Laurent Mottron
L’intervento precoce per i bambini autistici in età prescolare
Nuovi principi per sostenere un’intelligenza diversa
Prefazione di Giovanni Valeri
Postfazione di Marco Armellini
Scienza e pratiche cliniche per l’autismo
Scienza e pratiche cliniche per l’autiSmo
2. L’intervento precoce per i bambini autistici in età prescolare. Nuovi principi per sostenere un’intelligenza diversa
Laurent MottronL’intervento precoce per i bambini autistici in età prescolare
nuovi principi per sostenere un’intelligenza diversa
prefazione di Giovanni Valeri postfazione di marco armellini
Scienza e pratiche cliniche per l’autiSmo
2. L’intervento precoce per i bambini autistici in età prescolare. Nuovi principi per sostenere un’intelligenza diversa laurent mottron
iSBn: 978-88-98542-90-1
originariamente pubblicato in francese con il titolo: L’intervention précoce pour enfants autistes.
Nouveaux principes pour soutenir une autre intelligence, di laurent mottron
© 2016, Éditions mardaga, Bruxelles
© 2023, hogrefe editore
Viale antonio Gramsci 42, 50132 Firenze www.hogrefe.it
traduzione dal francese: marco armellini
coordinamento editoriale: Jacopo tarantino
redazione: alessandra Galeotti
impaginazione e copertina: Stefania laudisa
tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione dell’opera o di parti di essa con qualsiasi mezzo, compresa stampa, copia fotostatica, microfilm e memorizzazione elettronica, se non espressamente autorizzata dall’editore.
L’autore
Laurent MottronPsichiatra, PhD in Psicolinguistica, è Professore presso il Dipartimento di Psichiatria e Dipendenze della Facoltà di Medicina dell’Università di Montréal, dove è titolare della cattedra di ricerca Marcel and Rolande Gosselin in Neuroscienze cognitive dello spettro autistico. Ricercatore-clinico specializzato negli aspetti cognitivi dell’autismo, è stato tra i primi a evidenziare le atipie nell’elaborazione visiva autistica e a catalogare i punti di forza autistici. Il suo lavoro sul funzionamento percettivo e intellettivo nell’autismo ha avuto un impatto globale sulla ricerca, la comprensione teorica e l’intervento per questa condizione. Ha contribuito, attraverso l’insegnamento accademico e l’attività clinica, l’integrazione di adulti autistici nel suo gruppo di ricerca, pubblicazioni scientifiche e apparizioni sui media, a ridurre la discriminazione nei confronti degli adulti autistici e spinto affinché gli interventi tengano conto dei punti di forza autistici. Il suo lavoro più recente riguarda lo sviluppo di modelli esplicativi dell’eterogeneità e dei fenotipi autistici, lo sviluppo di un modello d’intervento precoce basato sui punti di forza dei bambini autistici e l’impatto dei metodi diagnostici dell’autismo sulla nostra capacità di ottenere risultati di ricerca.
Dirige il Réseau pour Transformer les Soins en Autisme, centro di ricerca con sede in Québec, e nel 2019 ha ricevuto l’Heinz Lehman Award, AMPQ, dell’Associazione di psichiatria del Québec, per il suo contribuito al progresso della conoscenza e della pratica in psichiatria.
Ringraziamenti
Michelle Dawson rimane la persona cui questo lavoro deve di più, sia in termini di contenuto che di intento, nonostante possibili disaccordi da parte sua su come ho utilizzato le sue idee e un aperto disaccordo sull’utilità di scrivere libri. Un ringraziamento speciale va al gruppo di Montréal (A. Bertone, J. Burack, C. Caron, M. Dawson, B. Forgeot d’Arc, C. Jacques, I. Soulières, G. Soulières, G. Thermidor) e agli studenti che vi hanno collaborato, ad Alexis Beauchamp-Chatel, agli enti finanziatori (Canadian Institutes of Health Research, Fonds de recherche en santé du Québec, Fondation de l’hôpital Rivière-des-Prairies, Chaire Marcel et Rolande Gosselin en Sciences cognitives de l’autisme de l’Université de Montréal), alla direzione dell’ospedale Rivière-des-Prairies (Lynn Grégoire, Jean-Pierre Duplantie, Michel Lapointe, Carole Martin), alla direzione dell’ICSUSS North (Pierre Gfeller, Marie-France Simard), ad Emmanuel Stip, Direttore del Dipartimento di Psichiatria dell’Università di Montréal, e ai revisori del manoscritto (Colette Quesnel, Helli Raptis, Christiane Belleville).
A Sylvie Belleville, ai miei figli e a mia madre. Prefazione
Giovanni Valeri“Prima che si possano produrre dei dati, sono necessarie delle idee”, così scrive Laurent Mottron nell’introduzione del libro che vi apprestate a leggere. “Il libro offre questo: idee per i genitori, gli scienziati e i politici, con l’aspettativa che vengano trasformate in esperienze e, quindi, in dati”.
Mottron è un clinico e un ricercatore specializzato nelle neuroscienze cognitive dell’autismo. Nato nel 1952 in Francia, dove studia psichiatria ed ottiene un dottorato di ricerca in psicolinguistica, vive dal 1990 in Québec dove è professore nel Dipartimento di Psichiatria dell’Università di Montréal. È anche direttore di un laboratorio di ricerca in neuroscienze cognitive dello spettro autistico, in cui da oltre quindici anni collaborano ricercatori autistici (Mottron, 2011). La sua duplice competenza, nel campo clinico e in quello della ricerca nelle neuroscienze cognitive, traspare da questo denso libro, che propone di “rifondare” la nostra comprensione clinica dell’autismo, a partire dalla semeiotica, passando per l’analisi critica degli studi sull’efficacia delle terapie per l’autismo, fino a giungere a proposte di politica sanitaria particolarmente interessanti.
Nell’introduzione, Mottron immagina di essere il genitore di un bambino di 2 anni che ha appena ricevuto la diagnosi di disturbo dello spettro autistico e cerca di orientarsi nella vasta e confusa quantità di informazioni disponibili, per capire quale percorso terapeutico ed educativo intraprendere. Prende così avvio la pars destruens dell’opera, in cui nei primi tre capitoli sono analizzati, criticamente e con rigore scientifico, l’attuale semeiotica clinica dell’autismo e i modelli terapeutici più adottati, evidenziando gli studi e le relative prove di efficacia che dovrebbero consentire l’individuazione di interventi terapeutici scientificamente ed eticamente fondati.
