Ict nella didattica verso la ridefinizione del ruolo docente

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UNIVERSITA’ EUROPEA DI ROMA

ICT e DIDATTICA INNOVATIVA Verso una ridefinizione della professionalità docente

Corsista: Anna Maria Laghigna Corso annuale di perfezionamento 1500h 60 CFU in [La LIM e le TECNOLOGIE MULTIMEDIALI] Anno Accademico 2011/2012 ___________________________________________________________________________


ICT e DIDATTICA INNOVATIVA Verso una ridefinizione della professionalità docente

INDICE

Verso la ridefinizione della professionalità docente

p. 3

Nuove Metodologie

p. 6

Nuovi strumenti e ambienti di apprendimento

p. 11

Chi sono gli « screenagers » e i « nativi digitali »

p. 14

ICT e Innovazione Didattica

p. 22

La Lavagna Interattiva Multimediale

p. 24

Principali vantaggi delle ICT nella didattica

p. 26

Ostacoli all’integrazione delle nuove tecnologie nella scuola italiana

p. 33

- La barriera tecnologia

p. 34

-

La barriera sociale

p. 37

Come, allora, possiamo andare avanti? - Conclusioni

p. 39

Bibliografia – Sitografia

p. 43

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Verso la ridefinizione della professionalità docente Negli ultimi trenta anni, il ruolo dell’insegnante nell’educazione dei giovani è sostanzialmente cambiato in tutto il mondo occidentale, compreso il nostro paese. Insegnare oggi richiede pratiche, conoscenze, competenze e strategie molto diverse dai modelli puramente esemplificativi del passato. L’istruzione non consiste più principalmente nella trasmissione di nozioni a discenti diligentemente pronti ad assorbire le spiegazioni dell’insegnante. Oggi, il successo scolastico e l’apprendimento a lungo termine si realizzano a patto che l’istruzione sia per il discente un’esperienza educativa ricca, unica ed emotivamente gratificante.

Un’aula tradizionale

Un’aula 2.0

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Ormai gli ambienti di apprendimento non si limitano più allo spazio ristretto dell’aula scolastica ma si estendono all’esterno di essa - fino ad includere la propria casa, le comunità di appartenenza – anche solo virtuali - ed infine il mondo intero. Le informazioni non sono più solo e principalmente contenute nei libri, bensì reperibili ovunque e spesso in forma elettronica.

Gli allievi attuali non sono più solo consumatori di fatti e nozioni e poco somigliano ormai alle “anfore” di Dickensiana memoria1 da riempire di conoscenze assunte solo mnemonicamente. Agli studenti di oggi - che saranno i cittadini ed i professionisti di domani - si richiedono soprattutto competenze, ovvero la capacità di sapersi orientare e reinventare con l’aiuto delle conoscenze e delle capacità acquisite. Gli studenti sono pertanto creatori attivi di conoscenza e la scuola non è più solo un semplice edificio in mattoni e cemento – bensì un centro di lifelong learning. 1

Nel famoso romanzo di Charles Dickens, Hard Times, il maestro Thomas Gradgrind è fermamente convinto che l’educazione debba essere nozionistica e pratica. Egli vede i suoi alunni come delle anfore da riempire di fatti, dopo aver eliminato dalle loro menti incolte ogni traccia di immaginazione e creatività. Persino il nome scelto dall’autore - Gradgrind – evoca un suono aspro e spiacevole che – metaforicamente – rimanda agli studenti, le cui emozioni, sensazioni e aspettative vengono sistematicamente soppresse e sostituite da freddi fatti e cifre che essi sono obbligati ad imparare a memoria.

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In quest’ottica, il ruolo docente necessita una ridefinizione e merita di essere riconsiderato come una scelta professionale fra le piÚ complesse e rispettabili, in quanto assolutamente vitale per il benessere e la crescita sociali, culturali ed economici di una nazione.

Docente, lavagna e gessetti del passato.

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Come sarà il docente digitale del futuro?

I semi di questa trasformazione sono già sparsi nel nostro mondo, pur così frammentato e caotico. Sulla spinta dei massicci cambiamenti che hanno interessato il mondo del sapere, della rivoluzione informatica e della domanda pubblica di una migliore qualità formativa, la scuola come istituzione è oggi pervasa da un fervente clima di cambiamento e ripensamento dell’azione didattico-educativa. Tale clima di cambiamento invita tutti gli operatori della scuola ad un ripensamento riguardo il proprio ruolo educativo: -

nel rapporto con gli studenti, i colleghi e la comunità;

-

nella scelta degli strumenti e delle metodologie da impiegare;

-

nel rispetto dei diritti e delle responsabilità;

-

nelle forme e i contenuti dei programmi di studio;

-

nella definizione degli obiettivi da raggiungere e delle prove per accertarne il raggiungimento;

-

nella formazione iniziale ed il successivo aggiornamento professionale;

-

nella stessa struttura organizzativa delle scuole. 6


In breve, la maggior parte degli insegnanti avverte la necessità di re-inventare il proprio ruolo docente per rispondere in modo più efficace alle esigenze degli studenti e della scuola.

Nuove Metodologie

Mr M’Choakumchild nella scuola di Mr Gradgrind come dipinto nel romanzo di Ch. Dickens “Hard Times”

In passato, il docente aveva principalmente il compito di trasmettere conoscenze ed informazioni, vigilare sugli allievi assegnatigli e valutare i livelli di apprendimento raggiunti. Il modello alla base della scuola - concepito nel clima culturale e intellettuale dell’Illuminismo e nelle circostanze economiche della prima rivoluzione industriale - era analogo a quello di una linea di produzione. Come in una fabbrica, alcuni adulti remunerati con paga oraria o giornaliera avevano il compito di somministrare lezioni e test standardizzati a bambini raggruppati per età e mantenuti in strutture separate2.

