Tesi roberta piermartiri

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ALMA MATER STUDIORUM UNIVERSITÀ DI BOLOGNA SCUOLA DI SCIENZE Corso di laurea specialistica in SCIENZE E TECNOLOGIE PER LA CONSERVAZIONE E RESTAURO DEI BENI CULTURALI

CERAMICHE DI CULTURA ANDRONOVO E NAMAZGA VI PROVENIENTI DAL CONOIDE ALLUVIONALE DEL FIUME MURGHAB (TURKMENISTAN): CARATTERIZZAZIONE MINERALOGICO-PETROGRAFICA

Tesi di laurea in Materiali lapidei naturali e artificiali

Relatore Prof. Giuseppe Maria Bargossi

Laureanda Roberta Piermartiri

Correlatori Prof.ssa Vanna Minguzzi Dott.ssa Barbara Cerasetti Dott.ssa Lynne M.Rouse

III sessione Anno Accademico 2011/2012



Indice

I

Indice Introduzione ...................................................................................................... 1 Capitolo 1. Inquadramento geoarcheologico e storico .................................... 3 1.1 Geografia e geomorfologia del conoide alluvionale del fiume Murghab .............................................................................................. 3 1.2 Costruzione del canale del Karakum .................................................. 4 1.3 Breve descrizione del Progetto The Archaeological Map of the Murghab Delta (AMMD) .................................................................... 5 1.4 Storia del popolamento della Margiana ............................................. 8 1.4.1 Tarda età del Bronzo e la cultura Namazga VI ....................... 8 1.4.2 Bronzo finale e la cultura “Andronovo” ................................. 9 1.5 Studio dell’interazione nomadi-sedentari ......................................... 11 1.6 Scavi archeologici del Sito N. 1744 .................................................. 13 1.6.1 Area N. 1681.......................................................................... 14 1.6.2 Area N. 1685.......................................................................... 16 1.6.3 Area N. 1684.......................................................................... 18 1.7 Considerazioni sul Sito N. 1744........................................................ 20 Capitolo 2. Materiali selezionati ..................................................................... 21 Capitolo 3. Metodologia analitica .................................................................. 28 3.1 Preparazione dei campioni in sezioni sottili ..................................... 28 3.2 Microscopio ottico a luce polarizzata............................................... 28 Capitolo 4. Analisi mineralogico-petrografica .............................................. 31 4.1 Campioni omogenei .......................................................................... 33 4.2 Campione ID45 ................................................................................. 38 4.3 Campioni eterogenei ......................................................................... 39 4.3.1 Sottogruppo 1 ........................................................................ 40 4.3.2 Sottogruppo 2 ........................................................................ 49 4.3.3 Sottogruppo 3 ........................................................................ 50 4.3.4 Campione ID18 ..................................................................... 53 4.3.5 Campione ID32 ..................................................................... 54


Indice  Â

II

4.4 Intonaci ..............................................................................................55 Capitolo 5. Discussione dei risultati ...............................................................61 Conclusioni ......................................................................................................66 Appendice......................................................................................................... 69 Bibliografia ....................................................................................................100


Introduzione

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Introduzione L’oggetto della presente tesi è lo studio mineralogico-petrografico di ceramiche provenienti da siti archeologici localizzati nel conoide alluvionale del fiume Murghab (Turkmenistan meridionale). I frammenti ceramici analizzati appartengono a due culture differenti, ma coeve: cultura nomade Andronovo e cultura sedentaria Namazga VI. La cultura Andronovo si riferisce a gruppi di pastori nomadi che, verso la fine dell’età del Bronzo (1950-1300 a.C.), sono migrati probabilmente dalle steppe del nord del Kazakhstan in una vasta area dell’Eurasia, a causa degli importanti cambiamenti climatici che caratterizzarono tale area in questo periodo. Nel conoide del Murghab, in seguito all’avanzamento verso sud delle sabbie provenienti da nord, tali popolazioni nomadi si sono insediate in aree precedentemente occupate dagli agricoltori sedentari di cultura Namazga VI, di origine locale. Nella storia di queste regioni l’acqua ha sempre costituito un fattore critico per lo sviluppo sia dell’agricoltura che della pastorizia ed il naturale prosciugamento del fiume Murghab ha costretto la popolazione ad interagire nel tempo con un paesaggio diverso. Il progetto The Archaeological Map of the Murghab Delta (Gubaev et al. 1998; Salvatori e Tosi 2008), promosso nel 19901, si basava sulla cooperazione scientifica tra specialisti russi, turkmeni ed italiani ed ha avuto lo scopo di registrare sistematicamente i siti e i paleocanali nella regione del conoide alluvionale del fiume Murghab, ovvero di ricostruire le variazioni del territorio e le tipologie di insediamento prima che la maggior parte di loro scomparissero, a causa dell’espansione degli impianti di irrigazione del canale del Karakum. Dopo una prima fase di intensa ricerca durata quindici anni, è stata scelta una micro-regione da esaminare in modo più sistematico e dettagliato, per un maggior approfondimento delle relazioni intercorse tra i pastori nomadi e gli agricoltori sedentari in questa regione del fiume Murghab 1

Progetto congiunto tra l’Istituto di Archeologia dell’Accademia delle Scienze di Mosca, la State University of Turkmenistan di Ashgabat e l’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente di Roma, in collaborazione con l’Istituto Universitario Orientale di Napoli.


Introduzione

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nelle ultime fasi dell’età del Bronzo. Nuovi dati provenienti dalle ultime ricerche ed, in particolare, la scoperta del grande complesso di cultura Andronovo, Sito N. 1744, rivelano che i pastori nomadi e le comunità agricole erano molto più integrati di quanto si pensasse in precedenza. L’integrazione tra l’elemento nomade e quello sedentario costituì una parte fondamentale nella formazione dello stato, in questa regione, durante l’età del Ferro (1300-300 a.C.) e il nomadismo pastorale è una variabile importante, che ha influenzato profondamente la storia del popolamento del Turkmenistan meridionale. Lo scopo di questo studio, che vuole essere da supporto alle ricerche effettuate in ambito archeologico e di approfondimento scientifico, è quello di individuare le caratteristiche mineralogico-petrografiche dei campioni ceramici di entrambe le culture e di determinare le tecnologie e le materie prime utilizzate nella produzione di ceramiche di cultura Andronovo e quelle utilizzate nella produzione di ceramiche di cultura Namazga VI, per capire se e quali siano le differenze.


Capitolo 1. Inquadramento geoarcheologico e storico

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Capitolo 1 Inquadramento geoarcheologico e storico 1.1 Geografia e geomorfologia del conoide alluvionale del fiume Murghab Il Turkmenistan è uno stato dell’Asia Centrale confinante con l’Afghanistan, l’Iran, il Kazakhstan e l’Uzbekistan e si affaccia sul Mar Caspio (Fig. 1.1). Fino al 1991 è stato parte dell’Unione Sovietica, da cui si è reso indipendente il 27 Ottobre dello stesso anno. Il fiume Murghab nasce dalla catena montuosa dell’Hindu Kush in Afghanistan, percorre il Turkmenistan da sud a nord e passa attraverso la zona sud-orientale del deserto del Karakum. Il conoide alluvionale del fiume occupa un’area di circa 20.000 km2, situata tra il fiume Amu-darya e l’area pedemontana del Khorasan.

Fig. 1.1. Mappa dell’Asia Centrale e un dettaglio del conoide alluvionale del fiume Murghab a destra (Cerasetti 2012: 552).

Il paesaggio, in cui vi è alternanza tra deserto arido e deserto steppico, è caratterizzato da dune di sabbia ed è intervallato da takyr2 e superfici simili a takyr, che hanno un importante ruolo nell’evidenziare le tracce di antichi 2

Aree di accumulo di acqua stagnante in seguito prosciugata, costituite da strati di argilla lisci, sottili e duri, che vengono cementati in superficie da carbonato di calcio.


Capitolo 1. Inquadramento geoarcheologico e storico

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paleoalvei. Nel corso degli ultimi cinque millenni il clima più arido e la conseguente desertificazione hanno notevolmente ridotto la portata del fiume Murghab. Di conseguenza, con il ritrarsi del fiume a sud e l’avanzamento delle sabbie da nord, la maggior parte dei siti archeologici ora sono localizzati nel deserto. Come la maggior parte dei principali fiumi dell’Asia Centrale, il Murghab è un fiume endoreico, ovvero non ha uno sbocco nel mare o in un lago. I bracci del fiume scorrono attraverso il Karakum ed evaporano a causa dell’ambiente iperarido e dell’elevato tasso di evaporazione. Il flusso naturale del fiume è ostacolato, inoltre, dai sedimenti del fiume stesso e dal movimento delle sabbie provenienti da nord. Tutto ciò causa gravi difficoltà per lo sfruttamento agricolo e pastorale della regione. La caratteristica principale del conoide è l’impressionante stabilità fisica, rappresentata da piccoli cambiamenti nelle porzioni settentrionali, e l’unico fenomeno visibile è dato dalla regressione a sud del conoide. La sedimentazione limosa, a causa di tale stabilità, è molto consistente nella parte meridionale e, per tale ragione, in questa parte del conoide è stato individuato un minore numero di siti datati ai periodi più antichi. Ciò non significa naturalmente che questa parte di territorio non sia stata frequentata durante l’età del Bronzo (2400-1300 a.C.) o del Ferro (1300-300 a.C.), ma semplicemente che i siti di minore elevazione sono stati sepolti da uno spesso strato di limo.

1.2 Costruzione del canale del Karakum Dopo la Seconda Guerra Mondiale l’impero sovietico costruì il grande sistema di irrigazione del canale del Karakum per recuperare all’agricoltura vaste aree desertiche del conoide alluvionale. L’opera è composta da un complesso sistema di canali artificiali che convogliano l’acqua dell’Amu-darya mediante un canale principale, attraverso il deserto del Karakum, alle pianure pedemontane della catena montuosa del Kopet-Dagh, fino al Mar Caspio.


Capitolo 1. Inquadramento geoarcheologico e storico

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Il canale del Karakum percorre il conoide in direzione est-ovest trasportando e depositando il sedimento alluvionale, uno dei principali problemi per l’agricoltura. Poi attraversa il deserto e si unisce con il sistema del Tedjen/Hari-Rud per dirigersi ad ovest, percorrendo la pianura pedemontana del Kopet-Dagh. Quest’opera ha progressivamente recuperato al deserto una buona parte delle terre che erano state irrigate durante l’Olocene ed ha reso di nuovo possibile la loro coltivazione. Il canale del Karakum divide il conoide del fiume in due parti: mentre la parte settentrionale ha subito una desertificazione che risale senza dubbio ad un periodo post-achemenide (dopo il 300 a.C.) e che ha portato all’abbandono dell’agricoltura in quelle terre, quella meridionale è stata sfruttata per le coltivazioni fino al periodo islamico (VIII-IX sec. d.C.). Attualmente qui si ha un sistema di canali più capillare ed una maggiore portata d’acqua. Insieme allo sfruttamento intensivo agricolo dell’area e ai depositi alluvionali, ciò ha causato la distruzione totale o parziale di numerosi siti archeologici, alterando in modo irreversibile l’evidenza archeologica. All’interno del conoide sono localizzati migliaia di siti archeologici distribuiti in una vasta area.

1.3 Breve descrizione del Progetto The Archaeological Map of the Murghab Delta (AMMD) Il progetto AMMD (Gubaev et al. 1998; Salvatori e Tosi 2008), è nato proprio per far fronte al problema della totale distruzione del paesaggio archeologico, prima che ogni intervento di salvaguardia risultasse inutile. Le attività di indagine, iniziate nel 1990 e continuate fino ad oggi, hanno dovuto adattarsi al profondo cambiamento ambientale, determinato dall’espansione delle terre coltivate, rimodulando e adattando alla situazione le strategie e i metodi di lavoro. Con l’intervento degli archeologi e di numerosi specialisti (geologi, geomorfologi e tecnici specializzati) il territorio è stato studiato in modo dettagliato. L’indagine archeologica è iniziata nella parte meridionale del conoide


Capitolo 1. Inquadramento geoarcheologico e storico

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alluvionale e, soltanto in seguito, è stata estesa al resto del conoide. Quindi è stato possibile arricchire il catalogo dei siti archeologici mediante la copertura di fotografie aeree e di immagini da satellite acquisite nel tempo. Lo scopo del progetto era di ricostruire il sistema fluviale antico e i paleocanali del Murghab attivi durante il III, II e I millennio a.C. e di stabilire una relazione tra essi e le dinamiche di popolamento in quell’area (Fig. 1.2).

Fig. 1.2. Ricostruzione del sistema fluviale antico del Murghab e distribuzione dei siti dal medio Bronzo all’età del Ferro 4 lungo i paleocanali, sulla base delle immagini CORONA KH-4 (Settembre-Ottobre 1972).

I quindici anni di indagine di superficie del conoide hanno dimostrato che le tecnologie GIS sono molto importanti per la ricostruzione dei profili dei paesaggi antichi. Il Sistema Informativo Geografico (GIS) è la metodologia più idonea per la gestione di una grande quantità di dati, come quella che proviene da una vasta zona come il conoide del Murghab. Una migliore conoscenza dei principali spostamenti del fiume Murghab è stata acquisita grazie all’aiuto di carte storiche e della ricognizione di superficie mediante transetti, integrata dall’ortofotografia da aeromobile e da satellite così come dai voli obliqui (Cerasetti 2002, 2008; Cerasetti e Mauri 2002). Le caratteristiche fisiche del paesaggio in questione hanno determinato


Capitolo 1. Inquadramento geoarcheologico e storico

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sempre, in qualche modo, le tecniche di indagine utilizzate. Il conoide alluvionale del Murghab è simile ad una mano aperta, ormai profondamente trasformato dall’attuale copertura insediativa e vegetativa. Per questo motivo l’indagine di superficie è sempre stata condizionata dalla presenza dei canali moderni e delle attività agricole in corso. La vegetazione rigogliosa nell’area centrale o la distesa di sabbia nel nord hanno costretto, quindi, gli archeologi a muoversi lungo percorsi preesistenti. Questa ricognizione è stata effettuata mediante metodi di indagine sistematici, come i transetti lineari o impostati su una griglia, attraverso il conoide alluvionale in direzione ovest-est e viceversa (Cleuziou et al. 1998, Cattani e Salvatori 2008). Numerosi sono stati i transetti effettuati tra il 1994 e il 2009 (Fig. 1.3).

Fig. 1.3. Transetti eseguiti dal 1994 al 2005 (linee nere) e dal 2006 al 2009 (linee bianche) nella parte nord-orientale del conoide alluvionale del Murghab, sulla base delle immagini Aster 2001 (Cerasetti 2012: 554).

L’area di indagine ha incluso i siti di Takhirbai-tepe a sud-ovest, Gonur Nord a nord-ovest, Auchin a nord-est ed i siti n. 211, 212, 213 a sud-est3. Questo metodo ha fornito un quadro più completo del modello di insediamento del conoide del Murghab. 3

Takhirbai-tepe: tardo Bronzo e Bronzo finale (1950-1500 e 1500-1300 a. C.) ed età del Ferro 1, 2 e 3 (1300-900, 900-550 e 550-340 a.C.); Gonur Nord: medio Bronzo (2400-1950 a.C.); Auchin: medio Bronzo e tardo Bronzo (2400-1300 a.C.); siti n. 211, 212, 213, databili alle tre fasi dell’età del Ferro.


Capitolo 1. Inquadramento geoarcheologico e storico

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1.4 Storia del popolamento della Margiana Lo scopo principale della costruzione del GIS del conoide alluvionale del Murghab è stato quello di comprendere la storia del popolamento e le dinamiche di insediamento che hanno caratterizzato la storia della Margiana tra il medio Bronzo (2400-1950 a.C.) e la fine dell’impero achemenide (340300 a.C.). In questo contesto ciò che interessa il presente studio sono i periodi (tardo Bronzo e Bronzo finale) e le culture (Namazga VI e Andronovo) a cui appartengono i materiali analizzati, di cui tratterò successivamente.

1.4.1 Tarda età del Bronzo e la cultura Namazga VI La tarda età del Bronzo (1950-1500 a.C.) è un periodo di passaggio determinante per la storia della Margiana, in quanto avvennero profonde trasformazioni culturali e politico-amministrative, che hanno segnato il profilo della regione ed hanno poi caratterizzato la successiva età del Ferro. Essa è suddivisa culturalmente in tre fasi che prendono il nome dai tre rispettivi siti del tardo Bronzo, ovvero la fase di Taip, di Gonur Sud e di Togolok. La fase di Takhirbai caratterizza un periodo successivo definito Bronzo finale (v. infra; Salvatori 2000: 9). In questo periodo si ha un’estensione areale insediativa che copre circa 2.200 km2. Il modello insediativo del tardo Bronzo ricalca in parte il precedente e resta attiva parte degli stessi bracci fluviali, la cui funzione di risorsa idrica rimane invariata. Alcuni canali perdono la loro importanza primaria, anche se continuano ad essere sfruttati durante questo periodo, mentre altri vengono attivati nella porzione orientale del conoide. La civiltà tipica di questa regione nel tardo Bronzo è denominata Namazga VI ed è rappresentata da comunità sedentarie prevalentemente agricole. La sua identificazione è avvenuta sia attraverso le indagini che sono state svolte per il progetto AMMD sia mediante gli scavi degli anni ottanta che hanno identificato il cosiddetto BMAC Bactria-Margiana Archaeological Complex (Sarianidi 1976, 1990). Nelle aree di cultura sedentaria della fase Namazga VI,


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insieme alla ceramica tornita (wheel-made - WM) tipica di questa cultura, è stata rilevata la presenza di ceramica grezza senza decorazione di uso comune (P’yankova 1994). Gli insediamenti di questo periodo sono contraddistinti dalla presenza di grandi opere difensive, che racchiudevano l’intera area abitativa, caratterizzate da torri circolari agli angoli delle mura e torri semicircolari lungo il perimetro delle stesse. Il periodo Namazga VI ha assistito alla nascita di un sistema urbano basato su centri più piccoli (10-15 ettari) e su una serie di piccoli insediamenti di 1-2 ettari raggruppati intorno ai maggiori. La caratteristica più evidente dei centri è la loro configurazione come villaggi fortificati che, all’interno delle mura difensive, combinano quasi tutte le funzioni relative alla produzione artigianale e allo stoccaggio di prodotti primari. Molti villaggi fortificati erano circondati da un ampio fossato, senza dubbio con funzioni difensive e di riserva d’acqua. Un’ulteriore caratteristica, non meno importante come indicatore di una trasformazione sostanziale, è la partecipazione attiva dell’intera area ad un sistema commerciale complesso (Amiet 1986), in un momento di grande sviluppo del fenomeno urbano. Era attivo, infatti, uno stretto contatto con il mondo elamita e la civiltà indiana e l’immagine proiettata dalla documentazione archeologica del periodo è quella di una società ricca, fortemente impegnata nella produzione di beni commerciali e nel commercio stesso.

