Laroccadicembre2015 web

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Anno XXII Dicembre 2015 €. 1,00 Copia omaggio

Vinci l’indifferenza Conquista la pace Fondazione Arnone: Musica, Corsi di Lingue Universita’ Popolare


Giubileo

I marinesi incontrano Papa Francesco

Un centinaio di marinesi, guidati dal parroco e dal presidente della Congregazione san Ciro, ha partecipato all’udienza del 21 ottobre per ringraziare il Santo Padre della concessione del giubileo straordinario in occasione del 350° anniversario dell’arrivo delle reliquie di San Ciro a Marineo. Al termine dell’udienza i marinesi hanno offerto a Papa Francesco un piatto in ceramica, opera di una nota ceramista marinese. Pubblichiamo alcuni stralci del discorso del Papa, riguardante l’importanza della famiglia: “... L’intera realtà famigliare è fondata sulla promessa: si può dire che la famiglia vive della promessa d’amore e di fedeltà che l’uomo e la donna si fanno l’un l’altra. Essa comporta l’impegno di accogliere ed educare i figli; ma si attua anche nel prendersi cura dei genitori anziani, nel proteggere e accudire i membri più deboli della famiglia, nell’aiutarsi a vicenda per realizzare le proprie qualità ed accettare i propri limiti. E la promessa coniugale si allarga a condividere le gioie e le sofferenze di tutti i padri, le madri, i bambini, con generosa apertura nei confronti dell’umana convivenza e del bene comune. Una famiglia che si chiude in sé stessa è come una contraddizione, una mortificazione della promessa che l’ha fatta nascere e la fa vivere. Non dimenticare mai: l’identità della famiglia è sempre una promessa che si allarga, e si allarga a tutta la famiglia e anche a tutta l’umanità.... Nessun’altra scuola può insegnare la verità dell’amore, se la famiglia non lo fa. Nessuna legge può imporre la bellezza e l’eredità di questo tesoro della dignità umana, se il legame personale fra amore e generazione non la scrive nella nostra carne. ...L’amore per la famiglia umana, nella buona e nella cattiva sorte, è un punto d’onore per la Chiesa! Dio ci conceda di essere all’altezza di questa promessa …” L’immagine della copertina è il presepe di Assisi realizzato con un barcone proveniente da Lampedusa.

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GIUBILEO: LA MISERICORDIA STILE DI VITA “Questo Anno Straordinario è dono di grazia. Entrare per la Porta Santa significa scoprire la profondità della misericordia del Padre che tutti accoglie e ad ognuno va incontro personalmente. E’ Lui che ci cerca! E’ Lui che ci viene incontro! Sarà un Anno in cui crescere nella convinzione della misericordia ... Dobbiamo anteporre la misericordia al giudizio, e in ogni caso il giudizio di Dio sarà sempre nella luce della sua misericordia. ... Gesù non è altro che amore, un amore che si dona gratuitamente. Le sue relazioni con le persone che lo accostano manifestano qualcosa di unico e di irripetibile. I segni che compie, soprattutto nei confronti dei peccatori, delle persone povere, escluse, malate e sofferenti, sono all’insegna della misericordia. Tutto in Lui parla di misericordia. Nulla in Lui è privo di compassione. ... Forse per tanto tempo abbiamo dimenticato di indicare e di vivere la via della misericordia. La tentazione, da una parte, di pretendere sempre e solo la giustizia ha fatto dimenticare che questa è il primo passo, necessario e indispensabile …. E’ triste dover vedere come l’esperienza del perdono nella nostra cultura si faccia sempre più diradata. Perfino la parola stessa in alcuni momenti sembra svanire. Senza la testimonianza del perdono, tuttavia, rimane solo una vita infeconda e sterile, come se si vivesse in un deserto desolato. ... È il tempo del ritorno all’essenziale per farci carico delle debolezze e delle difficoltà dei nostri fratelli. Il perdono è una forza che risuscita a vita nuova e infonde il coraggio per guardare al futuro con speranza” Papa Francesco


attiVitàl’editoriale della FoNdaZioNe

Buoni e cattivi? O così così! di Giovanni Perrone Era abitudine, nelle scuole elementari di tanti anni fa, fare scrivere sulla lavagna – in due colonne ben distinte – i buoni e i cattivi. Ero andato in una quinta classe per la periodica visita del direttore. Si stava compilando la consueta classifica. Un alunno mi fece notare che mancava la colonna dei “così-così”, perché egli quel giorno si sentiva proprio così. “Io, invece, sono sempre buono!” saltò in piedi, quasi urlando, con visibile aria di arroganza, il ragazzo ritenuto più bravo. Di contro, l’alunno considerato il peggiore mi disse, con aria beffarda e spavalda: “Direttò, io sono sempre cattivo. Anche a casa mi dicono che sono un ‘malacarne’!” La fine di ogni anno stimola persone ed istituzioni a valutare l’anno che sta per finire. Ognuno usa parametri diversi: la fortuna o la sfortuna, la ricchezza o la povertà, la salute o la malattia, l’amicizia o l’inimicizia, la bontà o la cattiveria e così via. Provate anche voi a fare la distinzione delle persone che conoscete. Individuate i buoni e cattivi e riflettete sull’elenco stilato. Siete proprio sicuri che ogni nome sta nel posto giusto? Perché? Che cosa significa buono o cattivo per voi? Occorre, infatti, riflettere sul concetto di buono o di cattivo che abbiamo. E’ un concetto personale che viene costruito sulla base sia dei valori e dei pregiudizi che orientano la nostra vita sia delle esperienze vissute. Chi condivide i nostri valori o disvalori, chi protegge i nostri interessi è ritenuta persona buona. Al contrario, chi non li condivide è ritenuta persona non buona. Ad esempio, il buono può essere associato alla furbizia e alla capacità di arricchirsi fregando il prossimo e viceversa per quanto riguarda il cattivo. Per un mafioso il buono può essere colui che favorisce e condivide mal-

vagi interessi. Per un membro dell’ISIS il buono è chi distrugge l’infedele- nemico. E così via. Ognuno guarda gli altri e il mondo con i propri occhiali, purtroppo facilmente velati o sporcati dai mille pregiudizi che zavorrano la nostra vita. Tutti, facilmente e con molta superficialità ed autoreferenza, siamo pronti ad etichettare gli altri; questo ci dona sicurezza. Le etichettature, specialmente quelle negative, sovente restano durature incrostazioni e marchi indelebili che condizionano la nostra e l’altrui esistenza e falsificano la visione della realtà. Se, ad esempio, una persona di norma tranquilla perde la pazienza e si dà in escandescenze, abbiamo pronta l’etichetta della pazzia. Può bastare una sola azione negativa o problematica o “sentita dire” per oscurare una vita esemplare e distruggere la dignità di una persona. Non bisogna illudersi: il valutare l’altro raramente è frutto di obiettività. Siamo facilmente portati a vedere ed ingigantire il negativo che c’è negli altri in maniera da potere, arrogantemente, affermare che noi siamo migliori, come se il nostro essere buoni dipendesse dal fatto che gli altri sono meno buoni di noi! Tante persone sono condizionate pesantemente dalla visione negativa che hanno gli altri nei loro confronti. Chi è ritenuto ‘malacarne’ sin da piccolo facilmente si convincerà di esserlo veramente e farà di tutto per esserlo pienamente! Di contro le visioni positive incoraggiano comportamenti positivi. Il mondo è vario, lo sappiamo. C’è chi spreca gran parte del proprio tempo (anche quello in cui dovrebbe compiere il proprio dovere) nella perfida attività di cercare ed esaltare difetti e malefatte altrui e c’è chi invece, saggiamente, impiega il tempo operando il bene e non ha

né tempo né voglia di far pettegolezzi. Nessuno è buono al cento per cento e nessuno è pienamente malvagio. Anche nell’uomo ritenuto peggiore c’è del bene che può e deve essere sostenuto e promosso. L’anno nuovo che viene, anno di misericordia, ci aiuti a superare il male che c’è in ciascuno di noi, potenziando il bene, favorendo nel contempo il costante esercizio della scoperta del positivo che c’è negli altri, valorizzandolo adeguatamente perché il bene produca bene. E’ un esercizio da promuovere sin dai primi anni di vita perché divenga stile di vita. Piuttosto che elencare buoni e cattivi è opportuno imparare a fare emergere il bene che c’è in ciascuno. Il vero bene è come il sole che realizza il suo essere nel dare luce e calore a tutti, buoni o cattivi che siano. I suoi raggi, ovunque arrivano, fanno sparire tenebre, ombre, muffe, fanghi e incrostazioni, fattori che rovinano noi stessi e la società. Siamo buoni o cattivi? Siamo tutti “così così”, persone in cammino verso il bene, per irradiare bene ovunque operiamo e per lasciare tracce di bene, perché nessuno si perda. Aiutiamoci l’un l’altro a divenire migliori: è il più bel regalo di Natale e capodanno che possiamo fare a noi stessi e agli altri! Buon e santo Natale, prospero anno nuovo a tutti, con il sincero augurio di ogni bene.

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Cronaca

attualità

Grazie, cardinale Romeo Benvenuto, arcivescovo Lorefice Cambio di Pastore alla guida della nostra diocesi. il Cardinale Paolo romeo, ha lasciato l’incarico per raggiunti limiti di età. Papa Francesco ha nominato don Corrado lorefice che si è insediato il 5 dicembre. riportiamo alcuni stralci del discorso di commiato dell’arcivescovo uscente e del saluto iniziale del nuovo Come Padre e Pastore della nostra arcivescovo. comunità diocesana, ho potuto coIL CARDINALE PAOLO ROMEO: “HO APPREZZATO IL GENEROSO IMPEGNO DI SACERDOTI E LAICI” “ …. Non si possono dire i ricordi in questo momento, ma sicuramente c'è un ricordo di una chiesa che brilla in mezzo a tante oscurità, che guarda il cielo. Lascio una città che ho cercato di servire, che ho stimolato, una città molto problematica. Vedo una situazione difficile, dove vedo partire tante persone, vedo tante persone senza casa, senza un reale progetto che possa affrontare questi problemi molti complessi. Vedo tanti bambini che non possono essere accolti. Dietro ci sono tante madri e tante famiglie che non possono dedicarsi al lavoro perché nessuno garantisce loro nessun tipo di stabilità ….