2

La tesi è sostenuta dal pedagogista britannico Sir Ken Robinson, il quale ne ravvisa i tratti immutati anche nella

scuola attuale. Robinson K. “Changing the paradigm of Education” Video disponibile su u-TUBE “

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Fino agli anni Sessanta, agli insegnanti veniva detto esattamente cosa insegnare, quando e come farlo. Il ruolo del docente era essenzialmente quello di educare ogni studente nello stesso modo, senza responsabilità per l’eventuale mancato apprendimento. La rigidità dei programmi e la mancanza di flessibilità nella didattica obbligava molti insegnanti a lezioni di tipo esclusivamente trasmissivo e nozionistico.

A partire dagli anni Settanta e, più tardi con la scuola dell’autonomia, si è cercato di favorire l’adozione di nuove metodologie didattiche che conciliano l'arte di espressione con la scienza pedagogica. La maggior parte degli insegnanti è oggi consapevole del fatto che l'essenza dell'educazione si basa sulla stretta interrelazione tra l’opera educatrice di un adulto esperto ed attento ed un bambino sicuro e motivato. Il ruolo insostituibile del docente è oggi quello di conoscere ogni studente in quanto individuo, al fine di comprenderne le specifiche esigenze, stile di apprendimento, contesto sociale e culturale, interessi e capacità. Questa attenzione all’individuo è tanto più importante considerato il crescente pluralismo multi-etnico della società italiana e la frequente disomogeneità dei gruppi classe, anche dal punto di vista dei bisogni specifici degli allievi con DSA. In pratica, questo nuovo rapporto tra docenti e studenti assume la forma di un diverso concetto di patto formativo. I docenti smettono di essere solo maestri della singola 8


disciplina - come la storia, la matematica o la scienza - e assumono il ruolo di guide didattiche, facilitatori e co-discenti.

Gli insegnanti più autorevoli hanno scoperto che per favorire la partecipazione attiva degli studenti al dialogo formativo è indispensabile coinvolgere gli allievi in progetti creativi di tipo collaborativo e motivante. Affinché gli studenti assumano un ruolo responsabile nella propria educazione personale, il curriculum deve riguardare la loro vita e le attività di apprendimento devono stimolare la loro naturale curiosità.

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Il docente dovrebbe guidare l’allievo nel processo di crescita sociale, emozionale ed intellettuale – cosicché la fusione di queste dimensioni separate favorisca lo sviluppo delle capacità di ricerca autonoma, comprensione ed utilizzo delle conoscenze acquisite per un più efficace processo decisionale nella vita personale dell’allievo e nel valore del suo contributo alla società come futuro cittadino. Il compito del docente sta diventando oggi sempre più quello di un professionista capace di progettare e guidare gli studenti attraverso opportunità di apprendimento coinvolgente.

La responsabilità più importante di un educatore è quella di ricercare e costruire esperienze educative significative che permettano agli studenti di risolvere i problemi del mondo reale e dimostrare di aver imparato tanto le nozioni complesse quanto le competenze che soddisfano i moderni standard educativi. Il risultato è che l'astratto, la conoscenza inerte che gli studenti prima memorizzavano in modo meccanico solo dai libri di testo si anima ora con la partecipazione attiva alla creazione ed estensione di nuove conoscenze.

Nuovi strumenti e ambienti di apprendimento 10


Fra gli aspetti innovativi che stanno maggiormente influenzando il modo di concepire il ruolo docente nel rapporto con i propri studenti figurano le moderne tecnologie multimediali.

Il vecchio modello di istruzione era basato sulla scarsità delle informazioni, per cui insegnanti e libri costituivano le uniche fonti disponibili di informazione e trasmissione del sapere nella società. Il mondo contemporaneo è invece inondato da informazioni accessibili attraverso una moltitudine di fonti scritte ed elettroniche. Il compito fondamentale del docente non è più dunque quello di diffondere conoscenze, bensì quello di aiutare i giovani ad orientarsi in modo autonomo per imparare ad usarle, sviluppando la loro capacità di pensare in modo critico, risolvere problemi, formulare giudizi informati e creare conoscenza a beneficio di sé stessi e della società. E’ di questo parere Giuseppe Bertagna, pedagogista e ispiratore della riforma Moratti per la scuola, che ha osservato: “Da Platone in poi tutti gli strumenti si sono adattati ai tempi. Il concetto stesso di qualità è cambiato. La scuola non può non tenere conto della globalizzazione e dell’evoluzione tecnologica. […] Il vero problema, oggi, è che le giovani generazioni hanno bisogno di essere 11


accompagnate da persone in grado di interloquire con i nuovi strumenti e trattarli in maniera produttiva”3. L'avvento delle competenze ha messo contemporaneamente in crisi la rigida suddivisione delle discipline, l'uniforme scansione degli orari scolastici, gli spazi e i luoghi dove avviene l'apprendimento e, ultimo ma non per importanza, la professionalità docente. L’autonomia è una delle competenze per la vita sempre più difficili da padroneggiare. Il lavoro nel mondo delle professioni, delle imprese, dei servizi richiede autonomia, autodisciplina e pensiero creativo.

Una scuola che enfatizzi queste competenze può ambire a formare ragazzi capaci di cogliere le numerose opportunità offerte dalla società occidentale. Una scuola che continua ad ossessionare con la rigidità, l’autoritarismo e i compiti di routine produrrà giovani meno attrezzati a districarsi in un mondo del lavoro caratterizzato da maggiore flessibilità e precarietà.

3

G.Bertagna intervistato da Corriere della Sera nell’articolo “La Rete dei compagni di scuola I compiti (in gruppo) su Skype” del 6 marzo 2012 12


Il modo di insegnare ai ragazzi non può essere distaccato dalla vita reale. In un’epoca in cui l’informazione e la conoscenza sono accessibili ovunque ed in tempo reale, sarebbe anacronistico pensare che i ragazzi continuino ad apprendere solo all’interno dello spazio confinato di un’aula scolastica.

