SAM - Stalking Assessment and Management: estratto dall'edizione italiana

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Stalking Assessment and Management

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SAM
valutazione
P. Randall Kropp Stephen D. Hart David R. Lyon Linee guida per la
e la gestione dello stalking Strumenti in psicologia giuridica e psichiatria forense Adattamento italiano di Georgia Zara e Franco Freilone

Stalking Assessment and Management

SAM

SAM Stalking Assessment and Management

Adattamento italiano di Georgia Zara e Franco Freilone

SAM

Stalking Assessment and Management

P. Randall Kropp, Stephen D. Hart e David R. Lyon

ISBN: 978-88-98542-88-8

Titolo originale: Guidelines for Stalking Assessment and Management (SAM)

Ringraziamenti per l’edizione italiana

La realizzazione di questo manuale è stata possibile grazie alla collaborazione internazionale con Stephen Hart, che ha permesso di portare lo Stalking Assessment Management (SAM) in Italia. Il mondo della ricerca scientifica può funzionare solo se esiste condivisione, confronto, scambio e dialettica.

Si ringrazia Silvia Mastandrea che, nella fase iniziale di questo lavoro, ha partecipato a una prima lettura e analisi del manuale SAM. Nella fase avanzata del lavoro la collaborazione di Federica Bullaro è stata fondamentale in quanto ha partecipato, con attenzione e precisione, alla revisione sistematica della letteratura che è stata inserita nel capitolo 4 della versione definitiva del manuale SAM. L’edizione italiana include anche l’analisi di alcuni casi di stalking italiani, analisi che è stata condotta con la collaborazione di Sara Veggi e Federica Bullaro.

Un sentito ringraziamento, infine, va a Jacopo Tarantino di Hogrefe Editore, per la professionalità con cui ha seguito l’evolversi di questo lavoro.

© 2008 by P. Randall Kropp, Stephen D. Hart & David R. Lyon

© 2022, Hogrefe Editore

Viale Antonio Gramsci 42, 50132 Firenze www.hogrefe.it

Redazione: Paola Menchetti

Impaginazione: Alessandra Pini

Copertina: Stefania Laudisa

I materiali di questo libro sono riservati all’uso esclusivo di professionisti qualificati nel settore della psicologia giuridica e criminologica e della psichiatria forense. L’Editore autorizza il professionista che ha acquistato il libro a riprodurre quei materiali, in appendice, per i quali l’autorizzazione a fotocopiare è espressamente dichiarata in nota. Questa autorizzazione è riservata al professionista qualificato, per il proprio uso professionale. Essa non garantisce quindi alcun diritto di riproduzione per fini di rivendita, distribuzione, formazione, dimostrazione, ecc., nei vari formati e attraverso i vari canali a stampa o digitali, se non nei limiti consentiti dalla legge, ogni riproduzione dovendo essere espressamente autorizzata dall’Editore.

Indice

Gli Autori VII

Prefazione all’edizione italiana. Il SAM nel contesto italiano IX

1. Valutazione e gestione del rischio di stalking 1

1.1. Natura del problema 1 1.2. La necessità di una valutazione del rischio 2 1.3. Approcci alla valutazione del rischio 4 1.4. Procedure di giudizio professionale 4 1.5. Procedure attuariali 5 1.6. Come valutare il rischio di stalking 6

2. Il SAM 8

2.1. Struttura 8 2.2. Sviluppo 9 2.3. Applicazioni 10 2.4. Popolazione destinataria 10 2.5. Limiti 11 2.6. Requisiti dei professionisti 11 2.7. Formazione dei professionisti 11

3. Impiego del SAM 13

3.1. Fase 1. Informazioni sul caso 13 3.2. Fase 2. Presenza dei fattori 16 3.3. Fase 3. Rilevanza dei fattori 17

3.4. Fase 4. Scenari di rischio 18 3.5. Fase 5. Strategie di gestione 20 3.6. Fase 6. Opinioni conclusive 22

4. Esplorare l’applicabilità del SAM: una revisione sistematica della letteratura di Georgia Zara, Federica Bullaro e Franco Freilone 26

4.1. Banche dati utilizzate 26

4.2. Focus della revisione sistematica 27

5. Fattori del SAM 46

5.1. Domini di fattori 46

5.2. Natura dello stalking 49

5.3. Fattori di rischio dell’autore 57

5.4. Fattori di vulnerabilità della vittima 66

Bibliografia 77

Appendice A. Applicazione del SAM nel contesto nordamericano 93 Il caso di John Avrams 93

Appendice B. Applicazione del SAM nel contesto italiano 113 Il caso di Romeo Gordoni: stalking come tanti altri e come nessun altro 113 Il caso di Roberto Bianchi: la disperante ricerca di contatto 120 Stalking al femminile: il caso di Selenia Micca di Sara Veggi e Georgia Zara 122

Appendice C. Scheda di lavoro 127

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GLI AUTORI

P. Randall Kropp, PhD, psicologo clinico e forense specializzato nella valutazione e nella gestione di autori di reati di violenza, lavora come esperto di valutazione di minacce per Protect International Risk and Safety Services Inc., è psicologo presso la Forensic Psychiatric Services Commission della British Columbia ed è professore a contratto di Psicologia presso la Simon Fraser University, Burnaby, BC.

