Passei sem ver. Between Architecture and Landscape a new design of a monte alentejano

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Passei sem ver

Dialogo tra Architettura e Paesaggio nella trascrizione di un monte alentejano



Passei sem ver

Dialogo tra Architettura e Paesaggio nella trascrizione di un monte alentejano

Candidate Marilde Bianco Greta Curati Relatore Prof. C. Simone Barbi Correlatore Prof. Saverio Mecca Arch. Angela Benfante



“Descobrimos recantos de lugares antes secretos. Jà por eles passaàmos sem ver.” Álvaro Siza Vieira



Premessa L’Alentejo è un paesaggio sorprendente, dorata distesa pianeggiante alle spalle di Lisbona, letteralmente “al di là del Tago”. In questo territorio dove il tempo pare quasi sospeso, i colori denotano la duplice anima del Portogallo: mediterraneo per natura, atlantico per posizione1. Chi si trova ad attraversare questi luoghi non sempre è cosciente della rotta intrapresa, probabilmente passa di qui per caso, tra una tappa e l’altra del suo viaggio. Nel tentativo di misurarsi con questo incantevole territorio ci si trova a riflettere sul dialogo tra Architettura e Paesaggio e sulla potenza dello sguardo come dispositivo di appropriazione del luogo: dai templi greci alla Piscina das Mares, passando per Casa Malaparte, l’Architettura si impone più o meno consapevolmente come segno di trasformazione del paesaggio, delimita e incornicia l’orizzonte comprendendolo entro confini certi, definiti da misure eternate nella costruzione. “Diciamo che tutto quello che dà forma all’esistente é architettura, quindi anche un campo arato é architettura.”2 L’elemento artificiale si pone in profonda relazione con l’ambiente naturale, nascendo da gesti dell’uomo in risposta a questioni basilari e dati reali (morfologia del terreno, venti, esposizione solare, ...) che associati allo scorrere del Tempo definiscono la scena paesistica come sistema in fieri. 1. P. REBELO, A terra portuguesa, Livraria Castro e Silva, Lisboa, 1929. 2. I. GARDELLA, in Monestiroli A., L’architettura secondo Ignazio Gardella, Laterza, 1997, p.66-67.



In Alentejo diverse culture sono venute ad incrociarsi lasciando sedimentari saperi che si sono conservati in antiche costruzioni rurali, che restituiscono oggi un’ars ædificatoria arcaica di chiara lettura, di cui il monte, proprietà rurale più o meno estesa, eredità delle villæ rusticæ romane, rappresenta l’esempio di organizzazione sociale più complessa, organismo auto-sufficiente. Ne deriva una riflessione riguardo la “terza via” avviata da Fernando Tavora, a seguito dell’Inquerito a Arquitectura Portuguesa3, la grande operazione di rilievo compiuta da un gruppo di architetti a cavallo degli anni ’50, riguardo un dinamico modo di intendere la tradizione, riassunto poi nelle parole di Alvaro Siza: “Gli architetti non inventano nulla, trasformano solo la realtà.”4 Si fa chiara la consapevolezza dell’esistenza della possibilità di una variatio nella ripetizione, un decidere di riprendere per cambiare, che è il contrario del riproporre meccanicamente, ripercorrendo il ponte che esiste tra tradizione e contemporaneo. Una scelta meticolosa di quegli elementi che per profonde ragioni costruttive permangono nel tempo e vale la pena trascrivere, in bilico tra dimensione artigiana e dimensione artistica nel tentativo di consolidare il rapporto tra elemento artificiale e natura non tanto come adeguatezza e/o subordinazione di uno all’altro, ma, piuttosto, di reciproca complementarità o felice imposizione. 3. AA. VV., Arquitectura popular em Portugal, Ordem dos Arquitectos, Lisboa, 1961. 4. R. CREMASCOLI, Il maestro torna sui suoi passi in ‘Abitare’ n. 545, Milano, 2015.


INDICE


SUGGESTIONI

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ARCHITETTURA E PAESAGGIO 30 TRADIZIONE 58 PROGETTARE NELLA TRASCRIZIONE 96 BIBLIOGRAFIA 178


SUGGESTIONI


“L’atmosfera parla alla nostra percezione emotiva, ovvero alla percezione che funziona piú rapidamente perché é quella di cui l’essere umano necessita per sopravvivere” Peter Zumthor, Atmosfere


RIFERIMENTI ASSENTI/RIFERIMENTI PRESENTI Nel quadro di Friedrich doveva esserci un vascello, rimosso per impedire che nel punto di massima chiarezza ci fosse un qualche punto di riferimento. Di fronte ad un mare livido, paesaggio angosciante e sconfinato, il monaco (l’uomo) è l’unico punto di riferimento per l’osservatore. La cappella di Zumthor si erge imponente come una scultura dal verticalismo scabroso nel mezzo di campi estesi e pianeggianti. È meta e riferimento.

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Monaco in riva al mare, Caspar David Friedrich,1808

Bruder Klaus Feldkapelle, Peter Zumthor, 2017

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PAESAGGIO AGRIGENTINO/PAESAGGIO CAPRESE Da sempre l’Architettura si misura prima di tutto con il paesaggio in cui sorge che lo voglia o meno, che ne sia consapevole o meno. Il tempio antico, con la sua posizione acropolica domina e al tempo stesso definisce e qualifica il paesaggio. Come la Valle dei Templi sta ad Agrigento, così Casa Malaparte (tanto quanto i Faraglioni) sta a Capri.

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Tempio di Giunone, Caspar David Friedrich, 1828

Casa Malaparte, Adalberto Libera, 1938

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ELEMENTI NATURALI/ELEMENTI (QUASI) NATURALI Le rocce rappresentate da Friedrich al centro della tela emergono aguzze: più che un elemento naturale ricordano quasi il relitto di una nave. Le piscine di Siza si inseriscono tra le rocce della costa atlantica: i cordoli di cemento sembrano appartenere alla baia, roccia non ancora scalfita dalle onde.

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Rocce sulla spiaggia, Caspar David Friedrich, 1826

Piscinas das Mares, Alvaro Siza Vieira, fotografia di Fernando Guerra

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SPAZI COLLETTIVI E SPAZI INDIVIDUALI Giulietta e la sua balia si affacciano su piazza San Marco da un’alta terrazza. Sono isolate, eppure sentono il brusio della folla che riempie la città e si raggruppa nella piazza.

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Giulietta e la balia, Joseph Mallord William Turner, 1836

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DELIMITARE E INCORNICIARE L’Architettura delimita e incornicia il paesaggio, diventa sistema di riferimento attraverso cui, grazie allo sguardo, ci appropriamo dei luoghi.

