speciale coronavirus
Guido Pelliciardi
MI APPELLO ALLE IMPRESE: COINVOLGETE I LAVORATORI
CARLO VENERONI, COORDINATORE CGIL DI CORREGGIO CARLO VENERONI Ha 45 anni e risiede a Novellara. Si è diplomato al liceo Corso di Correggio e laureato in scienze politiche all’università di Bologna. Tra il 1995 e il 2003 ha lavorato come promotore finanziario e addetto titoli in una banca di Correggio. Dal 2005 è impiegato al sindacato inquilini SUNIA-CGIL di cui ricopre tuttora il ruolo di segretario provinciale. E’ stato consigliere comunale e assessore a Novellara, dove ha pure ricoperto il ruolo di segretario comunale dei Democratici di Sinistra tra il 2001 e il 2007. Dal 1° ottobre scorso Carlo Veneroni è il nuovo responsabile del sindacato CGIL della zona di Correggio. Nella sua sede in piazzale Finzi, sopra il supermercato Coop, Veneroni rappresenta per i sei comuni del distretto correggese oltre 12.000 iscritti al maggiore sindacato italiano. Gli abbiamo rivolto alcune domande sulla situazione attuale e sulle prospettive del lavoro nelle aziende del nostro territorio. In questa fase segnata dal Coronavirus, Veneroni da una parte riconosce alla maggioranza delle imprese locali un comportamento responsabile per la tutela della salute dei propri dipendenti, dall’altra sollecita una riorganizzazione delle fabbriche che garantisca ancor maggiore sicurezza. Per il futuro pensa alla necessità di una più chiara condivisione con i lavoratori delle scelte strategiche delle imprese, senza dimenticare la precarietà come “piaga” del mercato del lavoro da sanare e superare. Ma andiamo con ordine. Quali effetti sta producendo il Coronavirus sui lavoratori di Correggio? Come si è presentato il panorama delle chiusure o meno delle attività produttive nel mese di aprile?
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primo piano
«Siamo di fronte ad uno scenario inedito e non mi voglio aggiungere alla pletora di “allenatori” che sui social offrono la ricetta giusta per affrontare la situazione. Gli organi decisionali, a qualsiasi livello, si trovano nella scomoda posizione di chi deve scegliere tra salute e lavoro, con tutto ciò che questo comporta. Giustamente i lavoratori sono preoccupati per la propria salute: come sindacati crediamo che questa vada tutelata prioritariamente e senza indecisioni. Rimane pur vero che un fermo produttivo di queste dimensioni, prolungato per molto tempo, finisce per lasciare uno strascico di conseguenze pesantissime. Effetti che ricadranno su tutti, ma che, come sempre, saranno le fasce più del deboli del mondo del lavoro ad accusare maggiormente. Nel nostro territorio alcune aziende sono state sollecite a fermare la produzione totalmente o parzialmente quando non potevano garantire le condizioni di sicurezza necessarie. Così come altre invece hanno partecipato al “balletto” della modifica dei codici Ateco per poter continuare a produrre in barba ai vari Dpcm. Una fetta consistente delle aziende che interloquiscono con i sindacati ha cerca-
to di trovare una sintesi tra la tutela della sicurezza dei lavoratori e l’esigenza di continuare a produrre». Ritieni necessaria una rapida riapertura di tutte le aziende? «É indubbiamente auspicabile per il bene di tutti. Questo non significa che vada fatta ad ogni costo e a prescindere dalle condizioni di sicurezza sanitarie. Devono riaprire quelle attività in cui è possibile il distanziamento sociale atto a prevenire qualunque rischio di contagio e nelle quali vengano messi a disposizione tutti i dispositivi di sicurezza necessari a tutelare le persone, così come definito dal protocollo sottoscritto tra le parti sociali il 14 marzo scorso. Per la riapertura è bene riorganizzare gli ambienti di lavoro con una diversa turnazione degli orari (con particolare attenzione alle modalità di entrata ed uscita dagli stabilimenti), una maggiore tutela dei lavoratori più a rischio portatori di particolari patologie, all’utilizzo dello smart working ove possibile, ad un ripensamento degli spazi di spogliatoi, mense e servizi. I lavoratori debbono poter tornare nei propri luoghi di lavoro in sicurezza e serenità perché le tensioni psicologiche forti possono anche aumentare il rischio infortuni. Per tutto questo ritengo fondamentale il coinvolgimento costante delle rappresentanze dei lavoratori». Per il futuro prossimo, quando l’emergenza sarà in via di superamento, siete preoccupati o pensate che prevarrà una certa solidità del nostro sistema produttivo? «La preoccupazione c’è tutta, anche alla luce delle prime previsioni che iniziano a girare. Bisogna anche vedere quanto le aziende italiane avranno perso rispetto ai competitor delle altre nazioni in termini di fette di mercato, anche se il fenomeno è globale e ha riguardato tanti Paesi. Una volta ripartiti ci saranno diversi
maggio 2020