1.4.2 Bronzo finale e la cultura “Andronovo” Lo studio della ceramica proveniente dalla sequenza stratigrafica di Takhirbai 1 ha permesso di individuare una fase culturale di passaggio tra la tarda età del Bronzo e l’età del Ferro 1, definita Bronzo finale (1500-1300 a.C.) (Cattani 1998; Cattani, Genito 1998: 75). Durante queste fasi del Bronzo, nella parte nord-orientale del conoide alluvionale accampamenti di nomadi circondavano gli insediamenti agricoli, le


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cui tracce sono state localizzate al di sopra delle sabbie. Denominati potsherd scatters4, erano caratterizzati esclusivamente da una ceramica fatta a mano con impasto grezzo a decorazione geometrica incisa. Durante le indagini di superficie effettuate per la compilazione della AMMD, sono stati localizzati numerosi siti caratterizzati dalla presenza di tale ceramica, classificata con il termine tecnico-descrittivo Incised Coarse Ware (ICW) (Cattani e Genito 1998; Cerasetti 1998). Tale ceramica è stata definita dagli studiosi dell’ex-Unione Sovietica come appartenente alla cultura Andronovo5 (Tolstov 1948; 1958; Gryaznov 1966; Gulyamov, Islamov e Askarov 1966; Itina 1977; Gening, Zdanovich e Gening 1992; Avanesova 1991; Kuzmina 1994). Questa tipologia di ceramica era stata trovata occasionalmente durante ricerche precedenti nel conoide alluvionale del Murghab e lungo la pianura pedemontana del Kopet-Dagh ed era stata definita “ceramica delle steppe” da Sarianidi (1975), sulla base della somiglianza con la produzione ceramica trovata nelle steppe tra gli Urali e il T’jan Shan (Kuz’mina e Lyapin 1984). Nei siti del Bronzo finale l’Incised Coarse Ware è stata trovata in associazione con la ceramica wheel-made e questa scoperta suggerisce che ci fosse un processo di interscambio tra le culture sedentaria e nomade. La fase di introduzione dell’elemento nomade nel conoide è concomitante con cambiamenti

significativi

del

paesaggio.

Una

dettagliata

indagine

geomorfologica della parte orientale del conoide, effettuata da Cremaschi (1998), indica che una corrispondenza diretta si è sviluppata tra l’istituzione di accampamenti nomadi e l’avanzamento delle sabbie eoliche sui terreni agricoli. Durante l’età del Bronzo le sabbie eoliche provenienti da nord hanno iniziato a spostarsi verso sud. La portata d’acqua del fiume è diminuita rispetto alla pianura circostante, a causa dell’erosione del suo letto, e ciò ha portato al 4

Isolata area di dispersione di materiali suddivisa in High-Density Area e Low-Density Area. Tuttavia tale distinzione, poiché non è basata su alcun criterio quantitativo, rimane soggettiva (Bondioli e Tosi 1998). 5 Per quanto riguarda l’attribuzione culturale, oltre ad una generale inclusione nell’orizzonte culturale Andronovo, è stato ipotizzato che la maggior parte dei reperti appartengano al gruppo Tazabag’yab, individuato nel delta meridionale dell’Akchadar’ya in Khoresmia.


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prosciugamento dei rami laterali del Murghab. Il ridotto approvvigionamento idrico dell’area ha accelerato la sua trasformazione da agricola a pastorale ed ha facilitato, in tale modo, l’intrusione di gruppi semi-nomadi in un territorio precedentemente occupato soltanto dagli agricoltori sedentari. Quindi la progressiva riduzione di aree coltivabili produsse, in queste ultime fasi dell’età del Bronzo, un relativo aumento di quelle utilizzabili per la pastorizia e gli agricoltori “affittavano” le proprie terre ai pastori in cambio di prodotti alimentari o di altra natura (stoffe, pelli, ecc…) (Chang 1992). Sembra che lo scambio sia avvenuto anche ad un livello tecnologico, incluse le tecniche agricole, la lavorazione dei metalli e, forse, anche le tradizioni architettoniche (Shishlina e Hiebert 1998: 222, 231). I piccoli accampamenti stagionali, molto probabilmente, non rappresentano un evento di “invasione”, ma un processo di “convergenza” che è continuato forse per duecento anni, fino alla metà del II millennio a.C., ovvero intorno al 1300 a.C., fino all’emergere della nuova cultura di Yaz I.

1.5 Studio dell’interazione nomadi-sedentari L’interesse per l’analisi della consistente presenza di ceramica ICW nel conoide del Murghab ha indirizzato le ricerche della missione archeologica in Turkmenistan verso una più approfondita indagine sulla presenza della popolazione di cultura Andronovo, le cui identità ed economia erano completamente diverse da quelle della comunità di cultura Namazga VI. In particolare uno sforzo è stato fatto per definire una seriazione cronologica e interpretativa delle dinamiche di trasformazione degli insediamenti nel conoide alluvionale del Murghab tra la fine dell’età del Bronzo e le fasi iniziali dell’età del Ferro. Nell’età del Bronzo le dinamiche sociali e l’interazione tra pastori nomadi e agricoltori sedentari possono essere studiate soltanto attraverso alcune “finestre” geografiche del conoide. Una di esse è stata localizzata tra i siti della fine dell’età del Bronzo-primo Ferro di Takhirbai, Auchin e Gonur. Per


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capire l’off-site area dei grandi insediamenti sedentari del tardo Bronzo e del Bronzo finale è fondamentale registrare il numero dei siti relativi alla presenza di nomadi a ridosso dei territori di occupazione agricola. Tuttavia la più importante regione, che rivela informazioni sull’interazione tra nomadi e sedentari, si trova ad ovest di Auchin. Infatti tra Gonur e Auchin sono stati individuati una serie di siti sedentari del Bronzo insieme ad accampamenti, antichi campi agricoli e pascoli aperti. Le indagini condotte nel 2009 avevano messo in evidenza la presenza di accampamenti stagionali di pastori nomadi, localizzati lungo i paleocanali e caratterizzati da un’agricoltura di sussistenza. Durante la campagna Ottobre 2009 undici transetti sono stati effettuati in questa parte del conoide con lo scopo di definire l’estensione delle comunità sedentaria e nomade ad est (Fig. 1.4). Lungo i transetti A-B, C-D, E-F, G-H, I-L, M-N sono stati trovati insediamenti ICW, tra cui un interessante complesso composto da un sito centrale circondato da accampamenti (Fig. 1.5).

Fig. 1.4. Vista dei transetti eseguiti nel 2009 con la posizione dei punti GPS, sulla base delle immagini Aster 2001.


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Fig. 1.5. Complesso archeologico Andronovo tra i siti di Gonur e Auchin: localizzazione del sito ICW lungo i paleocanali, sulla base delle immagini CORONA KH-4 (Settembre-Ottobre 1972) (Cerasetti 2012: 558).

1.6 Scavi archeologici del Sito N. 1744 Lungo il transetto C-D, a nord-est di Gonur, è stato individuato un vasto sito Andronovo di circa 3 ettari. Nel 2010 questo complesso archeologico, caratterizzato da una superficie particolarmente ricca di materiale consistente in ceramica fatta a mano, è stato indagato stratigraficamente in tre aree (N. 1681, 1684, 1685), che rappresentano tre EDA (Elevated Depositional Area), cioè resti di siti elevati non più di 1 m e caratterizzati da un’alta densità del materiale di superficie (Fig. 1.6).

Fig. 1.6. Mappa delle aree che compongono il Sito N. 1744.


Capitolo 1. Inquadramento geoarcheologico e storico

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Tale sito è il primo esempio di comunità Andronovo in Margiana che ha subito un processo di integrazione con l’elemento locale sedentario e si è, a sua volta, stabilizzato. L’area intorno al sito è caratterizzata dalla presenza di numerosi paleocanali, di grandi takyr ed, anche, di un’intensa copertura di sabbie (Fig. 1.7). L’area di distribuzione del materiale ceramico è caratterizzata quasi esclusivamente dalla presenza di ceramica hand-made (HM) e ICW e di numerosi frammenti di intonaco (wattle and daub), tipici degli accampamenti Andronovo nel conoide alluvionale del Murghab.

Fig. 1.7. Vista dell’area N. 1681 del complesso archeologico ICW.

1.6.1 Area N. 1681 Si ritiene che l’area sia caratterizzata da due distinte fasi, entrambe abitative, caratterizzate dalla presenza di focolari, buche di palo e fosse (Fig. 1.8). Al di sotto dello strato superficiale sono state individuate un centinaio di buche di palo (Fig. 1.9), al di sopra di un piano artificiale che copre tutta l’area (UUSS 310, 311, 312, 313). Le buche sembrano definire un’altra area interna, a sua volta caratterizzata dalla distribuzione di numerose buche con presenza di ceramica HM (US 439) e di un focolare (US 424) (Fig. 1.10, Fig. 1.11). Il principale gruppo di ceramica trovato è di tipo HM con pochi frammenti WM, come rilevato in superficie, e la maggior parte dei frammenti HM è di tipo ICW. Le buche di palo rappresentano naturalmente le uniche tracce della


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presenza di antiche tende. Al di sotto del piano artificiale si trova sempre una fase con funzione abitativa con un’area centrale (US 578) caratterizzata dalla presenza di un grande focolare (US 465) ed alcune aree combuste (US 578), delimitate da un’ulteriore piano artificiale con la presenza di buche di palo (UUSS 531, 509).

a

b

Fig. 1.8a – Fig. 1.8b. Le due fasi dell’area N. 1681.

Fig. 1.9. Buche di palo nel quadrato R-IX.

Fig. 1.10. Focolare (US 424) nel quadrato R-V.

Fig. 1.11. Buca con ceramica HM (US 439) nel quadrato R-V.


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1.6.2 Area N. 1685 L’area N. 1685 rappresenta sia un’area abitativa che di lavoro per gli abitanti di cultura Andronovo, caratterizzata dalla presenza di una fornace e dalla relativa area di occupazione (Fig. 1.12). Quest’ultima è localizzata principalmente nei quadrati L-II, L-III, L-VI e L-VII ed è rappresentata da uno strato superficiale con buche di palo, aree combuste, strutture in argilla cruda compattata e frammenti di vasi (Fig. 1.13). Le buche di palo visibili nel quadrato L-VII formano un modello circolare distinto e possono rappresentare strutture abitative non-permanenti degli abitanti del sito. Le superfici compatte d’argilla lisciata possono essere superfici abitative o pavimenti, entrambi all’interno di abitazioni non permanenti e aree esterne immediatamente adiacenti. Inoltre le superfici abitative erano riconoscibili dalla presenza di frammenti di ceramica, incluso un bordo di un recipiente sottosopra quasi completo (US 372) ed aree combuste e focolari (US 309).

Fig. 1.13. Vista dell’area combusta nel quadrato L-III.

Fig. 1.12. Fase dell’area N. 1685.

Una struttura molto interessante è la fornace localizzata nei quadrati Q-XIII e Q-IX. Durante la ricognizione di superficie la fornace era resa visibile grazie alla distribuzione di grandi frammenti di fornace di argilla grezza di colore marrone-rosso (Fig. 1.14). La struttura della fornace è costituita da una camera centrale di forma quadrata con gli angoli arrotondati (75 x 77 cm) e da bracci


Capitolo 1. Inquadramento geoarcheologico e storico

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di ossigenazione posti a raggiera, il cui interno è stato intonacato. I bracci partono da ciascuno degli angoli della camera, così come dalla metà delle pareti a sud e ad ovest (Fig. 1.15, Fig. 1.16). La camera ha una profondità di oltre un 1 m e durante lo scavo il riempimento era costituito da sabbia con numerosi frammenti di fornace di varie dimensioni, quasi certamente derivanti dal crollo della parte superiore della struttura. Dal riempimento sono stati recuperati molti frammenti di ceramica cotti e crudi, provenienti da vasi HM e WM (Fig. 1.17). Sono stati ritrovati anche denti ed ossa di diversi animali. Le ossa sono state disposte intenzionalmente all’interno del riempimento della fornace, in un caso in associazione con un disco di ceramica. Inoltre sono stati recuperati, da diversi livelli del riempimento della fornace, alcuni campioni per l’esame al radiocarbonio.

Fig. 1.14. Panoramica dell’area della fornace dalla dispersione di superficie prima dello scavo (vista da est).

Fig. 1.15. Vista della struttura della fornace dall’alto, che mostra la camera centrale e i bracci a raggiera.

Fig. 1.16. Struttura della fornace con i bracci a raggiera.

Fig. 1.17 Materiale raccolto dal riempimento della fornace.


Capitolo 1. Inquadramento geoarcheologico e storico

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1.6.3 Area N. 1684 La rimozione iniziale del terreno superficiale ha rivelato una distribuzione di buche di palo. Allo stesso livello ed in associazione con le buche, vi erano alcuni focolari (UUSS 618, 674) ed aree di sbiancamento del terreno causato da alterazione termica (UUSS 629, 630). Immediatamente al di sotto della superficie è stata identificata, inoltre, un’area di rifiuti (situata nei quadrati C4, C-5, D-5 e D-6). La distribuzione e la stratigrafia delle buche di palo permettono di ipotizzare che il sito sia stato utilizzato in due fasi distinte, entrambe caratterizzate da aree abitative e lavorative ed associate ai focolari, con presenza di ceramica ICW. Nella prima fase (Fig. 1.18) si ha una superficie abitativa con buche di palo che delimitano un terrapieno e un forno di grandi dimensioni (UUSS 692, 693). Numerosi frammenti di ceramica ICW e HM appartengono a questo strato, di cui il livello inferiore era costituito da sabbia pulita, senza manufatti o altre inclusioni. Questa prima fase è associata anche al livello più basso del deposito di rifiuti, che giaceva su una superficie bianca molto friabile, simile a gesso, e che conteneva una grande quantità di ceramica frammentata e resti micro e macro-faunistici (Fig. 1.19a, Fig. 1.19b). Il colore grigio scuro del terreno, le macchie di terra combusta, le ceramiche bruciate e le ossa indicano che l’area dei rifiuti è stata soggetta al fuoco, ma non è chiaro se ciò sia stato intenzionale o accidentale.

Fig. 1.18. Fase 1 (fase inferiore), che mostra la distribuzione delle buche di palo lungo il terrapieno, in associazione con il forno (US 692) e lo strato di cenere (US 693).


Capitolo 1. Inquadramento geoarcheologico e storico

a

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b

Fig. 1.19a – Fig. 1.19b. Deposito di rifiuti.

La seconda fase, invece, sembra essere costituita da strutture leggere, probabilmente tende chiuse o semicircolari (Fig. 1.20). I focolari (UUSS 674, 620, 622, 624) e le aree di sbiancamento del terreno (UUSS 629, 630) sono associati con questo strato (Fig. 1.21a, Fig. 1.21b). Il deposito dei rifiuti è stato utilizzato anche durante la seconda fase di occupazione, che è caratterizzata dall’uso di ceramica grezza fatta a mano ICW e senza decorazione di grandi dimensioni, di colore rosso o nero. Questi frammenti di ceramica grezza sono stati chiamati cookware per la loro probabile associazione con le attività di cucina, ad esempio come piccole superfici di lavoro o come piani di cottura.

Fig. 1.20. Fase 2 (fase superiore), che mostra la distribuzione delle buche di palo secondo il diametro (cm) in associazione con i focolari.


Capitolo 1. Inquadramento geoarcheologico e storico

a Fig. 1.21a. Focolari della fase 2 (UUSS 620, 622, 624).

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b Fig. 1.21b. Esempio di doppia buca di palo della fase 2.

1.7 Considerazioni sul Sito N. 1744 In un primo momento quest’area è stata interpretata come un territorio esclusivamente pastorale, composto da accampamenti stagionali e sfruttato solo dai nomadi, ma i dati provenienti da questi scavi mostrano una visione completamente diversa. Quest’area è stata frequentata da gruppi Andronovo in modo più consistente e permanente di quanto era stato pensato precedentemente e si può parlare, quindi, di un’occupazione multi-fase e multi-funzionale. È possibile ipotizzare che questi gruppi abbiano interagito con la popolazione locale, non solo scambiando prodotti alimentari e di sussistenza, ma anche idee e tradizioni culturali. Quindi si deve considerare la componente Andronovo non più al margine dell’area di cultura sedentaria, ma completamente integrata nell’organizzazione del territorio con la cultura Namazga VI alla fine dell’età del Bronzo.


Capitolo 2. Materiali selezionati

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Capitolo 2 Materiali selezionati I reperti ceramici analizzati (Tab. 2.1) sono frammenti di “ceramica comune”, di cui spesso non è possibile definire la funzione, in quanto sono di piccole dimensioni e non diagnostici.

Tab 2.1. Tabella dei dati archeologici.

Tutti i frammenti sono stati selezionati dagli archeologi secondo i seguenti criteri: i campioni dall’ID1 all’ID30 (da Fig. 2.1 a Fig. 2.30) provengono dal contesto di scavo del grande complesso di cultura Andronovo, Sito N. 1744. Dalle tre aree di scavo (1681, 1684, 1685) (Fig 2.52) sono stati scelti dieci campioni, rappresentativi di differenti tipi di impasto e di inclusi, sulla base dell’osservazione delle loro caratteristiche macroscopiche, effettuate con lenti ad ingrandimento 30x a mano nel Maggio 2011. I campioni dall’ID1 all’ID20 provengono dalle aree abitative del sito ed i


Capitolo 2. Materiali selezionati

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campioni dall’ID21 all’ID30 dall’area lavorativa. Il campione ID26 è stato scelto come rappresentativo di ceramiche tornite fini trovate nel sito. Dalle analisi macroscopiche esso sembra infatti simile ad altri frammenti di questo tipo, come i campioni ID9, ID12 e ID29. I campioni dall’ID27 all’ID30 sono stati trovati all’interno del riempimento della fornace. In particolare il campione ID30, proveniente dal fondo del riempimento, rappresenta un “tipologia” di ceramica che è stata identificata come una ceramica di non alta qualità e poco cotta e, sulla base di queste caratteristiche, sembra non aver avuto la stessa funzione delle altre ceramiche. I frammenti ceramici provenienti da queste tre aree sono di tipologia wheelmade, appartenenti alla cultura Namazga VI; invece, per quanto riguarda i frammenti di tipologia hand-made, soltanto in alcuni casi è stato possibile riconoscere, dall’evidente presenza di decorazioni geometriche incise, la ceramica ICW appartenente alla cultura Andronovo. In caso di non presenza di decorazioni, ed essendo, come già detto, frammenti spesso non diagnostici e di piccole dimensioni, non è stato possibile stabilire con certezza se appartengano o no alla cultura Andronovo: questa tipologia di frammenti potrebbe essere semplicemente ceramica comune hand-made, realizzata dalla popolazione di cultura Namazga VI. I campioni dall’ID31 all’ID44 (da Fig. 2.31 a Fig. 2.44) provengono, invece, dalle ricognizioni di superficie di alcuni siti localizzati nel conoide alluvionale (Fig. 2.52) in anni precedenti allo scavo del Sito N. 1744 e sono tutti rappresentativi della ceramica “Andronovo”. I siti in questione appartengono alle seguenti tipologie6: - potsherd scatter LDA (Low-Density Area): è un’isolata area di dispersione di materiali; - LLDA (Low-Lying Depositional Area): sono aree basse caratterizzate da irregolari dispersioni di materiale archeologico e, generalmente, contenenti aree di più alta densità dovute a fattori strutturali o post-deposizionali. 6

Nel conoide alluvionale del Murghab sono state individuate e definite quattro principali categorie di siti (Site Type) (Bondioli e Tosi 1998).


