108 - Sfida alla moda

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SFIDA ALLA MODA

n째centootto

GREENPEACE NEWS - N.108 - I TRIMESTRE 2013 - ANNO XXVII


SOMMARIO

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SPECIALE

The fashion duel

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5 CLIMA

SPECIALE

CLIMA

Io non vi voto

Fashion week

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Processo agli OGM

12 INQUINAMENTO Ex-sisas

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Abbracci polari

11 AGRICOLTURA

NEWS PERIODICO DI GREENPEACE ITALIA

CLICK & CO.

Direttore editoriale/ Andrea Pinchera Direttore responsabile/ Fabrizio Carbone Redazione/ Serena Bianchi, Laura Ciccardini, Maria Carla Giugliano, Valeria Iovane, Luigi Lingelli, Felice Moramarco, Cecilia Preite Martinez, Gabriele Salari Archivio foto/ Massimo Guidi Internet/ Alessio Nunzi Progetto grafico/ Saatchi&Saatchi Impaginazione/ Francesca Schiavoni, Paolo Costa Redazione e Amministrazione/ Greenpeace ONLUS Via della Cordonata, 7 00187 Roma email: info.it@greenpeace.org tel: 06.68136061 fax: 06.45439793 Ufficio abbonamenti/ Augusto Carta tel: 06.68136061(231) Sped. in abb. postale -Art.1, Comma 2 - Legge 46/2004 - DBC Roma

DAL MONDO

Abbonamento annuo 35 Euro

Aut. Tribunale di Roma 275/87 del 8.5/87

Foto copertina/ ©Valerio De Berardinis/Greenpeace Questo periodico è stampato su carta amica delle foreste: carta riciclata contenente alte quantità di fibre post-consumo e sbiancata senza cloro. L’involucro per l’invio del Greenpeace News è in Materbi, un materiale derivato dal mais, completamente biodegradabile.

EDITORIALE di GIUSEPPE ONUFRIO

MENTRE CHIUDIAMO il giornale si sono appena concluse le elezioni, con un risultato inaspettato e un Parlamento difficilmente governabile. La nostra campagna "IoNonViVoto" voleva provocare un dibattito su alcuni dei nostri temi prioritari – carbone, trivelle a mare, rinnovabili – e molti politici hanno effettivamente risposto, da sinistra a destra. Ma non i candidati premier di centrodestra e centrosinistra, né il Presidente uscente Monti. Eppure avevamo raccolto oltre 50 mila firme chiedendo loro di prendere posizione. Le ragioni del risultato politico sono ampie e non tocca certo a noi analizzarle. Una cosa però dobbiamo dirla: che i cittadini si erano stufati di una certa politica era apparso chiaro al Referendum del 2011, quando la maggioranza degli italiani è andata a votare su nucleare, acqua pubblica e giustizia, temi che hanno interessato e appassionato tante persone indipendentemente dalla loro collocazione politica, com'è giusto che sia trattandosi di questioni di grande rilievo sociale. Ma cosa è accaduto da allora? Chi si è reso conto che esisteva ed esiste una domanda di futuro? La risposta dei partiti tradizionali a questa richiesta è stata insufficiente a dir poco. Poi crisi economica e scandali hanno certo ampliato la disaffezione verso la politica tradizionale. Quella politica che abbiamo tacciato come "fossile" perché incapace di produrre una visione di futuro e di prospettiva per mettere assieme ambiente e occupazione, innovazione e nuovo paradigma energetico. Noi continueremo a batterci perché la battaglia per la salvaguardia del clima possa essere vinta e in modo tale da averne anche dei benefici occupazionali. Ambiente e lavoro possono e devono andare insieme. Nelle stesse settimane abbiamo lanciato la sfida all'alta moda su

due obiettivi: eliminare gli scarichi inquinanti nella filiera tessile e la deforestazione nella produzione di pelle e packaging. La campagna è iniziata denunciando gli scarichi tossici delle aziende tessili della moda in Cina e in Messico, la deforestazione in Indonesia per la carta e in Amazzonia per l'allevamento di bestiame. La campagna "The Fashion Duel", promossa oltre che dal nostro ufficio anche da Greenpeace in Francia, USA e Regno Unito e sostenuta da altri uffici, era iniziata nel 2012 con una richiesta non pubblica a quindici grandi aziende della moda. In poche settimane, alcuni marchi hanno cominciato a prendere impegni seri verso gli obiettivi indicati da Greenpeace: deforestazione zero e scarichi tossici zero. Il lancio della classifica è coinciso con l'apertura della settimana della moda di New York per poi passare alla Milano Fashion Week, con attività di guerrilla e due azioni spettacolari, e infine a Parigi. La campagna continuerà nei prossimi mesi: per cambiare il modo di produrre è importante coinvolgere anche i marchi più ricchi e famosi proseguendo la campagna che aveva già ottenuto risultati positivi con i marchi più popolari dell'abbigliamento casual. In ultimo, ma non meno importante, registriamo un grande successo per la protezione delle foreste: il gigante asiatico APP ha accettato, dopo dieci anni di campagna, di muoversi verso obiettivi di deforestazione zero. È una svolta per le foreste indonesiane, una speranza per la tigre di Sumatra che abbiamo preso a simbolo della campagna, un successo che ci sprona a continuare e per il quale non smetteremo mai di ringraziare i nostri attivisti e volontari e la generosità di chi ci sostiene.


THE FASHION DUEL GUANTO DI SFIDA ALLA MODA

di CHIARA CAMPIONE

© Andrea Guermani/Greenpeace

SPECIALE

LA FORESTA AMAZZONICA in Brasile e le ultime foreste indonesiane vengono distrutte ogni giorno. I fiumi e i laghi in Cina e Messico vengono contaminati e i pesci avvelenati. Sapete perché? Per la produzione di carne e di pelle si deforesta l’Amazzonia per far spazio agli allevamenti bovini: milioni di ettari di foresta vengono tagliati a raso e incendiati per produrre la pelle che spesso finisce nei nostri vestiti, scarpe,borse e cinture. In Indonesia, multinazionali dell’industria cartaria, come APRIL (Asia Pacific Resources International Holdings Limited), stanno mandando al macero un patrimonio come le foreste pluviali indonesiane, habitat delle ultime tigri di Sumatra, trasformandole in carta, scatole e sacchetti per i nostri acquisti. In Cina, Messico e altre regioni del Sud del mondo, l’uso di sostanze chimiche tossiche nei cicli produttivi dell’industria tessile compromette gravemente le risorse idriche globali. Cosa hanno in comune carta, pelle e tessuti? Che sono le materie prime più utilizzate dalle case di Alta moda. È per questo che abbiamo deciso di mettere insieme due dei più importanti obiettivi della nostra organizzazione: Detox e DeforestazioneZero, e lanciare un’ambi-