Per quanto riguarda la rifondazione della semeiotica, Mottron ci offre spunti importanti, in primo luogo riconfigurando i “comportamenti ed interessi ripetitivi e ristretti”, la seconda area dei criteri diagnostici nel DSM-5 e nell’ICD-11. Vengono innanzitutto distinti i comportamenti ripetitivi connessi alla ridotta accessibilità di informazioni o associati ad emozioni, dai comportamenti che rappresentano l’equivalente delle condotte esploratorie dei bambini a sviluppo tipico, come i “comportamenti di esplorazione visiva atipici”. L’autore fornisce quindi spunti interessanti per rifondare anche la semeiotica della prima area dei criteri diagnostici, quella relativa ai comportamenti “sociali”, distinguendo gli indici espliciti di socializzazione, utili per la diagnosi, dalle competenze sociali effettive. La rifondazione della semiotica prosegue con la revisione delle conoscenze sulle traiettorie di sviluppo nell’autismo, a partire da quella relativa al linguaggio orale, acquisito spontaneamente da una rilevante quota di bambini autistici (prototipici) dopo una fase non verbale fino ai 4-5 anni, e caratterizzata frequentemente da una sequenza d’acquisizione inversa tra linguaggio orale e scritto.
Queste osservazioni sono di grande interesse, anche per una teoria generale del linguaggio, e hanno stimolato ricerche che hanno evidenziato come l’acquisizione spontanea del linguaggio, nell’autismo prototipico, sembri non avvenire principalmente tramite l’interazione sociale, ma attraverso la possibilità di una sistematica elaborazione di informazioni complesse (Mottron, Ostrolenk e Gagnon, 2021).
A conclusione di questa parte dedicata alla rifondazione della nostra comprensione clinica dell’autismo in età prescolare, Mottron introduce una delle sue principali ipotesi teoriche, con significative ricadute su un piano clinico: la distinzione tra autismo prototipico e autismo sindromico, indispensabile a suo avviso anche per riorientare la ricerca, i cui dati spesso contraddittori sono messi in rapporto, almeno in parte, con l’eccessiva eterogeneità dei quadri clinici che designiamo con la generica diagnosi di “disturbo dello spettro autistico”. L’autismo prototipico si caratterizza per non essere associato alla disabilità intellettiva in misura maggiore di quanto si evidenzi nello sviluppo neurotipico e da un iperfunzionamento percettivo con expertise in domini specifici. La distinzione tra i due fenotipi autistici riguarda anche aspetti genetici e morfologici: nell’autismo prototipico la presenza di CNV (copy number variation) e di dismorfismi (eccetto la possibile macrocrania) è rara, mentre nell’autismo sindromico troviamo frequenti alterazioni genetiche, come le CNV, dismorfismi facciali e possibile microcefalia (Mottron, 2021).
Tale distinzione ci consente di apprezzare anche la competenza in neuroscienza dello sviluppo dell’autore e la complessità del suo pensiero, che si delineano nel confronto tra due concezioni dell’autismo: quella “deficitaria” e quella dell’autismo come “variante umana”, prospettando un auspicabile cambio di
paradigma epistemologico, connesso con il concetto di “neurodiversità” (BaronCohen, 2017; Pellicano e den Houting, 2022).
La pars destruens prosegue con la critica dei modelli di intervento comportamentale intensivo precoce (ICIP), comprendenti sia i modelli che si basano sull’ABA, “strutturato o classico” (come l’Early Intensive Behavioral Intervention [EIBI], ispirato dal lavoro di Lovaas), sia i modelli di intervento comportamentale evolutivo naturalistico (ICEN), come l’Early Start Denver Model (ESDM), basati sull’integrazione di strategie terapeutiche comportamentali e di tipo evolutivo (Schreibman et al., 2015).
La prima critica è rivolta all’anacronismo dell’utilizzo di “marchi registrati”, ovvero di brand, in luogo della definizione degli interventi sulla base degli “ingredienti terapeutici attivi”, come avviene negli studi metodologicamente rigorosi sull’efficacia delle terapie, sia farmacologiche sia psicosociali. L’analogia tra “marchi registrati” di modelli terapeutici e “marchi commerciali” appare meno paradossale se si considera il costo di un intervento intensivo: il metodo Lovaas per esempio “è una marca che genera un guadagno di circa 60.000 dollari annui per bambino”.
La critica agli interventi precoci intensivi prosegue con l’analisi dei presupposti, ovvero gli assunti teorici su cui si fonda l’intervento (ad es., “l’autismo è una malattia”), degli obiettivi, definiti in base agli ambiti del comportamento e delle competenze cui l’intervento si rivolge, e dei principi tecnici, ovvero le strategie e i mezzi utilizzati. Mottron sottolinea come non siano supportati da evidenze scientificamente fondate e siano privi di un’effettiva considerazione in termine di outcome sulla qualità della vita nel lungo termine.
Una prima conseguenza di valore etico della scelta di tali presupposti (“l’autismo è una malattia”, e non una “variante umana”) è la non applicazione ai bambini autistici dei principi sanciti dalle Convenzioni sui diritti umani e in particolare dalla Convezione internazionale dei diritti dell’infanzia, che sono alla base dell’educazione dei bambini tipici, soprattutto il diritto a ricevere l’educazione in un contesto scolastico normale. Questa affermazione dell’autore va ovviamente contestualizzata, in particolare per quanto riguarda l’Italia che, come si dovrebbe ricordare più spesso, è l’unico paese al mondo in cui, da più di quarant’anni, sono state totalmente abolite le scuole speciali, affermando il principio dell’inclusione globale educativa e sociale. Un’ulteriore conseguenza di questi Presupposti sul piano clinico è che la finalità del trattamento consisterebbe nel rendere il bambino “meno autistico” e non nel favorire, rispettandone le sue peculiarità, l’accesso alla cultura e alla rete dei rapporti sociali nell’ambito della sua comunità.
La critica agli obiettivi dell’ICIP prende in esame una possibile errata sovrapposizione tra i comportamenti atipici necessari per la diagnosi e i comportamenti
da modificare nel corso dell’intervento. Ad esempio un obiettivo condiviso da molti ICIP, ma anche da un modello evolutivo come il PACT (Green et al., 2010), consiste nell’“aumentare la socializzazione” tramite l’acquisizione degli indici sociocomunicativi neurotipici in assenza di chiare evidenze scientifiche che dimostrino un legame tra queste acquisizioni e significativi effetti a lungo termine nell’adattamento e nella qualità della vita.
Altri obiettivi sono relativi ai comportamenti ripetitivi e ai comportamenti problematici, troppo spesso non chiaramente differenziati. Ad esempio, un obiettivo condiviso da molti ICIP è “diminuire i comportamenti ripetitivi”, considerati in modo generico come un ostacolo all’apprendimento, mentre, come si è visto, almeno alcuni di questi comportamenti costituiscono una specifica modalità di esplorazione del bambino autistico, e ne sono quindi uno dei fondamenti.
