Il profumo delle serenelle in fiore - Angela Villa Ruscelloni

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Il profumo delle serenelle in fiore... Le serenelle... Ve n'era una pianta rigogliosa davanti alla sua casa a Campagnola, proprio dirimpetto alla finestra della sua cameretta di bambina. Un cespuglio che in primavera, ai primi tepori, si vestiva di una splendida tinta lilla a rallegrare la stagione più bella della sua vita... Corinna se ne era quasi dimenticata dopo quella lunga assenza dal suo paese natale: i lunghi anni trascorsi a Milano con suo marito William avevano finito per annebbiare le memorie dei giorni gioiosi della sua infanzia e della sua adolescenza quando, felice e ardimentosa, correva verso l'arbusto fiorito, nel mese di Aprile e ne coglieva i grappoli di corolle per adornarsi i biondi capelli... Se ne era quasi dimenticata, all'ombra dei suoi settant'anni, tra le mille vicissitudini di un'esistenza vissuta lontana da quelle campagne ricche di tradizioni, di usanze, di soave tranquillità... I ritmi frenetici del capoluogo lombardo, dove si era trasferita dopo le sue nozze, avevano finito per allontanarla da quel mondo di cose semplici, di profumi intensi, di sapori gradevoli... Ma ora... ora che da un cassetto della credenza- rimasto chiuso e dimenticato per chissà quanto tempo- ora che tra mille oggetti accatastati alla rinfusa era emerso un vecchio album di fotografie, le pareva di intraprendere un viaggio a ritroso e le accadeva, all'improvviso, di colpevolizzarsi del fatto di averli a lungo accantonati... Un'immagine la ritraeva proprio accanto a quella pianta in fiore e, benché si trattasse di una fotografia in bianco e nero, sorprendentemente la fantasia di Corinna dipingeva i grappoli del colore lilla più marcato e i sentimenti la inducevano ad avvertirne l'aroma dolce, intenso e pungente... Si asciugò una lacrima con il dorso della mano, stupendosi lei stessa di quell'ondata di sincera nostalgia che le rapiva il cuore. Sarebbe rimasta lì a lungo, assorta a contemplare quell'immagine, se non fosse sopraggiunta una voce alle sue spalle: “Curéna... mó 'sa fêt?” (Corinna... ma che fai?) La donna sussultò. Richiuse velocemente l'album, in preda ad un'insolita gelosia per i propri ricordi, benché consapevole che in essi William aveva rappresentato un personaggio di spicco. “'Sa gh'êt in mân?... Fa vèder!” (Cos'hai in mano?... Fammi vedere!) insistette il consorte che non demordeva mai dinnanzi a qualsiasi fatto che lo incuriosisse. Rassegnata, Corinna gli porse l'album che egli iniziò a sfogliare. Stavolta fu la donna ad incuriosirsi: voleva vedere su quale immagine egli si sarebbe soffermato a commentare; se le proprie nostalgie corrispondevano a quelle di lui e se, anch'egli, avesse rimpianto-come lei- le primavere dal colore lilla delle serenelle... Si stupì, invece, nel constatare che fu un'altra immagine a carpire l'attenzione di lui... Uno scatto che li ritraeva sul sagrato della chiesa, appena sposati tra la folla di invitati intenti a lanciare manciate di riso. Eppure, anche in quella fotografia, vi era, in qualche modo, qualcosa di simile a ciò che aveva alimentato la nostalgia di lei... ella reggeva tra le mani un bouquet lilla di serenelle... Quasi che quel fiore avesse rappresentato l'emblema della loro felicità: un grappolo come simbolo dell'indissolubilità della loro famiglia, uno stelo solido come stigma della solidità del loro amore... “Eren zöven e bée, ahn?” (Eravamo giovani e belli, eh?) si lasciò sfuggire William in uno slancio di romanticismo che non era proprio al suo carattere schivo e introverso. “Ehhh... chêr al mé spös...” ribattè lei “Zöven e inamurèe...” (Eh... caro il mio sposo... Giovani e innamorati...) William si rabbuiò: “Perchè?... Adèss t'ù'm vó mia pió bèin?” (Perchè?... Adesso non mi vuoi più bene?) “Mó 'sa vöt mai, William... s'jn bèle sinquànt'ân ch'é't sopört völ dìr ch'é gh'é incòra quèll, no?” ironizzò lei con dolcezza. (Ma cosa vuoi mai, William... se ti sopporto ormai da cinquant'anni significa che