Stephen D. Hart, PhD, è Professore di Psicologia e Direttore del Programma di studi su terrorismo, rischio e sicurezza della Simon Fraser University, Burnaby, BC, e Visiting Professor presso la Facoltà di Psicologia dell’Università di Bergen. La sua competenza si esercita nel campo della psicologia clinico­forense, con particolare attenzione alla valutazione del rischio di violenza e della personalità psicopatologica, temi sui quali ha sviluppato manuali d’intervento e linee guida, tra cui l’HCR-20V3 (edizione italiana: Hogrefe Editore, Firenze, 2019). Ha ricevuto vari riconoscimenti per il suo lavoro dall’American Academy of Forensic Psychology, dalla Society of Clinical Psychology, dall’American Psychology­Law Society e dall’American Academy of Forensic Psychology.

David R. Lyon è ricercatore presso la Simon Fraser University, Burnaby, BC.

Per l’edizione italiana

Georgia Zara, PhD, è Professore associato di Criminologia clinica e di Psicologia criminologica e risk assessment presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Torino e Visiting Scholar presso l’Institute of Criminology, University of Cambridge. È Vicepresidente dell’Ordine degli Psicologi del Piemonte. I suoi interessi scientifici e di ricerca riguardano la violenza sessuale, le carriere criminali, il risk assessment, l’intimate partner violence

Franco Freilone, PhD, psichiatra forense, è Professore associato di Psicopatologia clinica e forense e di Psicologia clinica forense e criminologia clinica presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Torino.

PREFAZIONE ALL’EDIZIONE ITALIANA. IL SAM NEL CONTESTO ITALIANO

“Mi dispiace”, incominciai a dire, ma lei mi interruppe. “Devo solo trovarla. Devo parlarle. Lei deve aver visto tutto. E deve essere scappata via. Sconvolta, fuori di sé. Chi può dirlo?” Ian McEwan, Enduring love1

Lo stalking 2 è una ricerca molesta, assillante, affannata, persistente, ossessiva di intimità e affettività, legata al tentativo di mantenere in vita una relazione o di cercare forzatamente di stabilirne una. I dettati imperativi che dominano gli agìti dello stalker sono quelli dell’imminente necessità di fare qualcosa che solo lo stalker deve e può fare: deve parlare alla vittima, deve trovarla, deve rassicurarla, altrimenti l’inevitabile tragedia accade e solo lui è in grado di prevenire tutto questo.

La persona offesa è in genere conosciuta dallo stalker, nella prevalenza dei casi si tratta di una donna, anche se non sono infrequenti situazioni che vedono come persone offese uomini stalkizzati.

Sebbene non sia stata completamente compresa, l’identificazione delle componenti psicologiche, cliniche, relazionali e socioculturali che sono alla base del comportamento persecutorio e assillante è fondamentale quando si cerca di valutare e gestire il rischio di stalking. Per aiutare a identificare i motivi e a valutare e gestire il rischio di stalking, uno degli strumenti sviluppati è lo Stalking Assessment and Management (SAM) di Randall Kropp, Stephen Hart e David Lyon.

Il SAM è uno strumento professionale strutturato che offre alla comunità scientifica e professionale un insieme di linee guida per la valutazione e la gestione dello stalking.

La struttura flessibile del SAM lo rende uno strumento che può essere utilizzato in modi e in contesti differenti. Inoltre, la sua funzionalità è facilitata dal fatto che promuove il lavoro di équipe, anzi rende il lavoro di confronto e integrazione un presupposto della valutazione e dell’intervento, e non il mero frutto della sua applicazione.

Il processo di valutazione multidimensionale del rischio con il SAM si svolge in sei fasi puntuali e sequenziali che accompagnano il lavoro di osservazione, la conoscenza e la comprensione iniziali del caso, il lavoro valutativo, il lavoro di gestione del rischio e il lavoro di monitoraggio.

1 Ian McEwan, Enduring love (1998): “‘I’m sorry’, I started to say, but she cut me off. ‘I simply have to find her. I have to talk to her. She must have seen the whole thing. Then she would have run off. Distressed, demented. Who knows?’” (pp. 116­117). L’edizione italiana, con traduzione di Susanna Basso, è pubblicata da Einaudi con il titolo Amore fatale (2016).

2 L’articolo 612-bis del 2009 inserisce nel codice penale italiano il reato di stalking, che in altri paesi (Austria, Belgio, Canada, Danimarca, Germania, Irlanda, Nuova Zelanda, Regno Unito, Stati Uniti) trovava già applicazione. Il decreto legge n. 11 del 23 febbraio 2009, recante “misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori”, è stato approvato sull’onda di una “straordinaria necessità ed urgenza di introdurre misure per assicurare una maggiore tutela della sicurezza della collettività”, e arriva alla definitiva conversione nella legge n. 38 del 23 aprile 2009.

La fase 1 consiste nel raccogliere e riassumere tutte le informazioni rilevanti sul caso.