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noscere – con lo stupore che suscita lo scoprire l’azione della grazia del Signore nelle nostre vite e nelle dinamiche della comunità ecclesiale – il generoso impegno e la viva sollecitudine di tanti presbiteri, nonché la dedizione di tante persone consacrate che, fedeli al carisma dei propri fondatori, con la loro opera esprimono il volto sollecito di Dio Padre e della Madre Chiesa, specialmente verso le fasce più bisognose della società. Inoltre ho apprezzato la testimonianza di vita di tanti laici che, fedeli ai loro impegni battesimali, annunziano il Vangelo con le loro opere prima che con le loro parole, adoperandosi per trasmettere quel patrimonio di fede che ci hanno consegnato i nostri padri. …. Tutto ciò mi ha fatto sperimentare la veridicità di quanto diceva don Pino Puglisi af-

fermando che “…se ognuno fa qualcosa, insieme possiamo fare molto”. Pur sempre cosciente dei limiti della mia persona umana, ringrazio quanti, con la loro collaborazione, hanno permesso al Popolo Santo di Dio, pellegrino in Palermo, di muovere insieme dei passi sui cammini della santità e dell’evangelizzazione”. MONS. CORRADO LOREFICE: “LASCIAMOCI INSIEME GUIDARE DAL VANGELO” “Non ho piani da proporvi, non ho programmazioni pastorali da inculcarvi, ma vi chiedo solo di aiutarmi ad ascoltare la chiamata che mi ha portato qui tra di voi, di continuare ad ascoltarla e di lasciarci insieme guidare dal Vangelo. Papa Giovanni XXIII che ci ha donato il Concilio, rinnovata Pentecoste del nostro tempo, ci ha detto che non è il Vangelo che cambia ma siamo noi che cominciamo a comprenderlo meglio. Ecco la fonte della Chiesa povera e dei poveri che oggi Papa Francesco ci consegna e che ho avuto modo di approfondire in questi anni nel contributo del card. Giacomo Lercaro e di don Giuseppe Dossetti al Vaticano II. Perché la paternità del vescovo, come sappiamo non significa esercizio di potere e di dominio. Quando Gesù


Cronaca

dice con forza ai discepoli di non chiamare nessuno «padre» sulla terra, intende, a mio modo di vedere, richiamare in controluce il senso della vera autorità, della paternità che Lui ha esercitato tra di noi avendo cura di tutti e avendo a cuore tutti ….. Voglio dunque con voi ascoltare il Vangelo, ricordarvi la sua bellezza e il suo dinamismo e al contempo desidero ardentemente, in tutto il mio ministero, ascoltarvi: con passione, con dedizione quotidiana. L’ascolto autentico del Vangelo e l’ascolto degli altri nella verità sono due azioni inMARINEO: LE CELEBRAZIONI RELIGIOSE NEL PERIODO NATALIZIO 24 dicembre – Veglia di Natale Ore 22,30: Collegio ore 23: Chiesa Madre ore 23,30: Convento 25 dicembre – Celebrazione eucaristica Chiesa Madre: ore 10; 11,30; 19 Collegio: ore 8,30 Convento: ore 11; 18 31 dicembre – Vigilia di Capodanno Messa prefestiva: Convento: ore 18 Chiesa Madre: ore 19 – con canto del Te Deum

attualità

timamente connesse. Voglio ascoltare voi, sorelle e fratelli diletti, voglio ascoltare voi, presbiteri della mia Chiesa, sin d’ora da me molto amati. Voglio immettermi nella vivente e ricca tradizione di questa Chiesa di Palermo, ascoltare la sua santità e la sua fede operante, imparare come essa accoglie e vive la Parola di Dio ospitata nelle pagine della Scrittura e nelle pagine della sua Storia, come si conforma al suo Signore nei segni sacramentali della Chiesa – la Frazione del pane, l’ascolto orante della Parola, i Poveri e i Piccoli – e negli eventi della storia, nei segni dei tempi. Voglio immergermi nel vissuto e nella storia di questa grande città che è Palermo, con ammirazione e rispetto, per ascoltarne il respiro, per essere aperto alla parola di ognuno, sapendo che lo Spirito come il vento «soffia dove vuole» (Gv 3, 8), e che il Regno di Dio è ben più grande della Chiesa”. Celebrazione fine anno (Capodanno alternativo): Chiesa Madre: ore 23 – Adorazione Eucaristica; ore 24 – S.Messa Convento: ore 23,15 1 gennaio – Celebrazione Eucaristica Chiesa Madre: ore 11,30; 19 Collegio: ore 8,30 Convento: ore 11; 18 6 gennaio – Epifania Celebrazione Eucaristica Chiesa Madre: ore 11,30; 19 Collegio: ore 8,30 Convento: ore 11; 18 A voi tutti l’augurio di un santo Natale e di un prospero anno nuovo.

Confraternita di Gesù Maria e Giuseppe

In mostra 30 anni di presepi

Trenta anni di amore, di fraternità, di spirito del Natale hanno unito la Nostra confraternita nella realizzazione di svariati e bellissimi presepi statici e viventi che hanno sempre attirato l'attenzione dei fedeli. Ci siamo sempre dati da fare per portare avanti e far conoscere agli altri la magia e lo spirito del Natale per i quali ci impegneremo affinché nessuno ce li porti via. Il Natale fa parte del nostro essere cristiani e della nostra cultura. Pertanto quest'anno abbiamo allestito una mostra che racchiude trent'anni di Presepi realizzati dai giovani della nostra confraternita che vuole essere uno stimolo per tutti i cristiani per affermare e confermare le origini della nostra civiltà cristiana di cui tutti siamo orgogliosi. Vi diamo quindi appuntamento per il 25 dicembre 2015 dalle ore 17.00 all'inaugurazione della mostra. Il Superiore Spinella Antonino

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attualità

iNFormaZioNe FormaZioNe

E se facessimo a meno della religione? Quasi tutto il pianeta è disposto a scannarsi a vicenda per difendere la propria verità. Più che ostentare certezze è mia intenzione seminare dubbi.

Il titolo di questo breve articolo è volutamente provocatorio. Più che ostentare certezze è mia intenzione seminare dubbi. Per cui preferirò lanciare interrogativi che possano suscitare nel lettore una riflessione seria e consapevole. Siamo alle prese con un integralismo islamico che attraverso il terrorismo sta seminando morte e paura in tutta Europa. L'ISIS continua con profitto il progetto che fu di Al-Qaeda e prima ancora dei Talebani, di Hamas, dei Ceceni, dei mujaheddin e via discorrendo. E' altresì innegabile che dall'altro fronte si colgono rigurgiti integralisti di matrice religiosa in quasi tutti gli attori del quadro geopolitico. Partiamo dagli israeliani impegnati in una guerra di difesa dal terrorismo palestinese dove la componente religiosa è assai invadente: questa è la Terra Promessa, Dio ce l'ha data e guai a chi la tocca. Come non leggere tra le righe delle cerimonie pubbliche di Putin un'intima

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connessione con la Chiesa Ortodossa dei cui valori egli si erge a paladino, nonostante l'ingombrante passato di capo del KGB sovietico e comunista? E ancora, di recente, i toni dei candidati repubblicani, Trump in primis, non stanno rispolverando un lessico da scontro di civiltà dove la parola Crociata torna ad essere riabilitata e, sommessamente, riprende a sussurrarsi "Dio lo vuole"? Tra l'altro gli Usa sono il terreno in cui tutti questi estremi convivono, non certo pacificamente. Si veda l'ultima incursione mortale contro una clinica che pratica aborti; lì è accettabile come principio che i militanti dei movimenti pro-life sparino ai medici abortisti. Dunque se quasi tutto il pianeta è disposto a scannarsi a vicenda in nome di un Dio, il proprio, per difendere la verità, la propria, dalla contaminazione dell'altro, delle sue idee e delle sue convinzioni, non è che forse stiamo sbagliando qual-

cosa? Eliminare la religione dalla nostra vita potrebbe essere una soluzione? Possiamo altresì negare che esiste anche l'integralismo laicista che irride e demonizza chiunque trovi in una Fede una ragione di esistenza e di consolazione e che spesso è altrettanto irragionevole dell'ortodossia religiosa? E poi, dietro a tutte queste guerre di religione, crociate e jihad, siamo certi che ci siano solo questioni spirituali e di metafisica consistenza? Convincere un ragazzo ad imbottirsi di esplosivo e farsi esplodere con il fine di destabilizzare, creare panico e, chissà, far aumentare il prezzo del petrolio, non sarebbe certo possibile. Inculcargli nella mente che con quel gesto si guadagnerà il paradiso e sarà ricordato come un martire della guerra santa forse è fattibile. Convincere l'opinione pubblica a stanziare in tempi di crisi miliardi di dollari o euro in armamenti potrebbe essere non accettabile, cavalcare l'onda dell'allarme sociale che il terrorismo genera tra la gente rende facile ciò che prima sembrava impossibile. Vuoi vedere che si tornerà a parlare di F-35? Se esiste un Dio, Allah, Yahweh, Krisna, Bhudda etc, che ha creato il mondo e l'uomo che lo abita, deve necessariamente essere un'Entità di Amore, un difensore della vita, che condanna la violenza e che predica il rispetto, la pace e la fratellanza tra gli uomini. Tutte le versioni alternative che abbiamo di Lui sono frutto solo della nostra mala fede che ci spinge a indorare di sacralità la nostra cupidigia ed il nostro egoismo! Nino Di Sclafani


Cronaca

attiVità della ComuNità FoNdaZioNe

1° Gennaio Giornata Mondiale per la Pace

Vinci l’indifferenza conquista la pace “Vinci l’indifferenza e conquista la pace” è il tema scelto da Papa Francesco per la 49.ma Giornata Mondiale della Pace, che verrà celebrata il primo gennaio 2016. A renderlo noto è stato il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, che sottolinea: “La pace va conquistata: non è un bene che si ottiene senza sforzi, senza conversione, senza creatività e confronto”. Attenzione, sensibilità, spirito di iniziativa: non sono qualità che si acquisiscono semplicemente perché si è informati sui problemi del mondo. Se così fosse, oggi molti di quei problemi non esisterebbero. E invece, asserisce il dicastero di Giustizia e Pace presentando il tema della Giornata, è proprio “l’indifferenza nei confronti delle piaghe del nostro tempo” una “delle cause principali della mancanza di pace nel mondo”. Gli indifferenti L’indifferenza del 21.mo secolo, si legge nel comunicato, “è spesso legata a diverse forme di individualismo che producono isolamento, ignoranza, egoismo e, dunque, disimpegno”. E “l’aumento delle informazioni non significa di per sé aumento di attenzione ai problemi, se non è accompagnato da una apertura delle coscienze in senso solidale”. Una sfida collettiva, dunque, che può essere vinta, si af-

ferma, con il contributo “indispensabile” di famiglie, insegnanti, formatori, operatori culturali e dei media, di intellettuali e artisti. Terra di conquista Questo sforzo comune dimostra come la pace vada “conquistata”. “Non è – osserva il Pontificio Consiglio “Giustizia e Pace”– un bene che si ottiene senza sforzi, senza conversione, senza creatività e confronto”. Si tratta, indica, “di sensibilizzare e formare al senso di responsabilità riguardo a gravissime questioni che affliggono la famiglia umana, quali il fondamentalismo e i suoi massacri, le persecuzioni a causa della fede e dell’etnia, le violazioni della libertà e dei diritti dei popoli, lo sfruttamento e la schiavizzazione delle persone, la corruzione e il crimine organizzato, le guerre e il dramma dei rifugiati e dei migranti forzati”. Così facendo, si riusciranno a cogliere anche le “opportunità e possibilità per combattere questi mali” e in quest’ottica, sostiene il dicastero pontificio, “la maturazione di una cultura della legalità e l’educazione al dialogo e alla cooperazione” sono “forme fondamentali di reazione costruttiva”. Mai più schiavi Il tema per la Giornata mondiale della pace 2016 è legato a quello del 2015, “Non più schiavi ma fra-

Solidarietà al popolo francese Sindaco, giunta e consiglio comunale scrivono alla comunità di Sainte Sigolène Il sindaco, la giunta ed il consiglio comunale di Marineo hanno espresso sentimenti di solidarietà e di vicinanza al popolo francese vittima degli attentati terroristici del 13 novembre. Espressa “fraterna Solidarietà e il più sentito cordoglio per tante vittime innocenti. Questi attentati non sono solo un attacco alla Francia ma all’Europa intera e a tutti coloro che credono nei valori della democrazia e del dialogo come è avvenuto con il nostro gemellaggio”. telli”, col quale Papa Francesco aveva messo a fuoco un argomento drammatico, che lo addolora profondamente. In continuità con la riflessione sviluppata il primo gennaio scorso, il comunicato del dicastero vaticano ricorda che “un campo in cui la pace si può costruire giorno per giorno vincendo l’indifferenza è quello delle forme di schiavitù presenti oggi nel mondo”. E soggiunge: “Bisogna portare avanti questo impegno, con accresciuta coscienza e collaborazione”. La pace, si conclude, “è possibile lì dove il diritto di ogni essere umano è riconosciuto e rispettato, secondo libertà e secondo giustizia”. Da Radio Vaticana La Rocca 7


Corsi

attiVità della FoNdaZioNe

Scuola di musica, nuovi corsi della Fondazione Nuova offerta formativa a partire dal canto moderno, chi- ampio spazio sarà dato ai laboratori tarra elettrica, batteria e soprattutto ampio spazio sarà di musica d’insieme che rappresenteranno un momento importantisdato ai laboratori di musica d’insieme.