Capitolo 2. Materiali selezionati

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- tepe2: come in tutte le regioni aride, il tepe rappresenta il tipo di sito più diffuso elevato rispetto alla linea d’orizzonte. Il tepe2 è caratterizzato da un’alta erosione, causata in genere dalle moderne arature e da altre attività di disturbo. - spot: gli spot rappresentano una presenza archeologica identificata topograficamente da un punto. Il campione ID45 (Fig. 2.45) proviene invece dal Kazakhstan, precisamente dal complesso archeologico di Tamgaly, nella regione del Semirech’ye (Fig. 2.53). La fase di occupazione della tarda età del Bronzo era caratterizzata da una costruzione in pietra con un focolare e una sepoltura di ovini all’interno dei confini della casa. Esso è stato incluso nei frammenti da analizzare perché reperti di questo tipo sono stati identificati normalmente come BMAC, per cui sarebbe interessante scoprire se esso in realtà sia simile o no agli altri frammenti provenienti dall’area del Murghab. Insieme ai frammenti ceramici vi sono anche sei campioni che provengono dalle pareti della superficie interna della fornace ritrovata nel Sito N. 1685 (da Fig. 2.46 a Fig. 2.51). Essi sono stati prelevati dalla parete ovest della fornace, a diverse profondità dalla superficie: i campioni S1 e S2 erano i più vicini alla superficie, l’S3 a 73 cm, l’S4 a 123 cm ed, infine, i campioni S5A e S5B erano vicini al fondo della fornace, l’S5B circa a 146 cm. Questi campioni sono stati scelti per poter avere informazioni sui materiali che costituivano la fornace e poter rilevare se le pareti fossero state sottoposte a calore e a quale intensità. I campioni sono rappresentativi dell’argilla locale utilizzata non solo per intonacare la superficie interna della fornace, ma anche le pareti delle abitazioni nomadi in materiale vegetale.

Fig. 2.1. Campione ID1

Fig. 2.2. Campione ID2

Fig. 2.3. Campione ID3


Capitolo 2. Materiali selezionati

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Fig. 2.4. Campione ID4

Fig. 2.5. Campione ID5

Fig. 2.6. Campione ID6

Fig. 2.7. Campione ID7

Fig. 2.8. Campione ID8

Fig. 2.9. Campione ID9

Fig. 2.10. Campione ID10

Fig. 2.11. Campione ID11

Fig. 2.12. Campione ID12

Fig. 2.13. Campione ID13

Fig. 2.14. Campione ID14

Fig. 2.15. Campione ID15

Fig. 2.16. Campione ID16

Fig. 2.17. Campione ID17

Fig. 2.18. Campione ID18


Capitolo 2. Materiali selezionati

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Fig. 2.19. Campione ID19

Fig. 2.20. Campione ID20

Fig. 2.21. Campione ID21

Fig. 2.22. Campione ID22

Fig. 2.23. Campione ID23

Fig. 2.24. Campione ID24

Fig. 2.25. Campione ID25

Fig. 2.26. Campione ID26

Fig. 2.27 Campione ID27

Fig. 2.28. Campione ID28

Fig. 2.29. Campione ID29

Fig. 2.30. Campione ID30

Fig. 2.31. Campione ID31

Fig. 2.32. Campione ID32

Fig. 2.33. Campione ID33


Capitolo 2. Materiali selezionati

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Fig. 2.34. Campione ID34

Fig. 2.35. Campione ID35

Fig. 2.36. Campione ID36

Fig. 2.37. Campione ID37

Fig. 2.38. Campione ID38

Fig. 2.39. Campione ID39

Fig. 2.40. Campione ID40

Fig. 2.41. Campione ID41

Fig. 2.42. Campione ID42

Fig. 2.43. Campione ID43

Fig. 2.44. Campione ID44

Fig. 2.45. Campione ID45

Fig. 2.46. Campione S1

Fig. 2.47. Campione S2

Fig. 2.48. Campione S3


Capitolo 2. Materiali selezionati

Fig. 2.49. Campione S4

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Fig. 2.50. Campione S5A

Fig. 2.51. Campione S5B

Fig 2.52. Collocazione dei siti nel conoide alluvionale del Murghab.

Fig 2.53. Collocazione geografica del sito di Tamgaly.


Capitolo 3. Metodologia analitica

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Capitolo 3 Metodologia analitica 3.1 Preparazione dei campioni in sezioni sottili Lo studio dei campioni al microscopio polarizzante viene effettuato su sezioni sottili di spessore di circa 30 μm. Si richiede un campione che abbia un’area preferibilmente di 4-5 cm2, di regola tagliato trasversalmente alla superficie, da cui ricavare una sezione talmente sottile da poter essere attraversata dalla luce polarizzata del microscopio. La procedura consiste in un progressivo assottigliamento mediante apposite apparecchiature: dapprima il campione è spianato su un lato e levigato, quindi è incollato sopra un apposito vetrino piano (portaoggetti) che serve da supporto onde ridurre il rischio di rotture durante le varie operazioni. L’altro lato del campione (opposto a quello coperto dal vetrino) viene poi appoggiato sopra dischi metallici (che ruotano a bassa velocità e sono cosparsi con polvere abrasiva di granulometria via via più fine) ed è sottoposto a lento e graduale assottigliamento sino a quando è ridotto ad una lamina estremamente sottile. Lo spessore dell’ordine dei 30 μm consente di osservare le caratteristiche ottiche dei minerali costituenti ed, in particolare, i colori d’interferenza. Dopo rifinitura, lavaggio e asciugatura, si incolla sulla lamina un sottile vetrino coprioggetti, cosicché la sezione sottile è racchiusa tra i due vetrini che ne assicurano la necessaria protezione.

3.2 Microscopio ottico a luce polarizzata Il microscopio da mineralogia, o microscopio ottico polarizzatore a luce trasmessa, ha la funzione di fornire un’immagine ingrandita del campione in esame e rende possibile la determinazione delle caratteristiche ottiche e, quindi, il riconoscimento di singoli minerali o dei minerali costituenti le rocce. Le osservazioni avvengono in luce polarizzata, generata da dispositivi polarizzanti detti nicol. Generalmente il microscopio ottico polarizzatore è costituito da:


Capitolo 3. Metodologia analitica

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9 stativo: costituisce lo scheletro portante del microscopio ed è costituito da una base e da un braccio su cui sono montati i vari componenti; 9 sorgente luminosa: è costituita da una lampada ad intensità luminosa modificabile incorporata nella base dello stativo. Normalmente la luce della lampada viene fatta passare attraverso un filtro blu che la rende simile alla luce naturale; 9 polarizzatore: trasforma la luce naturale in luce polarizzata. In molti microscopi la direzione di polarizzazione (direzione di vibrazione dei raggi emergenti dal polarizzatore) è nord-sud (N-S); 9 diaframma di illuminazione a iride: serve per restringere il campo ottico e viene utilizzato per le osservazioni conoscopiche di minerali di piccole dimensioni e per la stima dell’indice di rifrazione; 9 condensatore: costituito da una lente fissa e da una lente mobile il cui inserimento sul cammino ottico fa convergere i raggi luminosi sul preparato. La lente convergente viene utilizzata essenzialmente nelle osservazioni conoscopiche; 9 piatto o tavolino portaoggetti: è costituito da un piatto girevole graduato e fornito di nonio per l’effettuazione di misure angolari. Sul piatto portaoggetti vengono appoggiate le sezioni dei campioni da esaminare. La sua altezza è regolabile mediante due ghiere poste sullo stativo che consentono movimenti piccoli (ghiera piccola interna) e grossolani (ghiera grande esterna); 9 obiettivi: sono montati su una torretta girevole che permette agevolmente di cambiare ingrandimento; 9 compensatore: è costituito da una lamina birifrangente (non normale rispetto all’asse ottico) di materiale naturale o sintetico montata su un supporto metallico. Lo spessore della lamina è tale da dare un ritardo di 500 micron; la direzione dell’asse maggiore della sezione dell’indicatrice (Z’ o γ) è indicata sul supporto metallico. Viene inserita sul cammino ottico attraverso una fessura posizionata in maniera tale che la direzione di Z’ (o


Capitolo 3. Metodologia analitica

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γ) risulti inclinata di 45° rispetto alla direzione di vibrazione del polarizzatore; 9 analizzatore: è identico al polarizzatore, ma è montato con il piano di vibrazione in direzione est-ovest (E-W), ruotato cioè di 90° rispetto a quello del polarizzatore. Mentre il polarizzatore fa passare soltanto le onde che vibrano sul piano N-S, il nicol analizzatore lascia passare solo quelle secondo E-W. Ne deriva che, con entrambi i nicol inseriti, la luce lasciata passare dal polarizzatore viene bloccata dall’analizzatore: il campo ottico, pertanto, risulta buio; 9 lente di Amici-Bertrand: si tratta di una lente mobile posizionata al di sotto dell’oculare. Viene inserita mediante rotazione di una ghiera zigrinata nelle osservazioni conoscopiche per la messa a fuoco delle figure di interferenza; 9 oculare: è posto nell’estremità alta del tubo del microscopio. Contiene un crocifilo e una graduazione micrometrica che permette di misurare le dimensioni degli oggetti osservati. Crocifilo e graduazione appaiono sovrapposte all’immagine ingrandita del preparato. La messa a fuoco del crocifilo è regolata da un’apposita ghiera girevole. I bracci del crocifilo, indicati con est-ovest (E-W) e nord-sud (N-S), coincidono con le direzioni di vibrazione dei nicol. L’oculare aumenta il campo visivo e produce un ulteriore ingrandimento del preparato, per cui l’ingrandimento totale dell’immagine è dato dal prodotto tra i valori dell’ingrandimento dell’obiettivo e quello dell’oculare. Il presente studio è stato effettuato impiegando un Microscopio ZEISS RP48POL con oculare 12,5 x, che dispone di quattro obiettivi a diverso ingrandimento: 2,5 x, 10 x, 25 x e 40 x. Le sezioni sono state osservate in due modalità: a polarizzatori paralleli ed a polarizzatori incrociati.


Capitolo 4. Analisi mineralogico-petrografica

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Capitolo 4 Analisi mineralogico-petrografica I 51 campioni sono stati sottoposti ad analisi minerologico-petrografica mediante l’uso del microscopio ottico da mineralogia a luce trasmessa polarizzata, che ha permesso di studiare le caratteristiche tessiturali e la composizione mineralogica dei reperti. È stato possibile, quindi, identificare gli inclusi costituenti i manufatti, che possono essere già presenti nelle argille per via naturale o essere aggiunti di proposito dal vasaio per la loro lavorazione, e discriminare la natura primaria o secondaria di alcune fasi (calcite, gesso, clinopirosseni). Il metodo per capire il grado di vetrificazione della matrice argillosa è stato l’osservazione a polarizzatori incrociati al massimo ingrandimento per verificarne l’isotropia o l’anisotropia: nel caso di una matrice anisotropa, essa non è vetrificata e mantiene le sue proprietà ottiche e ciò significa che le temperature raggiunte nella fornace non erano abbastanza elevate da iniziare la vetrificazione dei minerali argillosi, anche se le temperature potrebbero variare perché dipendono anche da altri fattori (composizione chimica e mineralogica della matrice, atmosfera e durata del processo di cottura). In generale la presenza di fratture e di vuoti nei manufatti modellati in argilla è riconducibile a fenomeni di ritiro: essi subiscono, in tempi diversi, due contrazioni di volume, una durante l’essiccamento e una durante la cottura, chiamate “ritiro in crudo” e “ritiro in cotto”. La prima contrazione è dovuta all’eliminazione dell’acqua di impasto, che avviene per evaporazione ed al conseguente restringimento della massa, fino a quando, al termine della contrazione di volume, gli interstizi rimasti liberi tra le particelle restano vuoti, creando così la porosità all’interno dell’impasto. L’entità del ritiro in crudo dipende dalla composizione e dalla granulometria dell’impasto argilloso: il ritiro è tanto più forte quanto più plastico è l’impasto e quanto minore è la quantità di degrassante in esso contenuto. La plasticità è la proprietà fondamentale dell’argilla, che ne permette la modellazione nelle


Capitolo 4. Analisi mineralogico-petrografica

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forme più varie. La seconda contrazione di volume avviene durante la cottura ed è provocata dalla combustione delle sostanze organiche, dall’eliminazione dell’acqua chimicamente combinata nel reticolo cristallino dei minerali argillosi e dalla decomposizione delle sostanze carbonatiche. Inoltre, durante la cottura, il ritiro è influenzato dalla temperatura massima raggiunta nella fornace e dal periodo di mantenimento. Alle temperature di cottura relativamente basse raggiunte nelle fornaci antiche, questo secondo ritiro è inferiore a quello causato dall’essiccamento, in quanto la sua entità dipende dalla quantità e dalle caratteristiche dei minerali argillosi, delle sostanze organiche e di quelle carbonatiche, oltre ad altri fattori quali tipo, quantità e granulometria del degrassante e tipo e quantità delle sostante fondenti presenti nell’argilla. La dimensione e la forma dei vuoti sono legate prevalentemente al tipo di lavorazione cui è stata sottoposta l’argilla. In particolare i vuoti di forma allungata e talvolta isorientata si generano a seguito di una lavorazione al tornio, mentre i vuoti tondeggianti nella lavorazione a mano. Inoltre le dimensioni grossolane indicano una probabile scarsa battitura manuale da parte del vasaio durante la preparazione dell’impasto. Le variazioni cromatiche, che caratterizzano la matrice dei campioni analizzati,

sono

dovute

all’andamento

della

cottura,

principalmente

all’alternanza di fasi riducenti ed ossidanti. I fenomeni di natura chimica che avvengono durante la cottura possono provocare ampie variazioni cromatiche, che le imperfette tecniche di cottura dell’antichità contribuivano ad accentuare. Infatti conduzioni non uniformi del fuoco, sbalzi di temperatura, ingressi casuali di aria nella fornace o uso di combustibili non appropriati possono causare, nelle ceramiche, aloni, macchie irregolari o zone a diversa colorazione. La granulometria dei inclusi presenti nei campioni è stata determinata con l’ausilio di un micrometro ottico. La scala granulometrica cui si è fatto riferimento è quella definita da Wentworth (1922), che comprende le seguenti


Capitolo 4. Analisi mineralogico-petrografica

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classi: silt (<0,06 mm); sabbia molto fine (0,06-0,12 mm); sabbia fine (0,120,25 mm); sabbia media (0,25-0,5 mm); sabbia grossa (0,5-1 mm); sabbia molto grossa (1-2 mm). In base alle caratteristiche tessiturali ed alla quantità e granulometria delle componenti mineralogiche dell’impasto, i campioni possono essere suddivisi in due gruppi principali, in un caso suddivisibile a sua volta in diversi sottogruppi, qui di seguito descritti.

4.1 Campioni omogenei In questo primo gruppo rientra un piccolo numero di campioni (ID1, ID9, ID12, ID26, ID29) che sono caratterizzati da un impasto depurato a grana da fine a finissima. Questi manufatti non hanno subito il fenomeno del ritiro durante l’essiccazione e non presentano fratture, che invece caratterizzano quelli che sono stati modellati con un’argilla “grassa”. Sono presenti vuoti di morfologia ellissoidale o decisamente allungata e schiacciata, che rappresentano aria che è rimasta intrappolata all’interno dell’impasto e che tendono ed essere orientati parallelamente alle superfici del manufatto. I vuoti hanno dimensioni da 1 mm a 0,25 mm. Lungo i bordi dei vuoti troviamo microcristalli idiomorfi scalenoedrici di calcite secondaria di precipitazione. Il rapporto quantitativo tra inclusi e matrice argillosa è variabile. Gli inclusi hanno dimensioni generalmente della sabbia fine e molto fine (da 0,25 mm a 0,06 mm). Tutti i campioni mostrano la presenza più abbondante di inclusi angolosi di quarzo monocristallino e policristallino (Fig. 4.1a, Fig. 4.1b, Fig. 4.2a, Fig. 4.2b). In misura minore vi sono K-feldspati (Fig. 4.3a, Fig. 4.3b) e plagioclasio geminato polisinteticamente (Fig. 4.4a, Fig. 4.4b).


Capitolo 4. Analisi mineralogico-petrografica

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Fig. 4.1a – Fig. 4.1b. ID1: incluso di quarzo monocristallino, trasparente, limpido, incolore a frattura concoide a polarizzatori paralleli, birifrangenza medio-bassa (grigio) a polarizzatori incrociati. La scala equivale a 20 micron.

a

b

Fig. 4.2a – Fig. 4.2b. ID1: quarzo policristallino, trasparente, limpido e incolore a polarizzatori paralleli, i singoli cristalli assumono colori di interferenza da bianco a grigio chiaro e scuro a polarizzatori incrociati. La scala equivale a 20 micron.

a

b

Fig. 4.3a – Fig. 4.3b. ID1: incluso di K-feldspato, torbido a polarizzatori paralleli, bassa birifrangenza (toni del grigio) a polarizzatori incrociati. La scala equivale a 20 micron.

a

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Fig. 4.4a – Fig. 4.4b. ID1: plagioclasio, incolore a polarizzatori paralleli, riconoscibile a polarizzatori incrociati dalla geminazione polisintetica che ne determina l’estinzione a fasce alternate. La scala equivale a 20 micron.


Capitolo 4. Analisi mineralogico-petrografica

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Ad essi sono associati fillosilicati isorientati parallelamente alle superfici, rappresentati da lamelle di mica chiara di muscovite (Fig. 4.5a, Fig. 4.5b), che possono essere anche di dimensione del quarzo e, in misura minore, da lamelle di mica bruna di biotite (Fig. 4.6a, Fig. 4.6b). In parte le lamelle di biotite mantengono il loro pleocroismo, in quanto quelle di minore dimensione (fino a 1/64 di mm) subiscono il fenomeno di trasformazione in ematite, riconoscibile per la progressiva perdita dei colori d’interferenza a favore dell’estinzione totale (Fig. 4.7a, Fig. 4.7b).

a

b

Fig. 4.5a – Fig. 4.5b. ID1: muscovite di forma lamellare, incolore e con tracce di sfaldatura a polarizzatori paralleli, con colori di interferenza elevati a polarizzatori incrociati. La scala equivale a 20 micron.

a

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Fig. 4.6a – Fig. 4.6b. ID1: biotite ad abito lamellare, pleocroica di colore bruno a polarizzatori paralleli ed incrociati. In alto a sinistra si riconosce un incluso di plagioclasio con la tipica geminazione polisintetica a polarizzatori incrociati. La scala equivale a 20 micron.

a

b

Fig. 4.7a – Fig. 4.7b. ID1: lamella di biotite ematitizzata, di colore rosso-bruno, che ha perso il suo pleocroismo, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 20 micron.