ziosa sfida al mondo dell’Alta moda per aiutarlo a “ripulirsi”. IL NOSTRO GUANTO DI SFIDA Per farlo abbiamo scelto come simbolo un guanto verde, molto simile a quello che usiamo nelle nostre case per fare le pulizie. Lo scorso novembre lo abbiamo inviato a 15 note case di moda con un link a un questionario di 25 domande su tre importanti segmenti delle loro filiere: la pelle, la carta per il packaging e le produzioni tessili. Il nostro guanto di sfida e le nostre richieste di impegno hanno raggiunto così Armani, Louis Vuitton, Christian Dior, Salvatore Ferragamo, Roberto Cavalli, Alberta Ferretti, Chanel, Dolce&Gabbana, Hermès, Prada, Trussardi, Gucci, Versace, Ermenegildo Zegna e Valentino. Per settimane abbiamo sollecitato queste aziende a rispondere ai nostri questionari. Alcuni lo hanno fatto dimostrando un buon livello di trasparenza nei nostri confronti e dei consumatori. I risultati sono stati elaborati e hanno dato vita alla nostra classifica, che vede Valentino in testa mentre marchi come Dolce&Gabbana, Chanel, Hermès, Prada, Alberta Ferretti e Trussardi non hanno nemmeno risposto al questionario.

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Proprio per spingere gli ultimi in classifica ad accettare la sfida per una moda più pulita abbiamo chiesto ai consumatori di sfidare le case d'Alta moda firmando la petizione sul nostro sito. UNA TESTIMONIAL D’ECCEZIONE La campagna thefashionduel.com è nata con un solo obiettivo: ripulire la moda per assicurare a ogni consumatore prodotti non contaminati da fenomeni come la deforestazione e l’inquinamento delle risorse idriche del nostro Pianeta. Ad aiutarci come testimonial l’attrice Valeria Golino, che ha interpretato per noi un bellissimo video, diretto dalla regista Anna Negri, nel quale indossa i panni di una Madre Terra contaminata dalle ceneri della distruzione delle foreste e dalle sostanze tossiche con le quali l’industria tessile avvelena le risorse idriche del nostro Pianeta. Con la sua dirompente fisicità e con una voce da vera guerriera dell’arcobaleno, Valeria ha mandato il nostro messaggio forte e chiaro: “La moda vende sogni! Ma così è un incubo per il Pianeta”. Il video “Let's Clean Up Fashion” è stato realizzato dall'agenzia Grey Milano e prodotto dalla casa di produzione The Family.


© Greenpeace

MODA, SOGNO O INCUBO? Marchi come Chanel, Prada e Dolce & Gabbana sono nomi riconosciuti a livello mondiale e da oggi hanno l'opportunità di dettare il vero nuovo trend del settore: tutelare il nostro Pianeta. A questi brand abbiamo chiesto di impegnarsi da subito per eliminare le sostanze chimiche pericolose dalla loro filiera produttiva e mettere in atto delle misure concrete per evitare il rischio di contaminazione da fenomeni

come la deforestazione. Con altre aziende come Gucci, Armani, Versace e Zegna abbiamo anche aperto un dialogo che fino ad adesso sembra costruttivo e che le ha portate a prendere alcuni degli impegni richiesti. Ma nel nostro duello con il mondo della moda un impegno parziale non è abbastanza e speriamo di vedere presto queste aziende raggiungere dei livelli di sostenibilità accettabili per tutti.

Nelle prossime settimane con la campagna The Fashion Duel, Greenpeace farà pressione su tutti gli altri marchi di Alta moda per spingerli ad assumere impegni a tutela delle foreste e per l'eliminazione delle sostanze tossiche dalla filiera tessile. La nostra sfida al mondo dell’alta moda è appena cominciata. E voi? Avete già lanciato il vostro guanto di sfida per una moda più pulita?

L’OUTFIT GREEN PER SALVARE IL PIANETA

© Stefania Bozzoli

Chilicool, Patchwork à Porter, The Slow Cat Walk e tante altre hanno accolto con entusiasmo l’idea di entrare in azione insieme a noi. Una risposta non affatto scontata. La moda, per essere bella davvero, deve essere buona con il Pianeta. Alessia, Francesca, Greta, Sandra e le altre ragazze che ci hanno risposto la pensano esattamente così. Per dirlo hanno utilizzato la vetrina migliore: il loro fashion blog. Greenpeace la ha sfidate a indossare l’outfit più green da abbinare al guanto cento per cento biodegradabile di The Fashion Duel. E il risultato ha superato le aspettative. Look basic e casual per lanciare la sfida al mondo dell’Alta moda. Pelle rigorosamente sintetica, lavaggio denim in linea con lo standard GOTS, qualche tocco green e hairstyle e makeup naturali per Patchwork à Porter. Una maglietta a righe bianche e azzurre in puro cotone con un simpatico gattino bianco aggrappato al guanto della sfida per The Slow Cat Walk. Tante libellule sul vestito di Dora, simbolo delle meraviglie della natura. E poi stile semplice e naturale per Il filo di Penelope e una simpatica fantasia “pavone” per il vestito di Bio-Fashion. Con stile e creatività hanno chiesto alla moda di non essere complice di crimini ambientali quali la deforestazione e l’inquinamento delle nostre acque. Insieme a oltre ventimila persone hanno firmato la petizione sul sito www.thefashionduel.org invitando le lettrici a fare altrettanto. “La moda sostenibile deve essere il futuro!” - afferma Alessia su The Chilicool. E noi non ci arrenderemo fino a quando anche gli ultimi brand in classifica non avranno capito che la moda è troppo bella per costare qualcosa al Pianeta. SERENA BIANCHI

