Costruzione Robotica e Stampa 3D nel Futuro dell'Architettura

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Scuola di Architettura

Scenari, potenzialitĂ e una verifica applicativa

Relatori

Candidato


ELENCO DEI CONTENUTI

PREFAZIONE

7

1 _ INTRODUZIONE

9

1.1 Background 1.2 Metodo di ricerca

2 _ DIGITAL FABRICATION 2.1 Introduzione alla Digital Fabrication 2.2 Gli strumenti della Digital Fabrication 2.3 I software 2.4 Le tecnologie additive 2.5 I robot industriali

3 _ SCENARI ATTUALI E STATO DELLA RICERCA 3.1 Riferimenti storici e attuali 3.2 Stato della ricerca

4 _ APPROCCIO AL TEMA 4.1 Introduzione 4.2 Studio di volumi e forme 4.3 Robot autocostruiti 4.4 Considerazioni

10 11

13 14 16 20 21 32

37 38 50

61 62 64 76 88


5 _ CONTROLLO DIGITALE DEL PROCESSO 5.1 Introduzione alla progettazione algoritmica 5.2 Grasshopper e Kuka|prc 5.3 Applicazione e simulazioni di movimento

6 _ CASO STUDIO - FREEFORM HOME DESIGN CHALLENGE 6.1 Introduzione 6.2 Branch Technology e la Freeform Home Design Challenge 6.3 Il progetto: UPRIGHTNESS

7 _ CONCLUSIONI E CONSIDERAZIONI 7.1 Benefici e sfide 7.2 Gli effetti sulla progettazione 7.3 Spunti per il futuro

BIBLIOGRAFIA

91 92 93 96

111 112 113 118

132 134 140 142

146



PREFAZIONE La grande digitalizzazione che dagli anni ‘90 ha interessato la nostra società ha cambiato radicalmente le nostre abitudini e modi di fare. Questa ha coinvolto le relazioni umane, i modi di comportarsi, le metodologie di interazione con lo spazio, con la città, con gli edifici e il nostro modo di progettare. Proprio in quegli anni la progettazione architettonica digitale iniziò a espandersi a macchia d’olio grazie alla grande quantità di benefici che portava con sè: produttività, nuove possibilità e versatilità sono solo alcuni degli aggettivi che hanno giustificato il passaggio dal disegno manuale al disegno digitale, seppure con diverse critiche a causa di un conseguente allontanamento dalla tangibilità concreta che contraddistingue il lavoro dell’architetto. L’evoluzione della progettazione architettonica ha però proseguito nel suo processo di digitalizzazione, andando a interessare anche, a partire col nuovo millennio, tutta una serie di strumenti che fino a quel momento non ne avevano fatto parte. Questi strumenti, adottati soprattutto da Istituti Universitari e di Ricerca all’avanguardia, consistono in macchinari e robot utilizzati fino a poco prima nei settori ingegneristici, meccanici e industriali per la produzione e la prototipazione di oggetti. Il progressivo avvicinamento della figura dell’architetto a queste macchine, pratica ancora oggi associata solamente a un’interesse di nicchia, ha assecondato il ritorno del contatto con la materia, tra progettista e elemento progettato. Grazie alle grandi possibilità del mondo digitale d’oggi e il notevole progresso tecnologico che ci ha coinvolto, l’attività dell’architetto può quindi scaturire in applicazioni di massa visionarie e futuribili: l’idea di costruire interi edifici con l’ausilio di robot non è più fantascienza e permette di abbattere i limiti che conosciamo oggi, ampliando gli orizzonti sperimentabili e aprendosi ad una maggiore libertà di utilizzo delle forme. Le macchine e i robot stanno quindi riscontrando sempre più interesse da parte degli architetti, delineando una nuova strada di specializzazione basata sulla Costruzione Digitale e Robotica.

“We’ve had an industrial revolution. We’ve had a digital revolution. Now let’s have a digital industrial revolution.” Open Source Ecology



1 _ INTRODUZIONE


Costruzione Robotica e Stampa 3D nel Futuro dell’Architettura

1.1 BACKGROUND Il mio interesse verso la Digital Fabrication e le tecnologie additive è nato nell’anno 2013, quasi come diretta evoluzione della mia crescita professionale. Un po’ per passione, un po’ perché ne percepii le potenzialità, decisi di approfondirne la conoscenza sfruttando l’unico mezzo a me disponibile: la rete. Sin da subito cercai di trovarne un collegamento con l’architettura, iniziando un percorso che, ancora adesso, mi accompagna nella vita di tutti i giorni anche grazie ad un progetto personale con cui ho potuto incontrare, conoscere e entrare in diretto contatto con persone e aziende influenti nel settore. In questo mio percorso, ho quindi iniziato a gestire in autonomia le stampanti tridimensionali con tecnologia FFF - Fused Filament Fabrication - provando a stampare i materiali più disparati: PLA, ABS, FilaFlex, gomma, PLA autolubrificante, Nylon e plastiche con aggiunta di polveri varie, sperimentando direttamente sul campo. La Digital Fabrication, tuttavia, non tratta solamente le tecnologie additive, le quali sono solamente uno di tanti tasselli che vanno a comporre un quadro ben più complesso. In particolare, la Digital Fabrication comprende tutte quelle tecnologie che permettono di passare da un semplice idea alla sua realizzazione. Tra queste s’intendono anche le tecnologie sottrattive - fresatrici, macchine a controllo numerico, taglio meccanico e taglio laser - come anche tutte quelle conoscenze tecniche legate al mondo digitale necessarie per saper destreggiare a dovere tali macchinari. All’interno del mio percorso di studi nella Scuola di Architettura dell’Ateneo Fiorentino ho anche avuto modo di toccare con mano queste tecnologie, in particolare il taglio laser e la scansione tridimensionale, grazie all’opportunità di effettuare un periodo di tirocinio

formativo all’interno del Laboratorio Modelli della Facoltà. Il

confronto coi tecnici di laboratorio è stato fondamentale per accrescere le mie competenze e comprendere appieno come utilizzare i macchinari, permettendomi anche di perfezionare le fasi di lavoro a seconda dell’obiettivo prefissato. Al termine dell’attività di tirocinio ero pienamente consapevole delle opportunità e dei limiti delle tecnologie con cui sono stato a contatto. La scelta di chiudere il mio percorso di studi sviluppando un progetto di tesi sperimentale è essenzialmente dovuta alla grande quantità di stimoli che ho ricevuto negli ultimi anni. La tecnologia della stampa 3D è diventata parte integrante della mia vita professionale e, al tempo stesso, uno strumento che quotidianamente utilizzo per portare alla luce idee e progetti. 10


1.2 METODO DI RICERCA

Fig. 1.2.1 Stampa 3D FFF attraverso l’ausilio di un bracio robotico. Processo di

In questa tesi si va a esplorare un metodo di costruzione non ancora

estrusione sviluppato all’interno di un percorso

definito, per i più percepito come estremo e visionario. Come vedremo,

di ricerca interno all’ETH di Zurigo.

però, la maggior parte delle osservazioni fatte si baserà su tecnologie esistenti o in via di sviluppo. Nel mio percorso di studi non vi sono mai stati corsi di robotica, elettronica, programmazione o grandi approfondimenti sul tema delle materie plastiche, delle resine e delle loro applicazioni nell’architettura. È stato quindi necessario fare uno sforzo importante per comprendere e interagire in modo positivo con questi mondi, molto diversi da quello dell’architettura, per poi riuscire a metterli in relazione col mio percorso. Per raggiungere questi obiettivi è stato necessario assumere un metodo che mi permettesse di non perdermi tra le infinite sfaccettature di questi ambiti. Il lavoro è quindi stato svolto secondo diverse fasi: 1. acquisizione di più informazioni possibili sullo stato attuale della ricerca nel settore e nella nicchia d’interesse individuata, leggendo papers, tesi di laurea e visionando progetti di ricerca di studi di architettura e facoltà universitarie; 2. sperimentazione, utilizzando strumenti a me accessibili e costruzione di modelli funzionanti, simulando le tecnologie di riferimento; 3. sintesi e applicazione, tenendo conto delle potenzialità e dei limiti degli elementi con cui mi stavo interfacciando. 11



2 _ DIGITAL FABRTICATION


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2.1 Introduzione alla Digital Fabrication La Digital Fabrication consiste nella pratica di realizzare oggetti partendo da informazioni digitali. Gli strumenti utilizzati per dare vita a questo processo sono software e macchinari, adottati da svariati anni soprattutto nei settori produttivi e manifatturieri. Fig. 2.1.1 FabLab House - Nata come prototipo di casa a basso impatto ambientale,

Alla base della Digital Fabrication si trova sempre un operatore fisico, il quale

ogni sua componente è stata prodotta e

ha il compito di svolgere tutti quei ragionamenti necessari per preparare un

preassemblata all’interno del FabLab dello IAAC

modello digitale. La fase di progettazione avviene attraverso dei software

di Barcellona. L’idea è stata quella di mettere in

CAD (Computer-Aided Design), dai quali è esportato un file che sarà in seguito

commercio un’unità residenziale personalizzata,

processato all’interno di software CAM (Computer-Aided Manufacturing). In

abbattendo i costi di distribuzione e trasporto.

questa fase, che si presenta come una vero e proprio step di progettazione,

Lo studio dei movimenti del sole ne ha definito

il modello digitale viene elaborato dal software che, in genere, simula il

la forma, a sezione paraboloide, in modo da

modo di lavorare della macchina, permettendo di determinare tutta una

massimizzare l’esposizione nei mesi invernali.

serie di parametri che caratterizzeranno l’oggetto, così come sarà prodotto.

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Fig. 2.1.2 FabLab House - Assemblaggio al FabLab dello IAAC di B

Fig. 2.1.3 FabLab House - Sezione dell’abitazione fotografata durante l’assemblaggio. Ogni pezzo è stato lavorato all’interno del FabLab.

Una volta terminato questo processo, il modello digitale, contenente tutte le informazioni su come dovrà essere prodotto, sarà mandato in lavorazione all’interno delle macchine coinvolte. Nella Digital Fabrication l’operatore ha sotto controllo ogni parte delle fasi produttive, il che permette di ottimizzare in modo molto approfondito l’oggetto finale secondo i propri canoni estetici e funzionali.

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2.2 Gli strumenti della Digital Fabrication I macchinari utilizzati più comunemente nella Digital Fabrication sono i seguenti: •

macchine a controllo numerico, anche definite CNC (Computer Numerical Control), utilizzate in genere per fresare e tagliare elementi in legno;

macchine per il taglio laser, tipicamente usate per incidere o tagliare fogli di cartoncino, legno, plastiche o metalli;

stampanti 3D, con le quali è possibile produrre veri e propri oggetti tridimensionali scegliendo il materiale più idoneo.

Fig. 2.2.1 Taglio di blocchi di polistirolo

Oltre a queste tre, esistono altre tecnologie e lavorazioni manuali che sono

attraverso filo scaldato. Il procedimento avviene

considerate parte integrante della Digital Fabrication. In generale, possiamo

utilizzando un robot industriale dotato di un

dire che la Digital Fabrication accoglie qualsiasi tipo di tecnologia e metodo

particolare End Effector progettato ad hoc per

di lavorazione che permette di ottenere la maggior personalizzazione

tale funzione.

dell’oggetto finale, anche nei dettagli. Si vanno quindi ad aggiungere anche tutte le lavorazioni artigianali classiche, compresi materiali e strumenti utilizzati in qualsiasi settore.

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Fig. 2.2.2 Fresatrice a controllo numerico di

Nella Digital Fabrication la componente Open Source non è trascurabile. Gli

grandi dimensioni, detta anche CNC. Il taglio di

ultimi dieci anni di sviluppo dell’elettronica di consumo e dei software sono

pannelli di legno di importante spessore è una

stati invasi da questa corrente di pensiero, la quale prevede la completa

pratica molto comune nella Digital Fabrication,

condivisione delle informazioni riguardanti i progetti prodotti. Basandosi sul

in quanto il materiale utilizzato è comune, poco

concetto di condivisione, altri progettisti o gruppi di lavoro possono di fatto

costoso e offre buone possibilità costruttive.

recuperare il lavoro svolto da altri, approfondendolo o modificandolo secondo le loro idee, con l’obiettivo finale di renderlo nuovamente pubblico alla società. Bisogna ringraziare la cultura open source se è possibile a chiunque accedere a componenti elettroniche, software e progetti completi a basso costo. Mentre una volta si parlava di vere e proprie settorializzazioni lavorative, oggi si possono incontrare architetti che sanno programmare software, che si autoproducono componenti elettroniche o che utilizzano macchinari robotici per le proprie sperimentazioni. All’ETH di Zurigo, come anche al MIT di Boston, il rapporto con queste tecnologie è sempre più presente, anche per chi fa ricerca sui temi dell’architettura. Questa espansione di conoscenza in campi diversi e altamente specializzati è dovuta alla continua condivisione di progetti in rete, progetti prodotti da persone o gruppi di lavoro che hanno scelto di condividere quello che hanno prodotto, rendendolo accessibile a tutti.

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Fig. 2.2.3 Taglio di un blocco di polistirolo attraverso filo scaldato con l’ausilio di due bracci robotici controllati singolarmente.



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2.3 I software Per poter seguire la realizzazione di un oggetto in tutte le sue fasi, dalla progettazione alla produzione, è necessario interfacciarsi con diversi tipi di software, ognuno con le sue caratteristiche e funzionalità. E’ quindi fondamentale fare una distinzione tra due grandi famiglie di software: •

software CAD, che servono per produrre un disegno bidimensionale o un modello tridimensionale dell’oggetto che si vuole produrre. Sul software CAD può avvenire la vera e propria fase di progettazione di un elemento. Esistono diverse tipologie di software CAD e si differenziano tra di loro per gli strumenti che mettono a disposizione dell’utente, oltre che per il vero e proprio mindset che l’utente deve utilizzare;

software CAM, che hanno lo scopo di convertire in comandi di movimento il modello da produrre. Il risultato del software CAM è generalmente un file Gcode, il quale consiste in un vero e proprio codice di programmazione che può essere letto dalle macchine (CNC o stampanti 3D). Le macchine interpretano il Gcode sotto forma di funzioni di movimento.