La fase 2 consiste nel considerare la presenza o meno dei 30 fattori di rischio contemplati nel SAM sia al momento presente (durante l’episodio di stalking) che in passato (durante gli eventuali casi di stalking passati). Qualora il comportamento stalkizzante abbia visto coinvolte più persone offese, il SAM dovrà essere compilato per ognuna di esse.

I fattori di rischio sono suddivisi in tre domini. Il dominio Natura dello stalking comprende 10 fattori relativi al comportamento di stalking perpetrato. Il dominio Fattori di rischio dell’autore comprende 10 fattori relativi all’adattamento, al funzionamento psicosociale e al background dell’autore. Il dominio Fattori di vulnerabilità della vittima comprende 10 fattori di rischio relativi all’adattamento, al funzionamento psicosociale e al background della persona offesa. L’esperto può anche prendere in considerazione fattori di rischio rari, insoliti o specifici del caso. I fattori di rischio del SAM, così come si verifica per altri strumenti di valutazione professionale strutturata, sono misurati su una scala a tre livelli (presente, possibile o parzialmente presente, assente).

Nella fase 3, l’esperto indica la rilevanza dei fattori di rischio per la futura perpetrazione della violenza e la gestione del rischio di violenza. La rilevanza è codificata utilizzando la stessa scala a tre punti impiegata per valutare i fattori di rischio.

Nella fase 4 vengono identificati gli scenari più plausibili di stalking o violenza futuri relativi al caso in esame.

La fase 5 comprende la formulazione di strategie di gestione volte a mitigare i fattori di rischio e gli scenari identificati.

Nella fase 6, l’esperto formula una valutazione conclusiva sul rischio complessivo in base ai fattori di rischio identificati.

L’accuratezza valutativa del SAM dipende dalla qualità, dalla ricchezza e dalla completezza delle informazioni che si raccolgono direttamente dai colloqui con il perpetratore e da quelle presenti nella documentazione psicocriminologica, forense e clinica che si acquisisce. La collaborazione tra professionisti è sicuramente centrale ai fini di un’accurata valutazione.

Nell’approccio di valutazione professionale strutturata, così come indicato nel SAM, la formulazione comprende due compiti. Nel primo, l’esperto deve fornire un resoconto o una spiegazione del comportamento passato assillante, persecutorio, molesto e violento dell’autore di reato e spiegare perché, di conseguenza, potrebbe continuare a rappresentare in futuro un rischio di violenza. Nel secondo compito, l’esperto formula dei piani per mitigare il rischio. Il primo compito fa parte della fase 3 del SAM, in cui si identifica la rilevanza dei fattori di rischio. Il secondo compito è incluso in entrambe le fasi 4 e 5, in cui si formulano i piani di gestione.

Il presente manuale ha lo scopo di offrire al professionista che si occupa di stalking una guida strutturata e di accompagnamento alla sua expertise scientifica, clinica e professionale.

La letteratura scientifica ha molto ben evidenziato che il risk assessment è infatti quella pratica scientifica anticipatoria e preparatoria dell’intervento preventivo, riabilitativo, di sostegno, che non è sganciata dalla “trattabilità” della persona, ma ne permette la sua pianificazione (Zara, 2016).

Il risk assessment ha una lunga storia e la sua evoluzione metodologica e applicativa è testimoniata dalla ricca produttività scientifica che caratterizza questo ambito.

Lo stalking rientra in quell’ambito psicocriminologico e clinico­forense che merita attenzione, intervento, formazione, prevenzione. L’introduzione in Italia del SAM ha lo scopo di rendere tutto questo non solo conosciuto, ma soprattutto realizzabile per la tutela e la promozione del benessere delle persone e del loro bisogno di sicurezza relazionale e affettiva.

Georgia Zara Torino, dicembre 2022

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VALUTAZIONE E GESTIONE DEL RISCHIO DI STALKING

1.1. Natura del problema

Lo stalking può essere definito come una serie di comunicazioni, contatti, o altre condotte indesiderate e ripetute nel tempo, che deliberatamente o sconsideratamente provoca nelle persone sentimenti di paura e preoccupazione per la sicurezza propria o di chi le circonda (cfr. Kropp, Hart e Lyon, 2002; Kropp, Hart, Lyon e LePard, 2002). Questa definizione include sia comportamenti di stalking manifesto, sia tentativi o intenzioni di metterlo in atto.

All’interno di questo manuale faremo riferimento, con il termine autore1, a coloro che sono noti (in quanto già condannati), sospettati o accusati di essere responsabili di stalking. Lo stalker coinvolto in comportamenti di stalking, o che recluta complici al fine di essere affiancato, è definito autore primario. Il ricorso a complici nello stalking è definito stalking da parte di mandatari e i complici sono definiti autori mandatari. In rari casi, molteplici autori primari possono essere parimenti responsabili dello stalking.

Allo stesso modo, ci riferiremo a quelle persone che sperimentano paura e preoccupazione a causa dello stalking con il termine di vittima2. L’individuo bersaglio dello stalking è detto vittima primaria. Individui come amici, conoscenti, o familiari, che sono vittime indirette di stalking a causa della loro relazione o vicinanza con la vittima primaria, costituiscono le vittime secondarie. In casi rari, possono esservi vittime primarie multiple o addirittura un gruppo di vittime (si parla, in questo caso, di vittime collettive), cioè un insieme di persone che diventa bersaglio in funzione dell’appartenenza a una particolare organizzazione.

