GRIP 01

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grip

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intervista a Dory Molinari storia del wr 250f Knight torna in vetta Dorgali chiama Italia Motocavalcando a Villasimius


On Board Cam a breve i VIDEO ON BOARD della gara di CARBONIA!!! Linea, Fettucciato, Trasferimento...

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presto su MYSPACE.COM/VNSDS


editoriale Il segno

Quando ho dovuto scegliere una foto per la copertina di questo GRIP 01 mi sono lasciato ispirare da questo bello scatto del segno di un tassello lasciato sul terreno. Quello nella linea dell’Italiano organizzato a fine marzo a Dorgali. Un bellissimo terreno sopra il quale ogni endurista vorrebbe girare. Non è la foto di una moto o di un pilota specifico, è solo la foto di un segno ma richiama in modo diretto la nostra passione: il fuoristrada. La richiama anche in un modo più puro. Così, con questo GRIP, abbiamo voluto scrivere dei segni: di quelli lasciati dalla nostra passione. La passione traspare dalle parole di Dory Molinari, che ho intervistato, traspare anche dalle parole di Marcello Peddis che racconta del WR. La passione è quello che ci sta più a cuore, per questo ne vogliamo scrivere. Alberto Valtellino

in questo numero GRIP 01 aprile 2010

- una grande tra i grandi intervista a Dory Molinari - la signorina in blu: parte 1 storia del WR 250f - rivoluzione 3D - amarcord - l’anschluss dell’enduro - Dorgali chiama Italia Campionato Italiano Under 23/Senior Dorgali - motocavalcando nona Motocavalcata del Sud-Est Sardegna GRIP magazine di Alberto e Marcello Valtellino hanno collaborato: Marcello Peddis, Claudio Meloni, Chiara Dentoni contatti: gripmag@ymail.com

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Una grande tra i grandi intervista a Dory Molinari

Ho conosciuto l’enduro anche grazie ai video di Mondocorse. Intendo l’Enduro maiuscolo, quello dei Campioni, delle gare del Mondiale e della Sei Giorni. I VHS delle gare sono stati srotolati e riavvolti nel mio videoregistratore notte e giorno, per una quantità di tempo superiore a quella per cui erano stati progettati. Ogni cosa, nella testa di un ragazzino appassionato, diventava leggenda. Così pure è accaduto per il nastro della Six Days 1997, quella di Lumezzane, l’ultima in terra italiana. Quell’anno, in sella a una XR 250, partecipava anche una donna, l’unica in gara: Dory Molinari. Questo è un nome che è rimasto stampato nella mia testa, catalogato nello stesso cassetto nel quale trovavano posto i vari Sala, Passeri, Rinaldi, Farioli, ma anche Rodney Smith, Eric Bernard, Silvan Petteri. Da lì, nel mio bagaglio di cultura enduristica, ho sempre tenuto un posto per lei; vuoi perché era nominata assieme ai grandi, vuoi perché era l’unica donna. Tutto questo senza sapere chi veramente fosse Dory Molinari e come fosse arrivata a una Sei Giorni, l’Olimpiade dell’Enduro. Passati tredici anni da quella Six Days, la mia videocassetta è stanca di essere guardata, ancora più stanca di quanto non sia io di guardarla. Mi è capitato di avere alcune altre informazioni su Dory qui e lì, più che altro su Motocross. L’ho anche vista su un vecchio video di enduro estremo che spopola su Soloenduro; un video dove per guadare dei fiumi lanciavano le moto da una riva all’altra attaccate a carrucole.

La vera svolta arriva grazie ad alcuni sbarbatelli di Harvard (guarda la casualità) che, nel 2004, aprono Facebook. All’inizio diffondono la loro invenzione solo tra alcune Università americane, poi, dopo vari anni, entriamo a farne parte anche io e Dory. Data questa grande opportunità e data la mia curiosità, decido di mettere da parte l’imbarazzo e contattare l’endurista. Scopro una persona in primo luogo appassionata, disponibile e, a parer mio, molto intraprendente. Mi rilascia un’intervista che io pubblico, contento e sorpreso di aver conosciuto, almeno per poco, questa persona.

A sx una foto da un milione di dollari: la squadra KTM Farioli. In questo concentrato di campioni, tra cui posso contare più di dieci campionati mondiali vinti e chissà quante decine di titoli italiani, anche Dory. Chi non darebbe chissà cosa per essere in questa foto? sopra: Dory, Maria e Andrea ovvero il Katalogna Team femminile all’X Track.


