CANZONIERE POPOLARE DELLA BRIANZA
COSA IMPORTA SE CI CHIAMAN BANDITI
COSA IMPORTA SE CI CHIAMAN BANDITI
1945 – 2015 Settant’anni di libertá, quarant’anni di ricerche sul canto. Come nasce il progetto Sono passati settant’anni dai mesi della Liberazione dal fascismo e dal nazismo; e sono passati quarant’anni da quando il primo nucleo del Canzoniere popolare della Brianza faceva le sue prime prove e i suoi primi concerti, come gruppo musicale del folk revival. Gli anni ’70 avevano visto moltiplicarsi le esperienze di ricerca e di riproposta del canto di tradizione orale, soprattutto sulla scia del lavoro dell’Istituto Ernesto de Martino e del Nuovo Canzoniere Italiano, che in particolare con lo spettacolo “Bella ciao” - ci aveva affascinato. Le registrazioni e gli scritti di Fausto Amodei, Dante Bellamio, Cesare Bermani, Gianni Bosio, Franco Coggiola, Roberto Leydi, Virgilio Savona, Riccar-
do Schwamenthal, Michele Straniero e di molti altri intellettuali, ci avevano appassionato portandoci ad associare il piacere del canto con il desiderio di far conoscere un patrimonio culturale che vedevamo sbiadire. L’incontro con i portatori della tradizione orale, in una società che mutava rapidamente e radicalmente, faceva apprezzare (e forse mitizzare) le esperienze di persone che, a fronte di un’istruzione modesta, raccontavano la loro vita, così lontana e diversa dalla nostra, con una passione e un’intelligenza spesso non comuni. Non solo parlando del canto ma anche descrivendo, attraverso episodi molto significativi, usanze, credenze, relazioni sociali, atteggiamenti. Era la scoperta delle fonti orali, come testimonianza di
tante storie e di tante culture, capaci di rendere la complessità e l’articolazione interna di una società, su cui più tardi avremmo rif lettuto anche grazie ai libri di Nuto Revelli, di Cesare Bermani e di molti altri studiosi, impegnati nella ricerca sul campo ed interessati ai metodi e all’oggetto della storiografia e della antropologia . Proprio la ricerca ci ha insegnato che certi documenti cantati – parlando di situazioni della vita quotidiana, di momenti rituali speciali, di eventi della grande storia – rappresentavano e rappresentano altrettanti documenti di storia sociale e di storia della mentalità di notevole efficacia, che molto raramente sono conosciuti e considerati come tali dentro le scuole. I nostri concerti parlavano quindi della vita collettiva di un’epoca che sembrava finita, ma che non andava dimenticata. Da subito, poi, durante il mese di aprile di ogni anno, ci capitava di essere invitati a proporre i canti della Resistenza italiana. Gli studi e le testimonianze di autori che erano stati anche protagonisti della guerra partigiana, come Roberto
Battaglia, Claudio Pavone, Nuto Revelli, ci aiutavano a contestualizzare quei documenti, quasi sempre di autore anonimo, che avevano accompagnato la lotta di liberazione o che da questa guerra erano stati ispirati. Le nostre fonti erano rappresentate dai dieci microsolco dei Canti della Resistenza italiana pubblicati nei “i dischi del sole” alla metà degli anni ’60, a cura di Cesare Bermani, nella serie “Canti politici e sociali”, a cura di Roberto Leydi. La raccolta allargava la proposta contenuta nel volume omonimo, curato da Tito Romano e Giorgio Solza, pubblicato a Milano nel 1960, nella “Collana del Gallo grande”, con una importante introduzione di Roberto Leydi ed una scelta di 61 disegni di artisti italiani antifascisti eseguiti tra il 1942 e il 1945. Più tardi, nel 1985, sarebbe uscito un volume, di notevole diffusione, con molti altri canti, a cura di A. Virgilio Savona e Michele L. Straniero, ancora con il titolo Canti della Resistenza italiana, per i tipi dell’editore Rizzoli di Milano. Da allora, anche per noi, la ricerca sul campo ha alimentato i programmi delle
