
sta; sono rari i casi in cui preferisco che la modella stia proprio ferma in una posa particolare. In questo modo, come potete capire, escono tante foto che non vanno bene per diversi motivi, ma quelle che vanno bene sono davvero speciali e trasmettono emozioni fortissime; ecco perché lo shooting può durare anche 4-5 ore, certamente con delle pause quando ce n’è bisogno. Non uso mai i flash. Uso luci fisse e anche luce naturale quando c’è la possibilità. Quando la luce non è perfetta mi viene sempre in aiuto Photoshop dove metto in risalto le luci e le ombre che non sono riuscita ad ottenere durante lo shooting. 6. Ho letto
che prima di scoprire la fotogra-
fia hai studiato come pittrice, in che modo sei passata dalla pittura alla fotografia?
E in che
modo la tua preparazione pittorica influenza il tuo processo fotografico?
Io dipingo sin da quando ero piccola. Ho studiato all’Accademia d’Arte di Sofia ma la pittura non mi dava le giuste soddisfazioni, di cui avevo bisogno. Passare alla fotografia non è stata però una decisione, ma una conseguenza di quello che capitava nella mia vita; infatti è successo tutto molto naturalmente. Per la prima volta mi sono avvicinata alla fotografia facendo la modella. Allora ho sentito per la prima volta la voglia di creare fotografie, perché non ero mai contenta di quelle che mi facevano. Sentivo che qualcosa mancava, non mi vedevo in quelle foto, sentivo il bisogno di potermi esprimere meglio e in modo più forte. Poi, dopo qualche tempo ho scoperto Photoshop come programma di grafica e questo è stato un momento fondamentale per me. Quando ho visto le potenzialità di questo programma, in me è nata subito la voglia di imparare ad usarlo per creare la mia arte. Cosi è nata l’idea di collegare la pittura con la fotografia e creare un mio modo di interpretare l’arte, mettendo in pratica tutte le mie esperienze nel dipingere e nello stesso momento mettermi alla prova con un’arte sconosciuta per me, la Fotografia, che amavo da sempre ed in qualche modo volevo avvicinarmi ad essa. 33
THINGS BEHIND THE SUN â–²
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THE INTERVIEW
SPIR ITUAL HEALING â–²
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THE INTERVIEW
Per me queste due arti sono molto simili. Le cose fondamentali nella pittura sono le luci, le ombre ed i colori. La stessa cosa vale per la fotografia. Poi viene la composizione, le forme, l’idea…l’emozione che si riesce a provocare. Tutto questo ha la stessa importanza sia nella fotografia che nella pittura. Gli strumenti sono diversi, ma il risultato finale ti regala sensazioni molto simili, sia per la parte estetica che per quella emotiva. 7. Tra i movimenti artistici del presente e del passato, a quale senti più vicina la tua poetica? Quali aspetti sono simili? Quale movimento ti ha ispirato di più? Ogni stile ha la sua forza e la sua unicità e a me piacciono e ispirano tutti in modo diverso. Se devo proprio dire a quali mi sento più vicina, direi sicuramente quelli del passato. L’arte creata nel passato mi emoziona di più, sento che appartengo più a quel mondo e a quei valori. 8. Con che tipo di obiettivi preferisci scattare? E che attrezzatura usi per fare le fotografie subacquee? Uso il 24-70 mm e ogni tanto l’85 mm. In ogni caso, la tecnica non è mai stata fondamentale nel mio lavoro. Per me è una cosa secondaria che certamente aiuta a migliorare l’immagine, ma non può crearla, ne darle valore. La stessa cosa infatti vale anche per la pittura, puoi avere i materiali più cari e buoni al mondo, ma se non hai la mano, se non hai l’occhio non puoi farci nulla.
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9. Lavori molto in post-produzione sul Che ruolo ha nella tua fotografia?
colore?
Secondo me la post-produzione ha un ruolo fondamentale nel mio lavoro. Una grande parte dell’idea, dell’atmosfera, del fascino delle mie foto sono ottenute grazie al lavoro che faccio in Photoshop. Tra l’altro, questo è il mio momento preferito nel processo, e per niente al mondo rinuncerei ad esso. 10. Se
potessi creare una piccola galleria in un
museo immaginario, di cinque opere sia pittoriche
che fotografiche dal passato al contemporaneo, che ispirano la tua poetica fotografica, quale sceglieresti?
Sarebbe davvero difficile scegliere solo cinque opere, potrei dire cinque artisti che amo moltissimo e mi hanno sempre ispirato con i loro lavori. I due artisti che mi hanno influenzato di più negli anni della mia crescita, sia personalmente che artisticamente, sono Jan Saudek e Egon Schiele. Altri tre artisti che sceglierei sono degli artisti contemporanei, che amo e seguo con tanto piacere: Emilie Steele, Ray Caesar e Dino Valls. ♦
PICK ME APART â–²
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BUTTER FLY EFFECT
“ L’ a r t e
c r e ata n e l
pa s s at o m i e m o z i o n a d i p i ù , s e n to c h e a p pa r t e n g o p i ù a q u e l mo n d o e a q u e i va l o r i .
“
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THE INTERVIEW
SPIR ITUAL HEALING ▲ THE INEVITABLE FACTOR ▲
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THE INTERVIEW
R EMEIN NAMELESS â–²
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R EMEIN NAMELESS â–²
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TAKE ME SOMEWHER E NICE â–²
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THE INTERVIEW
TAKE ME SOMEWHER E NICE â–²
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THE INTERVIEW
BUTTER FLY EFFECT â–²
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COLD COLD GROUNDâ–²
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v in c itore del premio leic a osk a r oa r nack awa r d 2017
FOTOGRAFIE DI TER JE ABUSDAL
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THE ARTICLE
Te r j e Abusdal
SLASH & BURN 47
THE ARTICLE
Il popolo dei Forest Finn raccontato in un intreccio tra mito e realtà dal fotografo norvegese Terje Abusdal, vincitore del premio Leica Oskar Barnack Award 2017 Tramite meravigliosi paesaggi e suggestivi ritratti, il fotografo vuole parlarci del sentimento di appartenenza e d’identità di una popolazione originariamente nomade e profondamente legata alle sue tradizioni magiche, mescolando fotoreportage e linguaggio concettuale per raccontarci la loro storia e la loro cultura quasi scomparsa.
