Gustoappunto Valli di Lanzo e Val Susa

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Gusto APpunto TOUR ENOGASTRONOMICO Ciriacese, Valli di Lanzo e Val Susa



Gusto APPunto

città della carne 51 Piemontese, razza pregiata

TOUR ENOGASTRONOMICO Ciriacese, Valli di Lanzo prefazione

l’agri a km 0 58 Tutto il bio che c’è

5 Simboli e tradizioni del Natale in Piemonte

ristorazione - gourmet 8 Il gusto ricco della cucina rustica

il re dolce 67 Squisitezze in festa

tutto forno 34 Biove, miche... e tanto sapore

l’elisir della vita 73 Il Canavese, terra da scoprire a partire dai vini

degustibus

personaggio gastronomico 82 Le sagre 44 Tutti a tavola con le sfiziosità tipiche


Gusto APPunto

città della carne 100 Con gli ultimi pastori nomadi

TOUR ENOGASTRONOMICO Val Susa ristorazione - gourmet

il re dolce

87 Una montagna di primi, la ricchezza dei piatti 106 Un banchetto di dolci prelibatezze

tutto forno

l’elisir della vita 108 Vigneti della Val Susa, una storia antica

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All’università per diventare panettieri e pizzaioli

GUSTOAPPUNTO Stampato Dicembre 2015 DIRETTORE RESPONSABILE: Loredana Tursi EDITORE E PUBBLICITà: Editori Il Risveglio srl, via Roma, 4 Ciriè (TO) - tel: 011.584.00.23 - fax: 011.584.00.27 e-mail: direzione.service@ilrisveglio.to.it • direzione.commerciale@ilrisveglio.to.it - www.food-in.it TIPOGRAFIA: La Terra Promessa - Società Coop Sociale - ONLUS - Via Enrico Fermi, 24/26 - 28100, Novara Tel e Fax: 0321 629291


prefazione

simboli e tradizioni del natale in Piemonte Mentre si mangia si viaggia nel tempo: polenta e bolliti misti non assomigliano alle petites madeleines di Proust ma le sensazioni che fanno affiorare sono le stesse. Alla mente ritornano i profumi della cucina dei nonni, ricette della tradizione contadina che con pochi prodotti, e senza sprecare nulla, riuscivano a imbandire la tavola. Solo per le feste comandate si faceva eccezione a una dieta povera che spesso sfociava nella fame. Così a Natale si mangiavano carne e salumi, brindando con il vino

È l’inverno la stagione migliore per gustare i piatti della cucina piemontese. la tavola si apparecchia con i prodotti del territorio: si inizia con una selezione di salumi, insalata russa e peperoni in bagna cauda. Farina di mais, Funghi e patate di montagna diventano gli ingredienti base per preparare piatti semplici ma nutrienti.

lasciato invecchiare in cantina. Attorno a quei piatti si scopriva il sapore della festa, un gusto che oggi abbiamo perduto, atrofizzati dall’abbondanza che ha tolto il sapore della scoperta e della felicità. Oggi come allora la cena della Vigilia è di magro: vengono serviti degli agnolotti del plin (ogni famiglia ha la sua ricetta) in brodo di gallina o di cappone, il piatto forte del giorno di Natale.

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prefazione

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Le sue frattaglie non vengono buttate ma utilizzate come sugo per i tajarin. A Natale dopo la pasta fatta in casa si alternano i secondi piatti di carne: dal brasato al Barolo, allo stracotto di bue, al gran bollito misto. Il gran finale è con lo zabajone e il torrone, quello piemontese ha tra gli ingredienti la nocciola Tonda Gentile delle Langhe, uno dei tanti tesori gastronomici della nostra regione. Alcuni piatti nascondono poi dei significati simbolici. A Capodanno è d’obbligo mangiare fumanti porzioni di lenticchie, un legume povero, coltivato fin dagli albori dell’uomo. Per il loro alto valore nutritivo ed energetico sono state ribattezzate la carne dei poveri, essendo ricche di vitamine e sali minerali. Facilmente trasportabili erano uno delle pietanze più consumate dalle popolazioni

nomadi. Leggendo la Bibbia si scopre che è il primo cibo cotto nella storia. Sono da sempre considerate simbolo di ricchezza e buona fortuna. Già i Romani erano soliti regalare una “scarsella”, una piccola borsa in pelle, usata per contenere i sesterzi. Nel “portafoglio” veniva inserita una manciata di lenticchie, con l’augurio che potessero trasformarsi in monete sonanti. Tra la frutta spicca il melograno, il colore rosso oltre a rimandare a un immaginario di festa e calore, corrisponde nella tradizione pagana alla fecondità mentre per i cristiani è il segno del sangue di Gesù. Nei dipinti del Botticelli e di Leonardo da Vinci il Bambino ha in mano un melograno che rimanda alla Passione che Cristo dovrà affrontare. Leggendo il Corano si scopre invece che è uno dei frutti presenti nel paradiso. A fine pasto non mancano mai gli agrumi: arance e mandarini con il loro dolce profumo regalano energia e aiutano a tenere lontano il raffreddore. Questi frutti, ricchi di vitamina C, sono


particolarmente consigliati nella dieta e servono a tenere lontane le malattie invernali. Nell’immaginario simboleggiano la rinascita e l’abbondanza. Anche le noci sono considerate un frutto benaugurante. Durante il Natale nella civiltà contadina il capofamiglia era solito prendere 12 noci, ricoprirle con il sale e metterle al centro del tavolo. Il giorno dopo, a seconda dell’umidità contenuta in una di esse, sapeva quale mese dell’anno venturo sarebbe stato più secco o piovoso. Il pesce, consumato in grandi quantità tra Natale e Capodanno, è divenuto simbolo dello stesso Cristo: nell’alfabeto greco il termine si traduce con la parola ichtùs. Le lettere disposte verticalmente formano un acrostico: Iesùs Christòs Theòu Uiòs Sotèr ovvero Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore. L’animale vivendo sott’acqua senz’annegare simboleggia

inoltre il Cristo che vince la morte. Vicino alla tavola delle feste si accendono le luci del presepe. Tra i tanti personaggi che fanno bella mostra attorno alla capanna di Gesù c’è anche un piemontese. È Gelindo, il pastore che porta in spalle la pecorella, il primo a presentarsi davanti alla greppia, portando doni. Le leggende raccontano che sulla strada per Betlemme incontri Maria e Giuseppe. Sarà proprio lui a indicare il luogo dove passare la notte. Secondo alcune fonti Gelindo è addirittura il proprietario dell’asinello e del bue che riscalderanno l’umile capanna. Nel presepe è accompagnato dalla moglie Alinda (raffigurata con un costume monferrino), dalla figlia Aurelia, dal cognato Medoro e dai garzoni Tirsi e Maffeo. Sono una tipica famiglia di agricoltori piemontesi, vestiti con abili poveri.

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ristorazione - gourmet

Il gusto ricco della cucina rustica

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Un luogo non qualunque le Valli di Lanzo. Basta lasciare spaziare lo sguardo per cogliere policrome geometrie, forme e colori che evocano antichi saperi e tradizioni che hanno segnato il territorio. Le tonalità di verde scuro dei boschi, il verde smeraldino di prati e pascoli, l’azzurro di ruscelli e laghetti e, con il variare delle stagioni, la mutazione in calde sfumature di giallo e di marrone. Questa suggestiva tavolozza ci racconta come nel tempo lo spazio sia cambiato, a volte per scelte casuali a volte meditate, che si sono succedute nelle varie civiltà e che hanno sottratto spazi ad un’attività per far posto ad un’altra, al momento ritenuta più utile o redditizia. Perché ciascuna epoca ha la sua mappa cromatica che testimonia stili di vita, strategie economiche e organizzazione sociale.

a cura di: Mariella Valente

la cucina di valle, Fatta con gli alimenti che oFFrono prati, boschi e montagne, È ricca di sapori unici. merito delle tradizioni che hanno tratto il meglio dalla natura combinando insieme gusti particolari, che danno ai primi piatti un tocco esclusivo. tante ricette Facili da realizzare con Funghi, castagne, erbe aromatiche, selvaggina che appagano il palato e riscaldano nelle Fredde giornate invernali, perFette da condividere con gli amici.

Solo la cucina della tradizione ha salvaguardato il passato e lo ripropone accompagnato da sapori e profumi intatti. Sono primi piatti, spesso unica pietanza portata a tavola, dove ai prodotti coltivati nell’orto o nei campi si abbinano condimenti come formaggio, selvaggina, erbe e frutti spontanei dei boschi che la saggezza contadina ha custodito come tesori.

Ricette di oRigine medievale Già nel Medioevo sulle mense rurali della valle troneggiavano zuppe e polente di cereali: non solo di mais, ma anche di orzo, miglio e grano saraceno. Molto nutriente ed economica, la polenta prese


addirittura il posto del pane, troppo caro, nell’alimentazione contadina. Considerato quindi un “piatto povero” altro non è che un impasto di acqua e farina di granoturco cotta in un paiolo. Proprio per la sua semplicità e versatilità diventa un alimento completo quando vengono aggiunti i condimenti, realizzando così piatti ricchi di proteine, carboidrati, grassi, sali minerali e vitamine. La saggezza valligiana la proponeva semplice come ammazza fame o nella variante servita caldissima con l’aggiunta di un bicchiere di vino rosso e abbondante latte, oppure abbinata alla fiòca (panna). Ma nei ristoranti, nelle trattorie e nei rifugi valligiani si possono ancora gustare ricette antiche come la pulenta cunsa con burro e toma, la polenta con patate, con acetosa dei prati, con i funghi, con salame di turgia o con selvaggina al civet. Altro piatto tipico di origine medioevale è la zuppa di erbe, realizzato

con prodotti poveri locali. A seconda delle stagioni, delle possibilità e del territorio in cui si realizza, cambia rispetto alle caratteristiche delle erbe (ortiche, spinaci o asparagi selvatici, tarassaco, borraggine) e della toma utilizzata. Questa minestra è stata citata da

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ristorazione - gourmet Pantaleone da Confienza, vissuto nel Quattrocento, nel suo “Summa Lacticinorum” quando loda la qualità dei formaggi delle Valli di Lanzo.

Riso e minestRe: i sapoRi di una volta Come in tutte le zone prealpine piemontesi, anche nelle Valli di Lanzo, c’è un’ampia scelta di preparazioni tradizionali, basate su ingredienti semplici e naturali che concorrono a creare una cucina essenziale, sostanziosa e calorica, ai giorni nostri poco praticata. Fanno parte di questo repertorio la panada, utile per riutilizzare il panne raffermo, alcune saporite mi12 12

nestre tra cui la più diffusa è quella con castagne e latte, la seupa di’la Leitousa con pane integrale e acetosella e gli gnocchi con patate e grano saraceno. Semplici piatti di sopravvivenza, realizzati con ciò che si reperisce nel proprio orto o che cresce spontaneamente, che si sono evoluti e arricchiti nella ristorazione contemporanea che ancora li pro-

Riso alla moda alese INGREDIENTI (dosi per 4 persone): 300 gr di riso Carnaroli, 200 gr di toma di Lanzo, 100 gr di burro, ½ cipolla, un cucchiaio d’olio extravergine di oliva, brodo di carne, sale e pepe. PROCEDIMENTO: Far soffriggere la cipolla tritata fine con l’olio in un tegame, versarvi il riso e tostarlo, salare e bagnare con un mestolo di brodo caldo. Continuare la cottura del riso aggiungendo il brodo poco per volta. Al termine togliere dal fuoco, unire la toma a pezzetti e mantecare con il burro noisette (sciolto in un pentolino finché diventa color nocciola). Servire caldissimo con pepe a piacere.


pone. Anche il riso è variamente utilizzato e insaporito sia con rave (rape) e cossat (zucche) che con trifule (tartufi). Molto apprezzati sono il riso alla moda alese (Ala di Stura)

che prevede il classico accostamento con la toma di valle, il risotto con le mele grattuggiate, cipolla, vino bianco mantecato con il latte e il risotto Val Grande con salame di Turgia.

Gnocchi delle Valli di Lanzo INGREDIENTI (dosi per 4 persone): 1 kg di patate di montagna, 150 gr di farina 00, 150 gr farina di grano saraceno, 1 uovo, 300 gr di toma di Lanzo, 150 gr di panna da cucina, burro e sale. PROCEDIMENTO: Lessate le patate con la buccia per circa 45 minuti. Pelatele e passatele allo schiacciapatate. Incorporate una noce di burro e lasciate raffreddare. Su un piano da lavoro disponete le farine, le patate, l’uovo e il sale, lavorare l’impasto e formate dei serpentelli dai quali ritagliate dei cilindretti di circa due/tre centimetri. Rigateli con i rebbi infarinati di una forchetta fino ad esaurimento dell’impasto. Tuffateli in acqua bollente poco salata e ritirateli via via che salgono a galla. Disponeteli in una pirofila da forno imburrata a strati con la toma tagliata a fettine e la panna intiepidita. Fate gratinare in forno a 180° per circa 20 minuti. Sfornare, lasciare riposare 5 minuti e portare in tavola.

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MENU NATALE 2015 AUGURI DI BENVENUTO IN BOLLICINE Con Aperitivo della Casa Antipasti VARI ************** Paccheri alla Sorrentina Mezze Maniche gratinate ************* Pollo alla Cacciatora Capriolo con polenta Due contorni Dolce della casa Semifreddo della casa in salsa di cioccolato 25 euro

(bevande e amari esclusi)

Pont Canavese - Via Frassinetto, 24 Tel.: 0124/85701 Email: ristorantealbrunet@gmail.com www.hotelristorantealbrunet.it


MENU CAPODANNO 2016 SALUTI DI BENVENUTO IN BOLLICINE Con Aperitivo della Casa Antipasti Vari Di Pesce e di Terra ************** Linguine al cartoccio con frutti di mare ************* Filetto di Orata Su letto di verdure Capriolo e Polenta Cotechino e Lenticchie Semifreddo della Casa Buffet di Frutta Panettone e Pandoro con Spumante INTRATTENIMENTO MUSICALE 45 euro

(bevande e amari esclusi)



Collocato nella parte recentemente ristrutturata della cascina, l'agriturismo ha mantenuto lo stesso aspetto di un tempo. I mattoni e le pietre a vista rendono l'ambiente rustico ed accogliente. Proponiamo piatti tipici piemontesi in base alla stagione e alle coltivazioni da noi effettuate oltre che ai nostri prodotti artigianali come formaggi caprini freschi e stagionati e salumi,rigorosamente accompagnati da vini del territorio. Adatto alle famiglie ed ai loro piccoli che vogliona fare passeggiate nella natura o visitare gli animali dell'azienda. Proponiamo menĂš per ogni occasione. In occasione delle festivitĂ vengono realizzati dei cestini natalizi. Per le cene di fine anno sono giĂ pronti i menĂš di Natale e di Capodanno.


il Ristorante & Catering

Piemonte

organizza Pranzi - Cene - Buffet sia come Ristorante sia come Servizio Catering per le Vostre Feste di: Battesimi Prime Comunioni Cresime Compleanni Cene di Lavoro Laurea Coffee Break aziendali

Prezzi a partire da € 25,00 Prezzi Ristorante a partire da € 40,00 Con servizio catering a partire da € 55,00 Ampio salone per organizzare meeting e cene di lavoro

Tutti i sabati e le Domeniche Menù turistico a partire da € 18,00 Via Umberto I, 23 – Lanzo Torinese (To) Tel. 0123.29461 – Fax 0123.29072 www.hotelristorantepiemonte.it info@hotelristorantepiemonte.it


Gran pranzo di Natale 2015

Cenone di Capodanno 2016

ore 12.30

ore 20.30

Conchiglia di Salmone con salsa Aurora Terrina di Fegato con crostini Magatello di vitello con salsa tonnata all’antica Insalatina di Cappone con carciofi e grana Strudel di Porri lunghi e Speck con fonduta alla Valdostana Zampone con Pureè di patate

Salmone affumicato su Crostini con riccioli di Burro Tartare di Manzo con Carciofi e Grana su letto di orchidea Cartoccio di Asparagi e Funghi con Fonduta Flan di Topinambour con Vellutata Leggera d’Acciughe Zampone con Lenticchie alla pancetta

Riso Carnaroli con Gamberetti e Zucchine al Curry Fagottini di fonduta con crema di Zucca e Salvia fritta Maltagliati al ragù di Cinghiale Stufùrn a la Diaulera

Riso Carnaroli con Carciofi mantecato all’Erbaluce di Caluso Fiocchetti di Gorgonzola con crema tartufata

Porchetta di Ariccia con Patate arrosto Brasato al Barolo con Cipolline glassate Trancio di Calamaro ripieno con ciuffetti di Salset

Medaglione di Filetto di Manzo al burro con Funghi trifolati e patate arrosto Guazzetto di Pesce in Crosta Panna cotta con salsa ai Frutti di bosco Dolce di Mezzanotte

Tris di Dolci

Caffè Vini e Spumanti

Caffè Vini e Spumanti

Musica dal vivo

Tutto compreso 45,00 a persona Menù Natale da asporto € 35,00

Tutto compreso 70,00 euro a persona Menù Capodanno da asporto € 40,00

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ristorazione - gourmet

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ristorazione - gourmet

Bar - ristorante - pizzeria

La Madonnina Il Ristorante Pizzeria “la Madonnina” è un locale a gestione familiare da più di 20 anni. La nostra cucina tipica è quella mediterranea, composta da piatti tipici siciliani. Si preparano sfiziosi piatti di pesce, come le linguine in crosta ai frutti di mare, il risotto con asparagi e gamberetti, i gamberoni alla siciliana ecc... e per i non amanti del pesce si possono degustare le mezze maniche con provola e melanzane, gli gnocchetti sardi con funghi e salsiccia o le panelle siciliane. Abbiamo anche una vasta gamma di pizze a scelta, cotte nel forno a legna, da 22 assaggiare per conoscerne la qualità ed il sapore. Gli spazi del locale sono molto ampi ed accoglienti, adibiti ad ogni tipo di cerimonie.

locale all’interno climatizzato all’esterno si trova un Parcheggio riservato ai clienti del locale.

