Gusto appunto

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Gusto APpunto TOUR ENOGASTRONOMICO Ciriacese, Valli di Lanzo, Val Susa, Torino e non solo


prefazione 4 Piemonte capitale del gusto Torino patria di idee gourmand

BamBam

ristorazione - gourmet 6 Primi piatti piemontesi, il gusto della tradizione 10 Sapore e leggerezza blu

l’agri a km 0 40 Mangiare a Km 0

il re dolce 51 Dolci e delizie dei maestri artigiani

RISTOSAURO IL PRIMO RISTORANTE PIZZERIA PREISTORICO

NI I GIOIZRIO BAR I T T O TU ZO SERV APERRTE 16.30 CONANCHE A PRAN

O DALLE ICA APERTO N DOME

interviste 23 La cucina di testa e di cuore di Federico Francesco Ferrero

l’elisir della vita 56 Grappoli di piacere 60 Birra, la bionda che fa impazzire il mondo

PERIODO

GONFIAESTIVO PER I PBILE PICCOL IÙ I!!!

E LE SEBARMBINI E T T U R T E PE

pasta e pizza passion 27 Tutti dicono i love pizza 30 L’arte sottile del grissino

piccoli gusti 70 La sana alimentazione dei bambini

AZION

ANIM

eccellenza il formaggio 36 Dall’eccellenza delle valli ai primati mondiali

CERETTA DI SAN MAURIZIO CANAVESE (TO) VIA TORINO, 102 - TEL. 011.9913550

degustibus 73 Anche il gusto vuole la sua parte 77 Mondo vegano - 81 Vivere in salute

GUSTO APPUNTO - DIRETTORE RESPONSABILE: Loredana Tursi EDITORE E PUBBLICITà: Editori Il Risveglio srl, via Andrea D’Oria, 14/4 Ciriè (TO) - tel: 011.584.00.23 - fax: 011.58.30.207 e-mail: direzione.service@ilrisveglio.to.it - direzione.commerciale@ilrisveglio.to.it - www.food-in.it TIPOGRAFIA: La Terra Promessa - Società Coop Sociale - ONLUS - Via Enrico Fermi, 24/26 - 28100, Novara Tel e Fax: 0321 629291


prefazione

Piemonte capitale del gusto Torino patria di idee gourmand

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L’alta cucina non ha nulla a che fare con il cibo. Il cibo nutre, sfama, traghetta verso il domani. La cucina diverte, solletica, racconta un’idea: come l’arte, la musica, la poesia. La gastronomia moderna nasce a Torino, perché a Torino c’era la corte, una corte laica, che non aveva paura di eccedere nel piacere. E soprattutto le due madame reali, di educazione francese, cementarono anche gastronomicamente, il debito culturale del Piemonte nei confronti della Francia. Con lo spegnersi dell’Ancien Regime, nacquero proprio a Torino i primi ristoranti borghesi, tra cui il Cambio di piazza Carignano, che sarà poi il rifugio di Cavour, che vi si rimpinzava tra una seduta e l’altra del primo Parlamento. A metà dell’Ottocento Giovanni Vialardi scrive in italiano il primo trattato di cucina moderna: il Piemonte diventa ufficialmente una capitale del gusto. Seguono molti anni e a Bra, una cittadina del cuneese, nasce Slow Food, che cambierà per sempre la maniera di intendere il valore del cibo nel mondo. E poi a Torino nascono la cioccolata in tazza, il tramezzino, l’aperitivo e, recentemente, Eataly, che da qui ha spiccato il volo verso il mondo, diventando una delle esperienze imprenditoriali di maggior successo di questi primi anni del secolo. Sono quindi orgoglioso di aver riportato a Torino il titolo di MasterChef, con un’idea di cucina moderna, al passo con i tempi, rispettosa della salute e orgogliosa delle tradizioni. Ma la cucina non ha bisogno solo di corti e di inventiva. La cucina ha bisogno innanzitutto di ingredienti e sia l’orografia straordinaria del Piemonte, ricco di valli, laghi, fiumi, colline e pianure, sia la sua storia complessa e densa di contaminazioni, hanno regalato a questa regione un paniere di materie prime gastronomiche che, in un territorio delle medesime dimensioni, ha pochi eguali nel mondo. Mi auguro che questa pubblicazione possa contribuire a stimolare la voglia di conoscere più a fondo la cultura gastronomica del Piemonte, a tutelare la produzione e la trasformazione artigianale delle numerosissime materie prime e a pungolare la politica a porsi il dubbio che per un futuro di salute fisica e di prosperità economica, questa regione debba avere il coraggio di affidarsi completamente al cibo.

Federico Francesco Ferrero

bignè e pasticcini ogni weekend, perchè sono giornate diverse brunch e colazioni dal mondo il sabato e la domenica, fino alle due e mezza bomboloni caldi o frittelle di mele il sabato per merenda, alternativamente gnocco fritto modenese il primo sabato del mese, con formaggi e salumi zuppa inglese il primo sabato del mese, secondo la ricetta della nonna

centro commerciale “le borgate” via torino 168 - 10070 san francesco al campo 0119278918 - picnicdatabata@libero.it Pic nic da tabata


ristorazione - gourmet

Primi piatti piemontesi, il gusto della tradizione

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La tradizione culinaria piemontese dà il meglio di sé quando si parla di primi piatti. Il suo pregio più grande? La varietà! Tra le specialità del Piemonte troviamo una pasta lunga all’uovo come i “tajarin” e una pasta ripiena veramente unica come gli agnolotti; ma troviamo anche il risotto, anzi, tanti tipi di risotto, dalla panissa vercellese a un classico dei classici come il risotto al vino rosso. Senza dimenticare le zuppe, primo piatto campagnolo un tempo considerato “povero” e oggi tornato in auge come specialità gourmand.

a cura di: Valeria Federighi

Agnolotti, un vanto locale Se c’è una cosa che i piemontesi proprio non sopportano è sentire i forestieri chiamarli “ravioli”: con gli agnolotti non si scherza, tanto meno con il loro nome! Leggenda vuole che il particolare appellativo derivi dal cuoco monferrino Angiolino, soprannominato Angelot, che per primo ne formalizzò la ricetta; altri sostengono che il termine “agnolotti” derivi dallo stampino rotondo di ferro con il quale originariamente si ritagliava la pasta, detto “anulòt” (oggi, invece, l’agnolotto si trova in forma quadrata). Il ripieno degli agnolotti, che differenzia questo piatto da altre specialità di pasta ripiena, è formato da carne di vitello e di maiale arrosto. Nella gustosa farcitura troviamo anche prosciutto, uova, grissini sbriciolati o parmigiano, un pizzico di noce moscata e in alcune varianti anche la verza o altre verdure cotte. Il condimento cambia a seconda del gusto: burro e salvia, ragù, sugo d’arrosto. Variante tipica di questo piatto sono gli agnolotti del plin, di dimensioni più piccole e così chiamati per via del pizzicotto – il “plin” appunto – che veniva dato per chiudere la farcitura all’interno della pasta.

Sapori delle valli: la Minestra di Castagne Se doveste capitare in un ristorante delle Valli di Lanzo nel periodo giusto, la trovereste sicuramente in bella vista sul menù: la minestra di castagne è un primo piatto poco noto ma assolutamente delizioso, molto diffuso tra queste valli a pochi chilometri da Torino, ma anche nell’Alto Canavese e nel Biellese - oltre che nella vicina Valle D’Aosta. Gli ingredienti principali di questa minestra squisitamente autunnale sono le castagne secche, insieme a latte, burro, riso e un pizzico di sale. Tradizione vuole che, anticamente, si facessero essiccare le castagne sulle “lobie” (balconi in legno), sui loggiati o sulla

“grà”, una particolare griglia di ferro usata come essiccatoio, che è possibile trovare ancora in qualche vecchia casa di montagna. Essiccate e liberate di bucce e pellicine, dopo aver bollito per circa un’ora le castagne vengono schiacciate grossolanamente e unite al latte. Il composto va portato ad ebollizione: a questo punto si aggiunge il riso e ancora un po’ di latte qualora la minestra risultasse troppo densa.

Risotti per tutti i gusti Tra le eccellenze della cucina piemontese non si può non menzionare il risotto. Un primo piatto versatile, che in Piemonte viene declinato in tante ricette diverse ma ugualmente gustose. Per i

Antica Trattoria Castel Nuovo pizzeria Pranzi e cene di lavoro - Rinfreschi Battesimi - Comunioni Cresime - Matrimoni

foto: Andrea Marchisio

SAN GIORIO di SUSA - Via W. Fontan, 21 Tel. e Fax 0122 48555 - 347 457 63 88 è sempre gradita la prenotazione - Chiuso il lunedì


ristorazione - gourmet

Oltre il risotto: la Panissa

più golosi il top è il risotto ai formaggi: il nostro territorio, ricco di prodotti caseari tipici, offre agli amanti del formaggio tantissime varianti. Una su tutte? Il risotto toma e rosmarino, che coniuga il gusto pieno e ricco del formaggio bovino a quello lieve e speziato della pianta aromatica.

Originaria della zona di Vercelli, ma diffusa in tutto il Piemonte e in Lombardia, la panissa - “paniscia” in novarese - è un sostanzioso primo piatto a base di riso che mescola ingredienti inusuali per un risotto: fagioli, lardo, salamino e cotica di maiale. La ricetta originale della panissa è molto rigorosa sulla provenienza degli ingredienti: i fagioli devono essere quelli teneri di Saluggia, e non deve mancare il “salamino della

Tajarin Alla Langarola 8

INGREDIENTI 500 gr. di farina setacciata 2 uova intere e 4 tuorli 1 cucchiaino di olio 250 gr. di fegatini di pollo 600 gr. di pomodori maturi (oppure salsa di pomodoro) 1 cipolla 50 gr di burro brodo di carne sale e pepe q.b. Disponete la farina a fontana e rompete al centro le uova insieme al cucchiaino di olio. Impastate fino a ottenere un composto liscio, che farete riposare in frigo per almeno mezz’ora. Nel frattempo, preparate il ragù langarolo: pulite e tagliate i fegatini a pezzetti, fate lo stesso con i pomodori. In una padella capiente fate soffriggere la cipolla con il burro, aggiungete i fegatini a pezzi e rosolateli bene. Aggiungete poi il brodo e i pomodori pelati (o la salsa di pomodoro). Salate, pepate e lasciate cuocere una mezz’oretta a fiamma dolce. Stendete la pasta dei tajarin in una sfoglia sottile, arrotolatela su se stessa e ricavate i tajarin stando attenti a rispettare uno spessore di circa 2 mm. Cuocete i tajarin in acqua salata per circa 3-4 minuti e serviteli caldi accompagnati dal loro ragù langarolo.

duja”, particolare salame piccante conservato in un orcio di terracotta nello strutto, a cui deve la sua consistenza morbida. Definire la panissa “primo piatto”, a conti fatti, è quasi riduttivo: ricco e saporito, questo piatto veniva consumato già nel ‘700 come pasto unico, capace nonostante la sua natura “povera” di saziare e nutrire tutta la famiglia nei periodi di magra.

i Tajarin delizia langarola Se hai voglia di pasta fresca all’uovo in Piemonte, la risposta è una sola: un piatto di tajarin! Più sottili delle tagliatelle ma più spessi dei finissimi capellini, i tajarin sono un tipo di pasta lunga

che dalle Langhe e dal Monferrato, dove si mangiavano già nel XV secolo, si sono poi diffusi in tutta la regione. Si tratta di un primo piatto semplice da preparare, che si presta a tanti condimenti. Il sugo che accompagna i tajarin varia e prende il nome dalla zona in cui è tradizionalmente più diffuso. Così i tajarin alla Langarola – dalla zona delle Langhe – sono conditi con un ragù di frattaglie; i tajarin albesi – diffusi ad Alba e dintorni – esaltano il sapore della pasta all’uovo con un semplice condimento a base di burro fuso e parmigiano, talvolta con l’aggiunta di qualche scaglia di tartufo bianco, altro prodotto tipico della zona; tra settembre e ottobre, periodo di funghi, i tajarin ai porcini sono una delizia autunnale da gustare in compagnia.