molte esibizioni pubbliche, in cui il canto e i suoni degli strumenti si alternano alle parole di presentazione e di commento ai vari brani che le registrazioni dei ricercatori e degli studiosi hanno ‘salvato’, consentendo di riproporli al pubblico. L’idea di realizzare questo cd è nata, quindi, dal proposito di fare conoscere questo patrimonio ad un numero maggiore di adulti e soprattutto di studenti, che non hanno avuto fin qui la possibilità di sentire questi canti e di ascoltarli con attenzione; affinché ne traggano occasione di lavoro, di analisi, di contestualizzazione, di confronto, di rif lessione. Che fare di questi canti Ciò che si può fare su questi canti è simile a quello che si può fare su testi di altro genere, che comunemente si propongono nelle discipline umanistiche, ma che molto spesso ci interessano per l’autore che li ha prodotti, specie se stiamo studiando la letteratura di una lingua. Qui invece abbiamo testi di cui si sa poco, persino sull’identità dei composi-
tori. Sono canti che, nati dalla iniziativa di qualche singolo, sono stati talora assemblati da un piccolo gruppo di militanti o di combattenti, per poi essere accolti, utilizzati e diffusi da una o più formazioni partigiane, in una zona di combattimento, da cui il brano può avere avuto una circolazione più ampia. In questo book-let, non abbiamo riportato volutamente i testi dei canti che si possono ascoltare. Un primo lavoro che è possibile fare con i ragazzi, infatti, è quello della trascrizione, per comprendere che cosa si ascolta. Si parla di luoghi e di esperienze diffuse, come “valli e monti”, “invasore”, “bandiere”, “sangue”, “fuoco”, “tedeschi”, “guerriglia”, che sembrano avere un significato univoco; altre volte di località particolari, associate agli episodi di guerra da cui i canti hanno preso spunto, come Sarzana, Barzago, Nibionno, Pozzaglio ecc.: luoghi dei territori dove i canti sono nati o si sono diffusi. Compaiono, poi, termini come “infamia”, “traditori”, “patria”, “banditi”, che con la Resistenza assumono significati nuovi, rispetto a quelli che il regime e i suoi alleati attribuivano a
quelle parole. Non mancano neppure canti d’amore, in cui le relazioni sentimentali si intrecciano con le vicende drammatiche della guerra di liberazione, come in Cosa rimiri mio bel partigiano o in Valsassinina. Leggendo le trascrizioni si potrà notare che non è infrequente l’uso di espressioni e termini letterari, come “balde schiere”, “baluardo”, “invitto”, “famelici di pace e di giustizia”, “simbolo di vittoria”, “popolo ideale”: Parecchie canzoni partigiane erano, infatti, l’esito della composizione di intellettuali attivi nelle formazioni dei combattenti per la libertà. Come spiegano le note dei dischi della collana curata da Cesare Bermani e dell’antologia a stampa curata da Savona e Straniero, le melodie dei canti partigiani sono quasi sempre l’espressione di un riuso di musiche preesistenti, prese dai repertori più diversi: canzoni militari dei corpi ufficiali o inni patriottici, canzoni da cantastorie già diffuse su fogli volanti, canti provenienti da altre tradizioni culturali (ad esempio russa), canzoni riprese da brani di musica leg-
gera, canti fascisti. Tra i brani che presentiamo in questo cd, Tra i brani che presentiamo in questo cd, il canto riportato con il titolo Valsassinina e quello che comincia con le parole O Germania che sei la più forte sono il risultato delle ricerche di Massimo Pirovano.. Il primo, registrato a Cremeno (Lc) il 31 luglio 1991 dalla voce di Peppino Devizzi (n. 1928), che - come afferma Sergio Friso in un’intervista del 1996 - nel 1944 veniva cantato dalla 55° Brigata Garibaldi “Rosselli”, attiva in Valsassina. Il secondo, invece, registrato il 14 febbraio 1991 a Brongio di Garbagnate Monastero (Lc) dalle voci delle sorelle Rita (n.1928) e Carolina Bonfanti (n. 1936), ricorda i tragici episodi verificatisi il 27 aprile durante la ritirata dei tedeschi verso la Svizzera, ed era eseguito dalle operaie e dagli operai che, in gruppo, raggiungevano a piedi le fabbriche dei paesi vicini, negli anni del dopoguerra. Una composizione inedita di Massimo Pirovano, pensata per questo disco, è quella dedicata a Nuto Revelli: il testo si adatta ad una melodia da cantastorie, registrata da Giosuè Bolis e Massimo
