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L‘Alto Adige con gli occhi del resto d‘Italia | Alessio Lasta
Alessio Lasta
Giornalista La7, origine meranese, vive a Milano, vincitore di diversi premi giornalistici
L‘Alto Adige con gli occhi del resto d‘Italia
Ho lasciato l‘Alto Adige quasi venticinque anni fa. Allora avevo 19 anni e mi trasferii a Milano per frequentare l‘Università Cattolica. Oggi ne ho 43. Metto qui di seguito, in sintesi, alcune affermazioni sentite negli anni, quando dicevo da quale territorio provenissi.
“Bellissimi posti. Montagne stupende. Tutto curato. Le Dolomiti sono fantastiche. Ci sono stato per i mercatini di Natale: mi sembrava di vivere in una favola. I canederli e lo speck sono ottimi. In Alta Badia ci sono piste da sci bellissime. L‘Apres Ski era fantastico. D‘estate avete i percorsi ciclabili di montagna migliori che abbia mai sperimentato. Gli spostamenti sono facili anche con i mezzi pubblici. Siete molto organizzati, dovremmo imparare da voi. Ho mangiato uno strudel fantastico che ancora me lo ricordo. Ho arrampicato in parete e fatto lunghe passeggiate a cavallo. Le Terme di Merano sono qualcosa di incredibile e non costano troppo. La vostra birra Forst ha un sapore diverso dalle altre birre, è molto dissetante e leggera. Quando siamo arrivati non ci sembrava neanche di essere in Italia. Nei negozi quando entriamo ci salutavano e ci parlavano prima in tedesco. I cartelli erano prima in tedesco e poi in italiano, non dovrebbe essere il contrario visto che siamo in Italia? Gli hotel dove siamo stati sono bellissimi, pulitissimi, con una colazione super, anche se un po‘ costosi. I ristoranti servono ottimo cibo tipico ma chiudono troppo presto la sera: spesso già alle 21 anche d‘estate. I vigili sono molto severi e mettono tante multe. Gli annunci alla stazione erano anche in tedesco. Da voi funziona tutto alla perfezione, si vede che siete di mentalità tedesca. Nei negozi io parlavo in italiano e loro mi rispondevano in tedesco e facevano finta di non capire. Ho letto che da voi vogliono tornare con l‘Austria: perché non ci vanno, visto che in Italia stanno tanto male?”
Ho riassunto qui alcune delle affermazioni che in tutti questi anni ho sentito pronunciare in riferimento all‘Alto Adige. Facendo il giornalista, e in particolare l‘inviato, ho lavorato in tutte le regioni d‘Italia e anche all‘estero. Posso dire quindi di avere un buon panel di riferimento. Secondo quanto ho potuto constatare occorre fare due distinguo Il primo. L‘Alto Adige funziona molto bene come brand turistico. È percepito come uno dei posti prediletti per il turismo della montagna non solo in Italia, ma anche oltre confine (quando mi è capitato di lavorare a Londra ho incontrato inglesi che conoscevano molto bene le Dolomiti altoatesine e il capoluogo Bolzano). Sul fronte quindi più vocazionale del nostro territorio, quello turistico, direi che l‘immagine ha ancora oggi un valore molto alto nella percezione di chi arriva dalle altre parti d‘Italia, soprattutto dal Sud. La stessa ottima percezione si ha riguardo
all‘efficienza dell‘organizzazione. Ho sentito spesso l‘affermazione “da voi funziona tutto”, che naturalmente in sé non vuol dire molto, se non si specifica quale sia questo tutto. Tuttavia, ci dà l‘indicazione di come il territorio della provincia di Bolzano goda di ottima considerazione per quanto attiene all‘efficienza in diversi campi: facilità di spostamenti con autobus e treni, puntualità, segnaletica sempre presente. Quello che invece si fatica a percepire come plus è la tipicità del territorio legata alla presenza della maggioranza della popolazione di lingua tedesca. Da questo punto di vista si sconta sicuramente una scarsa conoscenza della realtà storica, ma non mi fermerei solo a questo. Episodi locali di tentativi di rivendicare i legami con l‘Heimat austriaca (per esempio il referendum flop di qualche anno fa oppure il fatto che i sindaci di lingua tedesca non vogliano indossare la fascia tricolore nelle occasioni ufficiali oppure affermazioni da parte di esponenti di alcuni partiti politici sudtirolesi che rivendicavano però il vitalizio, tutte notizie riprese da media nazionali), finiscono per alimentare nella percezione del resto d‘Italia l‘idea che gli abitanti appartenenti al gruppo linguistico tedesco non abbiano affatto voglia di restare in Italia e dunque di sentirsi italiani.
