PEPE: food - good - mood

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RAPHIC

INFOG

Il gruppo montuoso delle Dolomiti, è stato nominato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 2009 e si estende per 5800 km2. The mountain range of Dolomites, was designated as one of UNESCO’s World Heritage Sites in 2009 and extends for 2250 square miles.

La cucina delle tre regioni del Triveneto è ricchissima di storia e stimoli. La millenaria tradizione marittima, l’arte casearia delle Alpi venete, così come le tipicità contadine di assoluta qualità, sono solo alcuni dei pregi gastronomici di quest’area .

Nel 2011, il settore del turismo complessivamente ha registrato 27 milioni di arrivi e 87 milioni di presenze. In 2011,the tourism industry has recorded 27 million arrivals and 87 million visitors.

The cuisine of three regions of Triveneto is rich in history and ideas. The ancient maritime food tradition, the art of cheese in Alps, as well as the absolute quality of traditional rural recipes, are just some parts of the food excellence of this area.

Nel Triveneto sono presenti più di 75 tipologie diverse di vini di alta qualità.

Oltre 160 musei che ospitano arte, scienza, storia e tradizioni locali.

In Triveneto there are over 75 different types of high quality wines.

Over 160 museums that host art, science, history and local traditions.

FRIULI VENEZIA GIULIA

TRENTINO ALTO ADIGE

VENETO

Superficie: 7.845 mq Abitanti: 1.235.727 Province: Gorizia, Pordenone, Trieste, Udine.

Superficie: 13.607 mq Abitanti: 994.703 Province: Bolzano, Trento.

Superficie: 18.399 mq Abitanti: 4.948.931 Province: Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona, Vicenza.

Area: 3.029 mi² Population: 1.235.727 Provinces: Gorizia, Pordenone, Trieste, Udine.

Area: 5.254 mi² Population: 994.703 Provinces: Bolzano, Trento.

Area: 7.104 mi² Population: 4.948.931 Provinces: Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona, Vicenza.


PRIMA DI TUTTO First and foremost

Sonia Pasquali Presidente Associazione Pepe President of the Pepe association

Se è vero, come è vero, che nella vita ci vuole pepe, e dunque ancor più nell’affascinante mondo della comunicazione, noi abbiamo provveduto dando vita a “PEPE”, con il racconto di chi c’è e vuole esserci, in un suggestivo viaggio bimestrale nel mondo agroalimentare ed enogastronomico, con incursioni nei mondi dell’arte, della cultura e del design. Un vademecum d’eccezione legato in special modo al territorio del Triveneto, ma che si fa permeare da tutto il Genio nazionale per risaltare il Made In Italy, laddove le luci della ribalta internazionale non arrivano. Con buon senso, insieme a quel pizzico di originalità che lo rende unico, PEPE racconta di una tipicità che unisce tradizione, intuizioni imprenditoriali e nuove tendenze del contemporaneo, in un progetto editoriale di elevata qualità, firme di prestigio e con giovanissimi e stimolanti protagonisti e un corredo fotografico quasi sempre dedicato ed esclusivo. Anche grazie alla sua distribuzione mirata, PEPE parlerà di eccellenze ad eccellenze, con una diffusione privilegiata in Italia, Europa e Stati Uniti; una programmazione destinata a ristoranti prestigiosi, cantine, locali, librerie, centri culturali ed operatori di particolare spessore, unitamente a lettori acculturati e appassionati. Ma soprattutto PEPE avrà un occhio di riguardo verso chi ha dentro la curiosità per un mondo che continua a cambiare, senza tralasciare l’emozione e la saggezza di antichi patrimoni.