Lo stalking differisce da varie altre forme di violenza in tre modi (Kropp, Hart et al., 2002). In primo luogo, esso è mirato, cioè specificamente diretto verso individui familiari o conosciuti dallo stalker (ad es., Fein, Vossekuil e Holden, 1995). Molto più che in ogni altra forma di violenza,

1 In questo manuale i termini autore e vittima sono declinati secondo il proprio genere grammaticale, senza che questo implichi, ovviamente, che la persona responsabile di stalking sia sempre e soltanto un uomo e la vittima sempre e soltanto una donna. Non viene quindi trascurata la componente femminile dello stalking: se ne trova un riferimento nella presentazione di un caso italiano di donna stalker (appendice B) (NdT).

2 Per quanto l’espressione persona offesa possa essere preferibile nel linguaggio psicocriminologico e in ambito giuridico, in questa trattazione si è ritenuto più opportuno l’uso del termine vittima, in primo luogo per ragioni di economia testuale e di stile, in secondo luogo per poter mantenere invariati i codici di identificazione degli item e garantire un’aderenza al testo originale (NdT).

lo stalking è fortemente legato a una particolare persona, confinato all’interno della relazione (anche solo immaginata) tra stalker e vittima. In effetti, da un certo punto di vista, la relazione stessa è la violenza: l’autore di stalking cerca di stabilire o mantenere la relazione – amorosa o di rabbia – contro il volere della vittima. In secondo luogo, lo stalking può comprendere azioni minacciose in maniera implicita o indiretta. Le vittime possono percepire come minacciose determinate condotte unicamente a causa del contesto in cui esse si verificano, ad esempio a causa del precedente comportamento del perpetratore verso la vittima. Infine, lo stalking può persistere per diversi anni, anche decenni. Al contrario, la maggior parte delle altre forme di violenza si manifesta sotto forma di episodi singoli e isolati.

1.2. La necessità di una valutazione del rischio

Studi condotti in diversi Paesi – compresi Australia (Purcell, Pathé e Mullen, 2002), Canada (Canadian Centre for Justice Statistics, 2005), Germania (Dressing, Kuehner e Gass, 2005), Regno Unito (Budd e Mattinson, 2000) e Stati Uniti (Basile, Swahn, Chen e Saltzman, 2006; Tjaden e Thoenness, 1998) – indicano come lo stalking sia una forma comune di violenza. In Canada, ad esempio, una recente indagine sulla vittimizzazione ha riscontrato che il 9% della popolazione con un’età pari o superiore a 15 anni ha affermato di essere stata stalkizzata nei 5 anni precedenti alla rilevazione, e che ciò ha causato paura per la propria incolumità e per quella dei propri conoscenti (Canadian Centre for Justice Statistics, 2005). Le modalità di stalking riportate dalle vittime sono state di diversa natura. Spesso gli autori erano i partner ufficiali delle vittime, in altri casi membri della famiglia, conoscenti (ad es., amici o colleghi di lavoro) o addirittura sconosciuti.

Un’indagine condotta a livello europeo dall’Agenzia europea per i diritti fondamentali (European Union Agency for Fundamental Rights, 2014) conferma che lo stalking è una forma di violenza piuttosto diffusa, soprattutto nei confronti delle donne. La panoramica dei risultati evidenzia come, tra le donne intervistate, il 18% abbia dichiarato di aver subìto comportamenti persecutori dopo aver compiuto i 15 anni di età e il 5% abbia affermato di aver subìto comportamenti persecutori nei 12 mesi precedenti l’intervista. Tale dato conduce a una stima di circa 9 milioni di donne, all’interno dell’Unione Europea, che siano state vittime di stalking per un periodo di 12 mesi.

Rispetto al contesto italiano3, il rapporto Eurispes (2022) rileva che il 7.4% del campione intervistato ha dichiarato di essere stato vittima di stalking. Dal confronto con i dati del 2021, emerge che il fenomeno dello stalking è in diminuzione dell’1.9%, mentre l’anno precedente (2021) era cresciuto dell’1.4% rispetto al 2020. Il fenomeno appare manifestare un andamento fluttuante, con periodi di crescita e periodi di rallentamento. Il dato più alto nella serie storica si è registrato nel 2019, quando il 13.8% degli intervistati ha dichiarato di essere stato vittima di stalking; ad oggi, invece, il fenomeno risulta in calo del 6.4%.

3 L’Italia ha introdotto il reato di “atti persecutori” con il d.l. n. 11/2009 (convertito in legge n. 38/2009). Tale reato è disciplinato nell’art. 612-bis c.p., il quale punisce “chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”. È da menzionare, inoltre, la recente legge 69/2019 (“Modifiche al Codice penale, al Codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”). In particolare, rispetto al reato di stalking, sono stati inaspriti i limiti minimo e massimo previsti per le sanzioni; inoltre, è prevista per l’autore la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, nonché per il giudice la possibilità di verificare il rispetto di tale misura mediante l’utilizzo di strumenti elettronici. Si rimanda al testo della legge per tutti i dettagli tecnico-normativi (NdT).

