anno 0 _ numero 2 _ giugno/luglio 2010 _ distribuzione gratuita
Registrazione n. 552 del 18/07/2008 presso il Tribunale di Pesaro
il periodico provinciale di
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Quanto ci piace Sabrina Sicura
Quelle notti con Legs Affair
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I mercati finanziari nei primi mesi del 2010
di Ivan Goretti
I mercati di questo inizio d’anno hanno risentito di tre fattori che potrebbero modificare le prospettive economiche globali: il termine che tra breve sarà posto ai provvedimenti quantitativi attuati dalle banche centrali occidentali, e in particolare dalla Federal Reserve statunitense, e il potenziale inizio di normalizzazione monetaria; la stretta monetaria in corso nelle principali economie emergenti, resa necessaria dalla risalita degli indicatori di inflazione, e le relative conseguenze in termini di rallentamento della crescita futura di questi paesi, principali contribuenti della crescita mondiale; infine, la saturazione dei mercati obbligazionari a fronte dell’enorme debito pubblico in occidente, e le conseguenze di tale saturazione sulla capacità di rilancio fiscale nei paesi sviluppati. Il titolo di questa lettera fa riferimento, infatti, al famoso “Chapter eleven” della legge statunitense sui fallimenti. Il ricorso al “Capitolo 11”, applicabile tanto alle aziende quanto alle persone fisiche, permette a chi lo utilizza la protezione nei confronti dei creditori per il tempo necessario ad una riorganizzazione o una ridefinizione del debito prima di dover ricorrere ad una liquidazione vera e propria. La differenza è che oggi non si parla di una azienda ma di uno Stato, nella fattispecie la Grecia. Ma non solo la Grecia, poiché una volta finito di preoccuparsi di questo paese, si passerà all’Irlanda, al Portogallo, alla Spagna, all’Italia, poi alla Francia e alla Gran Bretagna, e perché no tra qualche mese agli Stati Uniti. Ma un default della Grecia sulle proprie obbligazioni internazionali sarebbe concepibile e, a maggior ragione, tollerabile? È uno scenario a nostro avviso poco realista, in quanto le conseguenze per l’economia globale sarebbero disastrose. Con circa 300 miliardi di euro, il debito pubblico della Grecia è cinque volte superiore al debito russo all’epoca della sospensione di pagamento nel 1998 e cinque volte superiore al debito argentino in occasione della crisi del 2001. Certo, non rappresenta nulla rispetto ai quasi 8.000 miliardi di euro del debito pubblico giapponese. Ma il debito giapponese è detenuto per il 90% da risparmiatori nazionali, mentre qui la situazione è diametralmente opposta, in quanto il 96% del debito pubblico greco è detenuto da investitori internazionali, principalmente europei. L’eventuale default della Grecia genererebbe quindi potenziali ripercussioni di ordine sistemico sull’economia europea. È per questo che l’Unione europea deve necessariamente apportare una soluzione coerente, realista ed applicabile ad altri Stati membri, anche
attraverso una modifica dei testi e dei trattati europei. L’Europa, nata come Comunità economica e sviluppatasi in Unione monetaria, oggi deve dimostrare la propria credibilità e ambizione politica. È però necessario che ciò avvenga senza penalizzare eccessivamente i rari allievi modello, come la Germania. Tuttavia, è impossibile non venire in aiuto né richiedere un adeguamento tropo brusco a quegli Stati membri che proprio nel momento peggiore della loro recente storia economica necessitano più ancora di un drastico aggiustamento fiscale. Chiedere alla Grecia, al Portogallo, alla Spagna e all’Italia di riportare il proprio deficit al livello target del 3% equivale a chiedere a questi paesi di ridurre complessivamente le proprie spese di circa 120 miliardi di euro, ovvero più della somma dei disavanzi delle partite correnti. Esigere tutto ciò a breve scadenza comporterebbe, oltre il disordine sociale, una fortissima recessione che andrebbe ad annullare progressivamente la domanda estera in questi paesi. Ma in tal caso la Germania, la cui modesta crescita è attribuibile principalmente ad un commercio estero in eccedenza e per metà proveniente dal commercio tra paesi della zona euro, sarebbe a sua volta colpita in pieno dalle conseguenze di questa ritrovata disciplina dai paesi del “club med”. Quali sono le conseguenze delle attuali difficoltà della Grecia, della lentezza e della difficoltà con cui l’Unione Europea sta cercando di trovare una risposta credibile per tutti gli Stati membri? Esse sono di quattro tipi. L’euro dovrebbe rimanere debole, favorendo così i nostri investimenti internazionali denominati in dollari o in valute emergenti, che chiaramente beneficeranno di un differenziale di crescita particolarmente favorevole. Al contempo, e nonostante un dollaro forte, l’oro beneficia di questo nuovo aumento del rischio credito degli Stati europei. In tale contesto, nel corso del mese
abbiamo leggermente incrementato la nostra ponderazione nel settore. In terzo luogo, dobbiamo rivedere al ribasso le prospettive di crescita nella zona euro. Pertanto, la Banca centrale europea dovrà mantenere una politica più accomodante in quanto una crescita anemica porterà presto al riemergere delle pressioni deflazionistiche. I nostri investimenti in Europa, per buona parte in aziende poco esposte al ciclo economico, molte delle quali sono sostenute dalla domanda interna delle grandi economie emergenti, dovrebbero in questo contesto risultare vincenti e beneficiare di una legittima rivalutazione. Infine, per quanto concerne i nostri investimenti obbligazionari, l’atteggiamento prudente dimostrato sin dall’inizio dell’anno sui tassi lunghi non sembra oramai più opportuno, almeno per il momento. Di conseguenza, abbiamo aumentato la sensibilità dei nostri portafogli, pur conservando un posizionamento particolarmente prudente sull’esposizione al rischio di credito sovrano.
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numero 2
Anno 0 - Numero 2 giugno/luglio 2010 Distribuzione gratuita Registrazione n. 2 del 18/07/2008 presso il Tribunale di Pesaro
anno 0 _ numero 2 _ giugno/luglio 2010 _ distribuzione gratuita Editore Mattia Tarsi Global Service in Progress s.r.l.
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I mercati finanziari nei primi mesi del 2010
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Quando è il lettore a fare il giornale
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Auto e moto storiche: un rombo che fa battere il cuore
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Giuseppe Lattanzi, un campione dimenticato troppo in fretta
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La provincia in un click
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Ricordando il maestro Franco Corelli
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Camerano segreta, ecco le grotte
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Il Baseball di Ancona nasce alla Fiera
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Passeggiando per il Cardeto
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Economia: rinnovato l’appuntamento tra studenti e aziende
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I giovani avvocati guardano alle specializzazioni per materia e non per rito
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Legs Affair, quando il deejay… è donna
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“Io e i Gomma Gommas”, la punk band dorica che gira l’Italia
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Ancona ed il suo volto “noir”
Sabrina Sicura... una ragazza “sicuramente” interessante
Direttore responsabile Alberto Bignami direttore@anconainforma.it Redazione Per inviarci i vostri comunicati redazione@anconainforma.it Hanno collaborato a questo numero: Marco Zappelli Marco Corelli Laura Bilancia Alberto Recanatini Serena Legs Affair Ilari Giorgio Salvini Marco Gemelli Luigi Cafasi Filippo Merlo Grafica e impaginazione: Media’s Project www.mediasproject.it Stampa: Litoservice Distribuzione: Full Time Group
La provincia in un click
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Quando è il lettore a fare il giornale In redazione quasi ogni giorno foto, email e segnalazioni. E aumentano i fan su Facebook di Alberto Bignami
Incoraggiati dal vostro sempre crescente interesse per Anconainforma, il nostro quotidiano on line, e dal largo consenso riscontrato nei confronti della prima uscita dell’edizione cartacea di Più, abbiamo pensato di ampliare questo secondo numero della nostra rivista coinvolgendo direttamente chi ci segue con tanta attenzione, incoraggiandone una partecipazione ancora più attiva e vivace.