“Quell’anno, in sella a una XR 250, partecipava anche una donna, l’unica in gara: Dory Molinari”


“quando ho conosciuto Mario Rinaldi e Stefano Passeri che mi hanno fatto provare l’enduro... Uaoooo!!!” Dory, Come ti sei avvicinata alla moto, all’enduro e alle competizioni? “Il mio primo approccio con la moto è stato con una Beta 260 da trial: mi piaceva, ma quando poi ho conosciuto Mario Rinaldi e Stefano Passeri che mi hanno fatto provare l’enduro... uaoooo!!! È stato un colpo di fulmine (se così si può dire) anche per una moto: la mia prima moto da enduro è stata la mitica Honda 250 4t, un gioiellino per una principiante. Dovevo solo dare un po’ di gas e lei brrrrrrrrrrr, mi portava dove volevo. Non conoscendo cosa sarei andata a fare, nel 1997 (ieri), mi sono iscritta alla Six Days di Lumezzane. Pur avendo più persone contrarie alla mia partecipazione (in primis la Federa-

zione, visto che, innanzitutto donna, non avevo mai fatto gare importanti prima e non mi conosceva nessuno) la fortuna ha voluto che in una squadra italiana un pilota desse buca... così son riuscita a intrufolarmi...” “Non essendo un campione, oltre alle dure prove, avevo anche il pensiero di dover cambiare le gomme! Ho sostituito solo una volta la posteriore (con una fatica, ma una fatica). Alla fine, con grande voglia di riuscire,ce l’ho fatta e giorno dopo giorno ho terminato una gara molto più grande delle mie capacità. Da lì in poi è iniziato per me il periodo più bello della mia vita in moto. Dopo la Six Days non ho lasciato perdere nessuna gara: mi divertivo troppo. Dal Campionato Italiano Senior all’Europeo, dal Mondiale all’X Track in Cata-


zionale. Questa cosa all’inizio mi fece rimanere molto delusa, anche perché la scusa che mi riferirono era che una donna nel plesso avrebbe portato disordine... Italiani molto ligi a certe CAZZATE!!! Concedimi questo. Io poi andai nell’albergo con i francesi e i tedeschi che al posto del RITIRO come gli italiani, avevano con loro famiglia e fidanzate! Tanta solidarietà e dissenso da parte dei piloti, mi fece sorridere e tirar fuori le ........, pur non avendole, concludendo serenamente anche questa bella avventura.” Ho appena assistito alla prima gara dell’Italiano enduro Under 23 e Senior. C’erano solo 5 o 6 “ladies” partecipanti. Secondo te come mai così poche? “Penso che lo sport dell’enduro sia veramente “duro” quindi posso dire che la fatica non a tutti piace e di conseguenza la partecipazione sia molto singolare nelle donne. Volenti o nolenti siamo fisicamente più deboli.” Per te è giusto che abbiano una classifica a parte? “La classifica a parte ritengo che, se la partecipazione c’è, sia una gratificazione ulteriore al piacere di aver concluso una gara.” Vai ancora in moto? “Ho passato qualche anno in famiglia KTM Adventure al Ciocco in Toscana, dove si trova un habitat per l’enduro fantastico; Cipro, Isola d’Elba, Grosseto, per poi fermarmi, data l’età, se volevo avere un figlio. La moto la sto usando pochissimo. La mia bimba prende parecchio del tempo (con mio grande piacere) che prima dedicavo agli allenamenti. Dato che anche lei è entusiasta dei motori e vuole che la mamma vada in moto non è detto che… qualche smanettata con amici ci scappi. Competizioni, non penso che ne farò più. Anche se il detto dice: mai dire mai! Oltre alla mia famiglia, da qualche anno, sono riuscita ad accedere nel corpo dei vigili del fuoco e poi, nel poco tempo che mi avanza, alterno la corsa alla MTB in sostituzione alla moto (ho dietro casa mia delle discesine…).”

logna, per poi arrivare ancora a concludere la Six Days in Portogallo.” Hai trovato difficoltà a inserirti nel contesto dell’enduro? “L’inserimento nel mondo dell’enduro, come anche nel lavoro, dove i pregiudizi esistono ancora, ti assicuro che mi hanno resa ancora più combattiva.” Mi vuoi raccontare un aneddoto, un fatto significativo che ti ricordi? “Nella Six Days in Portogallo la Federazione Italiana non mi ha permesso di alloggiare nell’albergo dove si trovava la na-