SPECIALITà PESCE E NON SOLO... Il Ristorante Elisir è un luogo dove poter scoprire il mare e tutti i suoi abitanti... ma non solo! Potrete assaporare il buon pesce in ogni sua forma ma anche dell’ottima carne e la cucina tradizionale. L’Elisir è un ristorante dove la cucina del nord e del sud Italia si fondono insieme, con piatti tipici piemontesi e pugliesi, esaltati dall’uso di prodotti genuini e di qualità. Per gli amanti del classico, non perdetevi le nostre pizze! Al Ristorante Elisir ogni piatto è cucinato con amore e passione. Pesce, carne, pasta, pizza, specialità, dolci e tanto altro ancora... tutto preparato al momento per soddisfare i vostri palati! Non mancheranno i menù speciali... nelle occasioni speciali! Si organizzano tutti i tipi di feste!! con menù, apericena, o quant’altro location per matrimoni

Via 1° Maggio 49/B - Vaie (Torino) - tel. 011.964.0184 - cell. 347.5427852 Gradita la prenotazione - mercoledì sera e sabato mattina CHIUSO


ristorazione - gourmet

a cura di: Alessandra Bedin

Sapore e leggerezza “blu”

LE PROPRIETà NUTRIZIONALI I prodotti della pesca, come la carne e le uova, fanno parte del gruppo di alimenti che fornisce proteine ad elevato valore biologico. Ne contengono infatti circa il 15-20%. Le proteine delle carni ittiche risultano più digeribili per la minore quantità di tessuto connettivo rispetto alle carni di mammiferi. I sali minerali presenti nei prodotti della pesca sono il calcio, il fosforo e lo iodio. Troviamo, inoltre, buone quantità di vitamina A, vitamine del gruppo B e vitamina D. La percentuale di grassi varia tra le diverse specie dallo 0,5% al 27%. In particolare

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PESCE, nutrimento per la mente Mangiare pesce fa “allargare” dal 4 al 14% le aree cerebrali connesse alla memoria e alla cognitività grazie all’effetto positivo dei preziosi omega-3, i maggiori responsabili dei benefici del pesce sul sistema nervoso. La ricerca scientifica continua dunque a sostenere la tesi che si dovrebbe mangiare pesce almeno una volta alla settimana: È il minimo, una “dose” che può essere utile, per avvicinare al pesce chi non è abituato a mangiarlo. Meglio sarebbe portarlo in tavola almeno due o tre volte alla settimana, l’ideale è consumarlo quattro volte. Essenziale però è come si cucina, infatti cotto al forno o alla griglia è di gran lunga migliore, la frittura

va bene raramente poiché il tipo di cottura abbassa di troppo i benefici che ne derivano. Invece non esistono in assoluto, pesci “migliori” di altri: di fatto si può spaziare fra le diverse varietà includendo nella dieta anche i frutti di mare, anche se meno ricchi di omega-3, o seppie, calamari e polpi, più lunghi da digerire per la qualità delle loro proteine ma ugualmente validi.

sono presenti fosfolipidi e grassi insaturi ad alta concentrazione di omega 3, importanti per i loro effetti benefici sul cuore. In base al contenuto di grassi, che può variare in funzione dell’età e del ciclo biologico i prodotti della pesca si suddividono in: Grassi (8%) anguille, aringhe, sgombri, salmoni, tonni. Semimagri (3-8%) triglie, sardine, coregoni, cefali, carpe, storioni, pesce spada, orate. Magri (Acciughe, aragoste, calamari, cozze, gamberi, merluzzi, naselli, polpi, seppie, sogliole, spigole, vongole.

Trota alla Piemontese INGREDIENTI per 4 persone 1 trota di circa 800 g, olio extra vergine d’oliva, 50 g di uvetta sultanina, 1 costa di sedano, 1 cipolla, salvia, aglio, rosmarino, 1 limone, farina bianca, 1 buon aceto aromatico, 2 bicchieri di brodo e sale. Lavare l’uvetta e metterla ad ammorbidire per 15 min in acqua tiepida. Pulire e lavare le verdure poi tritare il sedano, le foglie di salvia e di rosmarino, uno spicchio d’aglio e la cipolla: versare il ricavato in una pesciera, unire l’olio e far rosolare. Sistemare, poi, nel recipiente il pesce, spruzzarlo d’aceto e grattugiarvi sopra la scorza di limone. Aggiungere anche l’uvetta ben strizzata dall’acqua ed il brodo. Salare e coprire. Quando la trota sarà cotta, toglierla delicatamente dalla pesciera e disporla su un piatto di portata dopo aver tolto la pelle che la ricopre. Filtrare il liquido di cottura. Unire una cucchiaiata scarsa di farina bianca; mescolando fare addensare, su fiamma bassa, il brodo fino ad ottenere una saletta che poi verrà versata sulla trota. Buon appetito!

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La Locanda offre un ambiente accogliente e discreto, distinto da squisita cortesia dove è possibile gustare variegati menù del giorno e un ampio menù cucinato personalmente dallo Chef Domenico, titolare del ristorante. La Caffetteria offre un’ampia offerta di degustazioni unendo tradizione e modernità. Aperta fin dal mattino con dolci, brioches e pasticceria della casa, nonché caffè di ottima qualità.

è obbligatoria la prenotazione allo 011.9251563 Front - via S.Maura 38 Tel. 011.9251563 - 3297834272 antichisaporid.wix.com/antichi-sapori antichisaporid@libero.it


TORTE - SEMIFREDDI

di CASALE EDA & ERIKA

Kerido sceglie la qualità: usiamo solo ingredienti di prima scelta e naturali. Kerido nasce nel 1997 dall’esperienza delle sorelle Erika e Eda, fare gelati è la nostra passione. Siamo sempre alla ricerca di novità come il gelato da spalmare sul cono, gusti nocciola, cacao, caramello e cioccolato extrafondente. Da noi potete trovare il gelato alla soja o sorbetto senza latte e ghiaccioli artigianali. forniture per ristoranti, comunità e catering

Via Monte Soglio, 4 - Ciriè (To) Tel. 0119210171 - erika.ariete@gmail.com orario continuato - chiuso il lunedì

La Trattoria della Società Operaia di Ceretta, gestita da due giovani soci, Matteo e Mattia, è un ambiente gioviale e tradizionale allo stesso tempo. La cordialità e l’accoglienza sono il comun denominatore di ogni giornata, affinché i clienti possano sentirsi sempre a loro agio presso il ristorante ed il bar completamente ristrutturati e rinnovati. Il ristorante propone un menù all’insegna della tradizione, con materie prime provenienti dal Canavese e dalle Valli di Lanzo. Vengono proposte ricette tradizionali, per fare provare al cliente le sensazioni vere della cucina casalinga. A pranzo la cucina è semplice e veloce, con un servizio rapido ed un menù ampio a prezzi ridotti mentre la sera la carta è più ricercata e raffinata per soddisfare anche i palati più esigenti. Il venerdì sera è dedicato al pesce mentre in occasione delle feste vengono proposti pranzi o cene particolari, nel rispetto della tradizione come in occasione delle giornate dedicate alla bagna caoda o al fritto misto, oppure si può gustare qualche sorprendente viaggio attraverso la cultura culinaria europea come nelle occasioni dedicate alla paella.

Via G. Cubito, 11 - Ceretta di San Maurizio Canavese (TO) Tel. 0119278439 - coopceretta@hotmail.it Orari di apertura: Domenica e Lunedi: 8.00 - 17.00 Martedi - Sabato: 8.00 - 23.30 www.societacooperativadiceretta.it - v


Il Ristorante & Catering Piemonte organizza Pranzi - Cene - Buffet sia come Ristorante sia come Servizio Catering

Area attrezzata per bambini - Ampio dehor esterno Cerimonie - Battesimi - Matrimoni - Ricevimenti

per le Vostre Feste di: Battesimi Prime Comunioni Cresime Compleanni Laurea Cene di Lavoro Coffee Break aziendali Prezzi a partire da € 25,00 Prezzi Pranzi di nozze: in Ristorante a partire da € 40,00 Come servizio catering a partire da € 55,00 Ampio salone per organizzare meeting e cene di lavoro

Tutti i sabati e le Domeniche Menù turistico a partire da € 18,00 Ottima cucina e servizio curato e veloce. Si possono scegliere piatti di carne o pesce, sempre freschissimo. Le materie prime utilizzate sono di eccellente qualità. I titolari, Teresa Arabia coadiuvata dal figlio Tonino, vantano 40 anni di esperienza nel settore della ristorazione e offrono alla clientela un ottimo rapporto qualità/prezzo. L’ampia gamma di pizze saprà esaudire anche i desideri della clientela più esigente.

BALANGERO - Via Banna, 33 tel.0123.347089 - cell 392.0827892 Orario: 9.00/24.00 - Chiuso il mercoledì sera

Via Umberto I, 23 - Lanzo Torinese (TO) Tel. 0123.29492 - 0123.29461 - Fax 0123-29072 www.hotelristorantepiemonte.it info@ hotelristorantepiemonte.it


Il gatto e la volpe

Bar - ristorante - pizzeria

La Madonnina

IL GATTO E LA VOLPE SHOW COOKING

Entrate in un luogo in cui l’amore per la buona tavola e la fantasia si accordano perfettamente. Al ristorante Il Gatto e la Volpe Show Cooking verrete accolti negli eleganti salottini, ognuno dedicato a un tema diverso: dall’angolo dei motori, a quello della musica, dal surf al vecchio Novecento. Oltre all’atmosfera particolare preparatevi a gustare una cucina capace di esaltare materie prime di assoluta qualità rivisitate con estro dallo chef Franco Garzulano e dal suo esperto staff. D’estate Il Gatto e la Volpe Show Cooking è il luogo perfetto per le vostre serate grazie al dehor con vista lago. Per i bambini è stato realizzato un’area giochi, in cui possono divertirsi in tutta sicurezza. Periodicamente il locale, specializzato anche in servizio catering per cerimonia, organizza delle serate a tema: l’occasione per assaggiare specialità della cucina regionale e internazionale.

Via Lanzo 1 - 10070 Fiano (TO) Tel: 011 9241727 www.showcookingtorino.it info@ristorantegattolavolpe.it

Il Ristorante Pizzeria “la Madonnina” è un locale a gestione familiare da più di 20 anni. La nostra cucina tipica è quella mediterranea, composta da piatti tipici siciliani. Si preparano sfiziosi piatti di pesce, come le linguine in crosta ai frutti di mare, il risotto con asparagi e gamberetti, i gamberoni alla siciliana ecc... e per i non amanti del pesce si possono degustare le mezze maniche con provola e melanzane, gli gnocchetti sardi con funghi e salsiccia o le panelle siciliane. Abbiamo anche una vasta gamma di pizze a scelta, cotte nel forno a legna, da assaggiare per conoscerne la qualità ed il sapore. Gli spazi del locale sono molto ampi ed accoglienti, adibiti ad ogni tipo di cerimonie.

Locale all’interno climatizzato All’esterno si trova un parcheggio riservato ai clienti del locale.

Per gli amanti dello sport c’è anche un campo da calcetto Via Bruna 119 - San Francesco al Campo (To) Tel: 011.9276227 www.ristorantepizzerialamadonnina.it info@ristorantepizzerialamadonnina.it


Un ambiente spazioso e raffinato ideale per pranzi, coffe break, colazioni di lavoro, rinfreschi, galà e cerimonie.

Il Ristorante il Rubino è a tutti gli effetti un “Prestige Business Restaurant”, luogo d’incontro ideale alle moderne esigenze della nostra clientela, caratterizzato da un’atmosfera riservata ed elegante.. La cucina del Ristorante il Rubino è un sapiente incontro di modernità e tradizione, di piatti del territorio e creazioni personali dello Chef, con un occhio di riguardo alla qualità delle materie prime, alla stagionalità, alla cura del piatto e all’originalità delle ricette. I sapori, gli aromi ed i cibi di primissima qualità, vengono sapientemente armonizzati e trasformati dagli chef in prelibati piatti dai gusti tradizionali, con quella raffinata creatività che contraddistingue l’alta ristorazione. Ad accompagnare il tutto, una cantina d’eccezione dove poter scegliere tra oltre 200 etichette selezionate accuratamente fra le migliori proposte nazionali.

Il Rubino ristorante VIA LANZO 163/165 - 10071 BORGARO TORINO Tel. 011 4500055 - Fax. 011 4701783 www.ristoranteilrubino.it Orario: 12:30 - 14 e 19:30 - 22:00 Chiuso la Domenica


a cura di: Filippo Vernetti

intervista

La cucina di testa e di cuore di Federico Francesco Ferrero

Ha messo d’accordo scienza e cucina. Federico Francesco Ferrero, medico nutrizionista, vincitore dell’edizione 2014 di Masterchef, ha dimostrato, a colpi di piatti coinvolgenti per il palato e per la mente, che alimentazione e cultura formano un binomio perfetto. Una risorsa da sfruttare soprattutto in un Piemonte in crisi d’identità.