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Villa Le Lac, Le Corbusier, 1923

Marina di Ravenna, fotografia di Luigi Ghirri, 1986

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CONTINUITA’ Tra interno ed esterno sembra non esserci soluzione di continuità. Il paesaggio fa parte della casa e viceversa.

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Casa Studio Luis Barragán, Luis Barragán, 1948

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RISCOPERTA Durante il suo Viaggio in Italia, Goethe giunto a Malcesine sul Lago di Garda si concentra a disegnare con attenzione i resti della Rocca che domina il borgo e il paesaggio circostante, destando su di essi l’attenzione degli abitanti del posto, così avvezzi a tali vedute da averle dimenticate. Questo episodio ci ricorda che forse è proprio un nuovo modo di guardare le cose che permette loro di dare prova della propria essenza.

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“[...] Ero seduto da poco tempo, quando entrarono parecchie persone nella corte, le quali osservarono quanto io stava facendo, poi di bel nuovo si allontanarono. Vennero altre persone, le quali si fermarono, e non tardai ad essere circondato dalla gente. Mi avviddi benissimo che il mio disegno aveva eccitata la loro attenzione, ma non me ne diedi per inteso, e continuai a lavorare. Finalmente mi si avvicinò un tale, il quale non aveva neppure aspetto troppo rassicurante, e mi domandò «che cosa io stessi facendo?» Risposi che stavo prendendo la vista della vecchia torre, per portar meco un ricordo di Malsesine. [...] Mi si rispose: E quando anche fosse solo una rovina, che cosa poteva presentare questa di pregevole? Mirando a guadagnare tempo, ed acquistare favore, risposi che dovevano pur sapere come molti viaggiatori venissero in Italia unicamente per contemplarvi rovine.” da Ricordi di viaggio in Italia nel 1786-87, Johann Wolfgang von Goethe, p. 28, 1875

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TRAMANDARE È guardando al passato che si prende atto dell’esistenza di regole ataviche da cui sono derivate scelte consapevoli e sempre valide nonostante lo scorrere del Tempo. Ereditiamo, comprendiamo, adattiamo e continuiamo a tramandare.

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“Parlammo di tradizioni come se fossero cumuli formati dalla polvere dorata della natura dell’uomo, da cui, goccia a goccia, scendono i dettagli. Camminando attraverso l’esperienza, l’uomo impara dall’uomo. La conoscenza cala come una polvere d’oro.” da Architettura è, Luis Kahn, gli scritti, Maria Bonaiti, 2002

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ARCHITETTURA E PAESAGGIO


“Una determinata parte di territorio, così come è percepito dalla popolazione, il cui carattere deriva dall’azione di fattori umani e naturali e dalla loro interrelazione.” Convenzione Europea del Paesaggio


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[02] Schizzi, Le Corbusier, Rio de Janeiro, 1946


Dalla sintetica e oggettiva definizione di paesaggio fornita dalla Convenzione europea del Paesaggio tenutasi nel 2000, emerge chiaramente la stretta correlazione che sussiste tra uomo e paesaggio: l’uno esiste se esiste l’altro, in quanto il paesaggio è un fatto strettamente correlato alla percezione e di conseguenza la sua definizione è possibile soltanto se l’uomo si avvale di un dispositivo per visualizzarlo. Lo sguardo è il primo di questi dispositivi: spontaneamente attraverso di esso ci appropriamo dei luoghi e decidiamo ciò che vogliamo che siano o debbano diventare, scegliamo poi il mezzo tramite il quale riproporre ciò che percepiamo. Tutti i paesaggi vengono quasi sempre disciplinati da una cornice virtuale o reale posta dall’osservatore e in questo modo divengono continuamente nuovi e irripetibili. La Venezia rappresentata da Turner e da Canaletto, o la pianura padana rappresentata dall’obiettivo di Ghirri e dall’opera di Morandi sono diverse pur essendo rappresentazioni del medesimo luogo. Da un punto di vista concettuale significa che l’osservatore non puó essere considerato semplice spettatore ma che il suo intervento produce degli effetti non calcolabili e dunque un’indeterminazione che non é misurabile e quindi non ripetibile. In questa ottica, appropriarsi di un luogo attraverso lo sguardo è un vero e proprio potere, che tradotto nell’atto del

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[03] Schizzi, Alberto Campo Baeza, Casa de Blas, 1999


costruire diviene progettazione attenta e consapevole di un sistema di misure, attraverso il quale cogliere i luoghi, comprenderli, sottolinearli, tramandarli. Questi luoghi portano con sé non solo caratteristiche tangibili (fisiche e geografiche), ma anche storiche e culturali, talvolta invisibili. Attraverso la definizione di queste cornici, ovvero attraverso l’Architettura, la comunione tra uomo e luogo diviene il fondamento dell’abitare. Tramite lo sguardo, dunque, si stabilisce il fondamento della relazione tra costruito e paesaggio Disporre per guardare Delimitare per isolare Isolare per catturare Catturare per Celebrare Porre in reciproca relazione per ri-significare 1 Sono le azioni che stanno alla base del rapporto tra uomo, architettura e luogo attraverso cui avviene l’atto di progettazione, che può avvenire dall’esterno (progettando il dialogo che si instaura tra l’architettura e il suo contesto partendo da un punto di osservazione lontano) e dall’interno (pensando spazi interni come limiti posti all’orizzonte, disponendo aperture significative per appropriarsi di immagini precise di quel paesaggio). Questa relazione tra uomo e paesaggio attraverso l’Architettura fa dell’architettu-

1. F. FOTI, Il paesaggio nella casa, LetteraVentidue Edizioni, Siracusa, 2016.

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[04] Schizzi, Alberto Campo Baeza, Casa de Blas, 1999


ra stessa uno strumento di osservazione capace di sottolineare questioni sia esplicite che implicite nel luogo, ri-significandolo e tramandandolo.