Preferisci essere menzionata come una delle poche donne enduriste oppure preferisci che siano menzionati i tuoi risultati di sportiva? “Ritengo che i risultati non abbiano importanza. Per me è stata una parte della mia vita molto importante e ora, grazie a te, la sto rivivendo e mi fa emozionare. Sicuramente ho il piacere che mi riconoscano come una delle poche enduriste che ha avuto la fortuna di conoscere questa meravigliosa disciplina. Ringrazio con tutto il cuore chi mi ha aiutato, dai miei famigliari ad Arnaldo Farioli a tante altre persone che economicamente hanno contribuito a quanto ho fatto.” di Alberto Valtellino


La signorin Yamaha WR 250f il primo dei frullini Q

uando Doug Dubach saltò in sella per la prima volta sul prototipo dell’YZ 250f, poco si sapeva dell’esistenza di una versione “small” delle ormai affermate YZ e WR 400f. Probabilmente qualcuno si accorse che il “5 valvole” spremuto dal pilota americano girava un po’ troppo per essere un 400 ma i jap riuscirono a tenere sotto controllo la fuga di notizie. Poco dopo, la casa di Iwata presentò a un pubblico sbalordito la sua seconda rivoluzione: l’YZ 250f. La moto era molto simile alla sorella maggiore ma con la cilindrata di soli 250cc. Era davvero una moto molto

compatta. Quando la versione di serie fu data al parco stampa, l’YZ 250f impressionò tutti i tester che, vista la cubatura così ridotta, si aspettavano un motore dall’erogazione “appuntita”. Trovarono invece un motore molto brillante, con un allungo impressionante. In sostanza la nuova moto aveva un arco di utilizzo sconosciuto sia ai 2T sia ai 4T dell’epoca. Queste caratteristiche, unite a una notevole dose di cavalleria (circa 31 cv reali alla ruota) rendevano la moto facile, divertente da guidare e allo stesso tempo competitiva (visto che aveva già cominciato a vincere nel Supercross e nel National, dove venne schierata nella classe 125). Foto di fondo tratta dal sito Yamaha


na in blu

parte prima

il WR di Martin nella Six days spagnola del 2000 (foto tratta da Motocross)

il primo WR 250f nei negozi: il m.y. 2001 (foto tratta dal sito Yamaha)

di Marcello Peddis

C

ome per la sorella maggiore, la Yamaha decise di “ricavare” dalla ormai affermata versione cross, una enduro. Pur penalizzata nel peso e nelle prestazioni dagli accessori richiesti dalla specialità, rese letteralmente obsolete le moto della concorrenza. Il motivo era molto semplice: mentre nel cross la nuova moto doveva misurarsi con le 125 2t, dove il gap di prestazioni all’epoca era minimo, nell’enduro (esistendo ancora la classe 250 4T) le cose andarono diversamente. Nella prima apparizione in una competizione di enduro di alto livello (Six Days 2000 in Spagna) il WR pilotato dal semisconosciuto australiano Martin si classificò al secondo posto nella 2504T, dietro l’allora Campione del Mondo Matteo Rubin, sulla KTM. Questo fatto creò un certo scalpore. Senza nulla togliere al pilota australiano, era palese che la moto gli aveva dato una mano, dato che dietro di lui finirono altri grossi calibri del mondiale enduro come Nicoli e Pellegrinelli. In questa categoria dominavano ancora moto come le XR e le KLX “bombardate” a dovere, oppure le europee come KTM, Husqvarna, TM e Husaberg che, pur essendo ancora quasi dei prototipi (qualcuno poi disse che erano già vecchie sul tavolo da disegno), vennero quasi ridicolizzate dalla nuova Yamaha. Il WR era superiore alla concorrenza, praticamente su tutto. Così come la ritiravi dal concessionario (con scarico realmente silenzioso, frecce, manubrio in ferro e tutte quelle cose che gli enduristi smontano in tutta fretta) superava realmente i 30 cv alla ruota e pesava poco più di 110 kg. Si venne così a creare una situazione senza precedenti nell’enduro: chiunque poteva andare dal rivenditore dietro casa e portarsi via una moto che andava più forte di quelle ufficiali. Per questo motivo (ma non solo) la piccola WR venne definita moto epocale. Dalla Six Days in poi l’ascesa divenne inarrestabile. Dal 2001 al 2004 la Yamaha agguantò 4 titoli mondiali consecutivi con Peterhansel, Bergvall e Merriman.