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In particolare, nel 2022 il dato sulle donne vittime di stalking è in diminuzione (9.8%, contro il 14% del 2021); la percentuale degli uomini vittime, invece, è in crescita (5%, rispetto al 4.5% del 2021). Nel biennio 2021­2022 si può osservare come la reazione delle vittime allo stalking si sia mantenuta pressoché invariata, con meno del 20% delle vittime che ha scelto di denunciare il proprio stalker. Non è improbabile che l’emergenza sanitaria COVID-19 abbia contribuito a questa fluttuazione, così come emerge anche da una rilevazione ISTAT (2021) e da diversi studi internazionali (Bracewell, Hargreaves e Stanley, 2022; Short et al., 2022).

Oltre ad essere molto frequente, lo stalking può avere conseguenze significative, anche a lungo termine, sulla vita delle vittime, provocando gravi danni fisici e psicologici. Ricerche sulle vittime di stalking indicano che molte sperimentano paura o angoscia, che possono evolvere in problematiche psichiatriche a lungo termine (Dressing et al., 2005; Pathé e Mullen, 1997; Purcell, Pathé e Mullen, 2005). Molte vittime fanno fronte alla situazione ricercando servizi di supporto informali o formali, oppure modificando le proprie abitudini e attività quotidiane (Canadian Centre for Justice Statistics, 2005). La violenza fisica che si verifica in concomitanza con lo stalking può portare a ferite che richiedono l’attenzione medica, e alcune volte essa può sfociare in lesioni fatali o che mettono a repentaglio la vita della persona (Canadian Centre for Justice Statistics, 2005). La portata, la diversità e la gravità dei casi di stalking rendono difficile per la polizia e per le forze dell’ordine determinare chi necessiti maggiormente del sostegno e della tutela dei servizi territoriali e di salute mentale e quali tra questi siano prioritari. Quali autori sono più inclini a continuare a stalkizzare le proprie vittime?

Chi aggraverà il proprio comportamento passando da comunicazioni indesiderate ad aggressioni, o da aggressioni a condotte che mettono a repentaglio la vita? Chi può essere preso in carico in sicurezza all’interno della comunità? Per quali autori è appropriato un programma di trattamento particolare?

Per quali vittime dovrebbe essere consigliato necessario mettere in atto misure di tutela come la ricerca di peace bonds4, oppure facilitare il reperimento di allarmi e/o strumenti elettronici di sicurezza, o addirittura rendere sostenibile il cambio di residenza?

Uno degli approcci per rispondere a quesiti di tale portata è la valutazione del rischio. La valutazione del rischio è alla base di una gestione efficace dei casi all’interno dei contesti detentivi e di salute mentale (Andrews e Bonta, 2006; Hodgins e Müller-Isberner, 2000). La valutazione del rischio di stalking può essere definita come un processo di raccolta di informazioni sugli individui, al fine di prendere decisioni riguardanti il loro rischio di essere coinvolti in comportamenti di stalking (Kropp et al., 2002; Kropp, Hart et al., 2002; per approfondimenti sulla valutazione del rischio di altre forme di violenza si vedano Hart, 2001; Hart et al., 2003; Kropp, Hart e Belfrage, 2005; Kropp, Hart, Webster e Eaves, 1995, 1999; Webster, Douglas, Eaves e Hart, 1997). La principale decisione da prendere è di tipo preventivo, ovvero determinare quali passaggi dovrebbero essere compiuti per ridurre il rischio posto in essere da un individuo. La decisione non è una mera predizione del fatto che la persona ricadrà nel reato o meno; tale predizione è priva di significato in assenza di una più ampia analisi dei fattori di rischio (ad es., la natura, l’imminenza, la gravità e la frequenza dei comportamenti di stalking che il perpetratore può mettere in atto) e delle condizioni di vita dell’autore. Inoltre, il concetto di rischio è contestuale. Ad esempio, il rischio legato allo stalking dipende da dove gli autori andranno

4 I peace bonds, letteralmente “confini di pace”, sono istituti tipici della legge canadese, emessi dalla corte penale nei casi in cui si valuti la probabilità che un individuo possa commettere un nuovo reato nei confronti di un familiare (ad es., moglie/compagna/partner, figli, ecc.). La corte stabilisce delle prescrizioni che richiedono il mantenimento di buona condotta, il non avvicinamento ad una determinata persona o luogo, il divieto di possesso di qualsiasi arma e altre indicazioni che possono venire specificatamente definite in relazione al caso e alla valutazione del rischio. Una corrispondenza con il sistema italiano può essere vista anche con il provvedimento di ammonimento del questore (cfr. l’art. 8, d.l. n. 11/2009, “Decreto sicurezza: misure di contrasto alla violenza sessuale e stalking”) (NdT).

3 1. VALUTAZIONE E GESTIONE DEL RISCHIO DI STALKING

a risiedere, da quali servizi trattamentali riceveranno, dalla capacità e dalla motivazione a raggiungere un buon adattamento prosociale, dalle loro esperienze di vita negative, e così via. È importante sottolineare che la valutazione del rischio di stalking non implica una visione deterministica del comportamento umano.