New learning environments for 21st century learning – edorigami.wikispaces.com

Internet offre la possibilità di connettersi ovunque ci si trovi con qualsiasi altro posto nel mondo. Ormai usiamo le risorse del computer attraverso internet proprio come faremmo con un micro-onde o un comune elettrodomestico. Google, Yahoo e gli altri motori di ricerca hanno inoltre contribuito a costruire una piattaforma globale di condivisione delle informazioni disponibile giorno e notte - con un semplice click. La scuola è oggi chiamata a formulare nuove proposte che si distacchino dal paradigma tradizionale e pongano i giovani al centro del processo educativo. La collaborazione e l’apprendimento diventeranno sempre più distribuiti digitalmente su reti decentralizzate di applicazioni, come per esempio Moodle, Ed modo, ed altre piattaforme di e-learning. Per poter sfruttare al meglio le potenzialità offerte dalle risorse digitali disponibili è dunque prioritario comprendere come il mondo digitale sta cambiando i discenti.

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Chi sono gli « screenagers » e i « nativi digitali »

Il termine screenager4 fu coniato 15 anni fa da Douglas Rushkoff, autore del libro Playing the Future5. Egli fu il primo ad usare questo termine per identificare i giovani che fin dall’infanzia sono cresciuti con un’esposizione massiccia a TV, computers ed altri dispositivi elettronici e digitali. Secondo Rushkoff, gli screenagers avrebbero un vantaggio significativo rispetto agli adulti, in quanto sarebbero già in grado di comprendere e affrontare il moderno mondo digitalizzato. Gli screenagers non ricevono passivamente i media, ma sanno adattarsi e interagire con un paesaggio mediatico che include canali via cavo, videocamere, antenne satellitari, computer e modem. In un mondo sempre più tecnologico, gli screenagers si sono adattati ad utilizzare la tecnologia persino come mezzo preferito per la ricerca di rapporti umani. Mentre gli adulti lamentano la ridotta capacità di attenzione degli screenagers, Rushkoff la considera un meccanismo di sopravvivenza evolutiva che in realtà aiuta i bambini a rielaborare le enormi quantità di informazioni attualmente a loro disposizione. 4

Gioco di parole fra il termine inglese “screen” (schermo) e teenager (adolescente) Douglas Rushkoff, Playing the Future: How Kids' Culture Can Teach Us to Thrive in an Age of Chaos. New York: HarperCollins, 1996 5

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Rushkoff sostiene che i bambini ci starebbero “traghettando” verso la fase successiva dell’evoluzione umana, che vede l’abbandono del pensiero lineare, della dualità, della cultura meccanicista basata su gerarchia e metafora, in funzione di una dinamica olistica che utilizza un linguaggio di segmenti discontinui a breve raggio – in altre parole l'incarnazione del caos6.

La nuova generazione di screenagers sa compiere esperienze multimediali ad uno stato superiore di complessità e ad un maggiore livello di consapevolezza rispetto ai propri predecessori. I sottoprodotti di questa evoluzione sono una quantità maggiore di interattività. Rushkoff riconosce che ciò può produrre anche effetti negativi, confermati dalla perpetua sfiducia che circonda i nuovi media. In un certo senso, Rushkoff si dice convinto che per

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cfr. Roskoff – ibid p.217 15


un adolescente andare on-line possa rappresentare un pericolo più per la sua visione del mondo che per il proprio essere fisico7.

Le conseguenze psicologiche di un utilizzo eccessivo degli strumenti tecnologici nella vita degli adolescenti sono oggetto di un vivace dibattito che imperversa anche sui media italiani. Alcuni critici affermano che gli attuali adolescenti sono molto diversi dai precedenti teenagers, poiché il loro cervello ha subito delle modifiche per effetto della costante esposizione alla tecnologia. I media sono pieni di articoli che richiamano studi scientifici a supporto di tale affermazione8. Nell’acceso dibattito sulle nuove tecnologie applicate all'apprendimento è intervenuto anche l'insigne linguista Raffaele Simone - uno dei maggiori studiosi europei di linguistica e filosofia del linguaggio e della cultura. Nel suo recente articolo dal titolo ”Se a scuola 7

cfr. Roskoff D. Playing the Future: How Kids' Culture Can Teach Us to Thrive in an Age of Chaos, (p. 218) 8 Alcuni esempi tratti dalla stampa estera: “Facebook and Bebo risk ‘infantilizing’ the human mind ,” the Guardian, 24.02.2009; “Web addicts have brain changes,” sito della BBC news, 11.01.2012. 16


Internet rende stupidi”9, Simone critica l’attuale tendenza alla digitalizzazione della scuola riconducendola ad una delle tante mode importate dall’estero che in questi anni hanno interessato la scuola italiana. Il suo intervento non è di certo passato inosservato ed ha suscitato un serrato dibattito pedagogico-culturale sull'uso della lavagna interattiva e del tablet nelle classi, sulla situazione della scuola italiana di oggi e sul ruolo degli insegnantianalogici alle prese con gli studenti-nativi-digitali. Sul suo blog "Apprendere (con e senza le tecnologie)" Gianni Marconato, docente costruttivista, analizza punto per punto lo scritto di Simone e offre nuovi spunti di riflessione: "Non sono dell'avviso che il digitale distragga. Il digitale sta generando nuove forme di 'attenzione': un'attenzione fluida, a macchie, a balzi ma che in parallelo genera la capacità di mettere assieme i diversi pezzi facendoli percepire come un'entità unica, omogenea. Un'omogeneità ricostruita cognitivamente"10.