Il progetto di Terje Abusdal, Slash & Burn, ci porta nel sud-est della Norvegia dove, al confine con la Svezia, sorge una foresta molto fitta conosciuta come Finnskogen, ovvero foresta dei finn. La zona, scarsamente popolata, è abitata da un popolo di coltivatori nomadi che alla fine del sedicesimo secolo migrarono dalla regione del Savolax, una regione storica della Finlandia che confinava con la Russia, verso la Norvegia alla ricerca di terreni adatti al metodo agricolo da loro praticato. Si tratta di una tecnica di agricoltura itinerante molto antica che consiste nel disboscare dei tratti di 48
foresta, tagliando la vegetazione per poi bruciarla e coltivarne i terreni, chiamata appunto in inglese Slash & Burn. Usano le ceneri per fertilizzare il terreno, e dopo aver raccolto i frutti della terra viene fatta ricrescere la vegetazione per ripristinarne la fertilità e sono quindi portati a cercare nuovi terreni agricoli da coltivare. Inoltre, le popolazioni svedesi, non apprezzando il loro metodo agricolo, cominciarono presto a perseguitarli, spingendoli attraverso il confine della Norvegia. La loro popolazione si è andata via via restringendo, e anche se è stata riconosciuta come minoranza etnica in Norvegia, non ci sono statistiche sul numero esatto di persone che appartengono a questo gruppo. Ma ancora ci sono molte persone che ci sentono collegate alla loro tradizione. Una cultura che si sta estinguendo Abusdal, per realizzare il progetto, iniziato mentre studiava alla Danish School of Journalism, ha passato tre anni immerso nelle tradizioni dei Forest Finns, bussando porta per porta alla ricerca di persone che lo aiutassero a ricostruire la storia e le usanze che nel tempo sono state quasi abbandonate ma certamente non dimenticate dalla popolazione. Dopo quattrocento anni e dodici generazioni dal loro insediamento, ai nostri giorni gli abitanti della foresta sono perlopiù taglialegna, fattori e
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THE ARTICLE
e r a i m p o r ta n t e c r e a r e u n e l e m e n to di spiritualità n e l l e f oto
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guardaboschi, il loro modo di vivere non esiste più e la loro lingua ormai non è più parlata. La loro cultura è quasi del tutto estinta ma alcune tradizioni sono ancora vive nella loro memoria, come per esempio certi rituali magici, le tradizioni sciamaniche e le canzoni runiche. Le foreste che li ospitano sono associate da sempre a un posto di magia, in cui lo spirito mistico della foresta si unisce alle tradizioni sciamaniche: le loro usanze, di rituali, incantesimi e simboli magici venivano usate all’ordine del giorno per curare gli abitanti e proteggere il villaggio dalle forze malvagie. È da quest’idea di magia che parte il fotografo cercando di diffonderla nelle foto, creando un mondo magico fittizio in cui farla rivivere. Un’altra cosa importante da sottolineare nelle foto è l’intimo rapporto di questo popolo con la natura. Ne hanno una conoscenza sciamanica che hanno portato dall’est, che li porta a credere che tutto quello che ci circonda della natura ha un anima, ogni animale e ogni parte della vegetazione e di conseguenza, se lo vogliamo, possiamo essere in grado comunicare con loro. Creare la magia nelle foto Le persone del posto sono molto orgogliose delle loro tradizioni, e sono state molto felici di raccontarle al fotografo e di farsi ritrarre nei meravigliosi ritratti che sicuramente ci aiutano nell’impresa
di tracciare una loro immagine identitaria. Ma per far conoscere la loro concezione del mondo, era importante creare un elemento di spiritualità nelle foto e parlare della loro cultura , ma come si può rappresentare fotograficamente una cultura, soprattutto quando questa è quasi estinta? La soluzione trovata da Abusdal è stata quella di introdurre nelle fotografie degli elementi del passato e di magia: come fuoco, fumo e sciamanesimo. Intrecciando nelle immagini documentazione e immaginazione, va a lavorare a un linguaggio sperimentale in cui al genere fotografico del reportage si aggiungono caratteristiche più concettuali, creando un lavoro suggestivo e carico di misticismo. È stato un lavoro molto istintivo per il fotografo ed ha cercato di mantenere lo spirito del progetto anche durante l’editing e la scelta finale delle immagini. Procedimenti concettuali Il progetto inizialmente doveva avere un estetica e un metodo di lavoro più schietto ma, con lo stretto contatto con le loro usanze, si è evoluto includendo tecniche più concettuali ed elaborate, come la messa in scena e gli interventi sulle immagini. Nelle foto, per simbolizzare la tradizione del popolo di bruciare il terreno, sono state usate delle bombe fumogene e il fuoco, a volte usato direttamente sulle immagini. Dopo averle stampate, 51
THE ARTICLE
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THE INTERVIEW
La
l o r o c u lt u r a è q u a s i d e l t u t t o
e s t i n ta m a a l c u n e t r a d i z i o n i s o n o a n c o r a v i v e n e l l a lo r o m e mo r i a
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THE ARTICLE
Le
foreste che
l i o s p i ta n o s o n o a s s o c i at e d a s e m p r e a d u n p o s to d i m ag i a
-
brucia le foto e poi le scannerizza. Sperimenta con varie carte, strumenti per bruciare ed intensità della fiamma, fino ad ottenere il risultato che desidera con il cannello da cucina per la creme brûlée. Una delle foto più suggestive della serie è presa al confine tra Norvegia e Svezia, tracciato da un chilometro e mezzo di radura spoglia dalla vegetazione, che è ad un’ora di cammino dalla strada. È stata fatta in piena notte, dopo una nevicata, aspettando da solo nel buio il momento in cui la luce della luna piena avesse illuminato perfettamente la scena e passando davanti alla camera con un’enorme torcia. Catturando la scia con una lunga esposizione, ha creato un effetto di fuoco per illustrare il modo in cui, secoli prima le foreste venivano bruciate dai Forest Finn dandoci la possibilità di visualizzare una scena del passato. Cosa definisce la nostra identità? Una parte sicuramente interessante del progetto è il modo in cui cerca di rispondere al quesito: chi è un Forest Finn? Sia in Norvegia che in Svezia è stata riconosciuta come minoranza etnica, ma il 54
criterio ufficiale su cui stabilire l’appartenenza a questa minoranza non è basato sull’etnia, l’origine o i legami di sangue, ma sul fatto di sentirsi un Forest Finn, a prescindere dalle tue origini. E le domande più generali che ci pone sono: cosa definisce la nostra appartenenza o la nostra estraneità a un paese o a un’etnia? Dopo quante generazioni smetti di essere un immigrato e fai parte della nazione che abiti? Parlare di migrazione e di appartenenza è sicuramente un discorso importante in un periodo di enormi spostamenti e in cui numerose popolazioni sono costrette a spostarsi dai loro paesi di origine verso mete in cui trovare un futuro meno incerto. Vedere le foto di un popolo nomade che porta con se la sua storia attraverso i secoli, sicuramente può farci riflettere e farci cercare una risposta meno scontata di quella che sempre più spesso ci viene proposta dalla nostra politica, una risposta che non crei una separazione netta tra gli abitanti del posto e chi cerca rifugio, una risposta che ci faccia riflettere sul fatto che ogni nazione è un insieme di diversi spostamenti e tradizioni che si sono unite per dare origine alla nostra storia.
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per simbolizzare la t r a d i z i o n e d e l p o p o lo d i bruciare il terreno, sono s tat e u s at e d e l l e b o m b e f umo g e n e e i l f u o c o .
-
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THE ARTICLE
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THE ARTICLE
58
“ l ’ a p pa r t e n e n z a a q u e s ta m i n o r a n z a n o n è b a s at o s u l l ’ e t n i a m a s u l fat t o di sentirsi un
“
Forest Finn 59
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M AGI A “Volevo trasmettere questa idea di magia, i Forest Finns vengono da Est, erano un popolo finno-ungarico, e avevano nella loro tradizione una comprensione sciamanica della natura, per loro tutto quanto quello che ci circonda nella natura ha un’anima, e quindi ci si può comunicare. Volevo includere questo elemento di magia nel progetto, e per farlo, per visualizzare il passato, ho preso quello che li definiva in primo luogo, la tecnica agricola slash and burn. Ho usato le bombe fumogene e ho usato il fuoco, e diversi elementi per portare questa sensazione nelle mie foto.” - dall ’ intervista
per l a
L eica
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CO NFINE “Quello che vedete in questa foto è il confine tra la Svezia e la Norvegia, c’è una barriera, una sorta di radura nella foresta e volevo fare questa foto per illustrare come i Forest Finns sono migrati. È sulla cima di una montagna, circa ad un’ora di camminata dalla strada, ho parcheggiato là e ho programmato questa uscita in modo da avere la luna piena, ho controllato la posizione della luna in modo che questa illuminasse la scena. Ho utilizzato una lunga esposizione e mi sono messo dei vestiti neri, poi ho camminato nella scena con in mano un’enorme torcia.” - dall ’ intervista
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per l a
L eica
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FOTOGRAFIE DI MICHELLE DE ROSE
ABOUT POPPIES â–²
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THE INTERVIEW
Michelle De Rose La v olont Ă di evader e dal l a r eal t Ă e di trov a re u n o spazi o si cu r o, do ve po t er la sc ia r flui r e i l do l o r e di st i n gu e l a po et i ca degli editor i al i di M i ch el l e de R o se. N el l e sue belli ssi m e f o t o gr af i e, l e m o del l e si im m ergo n o dent r o spazi i n co nt am i n at i per perder si i n u n a do l ce di m en si o n e a metĂ tra il so gn o e l a vegl i a, r i co r dan do ci c he poss i am o t u t t i t r o var e u n m o do per r i co m i n ci ar e a so gn ar e.
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THE INTERVIEW
“ n o m at t e r w h at e m o t i o n you’re confronting with, n at u r e i s a way to e s c a p e i n to .