Capitolo 4. Analisi mineralogico-petrografica

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In qualche caso sono presenti anche minerali accessori: clorite, epidoto e anfibolo bruno (Fig. 4.8a, Fig. 4.8b, Fig. 4.9a, Fig. 4.9b, Fig. 4.10a, Fig. 4.10b).

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b

Fig. 4.8a – Fig. 4.8b. ID1: clorite, incolore, tendente al verdastro con buona sfaldatura a polarizzatori paralleli, con colori di interferenza anomali grigio-blu a polarizzatori incrociati. La scala equivale a 20 micron.

a

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Fig. 4.9a – Fig. 4.9b. ID29: epidoto, giallo verdastro a polarizzatori paralleli, elevata birifrangenza con i caratteristici colori di interferenza vivaci, che variano all’interno dei singoli cristalli, a polarizzatori incrociati. La scala equivale a 20 micron.

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Figg. 4.10a – Fig. 4.10b. ID9: anfibolo bruno, pleocroico con doppio sistema di sfaldatura con angoli di circa 60° e 120° a polarizzatori paralleli, alta birifrangenza con colori di interferenza elevati a polarizzatori incrociati. La scala equivale a 20 micron.

In un solo campione troviamo bioclasti (gusci di foraminiferi) di forma da rotondeggiante a ellissoidale sostituiti da carbonato di calcio di precipitazione (Fig. 4.11a, Fig. 4.11b).


Capitolo 4. Analisi mineralogico-petrografica

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Fig. 4.11a – Fig. 4.11b. ID29: bioclasto ellissoidale con riempimento di calcite micritica a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 20 micron.

La matrice argillosa assume un cromatismo che va dal brunastro al rossastro. Nella matrice abbiamo microlamelle e microgranuli color rosso-ruggine di componenti ematitizzate, rappresentate da biotiti, solfuri (pirite framboidale), qualche carbonato micritico (Fig. 4.12a, Fig. 4.12b), microlamelle di muscovite e microframmenti di quarzo e feldspato.

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b

Fig. 4.12a – Fig. 4.12b. ID9: carbonato micritico, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 20 micron.

Nel campione ID12 alcune parti del bordo sono caratterizzate da spot scuri (Fig. 4.13a, Fig. 4.13b, Fig. 4.14a, Fig. 4.14b).

a

b

Fig. 4.13a – Fig. 4.13b. ID12: presenza di spot scuri sul bordo del campione, dove la matrice a grana fine assume un colore nerastro, a polarizzatori paralleli ed incrociati. A destra incluso di plagioclasio a geminazione polisintetica. La scala equivale a 100 micron.


Capitolo 4. Analisi mineralogico-petrografica

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b

Fig. 4.14a – Fig. 4.14b. Ingrandimento degli spot scuri della foto precedente, dove troviamo anche concentrazioni di ematite, in cui la matrice assume una colorazione rosso-ruggine, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 20 micron.

L’unica eccezione è data dal campione ID26, che è simile agli altri nella tessitura, ma è caratterizzato da un impasto più ricco di componenti scheletriche e una matrice argillosa molto povera. Anche in questo caso gli inclusi sono orientati parallelamente alle superfici. Lo scheletro è costituito da frammenti angolosi di quarzo, K-feldspati e plagioclasio geminato polisinteticamente. Anche i fillosilicati, rappresentati da lamelle di muscovite e di biotite, sono abbondanti. Le biotiti, in parte, sono ematitizzate. Inoltre vi sono frammenti di calcite spatitica (Fig. 4.15a, Fig. 4.15b).

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Fig. 4.15a – Fig. 4.15b. ID26: frammento rotondeggiante di calcite spatitica, incolore e con nette linee di sfaldatura a polarizzatori paralleli, con geminazioni e colori di interferenza molto elevati a polarizzatori incrociati. La scala equivale a 20 micron.

4.2 Campione ID45 Questo campione può essere definito intermedio tra i due principali gruppi poiché è privo delle fratture che caratterizzano i campioni eterogenei, ma presenta qualche frammento di cocciopesto di dimensioni da 0,5 mm a 0,33 mm (Fig. 4.16a, Fig.4.16b). Presenta, inoltre, vuoti di aria orientati


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parallelamente e di forma allungata e schiacciata con cristallizzazione secondaria di gesso. Anche gli inclusi sono allungati e paralleli alle superfici del manufatto. Vi sono anche maculature scure anch’esse orientate parallelamente alle superfici. Gli inclusi sono costituiti da quarzo, K-feldspati e plagioclasio geminato polisinteticamente associati a lamelle di muscovite e di biotite ematitizzata. Si notano frammenti di roccia magmatica plutonica (Fig. 4.17a, Fig. 4.17b) e qualche frammento di carbonato micritico. L’ematitizzazione è diffusa in tutta la matrice, che assume un colore rossastro.

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Fig. 4.16a – Fig. 4.16b. ID 45: frammento di cocciopesto a polarizzatori paralleli ed incrociati, di colore rossastro per la presenza di ossidi di ferro, che caratterizzano ampiamente anche la matrice. La scala equivale a 100 micron.

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Fig. 4.17a – Fig. 4.17b. ID 45: frammento di roccia magmatica plutonica con struttura granulare costituita da cristalli quarzo-feldspatici, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 100 micron.

4.3 Campioni eterogenei Numerosi campioni fanno parte del secondo gruppo, caratterizzati da un impasto eterogeneo dovuto, principalmente, alla presenza di cocciopesto e di reticoli di fratturazione, oltre a vuoti allungati, ma soprattutto di morfologia irregolare. Vuoti e fratture sono dovuti al forte ritiro subito da questi manufatti


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costituiti da una matrice argillosa con un elevato grado di plasticità, che contraddistingue le argille dette per questo motivo “grasse”. Infatti per diminuire la plasticità dell’argilla viene utilizzato il cocciopesto, chiamato degrassante o smagrante. Per cocciopesto si intende frammenti di terracotta (ossia di puro e semplice corpo ceramico senza rivestimento) macinati finemente. L’altro degrassante più comune è il quarzo. Cocciopesto e quarzo sono definiti “inerti” anche perché, alla normale temperatura di cottura dei manufatti, non subiscono trasformazioni di rilievo, conservando inalterate le caratteristiche originarie. Invece le materie prime complementari contenute nell’argilla, che ne abbassano il punto di fusione, sono chiamate “fondenti”. La funzione di fondente viene svolta dai feldspati. I campioni, in questo caso, sono stati suddivisi in sottogruppi e vi sono anche dei campioni a sé stanti per delle caratteristiche peculiari.

4.3.1 Sottogruppo 1 I campioni di questo sottogruppo (da ID2 a ID8, ID10, da ID13 a ID17, da ID19 a ID21, da ID23 a ID25, ID28, ID31, da ID33 a ID40) sono caratterizzati da microfratture che costituiscono un vero e proprio reticolo, dove possono mantenere una direzione parallela alle superfici del manufatto, ma anche essere trasversali e perpendicolari ed avvolgere i frammenti di cocciopesto. In alcuni casi le fratture sono numerose ed allungate e possono essere ampie, fino a raggiungere uno spessore di quasi 1 mm. Inoltre possono esserci vuoti allungati di morfologia e orientazione irregolare di dimensioni variabili, da 1 mm a 0,125 mm. Vuoti e fratture presentano sul bordo calcite secondaria di precipitazione (Fig. 4.18a, Fig. 4.18b), la cui cristallizzazione può essere abbondante. In alcuni casi abbiamo cristallizzazione di gesso (Fig. 4.19a, Fig. 4.19b), che può trovarsi anche in associazione con la calcite. Le fratture possono anche essere riempite da sabbia, che può attaccarsi anche ai bordi del manufatto.


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Fig. 4.18a – Fig. 4.18b. ID 15: cristalli idiomorfi scalenoedrici di calcite secondaria di precipitazione, che ricristallizza lungo i bordi delle fratture e dei vuoti, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 20 micron.

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Fig. 4.19a – Fig. 4.19b. ID 7: gesso secondario che cristallizza sul bordo di una frattura, incolore a polarizzatori paralleli, con cristalli aghiformi di colore grigiastro a polarizzatori incrociati. La scala equivale a 20 micron.

I frammenti di cocciopesto sono spigolosi con vario grado di ossidazione. Generalmente hanno dimensioni da 1 mm a 0,125 mm, ma possono essere anche di dimensioni cospicue, oltre 2 mm. Il loro aspetto, a volte, è simile a quello della matrice sia nella quantità di inclusi che nel cromatismo (Fig. 4.20a, Fig. 4.20b). In altri casi la componente scheletrica al loro interno è in percentuale minore o maggiore rispetto alla matrice e anche il colore può variare (Fig. 4.21a, Fig. 4.21b), in quanto i frammenti di cocciopesto più ricchi di ossidi di ferro rispetto alla matrice sono più scuri e tendono ad un colore rossastro. L’assenza di cocciopesto produce una fortissima eterogeneità data da un alto grado di ritiro, come accade nel campione ID15. Il rapporto quantitativo tra inclusi e matrice è molto variabile. Gli inclusi cristallini sono di granulometria della sabbia fine e molto fine (da 0,25 mm a 0,06 mm) e con morfologia da subrotondeggiante ad allungata e bordo spigoloso. I campioni mostrano la presenza più abbondante di quarzo


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monocristallino e policristallino, K-feldspati (Fig. 4.22a, Fig. 4.22b, Fig. 4.23a, Fig. 4.23b) e plagioclasio geminato polisinteticamente. In minore quantità vi sono fillosilicati, rappresentati da lamelle di muscovite e da lamelle di biotite ancora pleocroica, che in parte è alterata e sostituita da ematite, soprattutto le lamelle più piccole (fino a 1/64 di mm). La biotite può essere anche cloritizzata.

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Fig. 4.20a – Fig. 4.20b. ID20: frammento di cocciopesto, di grandi dimensioni, di colore bruno con inclusi quarzo-feldspatici, avvolto da microfrattura da ritiro, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 400 micron.

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Fig. 4.21a – Fig. 4.21b. ID22: cocciopesto di colore scuro, diverso da quello della matrice, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 400 micron.

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Fig. 4.22a – Fig. 4.22b. ID13: microclino, incolore a polarizzatori paralleli, debole birifrangenza con colori di interferenza grigi e geminazione a “graticcio” (geminazioni polisintetiche albite e periclino, in cui i sottili individui si intersecano a circa 90°) a polarizzatori incrociati. La scala equivale a 20 micron.


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Fig. 4.23a – Fig. 4.23b. ID14: ortoclasio, incolore e torbido con microgranulazione e ombreggiature a polarizzatori paralleli, colori di interferenza grigi a polarizzatori incrociati. La scala equivale a 20 micron.

Sono presenti anche minerali accessori quali epidoto, anfibolo bruno e verde (Fig. 4.24a, Fig. 4.24b, Fig. 4.25a, Fig. 4.25b, Fig. 4.26a, Fig. 4.26b), clorite (Fig. 4.27a, Fig. 4.27b) e CPX (Fig. 4.28a, Fig. 4.28b, Fig. 4.29a, Fig. 4.29b).

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Fig. 4.24a – Fig. 4.24b. ID17: anfibolo bruno, pleocroico con doppio sistema di sfaldatura a 60° a polarizzatori paralleli, alta birifrangenza con colori di interferenza in parte mascherati dal colore del minerale a polarizzatori incrociati. La scala equivale a 20 micron.

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Fig. 4.25a – Fig. 4.25b. ID17: anfibolo bruno, con sistema di sfaldatura parallelo all’allungamento a polarizzatori paralleli, alta birifrangenza con colori di interferenza in parte mascherati dal colore del minerale a polarizzatori incrociati. La scala equivale a 20 micron.


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Fig. 4.26a – Fig. 4.26b. ID17: anfibolo verde, pleocroico a polarizzatori paralleli, con colori di interferenza medi per lo più mascherati dal colore proprio del minerale a polarizzatori incrociati. La scala equivale a 20 micron.

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Fig. 4.27a – Fig. 4.27b. ID17: clorite, incolore tendente al verde con buona sfaldatura a polarizzatori paralleli, con colori di interferenza grigio-blu a polarizzatori incrociati. La scala equivale a 20 micron.

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Fig. 4.28a – Fig. 4.28b. ID23: clinopirosseno, incolore a polarizzatori paralleli, estinto con sfaldatura orientata a 45° a polarizzatori incrociati. La scala equivale a 20 micron.

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Fig. 4.29a – Fig. 4.29b. ID23: clinopirosseno, incolore a polarizzatori paralleli, massimi colori di interferenza in direzione est-ovest a polarizzatori incrociati. La scala equivale a 20 micron.


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Si nota la presenza di bioclasti tondeggianti o ellissoidali rappresentati dai resti dei gusci di foraminiferi, le cui cavità sono riempite parzialmente o del tutto da calcite micritica torbida sul bordo e all’interno da calcite microspatitica limpida di precipitazione secondaria, anche in quantità abbondante; nelle cavità può esserci anche ematite (Fig. 4.30a, Fig. 4.30b). A volte i bioclasti hanno un nucleo con pirite framboidale e un bordo rossastro con ossidi di ferro (Fig. 4.31a, Fig. 4.31b).

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Fig. 4.30a – Fig. 4.30b. ID31: bioclasti tondeggianti sostituiti da calcite secondaria ed ematite, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 100 micron.

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Fig. 4.31a – Fig. 4.31b. ID13: bioclasto ellissoidale con pirite framboidale all’interno e bordo rossastro ematitizzato, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 20 micron.

In alcuni campioni si riscontrano selci, piccoli frammenti di roccia carbonatica (calcare) (Fig. 4.32a, Fig. 4.32b), di roccia metamorfica (gneiss) (Fig. 4.33a, Fig. 4.33b, Fig. 4.34a, Fig. 4.34b, Fig. 4.35a, Fig. 4.35b), di roccia magmatica plutonica e di apliti (Fig. 4.36a, Fig. 4.36b, Fig. 4.37a, Fig. 4.37b), frammenti di una siltite sedimentaria (Fig. 4.38a, Fig. 4.38b) e frammenti di arenaria con quarzo e feldspati a cemento carbonatico (Fig. 4.39a, Fig. 4.39b).


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Fig. 4.32a – Fig. 4.32b. ID5: calcare micritico costituito da calcite e con ossidi di ferro disseminati, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 20 micron.

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Fig. 4.33a – Fig. 4.33b. ID5: frammento di roccia metamorfica con epidoto, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 20 micron.

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Fig. 4.34a – Fig. 4.34b. ID5: frammento di gneiss quarzo-feldspatico con biotite, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 20 micron.

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Fig. 4.35a – Fig. 4.35b. ID31: gneiss foliato quarzo-feldspatico a biotite e muscovite, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 20 micron.


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Fig. 4.36a – Fig. 4.36b. ID10: frammento di roccia magmatica plutonica a polarizzatori paralleli, con componenti quarzo-feldspatiche con colori di interferenza da bianco a grigio scuro a polarizzatori incrociati. La scala equivale a 20 micron.

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Fig. 4.37a – Fig. 4.37b. ID15: frammento di aplite quarzo-feldspatica, incolore a polarizzatori paralleli, con colori di interferenza da bianco a grigio scuro a polarizzatori incrociati. La scala equivale a 20 micron.

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Fig. 4.38a – Fig. 4.38b. ID10: frammento di siltite quarzo-feldspatica a cemento carbonatico, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 20 micron.

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Fig. 4.39a – Fig. 4.39b. ID28: piccolo frammento di arenaria con clasti quarzo-feldspatici, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 100 micron.


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Un campione contiene un piccolo incluso di basalto a struttura intersertale (Fig. 4.40a, Fig. 4.40b, Fig. 4.41a, Fig. 4.41b). Possono esserci anche frammenti di calcite micritica.

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Fig. 4.40a – Fig. 4.40b. ID3: frammento di basalto a struttura intersertale, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 100 micron.

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Fig. 4.41a – Fig. 4.41b. Ingrandimento del basalto della foto precedente con struttura intersertale costituita da cristalli allungati di plagioclasio con orientazione casuale, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 20 micron.

Sul bordo fratturato di un campione vi sono dei piccoli clasti quarzofeldspatici arrotondati e in parte fillosilicatici, di dimensioni della sabbia fine, cementati tra di loro ed incollati sul manufatto grazie alla precipitazione di calcite secondaria (Fig. 4.42a, Fig. 4.42b). Questa parte del manufatto probabilmente rappresenta una porzione di suolo. Il campione ID19, pur avendo le caratteristiche di un manufatto ceramico eterogeneo, contiene vuoti regolari allungati con morfologia rettangolare, paralleli e non alle superfici, con troncatura netta, che rappresentano vuoti che permangono dopo la combustione di numerosi frammenti vegetali (Fig. 4.43a, Fig. 4.43b).


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Fig. 4.42a – Fig. 4.42b. ID6: aggregazione di sabbia quarzo-feldspatica del suolo di seppellimento all’interno di una frattura beante, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 100 micron.

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Fig. 4.43a – Fig. 4.43b. ID19: frammento vegetale a polarizzatori paralleli ed incrociati. Si notano anche inclusi di quarzo, plagioclasio geminato polisinteticamente e un frammento di aplite quarzo-feldspatica. La scala equivale a 100 micron.

La matrice argillosa presenta un cromatismo variabile da brunastro a rossastro. Nella matrice, generalmente, si può notare microgranulazione di opachi (ossidi di ferro) di color rosso-ruggine, componenti metalliche ferrose ematitizzate (biotiti e piriti), microframmenti quarzo-feldspatici, microlamelle di muscovite, microspot di carbonato. A volte la matrice denota una particolare ricchezza di minerali argillosi in quanto la presenza di componenti scheletriche siltitiche è molto scarsa. Inoltre l’ematitizzazione può essere di medio grado o essere diffusa in tutta la matrice, che presenta in questo caso una colorazione molto rossastra.

4.3.2 Sottogruppo 2 I campioni ID41, ID42, ID43 e ID44 presentano una fortissima eterogeneità, ma diversamente dagli altri frammenti la componente argillosa non è ricca e le dimensioni degli inclusi sono cospicue (elementi clastici grossolani). Gli


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inclusi hanno dimensioni da 0,5 mm a 0,1 mm. Inoltre la matrice assume un cromatismo da nerastro a brunastro, quindi questi campioni risultano essere più scuri rispetto agli altri. Vi sono abbondanti fratture orientate parallelamente alle superfici con calcite secondaria e avvolgenti il cocciopesto, ciò significa che i manufatti hanno subito un forte ritiro durante l’essiccazione. Possono essere presenti vuoti di aria di morfologia irregolare. Il cocciopesto, le cui dimensioni vanno da oltre 2 mm a 0,125 mm, ha al suo interno pochi inclusi rispetto alla matrice. Gli inclusi presenti sono quarzo, K-feldspati, plagioclasio geminato polisinteticamente associati, in minore quantità, a lamelle di muscovite e di biotite ematitizzata. Si riconoscono bioclasti, piccoli frammenti litici di roccia magmatica (apliti) (Fig. 4.44a, Fig. 4.44b) e metamorfica (gneiss), selci e rocce carbonatiche.