Fig. 2.3.1 Processo all’interno dei software per la fabbricazione digitale.

cad

cam

fabricated part

Una volta terminata la fase di preparazione del file si può procedere all’avvio della lavorazione. A seconda della macchina con cui bisogna interfacciarsi, si potrà caricare il file direttamente su di essa o sarà necessario interfacciarsi con un terzo software, chiamato Client, che permette di controllare in modo diretto la macchina.

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2.4 Le tecnologie additive La stampa 3D è una tecnologia che permette di produrre oggetti partendo da un modello digitale tridimensionale. Nei metodi di stampa 3D più conosciuti la produzione dell’oggetto avviene per strati, posizionando uno strato di materiale sopra l’altro. Il termine “stampa 3D” è il più utilizzato negli ultimi cinque-dieci anni e indica in modo generico qualsiasi tecnologia di tipo additivo avente lo scopo di produrre oggetti. La sua diffusione si deve soprattutto alla grande popolarità che ha riscontrato a livello consumer, termine che ricorda la stampa bidimensionale tradizionale, rendendo maggiormente l’idea di come funzioni e in cosa consista. A livello industriale e professionale la medesima tecnologia è più comunemente chiamata “manifattura additiva” - dall’inglese “Additive Manufacturing” - enfatizzando maggiormente il ruolo manifatturiero di questa tecnica. Con Additive Manufacturing si indicano in particolare lavorazioni più costose, utilizzate soprattutto da professionisti e aziende che sfruttano materiali tecnici e più performanti sotto diversi aspetti (polimeri e resine, metalli, polveri). Indipendentemente dalla terminologia utilizzata, sia la stampa 3D che la manifattura additiva indicano un processo produttivo basato su una “tecnica additiva”, ossia che produce oggetti tramite l’aggiunta di materiale. Le tecnologie di stampa 3D differiscono tra di loro per meccanica e

Fig. 2.4.1 Pezzo prodotto attraverso stampa

funzionamento stesso delle macchine, oltre che per il tipo di materiali

3D in materiale metallico mischiato a carbonio,

supportati. In alcuni casi esistono più nomi per la stessa tecnica: questa varietà

utilizzato per l’assemblaggio di un’automobile

è dovuta soprattutto alla presenza di più produttori che, nel corso del tempo,

da Formula 1. Prodotto da Performance

hanno registrato brevetti per metodi di stampa 3D molto simili tra loro.

Engineered Solutions LTD.

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FFF - Fused Filament Fabrication Comunemente chiamata con gli acronimi FFF o FDM - Fused Deposition Modeling - questa tecnologia di stampa 3D è la più comune ed economica. Un filamento polimerico viene riscaldato da una resistenza e spinto attraverso un ugello, il quale, spostandosi all’interno del volume di lavoro, va a depositare il materiale strato su strato. La temperatura di estrusione dipende dal polimero utilizzato nella fase di stampa. Il materiale usato più comunemente è il PLA (Acido Polilattico) e viene estruso ad una temperatura compresa tra i 180 e 210 °C. Altri materiali richiedono temperature di estrusione ben maggiori, a volte anche 300-400 °C come l’ULTEM (materiale altamente performante e resistente alle deformazioni), il PEEK (apprezzato per l’alta resistenza termica) o il PMMA (comunemente chiamato Plexiglass). La dimensione del foro dell’ugello di estrusione può variare a seconda delle necessità: si parte dai decimi di centimetro fino ad arrivare a diversi milimetri di diametro.Il diametro dell’ugello definisce due parametri molto importanti: la velocità di stampa (a parità di dimensioni dell’oggeto in stampa, un ugello più grande estrude più materiale, permettendo di finire la lavorazione più velocemente) e la precisione con cui viene depositato il materiale (un ugello più piccolo permette di ottenere forme più precise).

filamento termoplastico

z y

x

x estrusore

piano di stampa

y

materiale depositato

Fig. 2.4.2 Funzionamento stampante 3D FFF.

22

z


Fig. 2.4.3 Funzionamento stampante 3D

lente

SLA.

fotopolimero liquido

laser piano di stampa

z z y

x

SLA - Stereolitografia Brevettate nel 1986, le stampanti 3D a stereolitografia permettono di realizzare oggetti partendo da una vasca contenente resine epossidiche allo stato liquido. Il processo prevede la solidificazione di uno strato di resina sopra l’altro per mezzo di un raggio laser che viene riflesso da un lente e disegna gli strati dell’oggetto interessato. Le resine utilizzate con questa tecnologia sono dei fotopolimeri, ossia materiali polimerici che si solidificano se sottoposti ad un raggio di luce avente determinate caratteristiche. Tali resine fotosensibili presentano scarse qualità meccaniche e deterioramento precoce, soprattutto se esposte a raggi solari o all’umidità. Per sostenere le parti a sbalzo dell’oggetto di stampa è necessario utilizzare dei supporti, che possono essere disegnati appositamente o calcolati dal software CAM in modo automatico. Gli oggetti prodotti attraverso stereolitografia sono anche utilizzati per lo stampaggio a iniezione, per la termoformatura, per la soffiatura e per processi che prevedono colate di metallo, in quanto risultano sufficientemente resistenti alle sollecitazioni sul materiale.

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DLP - Digital Light Processing Se nel metodo SLA la luce utilizzata per fotopolimerizzare la resina proviene da un laser, il metodo DLP utilizza invece un fascio di luce proveniente da proiettori o schermi LCD. Il processo prevede anche in questo caso la fotopolimerizzazione di una resina fotosensibile, inizialmente allo stato liquido. Al centro della tecnologia DLP troviamo un dispositivo digitale a microspecchi, chiamato in gergo tecnico DMD - Digital Micromirror Device, e che corrisponde ad un meccanismo di modulazione di luce spaziale e che permette di coprire in modo dinamico un’ampia area di luce. La precisione di questo sistema di specchi permette di arrivare a qualità di stampa notevoli, pari circa a 30 micron. Mentre nella tecnologia SLA il laser si muove sulla parte superficiale della resina, arrivando a solidificare lo strato interessato punto per punto, la tecnologia DLP solidifica uno strato intero alla volta, proiettando un fascio di luce su tutta la superficie da lavorare. Il tempo impiegato per solidificare gli strati dipende dalla potenza della fonte luminosa originaria e dalla dispersione di luce, che è bene avvenga il meno possibile per garantire una buona riuscita di stampa. Le stampanti DLP possono utilizzare un’ampia gamma di materiali, anche morbidi e flessibili. Fig. 2.4.4 Funzionamento stampante 3D

z

DLP.

fotopolimero liquido

z y lente

x fonte di luce

24


polvere

Fig. 2.4.5 Funzionamento stampante 3D

lente

SLS, DMLS o DMP. rullo

z laser

z

y

x

z

SLS - Selective Laser Sintering

DMLS - Direct Metal Laser Sintering o DMP Direct Metal Printing

Per “sinterizzazione” s’intende una lavorazione che permette di ottenere elementi compatti partendo

Lavorando sempre per sinterizzazione è possibile

da

tecnologia

stampare polveri metalliche, ottenendo in questo

sfrutta una luce laser che va a colpire uno strato di

modo oggetti in metallo. In questo caso è prevista la

polvere, solitamente polimerica, accolta all’interno

vera e propria fusione tra le particelle.

di una vasca, e che sinterizza tra di loro le particelle

Le

leghe

metalliche

utilizzate

interessate. Banalmente, la sinterizzazione può essere

si

passa

dall’acciaio

all’oro

vista come la saldatura tra piccole particelle solide.

all’argento,

La costruzione degli oggetti avviene sinterizzando

degli

uno strato di polvere sull’altro: alla fine sarà quindi

Attraverso questa tecnologia è possibile ottenere

necessario rimuovere l’oggetto dalla vasca in cui è

pezzi finiti o solamente destinati a lavorazioni di

stato prodotto e pulirlo dalle polveri circostanti, che

rifinitura superficiale in quanto presentano capacità

non sono state colpite dal raggio laser.​

meccaniche similari a quelle ottenibili attraverso altre

I materiali utilizzabili sono generalment e a base

lavorazioni tradizionali dei metalli.

materiali

polverulenti.

Questa

strati

all’alluminio può

o

al

arrivare

sono

24

diverse,

carati,

fino

titanio.

L’altezza

a

micron.

20

polimerica e possono contenere caricature di diverso tipo (nylon caricato alluminio, nylon caricato carbonio, poliammide). L’altezza degli strati di st ampa può arrivare a grandezze nell’ordine dei 20 micron. Utilizzando una stampante 3D SLS non serv ono i supporti all’oggetto in stampa poiché, il materiale che non viene sinterizzato, fa da support o agli strati successivi. Inoltre, il materiale che all ’interno di una sessione di stampa non viene impiegat o sarà riutilizzabile nuovamente.

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SHS - Selective Heat Sintering Il metodo SHS sfrutta i principi SLS delle stampanti 3D, modificandone però la modalità di solidificazione delle polveri. Il laser presente nelle stampanti 3D SLS è sostituito da una testina di stampa termica, simile a quella utilizzata dai registratori di cassa per stampare gli scontrini su carta termica. La materia prima è composta da una polvere plastica monocromatica, che viene sintetizzata tramite il calore producendo oggetti con qualità finale di alto livello. Tanta precisione va a scapito della velocità di stampa, in quanto la polvere, per reagire a pieno al calore, impiega molto tempo. La scelta dei materiali utilizzabili non è ampia come per altre tecnologie ma, anche in questo caso, la polvere residua può esser integralmente riutilizzata e il prodotto stampato non necessita di alcun supporto, essendo generato su un letto di materiale precedentemente depositato.

Multi Material Jet Printing o PolyJet Estrudendo materiale attraverso una testina di stampa composta da un numero molto elevato di ugelli (più di 600) il processo di stampa prevede il deposito di fotopolimeri liquidi (resine, cere e biocompatibili) sensibili a raggi UV su una superficie di supporto prodotta precedentemente. Questa tecnica è ideale per prove funzionali, repliche siliconiche, parti da utilizzare in processi di fusione diretta e oggetti che richiedono caratteristiche di robustezza, resistenza alle alte temperature, durata, tenuta all’acqua, fondibilità e biocompatibilità. Il materiale di supporto è generalmente idrosolubile, in modo da favorirne la rimozione, attraverso un apposito processo, che preservi i dettagli e salvaguardi la salute dell’operatore. Con questa tecnologia è possibile stampare diversi fotopolimeri in contemporanea, tuttavia i pezzi ottenuti hanno una resistenza inferiore a quelli realizzati con stereo-litografia.

26


Fig. .2.4.6 Funzionamento stampante 3D

polvere

SHS. rullo

testina termica

z z

y

x

z

estrusore multimateriale, colorante e luce UV

x

Fig. 2.4.7 Funzionamento stampante 3D PolyJet o Multi Material Jet Printing.

y

piano di stampa

z y

materiale A

x

materiale B

z

27


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CJP - Color Jet Printing Spesso è chiamata anche InkJet, ma il funzionamento non cambia. Un collante liquido viene depositato su un letto di polvere di gesso, che era stato precedentemente depositato attraverso un rullo. Come per le precedenti tecniche, la polvere non raggiunta dal legante rimane nella camera facendo da supporto agli strati depositati successivamente. Ad ogni passaggio del rullo una testina Inkjet passa sopra lo strato di materiale appena depositato, estrudendo l’inchiostro attraverso un numero molto elevato di ugelli. La quantità di colori riproducibili supera il milione, proprio come per le stampanti Inkjet tradizionali. Si possono riprodurre anche sfumature e imprimere delle vere e proprie texture. Bisogna però fare attenzione poiché la tecnica Inkjet è caratterizzata dalla scarsa resistenza meccanica e dall’aspetto poroso delle superfici dell’oggetto stampato. Utilizzando cere e polimeri tuttavia è possibile migliorare le resistenze meccaniche dei pezzi prodotti, consapevoli del fatto che si perderà la consistenza porosa che caratterizza questo metodo di stampa 3D.

Fig. 2.4.8 Funzionamento stampante 3D

polvere

CJP. rullo fornitore collante e colore

estrusore inkjet

z z

z

28

y

x


Fig. 2.4.9 Funzionamento stampante 3D

lente

LOM.

collante

laser laminato

foratura

z piano di stampa

y

x

LOM - Laminated Object Manufacturing Molto apprezzata per i risultati estetici e il relativo basso costo dei materiali di consumo, la tecnica per laminazione produce oggetti incollando strato su strato il materiale impiegato, tra i quali il più utilizzato è la carta. Sui fogli di carta, che raggiungono spessori molto ridotti, viene stampata a inchiostro colorato una forma, che rappresenta un singolo strato dell’oggetto in lavorazione. Si otterrà quindi una risma di fogli con una sequenza ben definita, ognuno dei quali sarà tagliato secondo la forma che dovrà avere lo strato e incollati uno sopra l’altro. Avremo così un oggetto che potrà essere caratterizzato da infinite colorazioni, rinunciando però alle capacità meccaniche. Materiali utilizzati comunemente sono anche film plastici e lamiere metalliche.

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AOM - Anti-gravity Object Modeling Il nome che è stato dato a questa tecnologia è puramente provocatorio, ma rende pienamente l’idea di cosa si tratti. L’Anti-gravity Object Modeling è una tecnologia di stampa 3D continua che prevede l’estrusione di materiale, in modo simile alla tecnica di stampa FFF. Il materiale utilizzato è una resina a bassa densità che solidifica non appena entra in contatto col flusso d’aria che fuoriesce dalle ventole ancorate al corpo estrusore. La resina può essere depositato per punti, linee, curve, strati, in diverse direzioni nello spazio. Tutto ciò è possibile soprattutto grazie all’ausilio dei movimenti meccanici di un braccio robotico, al quale è ancorato il corpo estrusore. Rispetto alle tradizionali stampanti 3D, che lavorano all’interno di un volume ben stabilito dalla dimensione della macchina, l’AOM è una tecnica molto più libera e versatile. Il volume di stampa è compreso all’interno del raggio d’azione del braccio robotico utilizzato, mentre la direzione di stampa e le possibilità di posizionare il materiale sono molte di più: con L’AOM è possibile stampare in direzione verticale, obliqua o orizzontale senza doversi preoccupare dei supporti. L’unico elemento di cui non si può fare a meno è una superficie di inizio stampa, sulla quale deve aderire la resina estrusa. Le grandi possibilità di questa tecnica la rendono la più interessante per il nostro scopo: stampare a grandi dimensioni, con maggiori libertà nelle forme e nella deposizione di materiale. Un metodo di stampa 3D analogo all’AOM, ma che ancora non è stato definito con un nome preciso, prevede l’estrusione di filamento polimerico al posto della resina, integrando così un vero e proprio estrusore da stampa 3D FFF su un robot industriale. Fig. 2.4.10 Funzionamento stampante

estrusore

3D AOM.

materiale

piano di stampa

z y

30

x


Fig. 2.4.11 Mataerial - Stampa 3D AOM di una serie di curve complesse.