”
en glis h
1. How did you found out your love for photography? And what does photography means for you? I was always attracted to art , when I was little I used to draw in black and white, but I gave up when I began a depressive stage of my life. Then I started to write poems, short stories that no one could have understood. After there were no words anymore…I discovered photography. At the beginning simple selfies and then I have met a beautiful soul that inspired me and helped me to be fearless when it comes to pursue my dreams: my friend Codruta, who is also a model. So, photography was born out of sadness and melancholy. Sadness is a blessing, sadness is my happiness. Photography is an expression of veiled emotions, emotions that wait, day by day to escape. 2. Your photographs are mostly of girls portrayed in nature, what is the message you want to share? Nature, as the human being, is uncertain, wild, cool, comforting. I think that, no matter what emotion you’re confronting with, nature is a way 66
to escape into. The girls that are portrayed in nature often experience the feeling of escaping, a décor where you can express yourself. You can walk your fingers through the wet soil, you can feel the cold wind, dry leaves at your feet, the rain, the burning sun. Such a sweet escape! 3. You
are originally from
Brasov,
a place
surrounded by mountains, how has it influenced your work and your style?
What
is your
relationship with nature, and how much is important to you?
I think Brasov is my favorite city, but I wouldn’t return to live there. Kind of strange, no? Anyway, Brasov is a big source of inspiration because of it’s endless possibilities : nature in almost all forms. When I was little I used to go into the woods, to walk a lot through and endless road of trees, because I wanted to escape-at least temporarily from home. But after that sad stage of my life, after I finished high school I moved to Italy. But now I live in Constanta, in Romania, by the sea. My relationship with nature is unbreakable. As I said in the previous question, nature is my refuge where I can escape into. Is a place where I can cry, dance, write and no one can see me.
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ABOUT POPPIES â–²
4. Which
one from the masters of the past,
photographers and other kind of artists, has influenced your photography?
I loved Pre- Raphaelite paintings, it inspired me so much in finding my style, so I started looking in the mirror and studying tiny details that I loved like the position of the hands, hair, head. Later I discovered Monia Merlo and was impressed by her photography and then also Marta Bevacqua and Mira Nedyalkova. 5.What
is your typical camera and lighting
set up on a shoot? your workflow?
Can
you tell us about
My camera is a DSLR Nikon D7000, as for lightning set up on a shoot…as I don’t have the money to buy proper things for a studio, I use simple lightbulbs and try to make the best of it. In general, I like photos whit natural light, so I don’t use extra things. 6. Can you talk us about your last series “About Poppies”? What’s the story of this editorial? What was the most difficult part of the shooting? I would love to quote what Lone Wolf Magazine wrote about my editorial that explains better than I could do it myself the story behind: For over a hundred years poppies have symbolized war, survival and rebirth. Poppies, after all, were the only flowers to grow on battlefields during the first world war. The eerie wind-swept quality of the photos, combined with the prevalence of death’s flowers, and the model’s sleepy expression, captures something of Heather Burns’ poem, Riding the Wind: “My mind wandered aimlessly to another place and time far away in the distance heard the wind gathering rhymes. The miracle of the wind called me as it galloped through the meadows come my darling stay with me lets ride the wind together.” The most difficult part of the shooting was the intense heat, the model , Diana Toma, was very patient but was suffering because of the burning sun and I think that sleepy face that the model had was also because of the sun, haha. Also, moving all the objects in the field was challenging , but I think it was worth it in the end. 68
i tali an o
1. Come hai scoperto il tuo amore per la fotografia? E cosa significa la fotografia per te? Sono sempre stata attratta dall’arte, quando ero piccola di solito facevo disegni in bianco e nero, ma ho smesso quando è iniziata una fase depressa della mia vita. Quindi ho iniziato a scrivere poemi, storie brevi che nessuno avrebbe potuto capire. Dopo di che non c’erano più parole... ho scoperto la fotografia. All’inizio erano dei semplici autoritratti e allora ho incontrato una persona meravigliosa che mi ha ispirato molto e m ha aiutato a non aver paura quando si tratta di inseguire i miei sogni: la mia amica Codruta, che è anche una modella. Così, la fotografia è nata dalla tristezza e dalla melanconia. La tristezza è una benedizione, la tristezza è la mia felicità. La fotografia è espressione di emozioni velate, emozioni che aspettano, giorno dopo giorno, di uscire. 2. Le
tue fotografie sono per lo più di ragazze
ritratte in mezzo alla natura, qual’è il messaggio che vogliono trasmettere?
La natura, come l’essere umano, è incerto, selvaggio, eccezionale, confortante. Penso che, nonostante quale emozione stai affrontando, la natura è una via di fuga. Le ragazze ritratte in natura spesso sperimentano la sensazione di fuggire, un décor dove ti puoi esprimere. Puoi muovere le dita sulla terra umida, puoi sentire il vento fresco, foglie secche sotto i tuoi piedi, la pioggia, il sole cocente. Che dolce via d’uscita! 3. Sei originaria di Brasov, un posto in mezzo alle montagne, in che modo ha influenzato il tuo lavoro e il tuo stile? Qual’è la tua relazione con la natura, e quanto è importante per te? Penso che Brasov è la mia città preferita, ma non tornerei a vivere lì. Strano, no? Comunque Brasov è un enorme fonte di ispirazione a causa delle sue infinite possibilità: la natura in tutte le sue forme.
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DR EAM GAR DEN â–²
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ABOUT POPPIES â–²
“ Per
o lt r e c e n to
a n n i i pa pav e r i h a n n o s i m b o l e g g i ato l a g u e r r a , l a s o p r av v i v e n z a e l a r i n a s c i ta .
” Quando ero piccola di solito andavo nei boschi, per camminare a lungo attraverso le strade di alberi infinite, perché volevo scappare, almeno temporaneamente, da casa. Ma dopo quel periodo triste della mia vita, dopo aver finito il liceo mi sono trasferita in Italia. Ora vivo in Costanta, in Romania, vicino al mare. La mia relazione con la natura è indistruttibile. Come ho detto nella domanda precedente, la natura è il mio rifugio dove posso nascondermi. È un posto dove posso piangere, ballare, scrivere e nessuno può vedermi. 4. Quali
dei maestri del passato, fotografi o
altri tipi di artisti, hanno influenzato le tue fotografie?
Amo i dipinti dei Preraffaelliti, mi hanno ispirato veramente molto nella ricerca del mio stile, così ho iniziato a guardarmi allo specchio e studiare i piccoli dettagli che amavo, come la posizione delle mani, dei capelli o della testa. Più tardi ho scoperto Monia Merlo e sono rimasta impressionata dalle sue fotografie e allora ho scoperto anche Marta Bevacqua e Mira Nedyalkova. 5. Qual’è
il tuo classico equipaggiamento
di camera e luci per uno shooting? parlare del tuo flusso di lavoro?
Ci
puoi
La mia camera è una DSLR Nikon d7000, per l’illuminazione negli shooting, siccome non ho la disponibilità economica per comprare le attrezzature adeguate per uno studio, uso delle semplici lampadine e provo ad ottenerne il massimo. Generalmente, mi piacciono le fotografie con luce naturale, quindi di solito non uso altri accessori.
6. Puoi parlarci della tua ultima serie “About Poppies”? Qual’è la storia di questo editoriale ? Q ual ’ è stata la parte più complicata dello shooting ? Mi piacerebbe citare quello che ha scritto Lone Wolf Magazine sul mio editoriale che spiega la sua storia meglio di come lo farei io stessa; Per oltre cento anni i papaveri hanno simboleggiato la guerra, la sopravvivenza e la rinascita. I papaveri, dopo tutto, erano gli unici fiori che crescevano sui campi di battaglia durante la prima guerra mondiale. La qualità delle foto, meravigliosamente spazzate dal vento, assieme alla prevalenza di fiori della morte e l’espressione assonnata della modella, cattura qualcosa del poema di Heather Burns, Riding the Wind: “La mia mente vagava senza meta in un altro tempo e spazio via lontano, nella distanza sentii il vento raccogliere rime. Il miracolo del vento mi ha chiamata mentre galoppava attraverso le praterie, vieni mia cara resta con me, cavalchiamo il vento insieme.” La parte più difficile dello shooting è stato il caldo intenso, la modella, Diana Toma, era veramente paziente, ma stava soffrendo a causa del sole cocente e penso che la faccia assonnata della modella sia anche dovuta al sole. Inoltre, spostare tutti gli oggetti nel campo è stata una bella sfida, ma penso ne sia valsa la pena alla fine! 71
ABOUT POPPIES â–²
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THE INTERVIEW
ABOUT POPPIES â–²
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SECR ET PLACES â–²
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WHEN I SEE PUR ITY â–²
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LOST DR EAMS ABOUT WATER â–²
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THE INTERVIEW
SENZA TITOLO â–²
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FOTOGRAFIE DI RONA KELLER
VAST AND OVERWHELMING, ALL IN MY HEART â–²
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THE INTERVIEW
//rona keller
u n i m m ag i n a r i o sognante e ricco di connessioni c o n i l mo n d o d e l l a n at u r a 79
Fotogra fa di m o da e f i n e ar t , c rea nelle su e f o t o gr af i e del l e sc ene irreal i e so gn ant i , cu r an do minuziosa m ent e o gn i det t agl i o per renderc i un i m m agi n ar i o cr edi bi l e m a a l tem po st esso f ant ast i co. I suoi la v ori so n o spesso am bi ent at i in c ontesti n at u r al i e l e m o del l e. I suoi la v ori so n o spesso am bi ent at i in c ontesti n at u r al i e l e m o del l e.