Molti sono stati infatti, e sono tuttora, i contributi che arrivano in redazione da parte di chi ci legge quotidianamente sullo schermo del pc; infatti continuano a giungerci ogni giorno, spesso in tempo reale, segnalazioni, fotografie, mms e informazioni, che documentano molteplici aspetti o problemi del territorio compreso nella nostra provincia e anche numerosissimi commenti alle notizie da noi pubblicate. Il carattere sempre più interattivo che attesta questo stretto rapporto tra redazione e pubblico è, secondo noi, un segnale netto della larga fruibilità del nostro modo di fare informazione; perciò, proprio per questo motivo, vorremmo incoraggiare chi ci legge a partecipare alle iniziative aperte ai lettori nell’edizione cartacea: mandateci le vostre foto più belle legate al nostro territorio, alle manifestazioni locali di un certo interesse, i vostri scatti originali per arricchire la
rassegna fotografica che si aggiunge ai vari articoli che, in vario modo, documentano altrettante sfaccettature della realtà in cui viviamo. Se non troveranno posto su Più, saranno comunque pubblicate in uno dei nostri album presenti su Anconainforma.it. Un grazie sentito a tutti i nostri affezionati lettori con l’auspicio di poter soddisfare sempre meglio le loro aspettative.
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Auto e moto storiche: un rombo che fa battere il cuore Da 11 anni il Camsa riunisce gli appassionati per il motorismo d’epoca di Luigi Cafasi
Nel 200 , un gruppetto di 12 “pionieri” appassionati di Motorismo d’Epoca, decisero di fondare un Club, nella veste di Associazione Culturale, cui venne dato il nome di Camsa (Club Auto Moto Storiche Ancona). I nomi vanno ricordati uno per uno, perché dobbiamo a loro se, negli ultimi anni, anche la nostra città si è inserita, a pieno titolo e con notevoli meriti, nel circuito delle manifestazioni specializzate regionali e nazionali: Marco Nocchi, Franco Casamassima, Franco Archetti, Giorgio Spegne, Franco Lombardi, Sauro Stacchi, Carlo Benedetti, Ennio Duranti, Rolando Veroli, Francesco Lattanzi, Enrico Angelelli e Luca Cognini.
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Il Club, che dispone di una propria sede, in via Tibaldi 4 ad Ancona, dove i soci trovano una efficiente segreteria ogni mercoledì pomeriggio (Tf e fax 071.4600477) ha mosso i suoi primi passi sostenuto dall’entusiasmo dei Fondatori, ed è cresciuto rapidamente in numero di iscritti (oggi conta circa 250 soci) e in manifestazioni organizzate. La prima è stata la Coppa Città di Ancona, tenutasi il 21 maggio 2006. Da allora il programma annuale prevede un evento primaverile turistico culturale (la Coppa Città di Ancona), un evento invernale agonistico (Trofeo del Monte Conero) e un evento motociclistico in primavera, oltre a eventi monotematici o convegnistici (Ferrari, Porsche, Alfa Romeo, Vespa, Fiat 500 ecc.). Va riconosciuto al Club Camsa il merito di aver saputo aggregare gli altri Club vicini e coinvolgerli nell’organizzazione congiunta di un evento a carattere regionale, il Gran Tour delle Marche. Nel mese di aprile di quest’anno si è svolta, con lusinghiero successo, la 5^ edizione della Coppa Città di Ancona, per la prima volta inserita nel circuito Asi Trofeo Marco Polo, a valenza nazionale. L’Asi, Automotoclub
Storico Italiano (144000 soci), cui dal 2008 il Camsa è affiliato insieme con altri 250 Club Italiani, è il principale Ente custode riconosciuto, assieme ad alcuni Registri di Marca, della originalità dei veicoli storici italiani. Il Club cura, per i propri iscritti, l’inserimento delle vetture storiche e l’ Omologazione delle stesse negli appositi Registri. Teatro delle varie manifestazioni sono stati i luoghi più significativi della nostra città e dintorni :il Vecchio Faro, La Mole Antonelliana, il monte Conero in gara notturna, le Grotte di Camerano, la base dell’Aeronautica Militare di Loreto. Anche l’aspetto aggregativo viene molto curato, sia con trasferte per la visita ai più importanti musei nazionali di automobilismo storico e alle più importanti mostre mercato italiane sia con riunioni conviviali per di più coincidenti con le festività tradizionali. Il motorismo d’epoca è uno strano miscuglio di passione, curiosità, amore per il collezionismo, la cultura e la storia; aggiungete a questi ingredienti il desiderio di far divertire anche chi non è contagiato da questa “ febbre” e avrete davanti i ritratti dei Soci del Club Auto Moto Storiche Ancona.
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Giuseppe Lattanzi, un campione dimenticato troppo in fretta Anconetano, era il pilota ufficiale Mondial. Morì a 1 anni di Giorgio Salvini
Il 1 giugno del 1 partiva da Rogoredo la X edizione della Milano-Taranto. Al via c’erano 00 concorrenti, dei quali solo 127 giunsero al traguardo sul lungomare di Taranto. Fra questi mancava uno dei favoriti, un trentunenne di Ancona: Giuseppe Lattanzi, pilota ufficiale della Mondial. La straordinaria corsa motociclistica, paragonabile alla 1000 Miglia, passava quell’anno per la seconda volta lungo l’inusuale percorso adriatico, che avrebbe portato i partecipanti a toccare le Marche e la città di Ancona. Per Lattanzi, che si
stava mettendo in luce nel campionato mondiale 125, era un’occasione formidabile: quella di percorrere strade a lui ben note, sostenuto dal calore dei tanti amici e tifosi di casa. Quando all’alba giunse al controllo di Piazza Rosselli era in testa alla corsa nella sua categoria. Il tempo di un caffè, di un sorriso, di una pacca sulle spalle e via a tutto gas sulla salita del Pinocchio, con le voci amiche che lo spingevano più forte che mai. E poi la lunga dolce discesa verso i Piani della Baraccola: strade di casa, luoghi conosciuti, forse la stanchezza, forse la troppa confidenza, e la curva di Tobia all’Aspio. La Mondial 125 è fuori controllo, lo schianto sul paracarro è violentissimo, la corsa di Lattanzi prosegue da quel drammatico momento nel Cielo dei Campioni. Al controllo di Napoli il Conte Boselli, patron della Mondial, ritirò tutti i suoi piloti in segno di lutto, nonostante Tarquinio Provini avesse salda-
mente in pugno il controllo della gara di categoria e fosse terzo in classifica assoluta. In quella maledetta edizione, trovarono la morte anche Angelo Montevecchi ed Ermanno Camilletti; questi tragici avvenimenti decretarono la fine della partecipazione delle moto da gran premio e, successivamente, nel 1957, la soppressione definitiva della corsa. Proprio in quell’anno Lattanzi aveva esordito nel Mondiale e, correndo solo tre gare, si era aggiudicato due podi classificandosi comunque al 4° posto in classifica generale. Un cippo lungo la Statale Adriatica, recentemente restaurato, ricorda quella tragica mattina di giugno. Il Moto Club Ancona da allora, ha voluto aggiungere il nome di Lattanzi alla propria denominazione, perpetuandone così il ricordo. La città di Ancona, cui diede gran lustro con i suoi successi, ha purtroppo dimenticato troppo in fretta il suo campione.
Palmarès: Lattanzi ha debuttato nel mondiale proprio nel 1 , correndo solo gare: Barcellona SPA ( °posto dietro a Taveri, Ferri e Ubbiali) Reims FRA ( °posto dietro Ubbiali e Taveri al photofinish) Tourist Trophy - Isola di Man ENG ( ° dietro Ubbiali e Taveri)
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La provincia in un click Inizia con questo numero di Pi첫 una nuova rubrica dedicata alle fotografie realizzate dai nostri lettori
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Alcuni giorni fa abbiamo lanciato un invito ai lettori attraverso il nostro sito Anconainforma.it: “inviateci le vostre fotografie le pubblicheremo nel prossimo numero di Più”. Un paesaggio, un particolare angolo della città o un semplice tramonto. Risultato: in solo cinque giorni abbiamo ricevuto decine e decine di foto ed ovviamente non siamo riusciti a pubblicarle tutte in questo numero. Promettiamo comunque ai nostri lettori che quelle che non troveranno spazio in questa uscita cercheremo di pubblicarle in quella successiva. Tutte, comunque, saranno inserite in un apposito album fotografico sul quotidiano online.