Anche quest’anno la Fondazione culturale "G. Arnone" ha attivato nuovi corsi di formazione musicale, organizzati sulla base delle domande pervenute per la partecipazione all’anno scolastico 20152016. Con tale attività, la Fondazione Arnone intende potenziare il fare musica per tutti gli studenti. Chi frequenta oggi la scuola di musica cresce in un mondo fortemente influenzato dalla presenza della musica intesa come veicolo di comunicazione. Con questi obiettivi l’Ente da quest’anno, su proposta del presidente

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arch. Guido Fiduccia, ha attivato una nuova offerta formativa a partire dal canto moderno, chitarra elettrica, batteria e soprattutto

simo della formazione musicale. Suonando insieme agli altri emergono, infatti, tutte le questioni relative alla propria preparazione sullo strumento (preparazione tecnica, della lettura, dell’ear training ecc.) e attraverso la guida dei docenti si curano aspetti che è possibile studiare solo insieme agli altri, come l’interplay, l’arrangiamento per il proprio strumento o la costruzione del repertorio. I corsi sono aperti agli studenti dai sei anni di età, fino ad un massimo variabile sulla base dello strumento richiesto, e vi si accede mediante una valutazione fatta dai docenti di competenza. Le attività sono articolate in tre cicli: Primo ciclo preparatorio, ciclo intermedio e ciclo avanzato. Ogni ciclo è suddiviso in corsi che prevedono il superamento di un esame per passare al ciclo successivo. I corsi base sono istituiti per i seguenti insegnamenti: canto, chitarra classica, chitarra elettrica, batteria, musica d’insieme, ottoni, ance, archi e pianoforte. Per informazioni rivolgersi alla segreteria della Fondazione – piazza della Repubblica 20 – tutti i giorni dalle ore 9 alle 13, escluso il sabato (tel. 0918726931).


Corsi

attiVità della FoNdaZioNe

Fondazione: corsi di lingua inglese, francese e cinese anche il cinese tra le lingue da studiare. inoltre certificazione internazionale per inglese e francese. La Fondazione G. Arnone, visti i risultati molto positivi raggiunti lo scorso anno, ha deliberato di organizzare, anche per quest’anno, una nuova offerta formativa sulle lingue straniere. Il consiglio di amministrazione intende, infatti, dare l’opportunità ai giovani di frequentare non solo corsi di lingue occidentali, ma anche quelle orientali, nello specifico il corso di base di lingua cinese. La Cina è oggi il più grande paese in via di sviluppo e chi decide di studiare una lingua orientale, non solo sceglie di diventare cittadino del mondo, ma soprattutto sceglie di essere un precursore dei tempi. Gli alunni avranno inoltre modo di iscriversi,

come nell’anno precedente, ai corsi di lingua straniera di base e ai corsi di inglese e francese finalizzati al conseguimento delle certificazioni internazionali. Gli obiettivi del corso: apprendere/consolidare/rivedere le strutture grammaticali di base o di livello pre-intermedio o di

livello intermedio; ampliare il lessico generale, migliorare le abilità di comprensione ed espressione orale; elaborare documenti e comporre messaggi. Per informazioni rivolgersi alla segreteria della Fondazione al tel. 091/8726931.

La ‘ROCCA, - Giornale periodico delle Fondazioni Culturali "G. Arnone" Piazza della Repubblica, 20 - 90035 Marineo - Registrato presso il Tribunale di Palermo al n. 4/93 decr. 6.3.1993 DIRETTORE RESPONSABILE: Giovanni Perrone REDAZIONE E IMPAGINAZIONE: Nuccio Benanti SEGRETERIA DI REDAZIONE: Marta Raineri, Giuseppe Taormina HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO: Chiara Calderone, Filippo Fragale, Totò Greco, Giuseppe Inguì, Michele De Lucia, Maria Cinzia Ragusa, Salvatore Ribisi,Tommaso Salerno, Antonino Scarpulla, Franco Vitali. STAMPA: Tipografia Aiello & Provenzano Per le vostre inserzioni su questo giornale: Fondazione Arnone Tel/fax: 0918726931 info@fondazionearnone.it FONDAZIONI CULTURALI "G. ARNONE" CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE: Arch. Guido Fiduccia (presidente), Suor Eleonora Alongi, Dott. Marco Anello, Dott. Antonino Cutrona REVISORI DEI CONTI: Dott. Roberto Ciaccio

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Corsi

attiVità della FoNdaZioNe

Università Popolare, nuovo calendario delle lezioni aggiunti corsi riguardanti il cucito e l’uncinetto, la conoscenza del pregiato lavoro femminile marinese, la valorizzazione della memoria personale, collettiva e comunitaria.

I corsi offerti dall’Università popolare di Marineo nell’anno appena trascorso hanno avuto favorevole accoglienza presso i marinesi: sessanta persone hanno fruito delle offerte formative proposte. Forte di questo avvio incoraggiante, anche quest’anno verrà ripetuta l’iniziativa: verranno riproposti molti dei corsi dell’anno scorso ma a questi ultimi si aggiungeranno nuove tematiche e nuovi argomenti sia di interesse generale che della sfera personale. Ai temi di medicina, letteratura, etnolinguistica, tradizioni popolari,

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informatica, cinema, micologia, salute del corpo, il sistema fiscale – già proposti lo scorso anno – verranno aggiunti corsi riguardanti il teatro dell’antichità, il cucito e l’uncinetto, la conoscenza del pregiato lavoro femminile marinese, la valorizzazione della memoria personale, collettiva e comunitaria. Si farà tesoro dell’esperienza appena trascorsa – miglioreranno logistica e organizzazione dei tempi e dei metodi – ma il nostro punto di forza sarà ancora una volta quello di affiancare ad una offerta formativa data con entusiasmo,

Autismo? Parliamone! Il 17 e 18 dicembre, mentre il giornale va in stampa, la cooperativa CreaMente, in collaborazione con l’Università di Palermo, l’Asp 6, il Comune di Marineo e diversi altri operatori del settore socio-sanitario, organizza presso il Castello Beccadelli un seminario scientifico dal titolo “Autismo? Parliamone!”. All’iniziativa di alta valenza scientifica aderisce anche la Fondazione culturale “G. Arnone” che offrirà ai partecipanti un momento musicale.

gratuità ed amore, la consapevolezza di dare un contributo al desiderio di conoscenza ed approfondimento di esigenze personali e collettive. Sullo sfondo di tutto ciò l’appagamento del desiderio di stare insieme, di scoprire noi stessi ed il mondo che ci circonda, di vivere insieme quegli elementi caratteristici comuni che ci fanno appunto “comunità”. Informazioni ed iscrizioni: Segreteria della Fondazione Arnone aperta tutti i giorni dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00/13:00 martedì e venerdì dalle ore 16:30 alle ore 19:30. Piazza della Repubblica n.20 – Marineo (Pa) 091 8726931 – info@fondazioneamone.it F.V.


Cronaca

ComuNità

La rinascita della calce: convegno Si è scelta la Sicilia per la presenza di diversi gruppi di ricerca che da anni conducono studi su malte antiche. marineo ha una lunga tradizione legata alla calce.

C’è un clima di rinnovato interesse per la calce nel restauro archeologico architettonico e nell’edilizia di qualità. Ciò va associato ad un netto incremento di studi archeometrici su malte e intonaci antichi che vi è stato in questi ultimi anni, oltre che alla volontà sempre più forte di recuperare le proprie tradi-

zioni edilizio-artistiche, soprattutto per quel concerne i materiali e le tecniche. In tale favorevole contesto l’istituto CNR-ISTEC di Faenza (dr. Michele Macchiarola, dr.ssa Sabrina Gualtieri) e la sezione palermitana del CNR-ISMN (dr.ssa Maria Pia Casaletto), con l’aiuto fondamentale del restauratore prof. Giuseppe Inguì, hanno organizzato una serie di eventi sul meraviglioso mondo della calce intitolato “La rinascita della calce. Un antico e innovativo materiale per il futuro”. Si è scelta la Sicilia quale location per questo evento per il suo stretto e storico legame

con la calce e per la presenza di diversi gruppi di ricerca che con successo da anni conducono studi su malte antiche a calce e sull’applicazione di nanotecnologie nel settore della conservazione. In Sicilia inoltre operano molte aziende che usano calce in interventi di restauro ed in campo artistico. L’evento si è tenuto in parte a Palermo con una conferenza internazionale “Lime. The past meets the future” nelle giornate del 23-24 settembre 2015 presso l’Area della Ricerca del CNR e in parte a Marineo PA (25 e 26 settembre), dove si sono realizzate esibizioni artistiche con l’impiego di calce, simulazioni di interventi di restauro con l’uso di calce, una mostra fotografica sul mondo della calce in tutte le sue sfaccettature e si sono tenute inoltre diverse presentazioni sul ciclo della calce, sulle caratteristiche delle malte storiche in Sicilia e sulla produzione storica della calce a Marineo. Molto interessante e spunto di diverse riflessioni è stata infine la visita a Marineo di una calchera del secolo scorso. Nel corso della tavola rotonda tenutasi a Palermo il 24 settembre, preso atto del successo della manifestazione, per unanime volontà dei presenti si è deciso di proseguire con l’esperienza di Re-Lime con la realizzazione di nuove edizioni itineranti per l’Italia ed eventualmente anche all’estero. Sempre nel corso della tavola rotonda si è deciso di avviare un censimento delle calchere in Sicilia e di realizzare un Parco della Calce, un luogo fisico d’incontro tra quanti studiano e usano calce, in cui realizzare una calchera sul modello di quelle antiche, produrre calce, fare formazione, ecc. Giuseppe Inguì Michele Macchiarola La Rocca 11


Cronaca

Foto: Giuseppe Taormina

ComuNita

Il mondo della calce a Marineo Mai come nel caso del mio paese – Marineo – l’appellativo di “calce viva”utilizzato nei riguardi della calce, calza a pennello e configura quell’elemento come sintesi del binomio natura-cultura. Calce “viva”: elemento presente nella vita paesana, pulsante, capace di “dare” e di “ricevere” presso la nostra comunità, capace di porsi come elemento-prodotto di un fatto culturale ed al tempo stesso elemento capace di produrre cultura. Nel mio paese la calce fu elemento vivo che coinvolse e condizionò la vita sociale, l’economia paesana, la cultura materiale, la configurazione del paesaggio “vissuto” dei nostri luoghi, la memoria identificante della comunità ed alcuni aspetti etnolinguistici locali. Per la presenza a Marineo delle cave di pietra calcarea - una addirittura nel ventre della Rocca - e delle calcare – luoghi preposti alla cottura delle pietre ed alla loro trasformazione in calce – tanti marinesi ebbero il lavoro che offrì loro un reddito.

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Nel tempo in cui le case del paese venivano realizzate con pietre e calce, tanti muratori e manovali si guadagnarono da vivere; senza parlare poi dei tantissimi marinesi che si costruirono da soli la loro piccola dimora, “stemperandosi” da soli la calce ed utilizzandola come collante e come elemento principale per imbiancare i muri interni ed esterni della modestissima abitazione realizzata ma vissuta come un tetto sicuro, una piccola regia personale. La calce trovò impiego anche nelle campagne: per disinfettare i pozzi e le cisterne colme d’acqua, per proteggere i tronchi degli alberi dai parassiti e – da sola o accoppiata con il solfato di rame, la silestra – per essere spruzzata sulle foglie degli alberi di ulivo o sulle viti. Quando poi la calce venne utilizzata per imbiancare i prospetti delle case paesane, essa determinò – con l’aggiunta dei tipici colori rosa, azzurro o giallo – il paesaggio marinese: concorse a creare quel mix fatto da colori, odori, rumori, sen-

sazioni che fanno di un posto fisico un “luogo” unico ed irripetibile: elemento spazio-temporale che vive nel presente di ciascuno di noi e persiste nella memoria, marcando l’identità individuale e collettiva. Persino nella parlata locale la calce lasciò il suo segno: Calcara fu un cognome abbastanza diffuso in paese; Carcararu fu uno dei tanti soprannomi, certamente derivato dal mestiere che il suo possessore svolgeva o aveva svolto egli stesso o i suoi antenati . Quacinaru fu definito chi viveva da dongiovanni passando da femmina a femmina; strascina-quacina fu definito chi era pettegolo e seminatore di zizzania. Si può ben dire che la calce - la quacina – è stata per Marineo elemento vivo, largamente condiviso, condizionante culturalmente e saldamente ancorato alla memoria paesana. Non è cosa da poco, specie se si assiste al suo recupero come elemento naturale dalla lunga durata e non inquinante. Franco Vitali (Dagli atti del convegno)


Cronaca

ComuNità

Breve storia dell’utilizzo della calce a Marineo la calce ebbe un ruolo importante come materiale legante nella costruzione della nuova marineo fondata a metà del XVi secolo. una fornace, la più recente e la meglio conservata, si trova nei pressi dell’abitato di marineo sul pendio nord della rocca.