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Fig. 4.44a – Fig. 4.44b. ID41: frammento di aplite con cristalli quarzo-feldspatici, incolore a polarizzatori paralleli, con colori di interferenza da bianco a grigio a polarizzatori incrociati. Si riconoscono anche inclusi di quarzo e K-feldspati disseminati nella matrice brunastra e molto eterogenea. La scala equivale a 100 micron.

La matrice si presenta grossolana con elementi quarzo-feldspatici, globuli di ossidi di ferro, biotiti ematitizzate, muscoviti e carbonati. L’ematitizzazione può essere diffusa sia nel cocciopesto che nella matrice.

4.3.3 Sottogruppo 3 Questo sottogruppo è costituito da due campioni (ID22 e ID27) caratterizzati da variazioni cromatiche della matrice connesse alle fratture, dove assumono una colorazione nerastra (maculature scure) (Fig. 4.45a, Fig. 4.45b).


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Fig. 4.45a – Fig. 4.45b. ID27: matrice caratterizzata da colorazione nerastra a polarizzatori paralleli e opaca a polarizzatori incrociati. La scala equivale a 100 micron.

I due campioni non hanno lo stesso grado di ritiro: il campione ID27 presenta delle microfratture di lieve entità orientate parallelamente alle superfici, mentre il ID22 ha fratture da ritiro parallele, trasversali e perpendicolari, come quelle di molti altri campioni. Le fratture presentano in entrambi i casi cristallizzazione di calcite secondaria. Nel campione ID27 troviamo anche vuoti di aria di forma ellissoidale con calcite secondaria. Su un bordo ha, inoltre, uno strato costituito da calcite ricoperta da materiale nero. Su una superficie piana e parallela del campione ID22 si nota un livelletto di 0,5 mm con una elevata concentrazione scheletrica, che è differente da quella del manufatto, costituita da frammenti angolosi di quarzo, plagioclasio geminato polisinteticamente, K-feldspati e fillosilicati. Il cocciopesto può essere più scuro rispetto alla matrice e raggiungere dimensioni di quasi 2 mm (Fig. 4.46a, Fig. 4.46b).

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Fig. 4.46a – Fig. 4.46b. ID22: frammento di cocciopesto più scuro rispetto alla matrice, con inclusi quarzo-feldspatici. Nelle fratture avvolgenti il cocciopesto ed interne vi è ampia cristallizzazione di calcite secondaria. La scala equivale a 400 micron.


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Tra gli inclusi presenti si riconoscono quarzo, plagioclasio geminato polisinteticamente e K-feldspati. I fillosilicati, in minore quantità, sono rappresentati da lamelle di muscovite e lamelle di biotite ematitizzata. Ad essi possono essere associati frammenti di calcite spatitica mono e policristallini (Fig. 4.47a, Fig. 4.47b), di calcare micritico (Fig. 4.48a, Fig. 4.48b) e di gneiss (Fig. 4.49a, Fig. 4.49b), qualche selce e minerali accessori come l’anfibolo verde. Nella matrice argillosa l’ossidazione è diffusa, ma non abbondante.

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Fig. 4.47a – Fig. 4.47b. ID27: frammento di calcite spatitica di forma ellissoidale, incolore e con nette linee di sfaldatura a polarizzatori paralleli, geminazioni e colori di interferenza molto elevati a polarizzatori incrociati. La scala equivale a 20 micron.

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Fig. 4.48a – Fig. 4.48b. ID27: calcare micritico, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 20 micron.

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Fig. 4.49a – Fig. 4.49b. ID27: gneiss quarzo-feldspatico a due miche (biotite e muscovite), a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 20 micron.


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4.3.4 Campione ID18 Questo campione è simile agli altri fin qui descritti. La sua eterogeneità è data dalla presenza di fratture allungate, con precipitazione di calcite secondaria, e di cocciopesto (dimensioni anche di 1 mm) simile alla matrice sia per il colore che per la quantità di inclusi. Gli inclusi sono costituiti da quarzo, K-feldspati e plagioclasio, qualche biotite ancora pleocroica ed altre ematitizzate associate a presunti bioclasti e selci. La matrice argillosa rossastra è ematitizzata con microframmenti quarzo-feldspatici e fillosilicatici. Si differenzia dagli altri campioni per la presenza di una piccola concentrazione di frammenti clastici sabbiosi privi di cemento, di spessore di quasi 1 mm, con orientazione trasversale alle superfici, costituiti da quarzo, feldspati, fillosilicati e anfibolo verde (Fig. 4.50a, Fig. 4.50b, Fig. 4.51a, Fig. 4.51b). La biotite sostituita da ematite fa supporre che questa piccola porzione di sabbia era presente al momento della preparazione del manufatto e abbia subito anch’essa la cottura, ma non si è dispersa e omogeneizzata all’interno dell’argilla.

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Fig. 4.50a – Fig. 4.50b. ID18: concentrazione di frammenti clastici sabbiosi privi di cemento, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 400 micron.

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Fig. 4.51a – Fig.4.51b. ID18: ingrandimento della concentrazione sabbiosa precedente, dove si vedono chiaramente clasti quarzo-feldspatici ed un incluso di anfibolo verde, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 100 micron.


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4.3.5 Campione ID32 Peculiari sono le caratteristiche di questo campione che presenta al suo interno frammenti vetrosi a spigoli vivi (Fig. 4.52a, Fig. 4.52b). Nella matrice vetrosa troviamo cristalli idiomorfi aghiformi di silicati di alluminio birifrangenti, cristalli regolari di quarzo a bordo arrotondato e ad anse, clinopirosseno e bolle d’aria perfettamente sferiche (Fig. 4.53a, Fig. 4.53b, Fig. 4.54a, Fig. 4.54b). Esso è caratterizzato anche da fratture lunghe e spesse orientate parallelamente, con calcite secondaria, e da frammenti di cocciopesto a spigoli vivi simili alla matrice sia per il colore che per la quantità di inclusi. Gli inclusi sono rappresentati per lo più da quarzo e K-feldspati associati a qualche biotite e rare muscoviti.

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Fig. 4.52a – Fig. 4.52b. ID32: frammento vetroso con bolle d’aria sferiche e inclusi di quarzo arrotondato e ad anse disseminati nella matrice, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 400 micron.

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Fig. 4.53a – Fig. 4.53b. Particolare della foto precedente con cristalliti aghiformi nella matrice vetrosa, a polarizzatori paralleli ed incrociati. Sul bordo delle bolle d’aria cristallizza calcite secondaria. La scala equivale a 100 micron.


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Fig. 4.54a – Fig. 4.54b. Ingrandimento della foto precedente con particolare dei cristalli aghiformi di silicati di alluminio a polarizzatori paralleli, birifrangenti a polarizzatori incrociati. La scala equivale a 20 micron.

4.4 Intonaci I frammenti di intonaco S1, S2, S3 e S4 si caratterizzano per la presenza di vuoti rettangolari con troncatura netta perpendicolare all’allungamento privi di orientazione preferenziale: si tratta di vuoti dovuti alla combustione di frammenti vegetali (paglia o erba), che sono stati impastati con l’argilla (Fig. 4.55a, Fig. 4.55b, Fig. 4.56a, Fig. 4.56b). Essi possono assumere anche una forma allungata e arcuata ed avere dimensioni cospicue (lunghezza oltre 2 mm e spessore di 1 mm) (Fig. 4.57a, 4.57b), la loro presenza nei frammenti può essere abbondante. Vi sono anche vuoti di aria di morfologia irregolare. Entrambe le tipologie di vuoti presentano calcite secondaria di precipitazione sul bordo o cristallizzazione di gesso (Fig. 4.58a, Fig. 4.58b). Inoltre, in presenza di una componente argillosa un po’ più abbondante si notano, in corrispondenza della stessa, fratture e vuoti di morfologia sia ellissoidale che irregolare.

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Fig. 4.55a – Fig. 4.55b. S1: frammento vegetale con troncatura netta perpendicolare all’allungamento orientato parallelamente, in una matrice caratterizzata da abbondanti inclusi quarzo-feldspatici e fillosilicatici, con cristallizzazione di calcite secondaria nei vuoti, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 400 micron.


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Fig. 4.56a – Fig. 4.56b. S1: venatura del frammento vegetale impressa nella matrice, a polarizzatori paralleli e incrociati. La scala equivale a 100 micron.

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Fig. 4.57a – Fig. 4.57b. S4: vuoto di frammenti vegetali allungato e arcuato di dimensioni molto cospicue in un impasto molto ricco di componente scheletrica quarzo-feldspatica e fillosilicatica, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 400 micron.

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Fig. 4.58a – Fig. 4.58b S1: cristalli aghiformi di gesso secondario all’interno della cavità, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 100 micron.

L’impasto è, nella maggior parte dei casi, ricco di inclusi angolosi costituiti da quarzo, K-feldspati, plagioclasio geminato polisinteticamente, insieme a fillosilicati (biotiti ossidate e muscoviti). Si notano piccoli frammenti carbonatici (Fig. 4.59a, Fig. 4.59b), selci, bioclasti con cristallizzazione di calcite micritica e frammenti di gneiss (Fig. 4.60a, Fig. 4.60b). Si rilevano anche minerali accessori quali anfibolo bruno, pirosseno e clorite.


Capitolo 4. Analisi mineralogico-petrografica

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Fig. 4.59a – Fig. 4.59b. S3: incluso di carbonato micritico, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 20 micron.

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Fig. 4.60a – Fig. 4.60b. S3: frammento di gneiss orientato e foliato, quarzo-feldspatico con biotite, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 20 micron.

La matrice argillosa può essere pigmentata da microglobuli rossi di ossidi di ferro ed è subordinata alla componente scheletrica. La componente argillosa può anche non presentare una vera e propria omogeneizzazione. Due campioni eterogenei (ID11 e ID30) sono stati accomunati agli intonaci per la presenza dei vuoti con troncatura netta di forma rettangolare, paralleli alle superfici o incurvati, di frammenti vegetali (Fig. 4.61a, Fig. 4.61b).

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Fig. 4.61a – Fig. 4.61b. ID30: vuoto di frammento vegetale di forma rettangolare, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 400 micron.


Capitolo 4. Analisi mineralogico-petrografica

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Essi presentano anche vuoti di aria con orientazione variabile e con morfologia ellissoidale o irregolare, anche di dimensioni millimetriche (Fig. 4.62a, Fig. 4.62b). I vuoti di aria presentano sul bordo precipitazione di calcite micritica ed, in parte, anche i vuoti dovuti alla combustione di vegetali. La calcite secondaria si trova anche in associazione con il gesso (Fig. 4.63a, Fig. 4.63b).

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Fig. 4.62a – Fig. 4.62b. ID30: vuoto di morfologia irregolare a polarizzatori paralleli, estinto a polarizzatori incrociati. La scala equivale a 400 micron.

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Fig. 4.63a – Fig. 4.63b. Ingrandimento del vuoto precedente dove cristallizzano calcite secondaria e gesso, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 20 micron.

Nel campione 30 troviamo una fascia esterna meno ricca di argilla rispetto al resto del manufatto. Questi campioni sono ricchi di componente scheletrica costituita da quarzo, K-feldspati e plagioclasio geminato polisinteticamente associati a lamelle di muscovite e di biotite, in parte ematitizzata. Inoltre vi sono selci (Fig. 4.64a, Fig. 4.64b), clasti di calcite microspatitica e anfibolo bruno.


Capitolo 4. Analisi mineralogico-petrografica

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Fig. 4.64a – Fig. 4.64b. ID30: frammento di selce, costituito da calcedonio fratturato, incolore a polarizzatori paralleli, con colori di interferenza grigi a polarizzatori incrociati. La scala equivale a 20 micron.

Le matrici argillose si presentano fini. Nella matrice del campione 11 non vi è stata ematitizzazione e si notano molti corpuscoli neri, inoltre si riconoscono anche microcristalli di calcite micritica. Nella matrice del campione 30 è disseminata pirite framboidale. Infine vi sono due campioni di intonaco, S5A e S5B, differenti dagli altri: il primo ha una struttura grano-sostenuta con scarso grado di cementazione, costituito da una ricca associazione di frammenti cristallini con componenti carbonatiche microspatitiche o micritiche (Fig. 4.65a, Fig. 4.65b); il secondo è eterogeneo per la presenza di una componente di suolo associata a componenti finissime siltitiche e carbonatiche. Lo scheletro di entrambi è composto da inclusi angolosi di quarzo (Fig. 4.66a, Fig. 4.66b), K-feldspati e plagioclasio geminato polisinteticamente. I clasti di quarzo sono anche di forma arrotondata. Vi sono anche muscoviti e biotiti conservate, che mantengono il loro pleocroismo (Fig. 4.67a, Fig. 4.67b, Fig. 4.68a, Fig. 4.68b).

a

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Fig. 4.65a – Fig. 4.65b. S5A: frammento tondeggiante di calcite micritica, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 20 micron.


Capitolo 4. Analisi mineralogico-petrografica

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Fig. 4.66a – Fig. 4.66b. S5A: incluso angoloso di quarzo, trasparente, limpido, incolore a polarizzatori paralleli, grigio chiaro a polarizzatori incrociati. La scala equivale a 20 micron.

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Fig. 4.67a – Fig. 4.67b. S5A: lamella di muscovite, incolore a polarizzatori paralleli, con colori di interferenza elevati a polarizzatori incrociati. La scala equivale a 20 micron.

a

b

Fig. 4.68a – Fig. 4.68b. S5A: lamella di biotite pleocroica di colore bruno, a polarizzatori paralleli ed incrociati. La scala equivale a 20 micron.

Inoltre si riconoscono gusci di foraminiferi con calcite micritica, selce arrotondata e minerali accessori quali anfibolo, pirosseno e epidoto.


Capitolo 5. Discussione dei risultati

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Capitolo 5 Discussione dei risultati Lo studio dei campioni ha messo in evidenza che le ceramiche del primo gruppo presentano una tessitura omogenea con un impasto a grana da fine a finissima. Esse hanno inclusi principalmente costituiti da quarzo, K-feldspati, plagioclasi e fillosilicati in quantità variabile. Inoltre non sono presenti inclusi di natura litica (frammenti di roccia) e soltanto nel campione ID29 sono stati identificati bioclasti. I frammenti di questo gruppo corrispondono alla tipologia di ceramica wheel-made e ciò conferma l’osservazione macroscopica effettuata dagli archeologi, che avevano scelto questi campioni come rappresentativi di ceramiche tornite ad impasto fine. Il campione ID26 si differenzia, tuttavia, per la maggiore quantità di inclusi, anche per quanto riguarda i fillosilicati, e per la presenza di calcite spatitica. Comunque si può dire che tutte queste ceramiche sono caratterizzate da un impasto depurato. L’argilla dei manufatti è stata sottoposta a depurazione per eliminare materiali estranei eterogenei (frammenti di rocce e minerali di inadatte dimensioni, fossili, resti vegetali, ecc…) la cui presenza è dannosa durante la modellazione e la cottura del manufatto. La depurazione può avvenire con vari metodi, tra i quali i più comuni sono la sedimentazione in acqua ferma, la levigatura in acqua corrente e la setacciatura. La porosità è data da vuoti orientati parallelamente alle superfici del manufatto e di morfologia ellissoidale o schiacciata e allungata. Le ceramiche del secondo gruppo, invece, sono caratterizzate da una elevata porosità, rappresentata da sistemi di fratture e vuoti (fratturazione) soprattutto di morfologia irregolare, dovuta, come già detto, ad un elevato grado di ritiro. Le argille con cui sono stati modellati questi manufatti sono “grasse”. Infatti sono stati riconosciuti frammenti di cocciopesto (materiali ceramici finemente macinati) che svolgono la funzione di smagrante, aggiunti volutamente dal vasaio. Anche lo scheletro di questi reperti è costituito da quarzo, K-feldspati, plagioclasi e fillosilicati in quantità variabile.


Capitolo 5. Discussione dei risultati

62

Inoltre sono stati individuati frammenti litici, principalmente di rocce metamorfiche (frammenti di gneiss), di rocce magmatiche (frammenti di rocce plutoniche, apliti e, in un solo caso, basalto), di rocce carbonatiche (frammenti di calcite spatitica e di calcari micritici), di rocce sedimentarie (frammenti di arenarie e di siltiti) e di selci. In molti campioni vi sono cavità di origine bioclastica (resti di gusci di foraminiferi) riempite da calcite secondaria o pirite framboidale ed anche ematite. I campioni del sottogruppo 2, provenienti dallo stesso sito, sono caratterizzati, rispetto agli altri, da inclusi clastici di dimensioni più grandi e da una matrice argillosa grossolana (includente una frazione di silt), ma non abbondante come generalmente accade. Il sottogruppo 3 si differenzia per le maculature nerastre, in corrispondenza delle fratture o microfratture e sul bordo, riscontrate anche all’interno del campione ID45 e sul bordo del campione ID12. Agli ingrandimenti più elevati sono state identificate delle concentrazioni di microgranuli rossastri-rugginosi di ematite, ma non si può escludere che anche del nerofumo, dovuto alla combustione, possa essere penetrato all’interno dei manufatti. I campioni di questo gruppo corrispondono, in maggior parte, alla ceramica di tipologia hand-made, sia con decorazioni geometriche incise (ICW) che senza, che sono state definite, appunto, “grezze” e l’analisi effettuata conferma questa loro caratteristica. Vi sono due reperti, che, pur rientrando nel gruppo dei campioni eterogenei, hanno delle caratteristiche peculiari. Nel campione ID18 è stata notata una piccola concentrazione di clasti mal cementati tra di loro, rimasti semplicemente intrappolati all’interno dell’impasto senza disperdersi. Il campione ID32, pur presentando le caratteristiche tessiturali e composizionali tipiche di questo gruppo, si differenzia per la presenza di abbondanti inclusi vetrosi addizionati come smagrante. Si tratta di frammentini di vetro bolloso provenienti, probabilmente, da scorie di un forno da metallurgia in cui si raggiungevano temperature superiori ai 1000°C.