Non tutti gli studiosi hanno dunque una posizione negativa. Alcuni ricercatori sostengono che la tecnologia moderna ha incrementato le capacità cognitive dei giovani e ha contribuito a 'cablare' il loro cervello in modo positivo. I nativi digitali sono dunque

9

Raffaele Simone, "Se a scuola internet rende stupidi", pubblicato su Repubblica del 12 gennaio 2012 Gianni Marconato, “Internet rende stupidi coloro che stupidi già sono” http://www.giannimarconato.it 17

10


eccellenti multi-taskers11, in quanto dispongono di cervelli più attivi ed efficienti rispetto alle generazioni precedenti. I "nativi digitali" possono apparire spesso distratti, o essere incapaci di concentrarsi, ma ciò sarebbe dovuto al fatto che gli adulti non riescono quasi mai a vederli come realmente sono. In realtà, essi sarebbero perfettamente in grado di vivere in un ambiente digitale nel quale, in misura maggiore o minore, gli adulti si sentirebbero al contrario degli estranei. Insegnanti e genitori – avendo imparato a conoscere la tecnologia digitale solo più tardi nella vita – sarebbero i cosiddetti “immigrati digitali”, poiché mantengono la loro forma mentis pre-digitale anche nel modo di giudicarli.

Il dibattito fra insegnanti “web-entusiasti” e “apocalittici” è aperto. Gli interrogativi che si pongono sono importanti per chi deve insegnare o progettare materiali didattici. Se gli screenagers rappresentano davvero un’evoluzione della specie umana, allora essi necessitano forse di un approccio diverso? E le lezioni devono essere meno mono11

Termine inglese per indicare la capacità di adoperare più tecnologie contemporaneamente: ascoltare musica in cuffia, scrivere un testo, controllare la posta e il messenger e lavorare su altri programmi contemporaneamente. 18


direzionali e più fluide? E’ forse giunto il momento di archiviare definitivamente i libri di testo stampati e di sostituire le lavagne in ardesia con LIM, tablets e altri dispositivi multimediali?

Come con la maggior parte delle questioni importanti, le risposte sono discutibili. Ma l'attenzione forse troppo spesso viene rivolta alle questioni di formato (digitale vs tradizionale) e non abbastanza a questioni di contenuto. Certo, un esercizio su un iPad può essere tanto interattivo quanto una conversazione. L’efficacia di entrambe le tipologie non è garantita dalla rispettiva forma - tutto dipende dal contenuto. D’altro canto, se è vero che entro il 2015 ca. l’80% della popolazione italiana disporrà di un dispositivo mobile per la navigazione in internet12 e che già oggi il 70% dei ragazzi italiani dispone di uno smart-phone13 - è altrettanto vero che esiste un enorme divario

12

Fonte: Ericsson mobile Department Risultati dell’indagine commissionata dalla Oxford University Press – Italy Research Department. Dati diffusi in occasione del Convegno “ Teaching English to a Digital Generation” – Udine 7 marzo 2012 13

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digitale all’interno del nostro Paese, con conseguenze drammatiche per il futuro sociale, culturale ed economico del territorio. Al di là dei luoghi comuni sui nativi digitali, sono ancora troppo numerosi gli studenti italiani che possiedono sì le competenze per navigare in internet ed usare i social network, ma non sanno usufruire dei nuovi linguaggi dei canali d’informazione, indispensabili per essere cittadini consapevoli e responsabili della società contemporanea e per accedere agli sbocchi occupazionali del mercato nazionale e internazionale del lavoro. Saper navigare in Internet oggi per un ragazzo non significa avere competenza digitale, significa conoscere a stento l’alfabeto dei nuovi linguaggi di comunicazione. Ed essere analfabeti digitali al giorno d’oggi è grave tanto quanto l’analfabetismo tradizionale.

Fonte: http://opentec.org/tag/digital-literacy/

Se davvero vogliamo che i nostri sistemi di istruzione preparino gli studenti per il mondo digitale di domani, dovremmo preoccuparci meno dei formati e concentrarci invece su che cosa insegnare - o cosa non insegnare. Più che fatti e nozioni (ormai disponibili in tempo reale ed ovunque nel mondo via Internet), per la generazione di Google è essenziale

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imparare a filtrare le informazioni affidabili da quelle inaffidabili, riconoscendone gli aspetti fuorvianti.

Siamo solo all’inizio di un diverso modo di fare scuola e molte delle potenzialità che le moderne tecnologie possono offrire sono ancora da individuare. È del resto noto che non esistono rapporti di causalità diretta tra l’uso delle nuove tecnologie e il miglioramento dei processi cognitivi. Prevale, su tutto, il modo con cui gli strumenti vengono impiegati, l’intelligenza e l’attenzione con cui i materiali didattici vengono selezionati e offerti e, in particolare, il tipo di attività tese a favorire nell’alunno momenti di riflessione e rielaborazione.

ICT e Innovazione Didattica Dalla necessità di costruire ambienti di apprendimento più stimolanti si è assistito negli ultimi anni ad una crescente diffusione delle tecnologie multimediali a scopo didattico. La linea strategica che la nostra scuola sta portando avanti, in ottemperanza con le indicazioni 21


del Ministero dell’Istruzione e con la Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio d’Europa del 18 dicembre 2006 relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente, è quella dell’introduzione delle nuove tecnologie nella didattica quotidiana come strumenti integrati con quelli tradizionali. Le moderne tecnologie non devono quindi sostituirsi a quelle tradizionali ma integrarsi in un rapporto circolare di arricchimento reciproco.