HANNO I NOMI più glamour, indossano gli outfit più chic, sono sempre informate sulle ultime tendenze e non c’è ragazza appassionata di moda che, almeno una volta nella vita, non abbia consultato uno dei loro blog alla ricerca di qualche consiglio su come vestirsi per un’occasione speciale. Sono le fashion blogger italiane, l’esercito di ragazze modaiole che osano con gli abbinamenti diventando delle vere e proprie muse per l’universo femminile. Noi le abbiamo coinvolte per dare ancora più forza alla nostra sfida al mondo dell’Alta moda. Chi meglio di loro poteva lanciare il guanto di The Fashion Duel all’universo patinato del prêt-àporter e al contempo far avvicinare ai temi della campagna le tante donne che forse non conoscono Greenpeace ma conoscono nomi come Chanel, Hermés, Prada e Dolce&Gabbana? The

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©Matteo Nobili/Greenpeace

FASHION WEEK CHE IL “DUELLO” ABBIA INZIO

di MARIA CARLA GIUGLIANO

SPECIALE

“20 FEBBRAIO – ORE 7.30 Milano. Castello Sforzesco. Che succede? Srotolato "green carpet" a forma di guanto di sfida #thefashionduel” “7.35 La nostra é una modella-climber e la sfilata è verticale #fashionduel” “7.40 Sfilata verticale: una sfida per chiunque. Che aspettano le aziende a offrirci una moda più pulita? #thefashionduel”. Così – via Twitter – raccontiamo la nostra apertura speciale e inaspettata della Settimana della Moda in una Milano che si sta appena svegliando. Nel backstage della sfilata della nostra climber Indira, sulla torre del Castello, non ci sono truccatori ma altri attivisti che le preparano gli ancoraggi. Nella sua borsa insieme agli stivali con il tacco, vestiti glamour e rossetto, ci sono corde e imbracatura. La pressione delle corde sui fianchi è pesante da sopportare, i muscoli sono tesissimi su addome, schiena e collo ma Indira resiste e si esibisce in una spettacolare passerella verticale: abbiamo sfidato la forza di gravità per sfidare le case di moda a ripulirsi. Rubiamo alle grandi firme spazi su giornali e media online perché l’attenzione dei giornalisti è tutta per noi e per la nostra sfilata alla rovescia. CLEAN GRAFFITI Non è la prima visita milanese. Abbiamo lasciato il segno “The Fashion Duel” già nelle notti precedenti portando i nostri messaggi fin sui marciapiedi delle vie dello shopping. Abbiamo utilizzato i clean graffiti, una tecnica per creare immagini e messaggi temporanei sulle strade, rimuovendo lo sporco dalla superficie e giocando appunto sul contrasto che si crea tra area sporca e area pulita. E indovinate cosa è comparso? Sagome di modelle e di guanti con la scritta “The Fashion Duel”. IL “DITO” INDICA LA STRADA La settimana della moda di Milano non l’abbiamo solo aperta ma anche chiusa. E sempre a modo nostro. Il 23 febbraio la scultura di Maurizio Cattelan L.O.V.E., nota come “Il Dito”, che si trova a Piazza Affari si è presentata agli occhi dei passanti rivestita di un guanto verde. Sì, il nostro guanto di sfida! Abbiamo scelto la scultura di Cattelan perché le dita mozzate e l’indice medio eretto indicano una sola via da percorrere. Rivestendola con il nostro guanto abbiamo lanciato un segnale esplicito a tutte le aziende che ancora non hanno imboccato la strada giusta. Il guanto di sfida sul “Dito” di Cattelan è per Prada, Trussardi, Cavalli, Ferretti, Hermés e Chanel che sono stati valutati con uno “zero in condotta” nella nostra classifica.

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A Milano questi brand hanno svelato tutte le tendenze della prossima stagione. Noi con le nostre proteste – che hanno attirato l’attenzione dei media di tutto il mondo – abbiamo dimostrato, invece, che l’unico must-have deve essere una moda senza distruzione.

©Matteo Nobili/Greenpeace

IN AZIONE ONLINE Non è solo Greenpeace a portare avanti “The Fashion Duel”. Mentre insceniamo le proteste, la nostra community ci sostiene e partecipa con noi. In poche settimane più di 20 mila persone hanno scritto alle aziende per chiedere una moda più pulita e hanno contribuito a diffondere le nostre richieste condividendo su Facebook e twittando con l’ashtag #thefashionduel. Siamo in tanti a fare pressione per convincere tutti i brand in classifica che c’è un solo modo per non trasformare la moda in un incubo: un impegno Deforestazione Zero e Scarichi Zero.

UNA VITTORIA STORICA PER LE FORESTE INDONESIANE CI SONO VOLUTI DIECI ANNI di lavoro, di inchieste, richieste congiunte e pressioni dell'opinione pubblica, ma grazie alla campagna di Greenpeace, il colosso cartario indonesiano Asia Pulp & Paper ha detto addio alla deforestazione. Le foreste pluviali dell'Indonesia sono un habitat vitale per specie in via di estinzione come la tigre di Sumatra e rappresentano l'unica casa per migliaia di popolazioni. Secondo il governo indonesiano, la produzione di cellulosa, carta e olio di palma rientra tra le principali cause della deforestazione in Indonesia. APP è stata fino ad oggi responsabile dell’80 per cento di questa distruzione. Grazie alle pressioni dell'opinione pubblica e di Greenpeace numerosi marchi globali hanno sospeso ogni rapporto commerciale con APP eliminando la deforestazione dalle loro filiere produttive. Più di cento aziende si sono mosse, tra queste Adidas, Kraft, Mattel, Hasbro, Nestlé, Carrefour, Staples e Unilever. In Italia, grazie alla campagna “Salvaforeste” rivolta al mondo dell'editoria, il 65 per cento circa del mercato editoriale italiano si è

© Kemal Jufri / Greenpeace

dotato di politiche di acquisto della carta a Deforestazione Zero. La nuova “Politica di Conservazione Forestale” pubblicata da APP a febbraio 2013 sancisce un cambiamento epocale per il futuro delle foreste indonesiane. Ma deve essere applicata sul serio! E proprio in tal senso monitoreremo da vicino i progressi dell'azienda. L'impegno di APP arriva in un momento cruciale: i due anni di moratoria sulla deforestazione decretati dal presidente dell’Indonesia nel 2011, infatti, scadranno a maggio di quest'anno. Per questo chiediamo al governo di sfruttare l'impegno preso da APP per rafforzare ed estendere la moratoria sulla deforestazione, a partire dalla revisione di tutte le concessioni forestali esistenti. Greenpeace ha scritto anche al CEO di APRIL (Asia Pacific Resources International), il secondo più grande produttore di cellulosa e carta dell'Indonesia dopo APP, per chiedere quando la sua azienda prevede di assumere un impegno simile per mettere la parola fine al crimine della deforestazione. ESPERANZA MORA