Fig. 2.4.12 Mataerial - Stampa 3D AOM. Dettaglio dell’estrusione di un mix di resine di diverso colore. Il cambiamento di colore è regolabile nel software di controllo grazie a dei parametri di estrusione.

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2.5 I robot industriali I robot sono macchine altamente tecnologiche utilizzate per la produzione industriale e hanno la funzione di rendere più efficiente e veloce il processo produttivo. Queste macchine sono programmabili attraverso specifici software, presentano caratteristiche dimensionali e capacità diverse a seconda del modello e del produttore, sono estremamente versatili e adatte a svolgere più attività. Gli assi di movimento dei bracci robotici sono generalmente 5 o 6, possono avere postazioni fisse o mobili e possono utilizzare strumenti diversi a seconda dei compiti da svolgere. I robot sono stati accolti su larga scala implementando quella che è definita “automazione industriale”. La norma ISO TR/8373-2.3 definisce il robot industriale come “Un manipolatore con più gradi di libertà, governato automaticamente, Fig. 2.5.1 Prototipazione di un padiglione

riprogrammabile, multiscopo, che può essere fisso sul posto o mobile per

espositivo progettato da un gruppo di ricerca

utilizzo in applicazioni di automazioni industriali”.

dell’University of Stutgart.

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Utilizzo d’oggi

Fig. 2.5.2 MX3D - Stampa 3D di un ponte in metallo. Il ponte sarà posizionato su uno dei

Nell’ultimo decennio si è vista una grande evoluzione tecnologica che

famosi canali di Amsterdam.

ha permesso il perfezionamento di tutta una serie di problematiche che colpivano in generale il settore dell’automazione industriale. Oltre ad assistere ad un relativo abbassamento dei prezzi, le performance di precisione nei movimenti ad alta velocità e le capacità di carico sono notevolmente migliorate. Oggi i robot svolgono lavorazioni accurate e precise come fresature, forature, verniciature, smerigliature, tagli laser e spostamenti di oggetti anche molto minuti. Elemento fondamentale in tale perfezionamento è stato il continuo implementamento di sensori che permettono al robot di percepire lo spazio. A tal proposito si parla di “antropomorfismo” dei robot, andando a indicare le qualità umane che questi hanno acquisito. Sensori e sistemi di visione permettono ai robot di essere consapevoli della propria posizione nello spazio, di percepire la presenza di oggetti e di comprenderne le forme. Il sistema che gestisce il robot analizza costantemente queste informazioni e le processa, trasformandole in movimenti ottimizzati secondo le particolari caratteristiche del momento.

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Software I software di comando dei robot fungono da vero e proprio sistema operativo di gestione. Attraverso il software è possibile attivare e disattivare le funzioni del robot, caricare programmi, fare test di movimento, installare plugin e pacchetti esterni per aumentarne le capacità in base alle necessità del caso. L’aggiunta di sensori o la sostituzione dello strumento d’utilizzo, chiamato Endeffector in gergo tecnico, necessiteranno quindi di elementi software aggiuntivi. Software applicativi possono essere installati per semplificare la gestione di determinati movimenti, modificando l’interfaccia di programmazione secondo le necessità. Esistono applicazioni specifiche per attività di saldatura e saldatura in gas inerte, per movimenti a controllo numerico, per movimento di nastri trasportatori, per pallettizzazione, incollaggio, saldatura e taglio al laser, sensori di rilevamento, funzionamento di pinze elettro-motorizzate, ricerca tattile e saldatura ad arco.

Robotica per l’architettura Seppur sin dagli anni ‘80 ricercatori e visionari avevano iniziato a ipotizzare l’utilizzo di robot e, nello specifico, di bracci robotici all’interno del settore edile e dell’architettura, ancora oggi questa tecnologia non viene utilizzata nella vita di tutti i giorni in cantiere. Mentre per progetti di grandi infrastrutture, come ponti o collegamenti su binari, grandi macchinari sono stati accolti senza paura, nei piccoli cantieri persistono metodi di costruzione più tradizionali. L’attività dell’architettura, tuttavia, è radicalmente cambiata nell’ultimo decennio, sfruttando in maniera sempre maggiore l’enorme potenziale della progettazione digitale per produrre forme e pezzi unici nel loro genere.

“We design digitally but still construct manually.” Stuart Maggs at rese arch Meetup 2015 Nonostante esista ancora oggi una forte resistenza del settore nell’accogliere la costruzione digitale, sono diversi i progetti che si stanno sviluppando, basandosi in gran parte sul concetto di digital fabrication e sfruttando le conoscenze condivise in rete.

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Fig. 2.5.3 Fresatura di un blocco di polistirolo.

Fig. 2.5.4 Branch Technology - Struttura stampata in 3D attraverso l’estrusione di filamento fuso e con l’ausilio di un robot.

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3 _ SCENARI ATTUALI E STATO DELLA RICERCA


Costruzione Robotica e Stampa 3D nel Futuro dell’Architettura

3.1 Riferimenti storici e attuali Per quanto negli ultimi anni siano stati sviluppati diversi progetti di ricerca, ancora oggi la stampa 3D non è stata accolta nel settore dell’edilizia e nel mondo dell’architettura. Nonostante ci sia grande fermento, dimostrato dal crescente interesse da parte dei professionisti nel comprendere come sia possibile integrare tale tecnologia all’interno del proprio bagaglio culturale, i limiti dovuti al processo costruttivo non sono ancora stati del tutto superati. Per la prima volta, nel 1996, si sentì parlare del Contour Crafting, il primo metodo di estrusione di materiale cementizio interamente gestito da una macchina di grandi dimensioni con l’obiettivo di stampare edifici. Il concetto di funzionamento non differisce molto da quello di una comune stampante 3D: un blocco estrusore, muovendosi nel volume definito da una coppia di binari di spostamento, deposita una malta cementizia strato per strato, costruendo le parti strutturali e interne dell’edificio. Una serie di bracci meccanici possono essere azionati durante il funzionamento per andare a inserire gli impianti e le strutture secondarie all’interno della porzione di edificio prodotta. Il progetto proseguì a livello di ricerca per oltre dieci anni, senza vedere applicazioni reali, soprattutto a causa della grande quantità di difficoltà iniziali. Dal punto di vista formale, questa tecnologia presenta ancora diversi limiti: •

la malta cementizia utilizzata necessita di tempo per solidificarsi e unirsi in modo uniforme allo strato precedente, rallentando l’intera lavorazione;

gli strati devono necessariamente essere posizionati uno sopra l’altro, escludendo la possibilità di costruire superfici deformate e curve complesse in verticale;

la malta cementizia deve essere il più omogenea possibile e priva di imperfezioni materiche;

il posizionamento automatizzato di componenti strutturali secondarie e degli impianti deve necessariamente essere pensato a priori, ragionando su ogni singolo movimento fatto dalla macchina;

l’intera lavorazione dovrebbe essere fatta al coperto per garantire la corretta protezione della malta appena estrusa e delle altre componenti dagli agenti atmosferici;

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il volume stampabile è scalabile in una sola dimensione.


Fig. 3.1.1 Contour Crafting - Il materiale estruso dalla macchina è paragonabile a quello utilizzato per le costruzioni in calcestruzzo armato. Il deposito di materiale avviene strato su strato e l’inserimento di elementi aggiuntivi, come rinforzi, impianti e altre parti costruttive è reso possibile grazie ad una serie di bracci robotici.

Fig. 3.1.2 Contour Crafting - Dettaglio dell’estrusione della malta cementizia durante la costruzione di una forma complessa. L’altezza di ogni strato stampato corrisponde a circa 7 cm. Il materiale appena depositato è facilmente riconoscibile dalla colorazione grigio-scuro.

Fig. 3.1.3 Contour Crafting - Fotografia di un setto prodotto in malta cementizia, composto da due elementi semplici lineari e uno complesso, avente lo scopo di irrigidire e tenere unita la struttura.

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Costruzione Robotica e Stampa 3D nel Futuro dell’Architettura

Fig. 3.1.4 D-Shape - Partendo da un letto di materiale inerte granuloso e aggiungendo un collante, la stampante 3D di Enrico Dini permette la realizzazione di elementi finiti simil-rocciosi, paragonabili al marmo. Per le costruzioni più complesse è possibile produrre più pezzi dello stesso oggetto, assemblandoli in un secondo momento.

Fig. 3.1.5 D-Shape - Progetto Radiolaria di Shiro Studio, scultura ispirata alle forme naturali e organiche degli organismi marini. La costruzione è avvenuta senza progettare supporti o posizionare al suo interno una struttura aggiuntiva.

Fig. 3.1.6 D-Shape - Sezione di una piccola abitazione. Costituita da quattro pezzi successivamente assemblati, la costruzione è avvenuta per sezioni trasversali.

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Fu nel 2006 che si sentì parlare nuovamente di stampa

in autonomia entro 24. La fase finale consiste nella

3D per l’edilizia, grazie a D-Shape. Pensata da Enrico

pulitura dell’oggetto stampato, dove viene rimosso

Dini, ingegnere civile pisano, l’obiettivo della sua

tutto il materiale sabbioso di supporto in eccesso,

grande stampante 3D è stato sin da subito quello di

che potrà essere riutilizzato di seguito in una seconda

rivoluzionare il mondo dell’edilizia. D-Shape consiste

costruzione.

in una tecnologia di costruzione composta da una struttura reticolare in alluminio, scalabile nelle tre

L’inkjet 3D printing permette di produrre qualsiasi tipo

dimensioni che ne definiscono il volume di stampa.

di forma: elementi a sbalzo o sospesi non necessitano

La struttura comprende quattro pilastri posti alle

di sostegni durante la fase di stampa in quanto a

quattro estremità del volume di stampa, collegati da

fare da supporto è lo stesso materiale che non viene

altri quattro elementi orizzontali che si muovono in

solidificato attraverso il collante negli strati precedenti.

verticale e una serie di 300 ugelli estrusori di piccole

Il materiale di costruzione può essere composto da

dimensioni, ognuno distante 20 mm dall’altro. La

diverse miscele granulari di materiale inorganico

grande stampante 3D sfrutta la tecnologia chiamata

trovate in loco, evitando in questo modo i costi e le

“Powder

emissioni prodotte dal trasporto del materiale.

bed

3D

printing”,

paragonabile

alla

tecnologia Inkjet, impiegando un mix di granuli -

Gli oggetti realizzati con la tecnologia di D-Shape

sabbia e ossido metallico - come materiale di supporto

presentano una finitura e una consistenza similari

e un secondo componente inorganico - un liquido a

a quella del marmo e, secondo le dichiarazioni

base di cloro - come collante.

dell’azienda, le resistenze meccaniche finali superano

Il processo di stampa avviene in due fasi:

quelle del cemento Portland. Il materiale prodotto è compatibile con l’ambiente naturale al 100% e ed è

1. un sottile strato di materiale granuloso viene depositato su una superficie piana orizzontale;

chimicamente indistinguibile dal marmo prodotto in natura. I costi di produzione delle costruzioni realizzate con

2. vengono fatti passare gli ugelli sopra lo strato

D-Shape si riducono del 30-50% rispetto all’utilizzo del

di sabbia e ossido metallico appena depositato.

tradizionale cemento Portland, poiché non si necessita

Durante il loro passaggio, gli ugelli estrudono il

dell’intervento di operatori per la costruzione.

componente inorganico che funziona da collante tra i granuli. Questo processo viene ripetuto, procedendo verso l’alto, andando a solidificare strato su strato parte del materiale fino al compimento della fase di costruzione e ottenendo come risultato l’oggetto finito, il quale sarà contenuto all’interno di un volume di sabbia non lavorata. Per ogni strato, solo determinati ugelli vengono azionati, ed è proprio grazie a questa selettività che è possibile ottenere la forma desiderata. L’altezza degli strati può variare dai 5 ai 10 mm. Il processo di solidificazione si completa

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Costruzione Robotica e Stampa 3D nel Futuro dell’Architettura

WASP, acronimo di World Advanced Saving Project, è un’azienda italiana con sede a Massa Lombarda e si presenta come uno dei maggiori produttori di stampanti 3D desktop in Italia. I suoi modelli di stampanti 3D si basano sulla tecnologia FFF e sulla meccanica di tipo “delta”, composta da tre bracci dotati di movimento verticale che trasportano un blocco estrusore. Il progetto più ambizioso di WASP è la Big Delta, una stampante 3D con meccanica delta di grandi dimensioni costruita su una struttura reticolare portante in acciaio che estrude materiale argilloso. Ad oggi la struttura della Big Delta raggiunge un’altezza pari a 12 metri, con un volume di stampa cilindrico di 6 metri di diametro in base per 6 metri di altezza. La struttura è modulare e può essere assemblata interamente da due operatori. Il corpo estrusore consiste in un imbuto, il quale coinvoglia il materiale ancora malleabile all’ugello. All’interno dell’imbuto è presente un sistema a vite senza fine, avente la funzione di aiutare il materiale a scendere verso l’ugello, che ha dimensione variabile tra i 2 e i 10 cm. La Big Delta WASP ripropone un funzionamento simile a quello delle stampanti 3D FFF, con la differenza che non estrude un filamento plastico e non necessita di riscaldare il materiale per l’estrusione. Al contrario, l’impasto argilloso deve essere utilizzato quando è ancora fresco, asciugandosi alla luce del sole o a temperatura ambiente. Il processo di costruzione non prevede l’utilizzo di supporti nella produzione di parti a sbalzo o inclinate, complicandone in questo modo la realizzazione, poiché il materiale potrebbe collassare sul suo stesso peso. Essendo una tecnologia estremamente semplice ed economica, WASP spera di poter esportare il proprio modello ovunque nel mondo, in modo particolare nei paesi più poveri e caldi, dove potrebbe essere possibile costruire delle abitazioni utilizzando i materiali naturali disponibili in loco. Infatti, le tipologie di impasti d’argilla studiati da WASP sono molteplici e la versatilità del componente estrusore da loro progettato garantisce l’estrusione degli impasti più svariati. Il processo di costruzione tuttavia è lento, a causa dei tempi di asciugatura del materiale.