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“Quest’ultimo [il paesaggio] chiede di essere visto dall’interno. [...] Il viaggiatore, davanti a quello che sta vedendo, ha voglia di piangere. Forse prova pena per se stesso, dispiacere di non essere capace di esprimere a parole che cosa sia questo paesaggio. E dice solo questo: ‘È la notte in cui il mondo può cominciare” José Saramago, Viaggio in Portogallo


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[05] Campi coltivati in Alentejo, 2019


LA GRANDE E ARDENTE TERRA _ AL DI LA’ DEL TAGO Regione storica e geografica del Portogallo, l’Alentejo (tav. 1) è compreso tra il fiume Tago a nord e i rilievi dell’Algarve a sud; confina a est con la Spagna e ad ovest è bagnato dall’Oceano Atlantico. E’ costituito da un vasto altipiano ed è la regione meno popolata e meno turistica del Portogallo. Il clima è continentale e le piogge scarse, con quattro mesi estivi di siccità. Racchiude in sé quelle caratteristiche che la rendono la culla della duplice anima del Portogallo: mediterraneo per natura, atlantico per posizione.1 Alle interminabili distese di campi dorati si alternano pregiati vigneti e vasti sughereti. Le strade si snodano tra colline dall’ampio respiro, che non fanno dimenticare come sia una regione di poca altitudine, sui cento metri. Sono piccolissimi e rari i luoghi abitati. Questi ultimi compaiono spesso su pendii, sui quali si arrampicano viuzze fra case bianche.2 Qui la vita ruota attorno al lavoro nei campi, alla produzione del vino, dell’olio e del sughero e il silenzio delle pianure è rotto solo dal risuonare lontano dei nostalgici canti popolari. Qui si comprende il senso della saudade, quel sentimento di nostalgico rimpianto, di malinconia, di gusto romantico della solitudine, accompagnato da un intenso desiderio di qualcosa di assente (in quanto

1. P. REBELO, A terra portuguesa, Livraria Castro e Silva, Lisboa, 1929. 2. J. SARAMAGO, Viaggio in Portogallo, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano, 2011.

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[06] Montado alentejano, 2019


perduto o non ancora raggiunto)3, che permea la cultura portoghese. Le grandi distanze che sussistono tra un centro abitato e l’altro derivano da un sistema di sfruttamento della terra ereditato dai latifondi di origine romana che secoli addietro occupavano questi luoghi e che prevedevano estesi appezzamenti di terreno dedicati alla coltivazione di cereali o all’allevamento di grandi greggi. Questi latifondi vennero frazionati e affidati all’aristocrazia rurale nel periodo della Riconquista assumendo la definizione di herdades, in uso ancora oggi. Ad ogni herdade corrisponde poi un monte, eredità della villa rustica romana, fattoria-dormitorio dove vive chi si occupa del lavoro nei campi. Il viaggiatore che si trova a vagare tra questi luoghi spesso non è consapevole della rotta intrapresa: finisce qui quasi sempre per caso, percorrendo la strada tra una tappa e l’altra del suo viaggio portoghese. Queste terre invitano ad un viaggio lento, itinerario bucolico tra i menhir e i dolmen, antichi testimoni di millenni di storia e di tradizioni, disseminati lungo un orizzonte predominante; invitano ad una sosta, la cui durata sarà regolata dalla sensibilità del viaggiatore che si trova ad attraversare queste terre antiche, ferme in un tempo che sembra non scorrere mai, se non per dare all’azzurro terso del cielo

3. da Enciclopedia Treccani.

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[07] Darksky Montado Reserve, alentejano, Alqueva, 2019 2019


portoghese la possibilità di alternarsi alla meraviglia di una volta stellata unica in Europa. L’Alentejo infatti é riconosciuto a livello europeo come una delle migliori aree geografiche per osservare eventi astronomici. In un’area di 10.000km2 ben nove municipalitá hanno ottenuto la certificazione della Starlight Foundation. Tra questi rientrano anche i siti archeologici. In questi luoghi solitari, a volte, i viaggiatori sentono la necessità di fermarsi. Ma dove?

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[08] Menhir nella regione di Évora, 2019


IL SITO Sembra necessario per il viaggiatore che la “dimora ospitale” ove soggiornerà sorga in un luogo ben preciso: è indispensabile che sia facilmente raggiungibile, non troppo distante dai principali centri abitati, nè dalle vie di comunicazione più importanti (tav. 2 e 3); dovrà sorgere nei pressi di un corso d’acqua (tav. 4) per essere autosufficiente come gli antichi monasteri. Inoltre, qualora il viaggiatore sia uno studente, prediligerà una destinazione che non sia troppo lontana dalla sede dei suoi studi; se sarà un archeologo, sarà disposto ad allontanarsi dal suo luogo di origine, ma arrivato fin qui vorrà raggiungere in breve tempo i percorsi megalitici di Évora: per questo il sito renderà possibile raggiungere in breve tempo e con vari mezzi i differenti luoghi d’interesse (tav. 5, 6 e 7) e non sarà distante da un piccolo borgo. Queste necessità logistiche hanno permesso di individuare il sito ideale per la dimora nei pressi del borgo di Avis, distretto di Portalegre. Non distante dal centro abitato, al di là del bacino da Barragem do Maranhão, una lingua di terra si affaccia sull’acqua e sembra ancora inesplorata, costellata da imponenti alberi da sughero, ulivi e poca altra vegetazione. In lontananza si scorgono le poche case bianche raggruppate sulla cima della collina. Questa zona rientra tra quelle classificate sotto la definizione di Reserva Agricola

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[09] Menhir nella regione di Évora, 2019


Nacional (RAN). L’Art.8 del Decreto Lei n.73/2009 definisce la RAN come “area non ædificandi, in un’ottica dell’uso del suolo sostenibile e di gestione efficace degli spazi rurali”. È concessa “l’edificazione di opere complementari all’attivitá agricola e allo spazio rurale, nonché opere ed interventi indispensabili alla salvaguardia del patrimonio culturale, archeologico e al recupero paesaggistico” (tav. 8).

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TAV.1

Rilievi


TAV.2

Edifici

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TAV.3

Strade


TAV.4

Idrografia

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TAV.5

Dolmen


TAV.6

Strutture Ricettive

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TAV.7

Monasteri


TAV.8

RAN (cfr. pag. 49)

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TRADIZIONE


“L’Architettura popolare fornisce fonti preziose per lo studio della genesi architettonica. Il chiaro funzionamento degli edifici rurali e la loro stretta correlazione con i fattori geografici [...] illuminano certi fenomeni basilari dell’Architettura” AA.VV., Arquitectura popular em Portugal


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[10] Disegni di studio di una casa per Bernardo Távora, Fernando Távora, Anadia, 1951