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IO NON VI VOTO CLIMA

di ANDREA BORASCHI

DOPO UN LUNGO braccio di ferro con Enel, l’azienda maggiormente responsabile dell’uso del carbone a fini di produzione elettrica in Italia, e dopo una campagna che ha raccolto il sostegno di oltre 57 mila cittadini e di 39 sindaci siciliani per proteggere il Canale di Sicilia dalle trivelle petrolifere, Greenpeace ha deciso di giocare la sua partita di contrasto alle fonti fossili direttamente con la politica. “IoNonViVoto” è stata una campagna con un fine esplicito: mandare un messaggio chiaro e niente affatto rassegnato alla politica. Più di 50 mila elettori hanno raccolto l’invito della nostra associazione scrivendo a tutti i leader, ai comitati elettorali, a segreterie di partito e movimenti: non avrete il nostro voto se non prenderete impegni precisi per contrastare l’espansione di carbone e petrolio e per sostenere la crescita delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica. LE NOSTRE PROPOSTE La protesta si basa su una piattaforma sviluppata da Greenpeace, “Energie pulite per l’Italia”, articolata in 9 punti: un piano di uscita dall’era del carbone; la richiesta di sostituzione dei vertici di Enel e di un cambio di rotta per l’azienda; l’allontanamento delle trivelle dalle nostre coste; l’aumento della fiscalità sulle estrazioni di

greggio; nuovi target per l’efficienza dei motori; rimozione delle barriere burocratiche che frenano la crescita delle fonti rinnovabili, e priorità assoluta all’energia pulita; sviluppo delle smart grid e dell’ef-

ficienza energetica; una nuova fiscalità energetica a sostegno dello sviluppo della green economy. Sulla base di questo piano, Greenpeace ha interpellato tutti i candidati ponendo

MONTI, BERSANI E BERLUSCONI, SIETE DEI DINOSAURI

© Alessio Nunzi/ Greenpeace

Lorenzo Moscia / Greenpeace

SFIDA ALLA POLITICA FOSSILE

I DINOSAURI SONO ESTINTI da tempo. Il Bersanodonte, il Tirannosilvio e il Montisauro invece sono ancora qui e si candidano a guidare il Paese. Per la loro inclinazione verso le fonti energeti-

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che sporche Monti, Bersani e Berlusconi sono “fossili” come i dinosauri. Greenpeace lancia loro il suo atto d’accusa sul web ritraendoli come dinosauri immaginari, simbolo di una politica vecchia – incapace di ascolto e interlocuzione con la società civile – e incapace di uscire dall’epoca delle fonti fossili. Il candidato Berlusconi è stato prima sponsor del nucleare – bocciato dagli italiani – e poi del carbone. Monti invece ha scambiato il Belpaese per il Texas, proponendo una strategia energetica basata sullo sfruttamento delle misere risorse petrolifere del nostro suolo e, ancor peggio, dei nostri mari. Bersani, dichiaratosi totalmente d’accordo con Monti, è a capo di un partito che accetta supinamente – e talvolta promuove – l’aumento dell’uso del carbone in Italia. GABRIELE SALARI


UNA FREDDA MATTINA di febbraio circa 100 mila romani avranno strabuzzato gli occhi quando hanno preso una copia del quotidiano Metro, distribuito gratuitamente nelle principali stazioni ferroviarie e della metropolitana della Capitale. Greenpeace, infatti, ha distribuito un facsimile del popolare quotidiano gratuito, quasi identico all’originale, con notizie troppo belle per essere vere. Gli Usa che entrano nel Protocollo di Kyoto o ancora Bersani e Monti che puntano sulle rinnovabili e dicono addio a petrolio e carbone… Ecco cosa vorremmo leggere sulla stampa. Nel giornale – disponibile anche on line www.greenpeace.it/metro/ – c’è spazio per tante buone notizie. Di fronte all’Ilva di Taranto, ad esempio, ecco nascere un mega parco eolico off shore che dà lavoro a duemila lavoratori in tre anni, mentre il Delta del Po vede la scomparsa della centrale di Porto Tolle, trasformata in un avvenieristico centro visite del parco ecocompatibile. Perfino l’oroscopo, le ricette, la programmazione dei cinema e le notizie sportive sono green, con una intervista a Totti che vuole proteggere gli alberi per la figlia Chanel. Ciliegina sulla torta due finte inserzioni pubblicitarie: Enel che annuncia di dimezzare l’uso del carbone entro il 2020 e Shell che promette di cancellare ogni attività estrattiva di idrocarburi in mare. Metro è un giornale molto attento all’ambiente, ma il 5 febbraio lo è stato davvero in ogni virgola. Passato lo stupore, molti romani sono corsi dietro agli attivisti di Greenpeace che distribuivano il giornale per complimentarsi. G.S.

© Francesco Alesi/ Greenpeace

IL GIORNALE DEI NOSTRI SOGNI

loro domande impegnative. Sono stati molti quelli che hanno risposto: Vendola, Di Pietro, Ingroia, Maroni, Montezemolo, Meloni tra gli altri. Ma altrettanto nutrito è stato il gruppo dei candidati che non hanno trovato tempo, modo e maniera di dire la loro su queste questioni. E di rispondere, dunque, a più di 50 mila italiani. Lo scopo primo di Greenpeace con questa campagna era quello di rendere una parte essenziale di informazione alla cittadinanza: di contribuire, in altri termini, a un processo democratico consapevole. Gli italiani hanno il diritto di conoscere l’orientamento della politica rispetto alla questione energetica. Perché l’energia è una componente fondamentale del nostro import e la nostra dipendenza dall’estero pesa come un macigno sull’economia italiana; perché la produzione e i consumi energetici sono tra le prime cause di degrado ambientale e la prima in assoluto di distruzione del clima; perché da una rivoluzione energetica profonda dipendono la creazione di migliaia di posti di lavoro, la tutela della salute pubblica, la salvaguardia dei nostri territori e dei nostri mari. LE RISPOSTE Alcuni candidati hanno sposato in pieno gli impegni richiesti da Greenpeace, men-