Per gli amanti dello sPort c’è anche un camPo da calcetto

via Bruna 119 - san Francesco al campo (to) tel: 011.9276227 www.ristorantepizzerialamadonnina.it info@ristorantepizzerialamadonnina.it


PRANZO DI NATALE

CENONE DI SAN SILVESTRO

Menù

Menù Scottata di vitello con rucola e noci Tacchinella in salsa Rotolino di porchetta gratinata Tonno affumicato in aceto balsamico Torta salata ai gamberi Vol au vent con fonduta e porcini Cavatelli salsiccia e porcini Mezzemaniche al pesce spada Cotechino e lenticchie Salmone al forno Insalata Vini bianchi e rossi – Acqua – Dolce – Spumante – Caffè Euro 65 Bambini fino a 10 anni euro 25 Serata danzante nella mattinata spaghettata

Bresaola al melograno Sfogliata alla parmigiana Cotechino in crosta di fonduta Insalata di mare agli agrumi Carpaccio di seppie e carciofi Risotto con asparagi e speck Conchiglie ai sapori di mare Arrosto di tacchino con porcini Sorbetto Persico in sale Insalata Vini bianchi e Rossi Acqua – Dolce - Spumante – Caffè Euro 35 Bambino fino a 10 anni euro 25

Gradita la prenotazione


Disponibile anche pizza senza glutine e con farina integrale sia al mattone che al tegamino!

La Pizzeria La Smorfia nasce a Venaria Reale nel 1999. Nel 2001 abbiamo avuto l’idea di dare la possibilità agli intolleranti e allergici al glutine di poter gustare anch’essi la nostra pizza. Così abbiamo creato un impasto caratterizzato dall’utilizzo di più farine che con il tempo ci avrebbe reso noti nel settore. Ora siamo anche a Ciriè, con la prerogativa di prestare sempre un ottimo servizio con un’aria cordiale e amichevole che, con i nostri prodotti per celiaci e non, ci ha sempre contraddistinto. Qualora vi stuzzicasse l’idea di passare a trovarci, saremo lieti di offrirvi una bella serata a Ciriè in via Robassomero 70.

Pizzeria La Smorfia

Ciriè - via Robassomero 70 - Tel. 011.9205044 facebook.it/LaSmorfiaCiriè - www.pizzerialasmorfia.it/cirie


Locanda dal vecchio

Arte e cucina si incontrano al Larry Button. In un’atmosfera ricercata si gustano piatti genuini che mettono in primo piano i prodotti del territorio. Tra le tante proposte non manca un menÚ per i vegani. Le serate sono spesso allietate dalla musica e da tanto divertimento.

larrybutton@hotmail.com chiuso domenica pranzo e cena


La Locanda offre un ambiente accogliente e discreto, distinto da squisita cortesia dove è possibile gustare variegati menù del giorno e un ampio menù cucinato personalmente dallo Chef Domenico, titolare del ristorante. la Caffetteria offre un’ampia offerta di degustazioni unendo tradizione e modernità. Aperta fin dal mattino con dolci, brioches e pasticceria della casa, nonché caffè di ottima qualità. È obbligatoria la prenotazione allo 011.9251563

Front – via S. Mura 38 Tel: 011.9251563 – 3297834272 antichisaporid.wix.com/antichi-sapori antichisaporid@libero.it


PRANZO DI NATALE

CAPODANNO

Venerdì 25 dicembre 2015

Antipasti Carpaccio di spada marinato con melograno Tartara di tonno con sedano e Castelmagno Alicette marinate con melone e aceto balsamico Ananas con prosciutto di Parma Capesante gratinate Flan di granseola con vellutata di zucchine Fagottino di carciofi con fenduta Insalata di mare

Aperitivo di Benvenuto Antipasti Finissima di vitello con carciofi e fonduta di Castelmagno Flan di cardi con vellutata di peperoni Vol au vent con fonduta e funghi Vitello tonnato Primi piatti Garganelli con salsiccia e porri Risotto con carciofi e Castelmagno Secondi piatti Arrosto Reale in crosta di sale con patate al forno Cosciotto d’agnello con ripieno di carciofi, con cipolline brasate Dolce Torronata con cioccolata calda Acqua, vino (1/4 a testa), caffè 35 euro Menù bimbo Misto affettato Penne al pomodoro Fettina impanata con patatine Bibita piccola Dolce 15 euro

Primi piatti Risotto ai gamberetti e carciofi Agnolotti al sugo di arrosto Secondi piatti Cosciotto di maiale al forno con cipolline brasate Zampone con lenticchie di buon augurio Filetto di orata alla ligure Dolce Meringata con cioccolata calda Acqua, vino della casa, caffè Euro 70, bevande incluse Menù bimbo Affettato misto Penne al ragù Milanese con patatine Bibita Dolce Euro 20 La serata sarà allietata con tanta musica e divertimento



CAPODANNO 2016 Cenone con ballo

Antipasti Timballo di capesante con vellutata di zucca Insalatina di faraona Caramelle di girello di fassone con Philadelphia e tartufo Bondiola alla Ferrarese Primi Risotto “Carnaroli” alla Franciacorta con caviale Tortelli piemontesi con noci e Raschera Secondi Calamaro ripieno al sapore di mare Cosciotto di maiale con mele Dolci Cuore caldo con crema alla lavanda Acqua, vino, spumante e caffè Prezzo: 75 euro


VITTORIO E

ROSINA

Cascina Prato Pascolo fascino e architettura delle dimore di campagna. Incastonata nel cuore del Parco La Mandria, è un gioiello incantato in cui ambientare ricevimenti di nozze circondati da paesaggi unici, romantici e suggestivi con il mutare dei colori e dei profumi i ogni stagione. Una location, con una capienza di 120 posti interni e tra interno ed esterno con oltre 200 posti, perfetta in cui anche la cucina è protagonista, con piatti e ricette della tradizione locale, rivisitati con estro e maestria.

Ristorante Vittorio e Rosina

Cascina Prato Pascolo Parco La Mandria Viale Vittorio Emanuele II, 256 Tel.0114993324 - 3663793920 www.ristorantevittorioerosina.it vittorioerosina@libero.it Aperto tutti i giorni a pranzo Cena su prenotazione Ingresso in auto per il ristorante


Menù di Natale Menù di Terra antipasti tartare di Manzo al Profumo di tartufo con Grana Flan di Verdure con Fonduta Polenta Fritta con spuma di Formaggio e Bacon Primi Piatti agnolotti al sugo d’arrosto Gnocchi di Patate al Castelmagno secondo Piatto lonza di Maiale con ripieno di Prugne e riduzione di latte e senape Purè di Patate dolce Panettone con Crema e Cioccolata Calda Vino – acqua – spumante – Caffè – amaro € 35,00 a persona Menù di Mare antipasti Crostini di Cozze e Pomodorini Fagottini di Porri salomone e robiola Primi Piatti risotto con Gamberetti e arancia tagliolini con spada Pomodorini e Capperi secondo Piatto Filetti d’orata in Crosta con Verdure Croccanti Vino – acqua – spumante – Caffè – amaro € 45,00 a persona


La Trattoria della Società Operaia di Ceretta, gestita dai quattro soci, Matteo e Mattia insieme a Graziella e Cinzia, è un ambiente gioviale e tradizionale allo stesso tempo. La cordialità e l’accoglienza sono il comun denominatore di ogni giornata, affinché i clienti possano sentirsi sempre a loro agio presso il ristorante ed il bar completamente ristrutturati e rinnovati. Il ristorante propone un menù all’insegna della tradizione, con materie prime provenienti dal Canavese e dalle Valli di Lanzo. Vengono proposte ricette tradizionali, per fare provare al cliente le sensazioni vere della cucina casalinga. A pranzo la cucina è semplice e veloce, con un servizio rapido ed un menù ampio a prezzi ridotti mentre la sera la carta è più ricercata e raffinata per soddisfare anche i palati più esigenti. Il venerdì sera è dedicato al pesce mentre in occasione delle feste vengono proposti pranzi o cene particolari, nel rispetto della tradizione come in occasione delle giornate dedicate alla bagna caoda o al fritto misto, oppure si può gustare il resto della tradizione italiana con piatti e menù tradizionali e rivisitati. Oltre ciò a contornare una fantastica esperienza culinaria si potrà trovare una interessante e selezionata carta dei vini improntata principalmente sui prodotti della viticoltura piemontese tali da accompagnare al meglio i succulenti brasati e gli opulenti bolliti misti piemontesi.

Via G. Cubito, 11 - Ceretta di San Maurizio Canavese (TO) Tel. 0119278439 - coopceretta@hotmail.it Orari di apertura: Domenica e Lunedì: 8,00 - 17,00 Martedì - Sabato: 8,00 - 23,30 www.societacooperativadiceretta.it


Batorria

Trat ietà c o S a l l de di

Mattia e Matteo Specialità piemontesi PRANZO DI NATALE • Battuta a Coltello di Tonno Rosso affumicato su Crema di Caco Vaniglia • Albese in Carpaccio di Zucca, Grana ed Extra Vergine di Cellatica • Tentacolo di Piovra su Vellutata di Mais • Coda di Fassona su Delicata di Tropea • Cappelleti Ripieni di Purea di Marroni al Brasato di Lepre • Vercellese con Crostacei e Grattugiato di Lime • Guanciale di Vitello su Purea di Patate Grassa • Girella di Branzino al Gratin Siculo • Bon Bon Natalizio VINO IN ACCOMPAGNAMENTO Barbera d’Asti DOC, Azienda Franco Francesco Bonarda dell’Oltrepò Pavese DOC, Azienda Della Fiore Chardonnay dell’Oltrepò Pavese DOC, Azienda Della Fiore Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese DOC, Azienda Della Fiore

VEGLIONE DI CAPODANNO • Rosetta di crudo di Parma stagionato 18 mesi con ragout di frutta secca e chevre • Spiedo di Gamberoni e mela verde in delicata aromatizzata all’arancia • Cannellone di verza soffritta al ripieno spumoso di carote e patate • Tarte Tatin di stufato di carciofi • Tumbler di polenta gialla macinata a pietra con cotechino artigianale e lenticchie • Agnolotto ripieno ai 3 arrosti piemontesi in delicata di toma di Lanzo e melograno • Vercellese allo scoglio reale in crema di mandorle • Filetto di sanato marinato al cognac con mele glassate • Il “dolce” Scoccar delle 24 e il brindisi del Nuovo Anno VINO IN ACCOMPAGNAMENTO Barbera d’Asti DOC, Azienda Franco Francesco Bonarda dell’Oltrepò Pavese DOC, Azienda della Fiore Chardonnay dell’Oltrepò Pavese DOC, Azienda della Fiore Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese DOC, Azienda della Fiore INTRATTENIMENTO MUSICALE


L’hamburger-gourmet è solo da Squisito Restaurant La prima hamburgheria con menù personalizzabile. Da settembre 2015, nei nuovissimi locali appena ristrutturati di via Torino 51 a San Francesco al Campo, si possono gustare i miglior burgers di sempre, dove a decidere come comporselo sono proprio i clienti. Ma non solo burgers, vi aspettano anche altre golose proposte come ad esempio il sunday brunch della domenica mattina con buonissimi pancake, french toast, uova strapazzate e bacon, passando dalle colazioni tradizionali di tutti i giorni con pasticceria fresca (il servizio parte fin dalle 6 di mattino) e arrivando a pranzare con le proposte a menù fisso a soli 12,50 euro, oppure scegliendo gli appetitosi burgers alla carta.

SQUISITO RESTAURANT Gourmet Burger & Grill VIA TORINO 51 - SAN FRANCESCO AL CAMPO (TO) PRENOTAZIONI TEL: 011 9276580 info@squisitorestaurant.it - www.squisitorestaurant.it www.facebook.com/squisito.restaurant instagram: #squisitogram


Rivoluzionando il concetto di ristorazione, e svincolandosi da quella 'rigida e impostata', Squisito Restaurant lascia al cliente la totale libertà di personalizzare il proprio piatto. Una filosofia apprezzata dalla gente che a pochi mesi dall’apertura ha infatti fatto il pieno di consensi. Abbinando materie prime di qualità con i dettami di una alimentazione sana ed equilibrata ma comunque sfiziosa, lo Chef Gabriele Mazzone, (cofondatore assieme ai fratelli, che dopo la sua esperienza in giro per il mondo decide di tornare in patria) mette orgogliosamente in primo piano la carne di manzo 100% Irlandese. Una carne d'eccellenza dal gusto straordinario, rossa e succosa, ricca di vitamine, e meno caloriche grazie ai sterminati pascoli verdissimi sui quali gli animali pascolano sereni per lunghi periodi aiutati da un clima idoneo alla missione. “ E dal momento che il cliente può scegliere anche il grado di cottura della carne” - dice lo chef “con la solita carne di Fassona Piemontese, se richiesta 'ben cotta' avremmo avuto sicuramente un hamburger più secco e più stopposo, in quanto è troppo magra come carne.” “E per garantire un prodotto sempre fresco e di qualità” continua – “maciniamo noi stessi la carne nella nostra cucina ogni giorno, che verrà poi pressata a mano e cotta al momento”. Ogni parte del panino, come anticipato, è completamente personalizzabile. Si sceglie tra 3 proposte: Manzo, Pollo e Vegetariano. Per il manzo ci sono 3 grammature disponibili (150gr, 220gr, 300gr.) Si decide il grado di cottura (al sangue, media, ben cotta). Gli ingredienti base di ogni hamburger sono: insalata, pomodoro, cetriolini e cipolla di tropea, ai quali è possibile aggiungerne altri da una lunga lista di condimenti extra non troppo scontati come ad esempio cipolle caramellate, avocado, jalapeno, uova all'occhio di bue, maionese al lime, e molto altro... Il tutto servito su pane fresco artigianale, fatto su misura da un fornaio di fiducia, accompagnato da ottime birre artigianali. “In cucina” - conclude - “utilizziamo solo prodotti freschissimi della miglior qualità, come le nostre verdure che provengono da agricoltori di zona a Km0.” Squisito Restaurant è anche il posto giusto per scambiarsi gli auguri, gustando le specialità di una cucina unica, brindando con parenti e amici alle imminenti feste di Natale.


tutto forno

Biove, miche e... tanto sapore paese che vai, pane che trovi. in ogni cittadina del piemonte si assaggiano tipi di pane particolari che mettono d’accordo materie prime del posto con tradizioni locali. l’alimento più antico al mondo diventa così un vessillo della tavola. 36

Nelle panetterie delle valli di Lanzo il pane è sinonimo di biova: la pasta, ottenuta con un impasto di farina, acqua, lievito, sale e qualche volta strutto, viene fatta riposare per circa 90 minuti e quindi lavorata fino a darle quella caratteristica forma tondeggiante. Soffice e bianchissima, può andare dai 100 ai 500 grammi. La versione “small”, chiamata biovetta, è perfetta per la merenda o da sbocconcellare come snack

a cura di: Filippo Vernetti

spezza fame. Anche il “toponin” ha dimensioni contenute. Prodotto a lievitazione naturale, ha un’umidità del 20-30%. La micca ha invece una forma più lunga e allargata, con una bella crosta dorata. La preparazione è lunga e articolata: si parte sempre con un primo impasto utilizzando lievito naturale madre in pasta, farina e acqua. In piemontese il termine mica viene utilizzato anche per indicare le persone non particolarmente intelligenti. L’espressione “fol me na mica”, folle come una mica, indica solitamente i creduloni. Anche il “giaco”, pane consumato nelle campagne, ha un doppio significato: in dialetto è l’equivalente di “buon uomo”. Nell’alto Canavese si assaggiano le “miacce”, cialde salate di farina bianca, latte, uova, panna e olio che ricordano nella forma le crepes francesi. Con la farina di granoturco si impastano le “miasse”, delle croccanti cialde cotte sulla stufa a legna. Per accompagnare i formaggi è perfetto il pane di segale. Ingredienti avanzati dalla lavorazione del pane diventano poi la base per dolci invitanti. Unendo la farina bianca con quella di mais, l’acqua, il burro, lo zucchero e l’uva sultanina si ottengono i “fiacà”, delle schiacciatine di pan dolce.