Il Parlamento Europeo ed il Consiglio hanno individuato con chiarezza le “otto competenze chiave per l’apprendimento permanente”: 1. Comunicazione nella lingua madre 2. Comunicazione nelle lingue straniere 3. Competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia 4. Competenza digitale 5. Imparare a imparare 6. Competenze sociali e civiche 7. Spirito di iniziativa e imprenditorialità 8. Consapevolezza ed espressione culturale Nella stessa Raccomandazione, Il Parlamento e il Consiglio dell’Unione Europea definiscono così la competenza digitale: “La competenza digitale consiste nel saper utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie della società dell’informazione (TSI) per il lavoro, il tempo libero e la comunicazione. Essa è supportata da abilità di base 22


nelle TIC: l’uso del computer per reperire, valutare, conservare, produrre, presentare e scambiare informazioni, nonché per comunicare e partecipare a reti collaborative tramite internet”14.

Partendo dall’assunto che apprendere è un’esperienza attiva, cognitiva ed emotiva, individuale e sociale, mediata da più risorse (audio, video, iconiche, testuali, grafiche, spaziali), si sono diffusi in questi anni strumenti a supporto dell’apprendimento che cercano di porre gli allievi al centro del processo di apprendimento. Tra queste tecnologie rientrano anche le Lavagne Interattive la cui rapida diffusione ha dimostrato l’alto potenziale delle ICT nel guidare il cambiamento degli ambienti di apprendimento.

La Lavagna Interattiva Multimediale

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RACCOMANDAZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 18 dicembre 2006, p.6 (2006/962/CE)

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LIM è l'acronimo di Lavagna Interattiva Multimediale. Essa è uno strumento delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in grado di integrare e potenziare le opportunità didattiche caratteristiche del computer, del videoproiettore e della lavagna tradizionale. Si tratta di un dispositivo elettronico che ha le dimensioni di una tradizionale lavagna d'ardesia sulla cui superficie è possibile scrivere, gestire immagini, riprodurre file video, consultare risorse web. La LIM coniuga la forza della visualizzazione e della presentazione tipiche della lavagna tradizionale con le opportunità del digitale e della multimedialità. Introdurre una lavagna interattiva in aula equivale ad "aprire" quella classe al digitale; significa, in qualche misura, invertire il senso di marcia della tecnologia. Non sono più infatti gli allievi ad essere "portati" in laboratorio per la classica "ora di informatica", ma è il multimediale ad entrare in classe sotto forma di immagini, video, web, risorse interattive. 24


Numerosi studi hanno evidenziato le potenzialità connesse all’utilizzo della LIM. La visualizzazioni in grande è la principale potenzialità della LIM; essa permette di presentare una molteplicità di contenuti utilizzando non più solo l’ascolto o la lettura individuale, ma anche la forza dell’immagine. L’utilizzo delle tecnologie condivise permette agli allievi di emanciparsi dall’impiego individuale verso una dimensione più relazionale, grazie ad uno strumento che è disposizione di tutta la classe. L’interattività, in particolare, riguarda sia la possibilità di intervenire personalizzando tutti i file presenti sullo schermo, sia la possibilità anche fisica di interagire con la lavagna, sia la possibilità di accedere dalla classe a Internet. L’aggregazione di molteplici risorse multimediali permette la costruzione collaborativa di percorsi di insegnamento/apprendimento che sfruttano i nuovi media in ogni dimensione, immagine, audio, video. La LIM ha dimostrato le proprie potenzialità anche nel campo dell’integrazione: la sua dimensione fisica, l’impiego di linguaggi diversi dalla semplice scrittura, il riconoscimento 25


dei caratteri e la visione in grande, rendono più agevole e più integrato l’apprendimento da parte di studenti con diverse abilità e da parte degli studenti stranieri.

Oltre che per la didattica frontale, la lavagna interattiva può essere impiegata in aula per lezioni di tipo interattivo/dimostrativo, cooperativo, costruttivo; per condurre dunque attività collaborative e laboratoriali, per svolgere le interrogazioni, per la navigazione e ricerca su web, per presentare in modo innovativo studi ed elaborati realizzati dagli studenti, avendo altresì la possibilità di salvare i percorsi didattici proposti, per successivi utilizzi o per la distribuzione agli studenti (inclusi quelli assenti). La LIM ha la capacità di allinearsi al linguaggio delle immagini, dei filmati, della fruizione interattiva, cui le nuove generazioni e i loro stili d’apprendimento sono ormai abituate, favorendo così un elevato grado di gradimento e coinvolgimento degli allievi.

Principali vantaggi delle ICT nella didattica Ogni innovazione tecnologica può trasformarsi in una reale innovazione didattica solo se si sviluppano metodologie e strategie di insegnamento che mettano al centro del processo di apprendimento l’alunno e il gruppo classe. Nel corso di questi anni, gli insegnanti si sono confrontati con temi come l’organizzazione dello spazio, la flessibilità del tempo-scuola e la personalizzazione

dei percorsi. 26


L’ingombrante presenza delle tecnologie ha incoraggiato molti insegnanti a ripensare l’impostazione metodologica della lezione sin dal curricolo e dai contenuti didattici che hanno cominciato ad assumere una forma sempre più digitale, in qualche caso condivisibile e disponibile per gli studenti e le famiglie su piattaforme di e-learning.

Le tecnologie multimediali rappresentano un’opportunità e una sfida per i docenti. Un’opportunità perché permettono di gestire il lavoro in aula in maniera più efficiente, mettendo a disposizione degli alunni materiali didattici multimediali e interattivi, che attivano le competenze proprie e degli allievi. È una sfida perché costringe a far entrare nella scuola l’uso di linguaggi nuovi e nuove risorse per rendere ancora più efficace l’azione di insegnamento. I dispositivi multimediali sono una risorsa nelle mani degli studenti, che possono mettere in gioco le proprie abilità e le proprie conoscenze, anche informatiche, per condividerle con i 27


compagni e con i docenti, per aiutarsi reciprocamente e per raggiungere gli obiettivi prefissati.