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tre dai principali candidati, Bersani, Berlusconi e Monti, un lungo silenzio. Non è difficile, tuttavia, chiarire il quadro della loro proposta politica. Silvio Berlusconi era e rimane il premier che ha tentato di riavviare in Italia un programma nucleare, nonché colui che ha nominato un management che vorrebbe fare di Enel un campione europeo del carbone. La strategia di Mario Monti è quella definita già mesi addietro dal ministro Corrado Passera: l’Italia come un grande hub del gas, con un programma straordinario di estrazione, per terra e per mare, di misere risorse di idrocarburi, e le rinnovabili ferme al palo, imbrigliate da lacci burocratici d’ogni sorta. Bersani si è detto d’accordo con la strategia di Monti; e nel programma del PD il verde è infine divenuto un colore pallido e residuale. L’Europa, almeno nelle sue economie più forti, procede in direzione contraria. Con le elezioni, l’insediamento di un nuovo Parlamento e la nomina di un nuovo Governo, la partita non sarà chiusa. Esistono almeno due strade per cercare di promuovere un drastico cambiamento nella strategia energetica del Paese: agire sui decisori e agire sulle aziende. Greenpeace non lascerà nulla di intentato, in entrambe le direzioni.


ABBRACCI POLARI PER SALVARE L’ARTICO di CECILIA PREITE MARTINEZ

CLIMA

Claudia Zanella

© Francesco Alesi/ Greenpeace

Paolo Briguglia

Margherita Buy

Mimmo Calopresti

Pino Quartullo

Giobbe Covatta

Claudia Gerini

Ennio Fantastichini

Gianluca Maria Tavarelli

BANDIRE LE TRIVELLAZIONI offshore e la pesca distruttiva attorno al Polo Nord: è questo l'obiettivo della campagna Save the Arctic. La sfida è di creare un santuario globale che protegga l’ecosistema, gli animali e le popolazioni indigene che vi abitano, così come è stato fatto in Antartide nel 1991 quando, in seguito anche alla campagna di Greenpeace, è stato bandito per 50 anni ogni sfruttamento minerario dell'Antartide. La petizione in difesa dell'Artico, attiva da giugno 2012 sul sito www.savethearctic.org, ha già superato due milioni e mezzo di firme. Quando toccherà quota tre milioni, Greenpeace inserirà i nomi del primo milione di firmatari in una capsula che verrà collocata nei fondali dell'Artico, a una profondità di quattro chilometri, e contrassegnerà il luogo con la "Bandiera per il Futuro" disegnata dai bambini che hanno partecipato al concorso globale del movimento scoutistico Girl Guide. La spedizione partirà i primi di aprile.

Giorgio Pasotti

Claudio Santamaria

Sandra Ceccarelli

Alessandro Haber

Abbracciati a un orso polare, simbolo dell'ecosistema più prezioso per il clima del Pianeta, sono tanti i personaggi che hanno prestato la loro immagine alla campagna: Margherita Buy, Claudia Gerini, Claudio Santamaria, Ennio Fantastichini, Alessandro Haber, Giobbe Covatta, Sandra Ceccarelli, Claudia Zanella, Paolo Briguglia, Mimmo Calopresti, Giorgio Pasotti, Pino Quartullo e Gianluca Tavarelli. «Quella per la salvaguardia dell’Artico è sicuramente una delle battaglie decisive dei nostri giorni, quella per la quale verremo ricordati da chi abiterà il Pianeta che costruiamo oggi. Si tratta di uno degli ultimi ecosistemi incontaminati del Pianeta, la casa di animali rari e bellissimi. Tutti da bambini sogniamo di abbracciare un orso polare, grazie a questa campagna di Greenpeace io ho avuto la possibilità di contribuire alla difesa del loro habitat, che appartiene all’umanità intera» ci ha detto Claudio Santamaria a margine del suo scatto.

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PROCESSO AGLI OGM I NOSTRI

ATTIVISTI IN AULA

di FEDERICA FERRARIO

© Matteo Nobili/ Greenpeace

AGRICOLTURA

SE C'È UN SETTORE in Italia che, nonostante la crisi, ha le carte in regola per uscirne meglio di prima – un settore che ci invidiano in tutto il mondo – è proprio quello agricolo. Per proteggerlo, nell’estate 2010 ventitré attivisti di Greenpeace sono entrati in azione in Friuli fermando la contaminazione da OGM causata dalla semina illegale di mais geneticamente modificato della Monsanto in due appezzamenti della regione. Quel giorno, Greenpeace ha fatto ciò che gli enti preposti inspiegabilmente non facevano: ha difeso la nostra agricoltura. Ma a quale prezzo? Il 17 gennaio 2013, a Pordenone, in Friuli, è iniziato il processo a quei ventitré attivisti,

che due anni fa entrarono in azione. Due i capi di imputazione: danneggiamento e invasione arbitraria di terreno agricolo al fine di occupazione e danneggiamento. Esito di quella prima udienza, l’archiviazione del reato di danneggiamento che ha portato il Pubblico Ministero a dover modificare il capo di imputazione di arbitraria invasione con rinvio del processo a marzo. A oltre due anni di distanza, fa specie che siano proprio le persone che hanno puntato il dito sul problema – mettendosi in gioco in prima persona – a essere sotto processo per "invasione di terreno agricolo". Sotto processo, invece, ci dovrebbe essere il vero problema: gli OGM.

Noi di Greenpeace pensiamo che agricoltura di qualità significhi non solo garantire il sostentamento degli agricoltori e la produzione alimentare, ma anche salvaguardare il territorio e quei beni comuni come suolo, acqua, aria dai quali dipendiamo e che rappresentano il lasciapassare per un futuro sostenibile. Perché l’avvenire dell'agricoltura italiana è legato alla qualità, non all'omologazione. E uno dei passaggi obbligati per farla rifiorire e garantire la sostenibilità del settore e dell'ambiente in cui viviamo, è un forte e netto rifiuto degli OGM e del tipo di agricoltura di stampo industriale che rappresentano, rischi per ambiente e salute compresi.