C

erto la moto non era priva di difetti; quando la stampa provò la prima volta il WR pensò a uno scherzo: la moto non assomigliava molto alla sorella da cross. I cavalli c’erano tutti, ma distribuiti diversamente. Questa peculiarità del WR, ottenuta cambiando la posizione dell’asse a camme di scarico (il profilo era identico a quello dell’YZ), era necessaria per rendere l’erogazione più adatta all’enduro. Ciononostante tutti quelli che acquistavano il WR finivano per trasformarla in un’YZ targata. Le forcelle erano le solite Kayaba, famose per il loro funzionamento poco affidabile (sopratutto in mulattiera), e la taratura del monoammortizzatore era fin troppo cedevole, anche per un pilota medio. Il difetto peggiore però era l’avviamento, sopratutto a caldo. Il WR era davvero difficile da avviare in queste condizioni. L’operazione era inoltre complicata dalla necessità di azionare una sorta di doppio starter con un pomello rosso situato nel carburatore e da una taratura di quest’ultimo che, così come veniva consegnata la moto, era troppo grassa. Con queste premesse è facile immaginare cosa succedeva quando la moto si spegneva in prova speciale! Malgrado questi difetti di gioventù, risolti quasi del tutto nelle versioni successive, nelle categorie inferiori la classe 250 4T diventò quasi un monomarca Yamaha, che dominò la categoria fino al 2004 quando la concorrenza iniziò a farsi sotto con progetti nuovi.

LA PRIMA WR NEI CONCESSIONARI Correva l’anno 2001 e la WR 250f faceva capolino nei saloni dei concessionari. Per averne una occorrevano poco meno di quindici milioni di lire. Edoardo Pacini scriveva nel Motocross di Luglio 2001 che la nuova moto era una enduro vera. Il giornalista era rimasto molto impressionato dalla YZ 250f che aveva provato sei mesi prima in America ed era convinto di provare una moto molto simile alla sorella da cross. Niente del genere. Gli orpelli della omologazione ne aumentavano il peso e le sospensioni morbide ne alteravano il carattere ma la moto convinse pienamente il tester. I giudizi espressi furono: ciclistica ben bilanciata e feeling immediato. Del motore disse che non era esplosivo ma gestibile e che l’avviamento era incerto. Al banco fece registrare un valore in termini di cavalli di poco inferiore alla trentina. Era però disponibile un kit di carburazione della Belgarda con cui poteva superare anche la cavalleria della YZ.

LA PRIMA WR MONDIALE Nel 2001 Peter Bergvall e Stephane Peterhansel partecipano al campionato del Mondo in sella alle WR 250f del Team Ufo Corse. Il loro ingresso scalza dal primato le KTM EXC 250, in quell’anno guidate da Matteo Rubin e Giovanni Sala (nientemeno). L’arrivo della concorrenza ha obbligato KTM a cercare soluzioni più performanti come l’adozione di valvole in titanio, novità al cambio e alle sospensioni. Non che le moto del Team di Sarzana fossero “di serie”. Anzi, erano particolarmente curate, a cominciare dal reparto sospensioni interamente seguito da Solva. La moto aveva scarico, carter esterni e centralina della francese CRD, campana frizione Hinson, mozzi Talon, cerchi Takasago, pinze Nissin, dischi Braking Wave. Ultima finezza: la bulloneria in titanio Poggipolini. Quell’anno tra le contendenti c’erano: la Gas Gas FSE di Puidgemont, la Kawasaki KLX di Mancinelli, l’Husqvarna TE di Esquirol, la TM di Cabass e ovviamente le EXC ufficiali. Manco a dirlo: Peterhansel si laurea Campione mondiale 2001 in sella alla sua Yamahina. Nel 2002 e 2003 lo svedese Bergvall succede al pilota francese sul trono della 250 4t. Tutte le foto sono tratte dal sito Yamaha