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Fig. 3.1.7 Big Delta WASP - Presentata al pubblico per la prima volta nelle campagne di Massa Lombarda, il rapporto con la natura per WASP rimane fondamentale.

Fig. 3.1.8 Prototipo in dimensioni ridotte della Big Delta WASP durante una fase di stampa.

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Costruzione Robotica e Stampa 3D nel Futuro dell’Architettura

Fig. 3.1.9 Frei Otto e Rolf Gutbrod Padilione Germania per EXPO ‘67 a Montreal (1965-1967).

Fig. 3.1.10 Konrad Wachsmann - Hangar per gli aerei della United States Air Force, 1950–1953 Photo A. Laurenzo, Die Neue Sammlung – The International Design Museum Munich Model Architekturmuseum der TU München.

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Come dimostrato da queste ingegnose invenzioni, le

coperture retraibili, strutture dotate di movimento

tecnologie additive di grandi dimensioni hanno sin

grazie a meccanismi idraulici o pneumatici, tende

da subito prediletto materiali a bassa densità, malte

e membrane, dimostrando una rottura dai concetti

cementizie o polveriformi, andando a confrontarsi con

tradizionali di architettura del tempo, avanzando una

diverse questioni:

tipologia di architettura leggera piuttosto che basata sulle pure necessità progettuali. Per Frei Otto è proprio

il volume massimo di stampa è ben definito

il principio di “Lightweight” che determina il processo

dalla struttura della macchina utilizzata, il

di definizione della forma dell’edificio. Da questo si

che non favorisce la libertà di produrre edifici

deduce che gli edifici leggeri di Otto non seguono

di grandi dimensioni in un solo pezzo. Per

solamente le necessità del puro funzionalismo, ma

costruire edifici più grandi del volume di stampa

anche una loro tipologia di estetica. Questo suo

disponibile è necessario produrli a pezzi e poi

pensiero è dimostrato inoltre dalla grande quantità

assemblarli;

di studi e progetti riguardanti strutture a ramo, ossia sostegni che ripropongono la forma di alberi e rami

la modalità di deposizione strato su strato e le

che sostengono superfici generalmente orizzontali.

caratteristiche dei materiali impongono dei limiti alle forme costruibili;

Con le stesse motivazioni per cui si cita Frei Otto, Konrad Wachsmann è il secondo grande riferimento

dal punto di vista tecnologico, questi metodi

storico di questa tesi. Architetto, anche lui proveniente

costruttivi non riescono ancora ad essere

dalla scuola tedesca della prima metà del ‘900, fu

equiparabili alle tecniche tradizionali. Per far sì

considerato uno dei maggiori esperti del suo periodo

che questo avvenga, è necessario continuare a

nella prefabbricazione di elementi semilavorati in

fare ricerca, provando il più possibile ad applicare

legno. Secondo Wachsmann, l’architetto deve essere

la tecnologia direttamente sul campo.

un “universal planner”, ossia deve poter coordinare e pianificare la composizione dei moduli nella

Fatte queste considerazioni, la necessità di staccarsi

costruzione, combinando la propria creatività con la

da macchine che impongono dei limiti all’espressione

composizione stessa.

dell’architettura è di primaria importanza. Proprio come negli ultimi anni dell’ ‘800, ci troviamo nel bel

Attraverso i lavori di Otto e Wachsmann è possibile

mezzo di una rivoluzione tecnologica e volgere uno

capire come, in una fase di pura ricerca di nuove

sguardo al passato non può fare altro che aiutare.

forme di architettura, la tendenza sia stata quella di andare ad alleggerire le strutture portanti, avvalendosi

Architetto e ricercatore, Frei Otto è considerato uno

di nuove possibilità costruttive e ispirandosi alle

dei più grandi innovatori dell’architettura del 1900.

componenti della natura. Ripercorrere i passi fatti

La ricerca di Otto fu nei confronti di forme e tipologie

da questi grandi architetti può essere utile per

costruttive che potessero alleggerire la struttura degli

comprendere in che direzione sarebbe meglio

edifici. L’elemento ispiratore nella ricerca di Otto è

muoversi e per cercare la soluzione ai problemi che ci

quello della cellula biologica, considerata come il

stiamo ponendo.

più piccolo blocco costruttivo della natura. Partendo da questo concetto, Otto progettò tensostrutture,

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Costruzione Robotica e Stampa 3D nel Futuro dell’Architettura

L’architetto italiano Luigi Moretti fu l’inventore della definizione di “Architettura Parametrica”, utilizzata per la prima volta nel 1939. Sviluppata in collaborazione del matematico Bruno De Finetti, col quale fondò l’Institute for Mathematical Research in Architecture (I.R.M.O.U.), la ricerca di Moretti culminò in un’esposizione presso la Triennale di Milano, nel 1960, intitolata “The relations between the dimensions dependent upon variuous parameters”. Le forme dei progetti presentati erano state generate calcolando delle isocurve, che sviluppavano in verticale le componenti architettoniche. All’interno della mostra, Moretti espose una serie di modelli di progetti architettonici per degli stadi da calcio, tennis e nuoto, dimostrando come la forma degli edifici fosse stata ottimizzata per avere la visibilità ottimale del campo da gioco in qualsiasi posizione dell’edificio. Questo perfezionamento fu permesso grazie all’imposizione di alcuni parametri di forma.

“The parameters and their interrelationships become [...] the code of the new architectural language, the “structure” in the original sense of the word [...]. The setting of parameters and their relation must be supported by the techniques and tools offered by the most current sciences, in particular by logics, mathematics [...] and computers. Computers give the possibility to express parameters and their relations through a set of (self-correcting) routines”. Luigi Moretti Mettendo in relazione gli studi di Otto, Wachsmann e Moretti, è possibile trovare un nesso tra le necessità tecnologiche e formali valutate fin ora: da un lato l’ottimizzazione strutturale, basata su canoni di versatilità, possibilità e compatibilità con le tecniche di costruzione tradizionali; dall’altro una ricerca compositiva, incentrata sulla progettazione di nuove forme ispirate alla natura tutt’altro che casuali. Per uscire dal volume racchiuso nei metodi di costruzione additiva visti in precedenza è necessario ripartire da zero e implementare una componente meccanica che offra più libertà, oltre che ragionare sulle possibilità offerte da materiali possano essere integrati maggiormente con le tecniche costruttive tradizionali.

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Fig. 3.1.11 Modello dello stadio N progettato da Luigi Moretti esposto nel 1960 alla Triennale di Milano in occasione della mostra “Architettura Parametrica”. La forma della struttura dello stadio è il risultato dell’utilizzo di diciannove parametri (Bucci e Mulazzani, Luigi Moretti opere e scritti, Milano: Electa, 2006, 204-208).

Fig. 3.1.12 Varianti della pianta dello stadio, rappresentate con delle isocurve, versione M e versione N (Bucci e Mulazzani, Luigi Moretti opere e scritti, Milano: Electa, 2006, 204-208).

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Costruzione Robotica e Stampa 3D nel Futuro dell’Architettura

3.2 Stato della ricerca Negli ultimi anni sono diversi i percorsi che si sono sviluppati per esprimere al meglio l’architettura e per andare a liberarsi il più possibile dalle limitazioni imposte dalla tecnologia. La maggior parte di questi sfruttano le capacità di movimento dei bracci robotici industriali. MX3D, azienda nata all’interno del laboratorio di sperimentazione del designer Joris Laarman, sta portando avanti uno studio legato alla costruzione robotica con materiali metallici. Combinando un robot a 6 assi e una saldatrice opportunamente modificata, MX3D è in grado di costruire strutture in metallo resistenti e complesse. I metalli compatibili con questa tecnica sono l’acciaio, l’acciaio inox, l’alluminio, il bronzo e il rame: nessuno di questi materiali necessita di strutture di supporto durante la fase di stampa. La costruzione robotica con questi materiali è stata resa possibile grazie allo sviluppo di un software parametrico dedicato che riesce a mettere in relazione i movimenti del robot e i tempi di lavoro della saldatrice. Infatti, la saldatura del materiale avviene per piccoli strati alla volta, pari a 1-2 centimetri, e necessita di un tempo di circa 5 secondi di attesa per proseguire con lo strato successivo. Il tempo d’attesa tra uno strato e l’altro è fondamentale poiché il materiale stesso necessita di qualche secondo di riposo per solidificarsi a temperatura ambiente: la deposizione degli strati deve avvenire su materiale allo stato solido. I parametri gestibili dal software devono essere ottimizzati in base alla geometria da produrre e al materiale che si ha intenzione di utilizzare: tra questi troviamo il pulse-time, il pause-time, il layer height e il tool orientation. Esaltando gli aspetti strutturali e le geometrie naturali riproducibili dalla propria tecnologia, lo studio di Laarman ha presentato nel 2015 il progetto per la costruzione di un ponte in acciaio, che prenderà forma su uno dei famosi canali della città di Amsterdam e sarà interamente costruito in loco grazie all’ausilio di una squadra di robot, che scorreranno direttamente sulla struttura da loro prodotta, arrivando a incontrarsi al centro per chiuderla e renderla perfettamente stabile. Attualmente è in corso di sviluppo il software che possa controllare l’interazione tra i componenti della squadra di robot che parteciperanno alla costruzione. La tecnica sviluppata da MX3D è relativamente economica se paragonata a metodi analoghi: grazie all’ottimizzazione della struttura è possibile un notevole risparmio nel materiale di costruzione, oltre che a offrire possibilità stilistiche ancora inesplorate.

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Fig. 3.2.1 MX3D Metal - Costruzione di una curva in metallo nello spazio. Il punto d’ancoraggio è su una superficie verticale.

Fig. 3.2.2 MX3D Metal - Dettaglio della lavorazione del braccio robotico. La saldatrice deposita pochi centimetri di materiale alla volta, costruendo curve complesse una dopo l’altra.

Fig. 3.2.3 MX3D Metal - Rendering della costruzione del ponte per Amsterdam. Una squadra di robot procede nella costruzione sulla struttura da loro stessi prodotta.

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Costruzione Robotica e Stampa 3D nel Futuro dell’Architettura

Risultato di una proficua collaborazione tra l’Institute for Advanced Architecture of Catalonia (IAAC) e lo studio di Joris Laarman, MATAERIAL precede la nascita di MX3D, gettandone le basi di sviluppo. MATAERIAL è il progetto che ha dato vita alla tecnologia di stampa 3D AOM (Anti-Gravity Object Modeling) e sfrutta completamente le caratteristiche di estrusione di una resina per edilizia. Oggetti tridimensionali sono prodotti dall’interazione nello spazio di curve, che possono andare a definire interi volumi. La tecnologia AOM può produrre oggetti a partire da qualsiasi superficie, indipendentemente dalla sua inclinazione o porosità, senza la necessità di utilizzare supporti. Con questa tecnica si vanno quindi ad abbattere i limiti della forma e, in parte, quelli della gravità: se vengono costruiti elementi molto aggettanti e con una lunghezza elevata, questi potrebbero sollecitare troppo il punto di l’ancoraggio, la superficie d’appoggio, staccandosi. Questo problema è facilmente evitabile grazie ai software di calcolo che, prima di procedere alla costruzione, ci informeranno Fig. 3.2.4 Mataerial - Dimostrazioni e dettagli tecnici delle componenti tecnologiche.

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se ci sono rischi di rotture o disgiunzioni.


Fig. 3.2.5 Mataerial - Fotoinserimento e ipotesi applicativa. Una squadra di robot dotati di basi su ruote si muovono nello spazio costruendo un padiglione in resina.

Anche se la grande potenzialità di questa tecnologia sta nel poter stampare curve complesse nello spazio, l’AOM può anche stampare superfici piene, volumi o procedere con una costruzione per strati: tutto dipende unicamente dal modello tridimensionale che si intende produrre. Le limitazioni imposte da sistemi di stampa 3D FFF, SLS o SLA vengono completamente abbattute. Inoltre, i progettisti hanno ipotizzato il posizionamento dei propri robot su piattaforme robotizzate che, in un futuro, potrebbero rendere completamente autonomi i robot nella loro lavorazione. Grazie ad un software opportunamente sviluppato e all’integrazione di

Fig. 3.2.6 Mataerial - Rappresentazione

resine di diverso colore, è possibile anche stampare un oggetto con diverse

grafica delle capacità della tecnologia adottata

colorazioni. La gestione del colore, basata su sistema CMYK, può essere

da Mataerial.

programmata in una fase pre-stampa o in tempo reale.