Tre aggettivi per definire la cucina piemontese? “Aristocratica, povera, divertente. Aristocratica perché fortemente determinata dalla presenza della nobiltà sabauda. Povera perché alcune preparazioni affondano le radici in un Medioevo fatto di fame e di miseria, che si è protratto, in molte valli, fino al secondo dopoguerra. Divertente perché la cucina, che è altro dalla preparazione del cibo quotidiano, veniva realizzata eccezionalmente per distrarre i ricchi dalla noia e i poveri dalla fame, e quest’anima giocosa è ben presente sia negli interminabili antipasti che nei nomi delle preparazioni”. Quali prodotti tipici piemontesi ancora poco noti, suggerirebbe di assaggiare? “Intanto la cipolla bionda di Fontaneto d’Agogna, vicino a Novara, campionessa di dolcezza e ancora prodotta in maniera molto naturale. Poi le orle, spinaci selvatici degli alti pascoli del cuneese. Sempre nel

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intervista

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cuneese il formaggio Raschera d’alpeggio, che va rilanciato riportandolo al proprio gusto tradizionale, e alla produzione nelle zone di pascolo montano. Il genepy di Palent, raccolto e preparato completamente a mano in alta Valle Maira. Il pane meraviglioso della Valsesia: lievitato naturalmente e cotto nel forno a legna. Il liquore di ciliegie Ratafià. Il grano saraceno, le castagne bianche e i funghi, che hanno profumi che ho trovato raramente in altre zone d’Italia. I torcetti, inventati da un mio collega a metà del Seicento, grissini chiusi ad anello ideati per divertire i bambini e vincere l’inappetenza del Re: andrebbero riscoperti nella ricetta tradizionale e realizzati solo con materie prime di alta qualità, e sbaraglierebbero i biscotti danesi; con lo zabaglione caldo poi sono un piatto da imperatori”. Il suo piatto del cuore? “La finanziera. Adoro questo piatto antico, fatto con rigaglie e interiora, che racconta una storia di miseria ma anche l’inventiva delle giovani contadine che sapevano corrompere con i sorrisi e la cucina, gli ufficiali di stanza alla cinta daziaria della città. E’ un piatto complesso e, se eseguito con grazia, di respiro internazionale”. Il sapore della felicità? “Per me è leccare le labbra dopo una giornata in riva al mare e trovare, oltre al salino, il sapore delle piante aromatiche trasportato dal ven-

to. E ancora un bicchiere di un grande vino invecchiato, prodotto senza chimica ma con grande sapienza in vigna. O il profumo di un limone maturo, che non ha neppure bisogno di essere masticato. Per essere gustato”. Piemonte e gusto, una scommessa vinta o c’è ancora da lavorare? “Credo che si sia lavorato molto ma senza una regia corretta o una vera ambizione internazionale. La politica non crede davvero che il Piemonte possa vivere di enogastronomia, mentre questa sarebbe una scommessa alla portata della regione: cibo e vino come motori di cultura, formazione, arte, turismo, artigianato, micro-imprenditoria. C’è tanto da fare, copiando la capacità dimostrata da Alba, che ha saputo creare, attorno al vino e al tartufo, una ricchezza immensa in una zona che solo cinquant’anni fa era spopolata. A questa ricetta perfetta basterebbe aggiungere un pizzico di cultura e di tutela del paesaggio, delle tradizioni, dei saperi e dei sapori, per trasformare il Piemonte nella Capitale della gastronomia mondiale. Cercherò nei prossimi mesi di dare il mio contributo in questo senso”. Ci sono delle zone della nostra regione poco conosciute ma eno-gastronomicamente allettanti? “Il turista ama il cliché, ma il viaggiatore sa stupirsi delle piccole cose. Il Piemonte è una regione agricola. La biodiversità straordinaria della produzione ortofrutticola, così come le erbe spontanee, i vini, l’allevamento, possono riservare ovunque grandi sorprese. Ma dobbiamo conservare la diversità invece

di omologare. Ogni anno scompaiono in Piemonte una varietà di mele, un fiore montano, un seme”. Da medico nutrizionista la sua ricetta per vivere in salute? “Non è difficile: mangiare meno, mangiare meglio. Riservare il 60% della dieta alle verdure, di campo e prodotte fisiologicamente e senza pesticidi, con semi antichi, acqua, sole e pazienza. E fare movimento, almeno mezzora al giorno”. In cucina dà molta importanza al brodo. Perché? “Perché il grasso è da sempre considerato, a torto, catalizzatore di sapori, mentre è l’acqua che sa portare in soluzione tutte le molecole che costituiscono l’aroma. Pensi al burro: è buonissimo, ma nel vino ci sono cento aromi in più”. Dopo l’uscita di “Missione leggerezza”, metterà mano ad altri libri? “Ho in mente una nuova pubblicazione, ma soprattutto mi sto dedicando alla mia collaborazione con La Stampa. Scrivere sul giornale era un mio desiderio fin da piccolo. So che i giornali

non sono più molto letti, ma restano l’ultima occasione di approfondimento, mentre la cultura del web ci sta abituando a barattare i pensieri con degli slogan”. Quali sono i suoi prossimi progetti? “Mi dedicherò sempre di più ai miei pazienti, nella mia attività di medico nutrizionista. Ho dimostrato che si può mangiare benissimo pure mangiando sano e questo ha infuso nei miei pazienti un’ulteriore fiducia, soprattutto nei ragazzi e negli adolescenti. Mi sto occupando anche di nutrizione sportiva per chi pratica la corsa. Non smetterò inoltre di girare l’Italia per raccontare le mie storie sul cibo, raccolte in una vita passata alla ricerca dei sapori. E spero di dare il mio contributo per un rilancio dell’enogastronomia piemontese che abbia ambizioni mondiali”. Il dott. Federico Francesco Ferrero Medico Nutrizionista riceve a Torino in C.so Massimo 53 Tel. 011 630 83 09

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Disponibile anche pizza senza glutine e con farina integrale sia al mattone che al tegamino!

a cura di: Valeria Federighi

pasta e pizza passion

Tutti dicono i love pizza da Napoli al mondo

La Pizzeria La Smorfia nasce a Venaria Reale nel 1999. Nel 2001 abbiamo avuto l’idea di dare la possibilità agli intolleranti e allergici al glutine di poter gustare anch’essi la nostra pizza. Così abbiamo creato un impasto caratterizzato dall’utilizzo di più farine che con il tempo ci avrebbe reso noti nel settore. Ora siamo anche a Ciriè, con la prerogativa di prestare sempre un ottimo servizio con un’aria cordiale e amichevole che, con i nostri prodotti per celiaci e non, ci ha sempre contraddistinto. Qualora vi stuzzicasse l’idea di passare a trovarci, saremo lieti di offrirvi una bella serata a Ciriè in via Robassomero 70.

Pizzeria La Smorfia

Ciriè - via Robassomero 70 - Tel. 011.9205044 facebook.it/LaSmorfiaCiriè - www.pizzerialasmorfia.it/cirie

Gustosa, semplice, amata da grandi e piccini e simbolo della cucina italiana in tutto il mondo: la pizza è uno di quei piatti a cui proprio nessuno riesce a dire di no! Lo stesso discorso si può fare anche per la sua variante “bianca”, la focaccia: da sempre pizze e focacce sfamano e deliziano gli italiani come spuntino di metà mattina, merenda pomeridiana, pranzo o cena. Un successo frutto della semplicità degli ingredienti: farina, acqua, olio e lievito sono tutto ciò che serve per creare l’impasto di quello che è uno degli alimenti più popolari del mondo. E per quanto riguarda condimenti e farciture la regola è una sola: scegliere la combinazione preferita, perché con pizze e focacce è impossibile sbagliare!

Diretta derivata della focaccia, la pizza ha una storia lunga e avvincente. Tradizione vuole che sia nata per merito di un ingegnoso cuoco napoletano e di una regina: per omaggiare Margherita di Savoia, Regina d’Italia, nel 1889 il cuoco Raffaele Esposito ebbe l’idea di condire una focaccia con pomodori, mozzarella e basilico, i colori della bandiera italiana. Il resto è storia: la pizza Margherita, esportata in lungo e in largo dai tantissimi emigranti italiani, ha conquistato il mondo. Il suo segreto è la semplicità, che la rende un piatto gustoso e veloce da preparare anche in casa, con qualche piccolo accorgimento per una buona riuscita. Farina, acqua, olio, sale e lievito di birra formano l’impasto di base, che deve necessariamente

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pasta e pizza passion riposare e “crescere” per un’ora e più, mentre noi in tutta tranquillità scegliamo e prepariamo gli ingredienti con cui condirla. Una volta pronto, l’impasto va steso in teglie rotonde o quadrate, condito - ma ricordate di aggiungere la mozzarella a crudo o a metà cottura, onde evitare che diventi troppo acquosa - e messo nel forno già molto caldo. I classici forni a legna superano i 450 gradi: certo non potete pensare di portare il vostro forno di casa alla stessa temperatura, ma ricordate che la pizza ha bisogno del massimo calore possibile per cuocere al meglio!

E tu di che pizza sei? 28

Recentemente è uscito in libreria “La pizza per autodidatti”, ultima fatica dello scrittore (e pizzaiolo professionista) Cristiano Cavina. A metà tra manuale e romanzo semiserio, il libro è dedicato a tutti coloro che amano la pizza e vogliono impararne i segreti. In uno dei capitoli, Cavina azzarda un breve trattato di psicologia della pizza: cosa possiamo sapere di una persona dal tipo di pizza che ordina? Pare che la classica Margherita verace sia quella preferita dai laureati, mentre gli eterni Peter Pan non possono rinunciare alla pizza con i würstel. La Marinara - pomodoro, aglio e acciughe - è la preferita dalle personalità più zen e meditative, mentre indovinate un po’ cosa ordinano gli eterni indecisi? Una ricca 4 Stagioni, dove possono trovare un po’ di tutto! Personalità a parte, non è sbagliato dire che oggi esista una piz-

za proprio per tutti: in moltissime pizzerie i celiaci possono gustare in tutta sicurezza un’ottima pizza senza glutine, nella quale la farina di grano tenero è sostituita da farina di riso e amido di mais. Chi invece è intollerante al frumento, o vuole semplicemente sperimentare qualcosa di nuovo, può provare la pizza integrale, meglio se biologica: saporita e ricca di fibre! Di gran moda anche la pizza di Kamut, preparata con l’omonima farina ricca di vitamine e minerali.

La focaccia di Novi La focaccia in Piemonte è la focaccia novese, specialità dell’Alessandrino diffusa in particolare nella zona di Novi Ligure - da cui il nome - e Ovada. Vista la vicinanza con la Liguria, le similitudini con la focaccia genovese sono molte: la forma sottile e croccante, il sapore pungente del sale grosso con cui si cosparge la superficie, il condimento con olio extravergine di oliva. A differenza della sua “cugina” genovese, la focaccia novese contiene però anche una certa quantità di strutto e segue un ciclo di lavorazione artigianale leggermente differente, che rende questo prodotto unico e inimitabile. Compagna di colazioni e merende degli ales-

sandrini, la focaccia novese è da sempre parte delle tradizioni e delle abitudini del territorio, tanto da essere stata riconosciuta, nel 2002, Prodotto Agroalimentare Tradizionale del Piemonte. Ma questa focaccia è amata anche da turisti e visitatori che affollano le tante focaccerie del territorio e amano gustarla sorseggiando un bicchiere di vino bianco locale. Niente male per un prodotto che un tempo serviva ai fornai solo per “testare” la temperatura del forno prima di cuocervi il pane, non trovate?