L’uso della calce a Marineo ha radici lontane. Ma per quanto vi siano consistenti testimonianze di frequentazione nel nostro territorio sin dalle età più remote non vi sono tracce di utilizzo della calce nei siti preistorici conosciuti come Risalaimi e Pulpito del Re. In epoca storica l’uso della calce è ampiamente testimoniato dalla presenza di residui d’intonaco nelle murature degli abitati del nostro territorio. Infatti, sulla Montagnola, sede dell’antica città di Marineo, sono state rinvenuti diversi reperti con la presenza di calce che includevano minuti frammenti ceramici.

Nei saggi di scavo sono stati portati alla luce degli ambienti interamente intonacati sia all’interno dell’abitato sia lungo il muro di cinta con una malta che però non sembra avere caratteristiche atte a garantire l’impermeabilità. E’ verosimile che questo e altri ambienti simili fossero utilizzati come silos per lo stoccaggio di legumi e cereali. E’ al tempo dei Romani che l’utilizzo della calce diventa diffuso, avendone sviluppato al massimo le tecniche di produzione. A fronte di ciò non sono state rinvenute tracce di fornaci per la produzione della calce nel nostro territorio riferibili

all’epoca classica. Ciò non esclude evidentemente la presenza di carcare in loco che solo lo scavo archeologico porterà sicuramente alla luce. Dal XIV secolo, la costruzione delle numerose masserie nel nostro territorio, alcune davvero imponenti e di grandi manufatti come chiese e monasteri (San VitoScanzano) imponeva la necessità della produzione in loco di calce. Vale la pena di ricordare anche la Masseria fortificata di Risalaimi e la contemporanea Masseria di Parco Vecchio da dove vengono gli affreschi di fine quattrocento di Tommaso de Vigilia conservati presso il Museo regionale Palazzo Abatellis e la grande masseria ora scomparsa delli Corrioli . La calce ebbe un ruolo importante come materiale legante nella costruzione della nuova Marineo fondata a metà del XVI secolo La Rocca 13


Cronaca

ComuNità

dalla Famiglia Beccadelli Bologna che, insieme alle prime trecento case, che concessero a censo ai nuovi abitanti, fece costruire anche le infrastrutture più impegnative quali la chiesa Madre e il Castello. Proprio in un contratto d‘opera e di fornitura dei materiali per la costruzione del Castello del 1558 il capomastro si obbligava a fornire tutto il materiale necessario e doveva fornire calce e arena. La calce necessaria alla maramma veniva prodotta a Marineo. Gilberto Bologna fece costruire nel 1558 “una calcara di tutto punto” ai Mastri Mariano Giuffrida, Antonino Sardo e Leonardo Valluni “in loco ditto alla scala, alla finaita di la vigna di lo baruni”, poco più a valle dell’attuale Convento dei francescani. Verosimilmente non era l’unica calcara che produceva calce per la costruzione del nuovo paese e diverse altre ce ne dovevano essere. Un’altra calcara coeva (1557) venne costruita da Andrea Xurtino ad opera di mastro Jacopo Spatafora del casale di Furnari il quale si

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impegno a “ facer una calcaria in parte posteriori molendini ditti Andrea in loco ditto allo Stricto di Marineo” . La presenza di diverse calcare a Marineo nel corso dei secoli è attestata nel tempo dai rogiti notarili e dalla documentazione coeva sino all’ottocento. Ormai però da oltre mezzo secolo a Marineo non si produce più calce, l’ultima fornace fu attiva sino agli anni cinquanta del secolo scorso. Sino agli anni ottanta erano attive delle calcare a Bagheria e Palermo da dove si rifornivano i commercianti che la rivendevano e per l’utilizzo finale doveva essere reidratata nella apposita “fossa della calce ” domestica. Tra gli ultimi ruderi di calcare presenti a Marineo e nelle immediate vicinanze pare opportuno ricordare quella esistente nel Bosco eretta verosimilmente al tempo della costruzione del Real Casino di Caccia e dei fabbricati annessi a Ficuzza da Ferdinando di Borbone tra la fine del Settecento e i primi anni dell’Ottocento. Un'altra di età

imprecisata invece quella realizzata presso il Bosco Manca. La terza fornace, la più recente e la meglio conservata, si trova e nei pressi dell’abitato di Marineo sul pendio nord della Rocca appartenente alla Famiglia Arnone. E’ stata realizzata nei primi decenni del Novecento e si differenzia dalle precedenti per la diversa tecnica costruttiva e per essere integrata in un sistema complesso di produzione di materiali per l’edilizia. Rimase attiva sino agli anni cinquanta mentre il resto della produzione durò sino ai primi anni settanta. La calce, in virtù della minore richiesta di energia in produzione, della salubrità impartita agli edifici e della completa compatibilità con il costruito storico, si propone a noi, oggi, come il legante da costruzione del terzo millennio, con quella ‘freschezza’ e ‘capacità di stupire’ che solo un materiale straordinario può vantare, dopo secoli di sperimentazione e di duro e infaticabile lavoro. Nino Scarpulla


Cronaca

ComuNità

Lia Perrone: una maestra esemplare All’età di sessantasette anni, dopo due mesi di grave malattia, sopportata con coraggio e serenità, la maestra Lia Perrone ha concluso la sua esistenza terrena. Al suo funerale ha partecipato una folla di amici, conoscenti, ex alunni, genitori di alunni, per testimoniare riconoscenza verso un’insegnante che ha dedicato la sua vita al servizio della Scuola, della Parrocchia, dei malati. Da vera maestra ha saputo testimoniare l’apertura al mondo, la voglia di far sempre meglio, l’amorosa cura per tutti, lasciando una meravigliosa e duratura traccia. Una maestra che mai ha voluto apparire, ma che ha saputo essere nella quotidianità madre, nonna, maestra, cristiana, cittadina esemplare! Nella sua vita ha testimoniato in vari modi un generoso impegno ben radicato nella fede e nell’amore per tutti. I numerosi alunni che ha accompagnato nei suoi 40 anni di servizio scolastico la ricordano per la disponibilità, la professionalità, l’attenzione ai più deboli. I colleghi ricordano la sua sensibilità educativa

testimoniata con umiltà nella quotidianità. Gli amici sigolenesi, che ha voluto e saputo accogliere a casa sin dal primo anno di gemellaggio, ne esaltano la sincera e fedele amicizia. Al termine del suo impegno scolastico non si chiuse in una sterile vita da pensionata, ma continuò ad esercitare il servizio al prossimo mettendosi a disposizione degli ammalati, attiva socia dell’UNITALSI, e della Parrocchia per portare l’Eucarestia e il conforto a chi ne aveva bisogno. La stessa mattina in cui dovette essere condotta in ospedale, nonostante i lancinanti dolori, volle andare a messa e portare la comunione ad alcuni ammalati. Donna d’impegno e di coraggio, anche nel lungo calvario

La maestra Lia Perrone (nella foto grande la prima da sinistra) con alunni e colleghe – Classe 4 B – anno 2005

degli ultimi mesi di vita, nascondeva i suoi dolori per non arrecare dispiacere ai familiari. Con caparbietà cercava di essere autonoma, accompagnando le sue giornate con la preghiera. Negli ultimi giorni, a chi le diceva che pregava per la sua guarigione, rispondeva invitando a pregare per gli altri ammalati, “perché ora hanno più bisogno di me”. Grazie per il buon esempio che ha lasciato alla scuola marinese, alla parrocchia e a tutta la comunità! C.S.

La scomparsa di Madame Salque Il 24 ottobre, all’età di 88 anni, ha concluso la sua esistenza terrena la Signora Renée Florence Salque, moglie del defunto sindaco di Sainte Sigoléne, Jean Salque, fondatore del gemellaggio con Marineo. Sin dai primi giorni del gemellaggio è stata vicina ai marinesi. Si è sempre distinta per la riservatezza, lo stile, la sensibilità, la discrezione. Alla famiglia Salque sono pervenuti messaggi da parte dell’Amministrazione Comunale di Marineo e di semplici cittadini. Nella foto Renée e Jean Salque

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Film

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Fantascienza per il sociale Sono film d’intrattenimento, ma hanno dalla loro un regista con la sua impronta, un autore vero, un autore che per essere tale non per forza deve raccontare delle tematiche tramite tempi lenti e dialoghi complessi. In ambito cinematografico il genere fantascientifico è quella branca che nasce con l’invenzione del cinema stesso, mezzo che doveva divertire la mente meravigliandola e facendola sognare. Solo nei decenni successivi dalla nascita del cinema iniziarono a spuntare film che miravano a raccontare l’inconscio umano o problematiche sociali. Nel corso del tempo il cinema d’intrattenimento è andato sempre a mescolarsi con temi importanti, ma ancora oggi ciò non ha sradicato la diceria che un film pensato per divertire non debba far riflettere. È pur vero che nella storia della cinematografia esistono alti e bassi, ma

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nell’ultimo decennio grazie a registi con uno spiccato senso critico la fantascienza sta tornando ad avere un intensità sociale che solo pochi film sporadici come Matrix esprimevano. Tra questi cineasti troviamo il sudafricano Neill Blonkamp che ha esordito nel 2009 con DISTRICT 9, dove viene raccontato di un’astronave aliena in avaria nei cieli di Johannesburg; tali alieni, non potendo ripartire, sono costretti a vivere in un ghetto in condizioni disumane. A mostrarci ciò sarà un giornalista palesemente razzista che nel corso della realizzazione di un servizio verrà infettato da una sostanza che lo muterà

in un alieno. Tale evento porterà il protagonista, e quindi lo spettatore, a spostare la sua visione sul piano di chi viene trattato come fosse un alieno, denigrato e braccato, perché la cosa peggiore che possa capitare ad un razzista è diventare ciò che prima disgustava, come se un Hitler si trasformasse in un nero ebreo omosessuale o un marinese in un algerino extracomunitario a Marineo. Tale film è da considerarsi già un cult che verrà ricordato nei prossimi anni proprio per una messa in scena totalmente innovativa. Nel 2013 Blomkamp si accinge a trattare il tema delle classi sociali nette e invalicabili. Esce ELYSIUM, un mondo dove gli operai vivono


libri

nella povertà e degradazione più totale e la malattia più banale può ucciderti, e i ricchi che stanno su una stazione spaziale orbitante intorno alla terra in cui tutto appare paradisiaco e vi sono macchine mediche che curano da ogni male. L’operaio protagonista, infettato da radiazioni tenterà di salvarsi da morte certa cercando di raggiungere tale stazione, lottando contro un sistema sociale di imprenditori e burocrati corrotti, che pensano di poter comandare mercenari dall’animo reazionario-fascista usandoli per comandare questo mondo da dietro le quinte, un mondo dove i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri vengono lasciati a marcire, e questo non è il futuro ma il nostro presente. Quest’anno con CHAPPIE (HUMANDROID) Blomkamp ci riporta nella sua Johannesburg, città totalmente in mano alle gang dove la polizia opera con i robot. Qui l’inventore di tali robot crea una nuova intelligenza artificiale capace di provare emozioni. Nasce Chappie, che proprio come un bambino verrà plasmato da tutti quelli che frequenterà. La sua “crescita” sarà per lo spettatore un viaggio di etica, sugli errori dell’uomo per la sua sopravvivenza, la brama di potere e del profitto, sul cos’è l’anima e cosa la rende tale e del perché dovremmo tornare tutti un po’ bambini per il recupero della semplicità. Questi film sono si d’intrattenimento, ma hanno dalla loro un regista con la sua impronta, un autore vero, un autore che per essere tale non per forza deve raccontare delle tematiche tramite tempi lenti e dialoghi complessi, la mente può anche imparare e comprendere divertendosi, cosa che tanti hanno dimenticato. Filippo Fragale

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Romanzo di Riccardo Arena

una caccia all’uomo sorprendente e incalzante, che porterà al disvelamento di una fitta rete di legami e complotti.

