Primo Piano - Maggio 2021

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agricoltura

Claudio Corradi

ECCO L’APICOLTURA PROFESSIONALE

PAOLO GHERPELLI E LA SUA “CASA DELLE API” A TRIGNANO

Paolo manovra l'autogru per le arnie assistito dal padre Renzo

La fioritura degli alberi è sempre un fenomeno spettacolare, che fa subito pensare anche alla laboriosa attività dei più importanti ed infaticabili insetti impollinatori: le api. Per parlare di questi pronubi abbiamo incontrato un professionista del settore, Paolo Gherpelli, titolare dell’azienda agricola “La casa delle api” che ha sede a Trignano di San Martino in Rio e vanta una lunga tradizione in questo ambito. Come nasce la passione per l’apicoltura? «Ho sentito parlare di api da quando sono nato: è stato praticamente ovvio che me ne occupassi anche io. Inoltre, trovo affascinante la vita delle api e piacevole il lavorare all’aria aperta. All’apicoltura ci si riesce ad appassionare quando si accetta che, avendo a che fare con la natura, non si possono avere regole rigide e tempi prefissati ma bisogna sforzarsi di essere molto

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elastici, anche se un’attività aziendale richiederebbe di prevedere il più possibile l’esito di quello che facciamo». Com’è oggi il rapporto fra api ed agricoltura? «Non ho mai visto l’agricoltore come un “nemico che avvelena”, anzi: dove l’agricoltore lavora con correttezza ed attenzione, i problemi per le api sono minimi o inesistenti. Certo, al contrario, possono esserci anche conseguenze molto gravi per le api dove si fa un cattivo utilizzo dei prodotti: ad esempio, i trattamenti su vigneti o frutteti senza effettuare lo sfalcio delle fioriture sottostanti. In passato abbiamo dovuto abbandonare alcune postazioni per problemi di avvelenamenti causati da agricoltori vicini; oggi diversi nostri apiari sono collocati all’interno o nelle vicinanze di grandi aziende viticole e ortofrutticole, senza nessun problema nella gestione».

É vero che le api ci indicano lo stato di salute dell’ambiente? «Essendo un insetto sensibile, sono l’ “anello debole” della catena: quando sono presenti nell’ambiente sostanze tossiche, spesso muoiono prima ancora di rientrare all’alveare, o poco dopo, indicandoci quindi il livello di salubrità di un dato ambiente. Oggi, tuttavia, non troviamo più mortalità estese come qualche decennio fa, ma piuttosto un graduale e più silenzioso spopolamento degli alveari. Le api risentono dell’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del terreno e indirettamente dei cambiamenti climatici (che hanno influito anche su quantità e qualità dei raccolti). Molti fitofarmaci sono causa di problemi: le api possono essere intossicate non solo durante il trattamento, ma anche mentre raccolgono nettare e/o polline, o anche solo mentre attraversano zone trattate per andare a bottinare altrove. Notevoli, ad esempio, i danni nel recente passato con l’uso dei neonicotinoidi, un particolare tipo di insetticida, che facevano perdere l’orientamento alle api danneggiando il loro sistema nervoso». Quanto miele producete ogni anno? «Risulta difficile definire la produzione media aziendale: diciamo che se tornassero “i raccolti di una volta” si potrebbe pensare di produrre senza troppa difficoltà anche 200 quintali di miele, ma negli ultimi anni abbiamo dovuto accontentarci di meno della metà: le “anomalie climatiche” hanno giocato un ruolo importante, così come l’introduzione di nuove cultivar molto meno nettarifere delle precedenti, come l’erba medica e il girasole. Si produce inoltre cera d’api, come conseguenza della lavorazione del miele, e propoli grezza. Produrre polline e pappa reale sarebbe interessante ma, richiedendo molto tempo, non risulta sempre fattibile».

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