TUTELATA DAL MARCHIO STG Dal 2010 la pizza napoletana è stata riconosciuta dall’Unione

Europea come Specialità Tradizionale Garantita, marchio che tutela le produzioni artigianali. Dal 2011 è inoltre candidata al riconoscimento Unesco per diventare patrimonio immateriale dell’Umanità. Le prime notizie della pizza partenopea risalgono al Settecento: Vincenzo Corrado, cuoco e filosofo, descrive le abitudini alimentari del popolo napoletano, abituato a consumare maccheroni e pizza condita con il pomodoro. Durante la recente visita di Papa Francesco nel capoluogo partenopeo il pizzaiolo Enzo Cacialli, è riuscito a consegnare al pontefice una pizza realizzata con le sue mani, durante il passaggio della “papa-mobile” sul lungomare.


pasta e pizza passion

a cura di: Loredana Tursi

al pane comune, sia per la possibilità di essere conservato anche per diverse settimane senza alcun deterioramento. Anche Napoleone Bonaparte fu tra i grandi estimatori del grissino torinese, tanto da istituire, all’inizio del XIX secolo, un servizio di corriera fra Torino e Parigi, dedicato al trasporto di quelli che lui chiamava les petits batons de Turin. I grissini stirati e rubatà sono le due notissime varianti tipiche di Torino, lavorate con tecniche diverse. La forma di grissino più antica e

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di grissino tradizionale e tutelata è il “grissino stirato”. D’invenzione più recente rispetto al robatà, si distingue da questi in quanto la pasta, invece che essere lavorata manualmente per arrotolamento e leggero schiacciamento, viene allungata tendendola dai lembi per la lunghezza delle braccia del panificatore, il che conferisce maggiore friabilità al prodotto finale. Soprattutto questo tipo di lavorazione permise la produzione meccanizzata già a partire dal XVIII secolo. Gli ingredienti base dei grissi-

L’arte sottile del grissino Il prodotto che i panificatori piemontesi hanno esportato in tutto il mondo e apprezzatissimo ad ogni età, è il grissino, leggero, friabile, digeribile. La sua creazione è leggenda. La sua nascita risale intorno al 1679, quando il fornaio di corte Antonio Brunero, sotto le indicazioni del medico di Lanzo Teobaldo Pecchio, inventò questo alimento per poter nutrire il futuro re Vittorio Amedeo II, di salute cagionevole e incapace di digerire la mollica del pane. Prendendo spunto dalla forma di pane allungata tradizionalmente lanzese, chiamata in piemontese ghëssa, stretta simile a un bastone, il fornaio creò il sottile e croccante ghersin (cioè una piccola ghëssa): in italiano “grissino”.

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Re Carlo Felice li amava così tanto che, in palco, al Teatro Regio, ne sgranocchiava per passatempo. Il successo dei grissini fu particolarmente rapido, sia per la maggiore digeribilità rispetto tradizionale è indubbiamente il robatà (pronuncia: rubatà) che in piemontese significa “caduto”, di lunghezza variabile dai 40 agli 80 cm, facilmente riconoscibile per la caratteristica nodosità, dovuta alla lavorazione a mano arrotolata. Il robatà di Chieri è incluso nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Sono allo stesso modo considerate zone di produzione classica del robatà, il Torinese, la zona di Andezeno e il Monregalese. L’unica altra forma

ni sono: farina di grano tenero, acqua, lievito e sale. Le varianti moderne sono infinite: iposodici, integrali, al sesamo, al rosmarino, cumino, tartufo ecc. Secondo alcuni panificatori (Panificatori delle Valli di Lanzo e delle Valli Chisone e Germanasca) nel prodotto tradizionale non dovrebbero essere presenti grassi di origine animale e/o vegetale, secondo altri (Panificatori di Torino), il grissino può contenere strutto oppure olio. Di certo però son tutti d’accordo sulla sua bontà.


Panificio Pasticceria

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Prodotti da forno sempre freschi e genuini

Da noi puoi trovare dolci a volontà:

baci di dama, scodellini con Nutella o crema di limone, scriccioli, brutti e buoni, paste di meliga e gallette, brioches, torcetti.

Vari tipi di pane:

kamut, valdostano con uvetta, noci e fichi, soia, segale, cereali, arabo, al latte, all’olio, casereccio, al sesamo, integrale, senza grassi, biologico, macinato a pietra,… Grissini rubatà di tanti gusti e grissini stirati, pizze, pizzette e salatini,…

Benne Di Corio Stradale Torino 117 Villanova Canavese Via Stura 37 Robassomero Via Kuliscioff 2 Cafasse Via Torino 60 Nole Canavese Via Garibaldi 34 Rocca Canavese Piazza Osella Corio Canavese Via Cavour San Maurizio Via Matteotti 8

Tel. 011.92.82.121 Tel. 011.92.97648 Tel. 011.923.62.65 Tel. 0123.41.253 Tel. 011.929.48.69 Tel. 011.92.40.521 Tel. 011.92.86.12 Tel. 011.927.80.78


Per la produzione viene utilizzato solamente il lievito madre

Pane e grissini in vari gusti prodotti con ingredienti biologici Ricordiamo che nei periodi festivi di ricorrenza, eseguiamo produzione artigianale di panettoni, pandori e colombe

DEMARTINI PANETTERIA Strada Valperga, 27/29 - SALASSA (TORINO) Tel.: 0124 75 65 - Fax: 0124 70 97 21 info@grissinoallacqua.it - www.grissinoallacqua.it

L’attività nasce nel 1999 a Forno Canavese, dopo nove anni di esperienza alle dipendenze di un maestro fornaio. “Col passare degli anni - spiega il signor Demartini - mi sono sempre dedicato con grande impegno alla produzione di pane, dolci e grissini scegliendo materie prime genuine e di qualità”; dedizione e passione che sono state ampiamente riconosciute negli anni, quindi: - la scelta della Provincia di Torino di inglobare la mia attività nel progetto di valorizzazione dei Prodotti Tipici della Provincia Torinese e della Regione Piemonte - l’inserimento del nome della Panetteria Demartini Mauro come produttore nel Paniere dei Prodotti Tipici delle XX Olimpiadi Invernali - Torino 2006. I riconoscimenti più importanti e piu’ graditi sono la consegna della Targa di Eccellenza Artigiana della Regione Piemonte ed il titolo di Maestro del Gusto (conseguito nell’anno 2006 - 2008 - 2010 - 2012 - 2014). La nostra azienda è in continua crescita: trasferendoci a Salassa abbiamo deciso di intraprendere una “Camminata in Montagna”, un percorso gastronomico attraverso il quale saremo lieti di farvi degustare tutta la gamma di nostra produzione.

Per la produzione viene utilizzato solamente il lievito madre Specialità: grissini all’acqua stirati a mano e... al rosmarino, alla cipolla, alle olive, al peperoncino al sesamo, alla pizzaiola, al mais, alla menta, al cioccolato, all’olio, al kamut®, Integrali. La nostra pasticceria: Paste di Meliga, Meringhe, Occhi di bue alla marmellata, Occhi di bue al cioccolato, Gocciole al cioccolato, Biscotti alle nocciole, Canestrelli al limone, Canestrelli al cioccolato, Baci di dama, Diamanti, Cuoricini, Cuoricini al cioccolato, Frollini marmellata, Frollini alla nocciola, Brutti e buoni, Brutti e buoni al cioccolato, Torcetto di Lanzo e del Canavese, Petit four, Cestini fantasia .


eccellenza il formaggio

a cura di: Ada Corneri

treccio di esperienza, manualità, ma anche tecnologia. Coniugando tradizione e innovazione e adeguandosi alle nuove esigenze del mercato, il settore caseario locale ha saputo mantenere alti livelli conservando la tipicità delle proprie lavorazioni. E con la riscoperta e la valorizzazione di antichi sapori si continuano a veicolare quei saperi che costituiscono l’identità culturale della zona.

Dall’eccellenza delle valli ai primati mondiali 36

Se è vero che Annibale nel III secolo a.C. varcò le Alpi non dal Moncenisio o dal piccolo San Bernardo, ma dal colle dell’Autaret, discendendo poi per gli attuali Viù e Usseglio e se è vero che si attardò in quella valle conquistato dalle tome con le quali sfamò l’intero esercito cartaginese, allora vuol dire che i formaggi delle Valli di Lanzo hanno veramente una storia antica e leggendaria. Storia ben documentata già nel 1477 nella Summa Lacticiniorum, opera di Pantalone de Confidenza, ricca di testimonianze e curiosità. Da lui apprendiamo ad esempio dell’esistenza di un formaggio un po’ piccante, forse la toma del lait brusc?, adatto ai poveri perché troppo forte per mangiarne molto e già saporito da non richiedere altre

spezie. Nutrimento e merce di scambio, i derivati del latte assumono una tale importanza per la vita della comunità che durante la carestia del 1593 agli abitanti delle valli di Lanzo il vescovo di Torino ne autorizza comunque il consumo anche in periodo quaresimale. Ma dopo tanti secoli, cosa è cambiato nel panorama dei latticini locali? Certamente una nuova consapevolezza da parte del consumatore ha aumentato l’attenzione sulla qualità che oggi risulta un sapiente in-

Le Valli di Lanzo, note come “culla dell’alpinismo” e “giardino di Torino”, comprendono la Val Grande, la Val d’Ala e la Val di Viù, cui si aggiungono le più laterali Valle Tesso, Valle del Malone, Val Ceronda e Casternone. Mete di villeggiatura per gli stupendi itinerari escursionistici e le molteplici opportunità di arricchimento artistico, si caratterizzano anche tutte per quella filiera lattiero-casearia che dall’alta montagna al fondovalle rappresenta con orgoglio, e nelle proprie specifiche varianti, un patrimonio di valore inestimabile. L’eccellenza casearia è per il Pie-

monte, si sa, una fondamentale risorsa economica. La produzione di formaggi di qualità è di conseguenza per le valli di Lanzo una concreta e riconosciuta ricchezza. Artigiani all’opera con grande senso di responsabilità propongono sulle nostre tavole specialità in grado di deliziare i palati più esigenti. Parliamo innanzitutto della Toma di Lanzo riconosciuta con marchio Dop, a pasta cruda spesso ancora prodotta con i caratteristici teli da stagionatura, della Toma del lait brusc ottenuta con un processo di acidificazione, tradizionalmente prodotta in alpeggio nel periodo estivo, dal sapore fresco e la pasta friabile, del Chevrin termine francoprovenzale che indica un tomino prodotto con una complessa lavorazione del latte di capra, da consumare fresco o con una stagionatura massima di 15 giorni, del Blu di Lanzo, dalla pasta paglierina e compatta, dal gusto intenso con erborinatura bluastra moderatamente diffusa, senza però trascurare il maggiorino, il crotin, le tome del Marghé, il castel Lanzo, le tomette di

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eccellenza il formaggio Ala, il pepito, le ricotte e tutte le altre prelibatezze del genere.

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Se mostre-mercato, fiere e sagre non mancano di proporre l’offerta più diversificata in termini di prodotti, molte sono le manifestazioni collaterali sorte negli anni. E così col taglio della toma si dà il via da un lato alle degustazioni guidate e ai menu tematici con percorsi gustosi che suggeriscono abbinamenti classici con polenta, riso e frittate o più arditi con zuppe e crostoni alla frutta, dall’altro a esposizioni, a gare di scultura su formaggio o addirittura a concorsi come quello di cheese design con il Cheese cake talent show di Usseglio. Basta dunque uno sguardo ai programmi dei singoli paesi per segnarsi in agenda gli appuntamenti pìù appetitosi e le occasioni più intriganti.

la toma di lanzo Ha una sua storia e una sua bibliografia, una ferrea regolamentazione e una fama indiscussa: è la Toma di Lanzo la regina delle Valli! Dall’occhiatura piccola e la crosta liscia, nel 2010 ha vinto a Saint-Vincent al concorso Formaggi d’autore la Grolla d’oro come miglior formaggio a pasta semidura. Solo l’origine del suo nome resta un mistero: il termine ha la sua radice nel greco parlato dai fondatori di Marsiglia, risalirebbe all’idea di “taglio” e sarebbe giunto a noi attraverso un’evoluzione del latino volgare o invece resta legato al vocabolo piemontese che traduce “caduta” alludendo alle precipitazioni provocate dal caglio o ancora fu la forma un po’ rigonfia a suggerirne anticamente la sua definizione?

Gnocchi di Toma alle Tome INGREDIENTI PER 4 PERSONE Fare bollire 1 kg di patate, sbucciarle e schiacciarle, aggiungere 300 gr di Toma di Lanzo grattugiata e due pugni di farina, lavorare con le mani unendo 2 uova. Ricavare dall’impasto ottenuto dei “grissini” da tagliare a tocchetti e passare velocemente sui rebbi di una forchetta. Versarli in una pentola di acqua salata portata ad ebollizione e tirarli su con una schiumarola appena verranno a galla. Condirli con una salsa realizzata con cubetti di tre diverse tome, quella di Lanzo, quella del lait brusc e quella erborinata blu precedentemente sciolti con un po’ di panna in una padella antiaderente.


l’agri a km 0

a cura di: Mariella Valente

Mangiare a Km 0 Pensa all’ambiente, quando fai la spesa

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Mangiare bene non costa caro. Vicinanza, alta qualità e stagionalità sono le regole base della spesa a filiera corta, il modo più ecologico per combattere il caro prezzi e abbattere le emissioni di Co2. Voler bene all’ambiente si traduce in scelte consapevoli quando si acquista o quando si decide di mangiare fuori, Per nutrire tutta la famiglia con gusto e genuinità.