NEL RONZIO DELLE API C’È IL FUTURO DEL PIANETA SCIAMI DECIMATI da pesticidi che promettono raccolti rigogliosi al prezzo di una vera e propria strage. Quella delle api, meravigliose paladine dell’agricoltura. Forse non tutti sanno che l’uso di alcuni pesticidi sta causando la moria delle infaticabili regine dell’impollinazione. Con il risultato di rendere sempre più incerto il futuro dell’agricoltura. Secondo l’UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente), l'ottantaquattro per cento delle principali colture europee dipende dall'impollinazione degli insetti, capitanati dalle api. Le api, infatti, sono le principali responsabili dell’impollinazione di centinaia di specie di piante, sia coltivate che selvatiche. Alcuni pesticidi autorizzati e comunemente utilizzati – i neonicotinoidi – stanno distruggendo intere colonie di api e insetti impollinatori. Insetti che giocano un ruolo fondamentale nella riproduzione di molte piante commestibili. Non molte mele maturerebbero senza l'aiuto delle api. Il 31 gennaio scorso, la Commissione Europea ha presentato agli Stati Membri una proposta per sospendere per

© Greenpeace / Pieter Boer

due anni l'uso di tre neonicotinoidi particolarmente nocivi per le api. La sospensione riguarda principalmente il loro utilizzo come concianti per le sementi di mais, colza, girasole e cotone, parliamo di sementi che vengono trattate con l’insetticida prima di essere messe in vendita. La proposta della Commissione UE è certamente un primo e positivo passo per arginare gli effetti nocivi dei pesticidi sulle api, ma non basta. Queste sostanze sono fonte di problemi per gli insetti impollinatori anche quando vengono utilizzate in colture diverse dalle quattro elencate nella proposta. In Italia questi neonicotinoidi sono già oggetto di specifico bando temporaneo per la concia delle sementi. Ma per difendere sul serio le api e gli altri insetti impollinatori, oltre a trasformare il bando da temporaneo a definitivo, è importante estendere il divieto anche all'uso di questi pesticidi in formulazione granulare e in spray. Altrimenti dovremo organizzarci e arrampicarci noi sugli alberi per fare il lavoro delle defunte api. Non è troppo? F.F.

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A gennaio di quest’anno la Task Force per un'Italia libera dagli OGM – della quale Greenpeace fa parte insieme a una trentina di associazioni ambientaliste, di consumatori e associazioni agricole di categoria – ha inviato un appello a candidati e partiti per chiedere una volta per tutte un chiaro no alla coltivazione di OGM sul territorio nazionale. La richiesta indirizzata ai candidati che avrebbero formato il nuovo Governo era una e semplice: «Chiediamo in modo chiaro e trasparente a tutti i partiti e can-

didati impegnati nella consultazione elettorale di esprimersi in merito all’adozione, entro sessanta giorni dalla data di formazione del Governo, della clausola di salvaguardia da notificarsi alla Commissione europea, su iniziativa dei Ministri delle Politiche agricole, alimentari e forestali, della Salute, dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, al fine di vietare ogni forma di coltivazione di OGM autorizzati a livello europeo (mais MON-810 e patata Amflora) a tutela della sicurezza del modello economico e sociale di sviluppo

dell’agroalimentare italiano». D'altronde non è un segreto per nessuno che l’opposizione dei cittadini italiani ed europei alle colture OGM è forte. Tant'è che la BASF, società chimica leader nel mondo, all'inizio dell'anno ha annunciato di rinunciare alle procedure autorizzative per le sue tre patate OGM – Fortuna, Amadea e Modena – proprio a causa della forte opposizione in Europa. Il bando alla coltivazione degli OGM è già in vigore in molti Paesi, ultimo in ordine cronologico la Polonia, ora tocca all'Italia.

EX-SISAS LA VERITÀ VIENE A GALLA © Pedro Armestre/ Greenpeace

di FEDERICA FERRARIO

INQUINAMENTO

IL LAVORO DELLA COMMISSIONE parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, riassunto nella "Relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella Regione Lombardia” ha finalmente ufficializzato le accuse che Greenpeace faceva dall'inizio del 2011 sul caso ex-Sisas, e cioè la vergognosa truffa dietro la bonifica della exSisas di Pioltello-Rodano. Nel documento si descrive bene un sistema in cui imprenditori privati e controllori (Commissari straordinari, Provincia di Milano, Agenzia Regionale per l'Ambiente della Regione Lombardia, Ministeri competenti, fino all'Istituto Superiore di Sanità), hanno speso oltre 40 milioni di euro per una bonifica che – di fatto – ancora non c'è. Nonostante le denunce di Greenpeace – sui criteri della caratterizzazione dei rifiuti asportati, sulla destinazione finale di parte

dei rifiuti, sulla frazione di rifiuti pericolosi più contaminata da mercurio, sulle tempistiche – la Commissione Europea nella primavera del 2011 ha avallato le comunicazioni del governo italiano che dichiarava conclusa la bonifica della ex-Sisas, giusto in tempo per evitare la maxi sanzione di oltre 400 milioni di euro pendente in capo all'Italia per non aver effettuato la bonifica dell'area. Adesso finalmente è ufficializzato il fatto che la bonifica non si è mai conclusa. UNA CONFESSIONE VERA E PROPRIA Tra i molti punti da segnalare, nella relazione spicca a pagina 153 la dichiarazione di Rosanna Cantore, responsabile del servizio bonifiche della provincia di Milano che in merito ai motivi che hanno condotto a modificare i codici dei rifiuti provenienti dall'area ex-Sisas, ha giustificato il cambio codice con “l'urgenza di evitare la

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sanzione europea” e “il rispetto dei tempi stabiliti per lo smaltimento dei rifiuti da parte della società appaltatrice” che ha quindi proposto un codice che potesse essere accettato da più impianti. A giugno 2012, Greenpeace ha denunciato alla Commissione UE che la bonifica alla ex-Sisas non era finita, e i lavori fatti presentavano ancora troppi aspetti oscuri. La Commissione UE ha risposto che era in corso una richiesta di chiarimenti alle autorità italiane. Ora è stata inoltrata agli stessi funzionari dell'UE la relazione della Commissione parlamentare, chiedendo loro un rapido intervento. La Commissione Europea deve ora farsi sentire, per affermare il diritto degli italiani a non essere derubati da chi dovrebbe bonificare, e ingannati da chi avrebbe dovuto controllare. In caso contrario, ne diverrebbe corresponsabile.


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1. Utrecht, Olanda – Attivisti in costume da tigre

chiedono alla catena KFC di non distruggere le foreste dell'Indonesia. © Greenpeace/Gerard Til.