SCHEDA LIBRO Titolo: Anche oggi non mi ha sparato nessuno Autore: Riccardo Arena Editore: Edizioni LEIMA Collana: Le stanze Genere: Romanzo Pagine: 356 Formato: 15x20 cm Rilegatura: Brossura con cucitura a filo refe Marzo 2015 Prezzo: 16 euro ISBN: 978-88-98395-22-4 SINOSSI In un mondo che vive secondo il ritmo della notizia battuta dalle agenzie, dello scoop inseguito a ogni costo, delle dichiarazioni ufficiali e dei titoli di giornale, un ufficiale dei Carabinieri abbandona il suo ritiro da Cincinnato per tornare in prima linea e seguire le indagini sull’evasione di Cataldo Orchi, il capo della mafia - una mafia svenduta e pubblicizzata come inesistente - al quale è legato da antichi precedenti. Comincia così una caccia all’uomo sorprendente e incal-

zante, che porterà al disvelamento di una fitta rete di legami e complotti. Nel suo secondo romanzo Riccardo Arena si destreggia, con l’esperienza di cronista che gli è propria, all’interno di un racconto complesso, dove la voce del narratore si sdoppia e si fonde con le mille voci dell’informazione ufficiale e non, creando un tessuto narrativo avvincente, paradossale e insieme così reale come solo il paradosso può essere. AUTORE Riccardo Arena – Riccardo Arena è nato a Palermo nel 1962, è cronista di giudiziaria al Giornale di Sicilia e collabora con La Stampa, Panorama, Il Foglio e l’agenzia AGI. Per il momento è pure presidente dell’Ordine dei giornalisti siciliani. Ha scritto “Sanità alla sbarra” per le edizioni Arbor (1994) e il romanzo “Quello che veramente ami” per Dario Flaccovio (2008); ha corso otto maratone e una serie interminabile di maratonine. E non vorrebbe mai smettere. La Rocca 17


Salute e benessere

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La musica è la migliore medicina dell’anima la musica sembra avere risultati positivi in ogni momento della nostra vita fin dal ventre materno. Ci consente di tenere allenato il cervello sotto molti punti di vista.

Platone dava molto risalto alla musica, diceva che “è la migliore medicina dell’anima”. Essa influisce sulla neuro-plasticità cerebrale. In termini tecnici: si tratta “del substrato fisiologico che fa fronte a ogni cambiamento psicologico”. La musica sembra avere benefici positivi in ogni momento della nostra vita fin dal ventre materno (ci sono numerosi studi che ne forniscono prova) interessa tutte le età e ha un effetto protettivo sul cervello. Ascoltare o suonare “musica” sono esperienze che facciamo fin dagli albori dei tempi, forse ancora prima che l’uomo abbia cominciato ad

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avere un linguaggio ben strutturato. Fin dalla sua origine l’uomo ha utilizzato la musica per comunicare e per entrare in connessione con se stesso con i suoi simili e con la natura. Tantissimi studi condotti da numerosi ricercatori parlano del cosiddetto “effetto Mozart”, una controversa teoria scientifica elaborata nel 1993 dai fisici Gordon Shaw e Frances Rauscher secondo cui l'ascolto della musica di Wolfgang Amadeus Mozart causerebbe un temporaneo aumento delle capacità cognitive, in uno studio condotto su un gruppo di volontari. Nel 1998, un autorevole studio

svolto dal dipartimento di psicologia del Wisconsin dimostrò che, in effetti, la musica mozartiana aumentava temporaneamente l’intelligenza spazio-temporale. Deanna Choi è una violinista psicologa laureata alla Queens University che esalta gli effetti benefici della musica sul cervello stimolando la serotonina. Tutti questi studi dimostrano sempre più che l’ascolto della musica e l’apprendimento musicale ci consentono di tenere allenato il cervello sotto molti punti di vista e stare meglio in salute. La musicoterapia è una modalità di approccio alla persona che utilizza la musica o il suono come strumento di comunicazione non-verbale, per intervenire a livello educativo, riabilitativo o terapeutico, in una varietà di condizioni patologiche e parafisiologiche. Ognuno di noi può confermare di avere una canzone o un brano musicale che ci ricorda un’esperienza, un incontro, una storia. Infatti, basta riascoltare un brano che fa parte del nostro vissuto per farci rivivere quella data esperienza. Questo spiega in breve l’effetto che la musica ha nel suscitare ricordi, emozioni e sensazioni. La musica ha sempre contrassegnato momenti antropologici, storici, letterari e socioculturali ben precisi. Vere e proprie correnti musicali hanno accompagnato e messo in scena guerre, dittature, ideologie politiche, filosofiche etc. tra i vari popoli. Per altri la musica è: arte, poesia, filosofia, scienza, matematica, cultura, ordine, medicina, spiritualità, ispirazione, vita, guarigione e tanto altro. Giuseppe Puccio


libri

CHE COS’E’ LA FEDELTA’? UN CANE LO INSEGNA AD UN BAMBINO Una favola per bambini e per adulti Il nuovo libro di Luis Sepúlveda è ancora una volta una favola antropomorfa dove gli animali raccontano mondi e valori umani meglio di quanto non riescano a fare gli uomini. “Storia di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà” è un racconto interamente narrato secondo l’ottica straniata di Aufman: leale cane lupo che si sacrifica per la libertà del suo amico Aukmañ, un giovane indio fuggiasco. Aufman ha imparato dalla gente mapuche che le sfumature di verde nelle piante non sono tutte uguali, anche se lui è un cane e non sa distinguerle. Così come gli è stato insegnato a pregare e ringraziare la Terra per ogni dono ricevuto. I wingka invece, che lo hanno catturato dopo aver colonizzato le terre mapuche, non chiedono mai perdono agli animali prima di ucciderli, né vi è alcuna traccia di rispetto in loro, ma soprattutto, mentre si muovono nel bosco per uccidere l’indio, hanno addosso il fetore della paura. La paura ha un odore acido uguale nel

CRESCERE INSIEME... Con il Presidente della Repubblica Il professor Luciano Pazzaglia, ordinario di Storia dell’Educazione all’Università Cattolica di Milano, ha raccolto in un’agile e interessante pubblicazione dal titolo “Crescere insieme”, vari scritti dell’attuale Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con lo scopo di documentare le diverse fasi dell’impegno sociale e politico del Presidente dal periodo della militanza nel Movimento Studenti di Azione Cattolica a quello in cui è stato responsabile del Ministero dell’Istruzione, sino al discorso di insediamento alla Presidenza della Repubblica. Il filo rosso che attraversa le pagine del libro sta nell’espressione “crescere insieme”: non vi sono crescita e liberazione della singola persona se non in rapporto di stretta interdipendenza con la maturazione e la libe-

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topo come nell’uomo, “il fuggiasco invece” pensa Aufman “sa di legna secca, di farina e di miele, sa di tutto ciò che ho perduto”. E questo profumo, come un refrain medievale o una formula omerica, accompagna le pagine del racconto, scandisce il tempo della narrazione quasi a volerne evidenziare il ritmo ciclico: inizio e fine di una vita che non si esaurisce con la morte, ma si rigenera cristologicamente attraverso il sacrificio facendosi così racconto immortale. Chiara Calderone L. Sepùlveda, Storia di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà, ed. Guanda, 2014, pagg. 112, € 10

razione degli altri. Tutti, soprattutto i più svantaggiati, vanno aiutati a partecipare alla costruzione della città. La sezione introduttiva presenta l’itinerario culturale e politico di Mattarella e l’importanza assunta in questo percorso dalla scuola e dalla formazione dei giovani.

Luciano Pazzaglia, Crescere insieme. Scritti di Sergio Mattarella, Ed. La Scuola, 2015, pagg. 297, € 15,00 La Rocca 19


alimentazione

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Il senso del cibo: spaghetti ai vermi? Consumo alimentare di insetti? la globalizzazione dei gusti sta mettendo in serio pericolo un ricco patrimonio di tradizioni culinarie.

Non abbiamo fatto in tempo a digerire la notizia lanciata dall’Organizzazione mondiale della sanità sui presunti pericoli legati al consumo esagerato di insaccati e carne rossa che subito ci siamo ritrovati – è proprio il caso di dirlo – servite su un piatto d’argento nuove regole varate dal Parlamento europeo per agevolare la commercializzazione ed il consumo alimentare di insetti, vermi, scorpioni e ragni. Così, nell’arco di due settimane la tradizionale carne bovina, suina ed ovina è passata dal banco del macellaio al banco dell’accusa, mentre sotto l’etichetta “novel food” si consentirà nei paesi europei l’allevamento, la trasformazione e la somministrazione di cibi a base di… schifezze. In un mondo sempre più affollato e globalizzato cresce, si sa, l’esigenza di individuare nuovi alimenti ricchi di proteine. In questo caso, però, a scapito delle millenarie tradizioni alimentari del vecchio continente. Superfluo sottolinerare che la nostra dieta mediterranea è oggi universal-

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mente riconosciuta come unica capace di contrastare diverse malattie legate ai fattori alimentari. Nel corso della settimana ci si alimenta prevalentemente di pasta, pane, ortaggi, più frutta e buon vino. Inoltre, ogni festa ha il suo dolce tipico. Mentre la domenica e i giorni festivi tradizionalmente sono riservati ai cibi più ricchi come, appunto, i grassi e la carne animale. A dire il vero, tutti gli animali sarebbero commestibili. Ma in realtà, il cibo, pur essendo un bisogno primario teso a soddisfare la sfera biologica dell’uomo e a garantirne la sopravvivenza, risponde fortemente ad altre esigenze di tipo culturale: noi non mangiano solo ciò che è commestibile, ma selezionano culturalmente ciò che è ritenuto anche “buono da pensare”. Nel pensiero legato al cibo interviene, appunto, la mediazione culturale propria della società in cui viviamo. Il cibo è sempre stato importante nella vita degli uomini, tanto che ha avuto un ruolo fondamentale a partire dalla religione. Nel libro del Levitico (11)

vi è una lista di restrizioni alimentari che il popolo d’Israele doveva seguire. Gesù ha invece detto che tutti i cibi son puri e l’impurità risiede casomai nelle azioni dell’uomo. (Marco 7:19) In India la vacca è sacra e viene esclusa dall’alimentazione (Mahabharata 13.70. 51), mentre in Medio Oriente sempre per i motivi già detti il maiale è considerato un animale impuro. Per ragioni non religiose, ma ugualmente culturali, soprattutto etiche ed affettive, in Occidente è vietato mangiare la carne di cane, che è largamente consumata in Asia Orientale e Oceania. Poiché, come dicevamo, il cibo della tradizione è un prodotto pensato, è entrato a far parte della cultura di un popolo, delineandone l’identità, i confini non solo geografici, connotandosi come elemento differenziante rispetto agli altri. Noi siamo ciò che mangiamo. L’alimentazione umana non può essere, quindi, esaminata solo dal punto di vista biologico (commestibile/non commestibile), poiché è il frutto di risposte culturali a bisogni naturali. Inoltre, non dobbiamo dimenticare che anche le modalità di preparazione, e quindi il gusto, è parte integrante della costruzione identitaria di ciascun gruppo umano: ogni nazione, ogni regione, ogni comunità locale, ogni famiglia ha il suo cibo con sapori, odori e colori tipici. Un discorso a parte meriterebbe la questione degli sprechi alimentari! Così la globalizzazione sta mettendo in serio pericolo anche questo patrimonio: rischiamo di diventare divoratori di proteine, fibre e vitamine buone da mangiare ma non da pensare: cibo senza storia, senza memoria, che non si consuma per piacere, ma semplicemente per riempirci la pancia. Nuccio Benanti