Una terra di pregio, quella delle Valli di Lanzo, generosa di bellezze naturali, di cultura e di tradizioni. Un territorio che può ritenersi “ricco”, nell’agricoltura, nell’allevamento e dei suoi derivati, che coraggiosamente abbraccia le tematiche ambientali con agriturismi e fattorie didattiche, vendita diretta dai produttori, distributori di latte crudo e allevamenti contrari agli Ogm. Allora, perché cercare lontano quando tutto è a portata di mano? Bisogna abbandonare il pregiudizio che il cibo buono sia una cosa elitaria e che costi caro. Il segreto è tutto qui: ricercare la

qualità fuori dal sistema consumistico e riscoprire le buone pratiche in cucina. Occorre perciò uscire dai soliti canali distributivi e cercare quelli alternativi, il più possibile vicini a casa, e rispettare la stagionalità dei prodotti. Nulla di nuovo, si sa, è un ritornare alle origini come facevano i nostri nonni e adottare uno stile di vita consapevole, attraverso la scelta di azioni quotidiane più rispettose dell’ambiente. Uno stile che passa attraverso il consumo di cibi originati nel medesimo ambito territoriale nel quale vengono distribuiti per l’acquisto, garantendo un rapporto diretto tra consumatori e produttori, la valorizzazione delle eccellenze, delle ricette e tradizioni locali, un prezzo equo che diventa più trasparente per chi acquista, con un maggiore valore aggiunto per chi produce. Senza dimenticare gli effetti a lungo termine di questo stile, che si traduce in una riduzione dell’emissione di gas a effetto serra, responsabile dei cambiamenti climatici, riduzione dei consumi di energia, minor inquinamento. Perché “far bene la spesa” fa bene alla salute, all’economia e anche al portafoglio.

Vi consigliamo una fermata in agrimacelleria per acquistare il tradizionale Salame di Turgia, ottenuto con le carni di vacche con l’aggiunta di lardo suino, spezie, sale, aglio e, talvolta, vino locale. Era un alimento povero, oggi è una ghiottoneria da gustare cruda o cotta, fresca o stagionata. Infine recatevi in un panificio della Valle dove troverete i grissini stirati, i torcetti, le paste di meliga e l’antica Focaccia Visconti per concludere con dolcezza un pasto.

IN VAL DI SUSA In Valle di Susa si trovano prodotti coltivati secondo natura. Negli agriturismi, nelle fattorie e nei negozi alimentari acquistate le patate di montagna, ricche di sali minerali e vitamine. L’autunno, quando i raggi del sole accarezzano dolcemente la campagna, è la stagione giusta per fare incetta dei marroni. Il prodotto vanta il marchio Igp (Indicazione Geografica Protetta, ndr). Oggi vengono impiegati per produrre deliziosi marrons glacés. La zona è anche rinomata per i

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l’agri a km 0 funghi: una delle zone di raccolta più favorevoli è tra le pendici della Sacra di San Michele e a San Pietro Val Lemina. Mentre si cercano i preziosi frutti della terra si passeggia tra boschi di querce e castagni, incrociando lepri, scoiattoli, volpi. Il microclima favorisce la nascita dei boulè, i funghi in dialetto piemontese. I segreti per scovare gli esemplari più belli vengono tramandati di padre in figlio. Ogni boulajour, ha infatti la “sua” boulajere (luoghi dove i porcini abbondano). Per preservare il territorio vengono inoltre utilizzate delle particolari tecniche di raccolta: rovinando il sottobosco si impedirebbe infatti la crescita per il prossimo anno. E’ poi d’obbligo acquistare alme-

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no un barattolo di miele (sono particolarmente pregiati quelli di rododendro e di montagna, dal gusto deciso, utile per curare raffreddori e mal di gola). Nella borsa delle specialità locali non dimenticate di mettere la farina di mais, per cucinare la tradizionale polenta, piatto tipico della cucina locale.

Confettura di mele antiche con lo zenzero INGREDIENTI 2 kg. mele antiche di valle anche miste (pesatele sbucciate), 700 gr. zucchero di canna grezzo, due cucchiaini di zenzero fresco grattugiato. Lavare e sbucciare le mele, tagliarle a cubetti eliminando il torsolo e i semini. Metterle in una pentola con lo zucchero e lo zenzero e lasciare riposare un paio d’ore. Cuocete a fuoco basso per circa un’ora e mezza, girando di tanto in tanto. Invasatela bollente in barattoli puliti e sterilizzati. Chiudete immediatamente con i coperchi e capovolgete su un piano di legno. Potete riporla dopo il completo raffreddamento e consumarla dopo trenta giorni. Gustatela sul pane, nelle crostate o per accompagnare i formaggi, è deliziosa!



Inari Bioshop Inari Bioshop è un negozio speciale, amico della natura. Qui troverete tantissimi prodotti sfusi biologici, privi di imballaggi. Potrete acquistare solo la quantità che vi serve. Una scelta che aiuta l’ambiente ma anche il portafoglio, privilegiando comunque la qualità. Provatelo assaggiando le pregiatissime spezie del Magadascar, i tè e le tisane provenienti da tutto il mondo, le prelibatezze artigianali, i cosmetici bio per la cura per il corpo e tanti altri prodotti selezionati apposta per voi.

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Cascina Prato Pascolo fascino e architettura delle dimore di campagna. Incastonata nel cuore del Parco La Mandria, è un gioiello incantato in cui ambientare ricevimenti di nozze circondati da paesaggi unici, romantici e suggestivi con il mutare dei colori e dei profumi di ogni stagione. Una location, con una capienza di 120 posti interni e tra interno ed esterno con oltre 200 posti, perfetta in cui anche la cucina è protagonista, con piatti e ricette della tradizione locale, rivisitati con estro e maestria.


a cura di: Mariella Valente

il re dolce

Dolci e delizie dei maestri artigiani Terra di forte richiamo gastronomico, le Valli di Lanzo sono una riserva di golose specialitĂ per la maggior parte ancora sconosciute ai piĂš. Torcetti, paste di meliga, ofele e focaccia dei Visconti sono solo alcune delle antiche produzioni che perpetuano la tradizione. Accanto a queste, dolci leccornie che rivisitano il passato e lo interpretano in modo nuovo e sorprendente.

La forte tradizione storico-culturale del nostro territorio valligiano, l’eccellenza di materie prime e la maestria degli artigiani hanno mantenuto in vita antiche produzioni dolciarie che correvano il rischio di scomparire. A tutela di questi alimenti di nicchia, i legislatori hanno assegnato un riconoscimento definito col nome di Prodotti Agroalimentari Tradizionali (Pat). I torcetti di Lanzo (Pat), i piÚ famosi, sono un prodotto di pasticceria secca a lievitazione naturale, costituito da un bastoncino di pasta ripiegato fino a riunire le

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il re dolce due estremità assumendo una forma a goccia. Ottenuti dall’impasto del pane e

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passati nello zucchero o nel miele, venivano cotti sull’imboccatura del forno comune dei paesi, in attesa di infornare il pane, e costituivano una rara golosità destinata ai bambini. Altrettanto note sono le paste di meliga (Pat), biscotti realizzati con farina di mais e il rinomato burro di montagna che solitamente accompagnano cioccolata calda o zabaione. Mentre meno conosciute sono le ofele di Nole, cialde cotte nell’apposito ferro, realizzate con uova, zucchero, scorza di limone e farina. Un prodotto di nicchia è la focaccia dei Visconti, dolce tipico di Varisella, la cui storia risale al 1441 quando un cuoco di corte impastò la torta per un banchetto di nozze, piacque così tanto che ancora oggi viene preparata.

per tutte le stagioni Il viaggio del buongustaio può iniziare in ogni momento: stagioni e sapori in valle si alternano in modo frenetico da lasciare sbalorditi. La tradizione ci tramanda che, nelle grandi occasioni come Natale, Pasqua e le feste patronali, con la panna del latte si preparava la Neve o Fiócca. Rappresentava una vera e propria

ghiottoneria, bastava sbattere la panna con due forchette incrociate, poi si aggiungeva zucchero e un po’ di polvere di caffè macinato. Quando si faceva il pane per tutto il paese, le mamme preparavano con un po’ di pasta lievitata a cui aggiungevano burro e, a piacere, mele tagliate a fette. Si dava una forma quadrata e schiacciata e diventava Piatta oppure Gallo, Stella o Babaciu

(pupazzo). I dolci venivano infornati dopo la cottura del pane per sfruttare ancora il calore del forno, una volta cotti si cospargevano di zucchero. Oggi è difficile trovare qualcuno che mantiene queste tradizioni, mentre è più facile reperire specialità dolciarie come le Gallette, le deliziose

frittelle di mele, le marmellate che trasformano mele e frutti del sottobosco. Oltre a una buona produzione di mieli derivanti dalle diverse essenze presenti: classico è il Millefiori, vi sono poi numerose varietà monofloreali quali tiglio, castagno e melo. Nella bella stagione è possibile gustare, nelle aziende agricole che producono latte e frutta, gelati genuini senza coloranti, aromi, conservanti ed emulsionanti. Sono gelati artigianali prodotti con amore e competenza e con un’attenta selezione delle materie prime reperite quasi tutte in fattoria.

spazio alla creatività I produttori e gli artigiani presenti sul territorio hanno avuto il merito di puntare sulle nostre antiche tradizioni, cosicché golose tipicità possano essere apprezzate ancora oggi come una volta, ma anche il coraggio di scelte im-

prenditoriali più azzardate con rivisitazioni e nuove specialità. Il cioccolato, ad esempio, è lavorato in Valle come si faceva nei primi anni del secolo scorso in laboratori artigianali molto conosciuti localmente. Si fanno piccole produzioni giornaliere con l’utilizzo di materie prime di altissima qualità (miele, frutti freschi, panna d’alpeggio) per garantire al prodotto un sapore unico e genuino. Tra crema Gianduia, praline assortite, i Mac bun nei gusti nocciola, amaretto, caffè e rum, ecco spuntare i torcetti con cioccolato fondente e i Chicchirichì, gallette in parte ricoperte di cioccolato. La Rua ‘d Ciriè, il più conosciuto, è un delizioso connubio tra il migliore cioccolato e la preziosa nocciola del Piemonte, e rappresenta l’operosità locale. Non mancano i tradizionali dolci al cucchiaio piemontesi, diffusi ed apprezzati ovunque come il Bonèt con cioccolato e amaretti, il Montebianco con meringhe, panna e castagne, la Mousse al cioccolato con pere caramellate.

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il re dolce

Focaccia e canestrelli In Val di Susa si fa tappa per assaggiare la focaccia di Susa: veniva già consumata nel Medioevo. La ricetta è semplice: occorrono farina, uova, burro, zucchero, sale e lievito di birra. Ha una forma rotonda e sottile, con la superficie ricoperta di zucchero caramellato. I golosi devono anche assaggiare i canestrelli di Vaie, biscotti vanto della tradizione dolciaria locale. Sono fatti con farina, uova, burro, zucchero, scorza di limone e vaniglia. Ma in commercio si trovano anche delle “varianti”, arricchite con il cacao, le nocciole, il miele

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e perfino il cocco. Secondo alcuni il canestrello prende il nome dei cestini, dal particolare disegno, dove venivano riposti una volta sfornati, secondo altri dalla pinza di ghisa (gofrere), impiegata per cuocerli a fiamma viva. Ogni mese di maggio Vaie celebra i canestrelli con un importante sagra e un cartellone di eventi che vanno dalla mostra mercato di prodotti tipici alle rievocazione storiche, ai concerti.

Montebianco

(ricetta del pasticcere Marco Avidano)

INGREDIENTI

gr.250 albume d’uovo, gr. 175 più gr. 375 di zucchero semolato, gr. 500 di panna montata, castagne bollite sbucciate e schiacciate. Per le meringhe montare l’albume con la prima parte di zucchero, aggiungere poi a mano con delicatezza la seconda parte. Mettere il composto in piccoli mucchietti o in un disco solo su carta da forno appoggiata sulla leccarda. Cuocere per circa 2 ore a 140° con valvola aperta (o forno leggermente aperto) e lasciare raffreddare. Unire la purea di castagne a 100 gr. di panna montata e procedere al montaggio del dolce. La tradizione vuole una montagnola dell’impasto di castagne al centro del piatto, coperto dalla restante panna e dalle meringhe sbriciolate grossolanamente. Se si vuole dare una presentazione più moderna, suddividetelo in tante monoporzioni, più pratico da servire in caso di una festa. Servire subito o conservare in frigo.


l’elisir della vita

a cura di: Filippo Vernetti

Grappoli di piacere A OGNI PIATTO IL SUO VINO

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Il Piemonte è la terra dei grandi vini: Barolo e Barbaresco sono le bandiere dell’enologia regionale nel mondo. Accanto a questi “pesi massimi” si trovano ben 16 vini tutelati dal marchio Docg e altre 42 doc, in buona parte originate da una ventina di vigneti autoctoni. Tutti meritano un assaggio meditato.