en glis h
1. The
subjects of your photographies are
mostly yourself and other people you love, is it a kind of photographic diary?
Can
describe us the meaning of your work?
you
My way of taking photographs is very documentary, although that doesn’t always correspond to the way I photograph – especially self portraits are rather non documentary in the technical sense, since they take a lot of time to set up and I can never photograph myself ‘in the moment’. But everything and every one I photograph means something to me in that moment in time, and my photographs are a way of capturing what I feel. I take photographs in order to try and grasp who I am as a person, what my interests and thoughts are, what gives me comfort, and mostly to remember. Yes, first and foremost, my work is a very personal diary. 2. In
your photographs people are never por-
behind or in a expressive environment.
What
your approach to portrait photography?
is
I find head on portraits to be very intimate, which is why I don’t photograph a lot of people in that way. I need to really know someone to feel comfortable taking their photograph in the first 80
3. Nature sure has a strong presence in work, is it an ispiration for you? What is your relationship with nature?
your
Nature was a huge inspiration to me when I first got into photography ten years ago, and still is to this day.
AUTUMN IN THE CITY ▲
traied in a conventional way, but rather from
place, and, simply put, there aren’t many situations in my life where it feels right to take conventional portraits. My approach to photography is almost always rooted in the thought “I want to remember this”, which means that I want to take a photograph that will convey the feeling of the situation when I look back on it later in life. Taking a close-up portrait of someone often disturbs and thus alters the moment, because most people change the way they act once they become aware of the camera. Aside from that, most of the time I associate surroundings, clothes and ‘accessories’ (such as backpacks, cameras, a cup of coffee, a picnic blanket, food, etc.) with a certain moment, which is why I often portray these things in the photographs I take, together with the person who the focus is on. Taking documentary photographs, for me, means being as quick , or unobtrusive, as possible to capture the moment, and sometimes having to accept certain boundaries that were set by the situation.
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AUTUMN IN THE CITY â–¼
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ALMOST AUTUMN IN THE CITY â–²
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I
h av e l e a r n e d
t h at j u s t l i k e t h e seasons,
I
to o c h a n g e
throughout the year.
Over the years, I have learned that just like the seasons, I too change throughout the year. Sometimes I photograph an autumn tree full of yellow leaves or an early spring flower just because I find it beautiful, but most of the time what I want to capture is more about the way I feel during that moment. I connect a lot of these feelings not only to certain places, but also to signs of the seasons. The way my home feels in mid November, when the cold wind brushes the outside of the house and inside it is cosy and warm. The bright light of a spring day in March, when the rays of sunlight are warm again. A snowy landscape on top of a mountain in the French Alps in mid winter. Summer rain against green leaves. A bare forest in December, holding only the last brown leaves of the birch trees. Sunflower fields in September, sunflowers for my birthday. So many of my memories feature a part of nature, and being in nature always eases my soul when I feel restless or stressed. 4. Do
you mostly love analogic or digital
photography? photographs?
What’s
the difference in taking
I love both for different reasons. I love the possibilities of digital and the rawness of film. Since I am quite a perfectionist, sometimes it can be a little stressful to take digital photographs, because I hardly ever know when to stop. In those moments I am thankful for the simpleness of film and that I can let the moment go as soon as
I captured it, since I can’t check what the photograph looks like right away. I have also learned to embrace and appreciate the imperfections of film photographs, like light leaks and cut-off images. I love both when a photograph looks exactly like I pictured it, and when it completely surprises me after getting the film developed. I just don’t love when it doesn’t come out at all, but that very rarely happens. If I had to choose between the two it would always be film, because for whatever reason, film photographs have always felt more like memories to me. 5. What kind of lens do you use the wide-angle or classic portrait lens?
most,
In both digital and film photography, my most used lens is the 50mm f/1.4, bus I also really like the focal length of the 35mm. I don’t ever use wide-angle lenses, except for when I take photographs with my iPhone. 6. What
is most important for you in a
photograph?
The photographs that mean the most to me are the ones that make me feel and transport me right back to the moment when I took them. The photographs I hold close to my heart are always memories of a time in my life, a feeling, a thought, a friendship, something that made me think – as previously mentioned – “I want to remember this”. 85
AUTUMN IN THE CITY â–²
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7. Which
from the photographers of the
past have influenced your style?
I wouldn’t say that any well-known photographers have influenced my style. When I first got into photography, I was inspired by people I met through deviantart and flickr. I like the personal aspect of photography, and always found most famous photographs to be too distant to really grasp them. I like hearing the story behind the image, and focusing on the little things. I have a photography book form Annie Leibovitz, which I really like for that reason, since it gives a lot of insight into what lies behind her work. But the people who really inspire me are people like you and me, who happen to share glimpses into their lives on the internet. They are the ones who have shown me the way to finding out what kind of photographs I like and what it is that I want to hold onto. My editing style was inspired by a few matte toned photographs I saw, but mostly by colours and tones I am drawn to in nature, by autumn days and feelings I have about home and nostalgia, comfort and cosiness.
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▲
THAT IS WHAT NOVEMBER FEELS LIKE
8. Besides
photography, do you have any
other interests?
I love snowboarding and the way it makes me feel. Journaling and writing, binding books and reading. Writing letters and having meaningful conversations with loved ones (and sometimes strangers) over a glass of wine. Sitting in a café to think and write and stare at the world. Travels that make me find a piece of myself and brief encounters with people who inspire me in some way. Moments shared with friends, as well as in solitude. I used to go running a lot, but nowadays i prefer to walk through the woods and home workouts instead. 9. How
would you describe your style
in three words?
Autumnal, warm and cosy. ♦
THIS HOME OF MINE ▲
i tali an o
1. I
soggetti nelle tue fotografie sono per-
lopiù autoritratti e ritratti delle persone che ami, è una specie di diario fotografico?
Puoi
descriverci il significato del tuo lavoro?
Il mio modo di scattare fotografie è perlopiù documentaristico, malgrado non sempre corrisponde al modo in cui fotografo: specialmente gli autoritratti sono perlopiù non documentaristici in senso tecnico, dato che ci vuole un po di tempo per allestirle e non posso mai fotografarmi sul momento. Ma ogni cosa e persona che fotografo significa qualcosa per me in quel preciso momento, e le mie fotografie sono un modo di catturare quello che provo. Faccio fotografie in modo da capire chi sono come persona, quali sono i miei interessi e i miei pensieri, cosa mi da conforto, e le cose da ricordare. Si, prima di tutto il mio lavoro è un diario personale. 2. Nelle tue fotografie le persone non sono mai ritratte in modo convenzionale, ma piuttosto da dietro o in un ambiente che le esprime. Quale è il tuo approccio alla fotografia di ritratto?