LA RICERCA DI UN USO CONSAPEVOLE DELLA TRADIZIONE L’Architettura popolare in Portogallo, pubblicata nel 1961, è una grande operazione di rilievo del patrimonio architettonico spontaneo cui partecipa, tra gli altri, il giovane Fernando Távora. Quest’ultimo, durante una conferenza alla scuola di architettura di Barcellona tenuta nel 1998, spiega che il suo interesse verso l’architettura popolare cominciò a maturare, quasi inconsciamente, quando scrisse Il problema della casa Portoghese1 dove proponeva lo studio di una casa popolare come possibile alternativa per l’architettura portoghese. Come lui se ne interessarono molti altri architetti che intravedevono la possibilitá di recuperare e rielaborare quegli aspetti dell’architettura vernacolare che risultavano incredibilmente attuali se paragonati agli stilemi del Movimento Moderno, rifiutando la meccanica riproduzione invocata dal Movimento da casa portuguesa. Sotto il regime di Salazar, infatti, l’architettura tradizionalista era appogiata dal regime come unica possibile, tanto che Salazar appoggió la ricerca dell’Inquerito non avendone compreso lo scopo. Nella stessa conferenza Távora parló della sua necessità di trovare una posizione che non fosse né modernista né tradizionalista. Da questa necessità inizia l’indagine sull’architettura popolare in Portogallo,

1. A. ESPOSITO G. LEONI, Fernando Távora Opera Completa, Mondadori Electa, Milano, 2005.

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[11] Immagine di copertina, Casas Portuguesas, alguns apontamentos sobre o arquitectar das casas simples, 1933


promossa in prima linea Da Keil do Amaral, architetto di Lisbona e allora Presidente del Sindacato nazionale architetti, che nell’articolo Un’iniziativa necessaria (1947) affermava: “Si tratta della raccolta e classificazione degli elementi peculiari dell’architettura portoghese nelle diverse regioni del paese, al fine di rintracciare i fondamenti per un regionalismo onesto e sano. […] Davvero pensiamo di non disporre, per tracciare la linea di un’architettura portoghese moderna, di fonti più coerenti e pure a dispetto di quanto vogliono farci credere i nostri regionalisti di facciata?”2 Távora ricorda, nell’arco della conferenza, di come andò il suo primo incontro con Salazar, dittatore e Primo ministro del Portogallo, che, in quanto promotore della pubblicazione, si interessava al lavoro svolto dai sei diversi gruppi di Architetti. “Il mio gruppo fu il primo a ricevere la sua visita. Si trattava di un evento importante. Il direttore generale mi presentò: < L’architetto Távora, capo del gruppo > Salazar mi guardò e disse: < Cosi giovane e già capo? > Io risposi: < Ho 31 anni > Poi, fissando un’immagine in cui erano rappresentati diversi granai, Salazar disse: < La pietra é più bella del cemento armato usato lí >

2. A. ESPOSITO G. LEONI, Fernando Távora Opera Completa, Mondadori Electa, Milano, 2005.

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[12][13] Fernando Távora con Antonio Oliveira Salazar, presentazione

dell’Inquérito à Arquitectura Popular em Portugal, 1961


Io gli dissi: < Peró, signor Presidente, anche il cemento armato può essere bello e anche con questo materiale si possono fare cose belle > Salazar si fermò e quando furono passati tutti, commentò: < Cosi giovane e già cosi perverso >”3. L’inchiesta nasce dalla volontà di mitigare l’universalità formale indotta dalle teorie del Movimento Moderno, radicando le costruzioni in un determinato contesto che le caratterizzi. Lo studio delle architetture vernacolari, del loro aspetto formale e della loro distribuzione planimetrica, semplice e razionale, le precise soluzioni costruttive mirate a risolvere esigenze pratico-funzionali, ne fornisce una lettura chiaramente in linea con l’atteggiamento di rottura del Movimento Moderno nei confronti della cultura Beux Arts ottocentesca4. L’ indagine si concretizza nel rilievo e nella rappresentazione ragionata e ordinata del patrimonio vernacolare portoghese: tutto il territorio viene diviso in sei zone omogenee che vengono sottoposte ad analisi territoriali e storiche. “Un solo gruppo non avrebbe potuto portarlo a compimento nel termine previsto, ma si poteva farlo con vari gruppi, lavorando secondo un piano comune, e avendo, ciascuno, la responsabilità dell’indagine in una zona limitata del paese. Così furono costituite sei squadre e fu diviso il territorio metropolitano in sei zone, di area inferiore

3. A. ESPOSITO G. LEONI, Fernando Távora Opera Completa, Mondadori Electa, Milano, 2005. 4. G. SZANISZLO’, L’identità plurale, caratteri dell’architettura portoghese, Guida Edizioni, 2002.

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[14] Copertina dell’Inquérito à Arquitectura Popular em Portugal, 1961


quelle che presentavano maggiore densità di costruzioni e, per quanto possibile, rispondenti a una certa uniformità regionale. Ciascun gruppo era costituito da tre architetti: due giovani e uno dotato di maggior esperienza, che teneva le relazioni con il sindacato nazionale degli architetti, organismo al quale competeva l’orientamento generale e il coordinamento dell’indagine. […] Furono dunque scelti diciotto architetti per realizzare questa indagine sulla nostra architettura popolare. Essi iniziarono uno studio preliminare di grande importanza: la definizione delle linee generatrici per assicurare l’uniformità nella raccolta degli elementi di studio.”5 Le linee generatrici di cui parla Keil do Amaral si riferiscono a diversi aspetti di stampo più architettonico che sarebbero dovuti essere analizzati nell’indagine (come l’impianto urbano, l’occupazione territoriale, i materiali e le tecniche costruttive che venivano riscontrate) e di carattere geografico, comprendendo quindi fattori come il clima, l’economia, la politica. Una volta raccolto il materiale si procedette al lavoro di riordino e di analisi, fino alla pubblicazione del 1961. La ricerca pone in evidenza la presenza in Portogallo di diverse civiltà nel corso dei secoli, dalle popolazioni preistoriche fino alla dominazione romana che trapiantò “il regime agrario della Villa, le tecniche e le forme costruttive della tradizione medi-

5. AA. VV., Arquitectura popular em Portugal, Ordem dos Arquitectos, Lisboa, 1961.

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[15] Schemi riassuntivi delle principali tipologie rilevate nell’Inquerito, 1961


terranea”6, la cui eredità appare evidente nella casa del contadino (il monte alentejano), individuata come tipologia costruttiva costante dell’Alentejo. Gli esiti della ricerca per Távora non furono altro che il consolidamento una teoria architettonica la cui matrice era già stata espressa in alcuni articoli apparsi sulla rivista Seminario nel ‘47: una “terza via”, a metà strada tra l’evoluzione dell’architettura moderna e la capacità di identificazione con la tradizione, con cui si prende atto della necessità di studiare l’Architettura vernacolare, non per copiarla o riprodurla, ma per trarre da essa le soluzioni costruttive che soddisfino le necessità del momento. Questo lavoro ha rappresentato, e rappresenta tutt’ora, uno strumento conoscitivo utile a trovare linguaggi alternativi a quelli che il Movimento Moderno aveva presentato come indiscutibili, reintegrando quegli elementi tradizionali che l’architettura moderna condannava.