2001/2002 Peterhansel ha sempre dichiarato che la moto con cui ha vinto il mondiale era un WR: “L’YZ è più divertente ma il WR è più facile!”. Secondo le dichiarazioni del team Ufo, la moto iridata (almeno il propulsore) era un normalissimo WR con i condotti lucidati, il carburatore dell’YZ e uno scarico ufficiale (in titanio) della francese CRD. Centralina e assi a camme, fasatura inclusa, rimanevano di serie. Le modifiche principali erano: - rimozione cornetti cassa filtro e adeguamento carburazione - rimozione valvola ACV dal carburatore - scarico CRD - fasatura YZ - isolare il filo grigio della centralina (gray wire)

2003 Il WR viene aggiornato in molti aspetti: telaio, sospensioni, sovrastrutture e tanti piccoli particolari. Nel motore, la modifica più importante è l’avviamento elettrico di serie e il decompressore automatico. Questa modifica, ormai obbligatoria per adeguare la moto alle richieste del mercato, penalizzava le prestazioni a causa degli ingranaggi necessari (ruota libera) e il peso (circa 4 kg per tutto il sistema). Il decompressore rendeva però l’avviamento immediato, infatti, sopratutto chi correva ad alti livelli, lo smontava immediatamente per non rimpiangere le prestazioni del modello precedente. La moto era più maneggevole del m.y. 2002 anche se le solite Kayaba (comunque migliorate) continuavano a lasciare perplessi i nuovi acquirenti. Il WR si aggiudica di nuovo il titolo mondiale con Bergvall, anche se la moto subisce un upgrade maggiore della precedente. Viene infatti levato l’avviamento elettrico, montato il solito carburatore YZ e lavorata la testata. Le sospensioni rimangono le Solva ufficiali. Le modifiche erano sostanzialmente le stesse: - apertura cassa filtro - rimozione valvola ACV - scarico CRD oppure Leo Vince (nuovo sponsor del team) - fasatura YZ (che però richiedeva la sostituzione delle camme di scarico a causa del decompressore automatico) - gray wire

sotto: Stefan Merriman

2004 La classe 250 4t viene archiviata e sostituita dalla E1 innalzando di parecchio il livello della nuova categoria. Bergvall lascia il Team UFO, “Bisogno di nuovi stimoli” dichiarò all’epoca. La Yamaha (sarebbe meglio dire il Team UFO) si becca uno dei piloti più forti della storia dell’enduro: Stefan Merriman. Il nuovo arrivato, come sempre, si fa cucire la moto addosso: la piccola WR viene modellata sulle esigenze dell’altrettanto piccolo pilota australiano. Per la prima volta vengono adottate tutte le parti compatibili con il WR del kit Rinaldi vale a dire assi a camme, pistone e biella. Rimangono lo scarico Leo Vince, la centralina Vortex e il carburatore YZ. Per la ciclistica, oltre il materiale Solva, viene aggiunto l’ammortizzatore di sterzo Scott.

sopra: il famoso gray wire


Rivoluzione 3D

ovvero Viaggio lisergico alla scoperta dei campioni di enduro in prospettiva storica Le prime immagini che la mia mente ha dei campioni provengono da Motocross: fino a qualche anno fa, unica e autentica “Bibbia” del fuoristrada. Leggevo la rivista perché andavo in moto ma trovare una qualche comunanza tra le mie modeste uscitine col cinquantino e le Competizioni con la lettera maiuscola era cosa dura. Anche se quasi subito ho fatto qualche garetta, il mondo dei campioni, senza nulla togliere ai nostri campioni regionali, è sempre stato, per me, a due dimensioni (quelle appunto della rivista). È, immagino, ben diverso dalle possibilità che ha, per esempio, un endurista cresciuto nel bresciano o nella zona di Bergamo. Andare a girare al campetto, per loro, poteva voler dire guardare una videocassetta di moto. M’immagino che non fosse per niente strano trovare un qualche super-campione che si allenava (“Mamma, mamma, oggi ho girato con Fausto Scovolo!!!”), oppure assistere direttamente a una qualche gara titolata. La lontananza cui ci condanna la vita su un’isola, può portare a certi fenomeni di estraniamento dal resto del mondo. L’enduro regionale è quello che fai la domenica, l’enduro serio, profes-

Pronto ?