Alcuni prodotti, causa il tramonto delle lavorazioni artigianali, sono ormai scomparsi. È il caso del Panet: confezionato una sola volta l’anno durante il giorno dei Santi, veniva conservato per mesi. Era anche conosciuto come micca di cotta perché i contadini ne pagavano la cottura al fornaio con una certa quantità di farina, detta “cotta”. Le fette di Panet non potevano mancare sulla tavola del Natale.

meno sale nel pane “Con meno sale la salute sale” è il titolo del progetto regionale avviato nel 2015 dai Servizi Igiene degli Alimenti e Nutrizione del Piemonte, nell’ambito dell’Intesa

firmata il 13 marzo 2015 tra l’Assessorato alla Sanità e l’Associazione Regionale Panificatori del Piemonte per la produzione di pane a ridotto contenuto di sale. L’intesa prevede, da parte dei panificatori, l’impegno a ridurre gradualmente il contenuto di sale in tutto il pane prodotto (meno 5% all’anno per due anni) e a rendere disponibile, almeno un giorno la settimana, una linea di pane senza sale o con contenuto di sale dimezzato, eventualmente anche prodotto con cereali

Pane nero INGREDIENTI 270 gr. di farina di segale, 100 gr. di farina di farro, 70 gr. di farina 00, 1 cubetto di lievito di birra, 1 pizzico di zucchero, 30 ml. di latte, 3 cucchiai di olio extravergine d’oliva, sale PROCEDIMENTO: In una grande ciotola mettete le farina di segale, farro e 00. Mescolate bene aggiungendo il lievito sciolto, il sale, lo zucchero e l’olio. Aggiungete poco alla volta dell’acqua e quindi iniziate a impastare fino a che non si ottiene una consistenza morbida e omogenea. Adesso formate una palla, copritela con un canovaccio e lasciatela riposare per almeno un’ora. Quindi riprendete il composto e impastatelo nuovamente dandogli una forma allungata. Ora mettetelo su una teglia, spennellatelo con il latte, salatelo in superficie e fatelo cuocere in forno preriscaldato a 190°C per circa 30 minuti fino a quando non risulterà ben dorato. Quindi sfornatelo e servitelo agli ospiti. È perfetto per accompagnare le minestre e i formaggi di montagna.

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tutto forno

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meno raffinati, integrale o semintegrale. Il pane, specialmente se a basso contenuto di sale e se prodotto con farine integrali o meno raffinate, è un alimento salutare, con un apporto calorico contenuto e con un buon potere saziante, parte irrinunciabile nella dieta mediterranea. Si è scelto di intervenire sul pane perché, sebbene non sia oggi la maggior fonte di sale della nostra alimentazione, è un alimento consumato quotidianamente da tutti e un punto di partenza per migliorare l’alimentazione quotidiana. Piccole riduzioni di sale producono effetti importanti sulle singole persone e grandi benefici in termini di salute per la collettività con notevoli risparmi dei costi di cura. Altri Paesi che hanno avviato

progetti simili riportano buoni risultati in pochi anni: nel Regno Unito l’assunzione media di sale si è ridotta del 15% dal 2001, con un guadagno stimato di 9mila vite l’anno e un conseguente risparmio di costi annuale di circa 1,5 miliardi di sterline. Il crescente utilizzo del sale nella produzione alimentare ha portato ad un progressivo aumento dei consumi e allo sviluppo dell’attuale preferenza per i cibi salati, tanto che il consumo medio di sale giornaliero nella popolazione italiana si attesta intorno agli 11 grammi negli uomini e 8 nelle donne, valori ben superiori ai 5 grammi al giorno raccomandati dall’OMS. Tuttavia di questi 8/11 grammi, solo il 5% è naturalmente presente negli alimenti, il 15% viene aggiunto dalle persone a tavola o nella preparazione

Panada INGREDIENTI brodo di carne, 2 cucchiai di olio d’oliva, 300 gr. di pane raffermo, un uovo, parmigiano reggiano, sale. PROCEDIMENTO: Piatto povero che unisce il pane raffermo con il brodo di carne. In una pentola versate il brodo (circa un litro) con il sale e due cucchiai di olio. Quando l’acqua bolle aggiungete il pane raffermo fatto a pezzetti. Lasciate bollire per una decina di minuti. Nel frattempo in una scodella sbattete l’uovo con l’aggiunta finale di parmigiano grattugiato. Versate il composto nella pentola mescolando bene fino a ottenere una crema.


degli alimenti, mentre il restante 80% è presente negli alimenti già pronti. È poi provato che il consumo abituale di sale è associato all’ipertensione arteriosa; secondo l’OMS, il 62% dei casi di ictus cerebrale e il 49% dei casi di cardiopatia ischemica sono attribuibili all’ipertensione arteriosa. Le malattie cardiovascolari, di cui l’ipertensione è fra i principali fattori di rischio, rappresentano la prima causa di morte per le persone sopra i 60 anni e la seconda per quelle tra i 15 e i 59 anni. Il consumo di sale è associato anche ad altre patologie cronico degenerative come i tumori dello stomaco, le malattie renali e sembra favorire la calcolosi renale e lo sviluppo di osteoporosi. L’abuso di sale sembra inoltre incrementare il rischio associato all’obesità.

una legge peR tutelaRe la QualitÀ aRtigianale Tutelare il consumatore e aiutarlo a riconoscere il pane fre-

sco, lavorato artigianalmente da quello precotto. È l’obiettivo di una proposta di legge presentata dal deputato Pd Giuseppe Romanini, componente della Commissione Agricoltura della Camera. “Mi piace definire questa proposta di Legge un testo unico sul pane – ha osservato Romanini –. Con la Legge Bersani 248 del 2006 si prevedeva la distinzione tra pane fresco artigianale e pane ottenuto da prodotti intermedi di panificazione da attuarsi con Decreto legislativo che poi non ci fu anche perché cadde il Governo. La proposta di legge prevede espressamente al comma 4 dell’articolo 2 che “è fatto divieto di utilizzare la denominazione di pane fresco per il pane destinato ad essere posto in vendita il giorno successivo a quello in cui è stato completato il processo produttivo, indipendentemente dalle modalità di conservazione adottate, nonché per il pane posto in vendita successivamente al completamento della cottura di pane precotto, comunque conservato e per il pane ottenuto dalla cottura di prodotti intermedi di panificazione, comunque conservati”.

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di Destefanis Giovanni L'Antica Panetteria Rocco è conosciuta, non solo in Piemonte, per la produzione di biscotti artigianali piemontesi e, in particolare per i biscotti tipici di Rubiana, prodotti secondo un’antica ricetta, utilizzando esclusivamente ingredienti locali. Il risultato finale è il Rubianese, un biscotto unico e inconfondibile nel gusto, nel colore e nella forma. Da qui il riconoscimento di prodotto a denominazione comunale DECO. È un biscotto leggero e croccante, ottimo con il the, ma che si gusta piacevolmente a tutte le ore, anche accompagnato da vino passito. E’caratterizzato da: una forma rettangolare e appiattita, un colore nocciola tostata, un profumo dolce e marsalato un delicato sapore con retrogusto di Vin Santo. La ricetta tradizionale del biscotto Rubianese DECO prevede l'utilizzo di: farine di grano tenero 00, zucchero, uova, burro, latte, marsala fine, lievito e bicarbonato di ammonio e altri due ingredienti segreti che solo l'Antica Panetteria Rocco conosce. Ed è proprio per questo che potrete assaporare il gusto del vero biscotto Rubianese DECO solo qui. La lavorazione avviene principalmente in modo manuale, anche per la formatura e la pezzatura del biscotto, e raffreddato a temperatura ambiente per garantirne la fragranza. Il Rubianese viene venduto sia sfuso che in sacchetti da 300 grammi con etichetta che ne certifica: la qualità, la rintracciabilità, la scadenza, la verifica dell'integrità, le verifiche analitiche.

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Personaggio gastronomico

a cura di: Mariella Valente

tutti a tavola con le sfiziosità tipiche

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scoprite con noi i sapori di valle. ogni occasione È buona per portare a tavola i prodotti di eccellenza con un pizzico di Fantasia e creatività. salumi, Formaggi e tante altre ghiottonerie della gastronomia: tradizione e innovazione saranno le parole chiave per intraprendere insieme un gustoso viaggio nel cuore del nostro territorio!

La gastronomia di valle vanta alcune specialità per le quali è particolarmente famosa, sono le squisitezze delle “materie prime” ma anche l’eccellenza dei salumi e dei prodotti caseari ad alimentare l’orgoglio dei Lanzesi. Il più conosciuto fra gli insaccati è il salame di Turgia, ottenuto dalla macellazione dei bovini a fine carriera, può essere consumato sia fresco, cucinato in umido con polenta o nel risotto Val Grande, che stagionato. Ottimi anche i salami di capra e cinghiale, ultimamente rivalutati, i sanguinacci chiamati anche budin e il salame della rosa. Tagliata a fette sottilissime la mocetta va servita con un filo di miele e accompagnata da pane nero e burro di malga, mentre il lardo si arrotola su un grissino e si abbina alle castagne negli an-


tipasti. Approfittate di una gita per fare scorte di leccornie locali come le cipolle ripiene con amaretti alla moda di Balangero, la torta di porri con toma di Ala, budino di ortiche, frittate di luppolo o con salame di Turgia, trote Fario in carpione e caponet già pronti. Se amate la pasta fresca non perdetevi gli gnocchi con grano saraceno e le tagliatelle di castagne da condire con fonduta di toma e noci, gli squisiti agnolotti fatti a mano con ripieno di Turgia, i tortelli di patate viola e i tajarin montanari da abbinare ai funghi porcini. Potete trovare anche piatti pronti come lasagnette con verza e salciccia, polpette di polenta e ragù con selvaggina.

i foRmaggi blasonati La gamma casearia di valle è piuttosto ampia, fra tutti spicca la Toma di Lanzo che può essere consumata al naturale ma che troviamo in molte ricette tradizionali come nella minestra mitonà, o fusa per nappare flan di

cardi o topinambour, oppure nel boc, palla di polenta calda ripiena di toma e posta sulla piastra rovente della stufa. Molto rinomata è la Toma del lait brusc, chiamata così per il suo sapore deciso e un po’ acido, tradizionalmente si consuma con patate lesse, ma può essere utilizzata sbriciolata per la preparazione del carpaccio, per condire gli gnocchi o come base di salse per tutte quelle preparazioni dove si desidera contrastare un sapore dolce come la zucca o si vuole conferire al piatto una leggera nota acida. Fra i formaggi erborinati il più celebre è il Blu di Lanzo da servire con pane di segale e confettura di cipolle rosse. Mentre tra quelli di capra spiccano il Chevrin, ha un sapore aromatico-intenso che aumenta con la stagionatura e i richiestissimi Tomini di capra, destinati al consumo fresco, tra i sette e i quindici giorni. Questi vanno gustati al naturale oppure coperti con un poco di “bagnetto verde” o “bagnetto rosso”, un tempo però venivano schiacciati e conditi con un filo di panna liquida fresca, aglio e pepe.

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Personaggio gastronomico

tRa tRadizione e innovazione

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Altre sfiziosità da provare sono la gustosa Toma ‘d trausela, un formaggio freschissimo prodotto con il latte appena munto, adatto al consumo quasi immediato (1 o 2 giorni). Una curiosità, in cucina è premurosamente accudita, avvolta in panni puliti e asciutti più volte sostituiti quando nuovamente bagnati, come si fa con

i bimbi in fasce. Un piccolo rito amorevole per prendersi cura della sua freschezza e bontà. Più recentemente i maestri caseari hanno creato nuove prelibatezze come le Tome alle erbe e al peperoncino, la Toma Ricca che ricorda la friabilità e il sapore del Castelmagno, e il Maggiorino, così battezzato in onore di un anziano del luogo che rivelò la ricetta dei suoi bisnonni. Un accenno ad una golosità nata dall’esigenza di riutilizzare gli avanzi di formaggio: il Bruss. Il procedimento, che può essere realizzato anche a casa, varia a secondo del formaggio utilizzato. Se si parte con toma a pasta dura, occorre grattugiarla o tagliarla in piccoli pezzi. Vengono quindi messi in n recipiente di vetro o di terracotta e addizionata di una piccola quantità di latte per favorire la rifermentazione. Quindi il recipiente viene messo in luogo fresco, dove resterà fino a che si interrompe la fermentazione con una dose di grappa o cognac. Si lascia riposare a lungo finchè diventa una crema da spalmare.


la meRenda sinoiRa

una tavolozza gustosa Se avete la fortuna di procurarvi queste delizie del palato made in Valle di Lanzo, organizzate una cena con amici e preparate un grande tagliere dove disporrete i diversi formaggi. E’ importante rispettare il “percorso” suggerito di degustazione, cominciando dal più delicato e proseguendo verso il più saporito e stagionato, in questo modo si può apprezzare al meglio il carattere di ognuno. Accompagnate la vostra selezione di formaggi con miele, confetture casalinghe o cugnà come suggerisce la tradizione, ma se volete stupire i vostri ospiti servite una salsa agrodolce di peperoncini, o una gelatina di melograno, oppure una marmellate di mele cotogne speziate. Sembrerà di portare a tavola la tavolozza di un pittore!

Antica abitudine delle famiglie contadine piemontesi è la “merenda sinoira”. Piccolo pasto frugale freddo ma sostanzioso, veniva consumato intorno alle 17 con lo scopo di rigenerarsi dopo i faticosi lavori del pomeriggio e funge quasi da cena.”Sinoira” infatti deriva da “sin-a” che in dialetto significa cena. E’ un piacevole rito conviviale da celebrare con gli amici, recentemente è stato rispolverato e riproposto in molti locali di tendenza con grande successo. Se volete organizzare una merenda sinoira in casa non vi resta che recarvi in una gastronomia e acquistare un bel pezzo di Toma di Lanzo, tomini freschi o in composta e un buon salame di turgia da affettare su un tagliere. Non possono mancare le classiche acciughe al verde, zucchine in carpione, terrina di coniglio e tante altre sfiziosità da accompagnare con grissini e un buon bicchiere di vino locale.