L’impiego delle tecnologie multimediali incentivano processi di apprendimento metacognitivi, in quanto permettono di sfruttare e attivare i processi di riflessione negli alunni. Molti strumenti di software sono di supporto alla didattica meta-cognitiva, in quanto consentono di superare la pura analisi del testo e la costruzione di mappe mentali e concettuali costituite di sole parole, favorendo anche l’analisi di immagini e video per la costruzione di mappe visive, ampliate anche da collegamenti ipertestuali.

Naturalmente non si può pensare di aver modernizzato la scuola solo con l’utilizzo di qualche strumentazione multimediale in piĂš. In molti paesi europei sono ormai in fase avanzata progetti per la connessione a Internet delle classi, per la dotazione di netbook computer e/o tablets o di altre tipologie di dispositivi interattivi a basso costo, basati su logiche open, che in Italia sono purtroppo solamente accennati.

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Le attuali tendenze dei computer mobili e delle tavolette digitali stanno ad indicare che in futuro gli strumenti di accesso diventeranno sempre più contestuali e libereranno il computer dal bisogno di essere collocato in un posto fisso. Il cosidetto cloud learning15, ovvero l’apprendimento attraverso internet, realizzato con uno strumento mobile abbina la possibilità di attingere risorse distribuite con l’informazione contestuale, accessibile cioè in qualsiasi posto e in qualsiasi momento.

Ciò è utile in moltissime attività didattiche, rivolte sia a situazioni speciali in cui non sia possibile una frequenza assidua alle attività della classe da parte dello studente, sia a 15

Letteralmente: Imparare dalla nuvola. 29


situazioni proprie della normalità didattica, in cui questi ambienti vengano utilizzati per il lavoro da casa o per attuare progetti di collaborazione a distanza con altre scuole nazionali o internazionali. Innovare la didattica non significa semplicemente usare la tecnologia per la sola trasmissione di nozioni disciplinari più o meno interattive e multimediali. Utilizzare gli ausili multimediali solamente per mostrare agli studenti delle risorse, dei video, delle animazioni o per confezionare in maniera più appetibile e ordinata gli stessi materiali fino a ieri utilizzati con la lavagna di ardesia non significa fare innovazione, ma riproporre in modo solo leggermente più moderno uno stile trasmissivo e nozionistico di insegnamento e di apprendimento. La grande diffusione delle lavagne Interattive Multimediali e di superfici interattive in generale sta contribuendo ad ampliare il numero di device tecnologici (tablet, netbook, ebook, risponditori, ecc.) che orienteranno l’attività didattica sempre più verso la collaborazione.

Da diversi anni il MIUR sostiene progetti che consentono l’introduzione delle tecnologie in classe. Oltre al Piano nazionale di diffusione delle LIM, un certo numero di scuole hanno 30


recentemente cercato di aprirsi alla tecnologia in modo nuovo. Ne è un esempio il progetto Cl@ssi 2.016, la cui azione intende verificare come e quanto, attraverso l’utilizzo costante e diffuso delle tecnologie nella pratica didattica quotidiana, l’ambiente di apprendimento possa essere trasformato.

Alcune tra le tendenze diffuse17 rivelano che: I modelli pedagogici, costruttivista e sociocostruttivista, includono le ICT come strumenti per potenziare la didattica tradizionale che privilegi un approccio attivo, compiti aperti che mirino alla riflessione sul processo ed alla personalizzazione dei percorsi di apprendimento. Il ruolo dell’insegnante si configura come il punto chiave nel processo di trasformazione delle azioni di apprendimento. La presenza sempre più diffusa e naturalizzata nella scuola delle tecnologie renderà necessario all’insegnante sviluppare e mettere in campo competenze oggi ancora timidamente espresse.

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Il Progetto Cl@ssi 2.0 è partito nell’ anno scolastico 2009/2010 con 156 classi di Scuola Secondaria di primo grado. Gli istituti sono stati selezionati tramite un bando, ripartiti regionalmente in base al numero di classi attive nell'a.s. 2008/09 ed al numero medio di classi per regione. Per l’anno scolastico 2010-1011, è prevista l’estensione dell’azione Cl@ssi 2.0 alle scuole primarie e secondarie di secondo grado. 17 EU Digital Agenda, Marzo 2010, 2020 Vision - Report of the Teaching and Learning in 2020 Review Group 31


Gli spazi dell’apprendimento a livello strutturale probabilmente resteranno immutati, ma la differenziazione dei modelli di apprendimento sarà orientata prevalentemente alla collaborazione tra studenti e alla personalizzazione dei contenuti/percorsi sia per il modello classe tradizionale che per modelli diversi da questa con il supporto delle ICT.

Le esperienze maturate con il progetto Classi 2.0 cominciano a contaminare anche le altre scuole, tanto che sembra delinearsi all’orizzonte la fisionomia di una scuola aperta, senza 32


classi o con classi diffuse in cui le occasioni di apprendimento si realizzano anche in contesti non formali.

Ostacoli all’integrazione delle nuove tecnologie nella scuola italiana L’innovazione tecnologica può cambiare radicalmente e in positivo il modo di far scuola, di insegnare e di apprendere. Purtroppo esiste un considerevole ritardo tra la disponibilità degli strumenti e la diffusione di una sensibilità pedagogica e una cultura metodologica adeguate. Il problema non è solo da ricercarsi nell’inadeguata padronanza degli strumenti dal punto di vista tecnico quanto, piuttosto, nella capacità di avvalersene efficacemente. Il vero problema sta nel fatto che le nuove tecnologie non sono ancora adeguatamente studiate dal punto di vista applicativo, per cui la progettazione e la costruzione dei materiali didattici risulta spesso troppo onerosa per gli insegnanti. Non tutti i docenti sono disposti a spendere tante energie per imparare ad usare bene le nuove tecnologie multimediali e soprattutto per creare materiali didattici che possano affiancare i tradizionali metodi d’insegnamento a cui sono comunque molto legati. Altri docenti temono che l’impiego di troppe risorse multimediali produca un’eccessiva “spettacolarizzazione” dell’apprendimento, con conseguente scarsa concentrazione da parte degli allievi. 33


Ma oltre alle difficoltà oggettive immediate, due grandi fattori ostacolano il progresso e l'adozione della tecnologia nelle nostre scuole. Uno di questi è puramente tecnologico, l'altro sociale.