sionale, dei campioni, è quello fotografato. Il secondo passo alla scoperta degli alti livelli agonistici dell’enduro è il contatto con le immagini in movimento. Sotto certi aspetti uno può immaginarsi che i grandi piloti neanche si muovano, siano solo dei manichini da fotografare. Così i VHS (quelli di Mondocorse), mi hanno insegnato che i campioni sono capaci di movimento. Chicco Chiodi addirittura camminava sui suoi piedi piuttosto che spostarsi solo in moto (e sempre a manetta). Vedere Giovanni Sala che, dopo la vittoria del suo primo mondiale, si toglie i vestiti e li lancia, correndo nudo per il paddock, mi ha insegnato che l’attrezzatura dei piloti non è una seconda pelle che cambiano a fine stagione come i serpenti fanno la muta. Così pure ho avuto tanti altri insegnamenti che sarebbe superfluo ricordare in questa sede. Mancava però un altro passaggio. I passi da gigante compiuti finora erano solo il preludio alla terza grande rivoluzione, quella che si sarebbe realizzata quando per la prima volta ho assistito a una gara di livello alto: i campioni esistono in carne e ossa. Ciò non è per niente scontato o meglio: ce lo si immagina, ma ciò non

RIMETTI IN MOTO IL TUO CORPO

move your body

limita l’incredulità dell’appassionato. Le implicazioni di trovarsi faccia a faccia con uno dei grandi sono di portata epocale (per la maggior parte del tempo il Cern di Ginevra maneggia informazioni molto meno sconvolgenti). La conseguenza principale è che i campioni hanno la terza dimensione: la profondità. Per Super Mario c’è voluto il Nintendo 64, milioni di dollari spesi per la realizzazione e il lavoro di tanti ingegneri e programmatori perché diventasse da 2D a 3D. I campioni avevano questa condizione già insita nella loro natura. Probabilmente lo erano dalla nascita. La realtà è che, a noi, questa informazione non era mai arrivata (eppure pensavo di essere in una nazione dove l’informazione circolasse liberamente). Tutto ciò ci porta a un confronto con l’attualità: vedere Mika Ahola o Fabio Farioli in 3D suscita la stessa sensazione di Avatar, forse anche superiore; il tutto senza l’utilizzo di occhialini 3D di dubbia qualità e senza pagare un biglietto. E con ciò? direte Voi... con ciò vi rimando al prossimo Viaggio... di Alberto Valtellino

Hai pensato di non sentirti in forma? Certo. Hai detto che “purtroppo non hai tempo”? Certo. Sai che bastano 3 ore alla settimana per cambiarti la vita, rimetterti in movimento, ritornare in forma ? Non importa che sia estate o inverno, prima riparti e prima ritorni come vorresti essere. Ti aspetto qui in Rari Nantes, potrai fare lezioni singole o in gruppo, al costo di una palestra. Con molto di più, pensato per te. Centro sportivo RARI NANTES CAGLIARI Calata dei Trinitari 4 (V.le Colombo) 09127 Cagliari • Tel. 070.300286 email : info@lucafrau.it

P E R S O N A L

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affè Cè Pubblicità del C Iglesias 1976 era mio sponsor. è C è ff ca il , 6 Era il 197 ne e a fine gara io z a st u eg d i d to un banchetto . Avevano allesti ta per i giornali sa u ta a st e bb la foto che sare avevo posato per ? Il mio compenso ! re la pubblicità fa te n a g a pp a era già lino

Giustino Valtel


L’Anschluss dell’Enduro

Senza dilungarci su fatti storici accaduti nella terza decade del secolo scorso possiamo dire che i piccoli tedeschi del sud cioè gli Austriaci della KTM stanno prendendosi una bella rivincita sui colossi tedeschi della BMW. Certo, si tratta solo del primo round del WEC però David Knight, tornato dalla porta della servitù (della villetta di Farioli) in casa KTM, nella prima prova in Spagna ha piazzato 2 primi posti nella sua classe preferita, la E3 dove l’anno scorso con la fantastica moto bavarese e il suo altrettanto fantastico pignone coassiale, stava fuori dal podio ufficiale ma nelle prime posizioni del gossip. La rivincita in realtà riguarda molto più Knight che la KTM, visto che quest’ultima si è guardata bene dal metterlo nel team ufficiale però i risultati dicono una cosa sola: Knight con la Ktm vince (per ora) con la BMW no!