6. AA. VV., Arquitectura popular em Portugal, Ordem dos Arquitectos, Lisboa, 1961.

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“Sede de herdade formada por vários edifícios em torno de um pátio; designação por vezes atribuída á própria herdade” Dicionário Porto Editoria


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[16] Dettaglio della facciata di un monte alentejano, 2019


IL MONTE ALENTEJANO Il monte altro non è che la casa del contadino. Con un tipo di insediamento sporadico e isolato, l’Alentejo vede l’alternarsi di grandi zone coltivate a cui spesso fa capo questa tipologia architettonica: il Monte. Costituito come organismo unifamiliare e auto-sufficiente, è eretto in maniera consona alle necessità, rappresentando la tipologia di insediamento maggiormente riscontrabile nella regione portoghese. La maniera di rispondere a tali necessità si verifica attraverso l’obbedienza a regole ataviche.1 La dimora alentejana è una struttura complessa e diversificata, architettura dello spirito del luogo in cui sorge. Attraverso la posizione isolata e l’organizzazione spaziale dei suoi ambienti è modello di comprensione del territorio, centro privilegiato per l’osservazione del paesaggio. La sua conformazione è il risultato di una lunga evoluzione, iniziata a partire dalla Prima metà dell’Etá del Ferro (VII secolo a.C.) e segnata dal susseguirsi di secoli e di culture (fenicia, romana, visigota, musulmana) che l’hanno arricchita di contraddizioni e anacronismi2. Vale la pena sottolineare come caratteristica principale la riservatezza degli spazi, con gli alloggi situati al centro dei cortili, quasi a garantirne una sorta di salvaguardia. Si configura come un insieme di tratti culturali e sociali molto specifici della re1. G. SZANISZLO’, L’identità plurale, caratteri dell’architettura portoghese, Guida Edizioni, 2002. 2. AA. VV., Arquitectura popular em Portugal, vol. III, (zona 5: Alentejo) Ordem dos Arquitectos, Lisboa, 1961.

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[17] Rilievi di montes alentejani tipici, 1961


gione in cui sorge ed è per questa sua complessità che ha rappresentato motivo di grande interesse per architetti, sociologhi e geografi del secolo passato. Le caratteristiche tipologiche del monte vengono riportate in Arquitectura popular em Portugal: “Sul versante della serra de Grandola e Cercal, dove predomina il montado denso e la popolazione è di bassa densità, le abitazioni presentano un numero variabile di vani godendo di un ampio spazio interno. L’impianto é rettangolare, ma molto allungato. Qui gli elementi del contesto esercitano la loro influenza sulla determinazione dell’orientamento della casa; l’asse longitudinale viene posizionato nella direzione nord-sud rivolgendo l’ingresso principale a est a protezione dei venti provenienti dall’oceano. I vani interni si ordinano su questo asse longitudinale, occupando la larghezza totale del fabbricato; infatti l’elemento distributivo è la stanza da cui si accede direttamente dall’esterno, dall’unica porta di ingresso esistente, dove vengono svolte le attività principali, funge da soggiorno, da zona pranzo e da cucina. Totalmente imbiancata, è presente al suo interno una grande ciminiera; le dimensioni, la posizione addossata in un angolo, l’uso come caminetto e come fuoco per cucinare rappresentano i caratteri alentejani di questo elemento. Il lato aperto del camino è sostenuto da

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[18] Fotografia di un monte alentejano


una trave in legno con una lieve curvatura su cui vengono esposti pentolame o piante decorative. La stanza è arredata con cantareira dove nella parte inferiore, in nicchie, trovano posto le stoviglie e altri utensili, e nella parte superiore la vetrina dove fare asciugare le stoviglie. Altri arredi sono gli armadi addossati alle pareti. Lo spazio veniva curato costantemente e ridipinto a calce bianca, in modo da assicurare un ambiente pulito e ordinato. Da questa stanza si passa poi alle camere, una per ogni lato della sala centrale. A ogni camera corrisponde poi una finestra, ma la concentrazione maggiore si trova nella facciata della porta d’ingresso.”3 José Manuel Fernandes, ancora, lo descrive come “una casa discendente della villa romana, realizzata in terra e imbiancata, con un grande camino in facciata, piccole aperture, davanzali decorati e cornici colorate da pigmenti naturali; un forno, interno all’abitazione o a sé stante nello spazio esterno; ricoveri per gli animali in spazi separati dalla dimora.”4 Un volume la cui orizzontalità si innesta perfettamente con le radure caratteristiche dell’Alentejo, accentuando ulteriormente quella linea orizzontale caratteristica del luogo. Caratterizzato da forme pure e massicce che, in combinazione alla presenza di poche finestre, contribuivano all’isolamento del caldo estivo e del freddo in3. AA. VV., Arquitectura popular em Portugal, vol. III, (zona 5: Alentejo) Ordem dos Arquitectos, Lisboa, 1961. 4. J.M. FERNANDES, A Arquitectura - Sinteses da Cultura Portuguesa, Imprensa Nacional-Casa da Moeda, Lisboa, 2000 p.78, 1991.

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[19] Fotografia di São Lourenço do Barrocal, Monsaraz, 2016


vernale. Le pareti venivano realizzate in terra, seguendo la tecnica costruttiva dell’adobe, nelle zone a più rischio di alluvione, o della taipa, più tradizionale. Il mattone era utilizzato per i telai e per la realizzazione di cupole e volte di copertura. La calce utilizzata prevalentemente come intonaco del volume. Il legno per la realizzazione delle travi di copertura, delle finestre e delle porte. Le soluzioni costruttive e i materiali, così come l’organizzazione spaziale del monte, definita da un’alternanza pieni/vuoti rispondono alle necessità della vita rurale e, al tempo stesso, sono in accordo con le caratteristiche storico-geografiche del luogo, configurando così una relazione essenziale tra le necessità umane e lo spazio costruito5. Simbolo di un’architettura popolare che risulta razionale e funzionale, e silenziosamente dialoga con gli stilemi di quell’architettura Moderna che faticava ad insinuarsi nel Portogallo di Salazar. La dimora alentejana è sia “artigianale” che “industriale”. Queste architetture in terra, che ci lasciano sempre più frequentemente un sentimento di ammirazione, quiete e isolamento, sono anche una forma ben conseguita di “architettura senza architetti”6.

5. ibidem; 6. B. RUDOFSKY, Architecture without Architects: a short introduction to non pedigreed Architecture, in M. CORREIA, Taipa no Alentejo, p.11, 2007.