Riguardo all’obiettivo “estinguere i comportamenti problematici”, l’autore propone di considerarli non come segni specifici di “autismo”, ma come manifestazioni disfunzionali da affrontare in base alla loro effettiva incidenza sulla compromissione delle modalità di adattamento.
Infine, la critica ai principi tecnici invita a problematizzare alcuni assunti del ragionamento clinico che oggi tendono ad essere adottati quasi come degli stereotipi, come ad esempio il principio dell’intensità, che implica la raccomandazione di almeno 25 ore a settimana di terapia (ma spesso con la richiesta di un numero maggiore di ore, sulla base del principio “di più è meglio”).
Questo principio non è sostenuto da dati scientifici che dimostrino un “effetto dose” dell’intervento (e non esiste alcuna “dose ottimale” valida per tutti i bambini). Questa affermazione di Mottron è confermata anche da recenti revisioni sistematiche e metanalisi (Sandbank, Bottema-Beutel e Woynaroski, 2021; Rodgers et al., 2020).
Il principio dell’intensità rappresenta inoltre la principale fonte dell’elevato costo di questi interventi e tende anche a far monopolizzare dalla terapia l’impiego del tempo del bambino, a discapito delle attività spontanee di esplorazione e apprendimento.
Un altro principio tecnico frequentemente adottato in modo acritico è quello relativo alla precocità dell’intervento con l’assunto “prima è meglio”. Anche in questo caso non ci sono evidenze che la associno ad un miglioramento del bambino e della sua famiglia, o a un migliore adattamento nella vita adulta o a costi minori. La precocità dell’intervento, inoltre, rischia di non tener conto della sequenza evolutiva della maturazione del bambino autistico e aumenta il rischio di una diagnosi errata.
Anche l’apprendimento frazionato in elementi distinti (come nel Discrete Trail Training [DDT]), principio tecnico alla base di molte terapie ispirate all’ABA, è criticato, perché oggi sappiamo che non è un metodo utile per l’acquisizione di competenze complesse come il linguaggio o il ragionamento. Il
costo in termini di tempo e le difficoltà a generalizzare gli apprendimenti in altri contesti ne limitano la portata come metodo generale di apprendimento. Questa critica si completa con l’analisi dell’uso del rinforzo: anche tralasciando le critiche etiche all’uso di tecniche di rinforzo avversive, Mottron evidenzia come anche l’utilizzo del rinforzo positivo, combinato con l’apprendimento parcellizzato, permetta solo un apprendimento limitato nei termini della complessità e non ha effetto sull’acquisizione di competenze complesse. Inoltre, è stato evidenziato come gli autistici possano apprendere informazioni complesse senza rinforzi esterni.
In merito al principio tecnico dell’intervento strutturato, l’autore sottolinea innanzitutto il duplice significato del termine: per il terapista, l’insegnamento deve essere “strutturato”, cioè esplicito e le attività decise dall’adulto; per il bambino, indica che il suo spazio di vita sia sufficientemente organizzato perché ne possa cogliere la struttura. Mentre Mottron critica il controllo delle attività da parte del terapista, sembra giustificare l’organizzazione dell’ambiente e l’esposizione a materiale strutturato, soprattutto in bambini con assenza di linguaggio verbale.
L’analisi critica dei principi tecnici si conclude con il riesame della professionalizzazione e della manualizzazione. La critica della professionalizzazione dell’intervento terapeutico si concentra in particolare sulla conseguenza che tale specializzazione comporta: l’intervento tende ad essere effettuato in un ambiente “segregato”, non naturale e inclusivo, da professionisti specializzati. Anche il viraggio contemporaneo dell’ICIP verso gli “interventi mediati dai genitori” (che comprende modelli come il JASPER di Kasari negli USA o il PACT di Green nel Regno Unito) modifica solo parzialmente questa “professionalizzazione”: sono i genitori che agiscono, ma sono i professionisti a dire loro cosa fare. Infine viene criticata la manualizzazione. Le tecniche ABA, ma anche i modelli ICEN e alcuni modelli evolutivi (ad es., il PACT) sostengono una “manualizzazione” dell’intervento: tutto ciò che deve essere insegnato al bambino deve essere esplicito e misurato. L’autore evidenzia come il costo di questa strategia non sia correlato alla sua efficacia e sia un ostacolo alla sua applicazione.
Bisogna ovviamente distinguere tra manualizzazione a fini di ricerca, giustificata da aspetti metodologici, e manualizzazione come modo di educare il bambino autistico, che non è affatto giustificata. Mottron conclude questo capitolo sottolineando che “lo scoglio della professionalizzazione e della ‘manualizzazione’ dell’intervento può essere superato [...] con l’applicazione di una tecnica d’intervento [fondata] su principi che permettono un alto grado di libertà di attualizzazione, e con obiettivi che non vincolino strettamente l’organizzazione della vita quotidiana”. Un modo sostenibile consisterebbe nella guidance parentale, ovvero nell’insegnare alle famiglie i principi generali con esemplificazioni,
con verifiche periodiche di una corretta applicazione. Sarebbe anche auspicabile esporre il bambino ad un ambiente strutturato secondo questi “principi” in modo implicito e non gerarchizzato – come può accadere in un asilo nido e in una scuola dell’infanzia –, permettendogli di adottare i comportamenti per i quali è pronto e nel momento in cui è opportuno. La “manualizzazione” con un elevato livello di dettaglio dovrebbe essere riservata, oltre che per la ricerca, a situazioni di rischio o di crisi: essa assume allora il significato di un piano preciso di cura, come avviene in un pronto soccorso di medicina d’urgenza, che può permettersi di essere intenso, dettagliato e breve.
La critica agli ICIP, a partire dai risultati sull’efficacia, completa, nel terzo capitolo, la pars destruens.
Gli studi sull’efficacia dei diversi modelli hanno evidenziato effetti minimi, iniziali e altamente variabili nei diversi individui. Gli ICIP possono migliorare la performance nei test d’intelligenza verbale in alcuni bambini autistici, ma non migliorano l’intelligenza o il linguaggio in quanto tali. Inoltre non c’è alcuna evidenza che questi effetti si traducano in un miglioramento dell’adattamento e della qualità della vita del bambino o della sua famiglia. Gli effetti degli ICIP, come abbiamo visto, non aumentano in funzione della “dose” (ore di terapia a settimana) o della “durata” degli interventi, così come gli interventi più precoci non producono necessariamente migliori effetti. Infine, non vi sono studi che permettano di affermare che un “marchio registrato” sia più efficace di un altro.