Credo che i primi piani siano molto intimi, ed è questo il motivo per il quale non fotografo molte persone in quel modo. Ho comunque bisogno di conoscere veramente bene una persona prima di sentirmi a mio agio nel fargli delle fotografie, e , mettendola in modo semplice, non ci sono molte situazioni nella mia vita in cui mi sembra giusto fare ritratti convenzionali. Il mio approccio alla fotografia è quasi sempre riassunto nel pensiero “Me ne voglio ricordare”, quindi vuol dire che voglio fare una fotografia che possa trasmettere la sensazione del momento quando la riguardo più avanti negli anni. Scattare un ritratto ravvicinato di qualcuno spesso disturba e quindi altera il momento, perché la maggior parte delle persone cambia il modo di reagire una volta che si rende conto della fotocamera. A parte questo, la maggior parte delle volte associo l’ambiente, i vestiti e gli accessori (come zaini, camere, una tazza di caffè, una copertina da picnic, cibo, etc.) con un determinato momento, ed è per questo che spesso ritraggo queste cose nelle fotografie che faccio, insieme alla persona su cui mi focalizzo. Fare fotografie documentaristiche, per me, vuol dire essere veloci , o discreti, il più 89
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l e f oto g r a f i e in pellicola mi sono s e m p r e s e m b r at e di più dei ricordi
-
possibile per catturare il momento, e qualche volta bisogna accettare certi limiti che ci sono a causa della situazione. 3. La
natura è molto presente nel tuo lavoro,
è una fonte d’ispirazione per te? ne hai con la natura?
Che
relazio-
La natura è stata un enorme ispirazione per me, (sia quando ho incominciato dieci anni fa, sia oggi) quando all’inizio ho cominciato a fotografare dieci anni fa, e ancora lo è oggi. Attraverso gli anni, ho imparato che proprio come le stagioni, anche io cambio nel corso dell’anno. Qualche volta fotografo un albero autunnale pieno di foglie gialle o uno dei primi fiori della primavera solo perché li trovo meravigliosi, ma la maggior parte delle volte ciò che voglio immortalare è più il modo in cui mi sento in quel momento. Collego un sacco di questi sentimenti non solo a certi posti , ma anche ai segnali della natura. La sensazione di casa mia a metà Novembre, quando il vento freddo spazza l’esterno della casa e dentro è accogliente e caldo. La forte luce di un giorno di primavera in Marzo, quando i raggi del sole sono di nuovo caldi. Un paesaggio 92
innevato sulla cima delle montagne nelle Alpi francesi nel mezzo dell’inverno. La pioggia estiva contro le foglie verdi. Una foresta spoglia in Dicembre, che trattiene solo le ultime foglie marroni sulle betulle. 4. Preferisci la fotografia analogica o digitale? Che differenza c’è nel fare fotografie? Adoro entrambe, per motivi differenti. Adoro le possibilità del digitale e la crudezza della pellicola. Siccome sono abbastanza una perfezionista, qualche volta più essere un po’ stressante fare foto digitali, perché difficilmente so quando fermarmi. In quei momenti sono grata per la semplicità della pellicola e che posso lasciar andare il momento così come l’ho scattato e apprezzare le imperfezioni delle foto analogiche, come le light leaks e le immagini tagliate. Amo sia quando le fotografie sembrano esattamente come le ho immaginate, sia quando mi sorprendono completamente una volta che ho sviluppato la pellicola. Non amo solamente quando non escono per niente, ma quello succede davvero raramente. Se dovessi scegliere tra le due sceglierei sempre la pellicola, perché per qualsiasi ragione, le fotografie in pellicola mi sono sempre sembrate di più dei ricordi.
THE INTERVIEW
LINGER ING IN THE MOMENT, // January 2015 ▲
A MID WINTER WALK // early February 2015 ▲
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AUTUMN IN THE CITY â–²
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5. Che
tipo di lenti usi maggiormente, gran-
dangolari o lenti da ritratto classiche?
Sia con il digitale che con la pellicola, le lenti che uso di più sono il 50 mm f/1.4, ma mi piace veramente tanto anche la lunghezza focale del 35mm. Di solito non uso lenti grandangolari, tranne quando scatto foto col mio iPhone. 6. Cosa
pensi sia più importante in una
fotografia?
Le fotografie che sono più importanti per me sono quelle che mi fanno sentire come nel momento che le ho scattate, che mi trasportano. Le fotografie che tengo vicino al mio cuore sono sempre ricordi di un periodo della mia vita, un sentimento, un pensiero, un amicizia, qualcosa che mi fa pensarecome già ho detto- “voglio ricordare”. 7. Quali
tra i fotografi del passato hanno
influenzato il tuo stile?
Non direi che qualche fotografo famoso ha influenzato il mio stile fotografico. Quando all’inizio ho cominciato a fotografare, mi ispiravo a una persona che ho conosciuto tramite Deviantart e Flickr. Mi piace l’aspetto più personale della fotografia, e di solito trovo i fotografi più famosi troppo distanti da questo aspetto per poterli comprendere/afferrare. Mi piace sentire la storia dietro l’immagine e focalizzarmi sulle piccole cose. Ho un libro di fotografie di Annie
Liebovitz, che veramente amo per questo motivo, dato che da parecchi approfondimenti su cosa c’è dietro al suo lavoro. Ma le persone che veramente mi ispirano sono persone come te e me, a cui capita di condividere parti di vita su internet. Sono loro che mi hanno fatto vedere come trovare il tipo di fotografie che mi piacciono e a cosa voglio far riferimento. Il mio stile di editing è stato ispirato da un po di foto con toni matte che ho visto, ma soprattutto dai colori e dalle tonalità che ritraggo in natura, nei giorni d’autunno e i sentimenti di comfort, nostalgia e intimità che provo a casa. 8. Accanto alla fotografia, hai altri interessi? Amo lo snowboard e il modo in cui mi fa sentire. Tenere un diario (o blog?) e scrivere, rilegare libri e leggere. Scrivere lettere e avere conversazioni significative con i miei cari (e a volte sconosciuti davanti a un bicchiere di vino. Sedersi a un caffè per pensare e scrivere e osservare il mondo. Viaggi che mi fanno trovare un pezzo di me e brevi incontri con persone che mi ispirano in qualche modo. Momenti condivisi con amici, così come momenti in solitudine. Andavo a correre un bel po, ma adesso piuttosto preferisco passeggiare nei boschi e fare esercizi a casa. 9. Come
descriveresti il tuo stile fotografico
in tre parole?
Autunnale, caldo ed intimo. ♦
ispirano sono persone come t e e m e , a c u i c a p i ta d i c o n d i v i d e r e pa r t i d i v i ta 96
-
THE COLOUR S OF FEBRUARY ▲
le persone che veramente mi
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FULL SHADE/ HALF SUN p h oto g r a p h g r a n t s d e l
2017
v i n c i to r e d e l p r e m i o wom e n
FOTOGRAFIE DI NÉHA HIRVE
THE ARTICLE
NÉHA HIRVE La
serie analogica
F ull S hade / H alf S un
N éha H irve S adhana F o -
dell a fotografa
ci racconta dell a meravigliosa vita dell a comunità del
rest , un gruppo di volontari per l a riforesta zione di una orm ai deserta foresta dell ’I ndia sud - orientale .
V icina
all ’ utopica cit tà di
A uroville ,
l a foresta , un tempo impenetrabile , è stata ridot ta quasi come un de serto .
I
volontari arrivano in questa terra sopratut to per interrompere
l a quotidianità delle loro vite e per cercare di ritrovare il significato dell ’ esistenza , conducendo uno stile di vita sostenibile .