Ecco, questa è un‘altra frase che ho sentito spesso: “loro non si sentono italiani come noi”. Ancora oggi, quando per lavoro mi capita di parlare delle mie origini e del mio territorio, questo è un punto che il resto d‘Italia considera ancora inconcepibile. Con un‘evidente contraddizione, se vogliamo: da una parte si apprezza la tipicità del luogo, soprattutto quando lo si vive da turisti (“non sembra nemmeno di essere in Italia tanto funziona tutto bene e in modo organizzato”) dall‘altra però lo stesso plus rimarcato prima diventa un elemento negativo nel momento in cui questa tipicità fa percepire i sudtirolesi come diversi dagli italiani, pur essendo loro stessi cittadini italiani. Da questo punto di vista ho sempre faticato molto a spiegare come il concetto di nazionalità non vada sempre di pari passo con quello di identità. Anche l‘istituto dell‘autonomia non riscuote una buona accoglienza, in generale. Sotto questo profilo le affermazioni che ho sentito più volte sono state: “siete autonomi e non pagate le tasse a Roma, ma i soldi di Roma poi li prendete anche voi”; “l‘autonomia è un privilegio fuori dal tempo. Le regioni a statuto speciale e le provincie autonome vanno abolite”; “siete solo dei privilegiati, perché vi tenete tutte le tasse per voi”. L‘idea dell‘autonomia insomma sembra non essere percepita come un valore, un’opportunità per gestire meglio e in modo più agile un territorio e per creare ricchezza in loco. Prevale invece l‘idea del privilegio, qualcosa insomma che le altre regioni non hanno, motivo per cui non funzionano come funziona l‘Alto Adige, che si tiene tutti i soldi. Questa stessa idea di autonomia viene ancora più attaccata nel momento in cui, per cercare di spiegare la situazione, raccontavo alcuni aspetti peculiari della nostra organizzazione provinciale: il diritto di voto per le elezioni comunali e provinciali maturato solo dopo 4 anni di residenza; la dichiarazione di appartenenza a uno dei tre gruppi linguistici in occasione del censimento; la proporzionale, soprattutto in ambito sanitario. Norme ritenute fuori dal tempo. In conclusione, sulla base della mia esperienza e per quello che ho potuto appurare, dell‘Alto Adige si conserva un‘ottima immagine nel resto d‘Italia. La percezione del territorio è assolutamente positiva. Per quanto riguarda Milano, che è la città in cui vivo, c‘è stata negli anni una sempre maggiore penetrazione di aziende o brand altoatesini/sudtirolesi. Da anni ormai il marchio Forst è presente non solo nei locali ma anche in alcuni supermercati, insieme a Senfter e Siebenförcher. Penso anche all‘apertura di una filiale della “Sparkasse / Cassa di Risparmio” oppure al diffondersi di molti punti vendita Thun o
ancora al proliferare di molti negozi della catena brissinese “Delicatessen” della famiglia Mutschlechner, molto apprezzati dall‘utenza milanese, che frequenta per turismo o per business l‘Alto Adige.
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Nello stesso tempo restano però perplessità di percezione sul piano della considerazione della tipicità linguistica del territorio e per quel che concerne l‘idea di autonomia. Quasi l‘idea fosse: loro sono sempre diversi dagli altri e stanno meglio degli altri perché si tengono i soldi dell‘autonomia. Oltre al fatto che resta ancora non compreso come mai la toponomastica non sia prima in italiano e poi in tedesco e come mai l‘uso prioritario della lingua sia quello della lingua tedesca. Segno che forse sotto questo profilo c‘è molto lavoro da fare per consentire una maggiore penetrazione nel resto d‘Italia dell‘aspetto storico- politico del territorio.
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