Mottron, quando scrive il libro nel 2016, sottolinea la “rivoluzione” dovuta alla pubblicazione nel 2013 della linea guida inglese del NICE, che ha utilizzato criteri molto rigorosi relativi alla qualità degli studi presi in considerazione. Questa linea guida raccomanda, come intervento per i sintomi core dell’autismo, le terapie sociocomunicative, anche mediate da genitori, insegnanti e pari, mentre non ritiene che le prove a disposizione siano sufficienti per raccomandare le terapie comportamentali (ICIP). Queste osservazioni di Mottron sono state confermate anche dalle più recenti revisioni sistematiche e metanalisi. In particolare, il lavoro di Sandbank e collaboratori, Project AIM, pubblicato nel 2020, ha evidenziato la scarsa qualità della ricerca delle terapie comportamentali ispirate all’ABA (Sandbank et al., 2020, 2021). Lo stesso gruppo di ricerca ha sviluppato un’accurata misurazione degli effect size partendo dagli stessi studi utilizzati per le review (Chow et al., 2022). Ancora, lo stesso gruppo ha esaminato in un’ulteriore revisione della letteratura la presenza di conflitti d’interesse (Bottema-Beutel, Crowley, Sandbank e Woynaroski (2020b) e l’evidenza di effetti dannosi di questi trattamenti (Bottema-Beutel, Crowley, Sandbank e Woynaroski, 2020a).
Mottron conclude la sua analisi sulla natura e la dimensione degli effetti degli ICIP affermando:
Se l’obiettivo è che il bambino sia meno autistico, nel senso di mostrare lo stesso tipo di segnali di orientamento sociale dei suoi coetanei non autistici, il tempo e lo sforzo investiti in questi interventi si infrangono sulla roccia della differenza autistica, come le onde su una roccia. Le trasformazioni ottenute saranno nei segnali di socializzazione, che possono essere modificati in piccola misura, ma senza alterare profondamente la differenza autistica, e senza un guadagno adattivo misurabile […] Ne vale la pena? Può aver contribuito a riumanizzare il bambino nella mente dei genitori, superando l’effetto sui genitori dell’apparente non risposta autistica, ma questo effetto può essere ottenuto a un costo inferiore (p. 133).
In questo modo entriamo nella pars construens del libro. Nel capitolo “Nutrire un’altra intelligenza: nuovi principi di intervento per l’autismo non verbale”, Mottron espone nove principi di intervento per l’autismo prototipico, considerato nel paradigma della “variante umana” e non del “deficit”. I presupposti educativi che regolano l’educazione di un bambino con autismo dovrebbero essere gli stessi di un bambino tipico, con la necessità di riconoscere l’intelligenza attraverso valutazioni accurate e appropriate allo stile neuropsicologico dei bambini autistici. In particolare, l’esistenza di un’intelligenza normale, in presenza di un quadro di autismo prescolare non verbale, può essere dedotta indirettamente, da osservazioni comportamentali periodicamente validate. Queste osservazioni permettono di ipotizzare livelli di intelligenza sui quali calibrare le proposte educative, anche prima che queste ipotesi siano confermate o invalidate dai risultati di test d’intelligenza non verbali e poi verbali.
L’educazione dovrebbe essere basata sui punti di forza e in particolare sulla rilevazione degli interessi del bambino autistico che costituiscono anche un’indicazione della sua intelligenza potenziale. Gli interessi e i comportamenti ripetitivi connessi alla ricerca e all’elaborazione delle informazioni dovrebbero essere incoraggiati, in modo da ridurre i comportamenti ripetitivi da carenza di informazioni.
È importante “mostrare prima di raccontare”, per un’educazione basata sulla sequenza autistica di acquisizione del linguaggio: il non verbale viene appreso prima del verbale e lo scritto prima del parlato. Gli obiettivi dell’intervento, quindi, non dovrebbero essere organizzati nello stesso ordine in cui le competenze si sviluppano nel bambino tipico. Inoltre, le spiegazioni al bambino autistico dovrebbero essere date mostrando le reali sequenze causali e temporali di ciò che deve essere insegnato, e parafrasate con il linguaggio orale. Riguardo al ruolo dell’esplorazione spontanea e dell’attività solitaria nell’apprendimento, Mottron sottolinea come il tempo che il bambino autistico trascorre da solo dovrebbe permettere l’utilizzo di materiali di suo interesse, il cui accesso e ritiro dovrebbero essere prevedibili. L’apparente ripetitività del comportamento del bambino non deve essere oggetto di repressione; l’adulto dovrebbe provare ad
integrarsi nelle azioni solitarie arricchendole. Il principio del “tutoraggio laterale” chiarisce ulteriormente il ruolo dell’adulto nel promuovere gli apprendimenti del bambino autistico. È importante la ritualizzazione di periodi di attività interattive in cui l’adulto, accanto al bambino, manipola lo stesso materiale d’interesse, ma in modo più complesso; l’adulto può compiere anche azioni di fronte al bambino, ma senza usare alcun segnale d’interazione se non quello di essere in prossimità, consentendogli di osservare l’azione. L’efficacia della promozione di attività progressivamente più complesse svolte con questa modalità si dovrebbe basare sull’osservazione delle ripetizioni differite del bambino e non su acquisizioni o successi immediati. Inoltre va tenuto conto, nella riflessione sul “ciclo di ricaduta degli apprendimenti”, che le misure attualmente utilizzate per convalidare gli interventi precoci caratterizzano variabili che sono adattive solo nei neurotipici. L’efficacia o l’adeguatezza di un intervento precoce per un bambino autistico andrebbero invece misurate in funzione del futuro valore adattivo, espresso in termini ampi (crescita personale, contributo sociale).
L’obiettivo dovrebbe quindi essere di favorire la socializzazione di tipo autistico, tramite interventi basati sui punti di forza, per uno sviluppo fondato sulle peculiarità dell’autismo.
In ambito familiare, l’inclusione del bambino nelle attività quotidiane, il tutoraggio laterale, la risposta positiva alle richieste di “presa del polso” inteso come atto comunicativo, la gestione prevedibile dell’accesso e della rimozione dei materiali d’interesse e i giochi di prossimità fisica, costituiscono la base per l’ingresso nella socializzazione autistica.
In ambito scolastico (nido, scuola dell’infanzia), la socializzazione di un bambino autistico si ottiene attraverso un’effettiva coabitazione con i coetanei a sviluppo tipico e con l’impegno da parte del gruppo non autistico di assicurargli un posto e una funzione, piuttosto che attraverso l’addestramento individuale ai segnali di socializzazione neurotipici.
I comportamenti problematici pervasivi, distinti dai comportamenti ripetitivi, dovrebbero essere anticipati e limitati nel tempo e nello spazio dall’adattamento familiare. Le manifestazioni pericolose richiedono un trattamento immediato da parte di un’équipe di crisi la cui gestione dovrebbe avvenire abitualmente nell’ambiente naturale (casa, scuola); laddove fallisse potrebbe richiedere un intervento temporaneo in un contesto specializzato (come un centro diurno).