Sul gigante inglese si è detto e scritto di tutto: che è un bambinone, un pessimo professionista, un pilota finito ecc.. Opinioni non solo della stampa e di molti team manager (che hanno fatto cartello contro l’impiegato ribelle) ma anche di molti appassionati, che però si sono divisi: da una parte quelli d’accordo con l’estabilishment, dall’altra quelli più sanguigni ma non scemi (i tifosi di Knight sono ovviamente esclusi per conflitto d’interessi) forse un po’ stanchi delle solite barzellette sulle moto tutte uguali, sulle moto ufficiali fatte dalla Nasa e dal solito buonismo che serpeggia quando ci sono forti interessi in gioco. Chissà, magari hanno pensato che chi guidava un Ktm 525 come una Bmx non è soltanto un bambino capriccioso, ma uno che di moto qualcosa ci capisce e sopratutto la cosa più importante: che raccontava la verità senza filtri. Questa (cioè la realtà dei fatti) oltre a far venire mal di testa al composto team manager della BMW era molto più interessante dei noiosi comunicati stampa delle case costruttrici. In ogni caso il WEC è soltanto all’inizio, Salminen si gode la sua pensione milionaria senza pignone coassiale, la KTM si frega le mani con Knight e Simone Albergoni ha un sacco di nuovi tifosi... bavaresi... di Marcello Peddis

“Knight con la Ktm vince con la BMW no”

Giusto per capirsi: con Anschluss si intende l’annessione dell’Austria al famoso terzo Reich, con Anschluss dell’enduro si intende la rivincita degli austriaci KTM sui cugini tedeschi BMW.


Dorgali chiama Italia Campionato Italiano Enduro Under 23 / Senior Moto Club Dorgali – Dorgali 20 e 21 marzo 2010

di Alberto Valtellino

I

l Moto Club Dorgali deve avere capito molto bene quali sono i meccanismi d’organizzazione di un evento come le gare di enduro. Manifestazioni tutt’altro che semplici da orchestrare: un percorso lungo che si snoda nelle montagne tra terreni di tanti proprietari, un gran numero di addetti sparpagliati qui e lì, logistica, cronometristi, ambulanze. Tanti piloti che girano (ben 272!!!) e che devono trovare senza intoppi il percorso, avere soccorso dove è necessario e organizzarsi con comodità l’assistenza (cosa tutt’altro che banale). Questa e mille altre cose sono da tenere in grandissimo conto per l’organizzazione di un evento come la prima prova del Campionato Italiano Under 23 e Senior, tenutasi a Dorgali il 20 e 21 marzo 2010. Paolo Corona, direttore di gara e “Baddore” Mele, Presidente del Moto Club, mi fanno capire che la difficoltà sta proprio nel numero dei piloti. Dorgali ha organizzato anche gli Assoluti, gara più prestigiosa, ma logisticamente meno difficoltosa. Inoltre, il Presidente e gli uomini del Moto Club, mi dicono con chiarezza che sono tante le esigenze economiche. Ci sono anche tante difficoltà nella gestione dei rapporti con i proprietari dei terreni; quello che tutti mi dicono è che si sarebbero aspettati un “occhio di riguardo in più da parte delle amministrazioni locali”. A quanto ho capito, queste manifestazioni, se organizzate in continente, riescono a essere particolarmente remunerative; in Sardegna no. Qui si aprirebbe il solito infinito discorso in cui non è il caso di andare a impegolarsi. Basti dire che la manifestazione è riuscita, a mio parere molto bene. È stata una giornata di enduro spettacolare: speciali fantastiche, molti piloti, sei grandi professionisti e tanti giovani che andavano “a vita persa” nelle speciali.


V

ittoria assoluta? Con sei Elite in gara, la rosa dei contendenti non era molto ampia. Mancava solo da chiedersi chi sarebbe stato il più veloce tra di loro. La risposta è Alessandro Belometti. Non avevo ancora visto il “Belo” con una grossa cilindrata 4t (questa volta aveva il 450) e devo dire che in gara mi ha sbalordito meno degli altri, però ha di sicuro sbalordito gli avversari dato che ha vinto la maggior parte delle speciali. Dietro di lui Oldrati. Questo mi ha sbalordito un pelino di più. Aveva il duemmezzo 4t e si è confermato stiloso, grintoso e preciso, ma non veloce come il suo compagno di squadra. Terzo è stato Edoardo D’Ambrosio in sella alla Husaberg 450.