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Costruzione Robotica e Stampa 3D nel Futuro dell’Architettura

Branch Technology è un’azienda americana occupata nello sviluppo di un sistema completamente innovativo per la costruzione di edifici, arredi, strutture e componenti edilizie. Il metodo costruttivo proposto prevede l’utilizzo di un braccio robotico industriale, algoritmi digitali e un materiale plastico composito, paragonabile all’ABS, contenente fibra di carbonio. Chiamata Cellular Fabrication™, questo sistema costruttivo prevede l’estrusione del polimero impiegato, che viene poi immediatamente raffreddato grazie all’integrazione di ventole particolarmente performanti nel blocco estrusore. Partendo dall’utilizzo di algoritmi digitali progettati ad hoc, i volumi sottoposti alla costruzione vengono elaborati secondo una maglia reticolare, generalmente composta da triangoli. Il risultato dell’elaborazione degli algoritmi corrisponde quindi a una vera e propria tassellazione delle superfici che definiscono un volume: le facce che compongono le superfici possono essere modificate secondo parametri specifici, come la densità, la dimensione e l’approssimazione delle forme digitali originarie. Tutti i movimenti del robot sono progettati e ottimizzati a priori grazie ad un software che ne simula i movimenti prima dell’inizio della fase di lavoro. Branch Technology introduce quindi una serie di elementi molto interessanti: •

lo spostamento del braccio robotico si limita a una sola direzione nello spazio, quella definita dal binario su cui è posizionato. Il volume massimo di movimento del robot corrisponde a circa 84 metri cubi (3.000 piedi

Fig. 3.2.7 Branch Technology - Modello di

cubi dichiarati) e può stampare un massimo di 2,44 x 2,44 x 12,19

un setto murario con forma curva.

metri (8’ profondità x 8’ altezza x 40’ lunghezza). Queste dimensioni permettono quindi la produzione di intere componenti dell’edificio, non soltanto modelli o piccole parti. Ogni elemento prodotto potrà poi essere saldato al successivo, creando una continuità nella struttura e garantendo una grande flessibilità. •

le caratteristiche del materiale utilizzato sono in linea con quelle dei materiali plastici, l’esposizione diretta agli eventi atmosferici è da evitare. Il reticolo costruito può essere senza problemi riempito con malte cementizie e isolanti a spruzzo, può accogliere gli impianti al suo interno e può essere rifinito superficialmente con resine, intonaco e altre finiture tradizionali;

è completamente possibile la realizzazione di volumi complessi, rettilinei o curviformi.

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Fig. 3.2.8 Branch Technology - Applicazione del metodo di fabbricazione digitale su un pezzo di grandi dimensioni. La lavorazione avviene con materiale plastico e la progettazione è completamente ottimizzata secondo algoritmi fatti su misura.

Fig. 3.2.9 Branch Technology - Dimostrazione grafica delle capacitĂ volumetriche e formali del robot posizionato su binari.

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Costruzione Robotica e Stampa 3D nel Futuro dell’Architettura

Per avvicinarci a una fabbricazione completamente autonoma, nella quale il robot sia capace di “vedere” lo spazio che lo circonda, di “percepire” eventuali ostacoli e di muoversi liberamente, è necessario che quest’ultimo sia dotato di una serie di sensori. Una soluzione più che convincente arriva dall’ETH Architecture School di Zurigo e ADRL Agile & Dexterous Robotics Lab, i quali hanno collaborato allo sviluppo di una soluzione per garantire la mobilità dei robot all’interno di uno spazio di costruzione prestabilito. Il progetto, chiamato “DimRob Systems” fa parte di un altro progetto di ricerca intitolato “Real-Time Control System for an In-Situ Fabrication Robot” e nel posizionamento del robot su una piattaforma cingolata completamente automatizzata e controllata digitalmente. In questo modo il robot è libero di muoversi all’interno di uno spazio prestabilito e di andare ad attuare fisicamente in loco le operazioni che deve svolgere. La piattaforma, oltre ad essere dotata di alimentazione interna, il che la rende completamente autonoma, è anche dotata di sensori - scanner tridimensionali - che rilevano la presenza di eventuali ostacoli o elementi imprevisti. La versione del DimRob oggi disponibile, integra nella piattaforma di movimento quattro puntoni, che entrano in azione quando il robot si ferma per lavorare e lo rendono maggiormente stabile. Ad oggi, la completa autonomia del DimRob non è possibile, ma è prevedibile che, nel giro di qualche anno, si possa arrivare a renderlo pienamente cosciente dello spazio che lo circonda, dotandolo anche della capacità di prendere decisioni. Il blocco estrusore posto all’estremità del robot è composto da un ugello per l’estrusione di un filamento plastico: anche in questo caso, proprio come per Branch Technology, il robot andrà a costruire volumi nello spazio grazie alla conversione di forme geometriche in dati di movimento spaziali effettuate da un software di progettazione parametrico. I materiali sperimentati col DimRob sono polimetri semplici, come il PLA e l’ABS, e possono essere integrati con altri materiali tradizionali come malte o isolanti a spruzzo.

Fig. 3.2.10 DimRob Systems - Setto murario con struttura stampata in 3D e in parte rivestita con malta cementizia.

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Fig. 3.2.11 DimRob Systems - Braccio robotico posizionato su piattaforma di movimento durante la fase di stampa di un elemento verticale.

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Costruzione Robotica e Stampa 3D nel Futuro dell’Architettura

Fig. 3.2.12 DimRob Systems - L’endeffector del robot può accogliere tool diversi a seconda delle necessità. Il questo caso il sistema DimRob è stato programmato per costruire un muro in mattoni. Il robot trasporta i mattoni e li posiziona uno sopra l’altro con una sequenza prestabilita.

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Fig. 3.2.13 DimRob Systems - Visione digitale dello spazio in cui si trova il robot durante la costruzione. La sua posizione è determinata da una serie di sistemi di rifermento cartesiani. Una volta terminata la costruzione in un punto, il robot si sposterà nella posizione successiva, bassata sul sistema cartesiano successivo. Fig. 3.2.14 DimRob Systems - Sistema robotico dotato di scanner tridimensionali. Il sistema di controllo processa la nuvola di punti rilevata dallo scanner permettendo al robot di percepire gli ostacoli.

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4 _ APPROCCIO AL TEMA


Costruzione Robotica e Stampa 3D nel Futuro dell’Architettura

4.1 Introduzione Essendo l’obiettivo di questa tesi quello di comprendere quali sono le problematiche e le potenzialità del coinvolgimento della costruzione robotica e della stampa 3D nel campo dell’architettura, il modo migliore per afferrarle è stato quello di utilizzare applicazioni dirette, simulando alcune delle ricerche precedentemente presentate. Sfruttando degli strumenti a me disponibili, ho potuto mettere in pratica le conoscenze acquisite durante la fase di analisi dello stato della ricerca, sperimentando con materiali, estrusori, componenti di elettronica, di meccanica, modelli di strutture e di bracci robotici. Tutta la strumentazione utilizzata è da intendersi particolarmente lowcost: non sono state utilizzate macchine ad alto contenuto tecnologico, ma semplicemente componenti e strumenti frequentemente utilizzati nel mondo della prototipazione e dell’autocostruzione. La scelta di impiegare materiale di questa tipologia deriva da due fattori: 1. costruire da zero modelli e macchinari permette di conoscerli fino ai minimi dettagli, prendendo completa consapevolezza dei punti di forza e delle debolezze di quello che è stato prodotto; 2. i modelli che sono stati realizzati sono progetti open-source e, per la loro costruzione, sono segnalate delle liste di componenti da utilizzare. Avendo la possibilità di partire con delle basi già sufficientemente solide, grazie alla presenza di queste informazioni, la fase puramente tecnica di ricerca e selezione delle componenti è stata saltata, permettendomi di concentrarmi maggiormente sulle valutazioni di mio interesse. All’interno di questa fase di pura sperimentazione non è mancata l’interazione coi software: come vedremo successivamente, la maggior parte dei pezzi necessari per l’assemblaggio dei modelli è stata stampata in 3D. Questo ha comportato numerose ore di contatto coi software di modellazione tridimensionale CAD, per il perfezionamento dei pezzi necessari alla costruzione, e coi software CAM, per la preparazione e la gestione delle stampanti 3D adottate.

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Fig. 4.1.1 Arduino Uno - Arduino Uno è piccola scheda elettronica programmabile, generalmente utilizzata nella realizzazione di progetti open-source e prototipi funzionanti.

Fig. 4.1.2 Filamenti per stampanti 3D FFF I filamenti per stampanti 3D FFF si differenziano per colorazione e caratteristiche tecniche.

Fig. 4.1.3 Componenti - Viti a brugola e componenti stampate 3D, utilizzate nella crostruzione di un modello.

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Costruzione Robotica e Stampa 3D nel Futuro dell’Architettura

4.2 Studio di volumi e forme La 3Doodler è uno strumento manuale che permette l’estrusione di filamento plastico e presenta un funzionamento simile a quello delle pistole per la colla a caldo, con la sola differenza che il meccanismo per consente la fuoriuscita del materiale è controllato in modo elettronico. Questo strumento è anche comunemente chiamato col termine “penna 3D”, indicandone ed esaltandone alcune caratteristiche. La 3Doodler è infatti uno strumento molto compatto e maneggevole, completamente paragonabile a un qualsiasi pennarello nelle dimensioni e nel peso. Fig. 4.2.1 3Doodler - Lo strumento utilizzato per produrre elementi tridimensionali a mano, comunemente chiamata “penna 3D”.

Il materiale utilizzato dalla 3Doodler è un filamento di plastica, con diametro di 3 mm, e può avere diverse colorazioni o caratteristiche a seconda del polimero impiegato: i più comuni sono il PLA, l’ABS e la gomma. Una volta fuoriuscito dall’ugello, il filamento si solidifica e si raffredda a temperatura ambiente in modo quasi istantaneo, favorendo la produzione di quasi qualsiasi tipo di forma nello spazio. La peculiarità delle penne 3D sta proprio in questa caratteristica, che le rende a tutti gli effetti idonee a prestarsi come blocco estrusore posizionato su un robot o un meccanismo di movimento a 3 assi. Cercando di utilizzare al meglio le sue capacità, la 3Doodler è stata utilizzata per produrre una serie di modelli tridimensionali in plastica, simulando la costruzione robotica. Il processo è avvenuto per tentativi, procedendo di volta in volta con movimenti diversi e senza fare particolare attenzione alla realizzazione di oggetti con determinate resistenze meccaniche. Lo studio mostrato nelle pagine seguenti si prefigge quindi lo scopo di far intendere quali sono le criticità, quali sono i movimenti ammessi, quanto materiale è necessario e le tempistiche di realizzazione per un oggetto di piccole dimensioni con questo strumento, oltre che quello di dare un’idea in grandi linee delle volumetrie realizzabili, interagendo direttamente col materiale.

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Fig. 4.2.2 3Doodler - L’impugnatura dell’estrusore è la stessa di un pennarello. Il filamento entra dalla parte superiore, poi tirato verso il basso da un piccolo motore interno.

Fig. 4.2.3 3Doodler - La realizzazione delle geometrie è completamente libera.

Fig. 4.1.4 3Doodler - Sequenza di estrusione del filamento plastico.

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GEOMETRIA 1 DIMENSIONE: 60 X 95 X 100 MM MATERIALE: PLA (acido polilattico) DIAMETRO FILAMENTO: 3 mm QUANTITÁ MATERIALE USATO: 0,40 m TEMPO DI COSTRUZIONE: 25 minuti

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GEOMETRIA 2 DIMENSIONE: 60 X 40 X 130 mm MATERIALE: PLA (acido polilattico) DIAMETRO FILAMENTO: 3 mm QUANTITÁ MATERIALE USATO: 0,25 m TEMPO DI COSTRUZIONE: 35 minuti

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GEOMETRIA 3 DIMENSIONE: 230 X 45 X 115 mm MATERIALE: PLA (acido polilattico) DIAMETRO FILAMENTO: 3 mm QUANTITÁ MATERIALE USATO: 1,20 m TEMPO DI COSTRUZIONE: 2 ore

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GEOMETRIA 4 DIMENSIONE: 120 X 110 X 195 MM MATERIALE: PLA (acido polilattico) DIAMETRO FILAMENTO: 3 mm QUANTITÁ MATERIALE USATO: 0.90 m TEMPO DI COSTRUZIONE: 55 minuti

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GEOMETRIA 5 DIMENSIONE: 160 X 60 X 90 MM MATERIALE: ABS (acronitile butadiene stirene) DIAMETRO FILAMENTO: 3 mm QUANTITÁ MATERIALE USATO: 2.20 m TEMPO DI COSTRUZIONE: 3 ore

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4.3 Robot autocostruiti Proprio come nel caso dell’utilizzo della 3Doodler, la volontà di sperimentare direttamente sul campo mi ha spinto a realizzare tre modelli di bracci robotici. Ognuno di questi presenta caratteristiche diverse, soprattutto nelle dimensioni, nella potenza e nella complessità, sia strutturale che di utilizzo. Il fine di questo lavoro è stato quello di capire cosa significa avere a che fare con dei robot, scontrandomi con delle materie a me quasi completamente ignote come l’elettronica, la meccanica e la programmazione. Quello che mi aspettavo di ottenere, come risultato dello sforzo di addentrarmi in settori completamente diversi da quello dell’architettura, è un bagaglio di conoscenze relative alla reale applicazione dei concetti visti in precedenza, unendo in un solo corpo meccanico il supporto e l’end effector, ossia il braccio robotico e l’estrusore.

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Fig. 4.3.1 Componenti di montaggio del MeArm, piccolo braccio robotico open-source - viti, motori, scheda elettronica Arduino Uno e pezzi stampati in 3D.

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Il MeArm è un robot di dimensioni molto ridotte: il suo spazio minimo d’ingombro è pari a 150 x 100 x 130 mm, con un raggio d’azione massimo di 180 mm. Nato nel 2014 come kit di costruzione accessibile a chiunque, è stato poi pubblicato in rete come progetto open-source. Il modello originale prevedeva l’utilizzo di componenti in legno, provenienti da una pannello con spessore di 5 mm tagliato al laser. Oggi il MeArm è arrivato alla versione 0.4, incorporando diversi miglioramenti. Come assoluto primo approccio alla costruzione di un robot, ho quindi deciso di procedere alla costruzione del MeArm, apportando sin dall’inizio alcune modifiche al modello originale. Partendo dal file in formato .pdf contenente le geometrie per il taglio laser delle componenti da assemblare, la mia scelta è stata quella di produrle attraverso la stampa 3D, modellando il modello digitale tridimensionale dei volumi che sarebbero serviti. Altre piccole modifiche sono state apportate durante l’assemblaggio, in particolare sul posizionamento e sul dimensionamento di alcune viti. Fig. 4.3.2 MeArm - Il file .pdf rappresentante le geometrie delle componenti da assemblare. Il suddetto file può essere utilizzato per il taglio laser o per riprodurre i singoli pezzi in un modello tridimensionale, utile per procedere con la stampa 3D delle componenti.