c'è ancora qualcosa, no?) Le parole di Corinna lo confortarono: “Sinquânt'ân insèmm l'é un bèll record, ahn?...” constatò lui(Cinquant'anni insieme è un bel record, vero?) “Sé, William...” ribattè lei “Però tanti cósi jn cambièdi int j ân... T'arcòrdet quànd é't gnìv a morös? T'ù'm purtèv d'j màs ed fjór... t'ù'm cantèv dal serenèdi sòtt a la fnèstra... t'ù'm purtèv a balêr... andèven in rìva al Po a ciapêr al söl... Pó é's sòm é-spusèe... é sôm gnü a Milân e... fìn ed la favóla!... Lavurêr e bàsta!... L'é cêra che a vèder càl fòto ché a'm vìn al magòun...” (Sì, William... Però negli anni tante cose sono cambiate... Ricordi quando venivi a moroso? Mi portavi dei mazzi di fiori... mi cantavi le serenate sotto alla finestra...mi portavi a ballare... andavamo a prendere il sole in riva al Po... Poi ci siamo sposati...siamo venuti a Milano e...fine della favola!... Lavorare e basta!... E' ovvio che a vedere queste foto mi viene la nostalgia...) William ammutolì in una lunga riflessione, prima di irrompere: “Curéna... sta a sintìr: st'ân in Avrìl é fòm sinquânt'ân ed matrimòni... Nozze d'oro! S'jn dìt s'é turnésen int la Basa a fêr 'na vacànsa, ahn? Pròpria a Campagnöla indó a's sòm cgnusü... E' gh'é srà bèin 'n albèregh: andòm là per 'na smàna... E' srà cmé turnêr zöven...” (Corinna...ascolta: quest'anno in Aprile celebreremo cinquant'anni di matrimonio... Nozze d'oro! Cosa ne pensi se tornassimo nella Bassa per una vacanza, eh? Proprio a Campagnola dove ci siamo conosciuti...Ci sarà pure un albergo: andiamo là per una settimana... Sarà come ritornare giovani...) Aprile... Il mese delle serenelle in fiore... Corinna non riuscì nemmeno a rispondere. Un nodo di emozione le serrava la gola. Ma il suo sguardo traduceva la voce del cuore attraverso quelle lacrime di commozione che sgorgavano dalle sue palpebre socchiuse in un sogno bellissimo... “Sêt, William...” esordì lei mentre il treno sfrecciava attraverso le lande lombarde “E' gh'ó quèsi paura...” (Sai, William... Ho quasi paura...) “Paura?!? Ed cosa?” (Paura?!? Di cosa?) si preoccupò l'uomo. “Ed 'na delusiòun... Ed vêder che int j ân tött l'é cambièe... Ed catêr pió la mé cà... Forse a'n gh'é srà gnân pió la césa indó a's sôm espusèee!” (Di una delusione... Di vedere che negli anni tutto è cambiato... Di non trovare più la mia casa... Forse non ci sarà nemmeno più la chiesa dove ci siamo sposati!) “Mó preocupèret mia, nanòuna! E't vedrèe che surprèisa quànd i nöster amìgh ed 'na völta é's vedràn 'rivêr... Chisà che fèsta ch'é's farân!” la rassicurò William (Ma non preoccuparti, cara! Vedrai che sorpresa quando i nostri vecchi amici ci vedranno arrivare... Chissà che festa che ci faranno!) “Vèh, William... speròm che int j àn a Campagnola é gh'àbien fât 'n albèregh, ahn? Perchè, secònd mé, a pèrta mé e té... chi vöt ch'al vàga a fêr 'na vacànsa pròpria là?” continuò lei (Vèh, William... speriamo che negli anni a Campagnola abbiano costruito un albergo, eh? Perché, secondo me, a parte io e te... chi vuoi che vada a trascorrere una vacanza proprio là?) “Chi?!?” ribattè lui con fare sicuro “Tött quï ch'agh piês magnêr bèin... ecco chi! T'arcòrdet mia i turtée ed söca ed la Lina? Da sberlechêres i sbâf!... E pó al salsési ed nimêl... i grasö...” (Chi?!? Tutti quelli a cui piace mangiare bene... ecco chi! Non ricordi i tortelli di zucca della Lina? Da leccarsi i baffi!... E poi le salsicce di maiale... i ciccioli...)