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dal 1976 SPECIALITA' GASTRONOMICHE

Per la spesa di tutti i giorni, per solleticare il gusto o per acquistare i prodotti per i giorni di festa. L’Angolo del Buongustaio dei Fratelli Messaglia sa sempre come accontentare la clientela. Oltre alla frutta e alla verdura biologica si trovano i piatti della gastronomia preparati freschi tutti i giorni. Tante specialità da portare in tavola per un menù sempre diverso e accattivante. A cominciare dai presidi Slow Food, utilizzati anche per le preparazioni gastronomiche. Si sceglie tra le paste fresche (agnolotti, tajarin, plin…), gli arrosti, il bollito misto, il brasato, il fritto misto e le specialità della tradizione piemontese. Anche il dolce è protagonista con golosità come i torcetti, il bonet, la panna cotta. Ottimo anche l’assortimento dei formaggi di varie tipologie d’alpeggio e la selezione di vini e distillati. Una qualità e una offerta certificata dal riconoscimento Maestri del Gusto. E per Natale e Capodanno L’Angolo del Buongustaio ha preparato un menù speciale per sorprendere ospiti e amici.

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a cura di: Filippo Vernetti

Piemontese, razza pregiata Le mucche “sfoggiano” delle misure particolari: pesano tra i 500 e i 600 kg. La razza piemontese viene immediatamente riconosciuta dagli esperti per l’ipertrofia muscolare o groppa doppia, un segno distintivo che è comparso nel corso dei secoli è oggi interessa la quasi totalità degli animali. Si calcola che siano 10 milioni i capi di bovino adulto (pari al 10% del patrimonio zootecnico nazionale) presenti in Piemonte. La maggior parte degli allevamenti si trova nel Cuneese e nel Torinese. Il 40% delle bestie presenti nelle stalle sono di razza piemontese, destinata alla macellazione, ma non mancano mucche di razza Frisona, specializzate nella produzione di latte. La piemontese è uno dei presidi Slow Food. Secondo i dati del censimento dell’agricoltura 2010 negli allevamenti piemon-

Città della carne

arriva dal lontano pakistan uno degli “avi” più illustri della razza piemontese. il bovino aurochos, incrociato con uno zebù proveniente dalla zona del pakistan, È inFatti uno dei progenitori delle mucche che pascolano nelle nostre vallate. gli animali, allevati in aziende agricole per la maggior parte a conduzione Familiare, si contraddistinguono per l’altissima resa che arriva a sFiorare il 70%. la carne È apprezzata dagli intenditori anche per il bassissimo contenuto di grassi e colesterolo.

tesi erano anche presenti oltre 300mila suini. Da questi animali si ricavano diversi prodotti che possono vantarsi delle denominazioni dop, igp e pat.

il simbolo di toRino Il toro è parte del dna degli abitanti del capoluogo piemontese. Monumenti, stemmi e segni sono presenti in ogni angolo della città a partire dai “toret”, le oltre 900 fontanelle dal caratteristico colore verde e dalla testa di toro che zampillano acqua. Sotto i portici di piazza San Carlo, il salotto per antonomasia della città, è impresso nella pavimentazione un toro in bronzo. Pare che calpestandone gli attributi si riceva fortuna in abbondanza. È inoltre

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Città della carne presente nello stemma dello Torino Fc e in quello della Juventus.

il salame di tuRgia

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Il salame di Turgia, tipico delle valli di Lanzo è prodotto con carni di bovine a fine carriera e con un 30% di carne di maiale. Il salame viene fatto asciugare e riscaldare nella “paiola” una particolare stanza con una temperatura interna di 20 gradi e un’umidità del 65%. Successivamente viene stagionato per 30 giorni in cantine con una temperatura costante di 10-12 gradi e un’umidità relativa del 70-80%. Le fette, particolarmente saporite, sono perfette da servire come antipasto.

le pRopRietÀ nutRitive Filetto, costata, bollito,… sono diversi i tagli e i metodi di cottura per gustare al meglio una fetta succulenta di carne di pura razza piemontese. Un piatto che soddisfa le papille gustative e non appesantisce. Con 100 grammi si introducono infatti nell’organi-

smo circa 20-22 grammi di proteine, una quantità che risponde in pieno alla raccomandazione dell’Istituto della nutrizione di assumere giornalmente circa 50/80 grammi di proteine, di cui 1/3 di origine animale. Questo tipo di proteine è inoltre ricco di amminoacidi, “benzina” essenziale per il buon funzionamento dell’organismo. Dentro la carne sono presenti anche il triptofano che aiuta la produzione della serotonina, neurotrasmettitore che regola la produzione dell’umore, del sonno, dell’appetito e l’arginina che stimola la produzione dell’ormone della crescita. Nella carne di razza piemontese la presenza di grassi è molto bassa, in alcuni tagli è addirittura sotto l’1%.

in cucina: bollito, fRitto misto e madama la piemonteisa La carne ha sempre avuto un posto d’onore nelle cucine dei piemontesi. Alcune specialità sono addirittura diventate della “ambasciatrice” della tavola locale da esportare nel mondo. È il caso del bollito: in tavola arrivano sette tagli di carne: scaramella, punta di petto, fiocco, noce, cappello da prete, tenerone e culatta. Per rendere ancora più godu-


rioso il piatto si servono diverse salse. Immancabile è il bagnetto verde, un intingolo di aglio, olio extravergine d’oliva, prezzemolo e acciughe. La carne cruda, battuta al coltello per mantenerne inalterate le proprietà organolettiche, è l’altra ghiottoneria da non perdere. Altro must è il vitello tonnato: un pezzo di girello, messo a marinare in una pentola con vino bianco, chiodi di garofano, salvia, viene fatto cuocere per ore. Si mangia freddo, accompagnato da una maionese. Ingredienti poveri ma ricchi di gusto sono alla base del fritto misto. Cervella di vitello, animelle, filoni, creste di gallo, fegatini, rognoni e altre frattaglie sono alla base di questo piatto amatissimo dai buongustai. Ultima novità proposta dagli chef è “madama la piemonteisa”, una succulenta bistecca dal peso di 500/700.

la paRola all’espeRto

Piercarlo Barberis, maestro del gusto Slow Food e rappresentante dell’associazione provinciale macellai di Torino spiega le caratteristiche della carne piemontese

Iniziamo a distinguere tra razza piemontese e fassona. Si tratta di due prodotti diversi? “Sì, la fassona rappresenta l’eccellenza della razza bovina locale. Si riconosce per la muscolatura della coscia particolarmente sviluppata. La femmina dell’animale vanta poi delle caratteristiche di tenerezza uniche unite a un gusto eccezionale. Oltre alla fassona merita di essere citata anche la carne del bue piemontese. Si trova principalmente nel periodo natalizio, dagli inizi di dicembre in avanti. La carne è estremamente tenera e ha una colorazione intensa. È ideale per le lunghe cotture: stracotti, brasati ne mettono in evidenza le qualità organolettiche”. Si trova facilmente? “No, nei supermercati e nelle catene della grande distribuzione è praticamente inesistente. La quasi totalità delle carni che finiscono sulle nostre tavole arriva dall’estero. Ha costi leggermente più elevati perché sono diversi i metodi di allevamento: l’animale è più curato a iniziare dall’alimentazione. Anche i controlli a cui vengono sottoposte le bestie sono estremamente rigorosi”. Parliamo di tagli. Consigliamo qualche piatto particolare? “Innanzitutto la battuta al coltello, la carne cruda preparata a mano del macellaio. È un piatto che può tranquilla-

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Città della carne mente gareggiare con la bagna cauda o con il tartufo bianco e ben rappresentare il gusto piemontese nel mondo. Ma ci sono altri tagli, penso al bollito, che vanno provati. Purtroppo la nostra società è cambiata: c’è meno tempo per cucinare e questi piatti che necessitano di cotture lunghe, vengono scartati. Si preferisce acquistare la fettina che, oltre a essere meno gustosa, costa leggermente di più rispetto ad esempio di uno spezzatino”. E tra i tagli meno nobili? “I sette tagli del bollito. Fortunatamente i programmi di cucina hanno riacceso l’attenzione sulla cucina delle frattaglie, delle interiora, del quinto quarto dandogli la dignità che gli spetta”. 56

a cantoiRa la battaglia delle Reines A ottobre Cantoira ospita la finale della Battaglia Delle Reines, l’esposizione/confronto delle Reines: le mucche più prestigiose delle valli di Lanzo si contengono il “rondone”, un campanaccio colorato. La sfida è combattuta a colpi di cornate. La

finale è l’ultimo passo di una lunga fase eliminatoria che si svolge tra aprile e settembre. A contorno della manifestazione fin dal primo pomeriggio in paese c’è un’ esposizione di prodotti tipici dell’artigianato locale, attrezzature per l’agricoltura e stand gastronomici. La battaglia (Batailles, in dialetto) è una tipica manifestazione della realtà pastorale delle Valli di Lanzo. L’evento è molto sentito dagli agricoltori e da tutta la popolazione e attira ogni anno una folla di turisti. L’evento è organizzata dall’Associazione J’Amis d’le Reines d’le Val ad Lans, con il patrocinio della Regione Piemonte, Provincia di Torino, Turismo Torino e Provincia, Camera di Commercio Industria Artigianato di Torino, Comunità Montana Valli di Lanzo Ceronda e Casternone, Comune di Cantoira, Federazione Coldiretti Torino, Sezione Coldiretti Cantoira.



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a cura di: Loredana Tursi

tutto il bio che c’è

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la Freschezza e la genuinità dei prodotti biologici delle valli di lanzo sono determinati dall’essere privi di trattamenti, per la loro produzione secondo metodi naturali e seguendo il corso delle stagioni. una agricoltura biologica e tipologie di preparazione che ben rispecchiano le tradizioni e buoni metodi del passato. diversi i prodotti biologici: dalla Frutta alla verdura, ai cereali e le loro Farine, i vino, legumi e anche il pane e la pasta, succhi di Frutta, conserve e miele.

Tra i prodotti del sottobosco locale, mirtilli, more, lamponi, fragoline selvatiche, ribes sono in pole position ma tra frutta a fare da capofila ci sono le mele di montagna. Tra le varietà coltivate e commercializzate Bugin: la maturazione avviene in inverno, già in fruttaio, dopo essere state raccolte a fine ottobre, si conservano fino a inizio estate. Buccia con colore di fondo tendente al giallo, marezzata di rosso, in modo non uniforme; polpa bianca con sfumatura verdastra, profumo dolce, sapore zuccherino leggermente acidulo. Rigadin: viene chiamata anche Niclot e Michlet a seconda delle zone. I cereali ad esempio hanno la caratteristica di essere coltivati senza l’uso di pesticidi e senza ricorrere agli Ogm - organismi geneticamente modificati, così come i legumi. Appartenenti alla famiglia delle graminacee coltivate per ricavarne chicchi e semi, i cereali biologici sono ricchi di amido e caratterizzati dall’altissima digeribilità e dalla


facilità di conservazione. Le farine invece si ottengono con la macinazione delle cariossidi dei cereali o di altri prodotti amidacei. L’elemento fondamentale di tutti i tipi di farina è l’amido: un polisaccaride complesso, a cui si aggiungono parti minori di proteine, grassi e fibre. La Valle di Lanzo è ricca di laboratori di pasta fresca e spesso si procede anche all’essiccazione a bassa temperatura, solitamente non superiore ai 50° e con tempi di essiccazione che variano dalle 24 alle 48 ore, a seconda del tipo di formato, al fine di mantenere nella pasta tutti i principi nutritivi ed organolettici presenti nel grano. Le varietà più apprezzate dei funghi presenti nelle Valli sono: i Porcini, le “Crave” (o Porcinelli), le “Garitule” (o Gallinacci).

la dolcezza del miele natuRale

Mentre in produzioni di tipo convenzionale si impiega molta energia ausiliaria proveniente da processi industriali, nell’agricoltura e nell’apicoltura biologica, pur essendo in parte basata su energia ausiliare proveniente dall’industria estrattiva e meccanica, si reimpiega la materia

principalmente sotto forma organica. in poche parole il miele deve essere privo di fitofarmaci di sintesi, ma anche il terreno da cui è stato ottenuto non dovrebbe ricevere alcun trattamento chimico che non sia autorizzato. Fra l’altro si noti come un prodotto, ed il miele biologico non fa eccezione, per essere definito “biologico”, in qualunque fase della produzione non deve prevedere la presenza di OGM (è ammessa una presenza incidentale non superiore 0,9%), ed un OGM in sè potrebbe benissimo non contenere alcun prodotto chimico, cioè potrebbe “non far male” in sè, ma prevale in questo caso il rispetto per l’integrità della natura e della biodiversità. Tante le varietà del miele (mille fiori, robinia, castagno, melata, tarassaco, rododendro, pappa reale, favo) e tra queste suggeriamo quello molto diffuso del tiglio, consigliato per vincere le emicranie, è un antispasmodico che agisce sul sistema nervoso come calmante. Agisce contro l’insonnia (da utilizzarsi per addolcire la tisana della sera) e la dismenorrea.

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l’agri a km 0

a cura di: Filippo Vernetti

tenuta sant’Anna: coltivare secondo natura

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Lavorare la terra significa preservare il territorio e continuare a coltivare esemplari di frutta e verdura locali che altrimenti scomparirebbero, inghiottiti dall’industria agro-alimentare. Lo sanno benne alla Tenuta Sant’Anna, azienda agricola di Castagnole Piemonte, in cui è la natura a scandire il lavoro dell’uomo. Assecondando il tempo delle stagioni si raccolgono prodotti genuini. Lo spirito e la tenacia contadina animano Alfredo Cassardo, alla guida della tenuta. Qual è l’obiettivo che vi siete posti? “Dal 2004 abbiamo rilevato la tenuta. È un’antica cascina piemontese del Settecento, circondata da vasti appezzamenti agricoli. La superficie coltivabile è di 40 giornate piemontesi, una unità di misura che corrisponde alla quantità di terreno arabile da una coppia di buoi in una giornata. Il nostro primo obiettivo è stato rifare gli antichi frutteti e rilanciare le coltivazioni locali”. Che tipo di coltivazioni portate avanti? “Abbiamo 4 serre dedicate alla coltivazione delle verdure. Nel

frutteto disponiamo di 500 piante d’alto fusto e 2000 arbustive, con esemplari di ribes rosso e nero, lamponi, amelanchier, aronia, una bacca simile al mirtillo dal sapore dolce e ricca di sostanze antiossidanti. Abbiamo una piantagione di lavanda mentre un’altra parte è occupata dalla coltivazione del peperoncino, con varietà pregiate come l’habanero e il cayenna. Un’altra area dell’azienda è utilizzata per la produzione e vendita di prato a zolle”. Che tipo di prodotti offrite? “Frutta e verdura vengono venduti nel nostro spaccio. Nel nostro laboratorio vengono poi preparate confetture, gelatine, salse. Si possono provare specialità come ribes nero e cassis, mele cotogne, pesche e lavande. Oppure peperoncini al cioccolato, fichi caramellati, paste di meliga, sorbetti all’uva fragola. I prodotti della terra vengono utilizzati per preparare i piatti del ristorante, con pane e dolci fatti in casa e salumi provenienti dai nostri allevamenti. Vengono fatti seguendo le ricette di una volta. Hanno un gusto impareggiabile”.


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L’arte del conservare non è solo mettere i frutti nel vaso, insieme ai profumi e ai sapori della stagione, si conservano anche le sfumature dei ricordi e delle emozioni, perchè quando gustiamo una conserva, questa deve parlarci del suo momento di vita, risvegliando in noi attimi ormai dimenticati ma che piacevolmente affiorano alla memoria facendoci rivivere un bel momento del nostro passato. Per questi motivi in cui fermamente crediamo, abbiamo scelto di usare solo materie prime fresche e biologiche nel naturale momento del loro raccolto. Si dice che “siamo cio’ che mangiamo” e allora nutriamoci di cose buone, sane e naturali, per poter essere semplicemente noi stessi nel modo migliore. Dal 1990 Cereal Terra è impegnata per portare sulle tavole solo prodotti buoni e naturali. Perché è convinta che un’alimentazione corretta e sana sia il primo passo verso il miglioramento della vita. I prodotti di Cereal Terra sono il frutto di una lavorazione artigianale fatta di ascolto e di esperienza e il profumo e i colori della terra, coltivata senza offenderla, lasciano che essa trasmetta ai suoi frutti tutti i segreti della sua storia. CEREAL TERRA - Via Ricardesco, 15/17 - 10073 Ciriè (To) T +39 011 9222629 - F +39 011 9224193 cerealterra@cerealterra.it - www.cerealterra.it


In un mondo sempre più globale è giusto fermarsi a considerare ciò che mangiamo ogni giorno ed è con questo spirito che abbiamo scelto il marchio BIOBOTTEGA che unisce sia i prodotti biologici per un’alimentazione più tradizionale sia prodotti per le nuove tendenze culinarie quali etnica, vegana o crudista. Insomma, per ogni esigenza abbiamo prodotti per soddisfare le richieste più diverse. Nel mese di giugno sono stati inseriti anche ortofrutta fresca e surgelati per offire un assortimento veramente completo ai nostri clienti. Un’attenzione particolare è poi rivolta all’aspetto salutistico offrendo un assortimento vasto di prodotti erboristici ed integratori alimentari che il nostro personale specializzato saprà consigliarvi per il meglio. In occasione del prossimo Natale l’assortimento si completerà con i cestini preparati anche su ordinazione per un regalo originale e con un occhio rivolto alla salute. Per tutto il mese di dicembre saremo aperti anche il lunedì mattina.