2. Matauri Bay, Nuova Zelanda – La nuova Rainbow Warrior arriva a Mataury Bay dove nel 1987 è stata affondata la prima Rainbow Warrior. © Greenpeace/Brian Latham.

3. Palau, Micronesia – I sub di Greenpeace mani-

festano contro i metodi di pesca distruttiva nel Pacifico. © Alex Hofford/ Greenpeace.

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4. Java, Indonesia – Attivisti di Greenpeace chiedo-

no al governo indonesiano di adottare una politica seria contro lo scarico di sostanze tossiche nei fiumi. © Yudi Mahatma/ Greenpeace.

5. San Francisco, California – Greenpeace manifesta

fuori il quartier generale della Levi's per chiedere di eliminare l'uso di sostanze tossiche dalla propria catena produttiva. © George Nikitin/ Greenpeace.

6. Johannesburg, Sud Africa – Greenpeace in mar-

cia contro il nucleare. © Mujahid Safodien/ Greenpeace. © Shayne Robinson/Greenpeace.


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7. Bavaria, Germania – Attivisti documentano prati-

10. Ile de France, Parigi – In azione per proteggere le

8. New York, Stati Uniti – Attivisti in azione fuori dal

11. Dakar, Senegal – Greenpeace in Africa per una

che di deforestazione nella foresta vicino a Roehrweg. © Fred Dott/Greenpeace.

negozio di Prada per chiedere una moda che non inquini e non distrugga le foreste. © Jeff Christensen/ Greenpeace.

9. Davos, Svizzera – Greenpeace blocca i distributori Shell vicino al World Economic Forum per chiedere la tutela dell'Artico dalle perforazioni petrolifere. © Flurin Bertshinger/ Greenpeace.

foreste africane in Camerun. © Tatiana Chumakova/ Greenpeace.

pesca sostenibile. © Clèment Tardif/ Greenpeace.

12. Oslo, Norvegia – Un attivista vestito da orso chiede ai partecipanti all'Oslo Energy Forum di proteggere l'Artico dalle compagnie petrolifere. © Cristian Aslund/ Greenpeace .

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CLICK & CO.

di MASSIMO GUIDI


© The United States Coast Guard

TRIVELLAZIONI IN MARE UN DISASTRO ANNUNCIATO

© Jeremy Souteyrat/Greenpeace

IL 2013 È INIZIATO con una notizia allarmante per i rischi delle perforazioni petrolifere in mare. La notte dell’ultimo giorno del 2012 la piattaforma petrolifera “Kulluk” della Shell si è incagliata vicino all’isola di Kodiak, in Alaska. Quest’area è un vero e proprio paradiso della biodiversità dell’Artico, casa dell’orso Kodiak, foche, leoni marini e numerose specie di uccelli, tra cui alcune in pericolo di estinzione. La Kulluk è una vecchia piattaforma della Shell, che l’estate scorsa avrebbe dovuto trivellare l’Artico ma, per fortuna, le operazioni – costate 5 miliardi di dollari – sono state ufficialmente interrotte per un problema di sicurezza. Dopo il fiasco estivo, il 27 dicembre la Kulluk, in transito verso Dutch Harbour in Alaska, finisce alla deriva a causa della rottura dei cavi di traino. Nonostante i numerosi tentativi fatti per riagganciarla, il 30 dicembre l’equipaggio viene fatto evacuare. Il 31 dicembre la Kulluk viene riagganciata, ma quella che sembra la fine di un incubo è in realtà solo l’inizio: la sera di capodanno i cavi d’ormeggio si rompono per l’ultima volta a sole quattro miglia dall’Isola di Sitkalidak, dove la Kulluk si arena. Sulla piattaforma ci sono 530 mila litri di gasolio e 45 mila litri di oli lubrificanti: sostanze pericolose che potrebbero contaminare per sempre i delicati ecosistemi marini. A causa delle difficili condizioni meteo ci vuole più di una settimana, e una flotta di oltre otto imbarcazioni, per disincagliare la piattaforma, trasportarla in una baia al largo dell’isola e verificarne lo stato. Attendiamo col fiato sospeso, e finalmente la comunicazione: le perdite di idrocarburi sembra siano state irrilevanti. Per questa volta siamo stati fortunati, ma a quando il disastro? Questo non è certo il primo

incidente che la Shell si trova ad affrontare, nonostante si vanti di avere programmi di prima classe in termini di sicurezza. Ad essere minacciato non è solo l’Artico ma anche il nostro mare, dove Shell cerca petrolio dal Canale di Sicilia al Mar Ionio. Forse è giunto il momento che ammetta che queste operazioni sono troppo rischiose e decida di sospendere ogni progetto di trivellazione in mare: nell’Artico come nel nostro Mediterraneo! GIORGIA MONTI

AUSTRALIA, PER SALVARE IL CLIMA ABBANDONARE LE FOSSILI dove la piena ha raggiunto i 9 metri e mezzo e dove sono state sfollate 7.500 persone. Intanto l’Australia ha superato gli Stati Uniti per emissioni di gas serra pro capite. Anche il suo primo ministro, Julia Gillard, ha dovuto ammettere che le teorie sostenute da numerosi scienziati, nonché le fosche previsioni sugli effetti

che il cambiamento climatico avrebbe potuto avere sull’Australia, si sono rivelate più che fondate. Nel Paese dei canguri, che si appresta a sviluppare un piano di estrazione ed export del carbone da 760 milioni di tonnellate di CO2, l’energia eolica costa oggi il 14 per cento di quella che si produrrebbe con nuove centrali a carbone. A.B.