La valutazione del rischio è definita come quella pratica scientifica anticipatoria e preparatoria dell’intervento preventivo, riabilitativo, trattamentale, di sostegno, che non è sganciata dalla domanda circa la «trattabilità» della persona antisociale e violenta. La valutazione del rischio, così come la diagnosi, è in grado di indicare se e come quell’individuo è più probabile che si comporti e reagisca, e cosa si può fare al riguardo; ha pertanto una funzione preventiva e una funzione di guida e di orientamento dell’intervento (Zara, 2016, p. 53).

Il focus della valutazione dovrebbe essere posto sulla capacità decisionale da parte dell’individuo rispetto allo stalking, ovvero cosa stia cercando di ottenere usando violenza in una data situazione. Il compito dei professionisti è ipotizzare come e perché egli abbia scelto di commettere stalking in passato o, in altri termini, di determinare se diversi fattori (ad es., attitudini verso le donne, problematiche relazionali, disturbi mentali) abbiano influenzato le sue scelte sullo stalking o possano influenzare le sue decisioni in futuro. La necessità di una valutazione del rischio di stalking è indubbia (Dressing, Kuehner e Gass, 2006; Mullen et al., 2006). La domanda tuttora aperta è: come valutare il rischio nel modo più accurato e rigoroso possibile?

1.3. Approcci alla

valutazione

del rischio

I professionisti della salute mentale ricorrono a due approcci fondamentali per la valutazione del rischio di violenza: il giudizio professionale e gli strumenti attuariali (ad es., Menzies, Webster e Hart, 1995; Monahan, 1995). Entrambi gli approcci fanno riferimento a come le informazioni vengano pesate e combinate per raggiungere la decisione finale, a prescindere da quali siano prese in considerazione e da come esse siano state raccolte (Meehl, 1996). L’elemento distintivo delle procedure di giudizio professionale è la discrezionalità del professionista nel suo processo decisionale, anche rispetto alle modalità con cui le informazioni vengono raccolte, nonché rispetto a quali di queste siano da considerare.

Non sorprende che il giudizio clinico non strutturato sia stato descritto come “informale, soggettivo ed impressionistico” (Grove e Meehl, 1996, p. 293). Al contrario, l’approccio attuariale, basato sulle informazioni disponibili per i professionisti, consente loro di prendere una decisione sulla base di elementi stabiliti e statici (Meehl, 1996). Generalmente accade che le decisioni basate sul giudizio attuariale siano fondate su una specifica valutazione di dati, selezionati per aver dimostrato empiricamente di essere associati alla violenza e codificati in maniera predeterminata. L’approccio attuariale è stato anche definito “meccanico” e “algoritmico” (Grove e Meehl, 1996, p. 293).

1.4. Procedure di giudizio professionale

Il giudizio professionale comprende tre diverse procedure. La prima è il giudizio professionale non strutturato. Esso costituisce un processo decisionale privo di struttura, che può essere descritto come “intuitivo” o “esperienziale”. Storicamente, si è trattato del procedimento maggiormente utilizzato per la valutazione del rischio di violenza ed è infatti estremamente noto tra i professionisti della salute mentale, così come nei tribunali. Esso ha il vantaggio di essere fortemente adattabile ed efficiente; è possibile ricorrere all’intuizione in ogni contesto, con minimi costi in termini di tempo e di altre risorse. È inoltre centrato sulla persona, focalizzato sugli aspetti peculiari del caso specifico, e in tal modo può essere di grande aiuto nella

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pianificazione di interventi volti a gestire il rischio di violenza. La principale criticità di questo approccio è che vi sono scarse evidenze empiriche rispetto al fatto che le decisioni intuitive siano coerenti tra i professionisti o che siano utili a prevenire la violenza. In più, le decisioni intuitive sono inconfutabili; è difficile anche per chi le ha prese spiegare come esse siano state raggiunte. Ciò significa che la credibilità delle decisioni è spesso rimessa al carisma e all’autorevolezza del professionista – ovvero alla credibilità della persona che ha preso la decisione. Infine, le decisioni intuitive tendono a essere generalizzate a diversi ambiti, così che diventano affermazioni sulle caratteristiche disposizionali dell’individuo (“Il Sig. X è una persona molto pericolosa”), piuttosto che una serie di ipotesi su cosa la persona potrebbe fare in futuro, assumendo diverse condizioni di rimessa in libertà.

La seconda procedura di giudizio professionale è talvolta conosciuta come valutazione del rischio anamnestico (ad es., Melton, Petrila, Poythress e Slobogin, 2007; Otto, 2000). Questa procedura impone un limitato grado di strutturazione alla valutazione, e il professionista deve unicamente identificare i fattori disposizionali e situazionali con esiti di violenza in passato. L’assunto di base è che una serie di eventi e circostanze, una sorta di catena di comportamenti, abbia condotto la persona all’agìto violento. Il compito del professionista è quindi di comprendere i collegamenti all’interno di questa catena di eventi e lavorare per promuovere la rottura di tale catena. (Da questo punto di vista, la valutazione anamnestica ha molto in comune con la prevenzione della recidiva o con approcci volti alla riduzione del danno nel trattamento degli autori di reato violenti).