Un grazie di cuore a tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione di questa nuova rubrica.
Fotografie di: 1 Orlando Natalucci 2 Francesco Marini Giuliano Giammarchi Silvia Capitani Silvia Fusco Antonio Feliziani
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Ricordando il maestro Franco Corelli Storia e aneddoti del leggendario tenore anconetano di Marco Corelli
Dario Corelli, detto “Franco” da parenti ed amici per la sua franchezza, nasce in Ancona nel rione degli Archi l’8/ /1 21 come terzo figlio di Corelli Remo e Marchetti Natalina detta Adria, famiglia medio borghese. Vive una infanzia vivace e spensierata, ricca di affetto e pervasa dall’amore per la Musica ed il Bel Canto (caratteristica che contraddistingueva molti membri della famiglia Corelli, che annoverava al suo interno diversi tenori, tra i quali nostro nonno Augusto, lo zio Viero, mio padre e lo zio Corrado), dai giochi creativi dell’epoca con gli Arcaroli (comprese le battaglie a mattonate con quelli di Capodimonte) e tanto sport con la Stamura (nuoto e canotaggio, con la cui squadra si aggiudicò nel 1940 il Campionato Italiano di nuoto e tanto Tennis al Dopolavoro Ferroviario). Conseguì il diploma di geometra al “Francesco Podesti” e successivamente si iscrisse alla facoltà di Ingegneria al Politecnico di Bologna. Nel frattempo lavorò per alcuni mesi come disegnatore al Cantiere Navale, partì per il servizio militare per Mantova, ma dopo qualche mese, forse per le scarse condizioni igienico ambientali, si ammalò seriamente ai polmoni e fu congedato. Ritornato in Ancona durante il periodo bellico, riprese gli studi di ingegneria, andò sfollato con la famiglia nelle campagne di Osimo, passando diverso tempo a proteggere e fare compagnia alla famiglia della fidanzata Iride, composta da sole donne, in quanto gli uomini erano occupati a svolgere il servizio militare durante il periodo bellico. Cercò di guadagnare quel che si poteva con diversi lavori occasionali, fra i quali il commercio di biciclette. Mentre i suoi fratelli più grandi, influenzati dall’ambiente famigliare ebbero la possibilità di studiare canto e pianoforte (Ubaldo, studiò dapprima con gli zii alla Corale Bellini e successivamente all’Accademia di Santa Cecilia, divenendo Baritono ufficiale dell’EIAR. Liliana, che possedeva anche una voce aggraziata da soprano, studiò pianoforte); Franco non ebbe queste possibilità e, in seguito, con me se ne rammaricava, (Lui che da autodidatta, era diventato un Genio della Lirica e del Bel Canto). I primi rudimenti gli furono impartiti dai F.lli, dagli zii e dalla frequentazione della mitica Corale Bellini (nata dalla fusione della Corale Croma e della Corale
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Giuseppe Verdi, di cui Corrado fu il I° Segretario, e nella quale gli zii cantavano da tenori e fungevano anche da sostituti Maestri del Coro, in assenza del M° titolare). Dopo il 1945 fu assunto come geometra per la ricostruzione presso l’Ufficio tecnico del Comune di Ancona, ma per cause personali, indipendenti dal rendimento nel lavoro, nel ‘47 non gli fu rinnovato il contratto. Questo lo colpì negativamente, perché egli amava quel lavoro ed i suoi colleghi, fino al punto che, anche quando divenne famoso, ogni volta che ritornava, sentiva il bisogno di andare a trovare i suoi colleghi per respirare l’aria del suo ufficio, e questo durò per circa 40 anni, fino alla presenza in servizio, dell’ultimo collega. Questo episodio influì negativamente sul suo carattere e, per uscire dalla depressione, iniziò a frequentare alcuni amici che, come lui, erano appassionati di canto i quali prendevano lezioni private, ed ogni volta che si incontravano, finivano per parlarne e mettere anche in pratica gli insegnamenti che gli erano stati impartiti, tra questi c’era Carlo Scaravelli, che frequentava il Conservatorio Rossini di Pesaro e studiava da baritono. Ciò lo fece appassionare sempre di più, fino a quando, nel 1950, lessero su un giornale che a Firenze si svolgeva un concorso di canto; parteciparono ma furono bocciati tutti, tranne Franco, al quale fu data la possibilità di partecipare a uno stage di perfezionamento ma proprio in questo periodo morì sua madre.
Questo altro duro colpo lo fece piombare in una depressione profonda. Venne spinto a partecipare ad un concorso a Spoleto ma fu bocciato, perché non era nelle condizioni psicologiche adatte. Tuttavia nel ‘51, sempre spinto dai suoi amici ed aiutato dalla sorella che, preoccupata per la sua salute, lo aveva iscritto a sua insaputa, partecipò al Concorso per Voci Nuove di Spoleto e vinse, debuttando in Carmen, con la possibilità di seguire anche un corso di perfezionamento all’Opera di Roma nel ‘52. Qui avvenne la svolta: ebbe infatti la possibilità di incontrare grandi artsti: i Maestri ed i Registi dell’epoca d’oro dell’Arte Italiana, tra i quali Visconti; Enriquez, Zeffirelli (aiuto di Visconti), i quali notarono ed apprezzarono le sue qualità vocali sempre in evoluzione, il valore delle sue interpretazioni da grande attore, e la sua avvenenza da Apollo Greco. Essi sicuramente contribuirono alla sua formazione, evolutasi come un crescendo rossiniano fino al raggiungimento delle apoteosi dei suoi successi leggendari, che hanno ispirato decine di migliaia di articoli e successivamente gli 8 libri a lui dedicati, tra i quali il più completo “ Franco Corelli Prince of Tenors, alla stesura del quale ho partecipato e contribuito in modo determinante. Questo è stato ed è Franco Corelli, forte e molto timido, maschio e romantico, epico e nobile, tenace ed introverso, talentuoso e diffidente, intraprendente e misurato, consapevole, e di conseguenza pauroso, elegante e sobrio, sensibilis-
simo e nervoso, fiero e rispettoso, personaggio pubblico e molto riservato, modestissimo e grazie anche a questo più Grande, con al suo attivo primati insuperabili, come le ripetute ed epiche inaugurazioni delle Stagioni Liriche dei maggiori Teatri del Mondo, sino a raggiungere le 7 inaugurazioni della Scala di Milano e le 13 del Metropolitan di New York, solo perché in questo ultimo contratto, gli era stato vietato di inaugurare la Scala, altrimenti da 7, sarebbero potute diventare anche 20, ha portato al successo la Turandot (Nessun Dorma) e moltissime altre Opere poco rappresentate per le loro asperità vocali, Ugonotti, Il Pirata, La Vestale, Il Poliuto, La Battglia di Legano ecc.. con una ricchezza di titoli di repertorio ineguagliabile, unitamente ai maggiori Cast e Soprani dell’epoca: Callas, Tebaldi, Nilson, Cerquetti, Caniglia ecc... Detto ciò, penso che intitolargli il Teatro delle Muse, sia stata una operazione lungimirante (che soprattutto per il bene della Città non considero esaustiva, ma l’inizio di un percorso da intraprendere), che servirà a dare lustro e visibilità ad Ancona, al nostro Teatro ed alle nostre tradizioni culturali e musicali nel mondo. Questo riconoscimento Franco, che amava profondamente la sua Ancona, se lo è conquistato con tanti sacrifici e tanto talento, con la sua impareggiabile arte, che l’ha consacrato e consegnato alla storia dell’Umanità come “ Il Principe dei Tenori”.
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Camerano segreta, ecco le grotte Un paese sotterraneo quasi fiabesco e ricco di fascino si apre agli occhi dei visitatori di Alberto Recanatini
Le numerose grotte di Camerano, scavate nell’arenaria e, tra loro comunicanti, percorrono il sottosuolo del centro storico con andamento labirintico. A lungo si è ritenuto che fossero i resti di antiche cave arenarie o addirittura luoghi per conservare il vino.