Cucina

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Quando il cibo ci unisce: Sicilia ed Emilia Romagna due grandi tradizioni nello stesso piatto Trasferendomi, per motivi di studio, qui in Emilia Romagna, a Parma, sto avendo modo di conoscere realtà nuove e molto stimolanti, che stanno aprendo ulteriormente la mia mentalità, giorno dopo giorno. Le condizioni di vita qui sono decisamente migliori ed il contesto storico-culturale invidiabile, ma la Sicilia, prendendo in esame questo aspetto, quasi non ha rivali, perché abbiamo davvero tutto. Il problema è che non riusciamo a sfruttarlo, a causa di chi, dall’alto, ci vuole tarpare le ali ed un po’ perché noi stessi amiamo sguazzarci dentro. Però Marineo e la Sicilia un m’i pozzu scurdari mai! È la terra dove sono nato e cresciuto, nella quale ritornerò ogni volta che potrò, e credo che le proprie origini non debbano mai essere dimenticate, perché fanno parte di te, sono dentro di te. Una terra va scoperta a poco a poco, va vissuta, ma va anche assaggiata. L’Emilia Romagna è conosciuta principalmente per il Parmigiano Reggiano ed il Prosciutto di Parma e vi posso garantire che qui hanno tutto un altro sapore, decisamente più corposo, sincero e fragrante, ti rimane in bocca per più tempo e sembra quasi non volerti più lasciare. Mi spiegava il titolare d’una trattoria in cui vado a mangiare quando possibile,

per l’uso di materia prima genuina, fatta in casa ed a km0 (fattori che rendono un piatto decisamente più saporito) che incide moltissimo la territorialità di un prodotto, ovvero dove e come è stato realizzato, gli ingredienti utilizzati, l’aria stessa con la quale viene a contatto, quindi tanti piccoli fattori che sommati fra loro danno come risultato finale una creazione unica nel suo genere. Il prosciutto ed il parmigiano che a noi arrivano sono di terza scelta, seconda al massimo, motivo per cui sembrano davvero dei surrogati in confronto agli originali. Io gli ho risposto che la cassata, le arancine, la ricotta, i cannoli ed i dolci che abbiamo in Sicilia per lo stesso motivo loro qui se li possono sognare! Ha avuto l’umiltà di darmi ragione, così come io l’ho data a lui. Ma io questa meravigliosa isola non me la posso scordare, non me la voglio scordare. Sarebbe bello se ci fosse una sorta di ponte che unisse l’Emilia Romagna alla Sicilia, ma dato che non sono un muratore né un ingegnere non ho a disposizione mezzi economici e tantomeno pratici per costruirlo. Però c’è la cucina. Ci vieta qualcuno di far coesistere Emilia Romagna e Sicilia nello stesso piatto? Mi sembra di no. Procediamo! Totò Greco

ingredienti: 500 grammi di spaghetti 70 grammi di burro 80 grammi di Parmigiano Reggiano grattugiato 3 foglie di basilico 1 limone (scorza da grattugiare al momento) Sale, pepe ed olio extra vergine d’oliva q.b. Procedimento In una pentola, cuocere gli spaghetti in acqua bollente salata, lasciandoli al dente. Nel frattempo in una padella capiente far sciogliere a fuoco basso il burro e aggiungere la scorza grattugiata del limone, il suo succo, privato degli ossicini, sale e pepe. Fare soffriggere per 1 minuto circa, alzando la fiamma a fuoco medio, in modo da fare insaporire il burro fuso ed aggiungere gli spaghetti al dente. Amalgamare il tutto per 30 secondi, impiattare e condire con il Parmigiano Reggiano grattugiato e le foglie di basilico sminuzzate. Buon appetito! La Rocca 21


Salute e benessere

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Carissimo Pinocchio Curare con le fiabe: il parere della pedagogista. La gran parte dei genitori pensa che la mente dei propri figli funzioni come la propria, ma non è così. Un bambino sviluppa la propria mente in tanti modi, ma in particolare attraverso la comprensione della coscienza. Per fare ciò non può utilizzare le vie razionali ma solo le uniche vie che nel suo cervello hanno un funzionamento preponderante se non unico, cioè le vie emotivo-affettivo. Ecco perché la fiaba ha un valore senza pari. Infatti la fiaba viene recepita dal cervello proprio attraverso le emozioni, offrendo nuove dimensioni all’immaginazione dei bambini, che non potrebbero scoprirle se fossero lasciati completamente a se stessi. Inoltre la fiaba dà suggerimenti al

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bambino per mezzo dei quali può strutturare la sua esistenza, dimostrandogli che bisogna lottare contro le difficoltà della vita e ponendolo dinanzi le problematiche umane più importanti. La fiaba per sua natura è esemplificativa, ed infatti esprime le difficoltà esistenziali in modo coinciso, in modo che il bambino possa afferrare il problema nella sua essenzialità, e lo aiuta ad abbandonare i suoi desideri infantili di dipendenza, verso la ricerca di una nuova autonomia. L’aspetto più affascinante del metodo della fabulazione è che permette di accedere ad abissi di conoscenza sconosciuta, che attivano processi interiori profondi, che nella vita di tutti i giorni re-

stano celati alla nostra coscienza. Infatti tutta la fabulazione inizia come strumento conoscitivo, e permette di comprendere certe dinamiche profonde con una notevole rapidità e ricchezza di elementi. Infine la fiaba può essere arricchita da elementi magici sia a difesa dell'eroe (se questo o questa sa meritarseli), oppure contro l'eroe (gli incantesimi malvagi, della matrigna, della strega o dell'orco). Le fiabe attirano molto l’attenzione del bambino non perché le immagini che vi trovano si conformino a quanto avviene in loro, ma perché nonostante i pensieri ansiosi concepiti dalla sua mente a cui la fiaba da corpo e contenuti specifici, danno la possibilità al bambino di soprav-


Salute e benessere

vivere alle frustrazioni. Le frustrazioni che il bambino prova e le difficoltà che deve superare, sono più grandi di quelle di noi adulti; per il bambino esse sono delle prove durissime. Per questo il bambino necessita di fantasia dove l’eroe con cui egli possa identificarsi, riesca a trovare la strada per districarsi dalle più difficili situazioni. Se il bambino diventa, per qualche motivo, incapace di visione prospettica e di immaginare il proprio futuro, si determina un arresto dello sviluppo. Con la fiaba il bambino, man mano che le vicende si vanno delineando, avverte la comprensione dei suoi sentimenti più profondi e dei suoi

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desideri più impellenti e trova conforto alle sue angosce, ma soprattutto sente accrescere in se stesso la fiducia e la speranza. Il suo mondo oscuro, minaccioso e irrazionale viene superato ed il bambino ritrova sicurezza e desiderio di procedere nel futuro, accettando anche le prove più ardue e pericolose della sua vita. La fiaba ha una grande funzione terapeutica perché lo scopo della fiaba non è quello di comunicare informazioni sul mondo esterno, ma di chiarire processi interiori ed equilibrare il rapporto che ogni bambino ha sia con gli altri coetanei, sia con gli adulti e con il mondo che lo circonda. Maria Cinzia Ragusa

Elementi principali della fiaba INDETERMINATEZZA TEMPORALE E SPAZIALE (“C'era una volta, in un paese lontano, in un regno lontano…”): la fiaba si apre presenta un certo numero di personaggi e un determinato equilibrio (che di solito mostra qualche precarietà). ALLONTANAMENTO DAL LUOGO D'ORIGINE (La povertà che spinge i personaggi ad allontanarsi, la fuga dal cattivo, le focacce da portare alla nonna…); momento di crisi come fase centrale della fiaba, in cui il problema che lo costituisce si presenta in tutte le sue chiarezze. Si definisce il protagonista, cioè colui che deve compiere l’impresa: qual’è il problema da risolvere? chi sono gli alleati su cui contare, cioè coloro che aiuteranno il soggetto nel compimento dell’opera? TRANELLO (Il lupo, la fonte stregata, i nani a cui rassettare la casa…); si definiscono i nemici da combattere, persone, oggetti , difficoltà e circostanze, che ostacolano il protagonista nella realizzazione della sua imprese. SUPERAMENTO DELLA PROVA (Ritrovare l'anello d'oro in fondo al lago più profondo, filare una stanza piena di paglia in una giornata, raccogliere mille perle che si sono perdute nel bosco più fitto); momento in cui si sviluppano narrativamente tutte le forme di soluzione; IN TERAZIONE DELLE PROVE E LORO SUPERAMENTO Si verifica molto spesso grazie ad un salvatore, che ‘libera’ la vittima dal persecutore (i salvatori sono cacciatori, fate buone, maghi sapienti, vecchie sagge…). LIETO FINE Avviene dopo una serie di peripezie/imprese che l’eroe ha dovuto affrontare e superare (“…e vissero per sempre felici e contenti”); vi è un ritorno se pur nuovo ad un equilibrio perduto. La Rocca 23


iniziative

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Quarant’anni dopo. Una tragedia di casa nostra in una piccola comunità, prestare attenzione vuol dire mettere in moto adeguate politiche familiari e sociali capaci di prevenire e lottare ogni tipo di povertà, di frammentazione, di solitudine, di degrado. La lodevole iniziativa dell’Amministrazione Comunale di dare degna sepoltura alle vittime della tragedia familiare accaduta in Marineo quaranta anni fa ci interroga fortemente. Il fare memoria, infatti, serve a ben poco se non interagisce con la presa di coscienza e con l’impegno personale e comunitario perché prevalga il bene e si sconfigga il male. In questi giorni si sono fatte e si faranno tante letture dell’evento, si daranno tanti giudizi e si esprimeranno mille pareri. Ognuno legge la realtà coi suoi occhiali, con il suo modo di essere e di vedere. Le varie letture dell’evento servono a comprendere i molteplici perché connessi al grave evento del “figlicidio”, evento che nella storia e nelle diverse società si manifesta in vari modi e per svariati motivi. Non importa cercare i colpevoli o vivisezionare il grave fatto accaduto o farlo oggetto del chiacchiericcio piazzaiolo. Le tragedie familiari (ce ne sono tante anche ai nostri giorni) sono frutto di problematiche complesse e, in genere, “covano” per diverso tempo prima di esplodere. Il rendere onore alle innocenti vittime (mamma, figli e lo stesso padre) di quattro decenni fa vuol dire imparare a prestare attenzione