La pars costruens termina con una lettera aperta ai genitori di un bambino che riceve una diagnosi di autismo e con una serie di proposte per il legislatore.
Nella lettera Mottron si mostra consapevole dell’elemento “traumatico” della diagnosi di autismo e del senso di colpa dei genitori per non fare le scelte terapeutiche giuste, per non fare abbastanza o non abbastanza precocemente.
Il primo consiglio di Mottron è di “iniziare ad osservare il proprio bambino” per alcune settimane.
Quando le lacrime si sono asciugate – dato che la prospettiva di una vita con un bambino fuori dall’ordinario è vissuta con dolore – è importante prendersi il tempo per guardarlo. Vi troveranno una ragione di vita, la gioia di essere genitori, l’espressione del loro amore di genitori, l’ammirazione del loro figlio. Invece di chiedersi immediatamente cosa insegnargli e come insegnargli, i genitori possono osservarlo per qualche settimana con curiosità e facendosi delle domande, senza pregiudizi, in quante più situazioni possibili (pp. 179-180).
Mottron fa il paragone con chi emigra in un nuovo paese, che dopo qualche mese impara come funzionano le cose lì e un giorno smette di fare paragoni con il paese di origine.
Il secondo consiglio è “non lasciare che i programmi decidano per te”. Riprende quindi le osservazioni critiche sui programmi intensivi, sia ispirati all’ABA sia di tipo ICEN, invitando il genitore a porsi le stesse domande che si farebbe prima di sottoporsi a un intervento chirurgico o di prendere un farmaco: quali potrebbero essere risultati, costi e rischi. E come per un farmaco, bisogna esaminare non solo se questi metodi sono efficaci o meno, ma che cosa viene effettivamente cambiato.
L’ultimo consiglio è relativo a “che cosa fare con i comportamenti ripetitivi”. L’invito è nuovamente a non considerarli come qualcosa da estinguere (come negli interventi comportamentali ispirati al lavoro di Loovas), ma neanche di limitarsi ad utilizzarli come rinforzi, come nel metodo TEACCH. È importante iniziare a considerarli come l’equivalente autistico dei comportamenti di esplorazione nel bambino a sviluppo tipico: essi vanno quindi arricchiti e incoraggiati, anche se incanalati, utilizzando gli interessi del bambino come motore per nuovi apprendimenti.
Il libro si conclude con una serie di proposte per il legislatore. Mottron prende come esempio il Québec, dove lavora dopo aver lasciato il suo paese di origine, la Francia. Nel 2003 il Ministero della Salute e dei servizi sociali ha deciso che l’ICIP (erogato nei centri di riabilitazione con un’intensità di circa 15 ore a settimana) è l’intervento obbligatorio per i bambini autistici in età prescolare. Questa decisione, criticabile sulla base delle evidenze scientifiche (in particolare dopo la pubblicazione della linea guida inglese del NICE nel 2013) si è dimostrata anche “materialmente inapplicabile”. I tempi di attesa medi tra la diagnosi e l’intervento sono di oltre due anni. Questo ha spinto molti genitori a rivolgersi a professionisti privati, con costi anche economici rilevanti. La decisione ha anche contribuito a un’inflazione di diagnosi di autismo, con aumento dei falsi
positivi, sostenuto anche dall’utilizzo di strumenti diagnostici standardizzati (come l’ADOS) che non consentono un’adeguata diagnosi differenziale con altri disturbi. Inoltre, gran parte del budget dei centri di riabilitazione è allocato per i trattamenti intensivi per bambini prescolari autistici, lasciando pochissime risorse a bambini con altri disturbi o ad autistici di altre fasce di età, come gli adulti. L’approccio scelto dai legislatori del Québec è considerato quindi inapplicabile, costruito su dati di scarsa qualità, con obiettivi sbagliati e a rischio di conflitti d’interesse economici (soprattutto da parte dei professionisti privati).
Vengono infine presentate alcune raccomandazioni formulate da esperti, come Mayada Elsabbagh e approvate dai responsabili medici dei principali centri diagnostici del Québec. Queste raccomandazioni sono riferibili all’approccio di Mottron fin qui presentato, riconoscendone la fondatezza. Esse articolano la rifondazione della presa in carico del bambino (e della persona) autistica, come centrata sul sostegno genitoriale (guidance parentale) subito dopo la diagnosi e sui progetti d’inclusione nei contesti educativi e di vita con bambini a sviluppo tipico, prevedendo eventualmente cicli di intervento individualizzati con obiettivi “focalizzati” in base agli specifici profili presentati. Sono previste, infine, specifiche procedure per affrontare situazioni problematiche da parte di “équipe mobili di gestione delle crisi”, per l’assistenza immediata in situazioni di stress a bambini e adulti con autismo e alle loro famiglie, in tutte le fasi della vita.
Con queste raccomandazioni si conclude l’articolato e denso libro di Mottron, con un itinerario che partendo dalla rivisitazione delle caratteristiche e della semeiotica dei bambini con autismo, passando attraverso l’analisi critica dei presupposti, degli obiettivi e delle tecniche dei modelli di intervento attualmente raccomandati e utilizzati in molti paesi, sottolineando le peculiarità percettive, cognitive e socioemozionali dei bambini autistici, giunge a proposte di politica sanitaria (e anche sociale e educativa) che potrebbero permettere di riorganizzare la presa in carico delle persone autistiche con modalità scientificamente ed eticamente fondate, in particolare in Italia, dove l’inclusione dei bambini nella scuola “normale” è una conquista acquisita da più di quarant’anni.
Roma, gennaio 2023
Giovanni ValeriResponsabile UOS Disturbi dello Spettro Autistico UOC Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza Dipartimento di Neuroscienze e Neuroriabilitazione IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù
Riferimenti bibliografici
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Introduzione
Questo libro non raccoglie nuovi dati scientifici sull’intervento abilitativo/educativo nelle condizioni autistiche. Si tratta, invece, di una riconsiderazione – dalle fondamenta – dei presupposti, degli obiettivi e dei principi tecnici dell’intervento comportamentale intensivo precoce (ICIP1) nei bambini autistici da parte di uno scienziato e sulla base della letteratura scientifica. Prima che si possano produrre dei dati, sono necessarie delle idee. Il libro offre questo: idee per i genitori, gli scienziati e i politici, con l’aspettativa che vengano trasformate in esperienze e, quindi, in dati.