Non ci sono, tuttavia, evidenze empiriche a supporto della significatività o dell’utilità della valutazione del rischio anamnestico. La valutazione del rischio anamnestico sembra inoltre suggerire che la storia si ripeta – che le persone violente siano statiche nel tempo, e che quindi le uniche azioni che sono a rischio di commettere in futuro siano quelle che hanno già messo in atto in passato. Nulla di più falso, ovviamente; ci sono numerose “traiettorie” di violenza diverse. Alcuni individui, autori di reato e detenuti, possono aggravare la propria condotta in termini di frequenza o gravità della violenza nel tempo, alcuni cambiano tipologia di violenza, altri ne riducono gli episodi, o addirittura desistono.

La terza procedura è il giudizio professionale strutturato (SPJ – structured professional judgment). In questo caso il processo di decisione è sostenuto da linee guida sviluppate in base allo “stato dell’arte” della conoscenza scientifica e della pratica professionale (Borum, 1996). Queste linee guida – a volte dette linee guida cliniche, linee guida di consenso, o parametri clinici pratici – sono piuttosto comuni in medicina, ma sono meno frequentemente utilizzate nella valutazione psichiatrica e psicologica (Kapp e Mossman, 1996). Le linee guida provano a definire il rischio da prendere in considerazione; discutono delle qualifiche necessarie per condurre una valutazione; raccomandano quali informazioni dovrebbero essere prese in carico come parte della valutazione e come raccoglierle; identificano un insieme di fattori di rischio di base che, secondo la letteratura scientifica e professionale, andrebbero considerati in una valutazione ragionevolmente completa. Le linee guida professionali strutturate aiutano a migliorare la coerenza e l’utilità delle decisioni e migliorano certamente la trasparenza del processo decisionale. Possono, tuttavia, richiedere tempo e/o risorse per essere sviluppate e implementate. Inoltre, alcuni professionisti non approvano questa “terra di mezzo” o approccio­compromesso, sia per la mancanza di libertà decisionale intuitiva sia per la mancanza di “oggettività”, tipica invece delle procedure attuariali.

1.5. Procedure attuariali

Esistono almeno due tipologie di procedure decisionali attuariali. La prima consiste nell’utilizzo attuariale di test psicologici. Classicamente, i test psicologici sono volti a misurare una disposizione personale, vale a dire tentano di quantificare la posizione dell’individuo in un

5 1. VALUTAZIONE E GESTIONE DEL RISCHIO DI STALKING

determinato tratto. La ricerca mostra che alcune disposizioni – come la psicopatia (Hart, 1998), un disturbo mentale maggiore (Hodgins, 1992) e l’impulsività (Barrat, 1994; Webster e Jackson, 1997) – sono associate al rischio di violenza in maniera significativa. Sulla base dei risultati della ricerca scientifica, è possibile identificare un punteggio soglia al test che massimizza alcuni aspetti dell’accuratezza predittiva. Questa procedura ha numerosi punti di forza, i più importanti dei quali sono la trasparenza, la coerenza dimostrata e l’utilità delle decisioni prese utilizzando i test. Il principale problema è che la scelta dei test psicologici da utilizzare richiede una considerevole discrezionalità; i professionisti della salute mentale devono decidere quali test sono appropriati in un dato caso ed è richiesto loro un giudizio durante il computo dei punteggi e l’interpretazione dei risultati. Un ulteriore problema è che fare affidamento su un unico test non costituisce una valutazione completa e fornirà solo informazioni limitate da utilizzare nello sviluppo di strategie e tattiche gestionali.

Più in generale, l’uso attuariale di test psicologici indirizza gli sforzi dei professionisti verso la predizione della violenza, piuttosto che verso la prevenzione della stessa.

Il secondo tipo di procedura consiste nell’uso di strumenti attuariali della valutazione del rischio. Contrariamente ai test psicologici, gli strumenti attuariali sono costruiti non per misurare qualcosa, ma solamente per predire il comportamento futuro. Tipicamente, godono di buona affidabilità, e sono ottimizzati per predire uno specifico risultato all’interno di una popolazione specifica in un determinato periodo di tempo. Gli item nella scala sono selezionati sia razionalmente (sulla base di teoria o esperienza) sia empiricamente (sulla base della loro associazione con il risultato ottenuto in fase di costruzione del test). Gli item vengono pesati e combinati secondo alcuni algoritmi per raggiungere una decisione. Nella valutazione del rischio di violenza, l’outcome che condiziona il giudizio generalmente consiste nella probabilità stimata della violenza futura (ad es., nuova incarcerazione per un crimine contro persone) entro un dato periodo di tempo.