If it is true that we need some pepper in our lives, and even more in the fascinating world of communication, we have contributed creating “PEPE”, the narration of those who want to be present, in a suggestive bimonthly journey around food processing and preparing, but also the world of art, culture and design. An exceptional vade mecum linked to the Triveneto area, but also influenced by the national Genius, to bring out the value of Made-in-Italy products, where the International footlights do not reach. With good sense and a touch of originality that makes it unique, PEPE narrates a typical character that joins together tradition, entrepreneurial intuitions and new contemporary trends in a top quality graphic and editorial project signed by absolutely prestigious authors together with young and challenging protagonists, with a dedicated exclusive photographic complement. Thanks also to its dedicated distribution, PEPE will speak of excellences to an excellent audience, with a privileged distribution in Italy, Europe and the United States. A programming intended for prestigious restaurants, wineries, bars, bookshops, cultural centres and influent operators, together with passionate and educated readers. But most of all PEPE will have special care for those who look to the changing world with curiosity, but always bearing in mind the emotions and wisdom of our ancient heritage.

STORIE DI COPERTINA cover stories Per la copertina di lancio una bellezza italiana, quasi divinizzata, che contempla grani di pepe, sparsi sulla testata. È al contempo una metafora dello spirito editoriale che ci caratterizza e una dichiarazione di intenti: noi di Pepe ceselliamo e approfondiamo, indirizziamo verso i dettagli (come la collana di olive); ma soprattutto non ci facciamo spaventare dalla complessità del mondo e dei suoi infiniti gusti. In the launch cover there is an Italian beauty, almost a Goddess, contemplating some pepper grains laid on the heading. This is at the same time a metaphor of our characteristic editorial spirit and a declaration of intents: our intent with Pepe is to polish, deepen, orient towards the details (as for the necklace made of olives). But most of all, we are not intimidated by the complexity of the world and its infinite range of tastes.

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Food | Good | Mood Anno 1 - N°1 Rivista dell’Associazione Pepe Vittorio Veneto Presidente

Sonia Pasquali Direttore responsabile

Giampaolo Zorzo Redazione, amministrazione e pubblicità

Via Battisti 8, 31029 Vittorio Veneto (TV) tel. +39 0438 554217 info@pepeitalia.com Coordinamento editoriale

Bruno Sganga bruno.sganga@pepeitalia.com In redazione

Silvia Albrizio, Stefania Bastoni, Angela Bernardi, Luana Cestari, Giulia Cinelli, Lucia Covre, Giuseppe Gaspari, Salvatore Longo, Francesca Lorenzet, Andrea Maroelli, Stefano Maroelli, Massimo Menta, Ilenia Prete, Valentina Romano, Bruno Sganga, Tommaso Zan. Art director

Alberto Ceschin - Lab’our Fotografi

Aurelio Tushio Toscano - Lab’our Francesco Galifi L’Editore si dichiara disponibile a riconoscere eventuali diritti relativi a immagini di cui non fosse stato possibile rintracciare gli autori. Segreteria di redazione

Silvia Albrizio Traduzioni

Roberta Dal Bianco Produzione

I AM - Lab’our Gestione pubblicità

Francesca Lorenzet francesca.lorenzet@pepeitalia.com Stampa e fotolito:

Tipse Vittorio Veneto In copertina:

Nicole Mazzocato Make-up:

Cristina Bufacchi Hair-stylist:

Stefano Mazzer per Lechic_margot www.lechicmargot.it Stage objects:

Anna Paolini

Sacile: riflessi sul fiume Livenza ©2012 Francesco Galifi Sacile: reflections on the Livenza River ©2012 Francesco Galifi


IN QUESTO NUMERO IN THIS ISSUE 9 10 13 16 20 26 28 34 37 39 45 46 48 49 52 58 61 64 68 72

Focus on: Altolivenza Focus on: Altolivenza “Trasformare passato in futuro, lavorando sul presente.” “From past to future, working on the present.” L’Olio dei Dogi L’Olio dei Dogi Arrogante dolcezza Arrogant sweetness La bionda passionale della Valscura The passionate blonde from Valscura La ricetta di Pepe Pepe’s recipe Segnali d’erbe e di spezie Signals of herbs and spices Tavole santissime Holy tables Sushi tra desiderio e moda Sushi: desire and fashion Dialogo libero con Massimo Menta Free dialogue with Massimo Menta Viaggiare secondo il Galateo Etiquette and journeys Spa e benessere Spa and wellness Detti popolari veneti Popular sayings in Veneto La fattoria delle idee The farm of ideas Sacile? Appena fuori Milano... Sacile? Just near Milan... Lanfranco Malaguti Lanfranco Malaguti Vasco Mirandola Vasco Mirandola Andrea Molesini Andrea Molesini Pierluigi Slis e la montatura trasparente Pierluigi Slis and the transparent frame Querelle Querelle