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Ma le esplorazioni, le interpretazioni e i percorsi turistici, che hanno reso queste grotte oggi fruibili, hanno svelato la presenza in quasi tutti gli ambienti di abbellimenti architettonici, bassorilievi e particolari decorativi che poco si addicono a cave arenarie o a semplici locali di deposito. Le volte a cupola, a vela, a botte, le sale circolari e le colonne di particolare gusto architettonico, le decorazioni con fregi, i motivi ornamentali e i simboli religiosi costituiscono una delle costanti dell’intero percorso. Svelano agli occhi, spesso attoniti, del visitatore un paese sotterraneo quasi fiabesco, ricco di fascino; una Camerano segreta in cui trovano concretezza storia e leggenda. L’interpretazione più plausibile è quella di un uso abitativo, rituale, e difensivo delle grotte. Nel 1944, l’inte-
ro sistema ipogeo venne adibito a rifugio per la popolazione contro i bombardamenti per diciotto giorni e vi confluirono ben 3000 persone.
La grotta Manciforte La grotta Mancinforte costituisce uno degli assi principali dell’intero sistema che attraversa in senso longitudinale il sottosuolo del centro storico antico. Queste gallerie di notevoli dimensioni si trovano a circa 20 m di profondità rispetto alla superficie esterna e ad un livello più basso rispetto ad altri sviluppi ipogei. Nel complesso sono stati individuati almeno tre piani di gallerie a quote altimetriche diverse. Il raccordo tra il nuovo palazzo Mancinforte e la più antica rete sotterranea venne presumibilmente effettuato nel 1888.
La grotta Ricotti Grotta Ricotti: è uno degli ambienti più interessanti del complesso ipogeo cameranese, sia per il suo aspetto inequivocabile di chiesa sotterranea, confermato anche dalla tradizione orale locale, sia per la sua ubicazione all’interno della rupe denominata “Sassòne” al di sotto dei resti della chiesa di Sant’Apollinare di memoria ravennate, anteriore all’anno Mille, annessa al castello medioevale. Suggestivi sono anche i particolari architettonici di questa grotta, interamente scavata nella rupe, che consentono confronti con altri antichi
ipogei dell’area mediterranea ed in particolare con i romitori dei monaci Basiliani. Richiama quest’ultimo confronto la presenza sulla volta di una croce greca inscritta in un cerchio, il tutto a bassorilievo.
Grotta Trionfi La maggior parte dei palazzi che sorgono sul lato sinistro di via Maratti, provenendo dalla piazza, sono di origine nobiliare e appartenevano a facoltose famiglie anconetane che avevano a Camerano possedimenti terrieri e case per la villeggiatura. L’ex palazzo della famiglia Trionfi, una delle più antiche e prestigiose dell’anconetano è riconoscibile per il motto araldico inciso sul bugnato ornamentale del portone d’ingresso: “in Domino confido”. Il complesso delle grotte, già noto come grotte Perugini e Gasparri , nomi risultanti dai frazionamenti proprietari, risulta notevole dal punto di vista architettonico e delle decorazioni a bassorilievo. In particolare sono interessanti i due ambienti circolari chiaramente destinati a luogo di culto o di riunione che presentano simboli religiosi scolpiti sulle pareti insieme con fregi ornamentali di vario tipo. Lunghi corridoi collegano tutti gli ambienti ipogei già denominati grotte Perugini, Gasparri e Zolotti, costituendo un sistema di grotte con livello superiore rispetto all’asse Mancinforte – Corraducci a cui si uniscono mediante un passaggio dalla grotta Gasparri. Secondo una tradizione orale, in questi ambienti si riunivano dei non meglio identificati “frati guerrieri”. E’ possibile che questo aspetto leggendario sia stato favorito dalla presenza a Camerano fin dal Medioevo di un “ospedale dei pellegrini e da un ordine Ospitaliero, come attestato da una chiesa di San Giovanni, demolita nella II metà del XVIII secolo e da proprietà dell’Ordine dei cavalieri di Malta nella stessa contrada. Anche alcuni dei simboli presenti nelle due sale circolari, come la croce trifogliata o trilobata e la stella ad otto punte, risultano tipiche di antichi ordini cavallereschi ospitalieri.
La grotta Corraducci Nella sala finale della grotta Mancinforte sono visibili i resti di due bassorilievi a soggetto religioso riprodotti nei disegni riportati a lato nella loro forma originale. Essi sono andati perduti in occasione di lavori di consolidamento effettuati nella metà del secolo scorso; si trovavano sul pilastro centrale, al di sopra di un piccolo altare. In questo stesso punto della grotta, nel passato, era stata rilevata una data (1327) oggi non più visibile perché persa nella stessa occasione. Le grotte Corraducci, uno dei complessi più vasti della rete sotterranea cameranese si dipartono dai sotterranei del palazzo omonimo. I Corraducci erano un’antica famiglia nobiliare presente nel paese ¬anteriormente al 1400 e si erano compromessi con i Francesi di Napoleone prima e con la Massoneria – Carboneria successivamente alla Restaurazione. Queste circostanze hanno fatto sorgere nel passato una serie di leggende e di racconti di mistero su queste grotte che si addentrano nella rupe del Sassone, scendendo in profondità con una serie di ambienti che vanno a ricollegarsi con la grotta Mancinforte. Particolarmente interessante è la grande sala circolare che la tradizione orale indica come luogo di riunioni segrete.
Informazioni: www.turismocamerano.it
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Il Baseball di Ancona nasce alla Fiera Con 1 vittorie su 1 , i Marlins tornano a calcare i “diamanti” della serie B di Marco Zappelli
Trentacinque anni. Tanto è trascorso da quando alcuni giovani, con pochissima attrezzatura ed una conoscenza approssimativa di tecnica e regolamenti, ma armati di entusiasmo e passione, presero a cimentarsi nel difficile gioco del “batti e corri” in un piazzale della zona Fiera. Da allora, da quel lontano 1975, è stata fatta moltissima strada, attraverso le tappe di un percorso disseminato di ostacoli e difficoltà, ma anche ricco di soddisfazioni, imprese e conquiste, come ad esempio il “diamante” (così si usa
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chiamare il campo di baseball) di via Sacripanti, la cui realizzazione, nel 1988, pose fine ad una lunga serie di peregrinazioni da un campo sportivo all’altro e regalò finalmente una vera casa a tutti gli appassionati di baseball della nostra città. Appassionati che, nel frattempo, stavano diventando sempre più numerosi, tanto che da una costola del primo sodalizio cittadino, il B.C. Ancona, era nato un nuovo club, denominato “Dorica Baseball”. Dopo alcuni accesissimi derby tra le due società, che resteranno nella storia del baseball anconetano e marchigiano per l’intensità e l’agonismo messi in campo, – lo “strappo” venne definitivamente ricucito nei primi anni ’90; il rinnovato B.C. Ancona, forte di una più solida organizzazione e maggiori risorse sia economiche che umane, riuscì finalmente a conquistare la tanto inseguita serie “B”, categoria in cui disputò diversi campionati consecutivi con buoni risultati. Dopo i fasti degli anni ’90, il B.C. Ancona è stato costretto a
ridimensionarsi con l’avvento del nuovo millennio. Le sempre crescenti difficoltà nel reperire sponsor di spessore e nell’organizzare squadre competitive per la categoria hanno indotto la società a compiere un passo indietro per ripartire dalle serie inferiori, dando ampio spazio ai giovani del vivaio. La scelta si è rivelata vincente: il baseball è ancora vivo e vegeto nella nostra città e questo, in un momento di crisi generalizzata degli sport cosiddetti minori, è già un grande successo. La “linea verde”, sposata da anni dal club, ha dato intanto risultati più che lusinghieri, consentendo di coniugare le esigenze di una gestione economica oculata con i successi ottenuti sul campo. Dopo avere letteralmente dominato lo scorso campionato di C, con 14 vittorie su 14, i Marlins (questo il nomignolo dei dorici) sono finalmente tornati a calcare i diamanti della serie B, campionato lungo e difficile, ma in cui sono intenzionati a non sfigurare. Pur dovendo necessariamente potenziare la rosa della squadra, si è deciso di non fare passi azzardati, continuando a dare fiducia ai molti talenti cresciuti in società e consolidando il pluriennale rapporto di collaborazione e di amicizia con il tecnico cubano Hector “Tico” Hernandez, autentico mito di questo sport e vecchia conoscenza del baseball anconetano. Il B.C. Ancona vanta oltre sessanta tesserati, tra prima squadra e vivaio, ed è impegnato in tutti i campionati giovanili con ottimi risultati, che lo pongono ai vertici del movimento del baseball marchigiano e non solo. La struttura societaria si compone di un nutrito numero di dirigenti e da uno staff tecnico di grande esperienza, che guarda con particolare attenzione alla crescita ed alla valorizzazione dei giovani, vero punto fermo della politica del club.