La Francia ha mantenuto un’interpretazione psicodinamica dell’autismo per quasi mezzo secolo più a lungo di altri paesi. In questi tempi, le decisioni sull’intervento per l’autismo vengono prese in un contesto bellicoso. Si individua un nemico comune, la psicoanalisi, e si forma una coalizione in cui non si guarda troppo per il sottile la morale dei propri amici, purché il drago venga abbattuto. Una famosa attivista dell’autismo, per la quale ho la massima considerazione nonostante il mio disaccordo strategico con lei, mi ha detto: “La sua posizione ci rende le cose molto difficili. O è con noi o è contro di noi. Siamo in guerra!” Questa visione guerriera mi sembra inadeguata, proprio da un punto di vista politico. Le visioni obsolete di solito crollano da sole, sotto la pressione del tempo e grazie alla forza dell’evidenza di altre visioni. Così, non è stato necessario uccidere tre milioni di civili vietnamiti perché il comunismo cadesse. La legittimità di sostenere i bolscevichi contro lo zar, i talebani contro i comunisti o gli insorti siriani contro Assad nell’urgenza di una coalizione, sono giudicati in modo assai severo
1 Per tutto il testo è stato mantenuto, analogamente all’edizione in francese, l’acronimo ICIP (intervento comportamentale intensivo precoce), corrispondente del termine angloamericano Early Behavioral Intensive Intervention (EIBI), che viene spesso impiegato nella letteratura italiana (NdT).
dalla storia, anche da quella più recente. La guerra dà cattivi consigli quando si tratta di scegliere gli amici.
Ho deciso di pubblicare questo libro dopo essermi posto la seguente domanda: immaginiamo che io sia il genitore di un bambino autistico di 2 anni che ha appena ricevuto la diagnosi di disturbo autistico. I miei mezzi finanziari sono illimitati e vivo in un paese utopico dove vengono offerti tutti i servizi disponibili (in realtà non è così). Io stesso, come ricercatore sul campo, ho una trentennale esperienza nella ricerca sull’autismo, e quindi una conoscenza approfondita dei meccanismi coinvolti e della letteratura scientifica, sia nel settore dell’intervento abilitativo che nelle neuroscienze della cognizione e dello sviluppo. I servizi sanitari pubblici mi offrono un educatore specializzato nell’intervento precoce intensivo (ICIP), trenta ore alla settimana, che può iniziare subito a lavorare. Il professionista può venire a casa mia sette giorni su sette.
Quale decisione prenderò? Come deciderò di educare mio figlio? Dove si inseriranno i professionisti nella vita di mio figlio? Troverò dei dati a sostegno della mia decisione? A questo punto della mia riflessione, e considerando lo stato attuale delle conoscenze, noto che, anche se la metodologia è progredita, negli ultimi dieci anni circa non sono apparsi nuovi sviluppi significativi nei contenuti degli interventi. Le molteplici metanalisi concludono tutte che (a) ci sono delle possibilità di cambiamento a seguito di un intervento comportamentale intensivo; (b) il livello di evidenza rimane basso; (c) questo risultato potrebbe non essere ancora confermato da studi metodologicamente rigorosi; (d) gli unici studi rigorosi e affidabili sono quelli sugli interventi mediati dai genitori per aumentare la comunicazione sociale, ma i loro risultati sono più che modesti. Mi trovo quindi nella stessa situazione di un medico che deve somministrare un trattamento farmacologico non ancora convalidato. Il suo effetto non è provato al di là di ogni dubbio, i suoi effetti collaterali a breve termine sono decisamente spiacevoli, i suoi effetti a lungo termine sono sconosciuti e il suo prezzo è elevato. Scommetto ancora su queste tecniche?
Se adesso esamino la natura dei presunti cambiamenti attribuiti a questo metodo, trovo che essi siano il risultato di un amalgama tra i progressi osservati nei bambini che vanno molto bene e quelli che non vanno affatto bene. L’effetto dell’ICIP che può essere attribuito con sicurezza alle tecniche che lo compongono è certamente sconosciuto, o molto debole. Questi cambiamenti, se esistono, migliorano le nostre condizioni di vita e il futuro di nostro figlio? Non vi è alcuna prova di ciò a lungo termine. Se preferisco lasciare l’educazione di mio figlio a dei professionisti perché non mi sento in grado di adattare il mio modo naturale di interagire con il mio bambino autistico, questi metodi comportano la segregazione: il bambino deve passare la maggior parte del suo tempo con un adulto professionista. D’altra parte, se decidiamo di applicare noi stessi queste tecniche, esse monopolizzeranno il nostro tempo a scapito della
nostra stessa vita e dell’attenzione che dobbiamo dare agli altri nostri figli.
Immaginiamo di vivere in un paese dove gli asili nido e le scuole dell’infanzia sono obbligati ad accettare un bambino autistico se non ha grossi problemi comportamentali, se richiede un adattamento del funzionamento quotidiano, ma non ne paralizza l’organizzazione2 . Sono anche in un paese dove il bambino deve andare a scuola e dove il livello di adattamento che riceverà a scuola, a partire dalla primaria, sarà quello che un assistente educativo specializzato fornirà, condividendo il carico di lavoro con altri bambini autistici della stessa classe. Sceglierò di mettere mio figlio all’asilo e poi a scuola per ricevere un’istruzione regolare, collettiva e più o meno adattata, oppure farò in modo che mio figlio riceva un tipo specifico di interazione, con un professionista per ogni bambino, per quaranta ore alla settimana?
Se, poi, mi rivolgo alle conoscenze scientifiche sullo sviluppo spontaneo dell’autismo – come si evolve in funzione dei diversi ambienti di vita e degli adattamenti che gli vengono offerti –, vedo che nel complesso le persone con autismo hanno un adattamento molto scarso alla nostra società, ma che nell’età adulta una minoranza, forse un decimo di esse, è perfettamente verbale, relativamente autonoma e soddisfatta. Questa minoranza è composta da persone che erano autistiche all’età dell’asilo come altre che si sono sviluppate meno. Non hanno ricevuto alcun intervento particolare. Una percentuale equivalente ha “perso” la diagnosi, senza che si possa collegare questo fenomeno al tipo di intervento ricevuto. D’altra parte, altri adulti, più o meno nella stessa proporzione, rimarranno non verbali, e altri ancora mostreranno comportamenti difficili, se non molto difficili, da gestire. Tuttavia, contrariamente alle pretese degli uni e degli altri, traggo dalla letteratura la conclusione generale che nessuna tecnica altera la traiettoria evolutiva della condizione autistica o può pretendere di modificare i segni profondi dell’autismo. Questa è stata anche la conclusione del gruppo di esperti britannici sul sostegno all’autismo3.