PEPE.IN.GRANI

grains.of.pepper

«MA VOI DI PEPE... COSA VOLETE?» Vogliamo descrivere dell’Italia (ma non solo) quel suo profilo “alimentare”, della terra e a tavola, soprattutto nelle sue pieghe meno conosciute; ci interessano quegli angoli forse anche con apparente e scarsa rilevanza economica, perché siamo convinti che là esista un territorio autentico, ricco d’identità e non ubriacato da una rappresentazione autoreferenziale. Avremo inoltre quella verve polemica e puntuale che non guasta mai, perché allena il cervello a non rimanere placido e assorto. 6

PEPE TEAM...WHAT DO YOU WANT? We want to describe Italy - but not only – its food, from the field to the table, especially its less familiar aspects. We are interested in those small worlds apparently of scarce economic importance, because we believe that they are part of an authentic territory, rich with identity and not corrupted by a self-testimony representation. We will include some polemic and punctual verve, which is never bad as it keeps the mind fit and prevents it from remaining placid and absorbed.

Per chi ama il mare Bartolotta, al Wynn è il posto dove andare per mangiare pesce italiano. Serve pesce fresco del Mediterraneo che giornalmente arriva in aereo e viene servito sul tavolo in appena 24 ore. Tra i piatti firmati da Bartolotta troviamo l’insalata di polpo ligure e triglie con taggiasche. La Leggenda Il ristorante “Rao” di New York è atterrato da circa cinque anni anche a Las Vegas con il nome di Caesars Palace restaurant. Oltre a polpette giganti, Rao offre una selezione di piatti italiani dall’antipasto al ossobuco.

For sea lovers Bartolotta, at Wynn’s, is the place to go for good Italian fish. It serves fresh fish from the Mediterranean sea which arrives daily by plane and is delivered at the table in 24 hours only. Among the dishes created by Bartolotta, the Ligurian octopus and mullet salad with olives from Taggia. The Legend The “Rao” restaurant of New York has landed also in Las Vegas five years ago with the name “Caesars Palace restaurant”. Besides its giant meatballs, Rao offers a selection of Italian dishes, from appetizers to Ossobuco.

MANGIARE ITALIANO A LAS VEGAS? EATING ITALIAN IN LAS VEGAS?

COS’HA DI STRANO QUESTO POMODORO? Che non è un pomodoro! È la melanzana rossa della Basilicata: piccola e tondeggiante come un pomodoro, è ricchissima di licopene e antocianine che prevengono le malattie cardiovascolari e limitano lo sviluppo dei tumori.

WHAT’S UNUSUAL WITH THIS TOMATO? This is the red aubergine from Basilicata: small and round like a tomato, rich in Lycopene and anthocyanins which prevent cardiovascular diseases and limit the development of cancer.


PALATI ANARCHICI! a cura della redazione

BUFALO IN TAVOLA!

Buffalo meat is an ally for our cardio-vascular system, lean, low on cholesterol and with a good content of iron, besides being very tasty. Its properties have been known for more than 40 years – as stated by zootechnicians of the veterinary faculty of the University of Naples – but its being appreciated only recently. After understanding the nutritional values of this meat, also stock-breeders are become more and more interested and they are starting to invest, opening new horizons in the food panorama. Buffalo meat is read, tender and juicy, thanks to its capacity to retain liquids, and it is particularly easy to digest. It can be eaten raw in carpaccio (cold meat salad), or roasted and braised.