Corinna si fece pensierosa all'idea del rimbalzare insistente del colore rosa in tutte le sue tonalità. Dal rosa confetto di un maialino al lilla tenue delle serenelle. Per non parlare delle screziature rosate che talvolta venavano la fitta cortina di nebbia nei tramonti autunnali.Tutto, nella Bassa, aveva quel colore tenue e delicato... “E't vést, nanòuna? 'Sa t'ìvel détt al tö William, ahn? Ecco l'albèregh! Albergo Centrale: 'sa vöt ed pió?!? S'é gh'àn méss a nôm “Centrale” völ dìr ch'é'n gh'é srà mia da sgambinêr per andêr a visitêr còll ch'é s'interèsa, no?” esordì William quando entrarono nella piazza del paese. (Visto, cara?!? Che ti aveva detto il tuo William, eh? Ecco l'albergo! Albergo Centrale: cosa vuoi di più?!? Se lo hanno chiamato “Centrale” significa che non dovremo sgambinare per andare a visitare tutto ciò che ci interessa, no?) “Ah sé?” inquisì la donna con sarcasmo “Perchè? Cosa prevede il nostro giro turistico? Fa mó la lésta 'd j monumèint!” (Ah, sì? Perchè? Cosa prevede il nostro giro turistico? Fai pure la lista dei monumenti!) William si zittì per un attimo, giusto il tempo per guardarsi intorno e cercare una risposta prima di esclamare: “La biblioteca!... Vöt léser un léber?” (La biblioteca!... Vuoi leggere un libro?) Corinna lo freddò con uno sguardo bieco. I due entrarono al Centrale per prenotare una camera. Posarono le valigie sul letto. Corinna era stanca e rifiutò l'invito di William per una passeggiata. Non aveva nemmeno appetito. “Va té a magnêr quèll!” propose al marito “Intànt che mé é sfâgh zò al valìsi...” (Vai tu a mangiare qualcosa mentre io disfo le valigie...) e, così dicendo, si abbandonò sul letto. Neppure William aveva fame, ma un'idea romantica gli solcò la mente ed egli decise di metterla in atto. Pertanto uscì... Ricordò l'appunto che gli aveva rivolto Corinna riguardo a certe tenerezze di quando erano fidanzati. Così decise di accontentarla con una sorpresa che l'avrebbe lasciata a bocca aperta... William abbandonò la strada asfaltata per inoltrarsi in un campo. Avvertiva la sensazione piacevole di affondare i suoi passi nella terra; la freschezza dell'erba alta gli sfiorava le caviglie laddove i calzini scoprivano un lembo di pelle e un senso di beatitudine e di libertà lo pervase. Proseguì dunque nel suo percorso e nel suo intento, finché giunse davanti ad una cancellata da cui si affacciavano rigogliosi rami colmi di fiori lilla. Le serenelle... William non ebbe neppure un attimo di indugio: allungò una mano ed iniziò a strappare i tralci per farne omaggio alla sua amata sposa. Uno... due... tre rami... finché una voce imperiosa al di là dell'inferriata ed un conseguente abbaiare di un cane non lo fecero sussultare. “Melnètt d'un lêder, t'al dàgh mé a sgranfgnêr i nöster fiör! Adèss a't ciöp adrée al cân!... Fido! Ciöpa lé!!!” (Ladro schifoso, te la farò pagare a rubare i nostri fiori! Adesso ti mollo dietro il cane!... Fido!!! Acciuffalo!!!!) William udì il clangore del cancello che si apriva sull'ansimare del cane. Allora egli iniziò a correre... a correre all'impazzata, lasciando cadere il mazzo di serenelle sull'erba umida del campo... Il cane inferocito non demordeva e l'uomo si sentiva senza scampo mentre zigzagava nella sua corsa a perdifiato nel tentativo di seminare l'inseguitore. Quando finalmente abbandonò il campo e si ritrovò sulla strada asfaltata, udì un fischio alle sue spalle e capì che si trattava di un richiamo per il cocciuto mastino. Esalò allora un sospiro di sollievo. Vide Fido allontanarsi per rientrare nel cancello bordato di lilla...