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a cura di: Loredana Tursi

il re dolce

squisitezze in festa sono tante le proposte dolciarie per arricchire le nostre tavole in Festa ma È d’obbligo soFFermarsi sulle bontà che la tradizione ci consiglia per soddisFare il nostro palato.

il dolce Ripieno della cipolla Le cipolle con il dolce potrebbero cozzare, ma la tradizione robassomerese ci smentisce. Si chiamavano i siuli pijni. Il giorno della festa le famiglie portavano nei forni di uso comune le cipolle ripiene di un impasto di latte, zucchero, uova, grissini sbriciolati, uva sultanina e altri ingredienti facilmente reperibili. Le diverse teglie ognuna contraddistinta da un segno di riconoscimento, di solito da un frutto venivano poi ritirate dopo la cottura e i siuli pijni venivano consumati come dessert alla fine del pasto. Questa tradizione, che andava lentamente perdendosi negli anni, fu mantenuta da un personaggio, recentenente scomparso, oramai circondato da un’alone mitico, l’anziana Marianin. Questa signora, fino a pochissimi anni fa, continuava a preparare i siuli pijni secondo la ricetta tradizionale. Nel 1995 gli organizzatori della manifestazione decisero di

mantenere la tradizione istituendo così la prima Sagra dli Siuli Pijni. Non perdetela!

il bonèt: pRelibatezza al cucchiaio In origine il termine “Bonèt” in piemontese significa cappello/ berretto (portato dagli uomini nelle campagne). Inoltre secondo il dizionario Piemontese/Italiano di Vittorio Sant’Albino del 1859, tale dolce porta il nome di “Bonèt” perché così viene chiamato lo stampo di rame o alluminio nel quale è cotto, che imita in realtà un cappello da cucina (“bonet ’d cusin-a”). La versione più curiosa e più accreditata risale alle Langhe (zona d’origine del dolce) lascia intendere che il dolce sia stato chiamato così perché veniva servito alla fine del pasto, come cappello a tutto ciò che si era mangiato. Infatti, prima di uscire di casa o da un locale chiuso, dopo essersi vestiti, si indossava, come ultimo indumento, il bonèt e, quindi, per similitudine il dolce posto a chio-

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il re dolce sa del pasto prese questo nome. Gli ingredienti utilizzati sono: uova, zucchero, latte, amaretti, cacao amaro in polvere, panna, caramello e rhum. La ricetta può subire alcune variazioni, a seconda delle zone di produzione. Possono, infatti, essere aggiunte nocciole delle varietà Tonda Gentile delle Langhe, caffè oppure, il cognac al posto del rhum. Viene servito freddo ed è un modo irrinunciabile di terminare un vero pranzo “alla piemontese”.

il cioccolato e la nocciola matRimonio goloso 70

Non è possibile prescindere dal cioccolato se si parla di dolci del-

la Valle di Lanzo in cui tanti sono i maestri cioccolatieri e laboratori che si incontrano. Cioccolato in tutte le sue forme, come bevande, piccoli formati e grandi opere d’arte. Il connubio con la nocciola del posto as-

Bonet INGREDIENTI 4 uova, 6 cucchiai di zucchero semolato, mezzo litro di latte, 50 grammi di amaretti semolati, 2 cucchiai di cacao amaro in polvere, 2 cucchiai di rhum PROCEDIMENTO: Dopo aver sbattuto le uova in una terrina, si uniscono 4 cucchiai di zucchero, il cacao, gli amaretti finemente sbriciolati con le mani, il rhum e il latte. Amalgamato il tutto con l’aiuto di una frusta, si prepara il caramello. Si scaldano 2 cucchiai di zucchero in un pentolino fino a che divenga di colore biondonocciola, si spruzza un po’ d’acqua facendo diventare lo zucchero filante e si mescola. Si versa il caramello così ottenuto in uno stampo, che è stato tenuto al caldo per facilitarne lo scorrimento, in modo che veli il fondo e le pareti. Raffreddato il caramello, si versa il composto nello stampo e si cuoce nel forno, precedentemente riscaldato a 180°C, a bagnomaria per 45 minuti circa. Quando il composto è ben rappreso, si lascia raffreddare lo stampo e poi lo si pone, prima di servirlo capovolto in un piatto da portata, in frigorifero per 2/3 ore.


il re dolce surge ad un sapore sopraffino. L’integrazione di varie spezie lo rendono ancora più stuzzicante e delizioso. L’unione perfetta è proprio nel Gianduiotto, la nocciola è indispensabile per la sua produzione. tavolette, bicerin, la cioccolata calda e tutte le sue varianti sono il prodotto di una lunga storia che inizia nel capoluogo piemontese nel 1559, all’indomani della pace di Chateau Cambrésis, quando Emanuele Filiberto di Savoia, generale degli eserciti spagnoli sotto l’imperatore Carlo V, torna nei suoi Stati portando con sé alcuni semi di cacao che servirà l’anno seguente, sotto forma di cioccolata calda fumante, durante i festeggiamenti per il trasferimento della capitale del Regno di Savoia da Chambéry a Torino. Fino al 1826 il cibo degli dèi vie-

ne servito e consumato esclusivamente come bevanda liquida, sarà l’imprenditore Paul Caffarel che darà avvio alla produzione di cioccolato solido ottenuto mescolando cacao, acqua, zucchero e vaniglia. Questo nuovo tipo di cioccolato conquista il palato dell’aristocrazia piemontese e non solo, diventando un dolce insostituibile fino ai giorni nostri rendendo Torino la vera Capitale del Cioccolato in Italia. 71


vi aspetta nella nuova sede di Via Volpiano 92 (a destra, nell'interno del piazzale, dopo il palazzo Coral). Il laboratorio produce il "Gianduiotto Originale Torinese tagliato a mano", creme da spalmare (golose e sane, senza latte e senza olio di palma), cioccolatini, cremini, praline, confezioni, cesti e soggetti natalizi.

quest'anno compie 15 anni e festeggia 5 anni dal passaggio alla rinnovata gestione. Vi sorprende con sempre nuove combinazioni di sapori. Potete gustare i nostri dragee, fatti con fave di cacao, ciliegie, uvetta, caffè, nocciole e mandorle. Le nostre tavolette di cioccolato puro (senza aggiunta di grassi estranei) con i migliori cacao. I liquorini, antichi cioccolatini fatti come una volta, colati a mano e ricoperti di puro fondente. Via Volpiano 92, Leinì (TO) Tel: 011.998.3223 - fax: 011.043.30.97 Orari: martedì - sabato 9-13, 15-19, domenica: 10-12,30 lunedì chiuso (ad eccezione periodi festivi Pasqua e Natale) www.gianduiottotorino.it - www.facebook.com/cioccolART.leini info@chocoleini.it


15 anni fa, nel 2000 nasce , dopo la scissione di un altro laboratorio di Leini e da allora produce sempre nuove eccellenze, oltre il fiore all'occhiello: il "Gianduiotto Originale Torinese tagliato a mano", vera eccellenza del territorio. Inoltre , promuove iniziative didattiche per scuole e circoli ricreativi.

Il "Gianduiotto Originale Torinese tagliato a mano", nasce nelle botteghe di Torino, in un momento di crisi di approvvigionamento del cacao. Alcuni cioccolatai sperimentarono le varie possibilitĂ e provarono ad aggiungere al cacao che riescono a reperire, le nocciole, da sempre abbondanti nel territorio. Ancora oggi, con le nocciole Piemonte IGP, varietĂ Gentile Piemonte, e i migliori cacao, noi produciamo per i nostri clienti, oltre che per varie pasticcerie del torinese, i gianduiotti come una volta.


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a cura di: Filippo Vernetti

l’elisir della vita

Il Canavese, terra da scoprire a partire dai vini

tra le colline e le prime appendici montane i vitigni disegnano una linea interrotta solo dalla presenza dei centri urbani. Fino al conFine con la valle d’aosta sono una presenza costante quanto discreta. È l’immagine che accompagna il visitatore che attraversa la zona che dalle valli di lanzo porta verso il canavese.

Dalle uve si ottiene il Canavese Rosso, una doc istituita nel 1997 e dedicata all’omonima area territoriale. Per la produzione vengono utilizzati grappoli di Nebbiolo, Barbera, Bonarda, Freisa e Neretto. Da soli o congiuntamente devono coprire almeno il 60% delle uve utilizzate. Il restante può essere costituito da uve rosso non aromatiche provenienti sempre dagli stessi territori. Nelle cantine

sociali e nelle aziende vitivinicole si possono acquistare anche bottiglie di Canavese Rosso Novello Doc, vino giovane, particolarmente fresco e fruttato, Canavese Rosato Doc, Canavese Barbera Doc, Canavese Nebbiolo Doc e Canavese Bianco Doc (ottenuto esclusivamente da uve Erbaluce). Per brindare si possono provare le bollicine del Canavese Bianco Spumante (un extradry realizzato con il metodo Charmat) e del Canavese Rosato Spumante.

eRbaluce di caluso, secco, passito o spumante, è sempRe un piaceRe Il Piemonte è terra avara di vini bianchi. Nel mondo è conosciuto per i rossi, “pesi massimi” in

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baluce di Passito Riserva) prima che le bottiglie possano venire immesse sul mercato. Ma il vino può continuare a invecchiare anche per 30-40 anni, nel bicchiere si esalteranno sempre il profumo elegante e l’estrema limpidezza. È ideale per accompagnare una merenda “alternativa”, abbinando un bicchierino di Erbaluce passito con torcetti, paste di meliga, canestrelli e gli altri biscotti tipici della pasticceria piemontese.

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grado di competere con Brunello di Montalcino, Borgogna e altri campioni dell’enologia mondiale. Nel Canavese maturano i grappoli che diventeranno l’elemento base per la produzione dell’Erbaluce di Caluso, il primo bianco del Piemonte ad aver ottenuto nel 1967 la doc. Nel 2010 è arrivato anche il riconoscimento di docg. Ha un caratteristico colore giallo. In bocca è fresco e sapido, con sentori di salvia e note che ricordano la buccia d’agrumi. È perfetto per accompagnare piatti tipici della cucina locale come la zuppa canavesana o il risotto con le rane. Altro gioiello del territorio è l’Erbaluce di Caluso Spumante docg. Realizzato con metodo classico si contraddistingue per la spuma leggera e persistente, il perlage fine e il colore paglierino. Al palato si fa ricordare per il sapore fruttato. A fine pasto si apprezzano meglio le qualità dell’Erbaluce di Passito docg. I grappoli sono fatti invecchiare nelle “passitaie”, locali arieggiati dove vengono posti su dei graticci o appesi per il peduncolo per 5 mesi. A marzo vengono pigiati. Dovranno passare tre anni (quattro per la denominazione Er-

il consoRzio Il consorzio, nato nel 1996 come centro di tutela e valorizzazione dei vini doc di Caluso e poi diventato, agli inizi del Duemila, consorzio di tutela e valorizzazione vini docg Caluso, Carema e Canavese doc, riunisce 29 produttori impegnati a far rispettare i disciplinari di produzione e a valorizzare questi tesori dell’enologia locale, come spiega il presidente Gian Luigi Orsolani. Proviamo a definire con una parola il vitigno Erbaluce. “Ecletticità, oltre ad essere l’unica uva bianca 100% docg, può produrre il bianco secco, il passito e lo spumante”. Parliamo dello spumante: in questi ultimi anni anche il Piemonte è diventato terra di bollicine. Che posizione ha rispetto ad altri terroir più famosi? “Di rilievo. Nel 1968, nelle nostre cantine, abbiamo prodotto la prima bottiglia di Erbaluce spumante. Sono quindi 40 anni che è presente sul mercato. Non si tratta di un fenomeno legato alle mode del momento ma di una bottiglia con una sua sto-


ria alle spalle. Le uve di Erbaluce hanno una freschezza, un’eleganza e una mineralità particolari che si esaltano nella versione spumante”. Quali sono invece i punti di forza dell’Erbaluce passito? “È un vino che veniva già prodotto dai Romani. Grazie alle sue caratteristiche poteva venire trasportato senza che diventasse aceto. Col passare dei secoli è diventato un vino da meditazione, da servire agli ospiti e per i momenti importanti. Nonostante il Piemonte sia terra di vini rossi, il passito, grazie alla sua dolcezza naturale, è sopravvissuto fino a noi. Nelle campagne del Canavese quasi ogni famiglia conservava almeno una vite di Erbaluce in modo da garantirsi il vino per le feste e le ricorrenze”. Un altro vino, purtroppo poco noto, è il Carema. “Ha una produzione limitata, inferiore alle 100mila bottiglie. La terra in cui viene coltivato, il comune di Carema, è poca. Siamo in una zona di montagna, le difficoltà di lavorare la vite sono quindi ulteriori. Ottenuto da uve Nebbiolo è un vino di grande eleganza, con profumi che ricordano la rosa e la viola e leggere note di cuoio e tabacco”. Come consorzio state portando avanti delle iniziative per far conoscere meglio i vini cana-

vesani? “Siamo stati presenti a Expo, una vetrina importante. Da gennaio del prossimo anno prevediamo di far partire delle iniziative di incoming rivolte a giornalisti ed esperti per far conoscere meglio il nostro territorio e i vini. Attualmente il bacino principale di vendita è il Torinese ma le nostre bottiglie arrivano in ogni parte del mondo: ci sono infatti degli estimatori in Cina, Giappone, Australia, Stati Uniti che ne apprezzano le caratteristiche”.

biRRa, oRgoglio piemontese Bionde, rosse, doppio malto o a bassa fermentazione. Le birre artigianali non hanno segreti per Andrea Camaschella, tra i massimi esperti del settore scrive per le principali riviste del gusto, è docente ai Master of Food di Slow Food e collabora alla realizzazione della Guida alle Birre d’Italia (Slow Food Editore). Iniziamo parlando di numeri. Ad oggi quanti sono i birrifici artigianali in Italia? “È difficile dare un numero esatto: mentre parliamo, probabilmente, sta aprendo un birrificio. E ogni tanto, ma più raramente, uno chiude. Una crescita superiore si vede solo negli Stati Uniti, solo che là sono quasi duecento milioni più di noi italiani e bevono più del doppio. Se proprio dobbiamo dare dei riferimenti numerici direi che siamo oltre gli 800 tra birrifici (sola produzione), brew pub (birrifici con locale di mescita) e beer firm (birrifici senza impianto, che si appoggiano ad altri per produrre le birre).