Pirovano dalle voci del partigiano Giulio Pina (n. 1925) e della moglie Ernesta Galli (n. 1928), a Canzo (Co) il 4 agosto 2010, con l’incipit Il primo colpo che io feci. Per tornare a questo patrimonio come documentazione utile ad un uso didattico e formativo, si deve fare cenno alla dimensione del lavoro sul contesto dei canti. Una parola, un verso, un riferimento a persone o a luoghi possono rappresentare un pretesto per uscire dal canto, al fine di conoscere e di comprendere la situazione storica, politica o sociale, che ha dato luogo al canto. In questo modo si può trovare un’alternativa allo studio della storia che ancora molto spesso fa perno sull’uso del manuale , lavorando a partire dai problemi e dai documenti, come fa lo storico con le sue ricerche. Su questi temi si possono leggere le interessanti pagine di Piero Bevilacqua, Sull’utilità della storia per l’avvenire delle nostre scuole, Donzelli, Roma 2000. Dunque, dicevamo che anche gli studenti - proprio partendo dalle fonti e dagli interrogativi che esse pongono - possono essere condotti a conoscere il periodo storico, le sue vicende, gli antefatti, che,
dopo la Grande guerra, portarono al fascismo e al nazismo, con le loro politiche interne e le loro conquiste fuori dall’Europa e nel nostro continente, fino a provocare il secondo conf litto mondiale. Sarà importante comprendere le ragioni delle suggestioni che venivano dall’esperienza sovietica, ma anche quelle con cui il fascismo aveva fatto presa, che si aggiunsero alle violenze e alle costrizioni di un movimento che intendeva organizzare in maniera totalitaria la vita quotidiana degli italiani, come il nazismo riuscirà a fare in Germania. Studiare il periodo tra le due guerre vorrà dire anche conoscere le storie di isolamento, di persecuzione e di divisione dei partiti non fascisti o antifascisti, fino al coagularsi di una alleanza che si concretizzerà nel Comitato di Liberazione Nazionale e nel Corpo Volontari per la Libertà, entro cui rimanevano vive le differenze di riferimenti ideali e di prospettive politiche per il dopoguerra. Un libro particolarmente utile per comprendere questo periodo storico è quello che Nuto Revelli ha scritto poco prima di morire, con questa intenzione: “Vorrei dare
un’idea di che cosa sia stato il fascismo per i giovani del Ventennio”. Il suo racconto, a nostro avviso dotato di grande efficacia, si trova nel libro Le due guerre. Guerra fascista e guerra partigiana, Einaudi, Torino 2003. Nonostante le molte opere uscite dagli anni ’60, con ulteriori ricerche sui vari aspetti del movimento resistenziale, rimane ancora fondamentale il lavoro di Roberto Battaglia, Storia della Resistenza italiana, Einaudi, Torino 1964. Il libro segue lo svolgersi delle vicende politiche e militari, dalla crisi del regime fascista - determinata innanzitutto dai disastrosi effetti della guerra di espansione - all’ insurrezione nazionale. Battaglia si sofferma sul ruolo degli scioperi operai nella svolta che, dal 1943, sconvolse la coscienza degli italiani, ma anche sulla crisi delle forze armate che portò molti soldati e ufficiali a cambiare idea sulla guerra e sul fascismo. Si parla dei problemi di organizzazione del movimento, ma anche della diffusione di una nuova consapevolezza civile tra le formazioni partigiane, nelle quali si manifestavano diverse posizioni ideologiche, dei rapporti con la popo-
lazione e delle relazioni internazionali che la Resistenza dovette attivare per giungere alla liberazione. Un ulteriore lavoro di sintesi, aggiornata con le ricerche dei decenni successivi condotte anche in ambito europeo, è stato compiuto per realizzare i due volumi del Dizionario della Resistenza, a cura di Enzo Collotti, Renato Sandri e Frediano Sessi, Einaudi, Torino 2000. Il primo volume propone una scelta di saggi sotto il titolo Storia e geografia della Liberazione. Il secondo offre al lettore una serie di voci legate a Luoghi, formazioni, protagonisti della Resistenza. Tra i molti importanti contributi di quest’opera meritano di essere ricordati almeno quelli dedicati alla deportazione dall’Italia, alla Repubblica sociale italiana, alle stragi nazifasciste della popolazione civile, agli internati militari italiani, alla Resistenza nei lager, alla Resistenza fuori d’Italia, oltre che la rassegna sulle diverse città e regioni italiane, dove la guerra di liberazione fu organizzata. Tra le opere più rilevanti che meritano l’attenzione dell’insegnante c’è certamente il libro di Claudio Pavone, Una
guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza, Einaudi, Torino 1991. Ne riportiamo la sintesi iniziale che ne fa l’enciclopedia Wikipedia, dedicandogli una voce, a cui seguono altri dettagli e molti rimandi bibliografici, interessanti per le discussioni che il testo ha sollecitato anche sulla stampa quotidiana: “Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza è un saggio dello storico italiano Claudio Pavone, pubblicato per la prima volta nel 1991. Nell’opera l’autore, già partigiano durante la Resistenza, analizza il fenomeno resistenziale nei suoi molteplici aspetti, con scrupolosità e con una ricca documentazione bibliografica, concentrando principalmente l’attenzione sulle motivazioni, i comportamenti, le aspettative e gli obiettivi dei combattenti partigiani. Con questa sua opera Pavone ha significativamente inf luito sul dibattito storiografico relativo alla Resistenza e al cruciale periodo della storia d’Italia successivo all’armistizio di Cassibile. Nel saggio si analizza la Resistenza interpretandola come triplice guerra: “patriottica” contro l’invasore tedesco,
“civile” fra italiani fascisti e antifascisti e “di classe” fra componenti rivoluzionarie e classi borghesi. In particolare, è considerata un’opera cardine della storiografia italiana sul periodo 1943-1945 per aver accolto la definizione di guerra civile, all’epoca controversa poiché adoperata quasi esclusivamente dal reducismo postfascista .“ Gli strumenti per fare ricerca a scuola Tutte questi avvenimenti e questi fenomeni possono essere raccontati e descritti dal docente ai suoi allievi in un tempo relativamente breve. Oppure possono diventare oggetto di una scoperta, più lenta e forse più appassionante, proprio a partire da una ricerca di e sui documenti, come i canti o le diverse fonti che lo storico utilizza (fotografie, diari, lettere, autobiografie, giornali dell’epoca, stampati clandestini, documenti ufficiali ecc.), talora ancora conservati presso le stesse famiglie degli studenti; più spesso disponibili negli archivi dei musei, delle sedi locali dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (http:// www.anpi.it) e presso i luoghi della rete
degli Istituti per la storia della Resistenza e della società contemporanea in Italia, che si trovano in molte province italiane (http://www.italia-resistenza.it). Le fonti di informazione a cui, in genere, ci si rivolge con più facilità e rapidità sono quelle che ci offre la rete. Cercare, per una prima conoscenza, le figure storiche, le istituzioni, gli eventi, ma anche i termini storiografici che il tema della guerra di Liberazione ci propone, servendosi del computer, è sicuramente una pratica da incentivare. La rete dà moltissime informazioni, anche per approfondire le nostre conoscenze mediante l’uso delle fonti più impegnative, ma anche più ricche di particolari e di spunti interpretativi, come gli scritti e i racconti dei testimoni, o come le opere più rigorose degli storici, tra cui quelle che abbiamo citato. Ma la rete mette a disposizione anche fotografie, filmati, registrazioni sonore, purtroppo non sempre corredati da autori, epoche di realizzazione, luoghi di conservazione ecc. Una ricerca su uno o qualcuno dei nostri canti può fare scoprire ai ragazzi che