William abbandonò dunque la sua idea romantica di portare le serenelle a Corinna... Il sole stava già calando sull'orizzonte piatto della campagna quando William decise di rientrare all'albergo. Si chiese se Corinna stesse già dormendo, visto che gli era apparsa così stanca e provata dal viaggio. Non era stato un lungo percorso in treno, ma lei non vi era abituata e, poi, con tutti gli acciacchi dei suoi settant'anni, qualsiasi evento che esulasse dalla routine quotidiana dei consueti rituali, la sfiniva... E, quel viaggio, per lei, aveva rappresentato una tale serie di emozioni che, di certo, doveva essere esausta. Giunto dinnanzi all'Albergo Centrale, William diresse lo sguardo verso la finestra della loro stanza. Si era preoccupato che non fosse una finestra a vasistas che avrebbe creato un senso di claustrofobia a Corinna; infatti notò che le imposte erano spalancate ed un refolo di vento faceva ondeggiare la tenda all'interno... Allora ebbe un'idea... Una decisione tanto ardita e tanto romantica quanto quella di rubare le serenelle nel primo giardino che aveva veduto... Si pose sotto alla finestra e, impettito, si gonfiò il petto. Inspirò profondamente per cercare la giusta modulazione ed infine intonò la vecchia serenata con cui già aveva fatto breccia nel cuore della sua amata: “A mezzanotte vaaaa.♪♪... la ronda del piacereeee.♪♪.. e nell'oscuritààààà.....♪♪♪” Avvertì un rumore dai piani alti dell'albergo. Immaginò che Corinna si fosse svegliata e che, rapita da quell'ondata di sentimentalismo, si affacciasse alla finestra, come tanti anni fa... Dovette invece constatare, con sconcerto, che quel rumore proveniva da un'altra camera ed altro non era che lo scalpiccio di passi di un vecchio che si apprestava a riempire un secchio d'acqua per scaraventarlo fuori dalla finestra e porre fine al patetico spettacolo. Il povero William ritornò in camera fradicio. “El piuvü?” (E' piovuto?) si incuriosì Corinna destandosi di soprassalto, stropicciandosi gli occhi e vedendolo grondante. “Sé... mó söl adòss a mé...” replicò il marito in una smorfia di disappunto. (Sì, ma solo addosso a me...). Si asciugò, si infilò il pigiama e si coricò accanto alla sua sposa, cedendo ad un sonno profondo e beato fino all'alba, quando fu risvegliato da un lezzo insopportabile che entrava dalla finestra dischiusa. “Uhhh... mó che pösa!” esclamò con ribrezzo portandosi verso la finestra per capire da dove provenisse quel fetore. Corinna lo raggiunse. Un attimo e fu tutto chiaro. “Mó guèrda, William!” esclamò lei con meraviglia “E'n m'arcurdèva gnân pió!... Vèdet lazò...??? Còll tratör?... Jn adrée a stremnêr al rüd... Mó mâma... a'm piês prân! L'odör ed la mé tèra!...” (Ma guarda, William! Non mi ricordavo neanche più!... Vedi laggiù??? Quel trattore?... Stanno spargendo il letame... Mamma mia... mi piace così tanto! L'odore della mia terra!...) “Ah... l'é bòun... va là!” la derise William “Cumpàgn a còll dal serenèli, ahn?” (Ah... va là che è buono! Uguale a quello delle serenelle, vero?) Le serenelle... Bastò quella parola a riportarla alla realtà. Perché tutto ciò che ella cercava, la stessa ragione per cui aveva intrapreso quel viaggio altro non era che il profumo delicato di quel fiore... William e Corinna scesero dabbasso per gustare la colazione. La donna non aveva mai abbandonato la vecchia usanza di una scodella di zuppa di pane intinto nel latte, ma ora si trovava di fronte ad un sontuoso buffet dove spiccavano vassoi colmi di affettati di ogni genere: dal prosciutto alla mortadella, dal salame alla coppa... E se il gusto salato non fosse risultato gradito, su altri vassoi erano disposti i dolci: dalla torta di riso a quella di mandorle, dalla ciambella alla zuppa inglese. Tanta raffinatezza sconvolgeva la donna che si sentiva a disagio ed impacciata.