La barriera tecnologica La principale barriera tecnologica consiste nel fatto che per personalizzare veramente l’apprendimento sarebbe necessario un sistema di one-to-one computing, in cui ogni studente possa disporre di un proprio dispositivo su cui lavorare, conservare, personalizzare e portare a casa il lavoro svolto. Per realizzare un vero progresso tecnologico, i computer dovrebbero essere ad uso personale di ciascun discente.

Se correttamente utilizzati a scopo educativo, i computer possono diventare un’estensione del sé personale degli studenti. Essi devono poter personalizzare la tecnologia che usano, e ciò non è possibile con la sola condivisione dello strumento tecnologico.

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Molti oppositori alla digitalizzazione della scuola sostengono che questo sistema avrebbe un impatto economico troppo gravoso sulle famiglie e sull’amministrazione scolastica da sempre afflitta dalla scarsità di mezzi. Queste obiezioni – pur fondate – sono destinate a perdere rilevanza, visto che i prezzi di questi dispositivi, come per tutte le tecnologie, stanno già scendendo drasticamente. Di fatto gli iPad, i tablet basati su Android, gli eBook reader di ultima generazione (Kindle, Sony, Onyx), fino ai sistemi dual-screen ibridi o multi-touch (Edge, KNO) stanno già entrando nella vita quotidiana, negli ambienti di lavoro, nella scuola, nell’università e nella formazione professionale e molte aziende del settore stanno realizzando importanti investimenti per promuoverne la diffusione anche a scopo didattico. Lo scorso 19 gennaio 2012, per esempio, la Apple ha rilasciato la app gratuita iBooks 2, avviandosi a cambiare il mondo dei libri di testo che diventeranno pienamente interattivi e multimediali.

In un prossimo futuro, gli studenti non dovranno più caricarsi di zaini pieni di libri e quaderni, dal momento che tutto sarà contenuto nelle tavolette digitali. Presto gli scaffali della libreria non avranno più una collocazione fisica, poiché tutto potrà essere appuntato, annotato, condiviso e filtrato su una rete sociale (social network). Infine gli studenti 35


potranno disporre di un insieme di applicazioni – le cosiddette apps - sui propri dispositivi digitali mobili, che diventeranno strumento personale di apprendimento, fatto di software di contenuti e di servizi collegati via internet.

A questa tendenza si ispira la recente direttiva Miur che - con la circolare ministeriale del 18 febbraio 2012 - introduce l’obbligo di adozione dei testi scolastici in forma mista (parte cartacea, parte in formato digitale) – ovvero interamente scaricabile da internet.

La barriera sociale 36


La seconda barriera chiave per l'adozione tecnologica è più problematica, in quanto connessa con la nostra attuale cultura e con le infrastrutture educative esistenti che si fondano su di un paradigma in dissoluzione. Il nostro sistema scolastico dovrebbe riflettere la società in cui viviamo, ma allo stato attuale continua ad essere gestito come corpo separato, con una vita a sé stante, che lotta per mantenere i vantaggi accumulati negli anni e resiste al cambiamento. Tale resistenza è in parte giustificata dal fatto che il sistema scolastico pubblico si è evoluto in un delicato equilibrio fra molte pressioni di tipo politico, parentale, sociale, organizzativo, di sicurezza e finanziario. Ogni cambiamento tecnologico sconvolgerebbe probabilmente questi delicati equilibri e comporterebbe, almeno inizialmente, un ulteriore aggravio del carico di lavoro e della pressione esercitata su amministratori ed educatori, che già si sentono oppressi. Come sempre, se la paura supera la motivazione, il cambiamento non avviene.

Ma resistere alla tecnologia digitale di oggi potrebbe dimostrarsi davvero dannoso per l'educazione dei nostri giovani. Essi vivono in un mondo in rapida evoluzione, significativamente diverso da quello in cui sono cresciuti i loro genitori.

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I bisogni di apprendimento dei "nativi digitali" sono conseguentemente nuovi e connessi con la possibilità di accedere a flussi di dati multipli.

Nella maggior parte delle scuole italiane le nuove tecnologie digitali, come telefoni cellulari e Wikipedia sono bandite. Molti insegnanti, sotto pressione da tutti i lati, hanno così paura di sperimentare l’uso delle nuove tecnologie che esigono una formazione completa prima di provare qualcosa di nuovo. Inoltre, salvo pochissime eccezioni, le nostre scuole non sono state fisicamente progettate per ospitare i computer. Una preoccupazione che frequentemente assilla gli insegnanti è data dal tempo che spesso viene sprecato nella configurazione e spegnimento del computer. Gli insegnanti sono spesso incerti su come integrare la tecnologia nei propri piani di lezione e temono che un imprevisto tecnico possa “mandare a monte” il loro programma di lavoro.

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Come, allora, possiamo andare avanti? Il processo di innovazione della scuola non dovrebbe escludere la parte che ne è maggiormente interessata: gli studenti. Purtroppo, nella maggior parte dei casi, nessuno chiede il loro parere. Eppure, i nostri allievi sono a volte più avanti dei loro educatori in termini di competenza digitale.