ANARCHIC PALATES! A stimulus born faraway – in jest, but even more to oppose overbearing suggestions about food – and which became a reality thanks to Giuseppe Gaspari and his website. Thank God the palate is anarchic, it cannot be imposed something that it does not like, otherwise it would rise submitting us to its will! A pre-fixed order must be consciously ignored - first and second course, side dish, fruit, dessert – and we should be children again without memory. Not let us be convinced by the suggestions of those who would like to judge for us. Some might observed that taste – as well as our understanding of art – shall be trained, it changes, evolves, grows up. This makes sense only as long as it is done autonomously and with conviction, otherwise the risk is feeding the pride of several local leaders, all committed in chatting a tasting the result between them, just like those “critics” that only speak – and taste – on themselves and who want to convince others on the taste of a dish or picture.

MOOD

Carne amica del nostro sistema cardio-circolatorio, magra, con poco colesterolo, un buon contenuto di ferro e per di più gustosa: la carne di bufalo ha proprietà che sono conosciute da più di 40 anni, affermano gli zootecnici della facoltà di medicina veterinaria dell’universitaria di Napoli, ma che solo da poco sta riscuotendo successo presso i consumatori. Dopo aver capito i valori nutrizionali di questa carne c’è crescente interesse anche da parte degli allevatori che cominciano a investire permettendo di aprire nuovi orizzonti in cucina. La carne di bufalo si presenta rossa, tenera e succosa, grazie alla capacità di ritenere i liquidi ed è particolarmente digeribile. Si può consumare cruda come carpaccio (carne all’insalata) oppure come arrosto o brasato.

Un impulso che nasce da lontano, un po’ per celia e molto di più per opporsi a suggerimenti autoritari a tavola. E che grazie a Giuseppe Gaspari, diventa concretezza col suo sito. Fortunatamente il palato è anarchico: non gli si può imporre quello che non gli piace, visto che lui sicuramente si rivolterà sottomettendoci al suo volere! Bisogna consapevolmente ignorare un ordine precostituito: primo, secondo e contorno, frutta e dolce. Ritornare invece a essere un po’ bambini, quasi senza memoria. Non lasciarsi convincere da quei consigli che vogliono sostituirsi al nostro giudizio. Qualcuno osserverà che il gusto come la comprensione di una opera d’arte si allena, modifica, evolve, cresce; questo ha senso purché tutto avvenga autonomamente e con convinzione, altrimenti il rischio è quello di far crescere solamente l’illegittimo orgoglio dei vari capetti locali, tutti impegnati a raccontarserla e gustarsela fra di loro, proprio come quei “critici” che si parlano (e si gustano) addosso e che vogliono convincerti per forza sul gusto d’un piatto o d’un dipinto.

GOOD

BUFFALO ON THE TABLE! The number of restaurants proposing buffalo meat is increasing, because the attention to the quality of the meat brought at the table and the wellbeing of animals is higher. Buffalo meat has been a proper discovery appreciated by gourmets and chefs, and it is finding its way into several Italian places.

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FOOD

SONO SEMPRE DI PIÙ I RISTORANTI CHE PROPONGONO CARNE DI BUFALO PERCHÉ C'È SEMPRE MAGGIORE ATTENZIONE ALLA QUALITÀ DELLA CARNE CHE PORTIAMO IN TAVOLA E AL BENESSERE DEGLI ANIMALI. UNA VERA SCOPERTA APPREZZATA DA INTENDITORI E CHEF CHE STA FACENDO BRECCIA IN TANTE LOCALITÀ ITALIANE.


RISTORANTE AI CADELACH • HOTEL GIULIA

“Ai Cadelach” Restaurant and Hotel Giulia Via G.Grava, 2 - 31020 Revine Lago (TV) - Italy - tel. +39 0438 523010 - fax +39 0438 524000 - info@cadelach.it

CENTRO BENESSERE CADELACH

Wellness Centre Via G.Grava, 2 - 31020 Revine Lago (TV) - Italy - tel. +39 0438 524135 - centrobenessere@cadelach.it

www.cadelach.it


FOCUS ON: ALTOLIVENZA

L’Alto Livenza: quel territorio che non è Friuli né Veneto, ma... forse… entrambi! The upper Livenza river area: a land that is neither Friuli nor Veneto … maybe both!