La landa dove ora si trovano i volontari, che sorge nello stato federale indiano di Tamil Nadu, originariamente era una folta e vibrante foresta tropicale. Ma con l’arrivo degli inglesi e dei francesi, che colonizzarono l’india e devastarono la foresta per costruire delle nuove città, l’equilibrio della foresta cominciò a vacillare. L’estate prosciugava il terreno e per via dei problemi di scarsa idratazione, le piante non riuscirono più a crescere. Nel 2003 però arrivò un piccolo gruppo di persone e tra queste c’era il fondatore della Sadhana Forest, Aviram Rozin che con la moglie aveva deciso di dare una scossa alla propria vita aziendale viaggiando alla scoperta delle meraviglie
dell’India, sopratutto attratto dalle sue verdi foreste. Ma viaggiando per l’India, si rese conto della crescente deforestazione del paese, ed arrivato ad Auroville trovò molte altre persone che come lui avevano a cuore questo argomento. Si insediarono nella zona dove ancora oggi lavorano, piantando alberi per ripararsi dal sole scottante, costruendo capanne dove vivere con l’aiuto delle persone del posto e cercando di costruire uno stile di vita sostenibile e capace di ridare senso alla vita di queste persone, che nella quotidianità l’avevano perduto. Cercarono di far crescere piante commestibili e piante in via d’estinzione, raccogliendo semi della vegetazione locale. 99
THE ARTICLE
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Uno stile di vita sostenibile
La fotografa
Dopo oltre dieci anni, da poche famiglie sono diventati una comunità di 2 mila persone, molte delle quali si sono stabilite con loro mentre altre vanno e vengono. A volte questo dipende anche dalla stagione, solitamente la comunità cresce durante la stagione dei monsoni. Chiunque voglia vivere un periodo nella Sadhana Forest deve però adeguarsi alle regole che garantiscono uno stile di vita sostenibile, anche solo per il periodo di permanenza. Va adottata una dieta vegana e basata su produzioni di origine locale, ci si impegna per risparmiare l’acqua ed evitarne un consumo eccessivo e per cercare di riciclare ogni materiale utilizzato. Ancora oggi vivono nelle capanne da loro costruite e utilizzano solamente energia solare. Dopo la riforestazione, l’educazione ambientale e lo stile di vita ecologicamente responsabile e sostenibile sono i loro obiettivi principali e i membri della comunità provano a coinvolgere il maggior numero possibile di bambini e ragazzi del posto, nella speranza di renderli consapevoli della necessità di salvare questa tipologia di foresta, la foresta tropicale secca, attualmente in via di estinzione e di riportarla ad uno splendore che drammaticamente le nuove generazioni non possono conoscere. È molto importante, per i fondatori della Sadhana Forest, anche il recupero del rapporto con l’ambiente e con la natura. Nel 2010 hanno vinto il terzo posto del premio danese Humanitarian Water and Food Award, consegnato loro dall’ambasciatore indiano della Danimarca, un riconoscimento internazionale per la qualità del lavoro ecologico e umanitario svolto dall’associazione in India.
Néha Hirve, la fotografa, è basata a Stoccolma e lavora principalmente a progetti fotografici a lungo termine. È molto interessata alla relazione fra l’uomo e l’ambiente naturale che lo circonda, oltre che alle comunità alternative che rompono con le regole della società, e cerca di documentare con la fotografia il loro mondo e il rapporto di vicinanza con la natura. Con la serie Full Shade/ Half Sun, ha vinto il premio Women Photograph Grants del 2017. Full Shade/ Half Sun Inizialmente, era interessata a fare un progetto fotografico sulla città universale di Auroville, molto vicina alla foresta. Auroville è una città fondata nel 1968 da Mirra Alfassa, sulla visione del filosofo e mistico indiano Sri Aurobindo. È basata sull’ideale dell’unità umana ed è quindi una città utopica dove ogni persona viene accolta a prescindere dalla nazionalità, dal credo religioso o le tendenze politiche e può vivere in pace ed armonia con il resto della comunità. Ma una volta arrivata lì, la fotografa si rese conto che sarebbe stato un progetto molto lungo e quindi non realizzabile in soli due mesi, a quel punto si imbatte però nella vicina Sadhana Forest. Si innamora subito di questa comunità e decide fin dalla prima visita di realizzare un progetto fotografico su di loro, decide quindi di passare due mesi nella foresta. Il titolo della serie Full Shade/ Half Sun è stato scelto da un modo di dire usato dai membri: vuol dire che nella foresta ci sono diversi tipi di piante autoctone, alcune crescono meglio in pieno
“ è mo lto i m p o r ta n t e , p e r i f o n d ato r i d e l l a s a d h a n a forest, anche il recupero del r a p p o r to c o n l ’ a m b i e n t e e c o n l a n at u r a .
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THE ARTICLE
“ h a p r e f e r i to av e r e u n a p p r o c c i o p i ù f i lo s o f i c o , c h e pa r l a s s e d e l r a p p o r to d i q u e s t e p e r s o n e c o n l a f o r e s ta
“
sole, altre in piena ombra, mentre alcune hanno bisogno sia di sole che d’ombra. La serie fotografica unisce elementi di fotografia documentaria e di fotografia artistica e cerca di esprimere, tramite le fotografie, la sensazione di spiritualità e di magia che ha provato stando con loro. Nel progetto, invece che concentrarsi sul loro stile di vita e sulla loro routine, ha preferito avere un approccio più filosofico, che parlasse del rapporto di queste persone con la foresta, sottolineandolo tramite l’uso di metafore e simboli. Influenze fotografiche La serie è stata realizzata utilizzando principalmente la fotografia analogica, il che ha reso il procedimento molto più lento, ma anche più ragionato: la fotografa ha impiegato più tempo a pensare alla composizione e al modo di ritrarre le persone coinvolte. Siccome non era possibile, non lavorando in digitale, far vedere fin da subito i risultati delle fotografie, per dare un idea del lavoro finale
alle persone ritratte, la fotografa ha deciso di portare con sé delle stampe della serie Broken Manual di Alec Soth. Il libro di Soth, che è stato la principale fonte d’ ispirazione da cui è partito il lavoro di Neha Hive, è un lavoro fotografico che si propone come una guida per le persone che cercano un riparo dalla moderna civilizzazione, e alterna dei bellissimi ritratti a delle fotografie degli ambienti che queste persone abitano. Ovviamente anche avendo scelto questo lavoro come maggior influenza, il progetto si è poi evoluto organicamente insieme all’esperienza della fotografa. Oltre che da Alec Soth, la fotografia di Néha Hirve è stata influenzata, da altri fotografi come Morgan Ashcom, che nella sua serie Leviathan parla di una remota cittadina dell’Ohio, a sud degli stati uniti, e Bharat Sikka, un fotografo indiano che documenta, tramite un approccio fine art, l’India contemporanea. Con la sua serie fotografica, Néha Hirve spera di far conoscere alle persone un modo diverso di vivere e di concepire l’esistenza, e di spingerle a cercare se stesse, costruendo il proprio piccolo paradiso. ♦ 105
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“ cerca di esprimere, t r a m i t e l e f o to g r a fie, l a sensa zione di spiritualità e di m ag i a c h e h a p r o vato s ta n d o c o n lo r o .
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FOTOGRAFIE DI EKATER INA IGNATOVA
EDEN â–²
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EKATERINA IGNATOVA
Tinte e giochi di luce tenui si uniscono a rimandi al mondo classico dei prer affaelliti -
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EDEN â–²
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Dei ritratti eterei e delicati dal gusto classico. Un uso della luce magistrale e dalle sfumature velate e per fettamente omogenee, Ekaterina Ignatova ci coinvolge e ci traspor ta in un mondo sognante e romantico dal quale restiamo profondamente rapiti.
1. Come hai iniziato a fotografare? E quando hai deciso di diventare una fotografa professionista? Sono appassionata di fotografia da quando ero piccola, ho avuto la mia prima macchina fotografica dall’età di 12 anni, facevo i primi esperimenti fotografici con le mie amiche fino all’età di 19 anni, quando decisi di volermi dedicare al cinema. Il mio sogno era diventato quello di diventare direttore della fotografia. Purtroppo non sono riuscita a inserirmi nell’ambiente cinematografico, ed è allora che decisi di riprendere in mano la macchina fotografica, due anni a questa parte continuo a inseguire il sogno di diventare una fotografa di successo. 2. Potresti
parlarci della tua poetica e del tuo
immaginario? che tipo di soggetti preferisci?
E
quali sono gli aspetti più importanti nella
fotografia secondo te?
Sono sempre stata appassionata di arte classica, pittori preraffaelliti e rinascimentali sono sicuramente un mio punto di riferimento. I miei soggetti preferiti sono giovani donne e ragazze dall’aspetto delicato e innocente. Mi piace rappresentarle in pose ed espressioni eteree, aggiungendo qualche dettaglio per rendere interessante lo scatto. Non amo contaminare la bellezza naturale dei 115
THE INTERVIEW
“ So n o s e m p r e stata ap pa ssi o nata d i art e cl a ssi ca ”
visi e dei corpi, per questo le mie modelle sono sempre senza trucco. Un altro aspetto che mi piace curare nella mia fotografia sono gli abiti: spesso si tratta di abiti vintage da me selezionati appositamente per la modella. 3. Credo
che uno degli aspetti che colpisce
delle tue fotografie è sicuramente il modo in cui usi la luce.