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Passeggiando per il Cardeto Dal vecchio faro al Campo degli Ebrei di Laura Bilancia
Tre sono le tappe fondamentali che hanno portato alla realizzazione del Parco del Cardeto: la destinazione, negli anni ‘70, a verde attrezzato di tutta l’area di grande interesse ambientale e storico che, in pieno centro di Ancona, si estende per circa 35 ettari affacciandosi sul mare Adriatico con un’alta falesia; il 1988, quando si venne meglio definendo l’idea di un parco cittadino e si costituì il “Comitato per il Parco del Cardeto”; infine l’inaugurazione nel 2005, mentre è del 2010 l’idea di dedicarlo a Franco Scataglini in occasione degli 80 anni dalla nascita del poeta. Successivamente all’apertura, superati i vari intralci burocratici che ne avevano ritardato la stessa, una vivace polemica si accese tra le associazioni ambientaliste e il Comune di Ancona riguardo alla tutela dell’ecosistema dell’area, particolarissimo per un’area verde cittadina, che avrebbe potuto essere danneggiato da interventi inadeguati. Alla discussione sulla salvaguardia dell’ambiente naturale si aggiunse la questione della destinazione degli edifici abbandonati situati nell’area verde. Con il referendum cittadino del 2005, non valido per il mancato raggiungimento
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del quorum, i votanti espressero parere contrario alla trasformazione in albergo di un fabbricato in cemento situato nel parco. E’ indubbio, infatti, che il Cardeto rappresenta per la città dorica una preziosa riserva di verde. Nelle zone non interessate dalla falesia la vegetazione è costituita da una macchia spontanea di ginestre, biancospini, caprifogli, ornielli, cipressi. Su alcune pareti degli edifici sparsi all’interno dell’area crescono poi piante di violaciocche, capperi e bocche di leone. Nella bella stagione il Campo degli Ebrei è reso suggestivo dalla fioritura dei narcisi, via del Faro dagli alberi di Giuda fioriti per non parlare del folto bosco del colle Cardeto. La fauna comprende, oltre ai numerosi mammiferi della zona collinare, uccelli come: il gabbiano, il falco pellegrino ed il cormorano. Notevoli sono alcuni edifici e opere di fortificazione sparse all’interno di quest’area e la parte di grande rilevanza storico-ambientale conosciuta come Campo degli Ebrei. Il vecchio faro di Ancona, fatto costruire nel 1860 per volontà di papa Pio IX, come ricorda una lapide, sorge nel punto più panoramico del parco, alla sommità del colle dei Cappuccini, Dalla cima della torre lo sguardo spazia sul centro storico, abbracciando il porto, la cattedrale di San Ciriaco ed il famoso “gomito” (ankòn) che dà il nome alla città. A causa dei gravi danni che il vecchio faro ha subito durante i due conflitti mondiali e a seguito dei terremoti e degli sfaldamenti del terreno,
dopo una chiusura di quasi quarant’anni, la ristrutturazione ha dato una nuova vita alla storica torretta mentre un nuovo faro è stato edificato a poche decine di metri dal precedente. La polveriera Castelfidardo fu costruita nella seconda metà dell’Ottocento a pianta longitudinale, con dei corridoi laterali e una grande sala centrale a volta che fungeva da magazzino delle polveri ed era uno degli edifici di servizio nella Caserma Villarey. L’esterno è in mattoni a vista con pietra d’Istria ed oblò. Il forte Cardeto risale al 1799, quando se ne cominciò l’edificazione per iniziativa dei Francesi che avevano liberato la città dalla dominazione papale. Protetto da un lungo fossato e da un’ulteriore opera di difesa in posizione avanzata detta dente, era collegato al Campo Trincerato mediante un debole sistema di fossi e palizzate. Il forte dei Cappuccini, attualmente oggetto di un ampio lavoro di recupero, sorse alla sommità dell’omonimo colle sfruttando la preesistente cinta muraria e fortificando i terrazzamenti che lo resero un’efficace baluardo di difesa con i suoi due bastioni. Il Campo degli Ebrei risale invece ad un’epoca molto più antica. Sappiamo infatti dai verbali del Senato degli Anziani della Repubblica di Ancona che nel 1428, in località Cardeto, fu concesso un terreno fuori porta San Pietro da destinare a cimitero. Un primo ampliamento avvenne già quarant’anni dopo e, successivamente, nel 1711 la comunità ebraica acquistò dal convento di San Francesco alle Scale la “Possessione del Giardino”, situata nella stessa località. Non si sa tuttavia dove fosse situato un precedente cimitero, che tuttavia doveva esistere per il semplice fatto che la comunità ebraica era certamente presente ad Ancona già prima del 1000. Il Campo degli Ebrei, situato tra il colle dei Cappuccini ed il colle Cardeto a picco sul mare, è cosparso in tutta la sua ampia superficie da ben 178 cippi funerari con iscrizioni ebraiche che datano dal XV secolo al XIX secolo. Col passare dei secoli, molti cippi sono precipitati dalla falesia, altri si sono inclinati qua e là sul vasto prato inclinato verso Gerusalemme, così come vuole la tradizione, e tutti i cippi hanno le scritte volte ad est. È questo uno tra i cimiteri ebraici più grandi d’Europa ed uno dei più curati e meglio conservati.
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Economia: rinnovato l’appuntamento tra studenti e aziende Un career day per la ricerca e l’offerta di talenti di Marco Gemelli
Sold out è il cartello che si sarebbe potuto appendere sul portone della facoltà di Economia G. Fuà di Ancona, in occasione della giornata Economia al lavoro, iniziativa rientrante tra le attività di placement (integrazione tra informazione, orientamento e supporto) che la Facoltà, in collaborazione con Alfea (Associazione laureati della facoltà di Economia di Ancona), offre ai propri laureati e studenti e alle aziende. Centinaia infatti i giovani presentatisi a questo appuntamento che si ripropone con cadenza annuale, per promuovere la vicinanza tra aziende e mondo accademico e, soprattutto, per superare il divario esistente tra le attese di coloro che entreranno nel mercato del lavoro e le esigenze del sistema produttivo. L’iniziativa è stata presentata dal presidente dell’Alfea Pietro Alessandrini e dal preside della facoltà di Economia, Gian Luca Gregori, il quale ha sottolineato che “il progetto riconferma il ruolo dell’università quale punto di riferimento per chi studia e si prepara ad affrontare la professione e per le aziende in cerca di personale qualificato”. Economia al lavoro fornisce a laureati e laureandi
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l’opportunità di incontrare personalmente le imprese e consegnare il proprio curriculum vitae, mentre le aziende possono illustrare le esigenze in termini di competenze e risorse umane, svolgere colloqui finalizzati a stage e reclutamento, nonché promuovere la propria immagine in una Facoltà dinamica e vocata all’eccellenza. A tale proposito, Gregori ha sottolineato che se “in una giornata come questa, è rilevante l’opportunità dei giovani di incontrare dirigenti aziendali e di presentare loro il proprio curriculum”, è però altrettanto importante che le “imprese possano individuare talenti che potrebbero rischiare di sparire, di andare all’estero o, più semplicemente, di non arrivare mai all’appuntamento con il destino”. Dal canto suo Alessandrini, spiegando che l’Alfea è un ponte di collegamento tra Facoltà e mondo del lavoro, ha dichiarato che i “successi dei laureati della facoltà di Economia sono i nostri successi e per questo, in continuazione, analizziamo e reinterpretiamo i reali bisogni aziendali”. All’appuntamento hanno aderito imprese e istituti di credito di rilievo locale e nazionale: Angelini, Elica, Ernst & Young, Tod’s, Guzzini, Ariston Thermo Group, Auchan, Loccioni Group. Lidl, Eurogroup, GoAsia, Fameccanica, Fater, Indesit Company, Rainbow, Banca Marche, Ubi Banca, Banca Mediolanum e Credito Valtellinese che, all’interno degli stand allestiti sotto i portici di Villarey e nelle aule, hanno illustrato ai moltissimi giovani la propria realtà operativa e risposto alle numerose domande di informazioni. Presenti anche CNA e Unimpiego Confindustria. La ciliegina sulla torta di Economia al lavoro è stata messa da Gianmario Raggetti, ordinario di Economia degli intermediari finanziari, capitano dei
due team di studenti della facoltà di Economia G. Fuà che hanno partecipato alle Universiadi del Trading on line: il primo campionato universitario italiano del trading on line in Borsa con denaro reale, che terminerà il 30 settembre prossimo. Le due squadre, composte dagli studenti Fabio Pilla, Nicola Gentili, Manoela Zanchi, Karafile Kajo, Matteo Bitti, Federico Colarieti, Stefano Scoponi, Francesco Agostinelli, Marco Mariotti e Nicola Silvestrelli, si sono classificate al primo e al secondo posto al termine della prima parte del campionato, staccando i team provenienti dalle facoltà di Economia della Luiss, di Roma Tor Vergata e della Bocconi. Le due formazioni sono state premiate il 14 maggio nel corso della Convention nazionale di Rimini del Trading on line.