E’ necessario domandarsi quali possono essere le risposte più adeguate della scuola e degli insegnanti alle nuove esigenze formative che la società digitale pone in essere e riflettere su come evitare il gap generazionale spesso presente nel nostro contesto culturale tra scuola, insegnanti e studenti. Un primo passo fondamentale dovrebbe essere quello di costruire un ponte comunicativo tra allievi ed educatori attraverso un’azione di appropriamento di questi ultimi dei linguaggi utilizzati dalla “gioventù digitale”, Ciò, anche al fine di evitare quelle situazioni di incomunicabilità che spesso si vivono, all’interno delle dinamiche relazionali, tra soggetti di generazioni differenti. In tal senso, «gli insegnanti hanno bisogno, in quanto digital immigrants, di fare maggiore attenzione alle pratiche della comunicazione tra gli studenti, al loro uso del cellulare, di MSN Messenger o degli strumenti di social networking, di Flickr18, MySpace o Facebook19, o dei blog, come elementi fondamentali 18 19

Sito Internet e comunità virtuale per lo scambio e la condivisione di fotografie MySpace e Facebook sono comunità virtuali, e più precisamente reti sociali che offono ai propri utenti blog, gruppi, foto,

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della loro vita quotidiana, e dovrebbero trovare il modo di valorizzare queste nuove abilità come mezzi per potenziare il loro apprendimento»20. Ciò può servire agli insegnanti per avvicinarsi alle abitudini delle nuove generazioni e comprenderne i meccanismi cognitivi ed emozionali che potranno successivamente servire come base metodologica per le attività formative.

Nell’epoca digitale, la scuola necessita di un ripensamento globale che includa: nuovi curricula, organizzazione nuova, nuova architettura, nuovo insegnamento, nuovi sistemi di valutazione degli studenti, nuovi collegamenti parentali, più efficienti processi amministrativi, e molto altro ancora. Come suggerisce un pedagogista molto creativo e fuori dagli schemi come Sir Ken Robinson nel suo libro The Element: How Finding Your Passion Changes Everything: “Il fatto è che, date le sfide che dobbiamo affrontare, l'educazione non ha bisogno di essere riformata - bensì di essere trasformata. La chiave di questa trasformazione non è quella di uniformare l'educazione, ma di personalizzarla, per musica e video. Da: http://it.wikipedia.org/wiki/My_space 20 P. Ferri, La scuola digitale. Come le nuove tecnologie cambiano la formazione, Bruno Mondadori, 2008, p. 138

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favorire la realizzazione e scoprire i talenti individuali di ogni bambino, per inserire gli studenti in un ambiente dove vogliono imparare e dove possano naturalmente scoprire le loro vere passioni.”21

Il focus dell’attuale dibattito che coinvolge la scuola come istituzione non ruota dunque attorno alla tecnologia in senso stretto, ma alle dinamiche di innovazione che essa può innescare. Reinventare il ruolo degli insegnanti all'interno e all'esterno della classe può portare a un significativo miglioramento della qualità formativa dei nostri studenti. Le radici di tale miglioramento stanno già prendendo piede nelle scuole di oggi, ma hanno bisogno di costante nutrimento per crescere e trasformare il paesaggio globale. Compito delle istituzioni scolastiche è quello di inventare nuovi modi per sviluppare e incrementare modelli pedagogici e pratici fondati sull’apprendimento sociale, sull’apertura e la trasparenza, capaci di attrarre velocemente i nativi digitali. La riorganizzazione del sistema scuola richiede naturalmente anche investimenti importanti sulla formazione professionale dei docenti, sulla scelta dei programmi, delle discipline, degli obiettivi formativi da far conseguire poi agli allievi. La necessità di una nuova 21

Robinson, Ken, The Element: How Finding Your Passion Changes Everything, Penguin/Viking 2009 41


politica economica è una condizione fondamentale per riuscire a rispondere alle nuove emergenze educative che la società moderna e globalizzata impone. E’ indispensabile evitare il rischio che i giovani si allontanino dalla scuola e che il compito della formazione sia malamente supplita dai mass-media e dalla rete i quali - proprio per la loro ricchezza di stimoli e di interessi - già ora attraggono i ragazzi più delle ore trascorse in classe. Si tratta sicuramente di uno sforzo enorme! Ma i nostri studenti non meritano nulla di meno!

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BIBLIOGRAFIA: RACCOMANDAZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 18 dicembre 2006 relativa a competenze chiave per l'apprendimento permanente – Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (2006/962/CE) G. Bonaiuti, Didattica attiva con la LIM, 2010, pp. 153-158, Trento, Erickson P. Ferri, La scuola digitale. Come le nuove tecnologie cambiano la formazione, Bruno Mondadori, 2008 Rushkoff Douglas, Playing the Future: How Kids' Culture Can Teach Us to Thrive in an Age of Chaos. New York: HarperCollins, 1996 D. Smeriglio, Linee guida all’e-learning. Le nuove forme della didattica, Anicia, Roma, 2008 Robinson, Ken, The Element: How Finding Your Passion Changes Everything, Penguin/Viking 2009 Robinson, Ken, Out of Our Minds: Learning to be creative, Capstone/Wiley F. Zambotti, Per un uso metodologicamente consapevole e inclusivo della LIM (Lavagna Interattiva Multimediale) «Difficoltà di apprendimento», vol. 16, n. 2, pp. 211-220)

SITOGRAFIA: http://ec.europa.eu/information_society/digital-agenda/documents/digital-agendacommunication-en.pdf www.scuola-digitale.it www.edutopia.org http://www.imparadigitale.it Robinson K. “Changing the paradigm of Education” Video disponibile su U-Tube (http://www.youtube.com/watch?v=mO0_vVtY9SQ&feature=related) K. Robinson, TED Annual Conference – Monterey 2006 : “How school kills creativity”. Trascrizione disponibile su U-Tube http://www.youtube.com/watch?v=OfFlaIecEBg&feature=related ARTICOLI: R.Simone, "Se a scuola internet rende stupidi", articolo apparso su Repubblica 12.01.2012 “Facebook and Bebo risk ‘infantilizing’ the human mind,” the Guardian, 24.02.2009; “Web addicts have brain changes,” sito della BBC news, 11.01.2012.

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