Preferisci
Come
gestisci questo aspetto?
usare luce naturale o artificiale?
Non sono un’amante di luci artificiali, nei miei scatti raramente ne faccio uso. Preferisco utilizzare luce naturale. Quando sono in ambienti chiusi gioco con le tende o le tapparelle per ottenere l’effetto della luce desiderato. All’aperto invece preferisco scattare in giornate nuvolose per non avere il sole diretto. 4. Che
camera usi al momento e quali sono i
tuoi obiettivi preferiti?
Al momento la camera che uso è una Canon 5D MKII e i miei obbiettivi preferiti sono il 50mm e 85mm 5. Le
tue fotografie hanno un fascino molto
classico, a volte nelle pose ricordano dei dipinti.
Quali
Dove
trovi maggiormente ispirazione?
artisti e fotografi preferisci?
Come ho accennato prima amo l’arte e i dipinti, spesso mi ritrovo a sfogliare i miei libri d’arte prima degli shooting. I fotografi che mi ispirano maggiormente sono Tim Walker, Yelena Yemchuk, Annie Leibovitz e le italiane Marta Bevacqua e Monia Merlo. ♦ 116
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MY FAVOUR ITE DOLL â–²
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BUTTER FLY â–²
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BUTTER FLY â–²
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ALL ABOUT FLOWER S â–²
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VISIONS OF JOANNA â–²
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ἈΣΤΡΑΙ͂A ▲
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PEAR L TEAR S â–²
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DILETTA â–²
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DILETTA â–²
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FOTOGRAFIE DEI THE HENDRYS
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THE Romantiche f u gh e d’a mor e i n mer avi gli osi scena ri da t u tto i l mo n d o.
HEN DRYS 127
E lo p e m e n t s i n Scotl and with t h o s e o h - s o mo o dy w e at h e r c o n d i t i o n s a r e r e a l ly g r e at !
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Fotogra fa r e m at r i m o n i e f i dan zam ent i in giro per i l m o n do, t r a m er avi gl i o se c a tene m o nt u o se e acco gl i ent i f o r est e. È questo i l l avo r o dei Th e Hen dr y s, una c oppi a di gi o van i dest i n at i o n wedding ph o t o gr aph er s: o ssi a dei fotogra fi ch e si spo st an o i n gi r o per i l m ondo pe r r i t r ar r e l a co ppi a di n o vel l i sposi in m et e m er avi gl i o se, da l o r o sc el t e per l a cer i m o n i a.
en glis h
1. How
did you became
graphers?
Wedding Photo-
We started wedding photography back in 2011 which all came about through an advert we placed on Gumtree! We didn’t think we would get anywhere with it and were quite surprised when we had a couple get in touch wanting to book, and that was off the back of some random non-wedding portraits we had done! They didn’t seem bothered that we had never shot a wedding, which was pretty cool. It all took off from there, big time. 2. What
are the most amazing places you
visited for work?
Some of our favourites include Lapland, Amalfi Coast, Los Angeles and the Isle of Skye. All awesome (and very different!) locations. 3. What
is the ideal type of shooting for you?
We love shooting outdoor weddings and especially when the light is slightly muted. Elopements in Scotland with those oh-so moody weather conditions are really great! 129
L e f u g h e d ’ a mo r e i n Scozia, con quel clima così malinconico, 4. What
is the best part of your work?
sono veramente fa n ta s t i c h e !
Meeting new people, getting to work in the most amazing locations and venues and capturing happy couples! It really is a brilliant occupation and sure beats working in an office from 9-5 everyday. 5. What
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is your typical camera and lightning
setup on a shoot?
We use 5D Mark III’s with 35mm and 85mm lens, with the occasional 24mm shot! We tend to use natural light to our advantage and only use on-camera flash when the situation requires it, i.e. darker venues and low light conditions. We will then try to mix it up by using slow sync for some cool effects, because, let’s face it, flash photography isn’t the most exciting! 6. Which
photographers or artists most influen-
ced your style?
When we started out we drew influence from the likes of David Alan Harvey and Ansel Adams and also loved the simple, raw, honest and sometimes utterly hilarious work of Martin Parr. We are also inspired by Wes Anderson and his use of symmetry, colour and nostalgia with melancholy undertones and an overall whimsical nature. He’s just brilliant.
i tali an o
1. Come siete diventati Wedding Photographers? Abbiamo iniziato a lavorare con la fotografia di matrimoni nel 2011, tutto è avvenuto tramite un annuncio che abbiamo messo su Gumtree! Non avevamo idea di dove avrebbe potuto portarci e fummo abbastanza sorpresi quando ci contattò una coppia per prenotare, e l’abbiamo ottenuto solo tramite dei ritratti normali che avevamo fatto! Non sembravano scocciati del fatto che non avevamo mai fotografato ad un matrimonio, il che era una figata. È iniziato tutto da lì, che successo! 2. Quali
sono i posti più belli che avete visitato
per lavoro?
Tra i nostri preferiti ci sono la Lapponia, la costiera Amalfitana, Los Angeles e l’isola di Skye. Tutti posti meravigliosi e veramente diversi. 3. Qual’
è il tuo tipo ideale di shooting?
Amiamo scattare foto di matrimoni all’aria aperta e soprattutto quando la luce è leggermente smorzata. Le fughe d’amore in Scozia, con quel tempo così malinconico, sono veramente fantastiche! 130
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4. Qual’
è la parte migliore del tuo lavoro?
Incontrare persone nuove, riuscire a lavorare nelle location e negli edifici più stupefacenti e ritrarre coppie felici! È sicuramente una splendido lavoro, sicuramente meglio che lavorare in un officio dalle 9 alle 5 di ogni giorno. 5. Qual’
è il vostro set up ideale per uno
shooting?
Usiamo una 5D Mark III con obiettivi da 35mm e 85mm (occasionalmente usiamo anche il 24mm!). Di solito usiamo a nostro vantaggio la luce naturale e usiamo il flash on-camera solo quando la situazione lo richiede, per esempio in edifici più bui o con scarse condizioni di luce. Allora di solito proviamo a mischiarlo con la luce ambientale usando lo slow sync in modo da ottenere degli effetti gradevoli, perché, diciamocelo, le foto col flash non sono molto eccitanti! 6. Quali
fotografi o artisti vi hanno influen-
zato maggiormente?
All’inizio siamo stati influenzati da fotografi come David Alan Harvey e Ansel Adams e inoltre amavamo i semplici, crudi, onesti e a volte assolutamente esilaranti lavori di Martin Parr. Ci ispiriamo anche a Wes Anderson e al suo uso della simmetria, del colore e della nostalgia con le sue sfumature melanconiche e la sua natura complessivamente stravagante. È decisamente geniale.
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Incontrare persone nuove, riuscire a l av o r a r e n e l l e l o c at i o n e n e g l i e d i f i c i p i Ăš s t u p e fa c e n t i e ritrarre coppie felici!
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FOTOGRAFIE DI GLOR IA COLAIANNI
ov v e r o , i l p r o g e t to d i t e s i c h e n o n s o n o r i u s c i ta a p o r ta r e a t e r m i n e 142
MAKING OFF
CIME T E M P E S TO S E di gloria col aianni
Prima di dedicarmi a questa rivista, avevo pensato a un altro progetto di tesi. Ho lavorato a questo progetto per circa un anno, e ho cercato con tutta me stessa di farlo funzionare, ma non è andata così. Il progetto precedente era un progetto editoriale basato sul classico della letteratura inglese Whutering Heights di Emily Bronte; l’idea era di fare una nuova edizione del romanzo, illustrato con delle mie fotografie ad ogni capitolo. Vi racconto brevemente del progetto in questo articolo, anche di come è andato a monte.