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I giovani avvocati guardano alle specializzazioni per materia e non per rito Convegno dell’Aiga al Ridotto delle Muse di Ancona di Filippo Merlo
Sono 2 0.000 gli avocati in Italia, un esercito che continua ad aumentare. Ai problemi che da sempre accompagnano un mestiere così difficile, si aggiunge un nuovo senso di crisi generale della professione forense ed un allargamento della disparità generazionale. I giovani avvocati più di altri stanno soffrendo la grave crisi economica in cui versa il nostro Paese perché privi di strumenti di sostegno. In un mercato sempre più affollato occorre rinvenire nuove nicchie di mercato tra le quali ben si annovera il diritto ambientale per via della consistente produzione legislativa, italiana e non solo, che richiede specifiche competenze nella fase della elaborazione normativa, ma anche in quella di consulenza (soprattutto ad enti pubblici ed imprese) e giurisdizionale. Con questi presupposti si è aperta al Teatro delle Muse di Ancona, il 23 ed il 24 Aprile, la I° Conferenza Nazionale dell’Aiga – Associazione Italiana Giovani Avvocati sul “Diritto Naturale: precauzione e repressione nel diritto dell’ambiente”. “Abbiamo voluto fortemente che questo evento venisse realizzato ad Ancona per lanciare una sfida generazionale all’avvocatura marchigiana”
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– spiegano Mauro Buontempi e Mario Antonio Massimo Fusario (Presidente e Vicepresidente della Sezione di Ancona) – “la figura dell’Avvocato di una volta ormai tende a scomparire: i giovani devono essere pronti a cogliere le nuove opportunità offerte dalle nuove normative italiane ed europee.” “Privacy, responsabilità degli enti, mediazione, diritto ambientale: queste sono solo alcune delle materie in cui i giovani professionisti devono indirizzare la propria specializzazione per essere competitivi sul mercato – prosegue Fusario – ed allora ecco la sfida del “Legale eco-sostenibile” . Nel corso delle due giornate di dibattito che si son o tenute presso il Ridotto del Teatro delle Muse, si sono alternati in qualità di relatori diversi nomi illustri del mondo dell’Avvocatura Italiana, tra cui, Alberto Cisterna, Sostituto Procuratore della Direzione Nazionale Antimafia, Rodolfo Murra, Segretario dell’Ordine degli Avvocati di Roma, Maurizio De Tilla, Presidente OUA. Il Presidente Nazionale dell’AIGA, Giuseppe Sileci, ha ricordato che “la specializzazione in diritto ambientale, affiancata ad una approfondita conoscenza delle lingue straniere, può agevolare i giovani professionisti del foro a proporsi in un mercato non solo nazionale, ma europeo nel quale saremo sempre più spesso chiamati a misurarci.” L’Aiga si propone di avviare con la Conferenza un progetto di specializzazione destinato agli avvoca-
ti Under 40 e che avrà come evoluzione un Master specialistico, che potrà anche trovare la sua sede proprio ad Ancona. L’associazione, che è presente in tutte le province marchigiane, nella provincia di Ancona conta oltre cento iscritti, quasi il 10% dell’intera compagine di avvocati iscritti al Foro. Oltre ad attività di formazione e di qualificazione professionale è attiva sul territorio con numerose iniziative anche e soprattutto indirizzate a sostenere nella giovane avvocatura quel concetto di solidarietà tra colleghi e soprattutto verso clienti, che consente riqualificare una professione spesso dequalificata a causa dei ritardi della giustizia italiana.
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Legs Affair, quando il deejay… è donna Da Ancona alle consolle di Milano e Brianza. Le collaborazioni con Bluvertigo, Prozac+, Punkreas e molti altri di Serena Legs Affair Ilari
Il progetto Legs Affair è nato per caso nell’estate del 200 da un’avventata proposta da Rossana che all’inizio era, con me, il pilastro del dj set; per gioco mi chiese se, data la nostra grande passione per la musica volevo fare la deejay con lei… e tra un bicchiere di vino e due risate abbiamo messo in piedi questo strampalato progetto! Dopo due mesi passati ad allenarci con lettori cd, walkman e un mixerino nella taverna di casa, eravamo solo in grado di scegliere i pezzi e azzardare dei mix improbabili, e su quello andavamo forte! Poi ci serviva assolutamente un nome d’arte… Per il primo problema ci siamo dette che con tanta pratica e allenamento ce la saremmo cavata, ed effettivamente così è stato; per il secondo problema… avevamo alcune idee che non ci convincevano granché. Così è entrato in gioco Christian, il mio ragazzo di allora, che ha tirato fuori dal cilindro “Perché non vi chiamate Legs Affair?!” Ci siamo guardate perplesse e lui ha continuato “Leg Affair (senza la S) è il titolo di una serie soft porno feticista (…), ci sbattete il plurale, visto che siete in due, e tenete High Heels Music come sotto titolo!!!” L’idea ci piacque un sacco, dunque...“LEGS AFFAIR High Heels Music”, per-
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ché la nostra selezione doveva essere ballabile anche con i tacchi alti (high heels), pur essendo prevalentemente rock. Questo ci ha portate a scatenarci nelle consolle di Milano e Brianza con mini (legs affair) e tacchi vertiginosi ai piedi. Il progetto si rivelò subito interessante; ragazze dj ce n’erano ancora poche e di pazze come noi ancora meno. Nei primi due anni abbiamo toccato tre regioni (Lombardia, Liguria e Marche) e suonato in alcuni dei locali alternativi più famosi della zona, come il Bloom di Mezzago, il Goganga e il circolo ARCI Magnolia che ci ha messo in programmazione in serate importanti: dalla collaborazione con Andy dei Bluvertigo nella serata di capodanno, al supporto a Howie B. a chiusura del concerto di Tying Tiffany. Quella è stata una stagione davvero emozionante! In un anno e mezzo dal nostro esordio tanti i cambiamenti non solo per il djset, ma anche nelle nostre vite. Ma quello che ha portato il progetto a passare da quattro a due mani, è che la Ro aveva iniziato a fare la stylist di moda per i set fotografici a Milano e i suoi impegni professionali aumentavano di giorno in giorno. Siamo state ferme fino all’ autunno 2007, quando ho ricevuto la chiamata del circolo ARCI Toilet Club per una serata prova. Rossana era troppo occupata col suo nuovo lavoro… così mi sono presentata da sola. La prova non era andata un granché: era un giovedì, il locale era vuoto e io non mettevo i dischi da un bel po’ e non l’avevo mai fatto da sola; un mezzo fiasco insomma! Ma a novembre mi hanno richiamata. Era un sabato e il locale era pieno, io avevo più adrenalina che sangue in corpo; la serata è stata un vero successo ed è nato un amore
folle tra me e il locale. Sono stata arruolata come dj resident del sabato. Il Toilet Club, nel giro di pochi mesi, era diventato il terzo circolo ARCI di Milano dopo il Magnolia e la Casa 139 e mi ha permesso di collaborare con personaggi come Noise dei Punkreas, Eva dei Prozac+, Petra Flurr e Adriano Canzian. La selezione già dall’anno precedente aveva preso una piega decisamente molto più elettronica, culminata quest’anno con una quasi totalità di suoni elettronici, che variano dall’electro clash (elettronica di scuola francese tipo Daft Punk, Mr Oizo e Justice) all’electro rock, con un po’ di anni ’80 e ’90 e la scelta si è rivelata azzeccatissima. La stagione appena terminata mi ha coinvolto in nuovi progetti, vere e proprie scommesse, direi; primo su tutti far partire il giovedì del Toilet con la serata Les Folies de Toilet, serata composta da live jazz della travolgente band Bamboccioni Swing, spettacoli burlesque a cura delle meravigliose Artisia e Miss la Mousse e me in consolle. Il secondo progetto è stata la direzione artistica dei Magazzini 54, un locale da reinventare, un locale che chiedeva personalità e un po’ d’aria e musica nuove. Il terzo progetto è arrivato da Ancona, la città che mi ha vista crescere (visto che ci ho vissuto per 16 anni): prima ho suonato al Gasoline per la serata della notte bianca della scorsa estate, poi sono stata chiamata a far parte dello Starlight Rock Party per un paio di eventi come special guest, da Tom Tattoo per l’inaugurazione del nuovo studio... Tutto questo ha portato alla riattivazione dei contatti anconetani… e chissà che questa estate non mi troverete a farvi ballare in qualche locale!