© Tom Jefferson/ Greenpeace

UN INIZIO DEL 2013 tanto drammatico quanto emblematico per l’Australia. Il nuovo continente, da sempre fedele alleato degli USA nel boicottare gli accordi globali per la difesa del clima, ha visto alternarsi in poche settimane eventi meteorologici catastrofici e per di più di segno opposto. Prima venti caldissimi hanno attraversato la Tasmania, il Nuovo Galles e molti stati del Sud incenerendo boschi, case e centri urbani con temperature fino a 50 gradi centigradi e venti a 80 chilometri orari. Poi, placatasi l’ondata anomala di caldo, è stata la volta di piogge torrenziali, con allagamenti, decine di morti e numerosi incidenti. Brisbane – la terza città più popolosa del continente australiano – è finita sott’acqua e molte migliaia di cittadini sono stati evacuati; ma in alcune aree i fenomeni si sono rivelati ancor più violenti, come nella città di Bundaberg,

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© Greenpeace/Erica Varone

© Massimo Guidi/Greenpeace

CICLONE DETOX PER LA MODA tossica questa è l’ultima stagione. Con Benetton, Victoria’s Secret e G-Star i marchi d’abbigliamento che hanno deciso di ripulire le proprie filiere produttive dalle sostanze chimiche pericolose entro il 2020 sono saliti a quota diciassette. Un impegno ottenuto anche grazie alle oltre cinquecento mila persone che, dal 2011 a oggi, hanno firmato la petizione di Greenpeace per chiedere alla moda di non intossicare il Pianeta. Iniziamo da Benetton che già entro la fine del 2013 rivelerà i valori delle emissioni delle sostanze chimiche pericolose di ben trenta dei propri fornitori, quindici dei quali in Cina. L’azienda garantirà alle popolazioni che vivono in prossimità di queste industrie il diritto di conoscere esattamente cosa viene scaricato nell’ambiente in cui vivono. Una scelta che accelera un processo di maggiore trasparenza e sostenibilità già in atto nel settore tessile. Victoria’s Secret, invece, è stata la prima a garantire la totale eliminazione degli ftalati dai propri prodotti, impegnandosi alla stipula di contratti con fornitori che utilizzano formulazioni chimiche prive di questi composti pericolosi entro giugno 2013. La concretezza di questo impegno trasforma l’azienda da diavolo tossico ad angelo Detox. E per finire il marchio olandese G-Star, che ha risposto alla campagna Detox impegnandosi ad eliminare ftalati e alchilfenoletossilati entro il 2013, nonché i composti perfluoroclorurati entro il 2014. Tempi di eliminazione tra i più rapidi rispetto agli altri brand impegnati nella campagna. Una moda libera da sostanze tossiche è possibile, e l’impegno di questi tre marchi lo dimostra. Ora tocca a Calvin Klein e GAP seguire l’esempio. S.B.

BREVI DAL MONDO

COSTA CONCORDIA: NON ABBIAMO IMPARATO LA LEZIONE! A UN ANNO dal tragico naufragio della Costa Concordia nulla è cambiato. Il gigantesco relitto è ancora lì a minacciare la salute dei fondali e ricordare una tragedia difficile da dimenticare, dove a perdere la vita sono state ben trentadue persone. L’incidente che ha fatto il giro del mondo doveva essere motivo di riflessione e occasione per sviluppare una regolamentazione efficace per il trasporto marittimo, soprattutto in aree protette come quella del Santuario dei Cetacei, dove si trova l’isola del Giglio. La verità, invece, è che non abbiamo imparato la lezione.Greenpeace da anni denuncia il sovraffollamento delle rotte marittime nelle acque del Santuario e il degrado di quest’area “protetta” che dalla Toscana si estende fino alla Liguria e alla Francia. Ma per ottenere le prime regole abbiamo dovuto attendere il disastro. Il famoso decreto “anti inchini” emanato a inizio marzo dal Ministro Passera è frutto di quella tragedia. Un decreto che, purtroppo, è servito a poco: il primo giugno 2012 un cargo turco, la Mersa2, si è arenato di fronte all’Isola d’Elba, e a dicembre 2012 un traghetto della Grimaldi ha perso una decina di tir e semirimorchi al largo di Palermo, dopo aver attraversato il Santuario dei Cetacei. Insomma, un’altra Costa Concordia è possibile, ed è ora che il ministero dell’Ambiente prenda in mano la situazione. Da un lato si deve attivare per rimuovere il relitto in tempi brevi – la nave è un contenitore di sostanze pericolose che rischiano di contaminare il mare – e dall’altro ci aspettiamo l’emanazione di un piano di gestione serio che tuteli davvero l’area. G.M.

SCOPRI LE MARCHE DETOX Puma, Nike, H&M, Adidas, Li Ning, M&S, C&A, Zara (Inditex), Mango, Esprit, Levi’s, Uniqlo (Fast Retailing), Benetton, Victoria’s Secret (Limited Brands), G-Star, Valentino, Coop Svizzera S.B.

Il lascito a Greenpeace. Per lasciare il Pianeta senza abbandonarlo. Per saperne di più: lasciti.it@greenpeace.org

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IN RICORDO DI CRISTINA E LUCIANO

"Riuscire ad insegnare qualcosa di costruttivo alle nuove generazioni è veramente difficile e lo è ancora di più se si prova a sensibilizzarle su temi molto delicati come quello dell'ambiente e del rispetto della natura. Cristina lo faceva quotidianamente con i bambini della scuola elementare presso la quale lavorava, insegnandogli i valori nei quali Lei credeva. Difatti lo ha sempre dimostrato in tutto ciò che faceva, mettendoci l'anima e la passione, così come fanno tutti i volontari del gruppo locale, del quale è sempre stata parte integrante. Grazie di tutto. Ciao Cristina." I volontari del Gruppo Locale di Bari

"Luciano Moltrasio ci ha lasciati il 21 dicembre 2012. ‘I Maya dicevano...’, con la sua ironia lui avrebbe certamente fatto una battuta su questo. Era una persona gentile, rispettosa e molto sensibile. Una persona colta che amava leggere e conoscere. Una persona generosa, sempre pronta ad accogliere ogni richiesta di aiuto, da qualsiasi parte gli arrivasse. Aveva un grande amore per gli animali, soprattutto per quelli più indifesi ed in particolare per il suo cagnolino Harry, che adesso sente la sua mancanza. Ha lasciato un grande vuoto, non solo in quelli che lo hanno conosciuto personalmente, ma anche in quelle persone che, a distanza, hanno avuto da lui aiuto e comprensione.” Giovanna Terragni


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IL GIORNO CHE “PER FAVORE” BLOCCHERA IL NUCLEARE, STATE CERTI CHE LO SCRIVEREMO SUI NOSTRI STRISCIONI. 2011 Il 12 e 13 giugno c’è il Referendum sul nucleare, ma molti italiani non lo sanno. Gli attivisti di Greenpeace entrano in azione allo Stadio Olimpico, nel corso della finale di Coppa Italia: otto milioni di spettatori se ne accorgono in diretta, almeno altrettanti da telegiornali e quotidiani del giorno dopo. Al Referendum, il 94 per cento degli elettori dirà di no al nucleare.

© Francesco Alesi/Greenpeace

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