Capitolo 5. Discussione dei risultati

63

Il campione ID45, proveniente dal Kazakhstan, e classificato dagli archeologi come ceramica wheel-made, è stato descritto come un reperto a sé stante ed è stato collocato in una posizione intermedia rispetto ai due principali gruppi, in quanto le sue caratteristiche rientrano in quelle dei campioni omogenei per l’assenza di fratture e la presenza di vuoti orientati e di morfologia allungata e appiattita, ma vi sono anche frammenti di cocciopesto, come nel caso degli eterogenei. Quindi si può affermare che si tratti di un campione diverso da tutti gli altri. Le miche, individuate in entrambi i gruppi, possono essere importanti per diagnosticare le temperature di cottura degli impasti: quando si superano i 900°C i minerali possono apparire deformati ed, anche, aggregati, caratteristiche che non sono state riscontrate in questo caso. Si riscontra, invece, una generale ematitizzazione della mica ferrifera (biotite), che concorda con un ambiente ossidante durante la cottura. Per quanto riguarda la presenza di calcite nei campioni si possono fare varie ipotesi: - la calcite può essere stata presente originariamente nei materiali costituenti i manufatti e non avere subito decarbonatazione in seguito a cottura a basse temperature; - la decarbonatazione non è stata completa a causa delle dimensioni dei clasti carbonatici; - la ricarbonatazione è avvenuta successivamente in raffreddamento; - si è avuta deposizione di calcite secondaria durante il seppellimento del manufatto. La calcite secondaria può essere completamente alloctona quando si forma da soluzioni contenenti carbonati (riconoscibile perché compresa solo nello spazio vuoto del poro) o parzialmente alloctona, se la sua formazione dipende dall’interazione tra i minerali dell’impasto e le soluzioni del terreno (quindi la ricristallizzazione avviene in corrispondenza di porzioni di impasto). La presenza di fasi carbonatiche, quali carbonati micritici trovati in alcuni


Capitolo 5. Discussione dei risultati

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punti dell’impasto, quindi, può essere dovuta a processi di ricristallizzazione di relitti di ossidi di calcio che non si sono consumati nelle reazioni con i minerali argillosi. La cristallizzazione di calcite secondaria nelle porosità dei manufatti, sul bordo dei vuoti e delle fratture, indica, anche in questo caso, che la calcite è di origine secondaria: la sua precipitazione è avvenuta in seguito alla circolazione di fluidi, all’interno dei

manufatti, per la presenza di

soluzioni nel terreno di seppellimento. Anche la presenza di gesso nelle fratture è di natura secondaria ed il gesso si forma per precipitazione diretta da acque soprassature dopo che i manufatti sono stati seppelliti. I clinopirosseni osservati al microscopio sono primari, già presenti nella frazione clastica fine, che è stata impastata insieme all’argilla. Solo tramite analisi diffrattometrica si può determinare la presenza di clinopirosseni secondari, derivanti completamente da processi di neoformazione legati alle reazioni che coinvolgono i minerali argillosi ed i carbonati durante la cottura. Le matrici argillose assumono un cromatismo variabile da nerastro a bruno e rossastro e ciò è dovuto principalmente alle disomogenee condizioni ossidoriduttive dell’ambiente in cui è avvenuta la cottura dei manufatti. Nei casi in cui la matrice ha una colorazione rossastra, le condizioni di cottura erano prevalentemente ossidanti e la stessa ha subito il fenomeno di ematitizzazione. Comunque le fornaci usate nell’antichità sono “a fuoco intermittente” perché si ha un intervallo di tempo tra una cottura e la successiva per permettere il carico e lo scarico dei manufatti e sono, inoltre, a fiamma diretta in quanto i prodotti della combustione (gas caldi, fiamme, fumi, ceneri) penetrano all’interno della camera di cottura, circolando liberamente a contatto diretto con i manufatti da cuocere, pur restando i manufatti separati dal combustibile. Durante il ciclo termico si alternano fasi ossidanti e fasi riducenti e nel caso in cui le reazioni avvengano in difetto di ossigeno, si formano carbone e composti bituminosi che colorano la pasta ceramica in nero, la fuliggine. Rilevante è stato il ritrovamento della fornace nel Sito N. 1744 (area N. 1685)


Capitolo 5. Discussione dei risultati

65

del tardo Bronzo e Bronzo finale, dalla stessa area provengono sei campioni, dall’ID21 all’ID26, e quattro campioni, dall’ID27 all’ID30, dall’interno del riempimento della fornace. Nella fornace i combustibili ed il fuoco erano nel fondo, in una camera inferiore, mentre i manufatti venivano posti a diversi livelli di altezza. I bracci servivano per il tiraggio ed il braccio con un’apertura più grande veniva utilizzato per introdurre combustibili. Nella struttura superiore crollata, molto probabilmente, vi erano delle aperture che servivano per inserire i manufatti all’interno della fornace. Osservando la matrice dei campioni in microscopia a polarizzatori incrociati al massimo ingrandimento, si nota che non ha subito vetrificazione, processo che interessa i manufatti cotti a temperature elevate, quindi si può ipotizzare che la temperatura delle fornaci arrivasse a 800-900°C. Per quanto riguarda gli intonaci esaminati, appaiono subito completamente diversi dagli altri frammenti ceramici. La loro principale caratteristica è la presenza di frammenti vegetali, che sono stati aggiunti all’impasto. La conferma della loro presenza è data, oltre dalla forma caratteristica, anche dalle impronte lasciate all’interno dei vuoti dopo la combustione. In questi reperti la matrice argillosa è molto scarsa e si nota una abbondante quantità di inclusi. La presenza di frammenti vegetali è stata riscontrata anche nel campione ID19, che rientra nel gruppo dei campioni eterogenei, ed in questo caso si pensa che siano stati aggiunti casualmente nell’impasto. Inoltre l’analisi petrografica ha rivelato che i campioni ID11 e ID30 potrebbero rappresentare frammenti di intonaco: la presenza di frammenti vegetali e l’elevata quantità di componenti scheletriche li rendono del tutto simili agli altri intonaci. I campioni di intonaco S5A e S5B risultano diversi dagli altri intonaci esaminati e non presentano i vuoti prodotti dai frammenti vegetali. La presenza di biotiti pleocroiche “fresche” può far ipotizzare che essi siano stati sottoposti ad un calore di bassa intensità, a differenza degli altri dove le biotiti si sono trasformate in ematite.


Conclusioni

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Conclusioni Il presente studio ha permesso di caratterizzare dal punto di vista mineralogico-petrografico i campioni ceramici appartenenti alle due differenti culture, Andronovo e Namazga VI, che sono coesistite alla fine dell’età del Bronzo nel Turkmenistan meridionale. I dati raccolti approfondiscono la conoscenza delle materie prime e delle tecnologie utilizzate nella produzione dei manufatti di entrambe le culture, e sono, quindi, importanti per realizzare una banca dati iniziale, che consenta di impostare su basi scientifiche lo studio archeologico delle interazioni fra la popolazione nomade di cultura Andronovo e quella sedentaria di cultura Namazga VI, di origine locale. ¾ I campioni omogenei ID1, ID9, ID12, ID26 e ID29, che appartengono alla ceramica wheel-made di cultura Namazga VI, rappresentano materiali raffinati, caratterizzati da un impasto depurato a grana da fine a finissima. È stato osservato che soltanto il campione ID26, in parte, si differenzia per il diverso rapporto inclusi/matrice. ¾ Tra i campioni eterogenei, numerosi corrispondono alla ceramica handmade, sia con decorazioni geometriche incise (ICW) di cultura Andronovo che senza, di cui non è stato possibile stabilire con certezza a quale delle due culture appartengano, e soltanto tre campioni, ID2, ID5 e ID10, sono stati classificati come ceramica wheel-made di cultura Namazga VI: essi sono materiali caratterizzati da ceramica grossolana, in cui l’impasto è eterogeneo e non depurato, costituito da un’argilla grassa. ¾ Confrontando i due gruppi non si rilevano differenze nella natura dei principali inclusi, cioè quelli presenti in maggiore quantità, quali quarzo, Kfeldspati e plagioclasi, ma nel rapporto quantitativo tra inclusi e matrice argillosa. ¾ Soltanto nei campioni eterogenei sono presenti frammenti di cocciopesto e


Conclusioni

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frammenti litici, di cui è stato possibile identificarne la natura. ¾ La presenza di frammenti vetrosi nel campione ID32 rappresenta un caso unico e molto interessante, in quanto testimonia che queste popolazioni praticavano la metallurgia e disponevano di frammenti vetrosi di fornace da utilizzare come smagrante delle argille impiegate nella produzione dei manufatti ceramici. ¾ Il campione ID45 proveniente dal Kazakhstan, le cui caratteristiche sono state definite intermedie tra i due principali gruppi, è risultato diverso dagli altri campioni dell’area del Murghab, quindi si può presumere che non sia stato fabbricato nell’area del conoide alluvionale, diversamente da quanto sostenuto dagli archeologi. ¾ È stato possibile determinare in vari campioni la presenza di clinopirosseni primari; le analisi diffrattometriche7 hanno consentito di rilevare, nella maggior parte dei campioni, anche la presenza di clinopirosseni secondari di neoformazione. L’analisi ottico-petrografica non consente la loro osservazione in sezione sottile, ma la loro individuazione in diffrattometria permette di ipotizzare che, durante la cottura dei manufatti ceramici, si potevano raggiungere temperature intorno agli 800°C. ¾ Nelle maculature diffuse sul bordo ed intorno alle fratture interne beanti dei campioni, in particolare nei campioni ID22 e ID27, ma anche nei campioni ID12 e ID45, lo studio in microscopia, agli ingrandimenti più elevati, ha permesso di individuare, in esse, delle concentrazioni di ematite, ma non è da escludere che possa essere presente anche nerofumo prodotto durante la cottura dei manufatti. Comunque le analisi termiche non hanno mai consentito di determinare la presenza di componenti organiche tipo 7

Le analisi termiche, diffrattometriche ed XRF sono trattate nella tesi “Ceramics of Andronovo culture and Namazga VI from alluvial fan of the Murghab River (Turkmenistan): mineralogical and geochemical characterization” di Eleonora Rotondaro.


Conclusioni

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nerofumo. ¾ Lo studio ottico-petrografico ha permesso di individuare la presenza di matrice argillosa sinterizzata più o meno ossidata, ma mai vetrificata. Ciò viene confermato anche dalle analisi termiche e si può ipotizzare che le temperature massime raggiunte nelle fornaci non superavano i 900°C. ¾ Lo studio dei campioni di intonaco, che costituivano la struttura interna delle pareti della fornace del Sito N. 1744 (area N.1685), conferma la loro funzione. Per quanto riguarda il campione ID30 è risultato essere anch’esso un intonaco, confermando i dubbi posti dagli archeologi e svelando la reale funzione del reperto. Anche il campione ID11, classificato come frammento ceramico, è, invece, un intonaco. ¾ Per gli intonaci S1, S2, S3 e S4 si può confermare che siano stati sottoposti ad un calore superiore a quello dei campioni S5A e S5B: dalle analisi termiche e diffrattometriche risulta che i primi abbiano subito un riscaldamento a temperature superiori ad 800°C, mentre i secondi a temperature più basse, inferiori ad 800°C.


Appendice

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Appendice Descrizione minerologico-petrografica dei campioni Campione ID1 Tessitura omogenea dell’impasto a grana fine. Vuoti di aria allungati e appiattiti, orientati parallelamente alle superfici con calcite secondaria sul bordo (dimensioni da 0,5 mm a 0,1 mm). Componente scheletrica abbondante (dimensione massima 0,1 mm): quarzo monocristallino e policristallino, Kfeldspati, plagioclasio geminato polisinteticamente. Fillosilicati: muscoviti e biotiti pleocroiche (dimensioni da 0,1 mm a 0,06 mm) e biotiti ematitizzate (dimensioni fino a 1/64 di mm). Minerale accessorio: clorite. Matrice argillosa subordinata alla componente scheletrica. [Fig A.1: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 5,5 mm); Fig. A.1a – Fig. A.1b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID2 Tessitura

eterogenea

dell’impasto.

Fratture

irregolari

e

orientate

parallelamente alle superfici. Vuoti di aria allungati e orientati parallelamente alle superfici di morfologia irregolare (dimensioni massime tra 1 e 0,5 mm e minime 0,25 mm). Calcite secondaria sul bordo dei vuoti e delle fratture. Presenza di cocciopesto con minore quantità di inclusi rispetto alla matrice (dimensioni da 1 mm a 0,125 mm). Scheletro (dimensioni da 0,25 mm a 0,125 mm): quarzo, plagioclasio geminato polisinteticamente e K-feldspati. Fillosilicati (dimensioni da 0,1 mm a 1/64 di mm): muscoviti, biotiti pleocroiche e biotiti ematitizzate. Probabile CPX. Bioclasti sostituiti da calcite secondaria (dimensioni da 0,125 mm a 0,06 mm). Matrice rossastra con ematitizzazione diffusa. [Fig. A.2: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 5 mm); Fig. A.2a – Fig. A.2b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]


Appendice

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Campione ID3 Tessitura eterogenea dell’impasto. Vuoti di aria a morfologia e orientazione irregolari (dimensioni massime tra 2 e 1 mm e minime 0,25 mm). Fratture irregolari ad orientazione variabile ed avvolgenti il cocciopesto. Calcite secondaria sul bordo dei vuoti e delle fratture. Numerosi frammenti di cocciopesto (dimensioni da 1 mm a 0,06 mm). Scheletro (dimensioni da 0,5 mm a 0,125 mm): quarzo, plagioclasio geminato polisinteticamente e Kfeldspati. Fillosilicati: biotiti, in parte ematitizzate, (dimensioni da 0,1 mm a 1/64 di mm) e rare muscoviti (dimensioni di 1/32 di mm). Probabile pirosseno. Piccolo basalto intersertale con plagioclasi. Bioclasti sostituiti da calcite secondaria (dimensioni da 0,125 a 0,06 mm). Matrice brunastra e nerastra con un medio grado di ematitizzazione. [Fig. A.3: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 10 mm); Fig. A.3a – Fig. A.3b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID4 Tessitura eterogenea dell’impasto. Vuoti di aria di morfologia irregolare (dimensioni da 1 mm a 0,25 mm) e abbondanti microfratture parallele e trasversali alle superfici con calcite secondaria di precipitazione sul bordo. Frammenti di cocciopesto (dimensioni da 1 mm a 0,25 mm). Scarsa componente scheletrica (dimensioni da 0,25 mm a 0,125 mm): quarzo e feldspati. Matrice brunastra e rossastra con un alto grado di ematitizzazione. [Fig. A.4: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 7 mm); Fig. A.4a – Fig. A.4b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID5 Tessitura eterogenea dell’impasto. Vuoti di aria di morfologia irregolare (dimensioni da 1 mm a 0,1 mm) e numerose microfratture orientate parallelamente alle superfici con calcite secondaria sul bordo. Cocciopesto meno ricco di componente scheletrica (dimensioni da 1 mm a 0,25 mm). Scheletro (dimensioni da 0,25 mm a 0,125 mm): quarzo, plagioclasio


Appendice

geminato

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polisinteticamente,

K-feldspati

(microclino).

Fillosilicati

(dimensioni da 0,06 mm a 1/64 di mm): muscoviti e biotiti, in parte ematitizzate. Minerali accessori: anfibolo bruno. Frammenti di roccia carbonatica (calcare), metamorfica e di gneiss. Matrice da brunastra a rossastra con microfillosilicati e componenti ematitizzate. [Fig. A.5: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 6 mm); Fig. A.5a – Fig. A.5b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID6 Tessitura eterogenea dell’impasto. Fratture irregolari ad orientazione variabile ed avvolgenti il cocciopesto e vuoti di aria di morfologia irregolare (dimensioni da 1 mm a 0,4 mm). Calcite secondaria sul bordo dei vuoti e delle fratture. Frammenti di cocciopesto (dimensioni da quasi 2 mm fino a 0,125 mm). Scarsa componente scheletrica (dimensioni da 0,25 mm a 0,1 mm): quarzo e feldspati. Fillosilicati (dimensioni da 0,1 mm a 1/64 di mm): muscoviti e biotiti, in parte ematitizzate. Piccoli clasti quarzo-feldspatici arrotondati ed, in parte, fillosilicati delle dimensioni della sabbia fine, cementati tra di loro e sulla frattura del manufatto per precipitazione di calcite. Matrice da brunastra a rossastra. [Fig. A.6: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 7,5 mm); Fig. A.6a – Fig. A.6b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID7 Tessitura eterogenea dell’impasto. Fratture irregolari ad orientazione variabile con spessore fino ad 1 mm con cristallizzazione di gesso. Frammenti di cocciopesto (dimensioni da 1 mm fino a 0,33 mm). Scheletro (dimensioni da 0,125 mm a 0,06 mm): quarzo e feldspati. Scarsa quantità di fillosilicati: biotiti (dimensioni da 0,25 mm a 1/64 di mm), in parte ematitizzate, e muscoviti (dimensioni da 0,125 a 0,06 mm). Matrice da brunastra a rossastra, in alcune parti con elevata componente di ematite. [Fig. A.7: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 8.25


Appendice

72

mm); Fig. A.7a – Fig. A.7b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID8 Tessitura eterogenea dell’impasto. Fratture e vuoti di aria (dimensione da 1 mm fino a 0,25 mm) irregolari ad orientazione variabile. Calcite secondaria sul bordo dei vuoti e delle fratture. Frammenti di cocciopesto (dimensioni da 1 mm a 0,25 mm), anche di dimensioni cospicue (2 mm), più povero di componenti scheletriche rispetto alla matrice. Scheletro (dimensioni da 0,25 mm a 0,125 mm): quarzo e feldspati. Fillosilicati (dimensioni da 0,125 mm a 1/64 di mm): biotiti pleocroiche e ematitizzate. Minerale accessorio: epidoto. Bioclasti sostituiti da calcite secondaria (dimensioni di 0,125 mm). Selce. Frammenti di roccia carbonatica (calcare) e metamorfica (gneiss). Matrice brunastra e rossastra. [Fig. A.8: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 7 mm); Fig. A.8a – Fig. A.8b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID9 Tessitura molto omogenea dell’impasto. Vuoti di aria orientati parallelamente alle superfici con calcite secondaria di precipitazione (dimensioni da 1 mm a 0,25 mm). Scheletro (dimensioni da 0,25 mm a 0,125 mm): quarzo, Kfeldspati. Scarsa quantità di fillosilicati (dimensioni da 0,06 mm a 1/64 di mm): rare biotiti, in parte ossidate. Minerale accessorio: anfibolo bruno. Matrice brunastra con carbonati e qualche microglobulo di ossidi di ferro. [Fig. A.9: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 7 mm); Fig. A.9a – Fig. A.9b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID10 Tessitura eterogenea dell’impasto. Vuoti di aria di morfologia irregolare (dimensioni da quasi 1 mm a 0,1 mm) e microfratture orientate parallelamente alle superfici. Calcite secondaria sul bordo dei vuoti e delle fratture. Frammenti di cocciopesto (dimensioni 1 mm a 0,25 mm) con minore quantità


