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L'AQUILA A DUE TESTE (l'aigle à deux têtes)
Regia
JEAN COCTEAU
Cast
EDWIGE FEUILLÈRE,JEAN VILLAIN-MARAIS
L'AQUILA A DUE TESTE (l'aigle à deux têtes) . . . . Genere Anno
1948
Nazione
FRA
Durata
87'
Fotografia
-
Produttore
© 1948 LES FILMS ARIANE/SIRIUS FILMS/LES FILMS VOG
Data Uscita
20/05/2009
Formato Video
4:3 full frame 1.33:1
Lingua
francese e italiano
Sottotitoli
italiano
Booklet
16 pag.
Numero Dvd
1
Info Dvd
2
L'AQUILA A DUE TESTE (l'aigle à deux têtes) . . . Trama Ispiratosi molto liberamente a episodi della vita di Ludwig II di Baviera e di Elisabetta d’Austria (Sissi), L’Aquila a due teste è all’origine un testo teatrale del poeta-scrittore-regista francese Jean Cocteau, che sceglie di farne una trasposizione cinematografica nel 1948. In un paese senza nome, la regina (Edwige Feuillère) sente la sua vita minacciata e si rifugia nel castello di Krantz. L’anarchico-poeta Stanislas (Jean Marais) vuole ucciderla, ma il loro incontro sarà sorprendente. Un amore folgorante, intenso e folle farà vivere loro alcuni giorni di passione in un universo soffocante... Jean Cocteau porta sullo schermo una storia in cui si fondono intrigo politico e dramma psicologico, al cui centro sono i sogni e la passione per i sentimenti. Antologia Critica: Quando la regina dice: «Ho galoppato come una bufera. Pollux correva come un tuono.», non si tratta di una clausola di stile, lei è un’amazzone. Sul palcoscenico non mancava che una cosa: vederla galoppare come una bufera. La macchina da presa ha colmato questa lacuna. L’universo di L’aigle à deux têtes era già centrifugo a teatro; tutto vi tendeva verso un involo, sperava in una liberazione. Cahiers du cinéma n. 152 «Si pensa che io inventi mentre in realtà racconto, e racconto solo ciò che ho visto e sentito. Mi sforzo di riferirlo con la maggior precisione possibile.» confessava Cocteau. Ma aggiungeva provocatoriamente: «Al più vero del vero (che è proprio del nostro genere di favole), contrappongono il più falso del falso.» Come a sottolineare proprio le capacità fantastiche del cinema quando riesce a usare, in tutte le possibilità “realistiche”, la macchina da presa. Insomma il “realismo irreale”. Se questo è uno dei caratteri della poesia, non c’è da stupirsi che il poeta Cocteau si sia occupato attivamente di cinema per molti anni, sino alla morte. Un interesse che lo portò a studiare dall’interno la tecnica del cinema e a usarla con grande libertà e fantasia. Le nuove tecnologie, i nuovi affascinanti effetti speciali, potrebbero tornare a essere veicoli di poesia: se solo si spogliassero della loro più esterne e superficiali fantasticherie. Perché, come dice Cocteau: «La forza di un film è il suo verismo. Voglio dire che le cose non sono raccontate, ma mostrate. Esse esistono dunque sotto forma di fatti, anche se questi fatti appartengono al dominio dell’irreale, di ciò che il pubblico non è abituato a vedere.» Jean Cocteau, regista poeta
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