Il controllo del robot avviene con l’ausilio di una scheda elettronica Arduino Uno, alimentabile da una presa USB e capace di processare il semplice codice di programmazione del robot. È sempre attraverso la scheda Arduino che i 4 piccoli motori ricevono energia elettrica, dotando il robot di 3 assi di movimento, uno verticale e due orizzontali. Il quarto motore serve per aprire e chiudere la pinza in estremità. Tra le caratteristiche degne di nota di questo modello, è necessario far risaltare l’accortezza che è stata messa nella progettazione delle componenti: la pinza posizionata all’estremità del braccio è sempre parallela rispetto al piano su cui il robot è appoggiato. 78


Fig. 4.3.3 MeArm - La pinza posizionata all’estremità del modello può sollevare oggetti piccoli e leggeri.

Fig. 4.3.4 MeArm - Il volume di movimento è limitato dal corpo stesso del robot, che ne limita il raggio d’azione rispetto la sua posizione.

Fig. 4.3.5 MeArm - La meccanica del robot è progettata apposta per far sì che la pinza sia sempre posizionata in direzione parallela rispetto al piano d’appoggio della base.

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Fig. 4.3.6 MeArm Bigger - Modello di braccio robotico a dimensioni maggiorate rispetto al MeArm orginale.

Fig. 4.3.7 MeArm Bigger - Tutte le componenti sono state riprogettate pur mantenendo la stessa tipologia di movimento.

Fig. 4.3.8 MeArm Bigger - L’endeffector si muove sempre in modo parallelo al piano d’appoggio della base e , in questo caso, è stato completamente rimodellato per permettere l’alloggiamento di una componente aggiuntiva.

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Con una dimensione d’ingombro minima di 310 x 150 x 290 mm e un raggio d’azione massimo di 360 mm, il secondo modello costruito si basa completamente sul MeArm: le dimensioni delle componenti da autoprodursi sono state aumentate e modificate per poter accogliere elementi meccanici più performanti. I motori montati su questo robot hanno una potenza maggiore, pur essendo sempre alimentati dal semplice collegamento a un Arduino Uno, ed è dotato di cuscinetti a sfere posizionati a incastro nei punti di rotazione, riducendo notevolmente l’attrito nei movimenti. Anche nel caso di questo modello, tutte le parti che ne costituiscono la struttura sono state stampate in 3D con tecnologia FFF, a volte presentando alcune problematiche di resistenza e incastro durante l’assemblaggio e obbligando a produrle una seconda volta. Trattandosi specialmente di elementi lunghi e di spessore ridotto, una volta terminata la stampa risultavano leggermente imbarcati a causa del raffreddamento del materiale a temperatura ambiente e del successivo ritiro del materiale stesso. In altri casi, il problema riscontrato è stato quello della rottura dei pezzi a causa della mancata corretta adesione tra uno strato e l’altro. Questa problematica è stata trovata soprattutto nel corpo che prevede gli alloggiamenti dei due motori che gestiscono le rotazioni su assi orizzontali: inserendoli nelle loro posizioni facevano pressione sul materiale circostante al punto da andare a lesionarlo. Una soluzione veloce a questo problema è stata quella di utilizzare al 3Doodler per andare a fondere la plastica lesionata e chiudere le fratture. Questa operazione consiste in una vera e propria riparazione che, per ora, si è rivelata funzionante. Anche nel caso di questo modello, lo strumento posizionato all’estremità del robot si muove sempre in modo parallelo al piano di appoggio della base, e non incorpora alcun motore che ne gestisca il movimento. Come vedremo successivamente, questo elemento è stato modificato e realizzato su misura per svolgere una particolare funzione.

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Le componenti elettroniche per la costruzione del terzo modello adottato sono le seguenti: •

alimentatore da 12V (100W o maggiore);

1 scheda RAMPS 1.4;

3 motori stepper Nema 17;

3 Nema 17 Stepper Motors;

1 o 2 ventole da 12V con dimensione minima di 40 x 40 mm;

cavi elettrici e cavo USB.

È facile comprendere come, con la costruzione di quest’ultimo braccio robotico, le questioni di assemblaggio e funzionamento siano andate a complicarsi. Con un’altezza totale di 58 cm, questo robot è stato progettato dall’azienda polacca Zortrax come caso studio, per dimostrare le capacità dei materiali e delle stampanti 3D da loro prodotte. Ogni pezzo che compone la struttura del robot è stato prodotto in PLA e, viste le dimensioni particolarmente generose, la quantità di materiale utilizzato è stata notevole, come anche le ore che ci sono volute per realizzare i pezzi, con una media di circa 6-7 ore. I motori utilizzati sono dei Nema 17: si tratta di motori passopasso, gestibili con comandi a controllo numerico. L’assemblaggio di questo modello non è stato semplice a causa della necessità di reperire un numero considerevole di componenti diverse da incastrare negli alloggiamenti previsti nelle parti prodotte in 3D. Terminata la costruzione del modello, è stato possibile rendersi conto di quanto le componenti elettroniche di maggior valore facciano la differenza, soprattutto nella precisione e nella fluidità dei movimenti. Fig. 4.3.9 Zortrax Robotic Arm - Schema dei collegamenti elettronici tra la scheda di controllo, i motori, le ventole di raffredaamento e l’alimentatore.

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Fig. 4.3.10 Zortrax Robotic Arm - Stampa 3D del pezzo che sta alla base del modello e che permette la rotazione su un asse orizzontale.

Fig. 4.3.11 Zortrax Robot Arm Assemblaggio dei primi due pezzi prodotti tramite stampa 3D.

Fig. 4.3.12 Zortrax Robotic Arm - Dettaglio dell’assemblaggio di un ingranaggio collegato a un motore.

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Costruzione Robotica e Stampa 3D nel Futuro dell’Architettura

Fig. 4.3.13 Zortrax Robotic Arm - Schema raffigurante gli assi di rotazione del robot.

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Fig. 4.3.14 Zortrax Robotic Arm - Braccio robotico con componenti interamente stampate in 3D.

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Terminata la costruzione dei tre modelli e dopo averli messi sotto sforzo - a volte eccessivamente, lesionando alcune componenti - per capire fino a che punto si potevano spingere le loro capacità, si è andato a concludere il percorso di sperimentazione cercando di integrare le due tecnologie utilizzate: l’estrusore tridimensionale e uno dei modelli costruiti. L’obiettivo di quest’ultima fase è stato quello di simulare i movimenti prodotti dai bracci robotici industriali, utilizzati nei progetti di ricerca di cui si è parlato in precedenza, provando in contemporanea a estrudere materiale plastico. È stata quindi fatta la scelta di utilizzare la 3Doodler come estrusore e il modello del MeArm di dimensioni maggiori come supporto per il movimento controllato. Per rendere possibile questo tipo di applicazione, è stato necessario progettare su misura l’alloggiamento della penna tridimensionale all’estremità del robot. La procedura per realizzarlo è stata sviluppata sul software di modellazione 3D, nel quale è stato importato il modello originario dell’end effector del braccio e, in seguito, è stato modificato utilizzando una superficie che riproducesse nel modo più preciso possibile la sezione della 3Doodler. In questo modo è stato prodotto il nuovo pezzo, successivamente stampato in 3D e montato sul braccio robotico. L’incastro permette il passaggio della penna tridimensionale al suo interno, tenendola ben salda nella sua posizione durante i movimenti. La 3Doodler è uno strumento molto versatile: questo è dimostrato anche dalla presenza di 3 pin di controllo incorporati nella sua piccola scocca di metallo, che permettono di controllare la penna in modo elettronico. Per rendere possibile tutto questo, è stato necessario progettare una serie di circuiti elettrici collegati alla scheda Arduino Uno. Aprendo e chiudendo i suddetti circuiti, la 3Doodler attiva e disattiva le sue funzioni di estrusione e ritrazione del polimero utilizzato. In conclusione, posizionando la 3Doodler nel suo alloggiamento disegnato su misura e facendo attenzione che nessun collegamento del circuito si staccasse, è stato possibile, procedendo per tentativi, provare a estrudere del materiale muovendo il braccio robotico attraverso dei comandi digitali, mandati dal computer.

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Fig. 4.3.15 Modellazione tridimensionale dell’alloggiamento per la 3Doodler, successivamente installato all’estremità del MeArm.

Fig. 4.3.16 Montaggio della 3Doodler sul MeArm di grandi dimensioni.

Fig. 4.3.17 Circuito utilizzato per comandare la 3Doodler attraverso comandi digitali.

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4.4 Considerazioni Di seguito, come conclusione di questo percorso applicativo e di sperimentazione, sono elencate una serie di considerazioni riguardo questa esperienza. L’intento non è quello di giudicare in modo positivo o negativo le tecnologie utilizzate, ma di porre risalto a caratteristiche che potrebbero essere migliorate e alle potenzialità di questo tipo di approccio. Per quanto riguarda l’utilizzo manuale della 3Doodler: •

produrre la geometria stabilita utilizzando la penna tridimensionale è relativamente semplice nei primi strati. In seguito, però iniziano ad accumularsi errori di posizionamento del materiale, soprattutto a causa dei movimenti imprecisi fatti a mano, che causano non pochi problemi nel proseguimento dell’opera;

il materiale estruso dovrebbe raffreddare un po’ più velocemente per favorire il posizionamento degli strati successivi. Utilizzare un normale ventilatore in direzione della penna può essere utile per raffreddare istantaneamente il materiale e migliorare i risultati ottenibili. La soluzione migliore sarebbe quella di progettare un sistema di ventole, piccole e leggere, che spingano l’aria solamente contro l’ugello e il materiale estruso;

non è garantito un flusso continuo di materiale a causa di sbalzi di temperatura dell’ugello o semplici intoppi temporanei;

gli oggetti con una struttura interna basata su triangoli si presentano notevolmente resistenti;

nelle strutture triangolari, proprio come nell’architettura, i nodi sono un punto importante per la solidità generale del pezzo. Solitamente, è bene sostare qualche istante in più nel passaggio sui nodi, per essere certi che ci sia sufficiente materiale da fare aderenza;

è necessario che il materiale possa appoggiare su un supporto sottostante, come un semplice foglio di carta, ed è necessario che faccia una buona adesione. Se questo non accade, il rischio è che il pezzo si stacchi, rendendo più difficile la riuscita della costruzione;

il movimento deve essere più uniforme possibile, senza rallentamenti o accelerazioni;

per migliorare la riuscita, i movimenti da fare dovrebbero essere ragionati prima dell’esecuzione in modo da evitare il contatto tra l’estrusore e i pezzi stampati.

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Per quanto riguarda la costruzione e l’utilizzo dei modelli dei bracci robotici: •

la qualità delle componenti prodotte attraverso stampa 3D deve essere alta. Eventuali deformazioni e imprecisioni potrebbero limitare i movimenti del modello stesso;

l’utilizzo di un materiale resistente e soggetto a poche deformazioni a lungo termine come l’ABS è consigliato, anche se si potrebbero presentare problemi di ritiro durante la fase di stampa dei pezzi. Si raccomanda quindi l’utilizzo del piano riscaldato, ad una temperatura di almeno 100°C;

particolare attenzione deve essere posta alla corretta adesione degli strati di materiale stampati. La mancata aderenza sarà un punto debole del pezzo, rischiando di romperlo durante l’utilizzo;

ai fini delle sperimentazioni svolte in questo percorso di tesi, le componenti elettroniche e meccaniche si sono rivelate completamente soddisfacenti;

la stesura dei comandi digitali per comandare i modelli non è estremamente complicata, ma la collaborazione con un tecnicoprofessionista informatico garantisce sicuramente risultati migliori, guadagnandone in tempo e evitando di guastare delle componenti;

la costruzione dei modelli si è rivelata molto utile per capire meglio con che tipo di strumenti ci si vuole interfacciare;

il circuito di comando digitale della 3Doodler è relativamente semplice, ma per applicarlo in modo completo su un braccio robotico è necessario produrre un codice di comando abbastanza elaborato, che possa far interagire il braccio robotico con l’estrusore;

le velocità di movimento del robot e di estrusione della 3Doodler devono essere sincronizzate, favorendo la corretta adesione e il preciso posizionamento del filamento polimerico.

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Costruzione Robotica e Stampa 3D nel Futuro dell’Architettura

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5 _ CONTROLLO DIGITALE DEL PROCESSO


Costruzione Robotica e Stampa 3D nel Futuro dell’Architettura

5.1 Introduzione algoritmica

alla

progettazione

Arrivati a questo punto, risulta quindi comprensibile come oggi sia possibile automatizzare in modo digitale i processi di costruzione, combinandoli sapientemente con una progettazione ad-hoc, non standardizzata, che permetta di mantenere viva la poetica dell’architettura, sfruttando però componenti robotiche, elettroniche e meccaniche di tipo industriale, con l’obiettivo di innovare e migliorare i processi di costruzione. Per rendere tutto ciò possibile è necessaria la conoscenza di un processo digitale basato sulla gestione di parametri e sulla risoluzione di movimenti nello spazio. Si avrà quindi a che fare con dei software di progettazione, per la definizione delle geometrie, e di programmazione, per la gestione dei movimenti dei robot.

Fig. 5.1.1 Funzionamento di un algoritmo.

data data data

92

instructions

data


5.2 Grasshopper e Kuka|prc Grasshopper è un plugin installabile sul software di modellazione 3D Rhinoceros e permette di procedere ad un tipo di modellazione tridimensionale parametrica. L’interfaccia grafica si basa su una serie di tasselli che possono contenere punti, linee e superfici, effettuare calcoli o produrre risultati sotto forma di dati. Proprio mentre l’utilizzatore va a comporre il quadro logico delle operazioni che il software deve svolgere, Grasshopper ne produce i risultati risolvendo gli algoritmi, costituiti da un codice in C+ o Python. Il grande apprezzamento per questo plugin ha favorito la nascita di tool aggiuntivi destinati a effettuare operazioni più specifiche, come ad esempio per il controllo di bracci robotici. Grasshopper, infatti, permette di creare, secondo parametri prestabiliti, dei piani, i quali sono elementi che contengono tutte le informazioni necessarie per calcolare il movimento cinematico dei robot: 3 direzioni e 3 rotazioni. Per questo motivo, ogni volta che si deve progettare il movimento di un braccio robotico, ci si imbatte nella suddivisione degli elementi di base - curve, superfici, volumi - in punti e ad ogni punto sarà assegnato un piano. Il robot andrà quindi a spostare l’endeffector - lo strumento posto all’estremità - nelle localizzazioni dove sono presenti i punti, secondo le informazioni spaziali definite dai piani associati. Fig. 5.2.1 Grasshopper - Work flow di risoluzione di un algoritmo che produce come risultato un codice che può essere letto dal robot come comandi di movimento nello spazio.