Iniziamo il nostro pranzo ideale abbinando alle diverse portate alcuni vini piemontesi ancora poco conosciuti. All’aperitivo riempiamo i calici con un Erbaluce di Caluso, un bianco ottenuto dall’omonimo vitigno, tipico del Canavese, da gustare anche nelle versioni passito e spumante. Ha un profumo floreale e un sapore morbido, suadente, leggermente amarognolo. Per un antipasto a base di salumi è perfetta una bottiglia di Barbera Collina Torinese (si trova anche nelle tipologie rosso, Malvasia, Pelaverga). Dalle pianure del Biellese e

del Vercellese arriva il Coste della Sesia, da sposare con frittate e minestre. Un matrimonio insolito è tra i tajarin e la doc Valli Ossolane, originaria dell’area vitivinicola dell’Ossola, tra Piemonte e Lombardia. Con le paste fresche si può indugiare con un Terre Alfieri in versione Arneis, dal sapore piacevolmente amarognolo. Il risotto si accorda con il Rubino di Cantavenna, caratteristico di quella zona del Monferrato che indugia verso il Po. Agnolotti e Ruchè di Castagnole Monferrato formano una coppia d’assi. Piatti forti come il brasato di manzo o la lombata di maiale e salsiccia si esaltano con il Fara, ottenuto da uve Nebbiolo con una piccola percentuale di Vespolina e Bonarda. Con gli arrosti si può indugiare con un bicchiere di Gabiano, vino dell’omonimo comune in provincia di Alessandria. Ha un colore rosso rubino e sentori di mandorla. Il compagno naturale della selvaggina è il Gattinara, tipico di Vercelli. Il bollito va d’accordo con il Lessona, dal profumo asciutto che ricorda la viola. Se

abbiamo scelto un piatto particolarmente speziato beviamoci sopra un bicchiere di Calosso, ottenuto da uve di Gamba Rossa. La polenta “chiama” l’Avanà, vino tipico della Valsusa. Da Strevi, in provincia di Alessandria, proviene l’omonima doc: mettetela alla prova con una fumante fonduta. Con il pesce e i frutti di mare ordiniamo un Gavi, bianco dal bouquet delicato. Ma il Piemonte è anche terra di formaggi: per assaporarne al meglio le caratteristiche organolettiche abbinate un calice di Ghemme. Al momento del dessert stappate una bottiglia di Malvasia d’Asti dall’aroma dolce e fragrante, di Brachetto d’Acqui o di Asti Spumante, il vino piemontese più venduto al mondo. Ha un gusto armonico e strutturato. Sempre a fine pasto si può bere un Freisa di Chieri, uno dei vitigni a bacca rossa, più antichi, dal bel colore rosso rubino e dai profumi che ricordano la viola e il lampone.

IL VERMOUTH, L’APERITIVO TORINESE DAL 1786 Per i torinesi l’aperitivo è un appuntamento obbligato che si rinnova fin dal 1786, quando Antonio Benedetto Carpano mescolando del vino bianco aromatizzato con erbe e spezie (ben 30 tipi diversi), con l’aggiunta di un pizzico di zucchero inventa il vermouth. La bevanda incontra subito il favore della nobiltà e della borghesia sabauda. Il Punt e Mes

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l’elisir della vita è invece la “versione” amara. Venne inventato casualmente nel 1870 da un agente di commercio che aggiunse della china al vermouth. Dopo un periodo di appannamento è tornato in auge: nel 2013 in Italia sono stati consumati 25 milioni di litri di vermouth. è inoltre uno degli ingredienti essenziali di numerosi cocktail: senza sarebbe impossibile realizzare un Manhattan o un perfetto Americano.

L’IMPORTANZA DEL calice Per godere appieno dei profumi e dei sapori del vino è fondamenta-

le scegliere il giusto bicchiere. Un elemento troppo spesso sottovalutato. “Il suo volume in rapporto allo spazio libero, il diametro della superficie a contatto dell’aria è importante da qui nascono gli scambi convettivi che gli consentono di esprimersi – spiega Raf Ianzano, esperto assaggiatore di vino -. Roteando il bicchiere o il

calice l’evaporazione aumenta, ciò permette di captare i profumi. Di seguito l’ossigeno riattiva a ogni roteazione più rapidamente i moti convettivi tra vino e bocca - naso. Per ogni vino ci vorrebbe quindi un determinato calice. Se un vino bianco predilige un bulbo bicchiere più stretto, per un rosso è meglio una profondità minore ma una superficie bulbo più ampia. Se l’età ha visto

un vino al buio all’interno di una bottiglia, essa richiede maggior tempo per riassestarsi a contatto dell’aria. Per gli spumanti le correnti ascensionali sono un microcosmo di flussi che si rincorrono, vogliono una forma stretta e profonda per poter esplodere. Insomma tra vino e forma bicchiere c’è un rapporto vicino ed essenziale costruito sulla funzione”.

PIEMONTE, UNA REGIONE DIVINA In Piemonte il vino è di casa, sono i numeri a confermare il rapporto atavico con la vigna: 45.343 ettari di vigneto, (circa il 7% del vigneto Italia). Nel 2013 la produzione è stata di 2.579.534 ettolitri (+9% sul 2012). 20.737 le aziende a indirizzo vitivinicolo (censimento 2010). 280 imprese industriali produttrici di vini e distillati con circa 3.300 addetti. 54 Cantine cooperative con circa 12.000 soci (rappresentano circa 1/3 della produzione vitivinicola regionale) 352 milioni di euro il valore del vino ai prezzi di base agricoli (ex PLV) che rappresenta circa il 10% del valore dell’intera produzione agricola regionale. 1,4 miliardi di euro il valore dell’export di vino nel 2013 (che statisticamente comprende bevande alimentari) (+ 10% sul 2012); tale valore rappresenta circa il 30% del dell’export agroalimentare piemontese e circa il 16% dell’export vitivinicolo nazionale. Il Piemonte esporta circa il 60% del vino; in bottiglie: 63 milioni di Asti, 20 milioni di Moscato d’Asti, 8 milioni di Barolo, 2,5 milioni Barbaresco, 10 milioni Barbera d’Asti, 8 milioni Gavi. Il 70% viene assorbito dai Paesi UE, il restante 30% dai Paesi extra UE. 18 vini a DOCG (calcolando l’Asti e il Moscato d’Asti, il Roero e il Roero Arneis) e 42 DOC (su 73 DOCG e 330 DOC nazionali), il più alto numero tra le Regioni, che coprono circa l’85% della produzione regionale; quasi tutta derivante da una ventina di vitigni autoctoni storici, tra i quali, a bacca bianca: Arneis, Cortese, Erbaluce, Favorita, Moscato Bianco; a bacca rossa: Barbera, Bonarda, Brachetto, Dolcetto, Freisa, Grignolino, Malvasia, Nebbiolo, Ruchè, Pelaverga.

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l’elisir della vita

Birra, la bionda che fa impazzire il mondo

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è una delle bevande più apprezzate al mondo. Solo in Italia da maggio a settembre 2014 ne sono stati consumati quasi 8 milioni di ettolitri. La birra si conferma in cima alla classifica delle preferenze: gli italiani AMANO soprattutto le lager o pils (con una percentuale del 72,3% è saldamente in testa alla classifica), preferite perché poco alcoliche e leggere. In 200 ml si trovano appena 86 kcal, le stesse di un succo d’arancia e ancora meno di un calice di vino. Seguono, ben più distanziate, le birre di frumento, come le blanche, ordinate da un 9,5% di italiani e le bock, dal gusto deciso.

a cura di: Filippo Vernetti

GLI ABBINAMENTI GIUSTI Per un pranzo a tutta birra divertitevi ad abbinare per ogni portata una qualità particolare. La pasta al pesto si sposa bene con una pils. Per le zuppe di legumi riempite i boccali con la lager. Le rosse danno il meglio di sé con la carne ai ferri o il roast beef.

Esaltate il sapore dell’arrosto di maiale con la Weisse, dal gusto piacevolmente acido. Se il pesce è stato cotto al forno si può optare per una bionda leggera mentre se avete ordinato dei crostacei è perfetta una doppio malto. Con le ostriche beveteci sopra una robusta Irish Stout. Al momento dei formaggi fatevi tentare da una porzione di gorgonzola accompagnata da un bicchiere di una rossa trappista, realizzata seconda la ricetta dei monaci delle abbazie belghe. Concludete con una fetta di torta al cioccolato annaffiata da una doppelbock, una birra scura dall’aroma intenso.

OCCHIO AL BICCHIERE Il primo consiglio per degustare al meglio la birra è di non berla mai dalla bottiglia. Non solo per una questione igienica: così fa-

cendo si perde infatti l’80% dei piaceri olfattivi. Per ogni qualità c’è un bicchiere ad hoc: il calice a forma di tulipano va utilizzato per le lager e le pils mentre un bicchiere dalla forma più panciuta è ideale per assaporare i sentori di malto tostato delle doppelbock o i profumi aromatici delle ale. Nelle classiche pinte vanno servite generalmente le birre “made in England”. Assolvono inoltre la funzione di bloccare la formazione della schiuma. Nel weisenbecker vanno invece spillate le birre di frumento tedesche. La Germania è anche la patria del boccale. Andrebbe utilizzato solo per le lager bavaresi. Le birre, come i vini, vanno poi servite a una particolare temperatura. Solo così esprimono al meglio le loro caratteristiche. Le chiare leggere come le pils vanno stappate tra i 5 e i 9 gradi. Tra i 7 e i 9 le fruttate mentre tra gli 8 e i 10 le bitter ale e le brown ale. Oltre i 10 si servono le stout mentre attorno agli 11 le strog ale e le doppelbock. Si continuano con i 12 gradi per scoth ale e i 13 per le birre d’abbazia.

BIONDA O ROSSA? La carta delle birre è chilometrica. Solitamente vengono classificate in base al tipo di lievito utilizzato e, conseguentemente, alla fermentazione. Le Ale (possono essere bitter, mild ale, brown ale,…) sono prodotte ad

alta fermentazione. Per le Lager, qualità maggiormente diffusa sui mercati (sono le pils, le helles, tipiche bavaresi,…) si utilizza invece un procedimento che predilige le basse temperature. Le Lambic sono una specialità della regione a sud ovest di Bruxelles. La birra viene lasciata invecchiare in botti di legno: in questo modo viene preservata la ricchezza degli aromi. Molto particolari sono le birre di frumento (possono essere weiss o blanche), dal bel colore chiaro e dal carattere speziato, tendente all’acidulo.

IL BOOM DELLE BIRRE ARTIGIANALI Piccolo è bello. Il fenomeno dei micro birrifici è ormai una realtà consolidata. Basta dare uno sguardo ai dati per capire che i produttori artigianali sono sempre più protagonisti del settore, generando numeri importanti anche per l’economia del territorio. Nel nostro Paese si è passati dai sette micro birrifici del 1996 ai 450 dei 2012. Neppure il mondo della formazione è rimasto a guardare. Non a caso l’università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo ha da poco lanciato un master di alto apprendistato per mastri birrai. Gli artigiani italiani hanno poi creato una serie di birre particolari, da quella alle castagne alla zucca, alle raffinate versioni barricate, con cui hanno conquistato nuovi appassionati.

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l’elisir della vita

La più bevuta dagli eroi dei fumetti Neppure i personaggi dei cartoni animati resistono a una bionda spumeggiante. La birra è la bevanda preferita, nonché causa di una abnorme pancia da

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bevitore incallito, di Homer Simpson, protagonista dell’omonima serie, creata nel 1987 da Matt Groening. Homer ama consumare, comodamente spaparanzato sul divano di casa o appollaiato sugli sgabelli del bar Moe, nella grigia Sprigfield, boccali di Duff, marca inesistente che parodia le birre di massa, economiche e di bassa qualità. In diversi episodi della serie Homer è ritratto alla disperata ricerca di un buon bicchiere di birra da consumare in compagnia del suo fedele compagno di bisbocce Barnye. Il personaggio è la versione “alcolica” di Barney Rubble dei Flinstone. In poco tempo Homer è diventato un mito assoluto: in commercio sono stati lanciati centinaia di prodotti di merchandising legati al giallo personaggio dei cartoon. Anche Peter Griffin, l’obeso, pi-

gro e maleducato personaggio inventato da Seth MacFarlane ama passare le sue serate in compagnia di un boccale di birra. Attorno a un banchetto a base di cinghiale, innaffiato da litri di birra si riuniscono Asterix, Obelix e l’allegra tribù dei Galli. La bevanda fa da contraltare al più nobile vino, bevuto dai nemici Romani, capitanati da Giulio Cesare. Tex Willer, il ranger del Texas, inventato da Gian Luigi Bonelli e disegnato da Aurelio Galleppini, ama ristorarsi al termine delle sue avventure nel selvaggio West, ordinando “bistecca e birra a volontà” in un saloon. La birra, infine, è una delle poche gioie nella vita militaresca di Beetle Bailey, soldatino in forza all’Us Army inventato nel 1950 da Mort Walker. Nelle strisce, ironiche e antimilitari, Beetle è afflitto da pigrizia cronica e preferisce di gran lunga passare una serata al pub invece di sudare agli ordini dei superiori nel campo di addestramento di Camp Swampy.