Il progetto, è per prima cosa un tentativo di illustrare e di dare una interpretazione personale del libro di Emily Brontë, uno dei classici del romanzo gotico ottocentesco, che troppo spesso finisce per ricevere una lettura troppo sentimentale e poco approfondita dei temi centrali. Spesso, sopratutto nelle interpretazioni cinematografiche, non si va oltre al tema dell’amore impossibile e infinito dei protagonisti, senza però contestualizzare questo amore o andarne ad approfondire le sfumature psicologiche che sono invece trattate in modo molto approfondito nel romanzo. Tra i temi
principali dell’opera, possiamo sottolineare il tema della vendetta, dell’odio, della malattia mentale, della lotta tra regole sociali e libertà. È un’opera ruvida e selvatica, dove i protagonisti sono più vicini ad essere degli antieroi che degli eroi, sono personaggi nodosi e taglienti in “un mondo in preda al caos”, come lo definisce Virginia Wolf nel suo libro The Common Reader. E di questo mondo, l’Inghilterra di metà Ottocento, il libro della Bronte ne fa un quadro molto impressionante: più volte nel romanzo ci troviamo ad osservare ingiustizie sociali enormi, sia nel modo in cui viene trattato Heathcliff per il fatto di non essere inglese, che nella condizione dei personaggi femminili, che finiscono per trovarsi in situazioni di impotenza e di totale dipendenza. Ma il filo conduttore di tutto il romanzo è appunto la storia d’amore tra i protagonisti, è un amore violento e che trascina tutti i personaggi del libro in un vortice di dolore, ma è anche un amore immortale, che ve oltre la morte della protagonista, che continua ad ossessionare Heathcliff per tutto il romanzo, e che lo trascina nella tomba per raggiungerla. Gli elementi fondamentali del romanzo, sono molto vicini a quelli del romanzo gotico, tra le sconfinate e ventose brughiere dove corrono i protagonisti da giovani, alle temibili e violente tempeste, al fantasma di Catherine che ossessiona 143
Heathcliff regalandoci delle scene di incredibile impatto emotivo. Ma ancora più di questi elementi, il romanzo della Brontë è gotico nei sentimenti violenti dei protagonisti, nella loro natura selvaggia e indomabile, nella concezione viscerale dell’amore dei protagonisti. Nella realizzazione del progetto, ho prima di tutto cercato delle scene chiave dei singoli capitoli, per poi realizzare dei disegni preparatori sul mio sketchbook, creando uno storyboard da seguire poi nella realizzazione degli scatti. Nella scelta delle scene, ho dato la precedenza a quelle che riguardassero Catherine e Heathcliff, e la figlia di Catherine, Cathy. Anche se le fotografie sono state scelte in modo da illustrare i capitoli, volevo che la serie fotografica, complessivamente, comunicasse il mood generale del romanzo. Ho cercato 144
quindi quelle scene chiave che potessero restituire il suggestivo immaginario del libro, ma nel farlo ho dovuto tener conto di quanto queste fossero realizzabili, scegliendo quindi solamente le scene adatte ad essere rappresentate fotograficamente. La prima difficoltà viene fuori proprio in questo punto;non è stato facile capire come creare delle immagini forti e simboliche, utilizzando solamente la post produzione e il color grading, evitando di ricorrere alla manipolazione delle immagini, e di sconfinare quindi nella digital art. Volevo che le fotografie fossero completamente realistiche, e che mantenessero sopratutto una qualità fotografica visibile: non credo ci sia nulla di male nelle manipolazioni, e neanche nelle fotografie ritoccate in modo molto esplicito, semplicemente non è la linea fotografica che avevo in mente per la realizzazione del progetto.
Un altra difficoltà nella realizzazione delle scene, è stata quella di scegliere dei modelli non professionisti che potessero interpretare le scene in modo convincete, considerando che non solo entrambi i personaggi sono molto complessi, ma molte scene richiedevano una recitazione delle emozioni forti e violente dei protagonisti. Ho cambiato due modelle per la parte di Catherine e due modelli per Heathcliff, non trovando per quest’ultimo un modello che fosse veramente adatto, se non molti mesi dopo aver accantonato il progetto. Per quanto riguarda il personaggio di Catherine, ho avuto parecchi problemi, perché la modella che avevo scelto inizialmente e su cui avevo studiato il personaggio (la modella della prima foto dell’articolo), ha deciso di partire per l’Inghilterra dopo circa sei mesi da quando avevamo iniziato le riprese, e nell’incertezza di riuscire a realizzare l’intera
s o n o p e r s o n ag g i n o d o s i e ta g l i e n t i in
“un
mo n d o i n
p r e da a l c ao s ”
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vo l e vo c h e l a s e r i e f o t o g r a f i c a , c o m p l e s s i va m e n t e , c o mu n i c a s s e i l m o o d g e n e r a l e d e l r o m a n zo
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serie in quel lasso di tempo, il mio relatore mi ha consigliato di cambiare modella. Ma dopo mesi di prove con la seconda modella scelta, ci siamo resi conto di quanto, nonostante la somiglianza fisica col personaggio descritto nel libro, non rispecchiasse il profilo psicologico della protagonista e non venisse fuori di conseguenza il suo spirito ribelle e tumultuoso. Inoltre, non avendo un budget per pagare la modella, non avrei potuto pretendere una frequenza eccessiva degli incontri. Mi sono quindi trovata a non poter lavorare al progetto quanto avrei realmente voluto. Per quanto riguarda lo stile fotografico, ho dovuto, per motivi economici, realizzare tutto il progetto tramite l’obiettivo 50mm, che sulla mia Nikon D90, avendo un sensore APS-C, ha valenza di 76mm, ed ha quindi un angolo di ripresa più stretto del 50mm. Questo vuol dire che gli oggetti ripresi ci appariranno più vicini, dandoci quindi una visuale più ristretta dell’ambiente ritratto e risultando di conseguenza abbastanza scomodo negli ambienti interni. Per contro questo obiettivo offre un’apertura del diaframma ad 1.8 e quindi possiamo ottenere un’ottima sfocatura, aspetto che desideravo ottenere nelle fotografie del progetto. Inoltre, dopo aver iniziato le fotografie utilizzato solamente la luce naturale, mi sono resa conto di aver bisogno, sopratutto per le scene in interni, anche di utilizzare la luce artificiale. Oltre a questi aspetti più tecnici, nella ricerca stilistica ho preso numerose decisioni, sopratutto per quanto riguardava le ambientazioni e il tipo di oggetti di scena da utilizzare. Ho deciso di, per motivi pratici, di ambientare la storia ai giorni nostri, uti146
lizzando quindi vestiti contemporanei, ma scegliendo un vestiario dallo stile vagamente gotico. Ho cercato di richiamare un gusto più legato al passato tramite l’utilizzo di oggetti di scena vintage, come per esempio il candelabro della foto. Anche nelle scelte del vestiario e degli oggetti di scena, sono stata molto limitata dal basso budget che avevo a disposizione, dovendomi perlopiù accontentare di oggetti e di vestiti presi in prestito. Nella mia interpretazione, avrei voluto avvicinarmi all’interpretazione del libro data da Andrea Arnold nella sua versione cinematografica di Cime tempestose realizzata nel 2011, dove il vento e la brughiera assumono una forte valenza simbolica. Nello studio delle ambientazioni, ho preferito quindi spostare la maggior parte delle scene all’aperto, per rispecchiare lo spirito del romanzo. Ciò che rimane di tutte le prove realizzate, è per lo più uno studio sul personaggio della protagonista e sull’estetica generale dell’opera. Dopo tutti questi studi però mi sono resa conto che era difficile portare avanti il progetto, sopratutto senza un budget che mi permettesse di retribuire i modelli e soddisfare le mie scelte stilistiche. Inoltre mi sono resa conto di quanto questo progetto fosse troppo articolato e complesso per le mie capacità fotografiche in quel momento. Per questo motivo ho deciso di cambiare la mia tesi, e di iniziare il progetto della rivista, che tuttavia mi ha appassionato molto. In ogni caso, sarei felice in futuro di potermi nuovamente dedicare, magari per la tesi del biennio, a questo progetto che ho messo, spero solo temporaneamente, da parte. ♦
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Carta utilizzata: Per il progetto è stata utilizzata la carta ecologica riciclata: Shiro Echo, grammatura 120 ed una carta patinata opaca, con grammatura 150 e 300. Finito di stampare nel mese di Aprile 2018 presso
La Legatoria in Via Genova, 25, 00184 Roma RM.
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