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KUKA|prc è un tool progettato apposta per questi scopi: al suo interno contiene informazioni prestabilite su alcuni modelli di bracci robotici, end effector e tipologie di movimento. Il tool è suddiviso secondo cinque gruppi di comandi: Core, Toolpath, Virtual Robot, Virtual Tools e Utilities. Core: la sezione Core contiene le istruzioni e le modalità di movimento del robot. I movimenti consentiti sono di tipo circolare, lineare, punto-punto e spline. É poi possibile utilizzare dei Core basati su movimenti a 6 assi e Core modificabili. I movimenti in output andranno sempre fatti entrare nel Kuka|prc CORE generale, il quale produrrà il codice di movimento finale e una analisi dei dati. Toolpath: è possibile suddividere delle superfici secondo isocurve, stepdown e parametri, oltre che definire il tipo di approccio che deve avere l’end effector sulla parte in studio. Virtual Robot: contiene tutti i dati relativi ai modelli di robot disponibili alla simulazione. Si trovano 15 modelli di robot, diversi per dimensioni e caratteristiche. Questi possono anche essere modificati secondo dati esterni o posizionati dentro uno spazio di lavoro virtuale. Virtual Tools: sono i diversi tipi di end effector disponibili di default. Si passa dalle frese a simil-estrusori, ma è anche possibile progettare uno strumento su misura. Utilities: diverse utilità offrono la possibilità di aggiungere input e output analogici o digitali, oltre che analisi diverse dei fati disponibili. Nelle seguenti pagine è stato messo in pratica il funzionamento di questo interessante software, testandolo su geometrie di diverso tipo.

Fig. 5.2.2 Kuka|prc - Robot occupato nello spostamento di oggetti parallelepipedi. Il processo avviene spostando l’end effector da un punto di riferimento all’altro.

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Fig. 5.2.3 Kuka|prc -Simulazione di programmazione del movimento di un braccio robotico. La punta dell’end effector è sempre posizionata su un punto P, secondo la direzione di un vettore V. Il movimento è invece determinato dalla sequenza di piani di riferimento.

Fig. 5.2.4 Kuka|prc -Simulazione di programmazione del movimento di un braccio robotico con 6 assi di movimento.

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5.3 Applicazione e simulazioni di movimento MOVIMENTO DEL robot seguendo una linea VERTICALE Dopo aver disegnato nello spazio una linea verticale, questa va suddivisa secondo un numero X di punti. Potendo essere espressa attraverso due punti posti alle estremità, questa operazione è stata attuata mettendo in relazione la geometria disegnata - la retta - col parametro di suddivisione in punti - impostato su due. Definiti i punti d’interesse, che determinano l’inizio e la fine del movimento del robot, sono stati estrapolati i dati riguardanti la posizione nello spazio. Ad ogni punto è stato poi abbinato un piano XY, impostando anche una rotazione dei suddetti piani a seconda della posizione finale del robot. Tutti questi dati vengono poi dati in pasto a un codice che definisce quale tipologia di movimento sarà effettuata dal robot - lineare, spline, punto-punto, circolare. Il risultato di questo percorso sono una serie di comandi digitali, ossia i comandi che serviranno al robot per capire come muoversi nello spazio. I dati vengono quindi inseriti nell’ultimo componente dell’algoritmo, il Kuka|prc Core, che attiverà la simulazione nello spazio tridimensionale secondo i comandi impostati, il modello di robot scelto e l’end effector utilizzato. Da notare è il fatto che, impostando un parametro di estrusione collegato Fig. 5.3.1 Kuka|prc e Grasshopper -

all’end effector, è possibile gestire in modo controllato la fuoriuscita del

Algoritmo per il movimento di un robot secondo

materiale.

una retta verticale.

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Movimento del robot seguendo una curva nello spazio Rispetto al caso precedente, sviluppare il movimento del robot secondo una curva nello spazio significa dover fare attenzione a più aspetti. Innanzitutto, è necessario scegliere in modo accurato il posizionamento del robot secondo la geometria con cui bisogna interfacciarsi: il robot non deve interferire in alcun modo con la curva. Inoltre, i movimenti che farà il robot devono essere ammessi dalle capacità dei suoi assi di movimento. Nel caso in cui il robot non possa svolgere un determinato movimento, Kuka|prc segnalerà il problema, indicando in rosso la parte interessata al problema. In questo caso specifico, avendo a che fare con una curva di dimensioni considerevoli, questa è stata suddivisa in 50 punti. La densità dei punti caratterizza la definizione dei movimenti del braccio: più punti sono utilizzati, più i movimenti effettuati dal robot saranno fedeli alla geometria originale. Quando si ha a che fare con delle geometrie curvilinee, che siano curve o superfici, la suddivisione in punti va anche a determinare la precisione con cui queste verranno riprodotte nel movimento del robot. Infine, dopo aver impostato un piano XY ad ogni punto di suddivisione della curva, i dati di comando sono stati messi in relazione con l’end effector e con Fig. 5.3.2 Kuka|prc e Grasshopper Algoritmo per il movimento di un robot secondo una curva posizionata nello spazio.

100

modello di robot scelto.





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MOVIMENTO DEL robot seguendo una spezzata complessa Supponendo di dover lavorare un volume parallelepipedo, riproducendolo secondo una geometria definita basata su triangoli, il risultato della progettazione dei movimenti del robot è quella che segue. Partendo dalla spezzata racchiusa all’interno del volume in oggetto, questa dovrà essere divisa secondo un numero X di punti, ricordando che, anche nel caso di geometrie chiuse come questa, esistono sempre un punto iniziale e un punto finale. Questi saranno fondamentali per comprendere la sequenza con cui il robot si muoverà. Il numero di punti di suddivisione della curva è stato impostato al minimo, in modo che ce ne fosse uno ad ogni vertice. Avere una maggiore densità di punti avrebbe comportato l’unica differenza di produrre una maggior quantità di dati di calcolo. Procedendo come nei casi precedenti, il movimento lineare viene elaborato e processato dal robot, producendo un’anteprima del movimento realizzato. Ipotizzando l’estrusione di un filamento in plastica all’interno del caso in oggetto, si fa necessaria una verifica in più: il corpo dell’end effector non deve mai andare a interferire con le linee elaborate, che corrispondono, nella realtà, al materiale estruso e depositato.

Fig. 5.3.3 Kuka|prc e Grasshopper Algoritmo per il movimento di un robot secondo una spezzata complessa nello spazio.

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6 _ CASO STUDIO - FREEFORM HOME DESIGN CHALLENGE


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6.1 Introduzione All’interno di questo percorso di ricerca, nel quale la collezione e la selezione di materiale d’interesse ha fatto per la maggiore, il mio obiettivo era quello maturare una conoscenza approfondita delle tecnologie di costruzione robotica e stampa 3D disponibili al giorno d’oggi, cercando in seguito di applicarle in un contesto progettuale per l’architettura. La Freeform Home Design Challenge, organizzata da Branch Technology, è arrivata con un tempismo perfetto. Proprio nel momento in cui stavo iniziando a lavorare all’applicazione della mia ricerca fu aperto il concorso, offrendomi l’opportunità di: •

progettare utilizzando una tecnologia che offre tutta una serie di possibilità uniche nel suo genere;

applicare tale tecnologia nel contesto di un concorso progettuale;

applicare una tecnologia che, potenzialmente, oggi potrebbe davvero essere utilizzata per costruire degli edifici.

La decisione di partecipare al concorso è quindi avvenuta in seduta stante. Le aspettative erano quelle di poter acquisire una maggiore familiarità col metodo costruttivo che sarei andato ad applicare, cercando di utilizzarlo nel modo più idoneo e di risolvere tutte le problematiche che si sarebbero presentate. Una sfida grande, in quanto nessuno, fino a questo momento, ha avuto l’opportunità di progettare un edificio con questa tecnologia.

Fig. 6.1.1 Cellular Fabrication - Modello piramidale prodotto con tecnologia additiva.

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6.2 Branch Technology e la Freeform Home Design Challenge Occupata nello sviluppo di un sistema completamente innovativo per la costruzione di edifici, arredi, strutture e componenti edilizie, il metodo costruttivo proposto da Branch Technology prevede l’utilizzo di un braccio robotico industriale, algoritmi digitali e un materiale plastico composito, contenente fibra di carbonio. Chiamata Cellular Fabrication™, questo sistema costruttivo è a tutti gli effetti da considerare una tecnologia di stampa 3D, robotizzata e ingegnerizzata per produrre oggetti di grandi dimensioni. Fig. 6.2.1 Cellular Fabrication - Il robot monta uno dei primi prototipi del blocco estrusore.

Gli algoritmi utilizzati da Branch Technology rendono possibile la trasformazione di qualsiasi volume in matrici con forma triangolare, realizzando una sorta di rete formata da cellule aperte. Ogni diversa combinazione tra i parametri che caratterizzano la matrice produrrà un diverso risultato. Nel campo dell’architettura, la particolare geometria riproposta sotto forma di matrici potrà essere la struttura dell’edificio, accogliendo al suo interno o sulla superficie esterna gli impianti e i tradizionali materiali di finitura utilizzati in edilizia. Il blocco estrusore utilizzato dall’azienda è stato brevettato, come anche lo speciale materiale utilizzato nelle stampe, pur essendo noto che consista in un polimero a base di ABS caricato al carbonio. 113


Costruzione Robotica e Stampa 3D nel Futuro dell’Architettura

Il robot utilizzato per la costruzione è posizionato

Gli interni della residenza devono contenere i volumi

su un binario che gli permette di muoversi nello

minimi per un bagno, una camera da letto, un’area

spazio in una direzione stabilita. Il volume massimo

soggiorno con cucina e uno spazio studio.

stampabile corrisponde a circa 84 metri cubi

La localizzazione del lotto di progetto è negli Stati

(3.000 piedi cubi dichiarati), corrispondenti a 2,44

Uniti d’America, nella città di Chattanooga (87

x 2,44 x 12,19 metri (8’ profondità x 8’ altezza x 40’

Johnson St, Chattanooga, TN 37408). Il lotto ha

lunghezza). Queste dimensioni permettono quindi

dimensioni di 144 x 40 piedi, corrispondenti a 43,9 x

la produzione di intere componenti dell’edificio,

12,2 metri.

non soltanto modelli o piccole parti. Ogni elemento prodotto potrà poi essere saldato al successivo, creando una continuità nella struttura e garantendo una grande flessibilità. Intitolato “Freeform Home Design Challenge”, il concorso proposto da Branch Technology si apre ad architetti e designer con la richiesta di progettare una casa per una o più persone utilizzando la Cellular Fabrication™. Per l’azienda, l’obiettivo del concorso è quello di ricevere più proposte possibili, per capire come la propria tecnologia è percepita dai progettisti e ricevere nuove idee riguardo il reale suo possibile utilizzo. Il concetto che sta alla base del concorso è quello di “costruire come la natura” - “Build like nature” : grazie alla grande versatilità della Cellular Fabrication™, Branch Technology chiede di rivisitare il concetto di casa come lo concepiamo oggi, andando alla ricerca di forme e stili maggiormente avvicinabili al mondo naturale. Dovranno quindi essere le forme della natura a ispirare la forma dell’architettura, ripensando

in

modo

creativo

all’estetica,

all’ergonomia, ai sistemi costruttivi e alle strutture portanti. La libertà è assoluta. Le proposte progettuali devono prevedere una superficie massima tra i 55 e i 74 metri quadri (600800 piedi quadrati), mentre l’altezza dell’edificio deve corrispondere a un solo piano. Il sistema costruttivo più prevedere l’utilizzo di materiali e componenti aggiuntivi, anche tradizionali, oltre che meccaniche e elettroniche. Fig. 6.2.2 Cellular Fabrication - Geometria complessa.

114


Fig. 6.2.3 Cellular Fabrication - Test e prototipi all’interno del laboratorio di Branch Technology.

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Dal punto di sita tecnico, l’azienda ha fornito tutta una serie di informazioni in modo da consentire il miglior utilizzo possibile della propria tecnologia all’interno degli elaborati progettuali. Specificando che le componenti dell’abitazione non sarebbero state stampate direttamente sul lotto dove è previsto il collocamento del progetto, Branch Technology consigliava di interpretare i pezzi dell’edificio come vere e proprie parti prefabbricate. La costruzione tridimensionale è quindi prevista nei loro laboratori, dove il materiale e il robot sono protetti dagli agenti esterni. L’applicazione di eventuali finiture superficiali previste direttamente sul reticolo stampato 3D saranno fatte al chiuso, a meno che non si presenti strettamente necessario effettuarle a struttura completamente assemblata. Tutte le parti costruite in 3D hanno una resistenza alle sollecitazioni e capacità strutturali, possono accogliere al loro interno componenti tradizionali come pilastri in acciaio, travi o essere rinforzate riempendole con cemento a spruzzo. Non è fornita alcuna informazione riguardo le reali capacità di queste strutture: è quindi necessario basarsi esclusivamente sulle proprie intuizioni e sul buon senso progettuale. Andare alla ricerca di schede tecniche riguardanti materiali plastici come l’ABS può dare un’idea delle capacità meccaniche dei suddetti, ma è necessario essere consapevoli che queste caratteristiche variano a seconda delle componenti stesse del polimero. Trattandosi di strutture costruite in materiale plastico, l’idea di lasciarne completamente libere di essere intaccate dagli agenti atmosferici o, semplicemente, dai raggi del sole è particolarmente rischiosa. Branch Technology afferma di essere al lavoro per fornire la possibilità di fare dei trattamenti alle matrici prodotte, applicando degli spray che le proteggano dai raggi UV. Attualmente, però, non sono ancora stati ottenuti risultati applicabili, che garantiscano la protezione e l’integrità della struttura. Generalmente, lo spessore dei muri stampabili va dai 10 ai 30 cm, anche se ottimizzando al meglio la matrice si può arrivare a spessori di 5 cm. Per quanto riguarda il lotto, destinato ad accogliere il progetto del vincitore del concorso, questo è posizionato in una zona tranquilla della cittadina di Chattanooga, affiancato da tre strade secondarie e un edificio su due piani con funzione di ristorante-bar. Il lotto non predilige nessuno dei lati liberi come “fronte”, anche se l’accesso è agevolato da sud-ovest, arrivando da una strada primaria.