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[20] Rilievo del monte da Cascalheira, Serpa, Alentejo, ad opera di Ernesto Veiga de Oliveira e Fernando Galhano, 1992


[21] Rilievo di montes nella zona di Barros, Alentejo, 1992

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[22] Rilievo di montes ad opera di Ernesto Veiga de Oliveira e Fernando Galhano, 1992


[23] Rilievo del monte da Quinta, Mertola, Alentejo, con particolare attenzione al dettaglio del forno ad opera di Ernesto Veiga de Oliveira e Fernando Galhano, 1992

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“…A tal fine il materiale più comodo è il mattone, sia esso cotto sia – meglio ancora – crudo e ben seccato. Un muro costruito con mattoni crudi riesce giovevole alla salute degli abitanti dell’edificio, resiste ottimamente agli incendi e non subisce soverchio danno dai terremoti…” Leon Battista Alberti, De re aedificatoria


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[24] Texture di un muro in terra cruda, Clayworks, 2018


LA TERRA CRUDA La terra cruda é il materiale architettonico più antico che esista. Ripercorrere la sua storia, significa ripercorrere quella dell’umanità. I primi insediamenti umani di cui ci siano arrivate testimonianze sono stati costruiti in mattoni di terra cruda e risalgono al 6.000 a.C. (Neolitico). Le tecniche costruttive di questo materiale sono svariate e sono basate sulle logiche di autocostruzione e adattamento al contesto. In epoca moderna si registra un progressivo abbandono di questo materiale, in favore di materiali con maggiori prestazioni statiche e innovativi come il cemento armato o l’acciaio, che potevano quindi soddisfare esigenze a cui la terra non poteva rispondere, come, per esempio, lo sviluppo in altezza degli edifici, mentre l’uso della terra viene relegato nell’immaginario delle costruzioni povere, legate alla vita agricola. Un rinnovato interesse per questo materiale e per le sue piú antiche tecniche costruttive viene riscontrato in tempi piú recenti, cercando di recuperare e salvaguardare un patrimonio che sarebbe andato perduto. A partire dagli anni ’60 gli approcci ingegneristici si concentrarono sulla possibilità di ridurre le sezioni dei muri in terra e sull’evoluzione delle cassaforme che portarono all’uso delle nuove tecniche in Australia (G.F. Middleton) e negli Stati Uniti (Rammed Earth Works, Davis Easton,

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[25] Fotografia del cantiere Ricola Kräuterzentrum, 2014


California) che ancora oggi ampiamente diffuse. Successivamente, a cavallo degli anni ’80, il costruttore francese Nicolas Meunier lavorò ad un sistema di costruzione in loco, realizzando blocchi in terra cruda che venivano poi impilati uno sull’altro similmente a quanto si fa con i mattoncini Lego. Recentemente, è stata sviluppata una simile tecnica in Austria, grazie all’architetto e costruttore Martin Rauch: muri modulari in terra, prefabbricati così da poter essere facilmente trasportati in siti differenti. E ancora numerosissime e diffuse in tutta Europa sono le ricerche scientifiche oggi attive riguardo la terra cruda e le sue tecniche costruttive, come ad esempio quelle francesi dell’École Supérieure d’Architectuire de Grenoble e CRATerre, dell’École Supérieure de Physique et Chimie Industrielle de Paris con l’Institut National des Sciences Appliquées de Lyon; quelle portoghesi condotte da Pereira Santos e Correia nel 2000, pubblicate nel volume Arquitectura de Terra em Portugal, o l’attività dell’Associação Centro da Terra da parte di Catarina Pereira nel 2003; in Italia l’Associazione Nazionale Città della Terra Cruda fondata nel 2001 o la fondazione UNIVERSITERRA che raggruppa 19 università italiane. Ritenuto un materiale biocompatibile, con un impatto sull’ambiente minimo in quanto risorsa abbondante e reperibile in ogni luogo, il ciclo vitale della terra non si conclude mai, é riciclabile in ogni sua

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[26] Fotografia di Martin Rauch nel cantiere Ricola Kräuterzentrum, 2014


parte. La “riscoperta della terra cruda”1 puó essere la via da compiere per poter progettare in modo sostenibile. La terra é un materiale dalle prestazioni straordinarie come giá scrive Leon Battisti Alberti in De re aedificatoria: “Un muro costruito con mattoni crudi riesce giovevole alla salute degli abitanti dell’edificio, resiste ottimamente agli incendi e non subisce soverchio danno dai terremoti, ma non regge bene gl’impalcati, salvo che non abbia un adeguato spessore”2. Materiale dalla bassa conducibilitá termica e dall’elevata inerzia termica consente una minima variazione di temperatura e un conseguente comfort abitativo costante, essendo un materiale naturale notevolmente salubre grazie alle sue doti termo-igrometriche e di filtro antisettico. Un comfort raggiungibile anche grazie alle capacitá del materiale di essere un’ottimo isolante acustico. Rilevante é poi ricordare la sua capacitá di resistenza al fuoco e al sisma (se le tecniche costruttive vengon svolte a regola d’arte).

1. M. L. GERMANÁ, R.PANVINI, La terra cruda nelle costruzioni: dalle testimonianze archeologiche all’architettura sostenibile, Nuova IPSA, Palermo, 2008, pag. 13. 2. LEON BATTISTA ALBERTI, De re aedificatoria, Libro III, Firenze, Nicolò di Lorenzo, 1485.

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[27] Illustrazione degli attrezzi utilizzati per la realizzazione di muri in taipa


LA TAIPA La Taipa é una tecnica costruttiva vernacolare (Pisé in Francia, Rammed Heart in Inghilterra o Terra Compattata in Italia) , che si basa sulla realizzazione di mura monolitiche con terra appena umida, evitando così possibili fessurazioni in fase di essiccazione, distribuita in strati di 1520cm e compattata con appositi strumenti, all’interno di casseforme lignee smontabili. La terra argillosa viene estratta dal suolo, al di sotto dello strato arabile, inumidita o impastata con acqua, lavorata (e/o messa in forma) e lasciata essiccare al sole. La componente argillosa della terra svolge la funzione di legante e di coesione. La scelta di questo materiale nasce in concomitanza con le scelte progettuali prese, deriva dalla volontà di rispettare la tradizione. Il terreno dell’Alentejo é caratterizzato da una composizione prevalentemente argillosa, per questa ragione un gran numero di edifici é costruito attraverso questa tecnica, la taipa. Le popolazioni locali, infatti, utilizzavano le risorse del luogo per la realizzazione dei materiali da costruzione per i propri manufatti architettonici. Tra questi, come detto in precedenza, risalta il monte alentejano, un’architettura rettangolare in pietra e terra. Una tecnica che non richiede finiture o ri-

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vestimenti, la costruzione del muro, viene effettuata strato per strato, andandone cosi a definire la trama esteriore. Da contorni apparentemente primitivi nascono forme raffinate. In tempi odierni la terra é una delle alternative che unisce la tradizione con l’innovazione tecnologica, in una soluzione costruttiva sostenibile con elevate prestazioni tecniche.