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alle problematiche familiari, ai complessi vissuti di ogni famiglia, alle mille solitudini che spesso accompagnano e disorientano i genitori e gli stessi figli, alle varie povertà (non solo materiali) che isteriliscono, o degradano e frantumano la vita familiare. Significa interrogarsi sulla capacità di sentirsi ed essere comunità e di sostenersi a vicenda ed apprendere a prestare attenzione ai segni di disagio che minano il tessuto familiare e sociale . Prestare attenzione vuol dire mettere in moto adeguate politiche familiari e sociali capaci di prevenire e lottare ogni tipo di povertà, di frammentazione, di solitudine, di degrado. Non è solo questione di soldi, ma anzitutto di formazione, accompagnamento, interazione, capacità di prendersi cura dell’altro

che soffre. Non è solo questione di creare appariscenti eventi episodici, estemporanei, legati al caso o alle emozioni del momento, ma rendere la famiglia “fatto” centrale della vita sociale. Chi deve prestare attenzione? Tutti. Le istituzioni politiche, amministrative, sociali, ecclesiastiche, scolastiche e associative, le famiglie, i singoli cittadini. Nella realtà marinese pregevole risulta l’opera della comunità ecclesiale e altre realtà, ma non basta se non è sostenuta ed implementata dalle altre istituzioni e da ogni persona. La famiglia è una risorsa indispensabile per ogni società, essa ne costituisce le fondamenta. Papa Francesco ce lo ripete pressantemente. Se essa frana, frana la società! Non è un optional da gestire come e quando si vuole. Purtroppo tanti pericoli la minacciano. Aumenta la fragilità familiare. Occorre prenderne coscienza e darsi da fare perché mai più accada che la disperazione si trasformi in tragedia, senza dimenticare che il benessere delle famiglie è la base del benessere individuale e sociale. Grazie a Onofrio Sanicola e al suo blog “Il Guglielmo” per avere sollecitato questa iniziativa e collaborato per la sua realizzazione. G.P.


l’angolo dello Psicologo

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Parigi: cuore caldo mente fredda Venerdì 13 Novembre 2015. A Parigi è sera. Allo Stade de France c'è una partita di calcio, Francia-Germania. Alla sala da concerti del Bataclan suona un gruppo rock. Lo stadio ed il Bataclan sono gremiti, pieni di persone che vogliono divertirsi, vivere momenti in spensieratezza, assaporare l'essenzialità della leggerezza. Tragicamente ogni protagonista di quegli eventi in realtà vivrà l'orrore e in 130 addirittura incontreranno la morte, una morte che non aveva il diritto di essere presente in quei posti, in quei momenti. Parigi, lo Stade de France, il Bataclan entrano con improvvisa e particolare intensità nelle nostre case, nel nostro cuore, nella nostra mente, nella nostra vita. Quando non riusciamo a dare un senso, a comprendere gli eventi, il nostro disorientamento raggiunge livelli talmente elevati che sfocia in dolore e sofferenza, ansia e angoscia. Ci chiediamo il perchè, ricerchiamo i motivi di tale irrazionalità che sembra non appartenerci e che invece è parte fondante della nostra natura. La forza e l'intensità di questi eventi provocano in ognuno di noi importanti ripercussioni emotive e pratiche. In un mondo ormai globalizzato in tutto, quella che avviene è anche una vera e propria "globalizzazione della paura". Viviamo in un clima di terrore diffuso, ci sentiamo sempre più minacciati, sviluppiamo atteggiamenti guardinghi, diventiamo sospettosi verso il mondo che ci circonda, limitando concretamente la nostra vita. Un

sondaggio condotto negli ultimi giorni segnala come la strage di Parigi abbia modificato le abitudini di vita degli italiani: 7 su 10 dichiarano di avere cambiato le abitudini nei trasporti, utilizzando di più l'auto e molto meno i mezzi pubblici; 8 su 10 hanno aumentato il controllo sui figli e rinunciato alla frequentazione di cinema e luoghi affollati; 6 su 10 vivono la presenza di musulmani come una minaccia; 5 su 10 non si sentono più sicuri. Un quadro chiaro che rappresenta una reazione alla paura, alla primordiale paura di morire, e che può causare insonnia, disturbi alimentari, malattie psicosomatiche, fobie varie, senso di smarrimento e di angoscia. Assolutamente da non sottovalutare, poi, l'effetto che l'orrore degli eventi sopracitati ha sulla psiche dei bambini. Potrete osservare in loro difficoltà ad addormentarsi, ansia generalizzata, domande frequenti, silenzi, un finto far finta di niente. Sentiamo, a tal proposito, le parole di una psicoterapeuta esperta in gestione dello stress, Paola Vinciguerra: "Le immagini della televisione e le conversazioni sui tragici fatti di Parigi possono colpire i nostri bambini e allarmarli, anche se lì per lì evitano il problema. I piccoli sentono tutto e sono molto sensibili alle atmosfere, ecco dunque che è importante aiutarli a superare un eventuale disagio adottando una strategia che li rassicuri e li faccia sentire protetti.....Far finta di niente o parlare dell'attacco di Parigi di nascosto in casa non è certo una solu-

zione. Piuttosto, è importante spiegare al bambino che al Telegiornale non troviamo fatti normali, come le feste di compleanno, interrogazioni o gite, ma eventi eccezionali da fare notizia. Ecco che quanto accaduto a Parigi è un fatto al di fuori della normalità e che non tocca il loro quotidiano. I bambini devono essere certi di essere al sicuro". Parigi riscalda i nostri cuori, determina reazioni psico-emotive forti, ma è vitale la necessità di mentenere fredda la nostra mente nel comprendere l'irrazionalità e la straordinarietà di quegli eventi, spiegarceli all'interno di un quadro politico internazionale iniquo, schizofrenico ma purtroppo esistente e sul quale nulla possiamo incidere. Se non facciamo questa operazione, la nostra mente non regge e ci conduce a modificare i nostri equilibri e le nostre abitudini attraverso comportamenti non sani e poco funzionali. Come le feste di compleanno, le interrogazioni e le gite per i bambini, permettiamo anche a noi di non toccare la nostra quotidianeità. Attribuendole un valore, per contenere l'irrazionalità, per non far vincere la paura. Michele De Lucia La Rocca 25


anneversario

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Giovanni Meli a Marineo per curare le febbri malariche l’esperienza marinese fu così importante per il meli che nel 1764 gli consentì di ottenere la licenza professionale per esercitare la medicina.

La ricorrenza del bicentenario della morte di Giovanni Meli, avvenuta a Palermo il 20 dicembre 1815, ci permette anche di fare il punto sui rapporti tra il poeta siciliano e Marineo. Giovanni Meli nacque il 6 marzo 1740 in uno dei quartieri più popolari della vecchia Palermo, quello di Castellamare. Il padre del poeta, Antonino, era un valente orefice e teneva bottega in via Argenteria Vecchia, nei pressi della via Meli, sotto piazza San Domenico, dove si

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trovano attualmente molti negozi di oreficeria ed artigiani dello stesso settore. La madre, Vincenza Torriquos, di origine spagnola, gli impose di frequentare la scuola dei gesuiti, ma il ragazzo non si appassionò agli studi di grammatica e di retorica anzi riuscì a distrarsi nella lettura di alcuni testi che gli propinava lo zio paterno Andrea Meli, tra cui “ I reali di Francia” e “ L’Orlando Furioso”. Fu il poema dell’Ariosto ad accendergli la scintilla della poesia co-

minciando a prendere confidenza con le poesie dialettali di Petru Fudduni e successivamente di Antonio Veneziano. Sempre la madre lo indirizzò allo studio della medicina, in modo da che potesse procurarsi subito un impiego. Allora a Palermo c’erano ottimi professori tra cui Baldassare Fagiani, docente di Istituzioni fisico-anatomiche all’Accademia di Medicina annessa all’Ospedale Maggiore di Palermo ed il Meli seguì con tale passione le sue lezioni che, quando si diffondevano delle malattie infettive le epidemie nei vari paesi della provincia lo accompagnava nelle visite. A tal proposito fu il prof. Giorgio Santangelo a dirmi che il Meli, nell’estate autunno del 1761, aiutò il suo maestro Fagiani in occasione della grave epidemia di “febbri perniciose” che infestava Marineo. Ed in quella occasione ebbe modo di definire nel nostro paese il poemetto “ La Fata Galanti”, pubblicato ufficialmente nel 1762, dove il poeta, guidato dal filosofo Leibniz, analizza i più importanti sistemi fi-


anniversario

losofici, da quello pitagorico in poi. L’esperienza marinese fu così importante per il Meli che nel 1764 gli consentì di ottenere la licenza professionale per esercitare la medicina, non la laurea poiché allora l’unica sede universitaria della Sicilia era a Catania. Da allora il Meli, secondo l’uso del tempo, si fa chiamare abate, ma non ha neppure gli ordini, in quanto l’abito talare gli consente facilmente l’accesso nei monasteri e nelle accademie. Spinto dalla curiosità ho voluto fare delle ricerche più approfondite sul soggiorno di Giovanni Meli a Marineo e così mi sono imbattuto in un libro del 1914, “Puisii di l’abbati MELI”, curato dall’avv. Edoardo Alfano nel quale viene narrata dallo stesso autore in siciliano “ la vita ed opiri di Giuvanni Meli con un dialogu tra lu Mastru di littra e lu scularu”. Da questo dialogo ho appreso una notizia che viene pure tramandata dal biografo Giuseppe Selvaggio, con la quale “ si ricorda cu piaciri la guarigioni ch’iddu nzemmula cu lu dutturi di Gaspari Cannata arricau a lu villaggiu di Marineu unni eranu scuppiati malatii endemichi e spicialmenti fevri pirniciusi. E siccomu arrivau a canusciri la causa di chissi mali essiri alcuni vicini pantani chi ad intirvalli rigulari sprigiunavanu li cchiù micidiali miasmi, accussì richiamau l’attinzioni di lu guvernu, lu quali ci avia datu dd’incaricu, e fici canusciri la manera di farli prontamenti dissiccari”. In sostanza fu proprio Giovanni Meli a scoprire che l’epidemia sviluppatasi a Marineo derivava dalla malaria, dovuta alla formazione di paludi per una grossa frana verifi-

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Giovanni Meli

catasi alle porte del paese. E nell’istanza per ottenere la licenza professionale di medico, il nostro poeta citò il valoroso servizio svolto insieme al suo maestro dott. Fagiani proprio in quel di Marineo tra l’estate e l’autunno del 1761. A conferma di ciò Paolo Adragna di Trapani nel 1829 scrisse il “ Saggio della dignità della medicina di Sicilia” in cui si legge: Aggiunge decoro alla Sicula medicina il qui rammentare i nomi di Gaspare Cannata, di Giorgio Castagna di Modica, e di Giovanni Meli di Palermo, poeta di tanta fama. Quest’ultimo si rese celebre per i servigi dal medesimo prestati alla popolazione di Marineo in occasione di una mortale epidemia. Non curando egli il rischio della propria vita affrontò il male e l’estinse. Né rinvenne la causa nelle non distanti paludi e fattane rimostranza al Governo, ebbe l’intento di venir disseccate”. Ma sulla nostra cittadina c’è di più.