LA BIRRA

DELLE COLLINE DEI SANTI produzione e vendita birre artigianali a pochi passi dalla casa di Don Bosco LE BIRRE DELLA TRADIZIONE Il Birrificio dei Santi nasce tra le verdi colline del Monferrato, al Colle Don Bosco. Ogni birra è dedicata ad un Santo, il cui nome richiama uno stile o un personaggio illustre della tradizione e storia birraria.

LE NOSTRE BIRRE: • sono prodotte in piccole quantità in modo naturale • sono create utilizzando i migliori malti e luppoli • sono ad alta e a bassa fermentazione • sono senza conservanti, non sono filtrate nè pastorizzate • sono disponibili in bottiglia e fusto Fraz. Morialdo n.43 Castelnuovo Don Bosco - Asti Tel. 011 98 76 639 - 338 11 14 764 birrificiodeisanti@gmail.com

www.birrificiodeisanti.com


Servizio catering per rinfreschi, battesimi, comunioni, cresime Al Caffè Imperiale in via Prever 15 a Ciriè l’appuntamento da non perdere è con l’aperi-ceina: dalle 17 alle 21 si assaggiano le tantissime proposte enogastronomiche preparate dall’equipe del locale. C’è veramente l’imbarazzo della scelta, potrete solleticare il palato con un’infinità di stuzzichini: dai salumi dop, ai formaggi di montagna, alla pasta, alla pizza, ai canapè e salatini sfornati caldi… Accompagnati dalla musica selezionata dal dj rilassatevi, riempiendo il piatto con prodotti di alta gamma. L’apericena del Caffè Imperiale mette d’accordo il gusto con il portafoglio: le consumazioni partono da 5 euro. Ma bastano appena 7 euro per degustare uno spumante importante o un cocktail preparato dall’esperto barman da abbinare sempre con i tantissimi stuzzichini caldi e freddi. Grazie alla formula self service potrete assaggiare ciò che più vi piace ma volendo è anche possibile farsi servire al tavolo, magari nel grande dehor esterno riscaldato. E se volete esagerare il quarto giro è offerto dalla casa. Ma il Caffè Imperiale riesce sempre a prendere i clienti per la gola: già alle 5 di mattina troverete la professionalità e la cortesia dello staff ad aspettarvi per proporvi una colazione con fiocchi. Il locale è aperto sette giorni su sette: dalla colazione, alla pausa pranzo, al momento del pantagruelico aperitivo fino al dopocena troverete tanti golosi motivi per fermarvi al Caffè Imperiale.

Via Prever 15/A, Ciriè - Tel: 011.920.70.05 SEGUICI SU FACEBOOK


Azienda Vinicola Direnzo nettare della vite, nettare della vita

Dal 1990 l’azienda vinicola Direnzo è sinonimo di vini piemontesi e italiani di alta qualità a piccoli prezzi. Tra i vini sfusi si sceglie tra 10 tipi diversi, per portare in tavola solo il meglio della natura. La vendita dello sfuso parte da un litro. Si effettua il servizio di consegna a domicilio e di spedizione in tutta Italia. Nell’enoteca si trovano oltre 300 bottiglie, oltre a una selezione di grappe, amari, champagne e superalcolici. Possibilità di realizzare dei cestini regalo con bottiglie e prodotti enogastronomici. Per celebrare i vostri eventi e le vostre ricorrenze regalate le bottiglie con l’etichetta personalizzata, una simpatica idea regalo che colpisce sempre nel centro.

Passione e materie prime di qualità. Sono questi gli ingredienti della Birra Castagnero Savant Ross di Rosta: 100% artigianale e italiana realizzata con prodotti naturali, senza additivi chimici. Nascono così la Bionda 27, la Rossa 18, la Ramata 52 e la Bianca 19. Un poker di birre che regala al palato un’esperienza sensoriale impagabile. Birrificio Castagnero ha da poco presentato la “linea corpo” ottenuta dalla lavorazione cosmetica della birra. Una selezione di prodotti di alta cosmetica privi di coloranti e parabeni, ottenuti dalla lavorazione della birra, con l’aggiunta di piccole quantità di oli essenziali. Sono prodotti di qualità e con infinite proprietà benefiche per il corpo!

Birrificio Castagnero Savant Ross Rosta (TO) cell. 388.49.19.063 - www.birrificiocastagnero.com

Cantina e Punto Vendita Via Montegrappa 1, Ciriè (To) - Tel/Fax: 011.920.88.66 www.aziendavinicoladirenzo.it - a.vinicola.direnzo@tiscali.it seguiteci su Facebook



piccoli gusti

a cura di: Loredana Tursi

scottate con miele o marmellata. SPUNTINO nutriente e leggero – (5% calorie totali) frutta di stagione o uno yogurt. No a patatine, snack dolci o salati, bibite zuccherate. PRANZO (40% calorie totali) il più abbondante.

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La sana alimentazione dei bambini.

Parola di Evelina Flachi esperta nutrizionista Quando si forma il gusto nei piccoli? “Da subito, non a caso nella fase dello svezzamento i pediatri consigliano di non aggiungere sulle pappe sale o zucchero per non condizionarne il palato. Anche

lo “stratagemma” di passare il ciuccio nello zucchero o nel miele andrebbe evitato, sia per salvaguardare la salute dei futuri denti sia per impedire che si crei nel neonato la tendenza a collegare il gusto dolce ad una forma di gratificazione che potrebbe continuare in eccesso durante la crescita”.

La dieta ideale per i bambini COLAZIONE - fondamentale (15% calorie totali) una bella tazza di latte eventualmente arricchita con orzo o malto, pane o fette bi-

MERENDA (10% calorie totali) bicchiere di latte o yogurt con cereali o un frutto. CENA (30% calorie totali). Piatti diversi dal pranzo e cotti semplicemente con ingredienti di qualità, limitando la quantità. Il menù deve comprendere i prodotti di stagione, in questo modo si educa al gusto, indirizzando i baby gourmet verso stili alimentari corretti e formando così i consumatori di domani. I principali errori alimentari: - Prima colazione assente - Spuntino mattutino troppo abbondante - Cena abbondante - Abuso di bibite e prodotti confezionati - Tendenza a mangiare davanti alla tv - Eccesso di zuccheri, grassi saturi e sale

- sedentarietà e mancanza di attività motoria, meglio camminare, giocare, correre. In cucina ricordiamoci di: - Scegliere e dosare con cura gli alimenti - Cucinare con semplicità utilizzando ingredienti genuini e salutari - Utilizzare i giusti metodi di cottura - Tramandare le tradizioni della cucina mediterranea Quali sono gli alimenti meno accetti dai bambini? “Solitamente la frutta, la verdura, il pesce. Consiglio: studiare delle ricette “alternative”, presentandoli nel piatto in modo accattivante. Se al bambino piacciono le polpettine di carne, sfruttiamo questa sua “passione” aggiungendo nel ripieno delle verdure. I frullati sono un ottimo e gustoso escamotage per far consumare la frutta fresca. Ricordiamoci che i bambini imitano i grandi e di conseguenza assimilano facilmente anche le abitudini gastronomiche di famiglia: se mamma e papà hanno la tendenza a mangiare un numero limitato di verdure o ad escludere il pesce dalla lista della spesa anche i piccoli assumeranno quel determinato comportamento alimentare e ben difficilmente

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piccoli gusti

degustibus

a cura di: Laura Caputo

mangeranno volentieri altri prodotti. Il gusto si forma comunque crescendo e anche mangiare con i coetanei aiuta! All’asilo si è stimolati a provare nuovi cibi”. I disturbi del comportamento alimentare infantile: come riconoscerli e superarli? “Vanno indagati con occhio attento, ma senza allarmarsi prima di chiedere il parere del pediatra! Occorre osservare bene per capire se il non mangiare è un atteggiamento voluto dal bambino o riferito ad altri problemi. I bambini sono come delle spugne e se percepiscono il pranzo e la cena come occasioni di disagio, tenderanno ad evitarli. Lasciamo le discussioni e i conflitti fuori dalla tavola”.

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Dolci “Fanno parte del mondo del bambino: non vanno mai proibiti (i piccoli troverebbero comunque il modo per procurarseli) o demonizzati ma inseriti nella loro quota calorica giornaliera in modo corretto. La mattina, ad esempio, al momento della colazione: gli zuccheri sono infatti il “carburante” del cervello, servono iniziare la giornata con il giusto sprint, iniziando con un sorriso di dolcezza la giornata. L’attività sportiva o motoria è un altro momento significativo per fare il pieno di energie e sopratutto per consumarle Gelato: “è un’ottima merenda prima dello sport”. Merendine: “Durante la spesa mettiamo nel carrello le più indicate: l’etichetta ci aiuta a individuare le migliori. Teniamo sotto controllo la quantità soprattutto se il bambino passa la giornata davanti alla televisione o giocando con la consolle. Una meren-

dina ogni tanto non va demonizzata se di buona qualità! Ma va assunta prima di un’attività all’aria aperta, incentivandolo così al movimento. Facciamo i biscotti o la classica torta margherita facendoci aiutare dai nostri figli. I piccoli scopriranno che le merendine non nascono sui banchi del supermercato ma si possono fare in casa, con pochi ingredienti naturali e altrettanto buoni”.

Evelina Flachi Laureata in Scienze Biologiche, iscritta all’Ordine dei Biologi. Specializzata presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia di Milano in Scienza dell’Alimentazione - nutrizionista. Gestisce, come direttore operativo, il proprio Poliambulatorio Medico SLIM LINE di Milano. Prof. A.C. di Nutrizione per il Benessere. Membro del comitato tecnico-scientifico del programma “Scuola e Cibo” 2010-2015 del Ministero della Pubblica Istruzione Università e Ricerca. Docente MASTER 2 Livello all’Università di Milano; Docente Corsi ECM. Vicepresidente Fondazione per l’Educazione Alimentare. Info: www.evelinaflachi.it.

ANCHE IL Cibo e le bevande seguono le mode: ecco tutte le tendenze culinarie del momento

Anche il gusto vuole la sua parte NEGOZI, GASTRONOMIE O RISTORANTI? Sembrano dei negozi di alimentari, di quelli cui siamo abituati ad andare a fare la spesa, poi entri e le persone possono accomodarsi, ordinare direttamente al bancone dove sono esposti i prodotti. Ecco così che la macelleria, la pescheria, la panetteria, la gastronomia, la salumeria si reinventano e assomigliano più a dei veri “ristorantini” offrendo un nuovo modo per poter “provare con la bocca” quello che viene venduto, magari nella pausa pranzo, seduti comodamente tra

i clienti che vogliono invece solo comprare.