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“Io e i Gomma Gommas”, la punk band dorica che gira l’Italia Le loro canzoni sono state usate in programmi come Lucignolo, Verissimo, Studio Aperto, Talent 1 e tanti altri do anche a noti festival e suonando come supporter di gruppi di rilievo nel panorama nazionale e internazionale. In questi anni poi le loro canzoni sono state spesso utilizzate nel corso di trasmissioni televisive come Lucignolo, Verissimo, Studio Aperto e Talent 1 sulle reti televisive Italia 1 e Canale 5. Nell’estate 2007 ha partecipato come gruppo ospite fisso ad una trasmissione radiofonica in onda tutte le sere sul network Veronica Hit Radio e due anni dopo è stata ospite al Lamezia Demofest 2009, la manifestazione estiva di Demo Radio Rai 1, successivamente alla messa in onda, nel precedente messo di febbraio, di ben sei canzoni del gruppo musicale senza alcuna interruzione. Inoltre, il primo singolo del secondo album (Nel blu dipinto di blu) è stato inserito nella playlist di molti programmi radiofonici nazionali, tra i quali Caterpillar su Radio 2, a maggio/giugno 2008, ed è stato inserito nel sampler di Rock Sound (Marzo 2008).
di Laura Bilancia
“Io e i Gomma Gommas” la band osimana, nata nel 2002 ispirandosi agli americani Me First and the Gimme Gimmes e ricalcando le orme di tre delle più influenti Punk Band anconetane degli anni Novanta, ritorna ora con una nuova formazione e con un nuovo disco, fresco e nostalgico al tempo stesso, che riporta alla memoria con indubbia originalità successi mai dimenticati degli anni ‘30 e ‘40. E’ infatti uscito per la DMB Music /Indiebox / Halidon l’ ultimo disco Canto quel motivetto che mi piace tanto!!!, che segue, in ordine di tempo, un EP autoprodotto nel 2004 (…And I Have the Legs that Are Doing James James EP), honkey-donkey! (l’album d’esordio datato 2005 per la Ammonia Records / Edel – mixato da Ryan Greene, guru del punk melodico a livello mondiale) e 50’s morti 60’s feriti uscito nel 2008 per Mulo di Suono Records / Self. E fu proprio subito dopo l’uscita di “50’s morti 60’s feriti” che la popolare cantante Nada, complimentandosi con la band, definì la cover di “Ma che freddo fa” la migliore, la più
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bella versione di tutti i tempi della canzone da lei portata al successo parecchi anni prima. Questa volta il nuovo disco di “Io e i Gomma Gommas” propone una rivisitazione in chiave rock’n’roll/punk/hardcore di canzoni storiche italiane come “Il pinguino innamorato”, “Ma l’amore no”, “Ma le gambe”, “Stasera mi butto”, “Stessa spiaggia stesso mare”, “Nel blu dipinto di blu”, “I watussi”, “Luglio”, “Il tuo bacio è come un rock”, “Tintarella di luna”, “Con te sulla spiaggia”, “Dio è morto”…. Mix e mastering sono stati affidati al guru del punk, Jason Livermore del Blasting Room di Fort Collins (California). Da circa un mese è uscito anche il videoclip del secondo singolo estratto da questo nuovo album: “Il Pinguino Innamorato”. La celebre canzone del 1941, portata al successo dalla cantante Silvana Fioresi accompagnata dal Trio Lescano, è stata abilmente stravolta e riarrangiata in perfetto stile Gommas. Il video è stato girato nello splendido Teatrino Campana di Osimo, la regia è stata affidata a Nicoletta Pasquini che già in passato ha collaborato con la band di cui ha diretto videoclip di successo. In attesa di entrare presto in rotazione su Rock Tv e MusicBox il video è stato già visualizzato più di 1500 volte su YouTube e sarà trasmesso anche in Spagna dall’emittente Seven durante il programma Music-Time. Nell’arco di circa sette anni la band ha tenuto quasi 200 concerti in giro per l’Italia, partecipan-
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Ancona ed il suo volto “noir”
Il capoluogo dorico protagonista anche del film “La belva col mitra”… che tanto piacque a Quentin Tarantino di Alberto Bignami
Potrebbe essere Ancona la città che ha dato l’avvio o, almeno, un significativo contributo a quel genere cinematografico oggi noto come “poliziesco all’italiana”. Un genere all’inizio poco apprezzato ed esploso quando fu rispolverato grazie ai film divulgati con il “ruggito del leone” o siglati dal regista Quentin Tarantino, che ha dato un senso più marcato e definito alla parola pulp, inizialmente bukowskiana, facendo in questo modo emergere definitivamente le contraddizioni di una società variegata e mutevole. Un bestiario umano le cui radici spuntarono 65 anni fa, quando il crudo realismo del film Ossessione di Luchino Visconti, fu fatto vivere nel capoluogo marchigiano. Si tratta del primo vero e proprio giallo che delinea la provincia italiana del secondo dopoguerra, facendone un quadro brutale e spietato, senza tralasciare i riferimenti sessuali e gli atti criminosi, tutti temi molto cari
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al “poliziesco all’italiana”, che in questa pellicola in bianco e nero vengono compiuti da Gino, il personaggio principale interpretato dal maceratese Massimo Girotti. Appena un anno più tardi il regista Mario Màttoli, anch’egli marchigiano di Tolentino, dà un ulteriore scrollone al cinema italiano, ispirandosi proprio ai fatti di cronaca nera con il film “Stasera niente di nuovo”, in cui un giornalista incontra una ragazza di vita mentre si trova al commissariato di polizia, forse per acquisire le notizie del mattinale da mandare poi in stampa. Situazioni e storie che permettono di sondare sfaccettature “nuove” della realtà indagata dal cinema; nasce allora l’espressione “neorealismo nero”, con riferimento a un filone che mette a fuoco storie di malavita o, in ogni caso, genera sottofiloni banditeschi, ambientati sempre e assolutamente in Italia. Non a caso “Gioventù perduta” di Pietro Germi si può considerare il primo “poliziesco all’italiana” e, come in “Ossessione”, ritroviamo Massimo Girotti, l’attore di Mogliano. E’ qui che compare il cliché, caro al genere filmico e quindi ricorrente, del commissario inquieto e in grado di turbare i superiori spesso più degli stessi malviventi, capace di mettere da parte la Legge pur di far vincere la Giustizia, così come accade per il più recente (parliamo degli anni Settanta) commissario Betti, interpretato da Maurizio Merli. Un “Poliziotto scomodo”, secondo il regista civitanovese Stelvio Massi, come scomodi saranno un po’ tutti i commissari di varie saghe rigorosamente “nere”, ambientate in diverse città italiane, quasi a sot-