Appendice

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di inclusi e colore più scuro rispetto alla matrice. Scheletro (dimensioni da 0,25 mm a 0,125 mm): quarzo, K-feldspati, plagioclasio geminato polisinteticamente. Fillosilicati (dimensioni da 0,1 mm a 1/64 di mm): biotiti, in parte ematitizzate e muscoviti. Minerale accessorio: epidoto. Frammenti di roccia magmatica plutonica e di roccia siltitica. Bioclasti con abbondante calcite secondaria (dimensioni da 0,125 mm a 0,06 mm). Matrice brunastra con poche parti rossastre con microfillosilicati e ossidi di ferro. [Fig. A.10: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 6,5 mm); Fig. A.10a – Fig. A.10b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID11 Tessitura eterogenea dell’impasto. Vuoti di aria con orientazione variabile e numerosi con morfologia ellissoidale (dimensioni da 1 mm a 0,25 mm). Vuoti di frammenti vegetali regolari di forma rettangolare con troncatura netta perpendicolare all’allungamento (lunghezza da oltre 2 mm fino a 0,4 mm, spessore 0,25 mm). Vuoti di aria e di frammenti vegetali con calcite secondaria sul bordo. Ricco di componente scheletrica (dimensioni da 0,1 mm a 0,06 mm): quarzo e feldspati. Fillosilicati (dimensioni da 0,1 mm a 1/64 di mm): biotiti e muscoviti. Minerali accessori: epidoto. Matrice non ematitizzata con corpuscoli neri e con microframmenti quarzo-feldspatici, microframmenti di fillosilicati e microframmenti di calcite micritica. [Fig. A.11: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 10,5 mm); Fig. A.11a – Fig. A.11b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID12 Tessitura molto omogenea dell’impasto a grana finissima. Vuoti di aria ellissoidali e orientati parallelamente alle superfici con calcite secondaria sul bordo (dimensioni da 0,5 mm a 0,125 mm). Componente scheletrica (dimensioni da 0,25 mm a 0,125 mm): quarzo, K-feldspati (ortoclasio), plagioclasio geminato polisinteticamente. Muscoviti (dimensioni da 0,125 mm a 0,06 mm). Probabile CPX e probabile epidoto. Matrice brunastra e rossastra


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con microlamelle di biotite ossidata e microgranuli di materiali ematitizzati (forse pirite framboidale). Bordo con spot scuri. [Fig. A.12: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 6 mm); Fig. A.12a – Fig. A.12b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID13 Tessitura molto eterogenea dell’impasto. Fratture irregolari parallele alle superfici ed avvolgenti il cocciopesto con calcite secondaria sul bordo. Frammenti di cocciopesto (dimensioni da 1 mm fino a 0,25 mm). Scarsa componente scheletrica (dimensioni da 0,25 mm a 0,125 mm): quarzo, Kfeldspati (microclino). Biotiti (dimensioni da 0,06 mm a 1/64 di mm). Bioclasti sostituiti da pirite framboidale e ematite (dimensioni da 0,125 mm a 0,06 mm). Matrice brunastra con microgranuli di carbonato e con un’alta concentrazione di opachi. [Fig. A.13: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 7 mm); Fig. A.13a – Fig. A.13b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID14 Tessitura eterogenea dell’impasto. Fratture irregolari orientate parallelamente alle superfici con calcite secondaria sul bordo. Frammenti di cocciopesto con componente scheletrica in minore quantità rispetto alla matrice (dimensioni da 1 mm a 0,4 mm), anche di dimensioni cospicue (quasi 2 mm). Scheletro (dimensioni da 0,28 mm a 0,06 mm): quarzo, K-feldspati (microclino e ortoclasio), plagioclasio geminato polisinteticamente. Biotiti ematitizzate (dimensioni fino a 1/64 di mm). Bioclasti sostituiti da calcite secondaria all’interno ed ematite sul bordo (dimensioni da 0,5 mm a 0,06 mm). Matrice brunastra e rossastra con una media ossidazione con componenti ematitizzate (biotiti e pirite framboidale) e microlamelle di muscovite. [Fig. A.14: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 8,5 mm); Fig. A.14a – Fig. A.14b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]


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Campione ID15 Tessitura molto eterogenea dell’impasto con alto grado di ritiro. Assenza di cocciopesto. Fratture irregolari ad orientazione variabile con calcite secondaria di precipitazione sul bordo. Scheletro (dimensioni da 0,25 mm a 0,125 mm): quarzo e feldspati. Fillosilicati (dimensioni da 0,125 mm a 1/64 di mm): biotiti, in parte ematitizzate, e muscoviti. Minerale accessorio: anfibolo bruno. Presunti bioclasti. Frammenti di roccia magmatica (aplite). Matrice rossastra ematitizzata con qualche microlamella di fillosilicati e qualche carbonato. [Fig. A.15: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 8 mm); Fig. A.15a – Fig. A.15b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID16 Tessitura eterogenea dell’impasto. Fratture irregolari orientate parallelamente alle superfici ed avvolgenti il cocciopesto con calcite secondaria. Vuoti di morfologia irregolare (dimensioni da 0,5 mm a 0,25 mm). Frammenti di cocciopesto (dimensioni massime tra 1 e 0,5 mm e minime 0,25 mm). Scheletro (dimensioni da 0,25 mm a 0,125): quarzo, plagioclasio geminato polisinteticamente, K-feldspati. Biotiti (dimensioni da 0,125 a 1/64 di mm), in parte ematitizzate

e rare muscoviti. Minerale accessorio: anfibolo bruno.

Matrice da brunastra a rossastra con carbonati, microlamelle di fillosilicati e ossidi di ferro. [Fig. A.16: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 6 mm); Fig. A.16a – Fig. A.16b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID17 Tessitura eterogenea dell’impasto. Fratture irregolari ad orientazione variabile con ampia cristallizzazione di calcite secondaria. Frammenti di cocciopesto (dimensioni massime tra 1 e 2 mm e minime 0,25 mm). Scheletro (dimensioni da 0,25 mm a 0,06 mm): quarzo, plagioclasio geminato polisinteticamente, Kfeldspati. Rari fillosilicati (dimensioni da 0,06 mm a 1/64 di mm). Minerali accessori: anfibolo bruno, anfibolo verde e clorite. Matrice da brunastra a


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rossastra con microgranuli di ematite e con microlamelle di muscovite. [Fig. A.17: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 11 mm); Fig. A.17a – Fig. A.17b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID18 Tessitura eterogenea dell’impasto. Fratture allungate parallele alle superfici con calcite secondaria sul bordo. Frammenti di cocciopesto (dimensioni da 1 mm a 0,25 mm). Scheletro (dimensioni da 0,25 mm a 0,06 mm): quarzo, Kfeldspati, plagioclasio geminato polisinteticamente. Biotiti pleocroiche e ematitizzate (dimensioni da 0,1 a 1/64 di mm). Probabili bioclasti e selci. Presenza di una piccola concentrazione di frammenti clastici sabbiosi, privi di cemento, costituiti da quarzo, feldspati, fillosilicati e anfibolo verde. Matrice brunastra e rossastra ematitizzata con microframmenti quarzo-feldspatici e microlamelle di fillosilicati. [Fig. A.18: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 6,5 mm); Fig. A.18a – Fig. A.18b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID19 Tessitura eterogenea dell’impasto. Microfratture con calcite secondaria e vuoti irregolari (dimensioni di 0,5 mm). Vuoti di frammenti vegetali regolari non orientati di forma rettangolare con troncatura netta perpendicolare all’allungamento (lunghezza anche oltre 1 mm). Frammenti di cocciopesto (dimensioni da 1 mm a 0,25 mm). Scheletro (dimensioni da 0,25 mm a 0,06 mm): quarzo, K-feldspati (presenza di ortoclasio) e plagioclasio geminato polisinteticamente. Biotiti ematitizzate (dimensioni 0,06 a 1/64 di mm). Bioclasti sostituiti da calcite secondaria e ematite (dimensioni da 0,125 mm a 0,06 mm). Matrice rossastra e poco brunastra con microgranuli ematitici e rare microlamelle di muscovite. [Fig. A.19: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 8 mm); Fig. A.19a – Fig. A.19b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]


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77

Campione ID20 Tessitura eterogenea dell’impasto. Ampie fratture allungate (spessore fino a 0,5 mm) con abbondante precipitazione di calcite secondaria. Numerosi frammenti di cocciopesto (dimensioni da 1 mm a 0,33 mm), anche di dimensioni cospicue (oltre 2 mm). Scheletro (dimensioni da 0,25 mm a 0,06 mm): quarzo, plagioclasio geminato polisinteticamente e K-feldspati. Minerale accessorio: anfibolo verde. Fillosilicati: muscoviti (dimensioni da 0,1 mm a 0,06 mm) e biotiti ematitizzate (dimensioni fino a 1/64 di mm). Probabili bioclasti sostituiti da ematite e calcite secondaria sul bordo. Matrice rossastra con microgranulazione di ematite e microlamelle di muscovite. [Fig. A.20: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 9 mm); Fig. A.20a – Fig. A.20b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID21 Tessitura eterogenea dell’impasto. Fratture irregolari ad orientazione variabile ed avvolgenti il cocciopesto con calcite secondaria. Frammenti di cocciopesto (dimensioni da circa 1 mm a 0,33 mm). Scheletro (dimensioni da 0,25 mm a 0,125 mm): quarzo e feldspati. Biotiti, in parte ematitizzate (dimensioni da 0,125 mm a 1/64 di mm). Minerale accessorio: CPX. Matrice brunastra e rossastra con microspot carbonatici, microglobuli color rosso-ruggine di ossidi di ferro e qualche microlamella di fillosilicati. [Fig. A.21: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 8 mm); Fig. A.21a – Fig. A.21b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID22 Tessitura eterogenea dell’impasto. Presenza di un livelletto di 0,5 mm su una superficie piana e parallela con una fortissima concentrazione scheletrica, costituita da quarzo, plagioclasio geminato polisinteticamente, K-feldspati e fillosilicati, diversa da quella della matrice. Fratture irregolari ad orientazione variabile con abbondante calcite secondaria. Grandi frammenti di cocciopesto (dimensioni da quasi 2 mm a 0,5 mm) più scuri rispetto alla matrice. Scheletro


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(dimensioni da 0,25 mm a 0,06 mm): quarzo, plagioclasio e K-feldspati. Muscoviti (dimensioni da 0,1 mm a 0,06 mm). Matrice brunastra e rossastra con variazioni cromatiche connesse alle fratture (maculature di colorazione nerastra). [Fig. A.22: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 10 mm); Fig. A.22a – Fig. A.22b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID23 Tessitura eterogenea dell’impasto. Fratture irregolari ad orientazione variabile con calcite secondaria. Frammenti di cocciopesto (dimensioni da 1 mm a 0,125 mm). Scheletro (dimensioni da 0,25 mm a 0,125 mm): quarzo e feldspati. Biotiti (dimensioni da 0,06 mm a 1/64 di mm). Minerale accessorio: CPX. Matrice brunastra con permeazione rossastra di ossidi di ferro, microlamelle di fillosilicati e carbonati. [Fig. A.23: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 6,5 mm); Fig. A.23a – Fig. A.23b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID24 Tessitura eterogenea dell’impasto. Fratture con calcite secondaria sul bordo e sabbia. Frammenti di cocciopesto meno ricco di inclusi rispetto alla matrice (dimensioni da 1 mm a 0,25 mm). Scheletro (dimensioni da 0,25 mm a 0,125 mm): quarzo, K-feldspati e plagioclasio geminato polisinteticamente. Fillosilicati: biotiti pleocroiche (dimensioni di circa 0,125 mm), muscoviti (dimensioni di circa 0,06 mm) e biotiti ematitizzate (dimensioni fino a 1/64 di mm). Matrice rossastra con elevato grado di ematitizzazione con microlamelle di biotite ematitizzata e di muscovite e microframmenti quarzo-feldspatici. [Fig. A.24: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 6,75 mm); Fig. A.24a – Fig. A.24b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID25 Tessitura eterogenea dell’impasto. Numerose fratture parallele alle superfici e


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trasversali alle superfici con calcite secondaria sul bordo. Grandi frammenti di cocciopesto (dimensioni da 1 mm a 0,4 mm). Scheletro (dimensioni da 0,125 mm a 1/32 di mm): quarzo, plagioclasio geminato polisinteticamente e Kfeldspati. Minerali accessori: anfiboli. Bioclasti sostituiti da calcite secondaria (dimensioni da 0,125 mm a 0,06 mm). Matrice brunastra e rossastra con microgranuli di ossidi di ferro, microlamelle di biotite ematitizzata e di muscovite, microframmenti quarzo-feldspatici. [Fig. A.25: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 6,5 mm); Fig. A.25a – Fig. A.25b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID26 Tessitura molto omogenea dell’impasto a grana finissima. Vuoti di aria allungati e orientati parallelamente alle superfici (dimensioni da 1 mm a 0,25 mm). Abbondante componente scheletrica orientata parallelamente alle superfici (dimensioni da 0,25 mm a 1/32 di mm): quarzo, plagioclasio geminato polisinteticamente e K-feldspati. Numerosi fillosilicati (dimensioni da 0,1 mm fino a 1/64 di mm): muscoviti, biotiti pleocroiche e biotiti ematitizzate. Frammenti di calcite spatitica. Matrice argillosa molto povera. [Fig. A.26: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 4,75 mm); Fig. A.26a – Fig. A.26b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID27 Tessitura eterogenea dell’impasto. Vuoti di aria ellissoidali con calcite secondaria (dimensioni da 0,25 mm a 0,125). Frammenti di cocciopesto (dimensioni da circa 1 mm a 0,25 mm). Scarsa componente scheletrica (dimensioni

da

0,25

mm

a

0,06):

quarzo,

plagioclasio

geminato

polisinteticamente e K-feldspati. Fillosilicati e biotiti ematitizzate (dimensioni da 0,1 mm a 1/64 di mm). Selce. Frammenti di calcite spatitica mono e policristallini e di calcare micritico. Frammenti di roccia metamorfica (gneiss). Minerale accessorio: anfibolo verde. Matrice con variazioni cromatiche connesse alle microfratture ed, anche, al bordo (maculature di colorazione


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nerastra). Matrice brunastra con ossidazioni rossastre diffuse, ma non abbondanti. [Fig. A.27: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 9,5 mm); Fig. A.27a – Fig. A.27b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID28 Tessitura eterogenea dell’impasto. Fratture irregolari senza calcite secondaria. Frammenti di cocciopesto, anche di dimensioni cospicue, con maggiore componente scheletrica rispetto alla matrice (dimensioni da 2 mm a 0,25 mm). Scheletro (dimensioni da 0,25 mm a 0,125 mm): quarzo e feldspati. Biotiti (dimensioni da 0,125 mm a 1/64 di mm). Minerale accessorio: clorite. Piccolo frammento di arenaria. Matrice brunastra e rossastra con microframmenti di fillosilicati (biotiti ematitizzate e muscoviti), carbonati disseminati e microgranulazione di opachi. [Fig. A.28: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore 7 mm); Fig. A.28a – Fig. A.28b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID29 Tessitura molto omogenea dell’impasto. Vuoti orientati parallelamente alle superfici di morfologia irregolare e allungati e schiacciati con calcite secondaria sul bordo (dimensioni da 1 mm a 0,25 mm). Scheletro (dimensioni 0,125 mm a 0,06 mm): quarzo, K-feldspati e plagioclasio geminato polisinteticamente. Fillosilicati: muscoviti (dimensioni da 0,125 mm a 0,06 mm) e biotiti ematitizzate (dimensioni fino 1/64 di mm). Minerali accessori: epidoti. Bioclasti. Matrice più rossastra nella parte interna rispetto ai bordi con microlamelle di biotite ematitizzata e muscovite, spot rugginosi di ematite, qualche carbonato micritico e qualche microframmento quarzo-feldspatico. [Fig. A.29: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore 5,5 mm); Fig. A.29a – Fig. A.29b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]


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81

Campione ID30 Tessitura eterogenea dell’impasto con un’altissima concentrazione di componenti scheletriche. Vuoti di frammenti vegetali regolari di forma rettangolare paralleli alle superfici o incurvati (lunghezza massima oltre 2 mm e spessore 0,25 mm). Bordo esterno caratterizzato da 0,5 mm di componente scheletrica. Fascia esterna meno ricca di argilla rispetto al resto del manufatto con minore quantità di ossidi di ferro. Vuoti di aria (dimensioni da circa 1 mm a 0,25 mm) e di frammenti vegetali con gesso e calcite secondaria sul bordo. Tutti gli inclusi tendenzialmente orientati parallelamente alle superfici. Scheletro (dimensioni da 0,25 mm a 0,125 mm): quarzo, K-feldspati (microclino e ortoclasio) e plagioclasio geminato polisinteticamente. Fillosilicati: biotiti pleocroiche e ematitizzate (dimensioni da circa 0,25 mm a 1/64 di mm), muscoviti (dimensioni di 0,06 mm). Clasti di calcite microspatitica. Selce. Minerale accessorio: anfibolo bruno. Matrice argillosa subordinata alla componente scheletrica con opachi e pirite framboidale disseminata. [Fig. A.30: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 12,5 mm), Fig. A.30a – Fig. A.30b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID31 Tessitura eterogenea dell’impasto. Fratture irregolari ad orientazione variabile ed avvolgenti il cocciopesto. Vuoti di morfologia irregolare (dimensioni da 0,5 mm circa a 0,25 mm). Calcite secondaria sul bordo dei vuoti e delle fratture. Frammenti di cocciopesto più ricco di inclusi rispetto alla matrice (dimensioni da quasi 2 mm a 0,4 mm). Scheletro: quarzo, K-feldspati, plagioclasio geminato polisinteticamente. Minerali accessori: epidoto e anfibolo bruno. Frammenti di roccia magmatica (apliti) e di roccia metamorfica (gneiss). Microframmento di roccia carbonatica. Bioclasti. Matrice brunastra con muscoviti

e

biotiti

ematitizzate,

microglobuli

di

ossidi

di

ferro,

microframmenti quarzo-feldspatici e carbonatici. [Fig. A.31: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 6,5


Appendice

82

mm); Fig. A.31a – Fig. 31b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID32 Tessitura con forte eterogeneità dell’impasto. Fratture allungate e spesse orientate parallelamente alle superfici con calcite secondaria sul bordo. Frammenti di cocciopesto anche di dimensioni cospicue (dimensioni da oltre 2 mm a 0,25 mm). Scheletro (dimensioni da 0,5 mm a 0,125 mm): quarzo, Kfeldspati. Biotiti e rare muscoviti. Matrice con frammenti vetrosi cospicui (dimensioni oltre 2 mm) di cristalli idiomorfi aghiformi di silicati di alluminio birifrangenti, cristalli regolari di quarzo a bordo arrotondato e ad anse, clinopirosseno e bolle d’aria (dimensioni da 0,33 mm a 0,05 mm) perfettamente sferiche. Matrice brunastra e nerastra. [Fig. A.32: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 10 mm); Fig. A.32a – Fig. A.32b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID33 Tessitura eterogenea dell’impasto. Fratture irregolari ad orientazione variabile con calcite secondaria sul bordo. Vuoti di aria

di morfologia irregolare

(dimensioni da 1 mm a 0,25 mm). Numerosi frammenti di cocciopesto anche di cospicue dimensioni (dimensioni da quasi 2 mm fino a 0,4 mm) con scarsa quantità di inclusi rispetto alla matrice. Scheletro (dimensioni da 0,25 mm a 0,125 mm): quarzo, K-feldspati e plagioclasio geminato polisinteticamente. Fillosilicati (dimensioni da 0,125 mm a 1/64 di mm): biotiti e muscoviti. Frammento di carbonato micritico. Bioclasti sostituiti da calcite secondaria (dimensioni di circa 0,125 mm). Matrice brunastra e rossastra con un medio grado di ematitizzazione. [Fig. A.33: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 9,5 mm); Fig. A.33a – Fig. A.33b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID34 Tessitura eterogenea dell’impasto. Fratture irregolari ad orientazione variabile