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l’elisir della vita

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Il Piemonte è secondo solo alla Lombardia per numero di attività e dovrebbero essere attorno al centinaio. Tra un mese, come dicevo all’inizio, dovrebbero aumentare ancora. È un fenomeno italiano, dove l’accesso al credito, anche di realtà consolidate, è difficoltoso, quindi si riescono più facilmente a fare piccoli investimenti. Ho due speranze su questo. Anzitutto che si arresti il fenomeno di alcune beer firm che hanno alle spalle persone che di birre non capiscono nulla, che cercano solo di fare business a scapito dei consumatori che si vedono inondati di bionde e di rosse senza criterio alcuno. Ma anche che i birrifici, quelli che fanno qualità, riescano ad ingrandirsi, come succede in altri paesi e come è giusto che sia. È un mercato destinato a crescere ancora? “Anche qui mi cogli impreparato: guardando al consumo pro capito italiano, attorno ai 29 litri annui, pensavo di vedere una contrazione nel numero di birrifici già alcuni anni fa. In realtà l’aumento esponenziale fa capire che il mercato è molto più ricettivo di quanto pensassimo. Al momento manca anche una comunicazione fatta bene, efficace. I libri sulla birra, i grandi editori, li fan-

no scrivere a persone che dell’argomento non sanno un tubo… Quindi direi di sì, che il mercato ha ancora possibilità di crescita, molti locali, con le bottiglie se non con i fusti, stanno accogliendo le birre artigianali. Direi che le prospettive sono rosee e non è solo un fenomeno di moda. È un fenomeno che si sta radicando. Anche la risposta di alcune grandi industrie, che stanno scimmiottando i microbirrifici, mi conferma che, lentamente, ma le produzioni artigianali si stanno radicando. Il mercato del comparto artigianale cresce, erode la quota delle grandi industrie e direi che c’è ancora spazio”. Come si riconosce una birra artigianale? “Nel bicchiere è piuttosto facile: ha dei profumi, dei sapori e degli aromi che ben rappresentano i gusti, il modo di bere del birraio che l’ha pensata. Solitamente, all’aspetto, non è brillante né limpida e luccicante come le birre industriali, ma anzi spesso è lievemente velata. Ancora non esiste una definizione univoca e forse il termine stesso, “artigianale”, è già superato. Occorre pensare a qualcosa di nuovo. Uno dei birrifici storici, Le Baladin, sta proponendo la definizione di “Birra Viva”, che racconta di un prodotto che evolve, pieno di microrganismi vivi, i lieviti, che sono corresponsabili, con il birraio, della birra stessa. Qualcosa che la grande industria può al massimo millantare…”. Quali sono gli ingredienti che fanno la differenza? “A voler ben vedere tutti gli ingredienti! Partendo dall’acqua (molto sottovalutata ma fondamentale), passando per la qualità dei malti e dei


luppoli, fino alla cura del lievito. In Italia a fare la differenza sono, in molte occasioni, gli ingredienti territoriali, le erbe, le spezie, i frutti e così via, che i birrai talvolta utilizzano per caratterizzare una birra. Questo può fare anche una grande differenza, ma solo se il birraio ha lavorato bene anche sul resto della ricetta. Una birra deve restare birra, anche se ha dentro il più raro degli ingredienti, non deve diventare un frullato macrobiotico! Quindi più che un ingrediente in sé, a fare la differenza, è il modo di usarli”. Le caratteristiche principali delle birre artigianali italiane? “Le stesse di ogni grande produzione italiana: estro, fantasia, creatività e capacità di adattamento (alla tassazione, alle condizioni climatiche, geopolitiche, alle leggi e chi più ne ha, più ne metta!). Nel mio incessante girare per birrifici e anche coordinando una parte della Guida Slow Food alle birre d’Italia con Luca Giaccone abbiamo notato quanto le birre cambino lungo lo Stivale. E’ la conseguenza della biodiversità della nostra penisola: ti sposti di un paio di chilometri e cambiano le coltivazioni, il modo di cucinare, i sapori… Anche il Piemonte occidentale è diverso da quello orientale, in questo senso. Molti birrifici hanno saputo rileggere gli stili tradizionali, ammodernandoli da un lato e rendendoli più appetibili dall’altro. In questo li rendono

perfetti per il loro territorio e, al tempo stesso, interessanti persino per il paese di origine (dello stile)”. In una classifica tra le migliori birre artigianali del nostro Paese come si piazzano quelle piemontesi? “In Piemonte ci sono birrifici di altissimo livello così come mediocri e anche pessimi, come in tutte le regioni. Lo stesso discorso si può esportare ai Paesi di grande e antica tradizione, come la Germania, il Belgio, la Gran Bretagna ecc…, artigianale non è, purtroppo, sinonimo di eccellenza qualitativa. Posso comunque dire che, in base alla mia esperienza, alcuni dei produttori piemontesi sono tra i migliori d’Italia e quindi del mondo!”. La birra più sorprendente che hai degustato? “La prossima che berrò! Sì, lo so, è la stessa risposta per chi mi chiede quale sia la birra più buona che ho degustato. Ma dipende dal momento, dalle situazioni, dagli ingredienti, dalle tecniche produttive: sono tante le birre che mi sorprendono, mi hanno sorpreso e (spero vivamente) mi sorprenderanno! A volte capita per l’abbinamento con un piatto, a volte semplicemente per un sapore nuovo, almeno per me, in una birra. Altre volte perché ritrovo un sapore tipico di un’altra zona, di un altro paese, di un’altra tradizione. Non è poi così difficile sorprendermi…”.

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Il vino: sapore e profumo del territorio

REGALI GOURMAND PER NATALE Proporre dei vini di qualità, realizzati secondo natura, a un prezzo equo. È questa la filosofia portata avanti da La Trava, il negozio di via Circonvallazione 15/B a Nole. Qui si trovano ben 12 qualità di vino sfuso da acquistare in contenitori di capacità superiore ai 5 lt e una interessante selezione di etichette provenienti da ogni regione d’Italia. Tra gli sfusi non mancano i protagonisti dell’enologia tricolore: Dolcetto, Barbera, Grignolino, Bonarda, Nebbiolo, Merlot, Arneis, Cortese, Chardonnay… ma anche un rosato e un rosso da tavola, particolarmente piacevoli al palato. I prezzi partono da appena 1,50 euro al litro per prodotti di grande interesse.

NOLE - Via Circonvallazione 15/B www.vinotecalatrava.it tel. 011.922 26 20


L’azienda La Trava nasce tra i vigneti che abbracciano Mango, tra le colline di Langa, terra dei grandi cru piemontesi. Oggi come allora è la natura a scandire la vita dell’uomo. Rispettando il ciclo delle stagioni, lasciando al tempo, e non alla chimica, il compito di affinare il frutto della vigna, nascono vini straordinari. Nel negozio di via Circonvallazione 15/B si trovano anche prodotti per l’enologia: tappi, bottiglie di diverse dimensioni e le attrezzature per fare il vino in casa. Per chi ama bere bene La Trava propone delle bottiglie provenienti da aziende agricole a conduzione familiare, impegnate nella salvaguardia di vigneti tipici. Sono contraddistinte dall’ottimo rapporto qualità prezzo. Non manca poi una carrellata di bollicine (prodotte con metodo charmat e champenoise), amari, grappe, vermouth, superalcolici e vini da meditazione. Presto saranno disponibili anche etichette francesi. Periodicamente vengono organizzate delle serate a tema in cui assaggiare bottiglie di qualità, poco note al grande pubblico. Dalle 9 alle 12.30 e il pomeriggio dalle 15.15 alle 19.30 (chiuso lunedì mattina e domenica) La Trava apre le porte per accompagnare i clienti alla scoperta delle suggestioni che si trovano in fondo a un buon bicchiere.




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degustibus

a cura di: Filippo Vernetti

Le sagre sagRa del salame di cinghiale a val della toRRe maRzo L’evento, organizzato dall’Associazione Turistica Pro Loco, con la collaborazione del Comune di Val della Torre e delle associazioni locali accende i riflettori sul salame Valtorrese di Cinghiale, insignito del marchio De.C.O. (Denominazione Comunale d’Origine). Info: www.valdellatorre.gov.it.

ciRiè: fieRa dell’annunziata maRzo Ciriè attende marzo per celebrare la fiera dell’Annunziata: il centro cittadino sarà pacificamente invaso da allevatori, bestiame, esposizione di macchine agricole, bancarelle con fiori, piante e eccellenze del territorio. Info: www.cirie.net.

dolce fioRe a san mauRizio canavese apRile Golosi e appassionati di giardinaggio si incontrano a Dolce Fiore. Un’intera giornata in cui assaggiare biscotti, cioccolatini, torte, caramelle ma anche fare shopping di fiori, piante e articoli per il giardinaggio. Info: www.comune.sanmauriziocanavese.to.it.

la fieRa dei Rastei e d’le capline di caselle maggio La tradizionale fiera dei rastei e d’le capline che in dialetto piemontese indicano i rastrelli e i cappellini, presenta una vasta esposizione di prodotti tipici. Info: www.comune.caselle-torinese.to.it.


degustibus

ceRetti di fRont: festa di san dumine luglio A Ceretti di Front l’estate è accompagnata dalla festa di San Dumine, San Domenico. Concerti, appuntamenti sportivi ma soprattutto assaggi di piatti tipici sono il punto di forza della manifestazione. Info: www.cerettinfesta.it.

RivaRolo: fieRa di san giacomo luglio Dal 1585 Rivarolo è sede della mostra zootecnica. In occasione della fiera il paese del basso Canavese riannoda i legami del passato quando l’allevamento e l’agricoltura rappresentavano i principali campi di occupazione. “Set” della kermesse è il parco del castello Malgrà. Il maniero ristrutturato su disegno degli architetti Alfredo d’Andrade e Carlo Nigra conserva la torre merlata e i delicati affreschi quattrocenteschi. Info: www.rivarolocanavese.it.

mostRa Regionale della toma di lanzo e dei foRmaggi d’alpeggio luglio La manifestazione accende i riflettori sui prodotti caseari e alimentari d’eccellenza delle valli di Lanzo. La sagra conta sulla presenza di banchi d’assaggio e vendita di formaggi e di altre tipicità alimentari provenienti dal Piemonte e da tutta Italia. Fanno da corollario i concerti, le attività per i più piccoli e gli spettacoli d’intrattenimento. Info: www.sagradellatoma.it

ciRiè: funghi in piazza settembRe Borgo Loreto, quartiere di Ciriè, aspetta i buongustai con la mostra di funghi e le specialità a base di questo prezioso frutto della terra. Info: www.borgoloreto.it.

valpeRga: fieRa autunnale settembRe Nel padiglione gastronomico vengono servite specialità tipicamente piemontesi come il fritto misto e la polenta alternate a piatti di pesce e della cucina di altre regioni.

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degustibus

LANZO: SAGRA DEI PRODOTTI TIPICI E ANTICHI MESTIERI settembre Preparatevi a fare delle scorpacciate di prodotti tipici, a cominciare dal torcetto di Lanzo, irresistibile biscotto con burro e zucchero. Nel corso dell’evento si terrà una dimostrazione di antichi mestieri. Info: www.comune.lanzotorinese.to.it.

CAFASSE: SAGRA DELLA ZUCCA ottobre L’autunno ha il sapore della zucca. Cafasse celebra questo prezioso ortaggio portando in piazza gli esemplari più belli e “extra-large”, abbinati a degustazioni di ricette. Info: comune.cafasse.to.it.

CERETTI DI FRONT: CANTINPIAZZA ottobre Cantinpiazza è sinonimo di buona cucina, musica e cultura. Tre giorni di iniziative in cui gustare piatti tipici piemontesi accompagnati da buona musica. Info: www.cerettinfesta.it. 86

MATHI: SAGRA DELLA CASTAGNA ottobre A ottobre si fa festa con le caldarroste. Durante la fiera verranno distribuite gratuitamente. I bambini potranno osservare come vengono cotte sui fuochi con la padella dal lungo manico. Info: comune.mathi.to.it.

GERMAGNANO: FIERA D’AUTUNNO ottobre Appuntamento tradizionale che abbina prodotti tipici, artigianato e buona tavola. Nel 2015 l’evento ha tagliato il traguardo delle 22 edizioni. Info: www.comune.germagnano.to.it.


degustibus

san mauRizio canavese ottobRe Il centro storico e la centralissima via Marconi sono il “palcoscenico” della fiera di San Maurizio. Gli stand presentano prodotti dell’agricoltura e dell’artigianato. Info: www.comune.sanmauriziocanavese.to.it.

ceRes: valli in vetRina ottobRe Ceres attende i turisti con la grande mostra-mercato dei prodotti tipici. Il programma prevede momenti di ristorazione, degustazioni, convegni a tema, intrattenimenti per grandi e piccini. Info: www.comune.ceres.to.it.

volpiano fieRa da lÌ a lÀ novembRe “Da lì a là” unisce il commercio con il tempo libero, la riscoperta di antichi sapori, l’artigianato, la musica e il divertimento. L’evento si svolge nelle vie e piazze del centro storico in collaborazione con le associazioni locali, in concomitanza con la Fiera Autunnale. Info: www.comunevolpiano.to.it.

viÙ, fieRa di san maRtino novembRe Agli inizi di novembre ritorna l’appuntamento con le cene tipiche, gli spettacoli folkloristici, i concerti e il mercato con i prodotti della terra. Info: www.comune.viu.to.it.

caselle: fieRa di sant’andRea dicembRe Si fa festa con con lo storico mercato, le mostre d’arte, gli spettacoli e i punti ristoro per fare delle scorpacciate di delizie locali. Info: www.comune.caselle-torinese.to.it.

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Gusto APpunto TOUR ENOGASTRONOMICO nella Valle di Susa


a cura di: Mariella Valente

ristorazione - gourmet

una montagna di primi, la ricchezza dei piatti poveri ai tipici piatti del territorio piace pensare come ad eredità di un passato immemorabile. sono tradizioni tramandate dai nostri nonni per non dimenticare le nostre radici, sono Forti elementi di identità culturale particolarmente importanti in un’epoca di intensa globalizzazione e di incontro Fra culture diverse. nei primi piatti della valle di susa emergono prepotentemente queste caratteristiche, legate alla terra e alle sue Fatiche quotidiane, una cucina povera ma ricca di sapori.

La tradizione a tavola non è semplicemente realizzare una ricetta come una volta, ma è un profumo, un’immagine, un pensiero, un modo di dire, un sapore che ci riporta indietro nel tempo. Un periodo lontano quando, dopo una giornata di duro lavoro per ritemprare il corpo e scaldare il cuore, si stava in una vecchia baita attorno al focolare per godersi un relax tutto casalingo. Nelle giornate fredde si cenava con gustose zuppe e sostanziose polente, capaci di valorizzare i numerosi prodotti che il territorio offriva. Queste sono le nostre radici culturali e gastronomiche che dobbiamo difendere dalla globalizzazione. Ed è proprio a tali atmosfere che dedichiamo queste pagine, alla scoperta dei gusti tradizionali, talvolta rivisitati con un tocco di originalità, della nostra Valle di Susa.

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ristorazione - gourmet

Ricette della memoRia Quando si parla di primi piatti della zona il primo pensiero va a zuppe e minestre. Il più emblematico dei piatti tradizionali è Soupa grasa ‘d Susa, realizzata con fettine di pane spalmate di formaggio fresco, annegate nel brodo e poi condite con sugo a base di cipolle. Altra ricetta rappresentativa del territorio è quella delle Cajettes, piccoli gnocchi realizzati con patate di montagna, ortiche e borraggine, piatto antichissimo il cui nome deriva dalla forma simile al fuso col quale si filava la lana. Meno note sono la Menétro d’urtia, che vede tra gli ingredienti sempre patate e ortiche e la sostanziosa Menétro d’ordi con 90

castagne e faseuj secondo la tradizione di Gravere. Ma la scelta del primo piatto non è necessariamente confinata alla zuppe. Anche il riso, che nei tempi antichi veniva barattato con le castagne, trova spazio sulla tavola valsusina e viene tuttora accostato ai prodotti dell’orto come Ris e cossotin (zucchine) in una vecchia ricetta di Mattie, oppure con le castagne nella Menetre d’ciatignes blancies o con il raffinatissimo Plaisentif, la toma al profumo di viole dell’Alta Valle.

un assaggio di montagna La castanicoltura è sempre stata molto importante per le popolazioni valsusine, non solo fonte di

Menetra d’ciatignes blaincies INGREDIENTI (dosi per 4 persone): 1 kg di castagne bianche secche, 1 litro/1 litro e mezzo di latte, 200 gr di riso, sale. PROCEDIMENTO: Privare le castagne secche della scorza esterna, ammollarle in acqua bollente per togliere la seconda pellicina raschiandole con un coltello. Farle cuore in acqua e, quando sono quasi cotte, salare l’acqua e aggiungere il riso. A fine cottura togliere l’acqua in eccesso e aggiungere il latte. Cuocere ancora per pochi minuti, mescolando sempre perché non attacchi e non bruci. Versare la minestra, che dovrà risultare un po’ densa, nei piatti o meglio ancora in scodelle e servire ben calda a tavola.


reddito, ma anche come integrazione alimentare quando scarseggiavano la farina e il pane. La dieta dei montanari era composta, in inverno, principalmente di castagne, prima dell’arrivo della

patata e del mais dall’America. Di ottima qualità, il marrone della Val Susa ha ottenuto il riconoscimento I.G.P. e la troviamo protagonista in molti piatti tipici come la Torta di San Pietro, un

Gnoc ëd castagne al butir d’Alp INGREDIENTI (dosi per 4 persone): 1 kg di patate di montagna, 200 gr di farina di castagne, 100 gr di farina tipo “00”, 100 gr di purea di castagne, 50 gr di toma di mezza stagionatura, 1 uovo, 100 gr di burro di malga, foglie di salvia, sale fino, noce moscata. PROCEDIMENTO: Lavare le patate e lessarle con la buccia per circa 40 minuti. Scolarle, sbucciarle ancora calde e passarle allo schiacciapatate lasciandole cadere direttamente su una spianatoia e lasciare raffreddare. Aggiungete alle patate la farina di castagne, la farina bianca, la purea di castagne, l’uovo, il sale e una grattata di noce moscata. Impastare delicatamente tutti gli ingredienti e formare dei bastoncini di 1,5 di diametro tagliando gli gnocchi di circa 2 cm. Cuocere gli gnocchi di castagne in acqua bollente salata, scolare e condire con burro imbiondito leggermente con le foglie di salvia. Per ultimo spolverare con la toma grattugiata o tagliata a scaglie sottili.