tolineare l’impossibilità di fare giustizia con la sola, impotente, Giustizia. Girato ad Ancona nel 1977, il film “La belva col mitra” fu innalzato sull’altare delle cronache verso la fine degli anni Novanta, come uno di quelli preferiti dal regista d’oltre oceano Quentin Tarantino. Un poliziesco osannato e pubblicizzato dallo stesso Tarantino, che ne inserì una sequenza, divenuta ormai celebre, all’interno del suo indubbiamente più famoso “Jackie Brown”. Oggi “La belva col mitra” fa rivivere un’Ancona in parte dimenticata, impressa soltanto nella memoria di chi sta avanzando negli anni, ma inconfondibile nelle inquadrature datate, in cui compaiono i vecchi autobus dipinti di giallo e di rosso, le Giulia Super dell’Alfa Romeo o le Fulvia della Lancia con le targhe nere e bianche. Appare anche l’Hotel Moderno, nei pressi della stazione ferroviaria, che proprio negli anni Ottanta sarà teatro dell’omicidio di una prostituta, il cui assassino non sarà mai smascherato. Un film cui, all’inizio, furono curiosamente attribuiti tre diversi titoli: “Feroce”, “Porci con il mitra” e “Porci con la pistola”. Nel dicembre del ‘77, in anteprima nazionale al cinema Goldoni di Ancona, il film apparve con il titolo definitivo: “La belva col mitra”. Con questo movie, firmato Sergio Grieco, Ancona ha inaspettatamente girato il mondo quasi senza che gli stessi anconetani se ne accorgessero, tanto che i più non ne conoscono nemmeno l’esistenza, pur idolatrando il re del pulp. Un film che ha riportato in voga il genere del poliziesco all’italiana o, meglio, del “poliziottesco” come si usa chiamare ora, nel quale emerge quel sottile rapporto di odi et amo che corre tra il commissario della squadra Mobile e il nerista. Un “modo” di fare cronaca nera che, con il passare degli anni è cambiato anche se, forse, sarebbe meglio parlare di “rapporti” mutati tra i personaggi, così come appare necessariamente diversa l’ambientazione. Allora, per esempio, sulla scrivania del cronista, accanto alla macchina per scrivere, erano bene in vista i noti e vietati scanner sintonizzati sulle frequenze del “113”, oggi cimeli inutilizzabili a causa della tecnologia criptata del Gsm. Cambiamenti che hanno trasformato il rapporto giornalista-commissario, il quale ormai viaggia in parallelo con il poliziesco documentato dal cinema. Non per niente, un tempo, soggetti del genere erano destinati alle sale cinematografiche mentre oggi, al massimo, sono presenti in una fiction da prima serata. Poliziotti e “neristi” che, volenti o nolenti, vanno sempre a braccetto, impegnati gli uni a dover combattere la malavita e gli altri a occuparsi della cronaca, talvolta sviluppando le indagini insieme. Oggi come allora almeno una cosa è rimasta: il rapporto tra il giornalista e quel “commissario Betti” del grande schermo, ora sostituito dal “Maresciallo Rocca”, seppure a 14 pollici.
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Sabrina Sicura... una ragazza “sicuramente” interessante Ha partecipato a Donnavventura, è stata protagonista della Pedalota e campionessa a L’Eredità ma.. in cucina? Dieci e lode anche qui. di Alberto Bignami
Coraggiosa, spregiudicata e “abbastanza fuori di testa”. É Sabrina Sicura, un nome che si associa inevitabilmente a “Donnaventura”, alla “Pedalota”, a “L’eredità” e.. ora anche alla buona tavola con il suo sito “Ricetta Sicura”, in cui Sabrina stessa garantisce che “Qualunque cosa sarà un successo!”; e visti tutti i successi raccolti fino ad ora, perché non crederle? Nata a Trieste il 17 luglio 1979, Sabrina si è laureata presso la facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università di Bologna. Sportiva purosangue (karate, sci, snowboard, body sculture e surf, solo per citarne alcuni), nel 2003 partecipa a Donnavventura (Rete4) per poi trasferirsi per un anno in Australia. Tre anni più tardi, sotto le piogge di novembre, percorre il cammino di Santiago e pochi mesi dopo, con lo zaino in spalla, trascorre quattro mesi in Messico. Nel 2008, insieme al fratello Manuel, mette in piedi la “pedalota”, la prima traversata in pedalò del mare Adriatico, dalla Croazia ad Ancona. Sulla grande impresa-avventura viene girato il documentario “74 miglia”, ossia la distanza percorsa dai due temerari. Un filmato, questo, che è stato inoltre selezionato per il XIII “Festiva Cinemambiente” di Torino che si è svolto tra l’1 ed il 6 giugno. Il documentario è stato presentato nella sezione internazionale “Panorama”, dedicata ai film dai linguaggi più innovativi. Una bellissima occasione per mostrare l’avventura eco sostenibile dei “folli” fratelli di Ancona.
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Dopo tutto questo girovagare per il mondo, Sabrina è tornata nella sua casa a Palombina insieme alla famiglia: mamma Dorina, papà Pino ed il fratello Manuel. Eh no, troppo semplice un finale simile per una ragazza come Sabrina. La nostra “Superwoman” infatti sta continuando a viaggiare, lavorando come tour leader per un’agenzia di Milano. Ecco poi che, tra una cosa e l’altra, c’è anche il tempo per dedicarsi alla cucina e l’idea di creare il sito www.ricettasicura.com, un sito di ricette anzi, per rimanere proprio in tema, “un vero e proprio viaggio nella cucina”, un’esplorazione coraggiosa, originale e a tratti irriverente delle tradizioni culinarie di mezzo mondo. “Scritto da una cuoca “fatta in casa” – come dice la stessa Sabrina -, se per casa si intende un luogo sospeso tra mari e continenti, ricettasicura. com non è solo una raccolta di esperimenti andati a buon fine, ma anche un porto tanto aperto quanto sicuro per chi nella cucina cerca gusto, fantasia e divertimento”. L’amore per la cucina per Sabrina è secondo solo a quello per il viaggio, passione incondizionata che l’ha portata a scoprire paesi e genti in ogni parte del mondo. Lei, inoltre, garantisce che ha “cotto e mangiato ogni singola lettera di quanto scritto”, trasformando amici di vecchia data e non solo in un indomito e fedele esercito di assaggiatori. Ed è proprio dalla voglia di condividere che nasce ricettasicura.com, un luogo aperto, dove scoprire, sperimentare e commentare non solo ricette, ma anche esperienze in cucina, a tavola e non solo. A questo punto, non poteva allora mancare, come.. ciliegina sulla torta, una ricetta per una “Sicura” giornata di successo: la crostata alle pesche con gelatina di Rosso Conero.
INGREDIENTI 2 tuorli 1 0 gr burro 100 gr di zucchero 00 gr farina ½ bustina di lievito 0 ml di Rosso Conero Per il ripieno pesche mature cucchiai di zucchero di canna Il succo di un limone Per la gelatina ½ bustina di polvere gelatificante 2 cucchiai rasi di zucchero 0 ml di acqua 70 ml di Rosso Conero.
PROCEDIMENTO Sbatti i tuorli con lo zucchero e aggiungi il burro ammorbidito. Mescola bene e aggiungi a poco a poco il vino e la farina mescolata al lievito fino a formare una palla liscia. Riponila in frigo per 20 minuti, avvolta in uno strofinaccio. Una volta tolta dal frigo stendila con il mattarello sopra un ripiano cosparso di farina, formando un disco più grande della base dello stampo. Se questo procedimento risultasse difficile (cioè se hai fatto qualche errore nell’impasto) allora puoi stendere solo parzialmente la pasta, adagiarla nello stampo e poi allargarla e adattarla allo stampo con le mani: viene bene lo stesso.. Taglia le pesche in pezzi e cuocile in un tegame con lo zucchero e il succo del limone finché non diventano morbide e caramellate. Versale nella crostata e inforna a 180° per 35/40 minuti. Una volta sfornata la crostata prepara la gelatina: mescola gli ingredienti, porta a ebollizione per 1 minuto e continua a mescolare a fuoco spento per 2 minuti. Versa la gelatina sulle pesche muovendo il piatto in modo che si distribuisca uniformemente finché non si solidifica.
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