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PROGETTARE NELLA TRASCRIZIONE



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LA FUNZIONE DEL PROGETTO Spazi per l’accoglienza e lo studio nel paesaggio alentejano Vista la posizione baricentrica del sito rispetto ai punti d’interesse precedentemente citati, ai maggiori centri universitari e, più in generale, al Portogallo nella sua interezza, la progettazione cerca di rispondere alle necessità di chi si trova a percorrere questi luoghi e al tempo stesso cerca di scoprire ciò che il luogo è “disponibile e pronto a ricevere”. Queste motivazioni giustificano la vocazione di ospitalità dell’edificio, dimora accogliente a servizio del luogo in cui sorge. Saranno presenti un dormitorio, un refettorio e una cucina, uno spazio per il coworking, un’aula studio, un auditorium, un deposito e spazi di servizio.

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[28] Schizzo di progetto


LE AZIONI DEL DIALOGO TRA ARCHITETTURA E PAESAGGIO 1. Disporre per guardare (e essere guardati) L’orientamento dell’oggetto architettonico segue la definizione di due assi principali: il primo deriva dall’orientamento a nord-est tipico del monte alentejano, che a sua volta dipende dagli effetti desiderati e indesiderati del sole e dei venti; il secondo, invece, punta le case bianche del borgo di Avis che si arrampicano sul rilievo antistante, per dare la possibilità di definire visuali mirate sul contesto. La localizzazione dipende, invece, dalla morfologia del sito e dalla visuale sull’oggetto di cui si può godere arrivando sul posto: percorrendo la strada, i filari degli uliveti degradano lasciando scorgere sempre di più, man mano che ci si avvicina, il fianco e l’ingresso dell’edificio.

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[29] Schizzi di progetto


2. Delimitare per isolare All’interno vengono realizzati gli spazi adatti ad ospitare le funzioni necessarie e man mano che ci si addentra nell’edificio si susseguono diversi livelli di intimità: da spazi destinati ad un uso collettivo come il refettorio o l’aula destinata al coworking presenti nei primi due volumi, si passa a spazi più privati come i dormitori, ubicati nell’ultima parte dell’edificio. Momenti collettivi e momenti individuali trovano il loro spazio in ambienti differenti. All’esterno lo spazio è delimitato da recinti che interrotti in alcuni punti incorniciano l’orizzonte. 3. Isolare per catturare La definizione delle aperture sulle corti e sull’esterno consiste nell’appropriazione di un’immagine precisa del paesaggio (oltre che nel soddisfacimento delle necessità di illuminazione degli ambienti). Si esplicita così il potere dello sguardo, che adeguatamente veicolato, si appropria del luogo. 4. Catturare per Celebrare Appropriandosi di queste immagini tramite lo sguardo, l’osservatore comprende l’unicità dello scenario.

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[30] Schizzo di progetto


5. Porre in relazione reciproca per ri-significare Il paesaggio e la sua storia, definiscono le modalità attraverso cui deve avvenire la progettazione. L’Architettura che ne deriva, è uno strumento attraverso cui vengono esplicitati i caratteri del luogo. In particolare, sulla scia delle trattazioni teoriche di Távora, si prende atto della necessità di studiare l’Architettura vernacolare, non per copiarla o riprodurla, ma per trarre da essa le soluzioni costruttive che soddisfino le necessità del momento.

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Si delinea la composizione di quattro “pieni”, alternati a cinque “vuo di salvaguardia, così come accadeva nel monte dove gli spazi più priva


oti”, tenuti insieme da due muri (binari) quasi a garantire una sorta ati erano posizionati al centro dei cortili.


Entrambi gli elementi binari terranno insieme come in un recinto i vol ranno la connessione visiva tra interno ed esterno, lasciando che il p emergono dal recinto sono tutti uguali visti dall’esterno pur celando


lumi e opportunamente interrotti in corrispondenza delle corti favoripaesaggio attraversi l’elemento artificiale. I quattro volumi pieni che differenti vocazioni all’interno.



Giungendo qui dalle interminabili distese di campi dorati, si percorrono strade che si snodano tra colline dall’ampio respiro. Sono piccolissimi e rari i luoghi abitati, come questo che compare su un pendio, sul quale si arrampicano viuzze fra case bianche che si infittiscono sempre di più.


Superato il bacino d’acqua la strada riprende sinuosa tra i campi ai quali si alternano pregiati vigneti e vasti sughereti. Senza mai allontanarsi più di tanto dal corso d’acqua, quasi a volerlo costeggiare, la strada si confonde sempre di più col terreno, fino a ridursi ad uno stradello sterrato che corre in mezzo agli ulivi e porta all’ingresso. L’edificio si accorda alla predominanza dell’orizzonte, si impone sul paesaggio senza dominarlo. I colori appartengono alla terra.





L’edificio si compone di due spazi di connessione (uno caldo ad ovest, pe alentejani; l’altro freddo, filtro tra interno ed esterno) che recintan spazi adatti a svolgere differenti funzioni (di carattere collettivo n


er contrastare l’azione dei venti similmente a quanto accade nei montes no quattro volumi che si alternano ad altrettante corti ed ospitano gli nei primi due e più privato nei secondi).


Alla regolarità del prospetto si contrappone la complessità degli inte riano al variare della funzione: quelli degli ambienti destinati ad un dilatare lo spazio; quelli degli ambienti più privati tendono a rendere


erni. Gli spazi si differenziano tra loro per gli intradossi, che van uso collettivo sono più alti, pensati per enfatizzare la centralità e e più intimo lo spazio, in un’alternanza di compressione e dilatazione.






L’accesso all’edificio avviene sul fronte nord, da cui emergono i quattro muri che delimitano i due distributivi. Un filare di alberi scherma i parcheggi e rappresenta un elemento di continuità rispetto agli uliveti che si costeggiano arrivando.







Lo spazio della cucina è il ricordo del camino, tipico del monte alentejano. Perdendo la sua funzione di focolare, cresce di scala e diventa esso stesso spazio vivibile, cucina abitabile. Il grande lucernario consente l’illuminazione e d’estate, lasciato aperto, favorisce la ventilazione degli spazi.



Adiacente alla cucina e comunicante con essa si trova il refettorio, spazio comune caratterizzato da due grandi aperture, una sulla corte interna e una sul paesaggio che delimita e incornicia l’orizzonte, fornendo all’osservatore un’immagine quasi statica del piccolo borgo che si scorge in lontananza.