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Fig. 6.2.4 Cellular Fabrication - Modello tridimensionale di un’ipotesi di riempimento della matrice in plastica.

Fig. 6.2.5 Cellular Fabrication - Applicazione di isolante, cemento e di una finitura superficiale ad una partizione di muro, contenente anche l’alloggiamento per gli impianti e una finestra di tipo tradizionale.

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6.3 Il progetto: UPRIGHTNESS Chasms’ Permutation Assumendo un blocco di forma parallelepipeda, il processo che è avvenuto nel concept di progetto è stato definito dall’azione di parametri. Ogni parametro agisce sulle forme modificandole con traslazioni, compressioni, sbriciolamenti e sovrapposizioni. Ragionando in modo diverso, si potrebbe parlare di forze interne ed esterne che agiscono sulla forma solida in modo tangenziale, opposto o perpendicolare, con un carico puntuale o distribuito. Il solido cambia ogni volta che una forza agisce su di esso.

SCATOLA: la dimensione è stata stabilita di 72 metri quadrati e un piano di altezza, contenenti tutti gli spazi che una casa richiede.

Fig. 6.3.10 Concept - Step 1

FRATTURA: la scatola viene rotta in sottoelementi che costituiscono gli spazi interni, spostandosi nello spazio. Fig. 6.3.11 Concept - Step 2

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DEFORMAZIONE: forze esterne deformano gli elementi. La deformazione dipende dalla resistenza di ogni singolo punto, definita secondo dei parametri stabiliti; Fig. 6.3.12 Concept - Step 3

EROSIONE: la forma modificata viene erosa da forze tangenziali, che ne rifiniscono i bordi; Fig. 6.3.13 Concept - Step 4

CHIUSURA: la forma finale è stata trovata. La casa è creata chiudendo la parte superiore e gli accessi. Fig. 6.3.14 Concept - Step 5

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7 _ CONCLUSIONI E CONSIDERAZIONI


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7.1 Benefici e sfide Quelli della robotica e della stampa 3D sono considerati due dei settori che offrono maggiori possibilità di sviluppo nei prossimi anni, entrando a far parte, secondo alcuni studiosi, di quel gruppo di tecnologie definite “esponenziali”. Se davvero questo accadrà, sicuramente sarà possibile il superamento di tutta una serie di problematiche, che rendono oggi la costruzione robotica e la stampa 3D applicabili soltanto in alcuni casi di progetto. A conclusione del percorso fatto per redigere questa tesi di ricerca, posso quindi tirare le somme di tutto quello che si è visto, facendo un ultimo ragionamento sui benefici e sulle sfide che la costruzione robotica e la stampa 3D fanno entrare in gioco per noi architetti e progettisti. Come dimostrato dall’analisi svolta sui progetti di ricerca attuali e sui progetti che, da anni, cercano di imporsi nel settore, le tecnologie additive non rispecchiano ancora le qualità necessarie per essere applicate in massa. Essendo estremamente versatili, come nel caso di Branch Technology, il loro utilizzo si presta particolarmente alla progettazione non standardizzata, pur comportando la necessità di compiere uno sforzo notevole per trovare il giusto incontro tra la reale applicabilità della tecnologia e le necessità progettuali. Ad oggi, quindi, si tratta ancora di arrivare a compromessi, qualunque sia la tecnologia adottata, ed è proprio da questa considerazione che parte una delle sfide più grandi per la stampa 3D applicata nell’architettura e nel design: trovare il modo di dare maggiore libertà alle

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qualità estetiche e formali dei progetti, semplificando quelli che sono gli aspetti tecnici che, oggi, è fondamentale conoscere a fondo. Considerando l’esperienza di progetto per il concorso alla Freeform Home Design Challenge, posso affermare con certezza che i risultati ottenibili con questo tipo di tecnologia sono notevoli: su edifici di piccole dimensioni, nei quali la struttura risulta generalmente poco sollecitata, la libertà progettuale è assicurata, permettendo di gestire nel dettaglio ogni caratteristica del progetto. Inoltre, la possibilità di integrare la matrice costruita con materiali tradizionali, garantisce la possibilità di offrire all’edificio un’integrità estetica col contesto in cui si va a posizionare, accogliendo anche tutte le necessità riguardanti l’isolamento termico e acustico. I benefici nell’utilizzo dei robot industriali, invece, vanno a colpire altri aspetti della progettazione architettonica. Per quanto, ancora oggi, il loro impiego non sia possibile all’interno di un cantiere vero e proprio, non si può non affermare che rispecchino pienamente le aspettative che suscitano. Sicuramente, il grande salta sarà fatto nel momento in cui sarà disponibile una piattaforma che renda i robot totalmente o parzialmente autonomi nel loro lavoro. E’ quindi necessario continuare su un percorso di ricerca e sviluppo legato all’interazione progettista-robot e robot-costruzione: rendere le macchine in qualche modo più coscienti di quello che le circonda segnerà un cambiamento radicale. Proprio come le tecnologie additive, i robot sono

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il supporto tecnologico ideale nel caso di progettazioni fatte su misura, completamente gestite dai progettisti. Personalizzazione: la costruzione robotica e la stampa 3D permettono infinite varianti dello stesso oggetto, producendo forme sempre uniche. La possibilità di costruire pezzi unici o di assemblare attraverso saldatura più pezzi dello stesso oggetto garantisce solidità e uniformità nell’oggetto stesso, sia esteticamente che strutturalmente. Questo processo non richiede costi aggiuntivi. Complessità: per quanto questa tecnologia possa essere usata per ottimizzare e produrre delle superfici piane, i risultati più notevoli si ottengono quando si tratta di lavorare con forme curve complesse, con angoli acuti e superfici deformate. La produzione di questo tipo di oggetti non implica costi aggiuntivi. Funzionalità e flessibilità: la versatilità nel loro utilizzo è ampia, consentendo di essere utilizzate per la costruzione di muri, componenti strutturali o puramente estetici, arredi, pezzi d’arte, elementi separatori, ecc. Processo digitale diretto: l’abilità di trasformare il progetto tridimensionale CAD in un oggetto fisico è una delle caratteristiche più interessanti. Con la stampa 3D si accorcia notevolmente la distanza tra la fase progettuale e quella di produzione dell’oggetto finito. Ottimizzazione delle risorse: le tecnologie additive garantiscono la completa assenza di spreco di materiale. Ogni elemento da produrre è ottimizzato secondo le sue caratteristiche, consentendo l’utilizzo del materiale strettamente necessario per soddisfare le richieste del progettista. Le strutture prodotte sono leggere e consentono in modo agevole il trasporto.

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7.2 Gli effetti sulla progettazione Come è stato possibile vedere, l’utilizzo dei robot e delle tecnologie additive comporta la necessità di possedere tutta una serie di conoscenze legate al funzionamento delle macchine, dei materiali e dei software per controllarli. Questo provoca l’introduzione di concetti matematici e ingegneristici, che spesso non vengono affrontati dagli architetti. Utilizzare un software parametrico è sensibilmente diverso da usare un programma di modellazione tridimensionale tradizionale. I software parametrici, come nel caso di Grasshopper, si interfacciano coi programmi di progettazione, interagendo direttamente sulle geometrie prodotte. Per produrre risultati validi, bisogna sempre tenere a mente che ci si sta interfacciando con delle funzioni matematiche, che elaborano i dati inseriti, fornendo come risultato altri dati. Nei software parametrici non esiste il caso: ogni risultato prodotto corrisponde esattamente a delle informazioni elaborate. Nel caso in cui un algoritmo non riesca a produrre risultati o, semplicemente, non ne viene permesso l’utilizzo, significa che non si stanno utilizzando in modo corretto i vari tasselli che completano il quadro di risoluzione della funzione matematica. Le operazioni da svolgere riguardano, la maggior parte delle volte, operazioni di geometria. La questione si presenta sufficientemente complessa nel momento in cui si voglia parlare dell’interazione coi robot. Un concetto di base, però, ci viene in aiuto: i robot fanno esattamente quello che il progettista comanda. I robot reagiscono a informazioni digitali complesse, inizialmente ragionate da un soggetto esterno. Qualsiasi sia l’output prodotto dal robot, questo sarà il risultato dei comandi che gli sono stati dati. Per chi produce oggetti estrudendo argilla attraverso l’ausilio di robot, questa caratteristica è definita “Informed Matter”, stando a indicare il fatto che il risultato della costruzione di un oggetto può essere visto come la trasposizione da bit a atomi, ossia da informazioni digitali a informazioni materiche. La materia stessa si fa carico di informazioni digitali, che ne hanno definito ogni caratteristica, dalla forma alla resistenza meccanica. Come è facile prevedere, anche il coinvolgimento della stampa 3D per la costruzione di edifici comporta diverse novità. Partendo dall’interazione coi software, non sarà possibile produrre qualcosa con tecnologie additive

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senza passare dai CAM, impostando tutti i parametri di stampa nel modo corretto per ottenere, come risultato, proprio quello che ci si aspetta. Una pratica comune tra i progettisti che già oggi hanno adottato questa tecnologia, è quella di disegnare e progettare avendo già in mente il successivo utilizzo della stampa 3D. Ciò significa tenere in considerazione sin da subito i limiti della macchina e del materiale con cui ci si deve interfacciare, ottimizzando il più possibile le forme e la parti strutturali dell’edificio. Saranno quindi i parametri di stampa, insieme alla volontà del progettista, a definire gli spessori pieni, le dimensioni degli spazi vuoti, eventuali intercapedini o modifiche geometriche all’interno della struttura stessa, per renderla più versatile o performante. Si tratta quindi di cambiare completamente il mind-set progettuale, scontrandosi sin da subito con le reali capacità della tecnologia. Il risultato, quindi, è lo sviluppo di un nuovo tipo di progettualità. Senza dover entrare in casi estremi, come quello descritto poco sopra, sarà sufficiente modificare le fasi legate al progetto: dopo aver dato una forma al progetto di architettura, questo potrà essere ottimizzato per essere prodotto attraverso la costruzione robotica e la stampa 3D, mantenendo inalterata la sua identità.

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7.3 Spunti per il futuro Immaginando ipotetiche utopie e senza voler cadere in singolari distopie, il futuro della costruzione robotica sembra pieno di interessanti applicazioni. Partendo dall’oggi, in cui sono gli edifici di piccole dimensioni e con funzioni relativamente semplici ad accoglierne le potenzialità, i robot potranno diventare parte integrante di un tipo di progettazione diffusa. Le applicazioni della stampa 3D e dei robot potrebbero trovare sbocchi molto interessanti anche sul lavoro delle facciate degli edifici, arrampicandosi direttamente su una serie di binari. La nascita di nuovi materiali potrebbe cambiare radicalmente l’utilizzo delle tecnologie in esame. Già oggi sono disponibili materiali che reagiscono ad azioni esterne, come ad esempio all’inclinazione dei raggi solari o al vento. Proseguendo quindi su un concetto che sta riscuotendo particolare successo, ossia quello della “stampa 4D”, tra qualche anno potremmo ritrovarci a progettare edifici che vengono costruiti da robot, con l’ausilio delle tecnologie additive, e utilizzando materiali innovativi che, a loro, volta possono essere programmati per reagire e muoversi a degli input definiti in modo parametrico. Sarà quindi possibile progettare intere “facciate parametriche” che si modificheranno nel corso del tempo. La costruzione in ambienti ostili o in casi di emergenza potrebbe essere un’altra strada di applicazione di queste tecnologie. Sfruttando i materiali presenti in loco, sarebbe sufficiente trasportare sul luogo solamente le macchine, senza necessità di assemblarle. Sfruttando quindi le capacità di calcolo dei software e dei sensori posizionati sui robot, potrebbe essere possibile la gestione automatizzata dei movimenti. Per l’architettura del futuro, si immagina una tipologia di costruzione interamente robotizzata, che sia rispettosa anche nei confronti degli edifici storici. Nel caso fosse necessario costruire un piccolo padiglione espositivo temporaneo, si potrebbe evitare l’assemblaggio delle componenti e il trasporto del materiale in loco cambiando il modo di lavorare: sarebbe sufficiente trasportare il robot sul sito di costruzione, opportunamente posizionato sulla sua piattaforma di movimento, per poi fargli iniziare il lavoro programmato. La costruzione avverrebbe con un impatto visivo ridotto

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rispetto all’impostazione generica di un cantiere, oltre a suscitare l’interesse di chi vi passeggerà a fianco. Una volta terminata la lavorazione, si tratterà di andare a ritirare il robot ed effettuare eventuali finiture alla struttura. Rimanendo nell’ambito delle strutture in plastica, è possibile intravedere anche un’interessate spunto ecologico: ipotizzando che le plastiche del futuro possano resistere agli agenti atmosferici per un periodo prolungato, il padiglione temporaneo costruito dal robot potrebbe venire completamente frantumato al termine del suo utilizzo, riciclandone la plastica della struttura e riutilizzandola per una costruzione successiva. Il futuro si prospetta roseo, non solo per le materie plastiche, ma anche per quelle a bassa densità. L’azienda di Enrico Dini - D-Shape - sta collaborando con l’ESA - European Space Agency - e lo studio di architettura Foster+Partners per costruire edifici sulla Luna, utilizzando l’ausilio di robot automatizzati e le polveri che si trovano sulla superficie lunare.

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Cronistoria delle tecnologie additive per l’architettura e l’edilizia. Il colore contraddistingue il materiale utilizzato.



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