gli archivi non sono solo luoghi segreti e polverosi, ma contengono una miniera di tesori per la nostra conoscenza e per la nostra formazione di cittadini consapevoli. Ancora più accessibili, ma poco frequentate dagli studenti delle nostre scuole, sono le biblioteche, dove si possono trovare i libri, ma anche i periodici e persino i dischi, utili per le indagini che stiamo conducendo. Purché l’insegnante abbia già percorso quella strada, perlustrandone il patrimonio e individuando i pochi strumenti essenziali accessibili agli studenti per farli lavorare attivamente ed in maniera intelligente. Tra le opere che abbiamo segnalato ci sono anche pubblicazioni di difficile reperimento, perché ormai fuori mercato da molto tempo. Quanti conoscono l’esistenza del servizio di prestito interbibliotecario e di Document delivery che molte biblioteche offrono? L’insegnante potrà sperimentare l’utilità fondamentale di questo mezzo, chiedendo di potere consultare, o leggere nella biblioteca della sua città o a casa sua, un libro che è posseduto da una biblioteca lontana, dal momento che esistono cataloghi onli-
ne, in cui il libro che ci serve è presente come disponibile al prestito , a Foggia, piuttosto che ad Alessandria o a Bologna ecc. Naturalmente, oltre a quello delle biblioteche di pubblica lettura, bisogna ricordare il ricco patrimonio specialistico presente nelle biblioteche degli Istituti storici della Resistenza e dell’età contemporanea (che abbiamo citato e che hanno denominazioni diverse ma simili) e nelle sedi ANPI che conservano documenti originali e pubblicazioni inerenti alla loro specifica missione. Un ultimo suggerimento, per i docenti che volessero cominciare a lavorare con le fonti nel loro insegnamento, può essere quello di utilizzare i libri di Ivo Mattozzi sulla didattica della storia, oltre a quelli degli autori che abbiamo citato in precedenza. Massimo Pirovano
Il Canzoniere popolare della Brianza è formato da: Luciano Aldeghi: cucchiai, tamburello, voce Giulia Cavicchioni: mandolino, organetto, violino, voce Guido Galbiati: voce, percussioni Elena Pirovano: voce Massimo Pirovano: chitarra, voce Bruno Poli: contrabbasso, voce Luigi Ratti: voce M. Giovanna Ravasi: voce Fabrizio Redaelli: voce
Questo progetto è una produzione del Baule dei suoni Con il contributo di
Fondazione Provinciale della Comunità Comasca
Comune di Barzago
Comune di Barzio
Comune di Brivio
Comune di Eupilio
Comune di Garlate
Comune di Guanzate
Comune di Valgreghentino
con la collaborazione del Comune di Galbiate
Con il patrocinio di
Istituto di Storia contemporanea “Pier Amato Peretta” di Como
Comitato Provinciale di Lecco
Le foto sono state messe a disposizione da Roberto Breviario, dall’ ANPI di Lecco, dall’ ANPI di Milanoe dall’ Istituto di Storia Contemporanea di Como Per contatti con il Canzoniere popolare della Brianza: bileope@gmail.com Cell. 3498651558 Registrato da: Matteo Tovaglieri e Marco Sirico presso Villa Bertarelli, Comune di Galbiate Mixato e masterizzato da: Matteo Tovaglieri presso Encore Studio, Lecco Produzione: Ottonote Progetto grafico di: Tomaso Baj e Pietro Leddi di Grafici Senza Frontiere
© Copyright 2015, Canzoniere popolare della Brianza – Baule dei Suoni
Cosa importa se ci chiaman banditi Attraverso valli e monti Valsassinina Con la guerriglia Il bersagliere ha cento penne A Nuto, partigiano Canzone dell’8 settembre Non più si balla La brigata Garibaldi Marciam marciam Il partigiano di Pozzaglio Dai monti di Sarzana Fischia il vento Festa d’aprile O Germania che sei la più forte E quei briganti neri Cosa rimiri mio bel partigiano Dalle belle città Bella ciao Cosa importa se ci chiaman banditi Pietà l’è morta
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Anonimo Iginio Buzzacchi, Anonimo Luigi Molinari, Aldo Fumagalli Anonimo Anonimo, Massimo Pirovano Anonimo Anonimo, Sandra Boninelli Anonimo, Mario Bisi, Rinaldo Pellicciara Anonimo, Antonio Di Dio Anonimo Anonimo Blanter-Isakovskij, Felice Cascione Sergio Liberovici, Franco Antonicelli Anonimo Anonimo Anonimo Carlo Pastorino, Emilio Casalini Anonimo Anonimo Anonimo, Nuto Revelli
Le notizie sulle origini dei canti e sui loro autori sono generalmente derivate da Romano, Solza, op. cit., oppure da Savona, Straniero, op. cit.