La prima corte è incastonata tra i due distributivi: sui fronti laterali una sottile linea d’ombra segna lo stacco tra muro e copertura, il fondale invece delimita l’orizzonte grazie ad una grande apertura.



Alla grande apertura si affiancano due panche, realizzate con una lastra di granito ammorsata alla terra cruda. La pavimentazione è realizzata in granito, con differenti lavorazioni e pezzature per l’esterno, l’interno e la soglia in corrispondenza delle aperture.







La terza corte, dotata di piscina, è spazio esclusivo ad uso delle camere; anche qui, si chiude e incornicia l’orizzonte. L’esclusività dello spazio è simbolicamente rappresentata da una panca che senza soluzione di continuità costeggia gli accessi laterali.





Ad ogni camera corrisponde una corte privata, spazio intermedio tra l’interno e la corte con piscina. Sulla parete di fondo un taglio che corre dalla copertura a terra funge da pluviale.



L’acqua, infatti, opportunamente convogliata tramite delle canaline poste sulla copertura, scorre lungo il solco rivestito di materiale impermeabile e defluisce in una griglia posta alla sua base.



L’ingresso alle camere, appena varcatane la soglia, è uno spazio compre e dalla finestra che affaccia su una corte privata.


esso che torna a dilatarsi, alla ricerca della luce che entra dall’alto


Queste camere possono ospitare fino a tre persone e sono tutte dotate di un bagno privato che prende luce dall’alto.



Anche qui si lo spazio si comprime per poi dilatarsi alla ricerca della luce nella parte finale dedicata alla doccia e un lavabo ottenuto da un blocco di granito.







I MATERIALI La costruzione sarà realizzata con muri di terra lasciati a vista di spessore variabile tra i 50 e i 100cm, sovrapponendo la terra umida in casseforme lignee, in strati di circa 10cm di spessore ciascuno e lasciati essiccare al sole. A causa della sismicità del sito, risulta necessaria la progettazione di un telaio di travi e pilastri in legno, quasi sempre celati dai muri che definiscono i quattro volumi interni e che permettono la realizzazione di alti blocchi di copertura realizzati in taipa che celano le controsoffittature differenti. Questi controsoffitti celano le diverse tipologie di impianti, tra cui anche gli impianti d’illuminazione. Da qui deriva la decisione di scegliere a priori una palette di materiali da utilizzare: oltre alla terra cruda dei muri e al legno del telaio, verrà utilizzato il granito, altro materiale tipicamente portoghese, in differenti lavorazioni e pezzature per la pavimentazione e le finiture, come le cimase e le panche esterne. Gli interni saranno distinti dalla struttura esterna grazie all’impiego di un intonaco in terra, mentre gli infissi sono pensati in legno.

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La variazione degli intradossi è realizzata attraverso l’utilizzo di pannelli leggeri fonoassorbenti appesi alla struttura portante in legno grazie a cavi metallici. Questa struttura di travi e pilastri è inglobata nella muratura in terra cruda.


Blocchi di copertura in taipa

Intradossi in pannelli fonoassorbenti

Blocchi principali in taipa

Struttura a pilastri in legno

Corpi distributivi in taipa


Legenda 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21.

Terreno ben compattato Magrone Drenante Ghiaia drenante Tessuto non tessuto Pannello isolante XPS Telo drenante Guaina impermeabilizzante Pavimentazione in blocchetti di granito Infisso scorrevole in legno Trave in legno massello Pannello acustico Pannello di cartongesso intonacato Struttura portante per pannelli Pannello acustico Pannello in cartongesso intonacato Trave in legno massello Muratura in taipa Cimasa in granito Pluviale in tadelakt Infisso di tipo VELUX con vetro curvo



S01 _ Solaio Controterra -

Platea in calcestruzzo armato Guaina impermeabilizzante Strato di sughero, calce e argilla Pavimento in terra battuta Pavimentazione in lastre di granito

S02 _ Solaio di copertura -

Trave in legno massello Travetti in legno massello Tavolato in legno Strato per la pendenza in granuli di sughero, calce e argilla Guaina bituminosa impermeabilizzante Isolante termico in cannicciato Isolante termico OBS Tessuto non tessuto Ghiaia



21. Infisso di tipo VELUX con vetro curvo Questo tipo di infisso é composto da un vetro di finitura curva che permette all’acqua piovana di scivolare via, il basamento isolato in PVC é completo di vetrata bassoemissiva, per far si che non ci siano dispersioni di calore. L’infisso é stato pensato per potersi aprire, grazie ad un comando a distanza, favorendo cosí la ventilazione degli spazi.



La presenza del patio adiacente al primo blocco del progetto fornisce una schermatura alla cucina, fornendole un affaccio a un piccolo orto di erbe aromatiche. Quest’ultimo é posizionato all’interno di una vasca realizzata, anch’essa in terra cruda e debitamente isolata.



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[12] A. ANTUNES, Arquitectura popular em Portugal, vol. 1, Associação dos arquitectos portugueses, Lisboa, 1988; [13] A. ANTUNES, Arquitectura popular em Portugal, vol. 1, Associação dos arquitectos portugueses, Lisboa, 1988; [14] AA.VV.,Arquitectura popular em Portugal, Ordem dos Arquitectos, Lisboa, 1961; [15] AA.VV.,Arquitectura popular em Portugal, Ordem dos Arquitectos, Lisboa, 1961; [16] fotografia di Luis Reininho, Portogallo, 2016 [17] AA.VV.,Arquitectura popular em Portugal, Ordem dos Arquitectos, Lisboa, 1961; [18] fotografia di Antonio Carrapato, Portogallo, 2016; [19] fotografia di Nelson Garrido, São Lourenço do Barrocal, Monsaraz, 2016 [20] da F. GALHANO, E. OLIVEIRA, Arquitectura tradicional Portuguesa, Etnografica Press, Lisboa, 1992; [21] da F. GALHANO, E. OLIVEIRA, Arquitectura tradicional Portuguesa, Etnografica Press, Lisboa, 1992; [22] da F. GALHANO, E. OLIVEIRA, Arquitectura tradicional Portuguesa, Etnografica Press, Lisboa, 1992;

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[23] da F. GALHANO, E. OLIVEIRA, Arquitectura tradicional Portuguesa, Etnografica Press, Lisboa, 1992; [24] fotografia di Ivan Baan, Laufen, 2014; [25] fotografia di Markus Bühler-Rasom, 2014; [26] fotografia di Ivan Baan, Laufen, 2014; [27] da https://archiwatch.files.wordpress. com/2009/12/pise.jpg.

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