William, al contrario, si beava di tutto quel “ben di Dio” e non finiva più di assaggiare ogni cibaria, lasciandosi sfuggire esclamazioni di approvazione: “Mmmmm... bòun còll salàm ché! N'jn màgn 'n êtra fêta... Anca al furmàj l'é bòun!... E la sópa inglèisa... 'na leccornia!” (Mmmm... buono questo salame! Ne mangio un'altra fetta... Anche il formaggio è buono!... E la zuppa inglese... una leccornia!) Mentre stavano terminando la colazione, il cameriere si avvicinò al loro tavolo per avvisarli che l'indomani il pranzo per gli ospiti dell'albergo sarebbe stato servito nella “sala gialla”, perché il salone era destinato ad un pranzo di matrimonio. Corinna sorrise teneramente all'idea di due giovani che convolavano a nozze nello stesso mese in cui anch'ella aveva sposato il suo William. Ma William si dimostrò seccato: “Al me scusa, sàl?” disse al cameriere “Mó perchè doviamo sgomberare e perchè non potiamo far festa anche noialtri con i sposi?” Il cameriere si serrò nelle spalle: “Io eseguo ciò che mi è stato ordinato, signori... Se poi vi vorrete accordare voi con gli sposi...” Corinna sferrò una gomitata al marito sotto al tavolo: “T'é stè maladuchèe!” (Sei stato maleducato!) lo rimproverò. “Vèh, Curéna... dàgh un tàj vèh? Té, cun la tó solita paura ed fêr dal figuràsi t'é't fèe sèimper tratêr cmé la fjöla ed la schifosa da tött quànt!... Alóra... é sôm gnü ché... é j'ôm paghè sé o no?... Alóra é gh'ôm al dirétt ed fêr còll ch'é fân chi êter int l'albèregh... Chilör é s'é spösen per la préma völta e nuêter per la secònda dòp ed sinquant'ân...” (Veh, Corinna... dacci un taglio eh? Tu, con la tua solita paura di fare brutte figure ti fai sempre trattare come la figlia della schifosa da tutti!... Allora...siamo venuti qui...abbiamo pagato sì o no?... Allora abbiamo diritto a farre ciò che fanno gli altri ospiti dell'albergo... Quelli si sposano per la prima volta e noi per la seconda dopo cinquant'anni...) “Bèin... mé la figuràsa dal facìn mubéli é'n la vòj mia fêr!” obiettò la donna (Bèh... io la figuraccia dell'intrusa non la voglio fare!) “Dai, dai... pòchi bâli! E't finì ed magnêr?... Dai che andòm a vêder s'é gh'é incòra la tó cà...” la incalzò il marito. (Dai, dai... poche storie! Hai finito di mangiare?... Dai che andiamo a vedere se c'è ancora la tua casa...). Corinna si orientava a fatica. Era sparito ogni vecchio punto di riferimento. Dove un tempo c'erano le scuderie, ora erano sorti dei negozi... dove c'era il viottolo sterrato che conduceva al suo cascinale ora vi era un ampio parcheggio e dove sorgeva la sua casa... Corinna non riuscì a trattenere le lacrime. Non restava più nulla della sua dimora di ragazza che aveva ceduto il posto ad una fabbrica Tutto era scomparso sotto una colata di cemento. Non più un minimo sprazzo di verde là dove c'era l'orto... E neppure un abbozzo di lilla in prossimità della vecchia aia dove un tempo c'erano i cespugli di serenelle... Quella vista le straziò il cuore. Era come se ogni ricordo della sua primavera fosse stato cancellato dall'inclemenza degli anni e lei si sentiva come una sparuta comparsa su una scena che non le apparteneva... Non le apparteneva più... Anche William taceva ed aveva lo sguardo attonito, esterrefatto... Tuttavia, conscio dello stato d'animo della moglie, egli cercò di sdrammatizzare. Dal momento che ogni sua iniziativa di stupire Corinna era finora sfumata, egli decise di inscenare una patetica, quanto singolare, pantomima. All'improvviso si inginocchiò ai piedi di lei e, prendendole una mano, con voce languida le sussurrò: “Curéna... a'm vöt spusêr per la secònda völta?” (Corinna, mi vuoi sposare per la seconda volta?) Ella avvampò di vergogna:


“Mó lévet só e fêr mia dal pajasèdi che tótt é's guèrden!” lo riprese severamente. (Ma alzati e non fare delle pagliacciate che tutti ci guardano!). Difatti, a pochi passi da loro, un uomo li stava fissando con un'espressione divertita. William si girò ed incrociò lo sguardo dello sconosciuto. Squadrò a lungo la figura di quell'individuo che aveva qualcosa di insolitamente famigliare. Nicchiò per diversi minuti prima di abbandonarsi ad un'esondazione di entusiasmo: “Clerio... mó é't pròpria té?” (Clerio... ma sei proprio tu?) All'improvviso gli affiorarono nella memoria sprazzi della sua gioventù in compagnia del suo vecchio amico di scorribande... quante ne avevano combinate insieme! Lo sconosciuto si insospettì: “Ci conosciamo?!?” domandò. “Mó sicür, Clerio!” insistette il marito di Corinna “E' sun mé... William! T'arcördet? E' stèva int la cà 'd j casànt... E' pêrel ed sinquànt'an fa... Mó é t'ó arcgnusü da la tó bergnòcla in séma al nèz... mò quànt tèimp Clerio!” (Ma certo, Clerio! Sono io...William! Ricordi? Stavo nella casa dei mezzadri... Parlo di cinquant'anni fa... Ma ti ho riconosciuto dal tuo bernoccolo sul naso... ma quanto tempo è passato, Clerio!) Lo sconosciuto rimase sulle sue, fermo ed impettito. Fissò a lungo William prima di esordire: “Mi dispiace... La sua faccia non mi dice niente!” William trasecolò: “Mó come? Non sei forse Clerio?” “Sì...” replicò l'altro “ma questo non significa che mi ricordi di lei!” e, così dicendo, si allontanò. “E't vést, William?” commentò Corinna “E't l'ìva détt ed fêr mia al pajàss!” (Hai visto, William? Te l'avevo detto di non fare il pagliaccio!) “Vèh, Curéna... mé é sró anca un pajàss, mó chiló l'é rimbambï!!!” replicò William. (Veh, Corinna... io sarò anche un pagliaccio, ma lui è rincoglionito!). Così, anche l'idea di ritrovare i vecchi amici d'infanzia, sfumò come la nebbia... L'indomani, William e Corinna attesero gli sposi nel salone. La donna non era riuscita in alcun modo a convincere il marito a desistere. Benché gli avesse descritto quanto la loro presenza tra gli invitati fosse inopportuna, nonostante gli avesse espresso la propria vergogna, egli risultò irremovibile. E questo rendeva Corinna oltremodo nervosa. “Guèrda lé 's al gh'a int la tèsta...” diceva tra sé ad alta voce, affinché egli la udisse “ Invéce ed preocupères a purtèrom un râm ed serenèli, a fêrom al pìt cmé quànd al gnìva a morós... a fêrom al serenèdi sòtt a la fnêstra... al pèinsa a intrufulêres int al matrimòni ed dü ragàss chj'òm mai vést!” (Guarda lì cos'ha nella testa... Invece di preoccuparsi a portarmi un ramo di serenelle, a farmi la corte come quando veniva a moroso... a farmi le serenate sotto alla finestra... pensa solo ad intrufolarsi nel matrimonio di due giovani che non abbiamo mai conosciuto!) Le serenelle... Era chiaro che per rendere tutto perfetto le sarebbe bastato uno di quei fiori e William lo sapeva... Ma aveva fallito ogni tentativo di procurarglielo... L'idea di non riuscire ad accontentare la sua amata lo tormentava oltre misura. Quando comparvero i giovani sposi, William fu il primo a vederli. Strabuzzò gli occhi alla vista della neo-maritata... Aveva un abito uguale a quello che- cinquant'anni prima- aveva indossato Corinna nel giorno delle loro nozze e... stringeva tra le mani un bouquet di serenelle. Anche Corinna allibì. Quei due giovani sembravano le loro controfigure cinquant'anni dopo... “Viva Luca e la Nadia! Viva gli sposi!” esclamavano gli invitati tra scrosci di applausi.


Lo sguardo di Corinna incrociò quello di Nadia. Era giovane, fresca e bella e le sorrideva in modo aggraziato. Poi, in un guizzo, ella si girò e lanciò alle sue spalle il bouquet di serenelle. Mille mani femminili si levarono nell'intento di afferrarlo, memori della tradizione che il fatto di impossessarsi del bouquet di una sposa arrechi buon auspicio. Ma il lancio di Nadia fu talmente potente che il mazzo di fiori oltrepassò la folla delle giovinette per andare a finire proprio tra le mani di Corinna. Da quelle corolle lilla si sprigionava un profumo soave che si insinuava nelle sue narici e scendeva nel profondo del suo cuore. Si ritrovò immersa in una realtà senza tempo e si rivide giovane, vestita da sposa, accanto al suo William. William che, a sua insaputa, aveva rischiato di venir sbranato da un cane per procurarle le serenelle. Che aveva ricevuto una secchiata d'acqua in testa nel suo maldestro tentativo di omaggiarla di una serenata. Che, ormai a corto di munizioni romantiche, aveva inscenato una sdolcinata performance inginocchiandosi ai suoi piedi. E che, dopo cinquant'anni, continuava ad amarla come quel giorno in cui ella, vestita di bianco, aveva posato sull'altare un bouquet di serenelle...


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