Come scienziato, decido di indagare su ciò che mi viene proposto e su ciò che è legittimo fare con mio figlio. So che non tutto è “scientificamente provato”, perché nel campo dell’educazione non si agisce solo in base ai fatti scientifici, ma anche a partire da posizioni etiche e da ideali personali, combinati con i costumi dell’epoca. Mi rifiuto anche che qualcuno decida per me, soprattutto in nome di una scienza di mediocre qualità. Cerco quindi di definire i principi che
2 Per fortuna, viviamo in un paese in cui tutte le istituzioni educative di qualunque grado sono obbligate, ma anche ormai abituate ad includere un bambino con autismo, quali che siano i suoi problemi comportamentali (NdT).
3 Si tratta del panel di esperti che ha redatto la linea guida del NICE (National Institute for Health and Care Excellence) del 2013: Autism in under 19s: Support and management. www.nice.org.uk/ guidance/cg170 (consultato il 23/1/2023) (linea guida confermata nel 2021, NdT).
guidano il contenuto di ciò che viene proposto ai bambini con autismo e cerco di capire se questo mi sembra fondato. In caso contrario, ne propongo altri, conformi a ciò che ho compreso dell’autismo. E lo faccio in maniera manifesta, perché possa essere utile ad altri, dal momento che sono meglio attrezzato della maggior parte dei genitori per prendere una decisione informata. Da qui questo libro. Perché questo è un buon momento per ridefinire i principi dell’intervento precoce nell’autismo? Non solo in Francia, ma in tutto il mondo? La Francia ha recentemente rivelato il carattere anacronistico e indifendibile della diagnosi e della presa in carico dell’autismo sul suo territorio. Siamo tutti d’accordo che bisogna porre fine a un periodo in cui la Francia faceva la figura di una setta segreta su questi temi, rispetto alla razionalità dominante altrove. Associazioni di genitori, fondazioni di beneficenza, decisori politici e alcuni scienziati hanno aderito alla causa della scientificità. Hanno investito le loro energie, speranze e combattività nella lotta per un approccio all’autismo basato sull’evidenza. Di conseguenza, si sono battuti per quello che considerano il metodo migliore, l’ICIP ispirato al comportamentismo. E le loro scoperte li hanno portati ad apprezzare modi di fare e di comprendere l’autismo che vengono messi in discussione e persino abbandonati altrove. La Francia rischia quindi di imbarcarsi in un nuovo anacronismo. È giunto il momento di prendere decisioni: la Haute Autorité de Santé4 (HAS) e il suo equivalente in Québec (l’INESSS) hanno preso una decisione, come se la soluzione fosse a portata di mano e non restasse che applicarla. La lotta contro l’irrazionalità del trattamento francese dell’autismo – come tutte le battaglie – ha effetti di semplificazione e si riduce ad alcuni slogan: più soldi per questo metodo, applicare tecniche riconosciute.
Avevo avuto modo di sottolineare5 fino a che punto, nel mondo francese, la legittima volontà di liberarsi del fardello psicoanalitico riguardo all’autismo, ancora largamente dominante in Francia, avesse avuto effetti perversi. Principalmente, quella di spingere acriticamente verso tecniche d’intervento derivate da una corrente comportamentista (l’Applied Behaviour Analysis o ABA). Questa volontà politica ha avuto l’effetto d’influenzare l’importante rapporto della HAS a favore di quest’ultima. La difesa della razionalità e della scientificità ha assunto la forma di un’adesione automatica della comunità scientifica a favore delle tecniche esistenti, ignorando o trascurando le questioni scientifiche, finanziarie ed etiche intorno all’ICIP, che stanno emergendo in altre parti del mondo, ma che non sembrano toccare per niente, o quasi, il pubblico francese.
Allo stesso tempo, i costi estremamente elevati dell’intervento individuale portano a mettere in dubbio la legittimità dell’intervento dominante. I dati più
4 L’equivalente francese del nostro Istituto Superiore di Sanità (NdT).
5 Pélouas, A. (2011). Autisme: changer le regard. LeMonde.fr, www.lemonde.fr/planete/ article/2011/12/16/autisme-changer-le-regard_1619381_3244.html (consultato il 23/1/2023).
spesso presentati in Nord America, basati sull’assistenza individuale, si attestano tra i 50.000 e i 100.000 dollari all’anno per bambino, per una prevalenza di circa l’1%. Le compagnie di assicurazione sanitaria statunitensi, per ragioni di lucro, mettono in dubbio la validità scientifica di queste tecniche, ma allo stesso tempo in alcuni stati americani rimborsano solo l’ICIP ispirato all’ABA. Questo è il caso della California, in particolare, dove questa tecnica ha avuto origine. I sistemi sanitari, a fronte di un incremento della spesa dovuto a questa modalità di assistenza e dell’impossibilità di soddisfare le richieste dei gruppi di pressione dei genitori, stanno mettendo a punto meccanismi d’intervento che non sono in grado di fornire a lungo termine. In Québec, l’ICIP è obbligatorio, ma viene erogato con un periodo di attesa da due a tre anni, che riflette l’impossibilità pratica di sostenerne i costi. Questo è un avvertimento per la Francia. Sul piano scientifico, l’ignoranza degli “ingredienti” delle tecniche di riabilitazione, e il caos teorico sui principi che ne sono alla base, è illustrato dall’eclettismo della tecnica che ha prodotto gli effetti più significativi, l’Early Start Denver Model (ESDM).
L’ESDM è attualmente pubblicizzato come la soluzione “progressiva” ai problemi sollevati dall’ICIP. Tuttavia, ne conserva la maggior parte dei principi. Anche in Francia sta emergendo come soluzione al problema – cosa che non è, sia per motivi scientifici che per il suo contenuto.
L’etica dell’intervento precoce così come viene praticata è ora messa in discussione, soprattutto sulla scia del clamoroso scritto di Michelle Dawson, “The misbehavior of behaviorists” (Dawson, 2004). Dal punto di vista scientifico, le domande più frequenti nel dibattito sull’intervento precoce nell’autismo sono: qual è la tecnica migliore e quella con le migliori prove di efficacia? Più raramente ci si chiede se l’intervento precoce nei paesi sviluppati sia effettivamente “scientificamente provato”. In caso affermativo, cosa è stato dimostrato? Ma è eccezionale chiedersi se l’ICIP migliori effettivamente la condizione e la qualità della vita di queste persone da adulte. È inoltre eccezionale che ci si interroghi sull’adeguatezza degli obiettivi proposti per l’intervento, sulle questioni etiche che sollevano e sul rapporto costi-benefici degli sforzi richiesti. Ad oggi, un gran numero di metanalisi ha riferito a proposito degli effetti dell’ICIP sull’adattamento delle persone con autismo e ha valutato la forza dell’evidenza. Un numero minore di ricercatori chiede studi migliori, ma comunque per confrontare le tecniche esistenti. La maggior parte ritiene che la natura degli obiettivi riabilitativi di ogni metodo e la legittimità dei cambiamenti desiderati siano di minore importanza o siano oggetto di consenso. Domande come “cosa può o non può essere cambiato?”, “cosa deve o non deve essere cambiato?” precedono la scelta della tecnica utilizzata e il costo necessario per effettuare tali cambiamenti. Una recente tendenza scientifica, rappresentata in particolare da alcuni dei grandi nomi della ricerca sull’autismo provenienti da approcci diversi, come Jonathan Green, Morton A. Gernsbacher, Connie Kasari, Maureen Durkin, Patricia
Howlin, Tony Charman, Michelle Dawson, si è opposta a questo modo di pensare. Tutti sottolineano che le conoscenze su cui c’è un consenso unanime a favore dell’ICIP si basano su lavori di scarsa qualità. L’ICIP viene raccomandato sulla base di studi che non sarebbero mai stati accettati per un farmaco e che comportano errori metodologici, conflitti d’interesse, scarsa qualità scientifica e talvolta disonestà intellettuale. Il crescente interesse e il rigore degli interventi mediati dai genitori – con costi molto più bassi e maggiore forza dell’evidenza, con effetti piccoli ma reali – indicano gli standard da seguire per dimostrare l’efficacia di una tecnica. Prima del 2005, solo l’ICIP ispirato dall’ABA sosteneva di avere una base scientifica ed era diventato, per usare il cliché, scientifically proven.