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e vuoti di aria di morfologia irregolare anche di dimensioni cospicue (dimensioni oltre 1 mm fino a 0,25 mm) con calcite secondaria. Cocciopesto di dimensioni cospicue (dimensioni da 2 mm fino a 0,25 mm) con componente scheletrica maggiore rispetto alla matrice. Scheletro (dimensioni da 0,25 mm a 0,125 mm): quarzo, plagioclasio geminato polisinteticamente e K-feldspati. Fillosilicati (dimensioni da 0,125 mm a 1/64 di mm): muscoviti e biotiti, in parte ematitizzate. Bioclasti con bordo rossastro ematitizzato e nucleo carbonatico. Matrice brunastra e rossastra. [Fig. A.34: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 16,5 mm); Fig. A.34a – Fig. A.34b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID35 Tessitura eterogenea dell’impasto: parti omogenee senza cocciopesto prive di inclusi

ed altre con cocciopesto (dimensioni di 1 mm) e fratture ad

orientazione variabile ed avvolgenti il cocciopesto. Cristallizzazione di calcite secondaria nelle fratture. Scheletro (dimensioni da 0,25 mm a 0,125 mm): quarzo, K-feldspati e plagioclasio geminato polisinteticamente. Fillosilicati (dimensioni da 0,1 mm a 1/64 di mm): biotiti e muscoviti. Minerale accessorio: anfibolo bruno. Matrice da rossastra a brunastra con microlamelle di biotiti ematitizzate e di muscoviti, microglobuli di ossidi di ferro, microframmenti quarzo-feldspatici e carbonati. [Fig. A.35: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 7,5 mm); Fig. A.35a – Fig. A.35b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID36 Tessitura eterogenea dell’impasto. Fratture irregolari ad orientazione variabile con calcite secondaria. Vuoti di aria con morfologia irregolare (dimensioni da circa 1 mm a 0,125 mm). Frammenti di cocciopesto (dimensioni da 1 mm a 0,25 mm). Scheletro (dimensioni da 0,25 mm a 0,06 mm): quarzo, K-feldspato e plagioclasio geminato polisinteticamente. Fillosilicati (dimensioni da 0,1 mm a 1/64 di mm). Matrice rossastra con ematitizzazione diffusa.


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[Fig. A.36: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 6,25 mm); Fig. A.36a – Fig. A.36b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID37 Tessitura eterogenea dell’impasto. Fratture irregolari ad orientazione variabile ed avvolgenti il cocciopesto con calcite secondaria. Frammenti di cocciopesto rossastri anche di cospicue dimensioni (dimensioni da 2 mm a 0,25 mm). Non ricco di inclusi. Scheletro (dimensioni da 0,25 mm a 0,125 mm): quarzo, Kfeldspati. Biotiti ematitizzate (dimensioni fino a 1/64 di mm). Probabili bioclasti. Frammenti metaforfici di gneiss. Matrice da brunastra a grigiastra con microlamelle di biotiti ematitizzate e di muscoviti, microglobuli di ossidi di ferro, microframmenti quarzo-feldspatici e spot carbonatici. [Fig. A.37: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 6,25 mm); Fig. A.37a – Fig. A.37b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID38 Tessitura eterogenea dell’impasto. Fratture irregolari ad orientazione variabile ed avvolgenti il cocciopesto con calcite secondaria. Frammenti di cocciopesto rossastri (dimensioni da 1 mm a 0,25 mm). Non ricco di inclusi. Scheletro (dimensioni da 0,25 mm a 0,125 mm): quarzo e feldspati. Matrice brunastra e grigiastra con microlamelle di biotiti ematitizzate e muscoviti, microglobuli color ruggine di ossidi di ferro, microframmenti di quarzo-feldspatici e spot di carbonati. [Fig. A.38: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 6 mm); Fig. A.38a – Fig. A.38b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID39 Tessitura molto eterogenea dell’impasto. Fratture irregolari ad orientazione variabile ed avvolgenti il cocciopesto con calcite secondaria. Frammenti di cocciopesto (dimensioni da 1 mm a 0,25 mm) Ricco di inclusi. Scheletro (dimensione da 0,25 mm a 0,125 mm): quarzo e feldspati. Biotiti e muscoviti.


Appendice

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Bioclasti. Frammenti di gneiss. Matrice brunastra e nerastra con microlamelle di biotiti ematitizzate e muscoviti, microglobuli color ruggine di ossidi di ferro, microframmenti di quarzo-feldspatici e spot di carbonati. [Fig. A.39: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 8 mm); Fig. A.39a – Fig. A.39b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID40 Tessitura eterogenea dell’impasto. Fratture irregolari con calcite secondaria. Cocciopesto anche di dimensioni cospicue di colore più scuro rispetto alla matrice (dimensioni da 2 mm a 0,33 mm). Scheletro (dimensioni da 0,25 a 0,01

mm):

quarzo,

K-feldspati

(microclino),

plagioclasio

geminato

polisinteticamente. Fillosilicati: biotiti ematitizzate (dimensioni fino a 1/64 di mm) e muscoviti (dimensioni da 0,1 mm a 0,06 mm). Fillosilicati cloritizzati. Minerale accessorio: anfibolo. Bioclasti (dimensioni di 0,125 mm). Matrice da brunastra a rossastra. [Fig. A.40: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 9,5 mm); Fig. A.40a – Fig. A.40b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID41 Tessitura dell’impasto con fortissima eterogeneità. Numerose fratture irregolari parallele alle superfici ed avvolgenti il cocciopesto con calcite secondaria sul bordo. Frammenti di cocciopesto di colore più scuro e con pochi inclusi rispetto alla matrice (dimensioni da oltre 2 mm fino a 0,125 mm). Ricco di inclusi. Scheletro anche di dimensioni cospicue (dimensioni da 0,5 mm a 0,1 mm): quarzo, K-feldspati e plagioclasio geminato polisinteticamente. Frammenti di roccia (apliti). Selci. Bioclasti. Matrice grossolana brunastra e nerastra con elementi quarzo-feldspatici, globuli di ossidi di ferro, biotiti ematitizzate, muscoviti e carbonati. [Fig. A.41: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 7,75 mm); Fig. A.41a – Fig. A.41b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]


Appendice

86

Campione ID42 Tessitura dell’impasto con fortissima eterogeneità. Numerose fratture irregolari parallele alle superfici ed avvolgenti il cocciopesto con calcite secondaria sul bordo. Frammenti di cocciopesto più scuri e con pochi inclusi rispetto alla matrice (dimensioni da quasi 2 mm a 0,25 mm) . Ricco di inclusi. Scheletro con elementi clastici grossolani (dimensioni da 0,5 mm a 0,1 mm): quarzo, K-feldspati e plagioclasio geminato polisinteticamente. Biotiti ematitizzate e muscoviti. Selce. Frammenti di gneiss e di apliti.

Matrice

grossolana brunastra e nerastra con elementi quarzo-feldspatici, spot di opachi, biotiti ematitizzate e muscoviti, carbonati. [Fig. A.42: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 8 mm); Fig. A.42a – Fig. A.42b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID43 Tessitura dell’impasto con fortissima eterogeneità. Numerose fratture irregolari parallele alle superfici ed avvolgenti il cocciopesto con calcite secondaria sul bordo. Frammenti di cocciopesto più scuri e con pochi inclusi rispetto alla matrice (dimensioni da 1mm a 0,25 mm). Scheletro con elementi clastici grossolani (dimensioni da 0,5 mm a 0,1 mm): quarzo e feldspati. Biotiti ematitizzate e muscoviti. Frammenti di rocce magmatiche (apliti). Selce. Matrice grossolana brunastra e nerastra con elementi quarzo-feldspatici, spot di opachi, biotiti ematitizzate e muscoviti, carbonati. [Fig. A.43: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 7,5 mm); Fig. A.43a – Fig. A.43b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID44 Tessitura con forte eterogeneità dell’impasto. Fratture irregolari con calcite secondaria e vuoti di morfologia irregolare (dimensioni da 0,5 mm a 0,25 mm). Frammenti di cocciopesto con minore quantità di inclusi e più scuro rispetto alla matrice (dimensioni da 1 mm a 0,25 mm). Scheletro (dimensioni da 0,5 mm a 0,125 mm): quarzo, K-feldspati (microclino), plagioclasio


Appendice

87

geminato polisinteticamente. Muscoviti e biotiti ematitizzate. Ematitizzazione diffusa nella matrice brunastra e nerastra. [Fig. A.44: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 8 mm); Fig. A.44a – Fig. A.44b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione ID45 Tessitura eterogenea dell’impasto. Vuoti di aria schiacciati e allungati con cristallizzazione di gesso (dimensioni da 0,5 mm a 0,125 mm). Componenti scheletriche allungate e orientate parallelamente alle superfici. Maculature nerastre parallele alle due superfici. Pochi frammenti di cocciopesto (dimensioni da 0,5 mm a 0,33 mm). Scheletro (dimensioni da 0,25 a 0,05 mm): quarzo, K-feldspati e plagioclasio geminato polisinteticamente. Muscoviti e biotiti ossidate. Frammenti di roccia magmatica plutonica. Matrice rossastra con diffusa ematitizzazione. [Fig. A.45: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio (spessore medio 8 mm); Fig. A.45a – Fig A.45b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione S1 Abbondanti vuoti di frammenti vegetali di forma rettangolare con troncatura netta perpendicolare all’allungamento privi di orientazione preferenziale di dimensioni cospicue (lunghezza oltre 1 mm e spessore fino a 0,5 mm) con cristallizzazione di gesso. Vuoti di aria di morfologia irregolare con calcite secondaria (dimensioni da 2 mm a 0,25 mm). Numerosi inclusi (dimensioni da 0,25 mm a 0,06 mm) quarzo, K-feldspati (microclino), plagioclasio geminato polisinteticamente e fillosilicati. Minerali accessori: anfibolo bruno e pirosseno. Probabili bioclasti sostituiti da calcite micritica. Matrice argillosa pigmentata da ossidi di ferro rossi subordinata alla componente scheletrica. [Fig. A.46: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio; Fig. A.46a – Fig. A.46b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]


Appendice

88

Campione S2 Vuoti di frammenti vegetali di forma rettangolare con troncatura netta perpendicolare all’allungamento a volte incurvati di dimensioni cospicue con calcite secondaria (lunghezza oltre 2 mm e spessore di quasi 1 mm). Vuoti di aria di morfologia irregolare con calcite secondaria (dimensioni da circa 1 mm a 0,25 mm). Abbondante scheletro (dimensioni da 0,25 mm a 0,125 mm): quarzo, K-feldspati, plagioclasio geminato polisinteticamente. Biotiti, in parte ematitizzate, e muscoviti. Piccoli inclusi carbonatici. Bioclasti con calcite micritica nel nucleo. Selci. Matrice argillosa un po’ più abbondante rispetto al campione precedente. [Fig. A.47: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio; Fig. A.47a – Fig. A.47b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione S3 Impasto ricco di inclusi quarzo-feldspatici con componente argillosa senza una vera omogeneizzazione. Vuoti allungati e arcuati di frammenti vegetali di dimensioni cospicue (lunghezza oltre 2 mm e spessore di 0,5 mm). Vuoti di morfologia irregolare e ellissoidale (dimensioni da circa 1 mm a 0,125 mm) e piccole fratture intorno alla componente argillosa. Scheletro (dimensioni da 0,25

a

0,125

mm):

quarzo,

K-feldspati

e

plagioclasio

geminato

polisinteticamente. Biotiti e muscoviti. Selci. Numerosi frammenti carbonatici micritici. Gusci di foraminiferi carbonatici. Frammenti metamorfici di gneiss. Cloriti. Anfiboli bruni. Microglobuli di ossidi di ferro e biotiti ematitizzate. [Fig. A.48: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio; Fig. A.48a – Fig. A.48b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione S4 Impasto ricco di inclusi quarzo-feldspatici con componente argillosa senza una vera omogeneizzazione. Vuoto allungato e arcuato di frammenti vegetali di dimensioni molto cospicue (spessore di 1 mm). Vuoti di morfologia irregolare e ellissoidale con calcite secondaria (dimensioni da 1 mm a 0,25 mm).


Appendice

89

Scheletro (dimensioni da 0,25 a 0,125 mm): quarzo, K-feldspati e plagioclasio geminato polisinteticamente. Biotiti e muscoviti. Bioclasti. [Fig. A.49: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio; Fig. A.49a – Fig. A.49b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione S5A Associazione ricca di frammenti (dimensioni da 0,25 mm a 0,06 mm) di cristalli spigolosi di quarzo, plagioclasio geminato polisinteticamente e Kfeldspati con componenti carbonatiche microspatitiche o micritiche. Clasti di quarzo arrotondati. Bioclasti sostituiti da carbonati micritici. Muscoviti e biotiti pleocroiche. Minerali accessori: anfibolo e pirosseno. Struttura granosostenuta con scarso grado di cementazione. [Fig. A.50: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio; Fig. A.50a – Fig. A.50b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Campione S5B Componente di suolo argillosa associata a componenti siltitiche e carbonatiche. Frammenti di cristalli (dimensioni da 0,25 mm a 0,1 mm) spigolosi o arrotondati di quarzo, plagioclasio geminato polisinteticamente e K-feldspato. Bioclasti. Selce arrotondata. Muscoviti e biotiti pleocroiche. Minerale accessorio: epidoto. [Fig. A.51: superficie di frattura fresca osservata allo stereomicroscopio; Fig. A.51a – Fig. A.51b: sezione sottile a polarizzatori paralleli ed incrociati]

Fig. A.1

Fig. A.1a

Fig. A.1b


Appendice

Fig. A.2

Fig. A.3

90

Fig. A.2a

Fig. A.3a

Fig. A.2b

Fig. A.3b

Fig. A.4

Fig. A.4a

Fig. A.4b

Fig. A.5

Fig. A.5a

Fig. A.5b

Fig. A.6

Fig. A.6a

Fig. A.6b


Appendice

91

Fig. A.7

Fig. A.7a

Fig. A.7b

Fig. A.8

Fig. A.8a

Fig. A.8b

Fig. A.9

Fig. A.9a

Fig. A.9b

Fig. A.10

Fig. A.10a

Fig. A.11

Fig. A.11a

Fig. A.10b

Fig. A.11b


Appendice

Fig. A.12

Fig. A.13

Fig. A.14

Fig. A.15

Fig. A.16

92

Fig. A.12a

Fig. A.13a

Fig. A.14a

Fig. A.15a

Fig. A.16a

Fig. A.12b

Fig. A.13b

Fig. A.14b

Fig. A.15b

Fig. A.16b


Appendice

Fig. A.17

Fig. A.18

Fig. A.19

Fig. A.20

Fig. A.21

93

Fig. A.17a

Fig. A.18a

Fig. A.19a

Fig. A.20a

Fig. A.21a

Fig. A.17b

Fig. A.18b

Fig. A.19b

Fig. A.20b

Fig. A.21b


Appendice

Fig. A.22

Fig. A.23

Fig. A.24

Fig. A.25

Fig. A.26

94

Fig. A.22a

Fig. A.23a

Fig. A.24a

Fig. A.25a

Fig. A.26a

Fig. A.22b

Fig. A.23b

Fig. A.24b

Fig. A.25b

Fig. A.26b


Appendice

Fig. A.27

95

Fig. A.27a

Fig. A.27b

Fig. A.28

Fig. A.28a

Fig. A.28b

Fig. A.29

Fig. A.29a

Fig. A.29b

Fig. A.30

Fig. A.31

Fig. A.30a

Fig. A.31a

Fig. A.30b

Fig. A.31b


Appendice

96

Fig. A.32

Fig. A.32a

Fig. A.32b

Fig. A.33

Fig. A.33a

Fig. A.33b

Fig. A.34

Fig. A.34a

Fig. A.34b

Fig. A.35

Fig. A.36

Fig. A.35a

Fig. A.36a

Fig. A.35b

Fig. A.36b


Appendice

Fig. A.37

Fig. A.38

Fig. A.39

Fig. A.40

Fig. A.41

97

Fig. A.37a

Fig. A.38a

Fig. A.39a

Fig. A.40a

Fig. A.41a

Fig. A.37b

Fig. A.38b

Fig. A.39b

Fig. A.40b

Fig. A.41b


Appendice

98

Fig. A.42

Fig. A.42a

Fig. A.42b

Fig. A.43

Fig. A.43a

Fig. A.43b

Fig. A.44

Fig. A.45

Fig. A.46

Fig. A.44a

Fig. A.44b

Fig. A.45a

Fig. A.45b

Fig. A.46a

Fig. A.46b


Appendice

Fig. A.47

99

Fig. A.47a

Fig. A.47b

Fig. A.48

Fig. A.48a

Fig. A.48b

Fig. A.49

Fig. A.49a

Fig. A.49b

Fig. A.50

Fig. A.50a

Fig. A.50b

Fig. A.51

Fig. A.51a

Fig. A.51b


Bibliografia

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Ringraziamenti Ringrazio la mia famiglia: mia mamma Anna, che sono sicura che da Lassù mi è vicina, che mi ha dato e continua a darmi la forza per affrontare ogni momento della vita e, soprattutto, le difficoltà, il suo amore e la sua fede sono per me un grande insegnamento, che porto sempre nel mio cuore, e rappresentano una “luce” che mi aiutano a non perdermi nei momenti di tristezza; mio padre Giovanni, che mi ha permesso di raggiungere questo traguardo, che ha avuto fiducia in me e mi ha spinto a non mollare questo percorso; mia sorella Marina, senza la quale non ce l’avrei mai fatta, la sua presenza e il suo aiuto in questi anni sono stati molto importanti e preziosi. Ringrazio Luca per la pazienza avuta fino ad ora, ha creduto sempre in me, anche quando pensavo di non farcela e tutto sembrava “difficile”, e mi ha sostenuto anche nei momenti di lontananza. Ringrazio il Prof. Bargossi, che mi ha guidato in modo scrupoloso in laboratorio e nella stesura della tesi. Ringrazio la Prof.ssa Minguzzi, che mi ha seguito nella prima fase della tesi. Ringrazio la Dott.ssa Cerasetti per l’importante aiuto dato nella parte archeologica. Ringrazio di cuore tutti gli amici e le amiche che in questi anni mi sono stati vicini ed hanno contribuito al raggiungimento di questo traguardo.


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