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ristorazione - gourmet

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singolare primo piatto dell’Alta Valle, realizzata con una purea di patate, fave e castagne lesse legata con uova, cotta su un fondo di pasta per pane di segale e poi irrorata di burro e rosmarino. Altra ricetta povera ma famosa è Indivia e castagne, che una volta si consumava come piatto unico. Con la farina di castagne si realizzano gustosi Gnoc ëd castagne

da condire semplicemente con burro e salvia, oppure Tagliatelle con salsa di seirass e nocciole. Non possiamo non menzionare, quando si parla di cucina di montagna, la regina dei piatti poveri: la polenta. Come già detto, la scoperta delle Americhe e l’arrivo del mais portò notevoli cambiamenti nella dieta locale e la polenta gialla divenne una delle basi alimentari della popolazione montana. Non fu però una vera e propria novità, perché già da secoli si usavano diverse farine come miglio, segale e grano saraceno per realizzare delle semplicissime “pult”, minestre più o meno solide da cucchiaio. La ricetta più rappresentativa della valle è Pulainta antartiflà, una polenta con patate, ma la più popolare è la Pulainta consa al burro e toma d’alpeggio ancora oggi proposte in molti rifugi, trattorie e ristoranti come piatti bandiera del territorio.


Ristorante Pizzeria

con forno a legna

al tavolo da asporto

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Dal 1993 ci siamo sempre posti di migliorare le nostre pizze non solo come ingredienti naturali e semplici ma con nuove tipologie di farine. Per questo abbiamo selezionato farine alla soia, al kamut e integrali per proporre ai nostri clienti delle pizze dal gusto ineguagliabile.

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BELFIORE L’Antica Locanda Belfiore è il ristorante in Sant’Antonino di Susa, ubicato sulla vecchia strada che portava in Francia (via Francigena). Il ristorante è aperto dal martedì alla domenica, pranzo e cena con menù alla carta e nel week-end propone anche eventi a tema, dal menù “solo primi piatti” alla grigliata di carne, dalla paella valenciana di carne e pesce ai menù tradizionali tipici piemontese e tanto altro. Per essere sempre aggiornati sui nostri eventi, visita la nostra pagina facebook e clicca su “mi piace” oppure scrivi a eventi@ristorantebelfiore.com e verrai inserito nella nostra mailing list. Da qualche anno è stata creata una squadra per offrire servizi catering, banqueting e non solo. Lavoriamo principalmente nella zona di Torino e provincia, ma possiamo spostarci su tutto il territorio regionale del Piemonte. Per informazioni sul catering del Gruppo Belfiore srl eventi@belfiorecatering.it www.belfiorecatering.it

"Antica Locanda Belfiore" di Guerrer Lamberto Sant'Antonino di Susa (Torino) via Vignassa 21 10050 Tel/fax: 0119649079 www.ristorantebelfiore.com - info@ristorantebelfiore.com


PRANZO DI NATALE

Galantina di tacchi nella con insalatine e melograno Terrina di trota salmonata su croccante di finocchio e balsamico Sformatino di spinaci con crema di Grana Padano Millefoglie alle verdure con prosciutto Cotechino nostrano con lenticchie brasate I nostri agnolotti al sugo d’arrosto Crespelle ricotta, mascarpone ed erbette Cappone di cascina farcito al forno con patatine rosolate Le veline di vitello con rughetta e ciliegine Brownie con ganache al fondente e mandorle salate Panettone/pandoro Caff/amari euro 35 compresi i vini della casa

CENONE SAN SILVESTRO 2015 Benvenuto alla Locanda

Salmone marinato al profumo di zenzero con crostino, riccioli di burro e melograno Cocotte di millefoglie con tartrà di topinambur al sapore d’acciuga Carciofi croccanti con straccetti di cappone Zampone nostrano con le lenticchie stufate Zuppetta di ciliegini con calamaretti mignon e quenelle di ricotta di bufala Caramelle colorate saltate al burro e timo Polpa di vitello a lenta cottura con patatine nocciola e croccante di spinaci Bocconcino di pera caramellata con la crema di “lait brusc” Sfera di cioccolato con cuore di semifreddo al torrone con il brindisi di mezzanotte il panettone e i mandarini € 50.00 compresi vini della casa


tutto forno

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tutto forno

All’univesità per diventare panettieri e pizzaioli

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Paola Migliorini, ricercatore in Agronomia e Sistemi Colturali Erbacei e Ortofloricoli presso l’Università di Pollenzo, spiega come è nata l’idea di attivare i corsi di alto apprendistato di panettiere piazzaiolo e mastro birraio. “L’ateneo forma i gastronomi, nuove figure professionali, che hanno conoscenze e competenze nell’ambito agro-alimentare e operano indirizzando la produzione, la distribuzione e il consumo di cibo verso scelte corrette e utili a creare un futuro sostenibile per il pianeta. La chiave di volta di quello che può essere definito gastronomo è la profonda comprensione del cibo come valore e del suo ruolo importante nel creare e modellare la società”. Perché avete focalizzato l’attenzione proprio su queste figure? “I due corsi di Alto Apprendistato in “Mastri Birrai” e “Panettieri e Pizzaioli” sono volti a preparare le figure professionali più richieste dal settore alimentare: il panettiere, il pizzaiolo e il mastro birraio”. Tracciamo l’identikit delle persone che accedono ai corsi: da quali regioni provengono e che tipo di formazione hanno alle spalle?

a cura di: Filippo Vernetti

per specializzarsi in economia aziendale e Finanza si va alla prestigiosa business school di londra. per diventare panettieri, pizzaioli e mastri birrai si bussa alla porta dell’università degli studi di scienze gastronomiche. se l’obiettivo È l’eccellenza bisogna, in entrambi i casi, studiare. a pollenzo, sede dell’ateneo voluto da carlin petrini, nascono i nuovi maestri artigiani che mettendo a Frutto conoscenze e segreti di un’arte antica come quella di Fare il panse, sono pronti a prendere tutti per la gola.

“Gli studenti provengono da tutta Italia con una prevalenza dal nord ovest. Hanno percorsi formativi cosi come storie di vita molto diverse tra loro ma ciascuno è arrivato all’alto apprendistato unisg con il desiderio di cambiare vita e buttarsi in una avventura per fare finalmente ciò che gli piace con passione. Abbiamo avuto neo diplomati (19 anni dal liceo classico), neo laureati e laureati con molti anni di esperienza alle spalle, fino al 56enne programmatore informatico. Chi era disoccupato e chi si è licenziato dal posto fisso. Più uomini che donne, tutti con moltissima voglia di mettersi in gioco e di imparare”. In futuro verranno attivati altri corsi? “Per il momento no. Ci siamo voluti concentrare su questi due perché abbiamo visto il gran-


de successo in termini d’impiego e per il desiderio di consolidare e migliorare l’offerta formativa”. I corsi servono anche e tutelare e preservare saperi e tecniche artigianali che rischiano di scomparire? “Sì è stata la riflessione principale che ha portato a questa offerta formativa. La perdita di biodiversità non riguarda solo l’aspetto biologico (biodiversità genetica, di specie ed ecosistemica o paesaggistica) ma soprattutto culturale. Le complesse trasformazioni sociali stanno avvenendo ad una velocità mai vissuta prima. Si perdono i prodotti prima di tutto perché non si tramandano le conoscenze locali tradizionali di generazione in generazione. Nel passato il sapere artigiano veniva tramandato all’interno della famiglia e con esso le tradizioni e la cultura”. Quali le prospettive di lavoro? “Il corso di Alto Apprendistato rilascia un diploma di Master di primo livello con 60 CFU; un attestato di frequenza ai partecipanti in possesso di licenza media o diploma superiore. A titolo conseguito, gli studenti sono aiutati nella ricerca di ulteriori esperienze di stage o lavoro e nell’accesso a strumenti di supporto alla creazione di im-

presa. Della prima edizione i panettieri sono riusciti a trovare quasi tutti lavoro in tempo record. Al momento nessuno resta inoccupato. Alcuni (6 su 18) sono riusciti a continuare l’attività con un ulteriore tirocinio o l’assunzione diretta dove già precedentemente lavoravano. Un’altra parte molto importante sta lavorando in vista di un’apertura per quella. Altri 6 hanno un’idea di aprire o sviluppare una loro attività; i tempi per l’apertura sono molto diversi: c’è chi aprirà tra una settimana (Cerealem a Firenze), chi programma l’inaugurazione entro l’inizio dell’anno (Forno Brisa a Bologna), chi invece è ancora indietro. Gli altri sono stati assunti in grandi aziende come Eataly o Iper. Per la prima edizione di birrai, invece, molti sono rimasti nell’attività dove avevano svolto uno dei due tirocini (5 su 17). Circa un terzo stanno cercando di aprire una loro attività, chi un una birreria, chi come socio in birrificio, chi invece vuole sviluppare un proprio progetto di cosmesi. Gli altri lavorano chi come publican in locali o in altri settori non inerenti al corso da birraio. Due studenti, infine, hanno ripreso a studiare”.

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La bontà ha il profumo delle cose genuine. All’Agri Panificio L’Ingleisa lo sanno bene: ogni mattina sfornano prodotti fragranti e naturali, utilizzando esclusivamente materie prime locali. A cominciare dalle farine. Oltre a quella classica si possono provare i pani fatti con avena, kamut e perfino di canapa. Stessa attenzione si ritrova nei grissini lavorati a mano, nelle pizze, nelle focacce e nei biscotti. Tra i dolci non perdete le paste di meliga con la farina di pignoletto rosso, un particolare tipo di mais che in bocca regala un gusto unico. A Natale provate i panettoni artigianali. Tutti gli ingredienti selezionati dall’Agri Panificio L’Ingleisa provengono da produttori locali come il miele dell’azienda agricola L’amel di Dario Graneri di Barbania e le farine di Cascina Margherita di Peroò Minia di Rivara. Prodotti a km 0 che diventano l’elemento determinante per preparare sfiziosità da portare sulla tavola di ogni giorno o tutte le volte che si ha voglia di assaggiare qualcosa di buono.


Città della carne

Con gli ultimi pastori nomadi

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Non siamo nelle sperdute pianure dell’Asia ma appena fuori Torino. Quando le fabbriche cedono il passo alla campagna, è possibile incontrare i pastori con le greggi al pascolo. Alcuni rinunciano alle comodità di una casa pur di seguire gli animali ogni giorno dell’anno. Assecondando il ritmo delle stagioni si spostano alla ricerca di pascoli erbosi. Sono i testimoni, gli ultimi rimasti, di uno dei mestieri più antichi al mondo. La Genesi ne scolpisce la figura. Un mestiere che rischia di sparire per sempre, ucciso dalle pastoie della burocrazia e travolto dalla società iperindustrializzata. Eppure c’è chi non ha paura di battersi al loro fianco. Nel 2003 Marzia Verona, ha scoperto, quasi per caso, il mondo della pastorizia, decidendo di testimoniare e vivere in prima persona l’esperienza della vita nomade. Nel blog pascolovagante.wordpress. com, nelle sue fotografie e in diversi libri accende i riflettori su-

a cura di: Filippo Vernetti

la stagione in alpeggio in media va da maggio ad ottobre, nel resto dell’anno i pastori vaganti si spostano sul territorio alla ricerca di pascoli per il gregge. chi ha una Famiglia spesso ha una casa a cui Fare ritorno la sera, altrimenti si vive in roulotte accanto agli animali.

gli ultimi pastori vaganti. La pastorizia è un’attività a rischio? “Sicuramente sta attraversando un momento difficile, come molte altre attività, in questo periodo. Ha una valenza ambientale che non viene riconosciuta, mentre i prodotti della pastorizia non ricevono un compenso adeguato. Inoltre gli spazi ad essa dedicati sono sempre più ristretti. Lo scarso reddito impedisce di impiegare manodopera opportunamente formata, spesso per sopravvivere questo mestiere è costretto a rimanere ai “margini” sia dal punto di vista sociale, sia anche da quello legate. Vista la crescente burocrazia e le leggi esistenti, difficilmente un pastore riesce ad essere totalmente in regola nelle sue azioni. Molte volte si preferisce ba-

foto di Marzia Verona


foto di Marzia Verona dare alle necessità degli animali, piuttosto che fare le code negli uffici per avere “le carte a posto”. È un discorso lungo e complesso che richiederebbe molto tempo per essere analizzato, ma è facile immaginare come un lavoro così antico, specialmente se si tratta di pastorizia nomade, fatichi ad inserirsi nelle normative attuali. Solo per fare un esempio, come fa il pastore vagante a sapere dove sarà mese per mese, settimana per settimana, da ottobre a maggio? Eppure deve presentare le domande all’Asl indicando Comuni attraversati e periodi al momento della discesa dall’alpeggio”. Come si potrebbe tutelare questo antico mestiere? “Valorizzando e recuperandone i prodotti, la lana per prima. Un tempo era uno dei principali redditi della pastorizia, oggi è uno scarto da smaltire con dei costi. Quando si riesce a venderla, non paga i costi della tosatura. La carne ovicaprina non è abbastanza conosciuta, specie in Piemonte, e si ignora che viene allevata nel modo più naturale, cioè da animali che pascolano all’aperto

quasi sempre. C’è consumo di agnello nelle festività (Natale e Pasqua), non si conosce la carne di pecora/capra, di agnellone e di castrato. I pastori nomadi non caseificano più, perché le attuali normative richiedono una sede fissa per tali attività, quindi l’allevamento di quel tipo è esclusivamente da carne. Esistono realtà stanziali o transumanti con stagione in alpeggio, ma il formaggio è il settore meno in crisi, in confronto agli altri due prodotti citati. Inoltre occorrerebbe maggiore attenzione alle varie problematiche: difficoltà negli spostamenti del gregge, divieti di pascoli, problema del lupo, carenza di strutture in alpeggio, burocrazia e normative troppo complesse, incompatibili con il mestiere del pastore, ecc…”. Ad oggi quanti sono i pastori? “Non ho dati precisi a riguardo. Sono una percentuale minima sul totale dell’allevamento in Piemonte, ma è una categoria ancora rappresentata, con molti giovani che continuano l’attività o vi si affacciano per scelta”. Come si svolge la loro vita? “La giornata è dedicata interamente agli animali 365 giorni all’anno. La stagione in alpeggio in media va da maggio ad ottobre, nel resto dell’anno i pastori vaganti si spostano sul territorio alla ricerca di pascoli per il gregge, secondo un percorso più o meno “collaudato” di anno in anno. Chi ha una famiglia spesso ha una casa a cui fare ritorno la sera, altrimenti si vive in roulotte accanto agli animali”. È quindi un mestiere nomade che segue il ciclo della natura? “Si seguono le stagioni, la disponibilità di foraggio, le esigenze