Un altro scossone, che avrebbe dovuto fare più rumore del film Le Mur6, ma che è passato quasi totalmente inavvertito in Francia al momento della sua pubblicazione nel 2013, è rappresentato nel Regno Unito dalla linea guida del NICE (National Institute for Health and Care Excellence7). Questa linea guida, fuori da qualsiasi considerazione di carattere politico, di schieramento o di potenziale conflitto di interessi – contrariamente al rapporto HAS –, fa un bilancio delle ricerche sull’intervento. Il NICE sposta l’attenzione da “che cosa funziona meglio?” a “esiste qualcosa di dimostrato per quanto riguarda l’efficacia?” E non menziona l’ABA, l’Early Start Denver Model o l’ICIP in generale tra le sue raccomandazioni per lo sviluppo delle competenze. Lascia solo uno spazio limitato ad alcune di queste tecniche per la soppressione di comportamenti problematici. Nelle loro raccomandazioni, gli esperti britannici nel campo dell’autismo non menzionano pertanto ciò che è consigliato nei rapporti HAS o INESSS.
Nessuna tecnica d’intervento volta a modificare i segni autistici soddisfa i criteri di scientificità richiesti in uno studio clinico.
Scopo del libro
Per tutti questi motivi, propongo un’alternativa: ricominciare da capo, da ciò che oggi sappiamo sull’autismo, per ridefinire i principi dell’intervento precoce. Mi interessano qui le tecniche utilizzate, gli obiettivi di questi metodi, le modalità di valutazione della loro efficacia; metto quindi in discussione e valuto in modo approfondito i principi di ciò che si fa con i bambini autistici, ciò che si dovrebbe fare e le ragioni che giustificano queste azioni. L’argomentazione, che si ascolta spesso, secondo cui le tecniche di riabilitazione attuate nel contesto di vita
6 Le Mur ou la psychanalyse à l'épreuve de l'autisme, di Sophie Roberts, è un film documentario del 2011 in cui la regista-autrice intervista alcuni tra i più rappresentativi psichiatri e psicoanalisti francesi a proposito della loro concezione dell’autismo; il film fu al centro di un caso giudiziario eclatante nel 2012 (NdT).
7 Autism in under 19s: support and management, www.nice.org.uk/guidance/cg170 (consultato il 23/1/2023).
hanno poco a che fare con la loro versione “pura” o “dura” utilizzata ai fini della loro dimostrazione sperimentale, non è accettabile. La messa in discussione dei principi riabilitativi che propongo in questa sede va ben oltre la mescolanza di TEACCH con un po’ di ICIP o, come nell’Early Start Denver Model, l’aggiunta di un aspetto evolutivo e ludico ad un programma comportamentale. L’obiettivo è quello di stabilire prima di tutto i principi delle tecniche più utilizzate nei paesi sviluppati, e poi di confrontarle con i risultati delle neuroscienze cognitive, ma anche e soprattutto con quelli di una scienza imparziale e non “normocentrica”. Il mio metodo consisterà nell’esporre gli assunti consensuali sull’intervento, nel mettere in discussione le loro premesse e, da lì, nel proporre principi alternativi a genitori, medici, ricercatori e legislatori. Alla fine, sarà sempre necessario confrontare ciò che propongo qui con l’ICIP, utilizzando studi in doppio cieco correttamente condotti.
Ho esitato a lungo prima di rendere pubbliche queste riflessioni, e sarebbe stato più saggio aspettare la fine del processo, cioè dimostrare con i dati che ciò che viene proposto qui va oltre l’ICIP. Per motivi di età ho preferito esporre queste considerazioni a metà strada, nella speranza che altri gruppi prendano questo tema come punto di partenza e quindi accelerino la trasformazione dell’intervento precoce in una pratica scientificamente ed eticamente accettabile.
Destinatari
Quest’opera è destinata ai genitori di bambini autistici che hanno appena ricevuto una diagnosi e ai professionisti che si occupano della presa in carico precoce al momento della scelta dell’intervento. È inoltre destinata ai ricercatori sull’autismo che si chiedono su cosa lavorare e a tutti i responsabili politici coinvolti nel finanziamento, nell’organizzazione dell’assistenza e nella legislazione sull’autismo, che si chiedono su cosa decidere. È, infine, destinata alle persone adulte con autismo, affinché ne facciano la critica.
Schema generale del libro
Il libro è composto di sei parti: una rifondazione della nostra comprensione degli aspetti dell’autismo in età prescolare coinvolti nell’intervento precoce; una critica dei presupposti, degli obiettivi e dei principi tecnici di un intervento comportamentale intensivo; una revisione dei presunti risultati di questo intervento; una proposta di nuovi principi per l’educazione del bambino autistico in sostituzione dell’attuale intervento comportamentale intensivo, che offro allo studio empirico; una lettera aperta ai genitori di un bambino appena diagnosticato e, infine, una serie di proposte per il legislatore.
Questo libro esprime opinioni personali, ma è anche il risultato della collaborazione quotidiana con i professionisti del programma di autismo dell’ospedale Rivière-des-Prairies, Montréal, QC. Ha ugualmente beneficiato della lettura critica di Sarah-Maude Belleville-Chénard, Chantal Caron, Dominique Cousineau, Michelle Dawson, Mayada Elsabbagh, Baudouin Forgeot d’Arc, Catie-Anne Gagnon, Claudine Jacques, Véronique Langlois, Suzanne Mineau, Pierre Phillipot, Ghitza Thermidor.