Gli strumenti attuariali condividono con i test psicologici il vantaggio di essere trasparenti e di fornire supporto empirico diretto, ma condividono anche i punti di debolezza, compresi la discrezionalità nella selezione del test e nell’interpretazione dei risultati, e i limiti che i risultati del test hanno nell’essere utilizzati per i piani di intervento. Vi sono ulteriori problemi con gli strumenti attuariali che stimano la probabilità “assoluta” di recidivismo. Uno di questi è che richiedono un’enorme quantità di tempo e sforzi per essere costruiti e validati. Nei casi in cui il lasso di tempo sottoposto a valutazione sia lungo, la validazione incrociata tra professionisti può richiedere decenni. Inoltre, durante la costruzione dei test attuariali si arriva a un compromesso di bilanciamento tra la precisione della stima dei tassi di recidivismo e la generalizzabilità: le stesse procedure statistiche che ottimizzano l’accuratezza predittiva in un setting diminuiranno l’accuratezza del test in altri. Infine, è facile dare grande peso alle informazioni concernenti la stima di probabilità del recidivismo fornite dai test attuariali. Molti test attuariali sul rischio di violenza restituiscono stime di probabilità molto precise, fino a due o tre cifre decimali, ma non forniscono le informazioni necessarie per comprendere l’errore inerente a tali stime (Hart, Michie e Cooke, 2008).

Se si considera il fatto che molte stime derivano dall’analisi di campioni relativamente piccoli e non sono state validate tramite campioni indipendenti, diviene evidente che i risultati dei test attuariali sono solo apparentemente precisi.

È importante per ogni professionista che utilizzi gli strumenti attuariali capire e spiegare agli altri i limiti delle stime di probabilità “assoluta” del recidivismo.

1.6. Come valutare il rischio di stalking

Attualmente, le valutazioni del rischio di stalking sono condotte utilizzando giudizi professionali non strutturati o approcci anamnestici, in larga parte per mancanza di alternative. Rispetto

SAM 6

ad altri approcci di giudizio professionale, nessuno ha sviluppato linee guida SPJ, ovvero professionali strutturate, quindi formali per la valutazione del rischio di stalking. Rispetto agli approcci attuariali, non sono stati sviluppati strumenti attuariali di valutazione del rischio specifici per lo stalking. Inoltre, non ci sono studi che attestino l’esistenza di test psicologici o strumenti attuariali di valutazione del rischio che siano utili per lo stalking.

A nostro parere, il miglior modo per valutare il rischio di stalking è lo sviluppo di linee guida SPJ. In primo luogo, perché sviluppare approcci attuariali non è semplice al momento, dato che la letteratura scientifica non fornisce basi sufficienti per lo sviluppo di strumenti attuariali per la valutazione del rischio, vista la complessità del comportamento di stalking.

In secondo luogo, nonostante quanto detto, è al momento possibile sviluppare linee guida SPJ. La letteratura scientifica riguardante lo stalking, sebbene limitata sotto molti punti di vista, comprende numerose informazioni rilevanti su valutazione e gestione del rischio (ad es., Dressing et al., 2006; Rosenfeld, 2003; Rosenfeld e Lewis, 2005). Inoltre, la letteratura professionale contiene alcuni eccellenti dibattiti e suggerimenti rispetto alla valutazione del rischio di stalking (ad es., Fein et al., 1995; Calhoun e Weston, 2003; Meloy, 1998; Meloy, Davis e Lovette, 2001; Turner e Gelles, 2003). Il più sistematico ed esaustivo insieme di indicazioni è forse contenuto nello Stalking Risk Profile, approccio sviluppato da Mullen e colleghi (2006). Le loro prescrizioni si focalizzano su cinque domini di fattori: la relazione tra stalker e vittima, il tipo di motivazione che ha condotto allo stalking, il profilo di rischio dello stalker, il profilo di rischio della vittima e il contesto legale e di salute mentale collegati allo stalking.

In terzo luogo, le linee guida SPJ sono più utili, nella pratica, rispetto agli approcci attuariali, perché guidano in modo diretto l’intervento da parte dei professionisti sanitari in diversi setting. Al contrario, il principale uso degli approcci attuariali è volto alla determinazione del livello o dell’intensità dell’intervento necessario, piuttosto che della natura o della tipologia di intervento.

Da ultimo, le linee guida SPJ sono più adatte per le valutazioni del rischio in ambito legale rispetto agli approcci attuariali.

I principi di natura giuridica richiedono che le decisioni concernenti la vita, la libertà e la sicurezza dei cittadini non debbano essere arbitrarie o discriminatorie; la logica sottostante deve essere chiara, ragionata e ragionevole. L’utilizzo delle linee guida SPJ aumenta la trasparenza e la coerenza delle decisioni da una parte, ma dall’altra permette ai professionisti di considerare l’unicità e la totalità delle circostanze del caso specifico. Ad esempio, la Corte suprema del Canada, relativamente ad un ampio ventaglio di casi legati a violenza e rischio di violenza nel corso di molti decenni, ha fortemente sostenuto che l’applicazione di discrezionalità da parte del sistema penale (ad es., polizia e polizia penitenziaria, pubblici ministeri e giudici, il tribunale del riesame, la commissione per la libertà vigilata, il tribunale di sorveglianza) e dei professionisti della salute mentale (ad es., psichiatri e psicologi) è tanto necessaria quanto appropriata (ad es., R. v. Johnson, 2003; R. v. Lyons, 1987; Smith v. Jones, 1999).

7 1. VALUTAZIONE E GESTIONE DEL RISCHIO DI STALKING

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