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degli animali. Lo stanziale ricovera gli animali in stalla quando scarseggia il foraggio, il nomade si sposta sempre alla sua ricerca, acquistando foraggio secco in caso di inverni molto rigidi, neve, ecc… L’animale è al centro di tutto e questo mestiere lo si fa innanzitutto per passione”. La loro presenza è importante anche per la tutela del territorio? “Certamente. Il gregge permette la manutenzione dei pascoli, sia in montagna, sia nelle aree marginali (collina, fondovalle) non più utilizzate a scopi agricoli. La biodiversità floristica è maggiore nelle aree pascolate rispetto a quelle abbandonate e, di conseguenza, si mantiene anche una maggiore biodiversità animale”. Nel Torinese in quali zone è possibile incontrarli? “Ovunque, anche ai margini della città di Torino. Il Torinese è molto frequentato dai pastori nomadi, sia con greggi più imponenti (anche 1500-2000 capi), sia da greggi di dimensioni più ridotte. Tutte le vallate del Torinese d’estate hanno qualche alpeggio pascolato da greggi di pecore. In autunno li troviamo nei prati e nelle stoppie del mais, dal Pinerolese al Canavese, in inverno qualcuno si sposta in collina, specialmente nel

Monferrato”. Il tramonto della figura del pastore può avere delle ripercussioni anche sulla tavola, con la scomparsa di formaggi e insaccati locali? “Sicuramente sì. Alcuni formaggi sono già quasi scomparsi, come quelli a latte misto prodotti in alpeggio. Un tempo erano comuni le tome “dei tre latti” (vacca, pecora, capra), oggi sono molto rari, perché con la presenza del lupo occorre una sorveglianza costante degli animali e non è remunerativo avere un guardiano per un piccolo gregge di pecore/capre, pertanto si preferisce puntare su una sola specie. Il saras del fen delle valli valdesi un tempo derivava da queste tome (essendo una ricotta), ma oggi è quasi sempre solo più originato dal siero di latte o bovino, o ovino, molto raramente misto. Altri trasformati tipici a base di carne ovicaprima sono ormai dei veri e propri prodotti di nicchia, talvolta conosciuti solo nella valle o nel paese di produzione (bergna – carne secca di pecora nel Biellese e Valsesia, Violino di capra in Ossola, ecc)”. Anche le specie animali tipiche del Piemonte sono a rischio? “Ci sono razze ovine tutelate in quanto a rischio di scomparsa,


pensiamo per esempio alla pecora sambucana o alla pecora frabosana-roaschina”. Lei ha vissuto con loro, osservando da vicino la loro vita. Questo patrimonio di conoscenze è diventato fonte per scrivere dei libri. Ad oggi quanti ne ha pubblicati? Sta lavorando a un nuovo libro? “Ho pubblicato 6 libri che hanno a che fare con il mondo dell’allevamento. Lo scorso anno è uscito “Pascolo vagante 2004-2014”, un’opera fotografica che raccoglie il meglio di 10 anni di immagini tra i pastori. Attualmente sto lavorando ad un libro commissionatomi da Laterza, che prende spunto dal mio blog “Storie di pascolo vagante”, attivo dal 2007”. Perché ha deciso di impegnare parte della sua vita per difendere la figura del pastore? “Non è stata una decisione, più che altro mi sono sentita in dovere di farlo, dal momento che non c’era nessun altro a farsi portavoce di questa categoria. Essendo così coinvolti dal proprio lavoro, difficilmente i pastori hanno tempo per occuparsi di altro, quindi spesso nessuno era presente in loro rappresentanza quando c’era da prendere delle decisioni o esporre delle problematiche. Quando ho iniziato a vivere questo mondo dal di dentro, avendo anche delle conoscenze tecniche e scientifiche, amando scrivere e fotografare, ho cominciato con il narrare certe vicende sul blog, poi sono stata chiamata a parlare a dei convegni, sono stata intervistata e così mi sono trovata a rappresentare questa categoria anche senza averlo scelto o esser stata scelta!”.

gli insaccati della val susa, piaceRe fetta dopo fetta Accanto al prosciuttello della Val Susa, alla mica e alla bondiola, l’insaccato con carni bovine e suine, ormai apprezzati dai buongustai, si possono trovare ancora alcune chicche, preparate seguendo antiche ricette. È il caso del lardo di Mamel, prodotto tipico dell’omonima borgata di Coazze, località della Val Sangone. Viene fatto aggiungendo ingredienti del posto come le mele “runsè”, le nocciole e il miele di castagno. Il risultato finale è una perfetta sinfonia di sapori che conquista il palato con una perfetta amalgama e note profumate. Più deciso il gusto del gras pistà, il lardo pestato con erbe aromatiche di montagna, sale, aglio e alcune gocce di aceto balsamico. Si può servire su dei crostini di pane abbrustolito di montagna, come perfetto antipasto di un menù strettamente piemontese. Si continua con la salsiccia aromatizzata alla birra, al Cevrin, formaggio tipico di Coazze o al vino della Val Sangone. Vantano il “titolo” di pat (prodotti agroalimentari tradizionali, ndr) le grive (o frisse), delle polpettine fatte con frattaglie di maiale e l’aggiunta di uova, sale, pepe, bacche di ginepro, parmigiano.

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Tutti i prodotti del Salumificio Gilli sono indicati nell'alimentazione delle persone celiache in quanto certificati privi di glutine. Nonostante si avvalga delle più avanzate tecnologie e dei più rigorosi controlli igienici, il Salumificio Gilli non è una semplice realtà industriale. Angelo Gilli, insieme al figlio Francesco segue ogni fase, dalla selezione delle carni più pregiate all'accurata preparazione, salagione e dosaggio delle spezie, secondo una tecnica rigorosamente artigianale di grande esperienza. L'amore per le cose fatte bene, per la genuinità del prodotto guidano ogni loro gesto, ogni fase di produzione; il risultato è una gamma di salumi dal sapore inconfondibile, intenso ma pulito, digeribili e nutrienti. Presso il nostro punto vendita di Via I Maggio 10 a Bruzolo sono disponibili taglieri e cestini per ogni occasione, un regalo per voi o per i vostri amici, personalizzabile con i nostri prodotti di ALTA QUALITÀ e con i vini della nostra vallata. Venite a trovarci!!!


il re dolce

un banchetto di dolci prelibatezze il pan della maRchesa peR la festa

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La Marchesa Adelaide di certo avrebbe sulla sua tavola nell’ospitare nobili a corte, e perché no renderlo protagonista delle tavole in festa? In Valsusa è il dolce principe e immancabile per adulti e piccini. Farcita con gli ingredienti del territorio e di una volta, decorata e ricoperta di nocciole tostate e scaglie di mandorle e zucchero. Per la felicità dei più piccoli provatela farcita di marmellata, nutella o crema per le gioiose merende sotto l’albero

a cura di: Loredana Tursi

Focaccia dolce (couroun, in patois locale, dolce di natale e capodanno) È tipica della valle di susa e soprattutto susa e oulx. antica ricetta molto diFFusa tra i Fornai segusini col nome di Focaccia di susa. la ricetta risale al 1870 , ma con i suoi tre ingredienti uova, burro e zucchero ha incontrato sempre più il bisogno di buon gustai e Fatto sbizzarrire le cuoche moderne che anche in casa si apprestano a decorare il Famoso dolce dalla lievitazione di 4 ore, con stelle, cuori, alberi natalizi, colombe, croci, Ferri di cavallo. non perdetevi la maniFestazione Focacciando- la sagra del paniere di susa: la Focaccia e altre delizie, che si tiene d’autunno nella città di susa


il re dolce

panettone peR tutti i gusti Rivisitato e abbellito secondo la tradizione valsusina, una dolcezza di originalità e qualità senza eguali che solo i laboratori artigianali della Valle possono garantire. Facciamoci deliziare dalle antiche ricette del Panettone classico, alto con ingredienti di primissima qualità e lavorato con lievito naturale. Se invece la glassa è un must a cui non poter rinunciare in prima fila si presenta il classico basso glassato. A far da padrone come Piemontese doc, 2 kg di un’accurata lavorazione con tanto burro, tuorlo d’uova, morbida uvetta, delicato scorzone d’arancia e cedro candito e ricoperto da prelibata glassa di noc-

ciole e mandorle. Per gli amanti del moscato astigiano la variante del panettone è data dall’introduzione di un’appetitosa uvetta sultanina con glassa di nocciole e mandorle. Nella terra delle castagne come dimenticare il Panettone Marron Glacé con gli squisiti pezzi di glassati nell’impasto. Per gli intenditori, il panettone con le pere ben si associano ai canditi di fichi, uvetta o cioccolato Panettone pere e fichi sono una chicca che solo gli appassionati di canditi possono apprezzare, mentre è consuetudine oramai la fetta con le sfiziose gocce di purissimo cioccolato fondente. Un gran capolavoro di pasticceria è il Pandoro. I piccoli ne vanno pazzi gli adulti lo pretendono soffice, leggero e fragrante, puro senza alcun ingrediente aggiunto.

Alberi innevati golosi INGREDIENTI pasta frolla Gocce di cioccolato Per la glassa: 2 albumi, zucchero a velo. PROCEDIMENTO: Distendere la pasta frolla per dolci, ritagliare dei biscotti con le formine albero. Inserire nelle punte degli alberi delle gocce di cioccolato , informare per 10 minuti 170°. Preparare la glassa reale con 2 albumi montati a neve ai quali verrà aggiunto lo zucchero a velo. Decorare con dei confettini.

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l’elisir della vita

a cura di: Filippo Vernetti

Vigneti della Val susa, una storia antica la presenza della vite È una costante nel territorio della val susa e nella cultura locale. nel 739 d.c abbone, Fondatore dell’abbazia di novalesa, si soFFerma sull’importanza dei vitigni nell’economia del posto. a condove un documento ne attesta la presenza Fin dal 1238. in un documento su martino 110

baralis, castellano di mocchie, si sottolinea il ricevimento di diverse quantità di vino, ottenute dai censi e dalle decime. i Filari carichi di grappoli corrono ai piedi delle montagne, anzi alcuni si inerpicano Fino alle più alte quote di coltivazione, in una sFida impari tra uomo e natura.

Da Chiomonte, paese dominato dal massiccio dell’Ambin (nel punto più alto raggiunge quota 3377 metri), si produce il vino del ghiaccio che richiede clima secco e temperato unito a temperature notturne molto rigide per parecchio tempo all’anno. L’importanza della vite nella storia del comune si ritrova nello stesso stemma dell’amministrazione comunale dove campeggiano due grappoli d’uva, uno bianco e l’altro rosso, illuminati dal sole e dalla scritta “jamais sans tois”, “mai senza di te”. Per strappare della terra da coltivare alla montagna i contadini del posto hanno lavorato duramente, creando dei terrazzamenti naturali che ancora oggi, nonostante lo spopolamento delle campagne, sopravvivono. Prima della comparsa di trattori e macchine agricole le uve venivano trasportate a valle utilizzando le gerle o con l’aiuto di un mulo. Un’agricoltura eroica, segno della tenace volontà e dell’ingegno umano. I grappoli migliori di una produzione spes-


so limitata vengono utilizzati per realizzare il Val Susa doc ma nulla viene sprecato. Dalla fermentazione delle vinacce unita con il succo di pere e mele, si ottiene il piketto. Con le uve meno belle viene fatto il vino di “seconda”, facilmente deperibile e da bere prima del caldo estivo. A Chiomonte perfino il folklore testimonia l’unione fortissima con la vigna: la corsa delle botti riprende l’antica usanza di trasportare le botti fuori dalle cantine per portarle fino alle fontane pubbliche e lavarle con l’acqua. Una consuetudine che è diventata occasione per una sfida goliardica e gara di abilità. Altro luogo simbolo della produzione vitivinicola è Exilles, in alta Val Susa. In questa zona è possibile trovare i vigneti a una altitudine anche di 1200 metri. In alcuni tratti i terrazzamenti vengono realizzati su pendii particolarmente ripidi e rocciosi, quasi a picco sulla vallata. In passato il vino prodotto veniva venduto alla guarnigione del forte, una roccaforte strategica nella maglia difensiva dei Savoia per proteggere Torino da eventuali attacchi provenienti dalla vicina Francia.

stefano tuRbil: “vini di montagna dal sapoRe autentico” Stefano Turbil, presidente del Consorzio per la tutela dei vini Doc Valsusa racconta i punti salienti della produzione enologica locale. Quali sono le caratteristiche principali dei vini? “Sono vini di montagna, particolarmente profumati. Il terre-

no, di riporto glaciale, in cui crescono le viti è minerale, caratteristica che si ritrova nel prodotto finale in termini di acidità e freschezza”. Il più noto? “La Valsusa: la certificazione doc, è un biglietto da visita importante che attira i consumatori. Ma anche i vini da tavola possono sorprendere per la fragranza dei profumi”. Uno sui cui scommettere? “Il Baratuciat. Personalmente lo conosco poco ma sono convito che come vitigno di montagna a bacca bianca abbia delle potenzialità”. Con quali piatti si sposano? “Sono dei vini da consumare a tutto pasto. Si abbinano bene con i piatti della cucina contadina e di montagna che hanno come ingredienti materie prime povere, penso alle zuppe di pane o alle torte salate preparate sempre con una base di pane e condite con burro e formaggio d’alpeggio. Piatti nutrienti e dal sapore intenso”. Come si potrebbe far conoscere meglio? “Attraverso iniziative di marketing territoriale, pubblicizzando e facendo conoscere meglio i prodotti tipici e il patrimonio artistico, architettonico e paesaggistico della Val Susa, incentivando il turismo. Le aziende che formano il Consorzio per la tutela e la valorizzazione dei vini della Val Susa sono di piccole dimensioni, in cui i titolari sono impegnati full time nella conduzione della azienda e rimane poco tempo per impegnarsi in iniziative di marketing”.

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l’elisir della vita

la paRola al sommelieR

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Mauro Carosso, delegato e responsabile nazionale della didattica dell’Associazione Italiana Sommelier di Torino, spiega i segreti che si nascondo in un bicchiere di buon vino della valle. Qual è la nota dominante di questi vini? “La Val Susa gode di un’antica tradizione legata alla viticoltura, purtroppo per diversi motivi quasi tutto è stato abbandonato a partire dagli anni ‘50. Negli anni ‘80 c’è stato un’incoraggiante segnale di ripresa che ha riportato alla ribalta vigneti e vitigni di questa bellissima valle. Sono state recuperata antiche vigne valorizzando vitigni autoctoni come l’Avanà, da sempre coltivato in questo territorio”. Oltre al Valsusa doc ci sono dei vini poco conosciuti che meritano un assaggio? “Il Valsusa, il vino rosso Doc deve essere prodotto con almeno il 60% di Avanà, gli altri vitigni ammessi dal disciplinare sono principalmente barbera, dolcetto e neretta, ma anche i vitigni antichi presenti sul territorio. Altri vitigni in gran parte sconosciuti ai più ma da cui si ottengono vini unici ed interessanti, sono becouet, chatus, grisa nera, baratuciat, gros blanc. La valorizzazione di questo interessante patrimonio ampelografico è certamente una delle priorità da parte dei consorzi e dei produttori”. Ci sono dei vitigni che rischiano di

scomparire? “Tutti questi vitigni rischiano di scomparire, è necessario che si raggiunga un buon livello qualitativo, che ci sia promozione per farli conoscere ai consumatori. Indispensabile poi la giusta collocazione nella ristorazione locale che attraverso i piatti crei un valido e interessante collegamento gastronomico”. Parliamo del vino del ghiaccio di Chiomonte. È un prodotto su cui puntare? “È sicuramente un progetto interessante che meriterebbe maggior attenzione e condivisione tra più realtà produttive. Al momento è indispensabile valutare le reali potenzialità di questo percorso e la loro fattibilità”. Proponiamo degli abbinamenti tra i vini della Val Susa e i piatti della cucina piemontese. “L’abbinamento vino e cibo è un ambito decisamente affascinante, finalizzato a creare armonia e piacevolezza. Tra il cibo e il vino del territorio si crea infatti un saldo legame che unisce insieme tante suggestioni. La minestra di ortiche è favolosa con il bianco Baratuciat. La zuppa grassa si trova perfettamente a suo agio con un giovane Avanà mentre la minestra di castagne è perfetta con il Bequet. Le frittelle di patate si possono accompagnare con il Gros Blanc. A questi suggestivi abbinamenti locali possiamo aggiungere la piacevolezza di un Valsusa Rosso con un goloso piatto di tajarin al ragù di carne”.



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