Infatti da uno studio effettuato da Alfredo Salerno viene fuori la passione del poeta per la speleologia, sorta proprio nei mesi trascorsi a Marineo nel 1761, quando vagando per la campagna non solo aveva preso confidenza con le grotte del luogo, ma anche con la flora e la fauna della nostra cittadina. Inoltre uno degli amici più intimi del Meli fu il grande giurista e filologo Francesco Pasqualino marchese di Marineo, nato a Palermo il 18 Febbraio 1754 e morto il 9 Gennaio 1845. I due erano spesso insieme e diverse poesie furono dedicate dal Meli al marchese suddetto, tra cui quella per le nozze nel 1813. Per quanto sia stato apprezzato per le sue qualità di medico, tuttavia la celebrità del Meli in Sicilia si diffuse soprattutto per le sue opere poetiche ed in particolar modo ricordo come già in seconda elementare la mia maestra Francesca D’Angelo ci fece conoscere i versi dell’ode più famosa del Meli, intitolata “Lu labbru” : Dimmi,dimmi, apuzza nica, unni vai accussì matina? A riprova del sentimento di gratitudine per l’attività svolta dal Meli, con amorevole abnegazione a favore dei malati di Marineo, la municipalità marinese volle dedicare una via al grande poeta siciliano proprio accanto al Palazzo Comunale ed alla Chiesa Madre. Ho voluto ripercorrere i rapporti tra Giovanni Meli ed il mio paese per dare un contributo a questo anniversario e soprattutto per non interrompere il filo della memoria su una figura fra le più emblematiche dell’identità siciliana. Ciro Spataro La Rocca 27


Storie di vita

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La Posta a Marine’

Quannu l’ufficiu postali era la porta di lu munnu. la Posta nta la vita, lu cori e la menti di stu paisi. Don Cì, oi cci nn’è posta pi mia? Av’arrivari, av’arrivari… Quannu don Ciru Azzara lu portalittri si mittìa a furriari lu paisi cu la sò vurza china china di littri e cartullini, di unni passàia passàia si sintìa scummèttiri e addumannari siddu avia purtatu posta; la sò risposta era sempri di spiranza: ” pi sta vota un ci nn’è ma cu lu sapi dumani…”: la spiranza era sempri prisenti nta li so palori! Lu fattu è nca a li tempi passati la Posta – comu vinìa chiamatu amurusamenti l’ufficiu postali – avìa un postu spiciali nta la menti e lu cori di la genti. Praticamenti era unu di li posti cchiù mpurtanti di lu paisi, nzemmula a la Chesa, la Caserma di

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li Carrabineri e lu Municipiu. La Posta era l’unicu puntu di iuncitina tra li genti marinisi e lu restu di lu munnu: tannu nun c’era lu cellulari e lu telefunu casa pi casa e la tilivisioni mancu avìa arrivatu; corchi affurtunatu putìa attintari la radiu e coccia cuntati di cristiani liggìanu lu giurnali: la posta era la porta di lu munnu! Cu la posta arrivàianu li nutizzii di li parenti luntanu: pinzati a tempi di guerra quannu arrivàianu littri chi vulianu diri “sugnu ancora vivu”; o quannu mmeci era l’accipreti chi chiamàia muggheri o matri ca mancu sapianu leggiri, pi cumunicàricci nca li mariti o li figghi avìanu

murutu. Arrivàianu di po’ li littri di l’emigrati di la Medica - l’America - , di la Germania, La Svizzera o lu continenti: e spissu, sparti di li nutizii, corchi sordu o corchi dollaru nta li busti. Arrivàianu po’ a la posta puru li pacchi di l’America cu robbi e corchi cosa duci e… biatu cu l’arricivia ca a ddi tempi di lu zzu picca mmiscatu cu lu zzu nenti eranu comu pigghiari un ternu a lu iocu di lu lottu! E di po’, supra a ogni cosa, arrivàianu li pinzioni, nca puru siddu nun eranu comu ora ma cchiù scarsuliddi, èranu na manna di lu celu. E c’era puru cu arriniscìa a mèttinni tanticchia - corchi surdiceddu - nta la libretta pi la vicchiaia e pi lassalli a figghi e niputeddi; e comu facìanu a campari la famìgghia e mèttiri di latu corchi cosa, a ddi tempi di granni sagrifici, era veru un miraculu! All’antu di la posta c’era na tabella gialla: PT, poste e telegrafi, si, picchì a la Posta c’era na cosa daveru mpurtanti: si “ianu a fari” e s’arricivìanu li telegramma ca tannu lu tele-


Storie di vita

grafu finziunaia ancora cu l’arfabetu Morsi (cu punta e linii). E li telegramma purtaianu dintra – tantu pi canciari – gioi e dulura , furtuni e disgrazii, robba ca canciaia spissu la vita a li cristiani. Totò Cutrona, ancora picciriddu, li ricapitaia casa pi casa. E di pò ancora a la Posta c’era lu PTP, l’unicu telefunu pubbricu di lu paisi. Pi parrari a lu tilafuni si ìa a la posta: la signora Maria si mittìa a furriari la manuvella di lu BL, ammaccaia quattru prunedda… e parraia cu Musulumeli; Musulumeli ci passaia po’ Palermu e quannu si mittia a l’aggritta lu culliamentu : “in linea, in linea”…e si parraia! Si paàia a unità: ogni unità duràia tri minuti. La Posta era puru locu di ncontru, di chiacchiara, di “tagghia e cusi”; si putìanu attintari cosi ntirissanti comu fissarii sullenni; l’urtimi nuvità di zitaggi, lassatini e sciarri; laminteli contra lu cuvernu o lu maluttempu, pruggetta pi agghiustari lu munnu… Cu ia a la posta nzumma, lu tempu si lu passaia e spissu avia puru lu giangalu. Tuttu finziunaia a manu a la Posta: quannu arrivaia lu sacchiteddu cu la posta cu l’atobbussu di m’Palermu, passàianu cincu minuti e s’accuminciaianu a sèntiri li corpa di lu bullu nta lu bancuni; e stu scrusciu duràia po’ tutta la matinata e ssi sintìa di la strata! Quantu postira cancià la Posta a Marinè! Di la Strata di la cursa a cantunera cu la via Gesù Maria e Giuseppi; nni Di Salvu a Chiazza di Populu; Arrè a la strata di la cursa nni Mastrupaulu e arrè a Chiazza di Populu nni donna Cuncittina la matinchi; a la Scalunera nni li casi di lu dutturi Sanasardu; nni Spinella a la

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strata di la cursa nfacciu a lu tabbacchinu di Salernu, e pi finiri, a Lu Colleggiu unni s’attrova ora! Quantu genti cci passà dintra la Posta e quantu la ficiru finziunari! Storici dirittura foru Don Carmelinu Lo Gerfu e Giovanna Russu – megghiu canusciuta comu “la muggheri di Ciru Azzara” ; po’ , a tempi chiù ricenti, pi un bellu pezzu cci stetti Pippu Taormina. Portalittri chi tisseru a pedi li strati di lu paisi foru: don Sciaveriu Lo Iacono, Ciru Azzara e Pasquali Randazzo. Chiù di curtu mmeci: Ninu e Carmelinu Grecu, Sceusa e tanti atri chi pruvinìanu di atri paisi. E li mpiati darrè lu bancuni? La muggheri di Lo Gerfu, Maria Maneri; Grazia Barcia, Rosita Cangelosi, Sara Sclafani, Carmelina Azzara e Grazia Fragale quantu facci di cristiani marinisi vìttiru passarisi pi davanti! Di picciriddu iè staia d casa propia a latu di la Posta a la via Li Castri – la Scalunera – e m’addivirtia a taliari lu via vai di li cristiani chi ghianu e binianu di dintra la Posta. Quannu po’ era lu iornu di li pinzioni, già di li primi luci di la iurnata, li vicchiareddi pinziunati facìanu cumpagnia a li vestii chi aspittàianu di èssiri firrati di Mastru Pierinu Lepantu: mittìanu a turnu li libbretta, s’assittàianu nta li scaluna di la scalunera e ccu santa pacènzia aspittàianu la vicenna chiacchiariannu: Si cugghiuniàianu unu cu n’atru: “Chi binisti a fari oi ccà? “, “nca nzoccu vinisti a fari tu: a tribbiari!” . Sintìanu diri: a sìggiri li picciuli! E parti voti, vòtica ddà vicinu c’era lu cannolu, certi picciutteddi smarmanichi l’arruciàianu senza fàrisi scòpriri! Li vicchiareddi né ca si catamiàianu! Si scantàianu di pèrdiri lu

postu nta lu scaluni: si susìanu a stentu pi fari passari li crapuzzi di Don Petru Calandra o li voi e li purcedda ca Don Fifì Maneri purtàia a lu macellu a la balata.Ma li surdiceddi di la pinzioni èranu troppu duci e addisiati e pi iddi si putìanu pàtiri tutti li sagrifici di stu munnu! Pi tutta la matinata arrivàianu di dintra la posta li corpa di bullu mmiscati a la cialoma di li genti. Po’, a menza matina, niscìanu li portalittri carricati di li vurzi chini chini e si cirnìanu tuttu lu paisi, purtannu nta li casi di li cristiani nutizii beddi e menu beddi. Ma quannu Don ciru arrispunnìa a tutti “Pi sta vota un ci nn’è…av’a arrivari!”, dava a tutti chiddi ca nun’ arricivìanu nenti - e chi forsi mai n’avissiru arricivutu - , la sensazioni e l’illusioni di essiri aguali a chiddi chi l’arricivianu li littri. A lu iornu d’oi - doppu tant’anni la posta s’attrova ancora a lu Colleggiu, a ciancu di la villa di Santu Ciru. Cci travàgghianu tanti picciotti – màsculi e fìmmini, marinisi e di fora paisi – graziusi, assistimati, sempri surridenti cu la genti: e tanti sunnu “figghi d’arti”datu nca li patri e li matri travagghiaru a la posta tantu tempu! E nzèmmula a lu diritturi Francu Conti pòrtanu avanti na palora d’òrdini:” lu canciamentu semu nuatri”. E’ veru: li tempi canciaru e puru la posta s’appi ad adattari, e cci arriniscì veru bona. Ma a mia mi piaci pinzari - e vogghiu daveru spirari - ca sti picciotti, quannu s’attròvanu pi davanti li cristiani marinisi un si scurdassiru mai nzoccu fu la “posta”nta la vita, nta lu cori, nta la menti di tanti e tanti genti! Franco Vitali La Rocca 29


Studenti fuori sede

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Il mio Erasmus a Lubiana riflessioni di uno studente che sceglie una città lontana dalla Sicilia per completare il proprio percorso di studi. la città è piccola e accogliente, la zona del centro storico è magnifica. il contesto perfetto per dar sfogo alla curiosità. La radio-sveglia segna le quattro del mattino. Mi alzo di scatto, tutt'altro che rintronato nonostante le poche ore di sonno: lucido, pensieroso, preoccupato. Rifletto su quel che sarà, su come riuscirò a stare lontano dai miei affetti, dalle mie abitudini quotidiane; la famiglia, la fidanzata, gli amici, lo studio. "Ce la farò?" - è frasetta che mi ripeto incessantemente. Devo, bisogna! Una dimostrazione anche per me, motivo per crescere e migliorarsi, conoscere nuove realtà. Bagagli in mano, saluto tutti. Sono un sentimentale e sinceramente non so dir bene se sia un pregio o un di-

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fetto. Non volevo ma ho pianto, eccome se l’ho fatto, soprattutto quando ho visto un giovanottone di 85 anni stringermi forte e bagnarmi la giacchetta di lacrime. “Nonno, torno presto”. In aeroporto prendo tutto ciò che posso: giornali, riviste, libri. Un ultimo “tuffo” nel mio mondo azzurro, solo italiano: Lubiana è lì che mi attende, la mia scelta di vita consapevole. "Erasmus!". E che fossi “malato” di calcio, Valerio, il mio compagno di viaggio, lo avrà capito sin da subito. Un intero volo verso la Slovenia passato a discutere, raccontare, parlare di... Terza, Seconda e Prima Categoria,

del “mio” Marineo! Giusto per non farsi mancare nulla. E Lubiana sia. La città è piccola e accogliente, la zona del centro storico - dove ho la fortuna di vivere - praticamente magnifica; il contesto perfetto per dar sfogo alla mia curiosità e cominciare a scoprire quante più cose possibili. La mia agendina lentamente comincia a riempirsi di storie, aneddoti, racconti. Creo “uffici” sparsi in giro per la città: pub, bar, pizzerie, panchine; ogni posto è utile per appuntarsi qualcosa, segnarsi la particolarità accattivante, fare amicizia con ragazzi provenienti da tutto il mondo,


Studenti fuori sede

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condividere le proprie esperienze e le proprie idee sul mondo. E da un paio di giorni, poi, una meraviglia! Luci, alberi di Natale, decorazioni, via vai di gente; il centro cittadino di Lubiana, addobbato in vista delle imminenti festività, è semplicemente incantevole. Come l’ambientazione di un film. Tutto bellissimo, si, ma...la nostalgia di Marineo resta comunque forte. Attraverso esperienze simili si riesce a capire e, soprattutto, ad apprezzare la bellezza del “quotidiano”: la chiacchierata al bar, l’uscita da scuola della tua sorellina, i pomeriggi passati con l’amico del cuore, i momenti di sconforto con la mamma, le carezze della fidanzata, le domeniche mattina in giro con papà, le partite dell’Oratorio San Ciro e Giorgio…Piccole cose che, con la distanza, assumono un valore diverso rispetto al solito. Tommaso Salerno

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