STREET FOOD Il cibo da strada è davvero l’ultima moda in fatto di alimentazione, se ne parla addirittura in rinomati programmi televisivi. Per chi ancora non lo sapesse è

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degustibus costituito da quegli alimenti, incluse le bevande, già pronti per il consumo, che sono venduti (e spesso anche preparati) soprattutto in strada o in

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altri luoghi pubblici come mercatini o fiere da commercianti ambulanti. Spesso riconoscibili da un banchetto, ma anche da furgoni; se state pensando al classico “paninaro” da dopo partita o da spuntino da mezzanotte, allargate l’orizzonte. Proprio a dicembre dello scorso anno si è svolta la prima edizione del Festival del Cibo da Strada a Torino, che ha ospitato commercianti da ogni parte d’Italia e del mondo con le loro specialità, diciamolo, non troppo dietetiche! Gnocco fritto, arrosticini, arancini, hamburger di Chianina, birre artigianali e pannocchie grigliate sono solo alcune delle specialità che si potevano provare in questa ghiotta occasione.

profumati. La particolarità di questo servizio è il contenitore in cui vengono serviti: bicchierini da caffè, cucchiaini, cestini di pasta sfoglia, stuzzicadenti di varie forme e colori. Per i matrimoni in particolare, il finger food sta diventando sempre più popolare, perché meno costoso e offre più flessibilità di scelta. Nel corso del tempo il menù si è ampliato anche ad antipasti da gourmet come quiche, paté, caviale e sandwich adatti a un evento più formale, mentre cibo più familiare, come frutta tagliata, salatini,

FINGER FOOD “Finger food” tradotto letteralmente significa “mangiare con le dita”, in realtà si tratta di gustosissimi assaggini per la maggior parte a base di pesce (marinato, crudo, affumicato) che, con accoppiamenti di salse di particolare prelibatezza, preparano il palato alla degustazione di vini

cracker e biscotti sono preferibili in celebrazioni più informali. In Piemonte sta prendendo particolarmente piede nelle aziende di catering e nei bar di un certo livello.

l’APERICENA L’aperitivo, ormai già da qualche anno, è entrato a far parte delle abitudini quotidiane di una buona parte della popolazione italiana. è un vero e proprio rito sociale che si celebra alla fine di svariate ore di lavoro, per concludere in modo rilassato e in buona compagnia la parte più stressante della giornata. Giornata che non sempre finisce in orario aperitivo ecco perciò l’esigenza, da parte di alcuni locali, di creare “l’apericena”, appuntamento diventato di moda in molti locali di Torino e non solo. Derivato dall’unione dei termini “aperitivo” e “cena”, combina entrambi: la degustazione di bevande alcoliche e non, consumando stuzzichini come tartine, salatini

e il consumo di piatti complessi e sostanziosi come primi, secondi e contorni (in alcuni casi anche il dolce) seduti a un tavolo. è diventato un momento fisso di ogni locale della movida torinese: ad un ragionevole prezzo si ha di solito diritto ad una bevanda e ci si può servire quanto si vuole al buffet senza pagare altro. È forse però arrivata l’ora di ridare all’aperitivo la sua identità riportandolo all’origine e soprattutto alla sua vera funzione? Ecco, allora, che i più attenti e lungimiranti stanno cercando di ridare all’aperitivo il giusto valore. Da abbondanti quantità gastronomiche, l’accompagnamento è ora una piccola elaborazione culinaria che esalta non solo la bevanda, ma anche il momento, rendendo importante il servizio connotato dalla “mono porzione” per un’emozione gustativa. Piccoli particolari vassoi trasformano il binomio cocktail e appetizer in una nuova espressione dell’aperitivo, piccoli piatti di portata offrono diversi assaggi da stuzzicare con un buon bicchiere di vino, ciotole originali danno nuovo gusto al classico pinzimonio.

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L’HAPPY HOUR? NO, ARRIVA IL VINO PARTY! Dalle grandi città del nord, Torino e Milano in testa, l’happy hour ha colonizzato tutta la penisola conquistando soprattutto un pubblico giovane, nella maggior parte dei casi mondano e modaiolo, che poco prima dell’ora di cena si ritrovava attorno a un tavolino, con un bicchiere da sorseggiare e stuzzichini da sgranocchiare. Adesso da Hollywood a Miami, da Londra a Tokyo si afferma il “vino party” ovvero l’aperitivo terroirchic a base di vino di qualità, accompagnato da prodotti “doc” italiani, come il culatello, la bot-

a cura di: Laura Caputo

targa, il pane d’Altamura e il formaggio di Fossa. Una tendenza rivoluzionaria che porta la cultura del buon bere e del cibo di alta qualità anche nel mondo della notte e dell’aperitivo, da sempre territorio assoluto dei superalcolici e cibo dozzinale. In Usa è già un must e questa tendenza sta raccogliendo sempre più consensi tra giovani e meno giovani, proprio grazie al principio base della “qualità”, che unisce le migliori etichette di vini, prodotti super esclusivi e introvabili, chef stellati e le atmosfere glamour e rilassate dei locali più trendy. E dopo aver fatto il giro del mondo, il vino party è arrivato anche in Italia. Incredibile no?

I PIACERI di GOLA del TERRITORIO nella PUBBLICAZIONE

GUSTO APPUNTO TOUR ENOGASTRONOMICO Ciriacese, Valli di Lanzo, Val Susa, Torino e non solo

PROSSIMA USCITA in VAL DI SUSA

Inutile negarlo l’alimentazione è sempre più globale. Nonostante viviamo nel paese della “buona tavola” per eccellenza, siamo spesso interessati a sperimentare sapori di culture differenti. Non è un caso che in Piemonte siano spuntati moltissimi ristoranti etnici (termine di frequente utilizzo per indicare alimenti di diversa provenienza) i cui piatti vantano ingredienti e prodotti particolari dall’oriente all’occidente fino al continente africano. Prodotti tipici di una specifica zona stanno sempre più guadagnando popolarità: dalle farine etniche a ricette più conosciute come la fonduta francese, dai cibi vietnamiti al thai chili.

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Mondo vegano cibi etnici e tendenze culinarie d’oltreoceano Negli ultimi anni le tendenze culinarie hanno subito cambiamenti notevoli dovuti in parte all’avvento della cucina etnica, in parte alla voglia degli chef di cambiare, di stupire o di personalizzare le pietanze. Tuttavia, si è verificata un’inversione di tendenza con il ritorno alla cucina tradizionale, quella legata al territorio con un’attenzione particolare ai metodi di cottura e all’apporto di grassi. Di conseguenza, sono state riscoperte anche quelle

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degustibus materie molto tipiche, che per diversi motivi erano state abbandonate. In tema di abbinamenti particolari, spesso usati in ristoranti di prestigio, si è soliti associare materie prime tradizionali a prodotti esotici quali cacao o frutti tropicali. Per esempio si abbina la selvaggina con il cacao oppure l’ananas con il maiale.

cucinare come?

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Oggi esistono differenti modi di preparare, cuocere, servire i piatti e costruire i menù: la cucina classica ad esempio sa il fatto suo con piatti elaborati, caratterizzati da lunghe cotture e da presentazioni sontuose o la nouvelle cousine o cucina creativa che vanta prodotti freschi e di stagione sottoposti a cotture brevi, per ottenere piatti altamente digeribili con presentazioni ben curate. La cucina nazionale/regionale ha piatti a base di alimenti di produzione locale serviti in porzioni abbondanti mentre la cucina fusion o open kitchen mescola e fonde diverse culture; la cucina destrutturata parte invece da piatti classici: gli ingredienti vengono prima demoliti e poi ricostruiti in forma diversa tipo spume, gelatine e le pietanze servite ad esempio in un bicchiere al posto del piatto. La cucina molecolare è basata su uno studio scientifico, con la conseguente applicazione dei principi di fisica agli alimenti. La cucina multisensoriale coin-

volge nell’evento del pasto tutti gli organi di senso: ogni ricetta è concepita dal modo in cui il cervello sente ciò che mangia, l’udito viene coinvolto con abbinamenti cibo e brani musicali, l’olfatto viene stimolato dagli ingredienti che esaltano la stessa pietanza. Le cucine etniche costituiscono piatti delle più disparate cucine mondiali (cinese, giapponese, messicana, brasiliana, indiana ecc.) serviti in locali con atmosfere e arredi tipici dei paesi di origine, spesso con spettacoli e manifestazioni tipiche. Le cucine alternative, come la cucina vegetariana e vegana, si basano su cereali, verdure e frutta e rifiutano la carne e il pesce. La cucina macrobiotica prevede l’uso di prodotti non raffinati (riso, pasta e pane integrali, sale marino) e biologici e si basa su cereali e soia, integrati con verdure, legumi, alghe e frutta.

più le persone che frequentano i ristoranti con cucine internazionali. Ovviamente sembra che si continui a preferire di gran lunga i piatti della cucina nostrana, ma nonostante questo la cucina etnica coinvolge sempre un più ampio pubblico ed è in rapida crescita. Basta sapere che le “keywords” più cliccate su internet a proposito di questo argomento sono proprio: fajitas, sashimi, moussakà, paella, taijne, felafel e noodles. La cucina asiatica in particolare è quella che conquista il maggior numero di persone, che scelgono delle cene fusion o a base di sushi; alte percentuali anche per la caliente Sudamerica e il fascino della cucina medio-orientale.

BACCHETTE O FORCHETTE?

VEG STYLE: MODA O SCELTA DI VITA?

Un sondaggio che ha analizzato le abitudini alimentari degli italiani nei loro pasti fuori casa, ha rilevato che sono sempre di

Sempre in aumento, i vegani italiani rinunciano a qualsiasi tipo di alimento animale. Cucinano ricette senza carne, scelgono tofu,

seitan e soya. Ma quanti sono davvero i vegani in Italia? Oggi se ne contano più di 400mila, di cui moltissime donne, che hanno scelto di dire “no” a qualunque cibo di origine animale: non mangiano uova, non bevono latte e

non ne assumono i derivati. Inoltre, non dormono con coperte di lana nè con piumini di piuma d’oca. Gli esperti assicurano che la dieta vegana non danneggia l’organismo, se fatta in modo corretto e ben studiata, non è pericolosa per corpo. Se state considerando di prendere anche voi parte al gruppo sempre più numeroso di

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degustibus vegani, vi consigliamo di consultare un medico e un nutrizionista prima di intraprendere la dieta. Il vegetalianismo non è una moda, ma un vero e proprio stile di vita! Al contrario di quello che ci si può aspettare la cucina vegana offre numerose prelibatezze ricche di gusto, basti pensare alla pasta con il pesto, alle melanzane alla

a cura di: Filippo Vernetti

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parmigiana o alle zuppe e creme di cipolla e patate come la “parmantié”. Scopriamo infatti che in realtà, tutti almeno una volta alla settimana mangiamo vegetariano: il pane, la pasta, i legumi e gli ortaggi e i vino, fanno parte della cucine mediterranea e offrono molti benefici.

ALCUNI CONSIGLI PRIMA DI DIVENTARE VEGANI - Non sostituire i prodotti di origine animale con pane bianco, pasta e altri alimenti confezionati porta al fallimento della dieta vegana è il risultato è solo fame, aumento di peso e umore scontroso.

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- Il passaggio alla dieta vegana deve essere graduale non avviene da un giorno all’altro, richiede impegno e fatica. Si inizia con l’aggiunta di più cibi a base vegetale, mentre allo stesso tempo si tagliano prodotti di origine animale, in particolare quelli che sono non-organici e più elaborati, soprattutto, cibi raffinati. - Imparare a leggere le etichette alimentari: se siete sul serio intenzionati a diventare vegani, controllate le etichette alimentari e verificate ingredienti; solo perché un prodotto alimentare non è palesemente non-vegano non significa che è adatto per una dieta vegana. Caseina e il siero di latte, che provengono dal latte, sono presenti in molte barrette di cereali, pane, muesli - Non dovrete rinunciare ai vostri ristoranti preferiti: la dieta vegana sta diventando sempre più popolare, i ristoranti si sono attrezzati. Basta informare il servizio di sala del proprio regime alimentare per assicurarsi che nessun prodotto di origine animale venga usato per condire il vostro pasto. - Non spendeterete di più, anzi! la carne è uno degli alimenti più costosi al supermercato, risparmiare sarà facile anche se si acquistano più prodotti. Risparmierete ancora di più acquistando prodotti freschi al posto dei surgelati.

I segreti per vivere in salute: l’importanza di una corretta dieta Il segreto per vivere bene inizia dalla tavola. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità circa 1/3 delle malattie cardiovascolari e dei tumori possono infatti essere evitati grazie a una alimentazione sana ed equilibrata. Per la preparazione dei pasti dobbiamo ricordarci di poche e semplici regole. Nessun alimento è bandito: l’organismo umano ha infatti bisogno di tutti i tipi di nutrienti per funzionare correttamente. Alcuni sono essenziali a sopperire il bisogno di energia, altri ad alimentare il continuo ricambio di cellule e altri elementi del corpo, altri a rendere possibili i processi fisiologici, altri ancora hanno funzioni protettive. Ricordiamoci comunque che una sana alimentazione è costituita

da: 25% di calorie totali da grassi; per il 50% da carboidrati (con alto contenuto di fibre); per il 25% da proteine, specialmente di origine vegetale. I grassi saturi (soprattutto di origine animale) non dovrebbero rappresentare più del 7-8% delle calorie totali; i polinsaturi (quelli di origine vegetale) all’incirca il 10%; i monoinsaturi (l’olio di oliva) il rimanente. Il colesterolo alimentare dovrebbe essere meno di 300 mg/giorno (esattamente la quantità contenuta in un rosso d’uovo grande); la quantità di sale, incluso quello contenuto nei cibi conservati, dovrebbe essere inferiore a 5 g al giorno. Tra i prodotti diamo preferenza ai cerali, un alimento che ha accompagnato la storia dell’uomo. Grano, mais, avena,

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La signora Paola propone un’ottima cucina piemontese, tipica canavesana ed organizza su richiesta cene a tema, feste private con musica, aperitivi, rinfreschi e buffet.

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