CLASSIFICHE Classe 125 4t Under 23 1) Poloni Simone (HM), 2) Arcuri Antonino (Fantic), 3) Lo Bugio Luca Alberto (HM) Classe 125 Cadetti 1) Conforti Guido (KTM), 2) Mozzoni Tommaso (KTM), 3) Piccinni Nicola (KTM), … 14) Pusceddu Riccardo (Husqvarna) Classe 125 Under 23 1) Rovelli Luca (KTM), 2) Roggeri Davide (Suzuki), 3) Cerutti Jacopo (KTM) Classe 250 2t Under 23 1) Mangini Massimo (KTM), 2) Mori Nicolò (KTM), 3) Bertolotti Luca (Husqvarna) Classe 4t Under 23 1) Conforti Vittorio (Suzuki), 2) Chiatti Omar (KTM), 3) Fossati Andrea (Honda), … 23) Dentis Roberto (Rieju) Classe 50 Codice 1) Bresolini Matteo (HM), 2) Croci Simone (Beta), 3) Soreca Davide (HM) Classe Ladies 1) Anna Sappino (Honda), 2) Marrocco Cristina (Husqvarna), 3) Balduzzi Emanuela (Yamaha) Classe Elite 1) Belometti Alessandro (KTM), 2) Oldrati Thomas (KTM), 3) D’Ambrosio Edoardo (Husaberg) Classifica Club Under 1) Treviglio Under, 2) Intimiano N. Noseda Under, 3) Trial D. Fornaroli Under Classifica Team Under 1) Enduro Team Trevizia, 2) Team Italia GP Motorsport

U

ndici i sardi in gara: Paolo Fancello, Igor Muntoni, Gianluca Bagedda, Renato Mela, Alessandro Marzi, Paolo Zulli, Luca Zulli, Riccardo Mainas, Alessandro Pusceddu, Roberto Dentis e Riccardo Pusceddu. Probabilmente nessuno di loro si aspettava di portarsi a casa un piazzamento. Il livello dei migliori piloti del resto d’Italia è considerevolmente più alto di quello dei sardi. I nostri ragazzi ne hanno messo dietro alcuni, ma ancor di più sono arrivati davanti. La maggior parte di loro ha avuto però la possibilità di partecipare e concludere la gara: tutti tranne Riccardo “Zeta” Mainas e Luca Zulli. Riccardo, il più giovane dei nostri e l’unico su un cinquantino, c’è andato vicino ma ha rotto il motore della sua Rieju prima di concludere l’ultimo giro.

Classe 125 2t Senior 1) Rota Roberto (KTM), 2) Falgari Giuliano (Yamaha), 3) Polidori Alessio (TM), … 13) Pusceddu Alessandro (KTM) Classe 250 2t Senior 1) Magherini Maurizio (KTM), 2) Tellini Daniele (KTM), 3) Cantinotti Andrea (KTM), … 20) Zulli Paolo (Honda), … 23) Marzi Alessandro (KTM) Classe 250 4t Senior 1) Pievani Manuel (Suzuki), 2) Graziani Duccio (HM), 3) Rossi Matteo (Suzuki) Classe 450 4t Senior 1) Facchin Maurizio (Yamaha), 2) Simoncini Juri (HM), 3) Cianfarani Simone (KTM), … 17) Mela Renato (KTM), … 22) Bagedda Gianluca (KTM) Classe Oltre 500 4t Senior 1) Nicoletti Diego (Beta), 2) Gritti Giovanni (Beta), 3) Zecchin Matteo (KTM), … 7) Fancello Paolo (HM), … 9) Muntoni Igor (KTM) Classifica Club Senior 1) Acelum – La Marca TV, 2) Sebino, 3) BG Ponte Nossa Classifica Team 1) Enduro Team Trevizia Senior


VILLASIMIUS 27-28 marzo 2010 Motocavalcata Nazionale del Sud-Est Sardegna. Memorial Stefano Morea Due giornate con percorso di 200 e 180 km. La nona edizione è stata decisamente più completa delle precedenti. Sono stati infatti in 200 a prendere parte alla maniìfestazione. Al via, moto da varie regioni d’Italia, dalla Spagna e dalla Germania. Ospiti d’eccezzione sono stati Giovanni Sala, cinque volte Campione Mondiale d’enduro, e Jordi Pascuet, ex trialista professionista.

Moto ca val can do




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