MOOD

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GOOD

A local industrial system that eloquently expresses the symbiosis between the social and the economic aspects through the results that this area autonomously constructed during time. Its peculiarity is based on this feature, notwithstanding external appreciation. No wonder the territory of upper Livenza region is distinguished by this autonomy, regardless of administrative borders, which makes it possible to overcome also the regional bordere between Veneto and Friuli. The upper Livenza region is situated along the axis of the Livenza river in its northern and central part, comprising the relevant riverside municipalities. The river springs in Polcenigo and flows down to Motta di Livenza, touching 16 municipalities for a total of 100,000 inhabitants, each with their own identity. The industrial performance is relatively recent, the specifically local wood, furniture and fittings sector has achieved positive results in the last 40-50 years with a constant increase in terms of settlement, production and international relations, becoming today the 1st Italian industrial district in the furniture sector. But this is not all, think of the “taste- or good-and-nice routes”, and the high quality of life in the whole territory. An example is the work done by the International Association of European Villages of Taste, with a rich program of information campaigns, which inevitably brings our memory back to the spring 1991, when Luigi Veronelli – always available to take up the challenges of Bruno Sganga, journalist and wine-and-food expert, and his right-hand man – amidst knowledge and emotion decides to spend a few days in the upper Livenza region, in particular, in Polcenigo, dining at the majestic Fullini Palace (now Zaia Palace), after a tasty pop-in at the restaurant Pupurry in Milan with the evergreen charm of Antonio Primiceri (Apes and Fipe Confcommercio). All this thanks to the fortunate encounter with the Association “Civiltà dell’Alto Livenza”, an idea and association realized by the good and dynamic character Antonio Lot, among worthy people and landscapes, eventually receiving the right attention and consideration. And great Gigi Veronelli was able to recognize and taste all this, mobilizing his most passionate editorial creature, the magazine “L’Etichetta” (The Label, n.d.t.), together with many journalists of the national and specialized press, to make the identity of the upper Livenza territory more widely known. These are exceptional memories, which are today even more useful to understand the profile of an outstanding area, where present and future projects strengthen and confirm themselves and their leading actors.

FOOD

Dall’esauriente sito di Civiltà Alto Livenza, si possono ben desumere le principali caratteristiche di questo territorio, che rappresenta uno degli esempi più classici e chiari di cosa significa Comunità Produttiva. Un sistema industriale locale che esprime in maniera molto eloquente la simbiosi tra l'aspetto sociale e quello economico tramite i risultati che quest'area in maniera autonoma ha prodotto nel tempo. La peculiarità è proprio in questo aspetto, a prescindere dai riconoscimenti esterni. Non a caso il territorio dell'Alto Livenza si afferma per questa sua ragione esistenziale autonoma, prescindendo anche dai confini amministrativi e riesce a superare senza che questo costituisca alcun problema anche il confine regionale tra Veneto e Friuli. È un territorio che si colloca sull'asse del fiume Livenza nelle sue parti settentrionale e centrale, comprendendo i comuni rivieraschi; inizia dalla sorgente a Polcenigo e arriva fino a Motta di Livenza, comprendendo 16 comuni per un totale di circa 100.000 abitanti, con una loro evidente e precisa identità. È un territorio di fresca performance industriale, nel senso che si è arrivati negli ultimi 40-50 anni a una affermazione nei comparti del legno, del mobile e dell'arredamentocomponentistica (specificità produttiva locale), con un crescendo di attività insediativa, produttiva e di relazione in campo internazionale via via crescente nel tempo; è oggi il primo distretto industriale italiano nel settore del mobile. Ma non solo questo. Se si pensa al gusto del buono e del bello, a una certa qualità della vita, tutto il territorio è ricco protagonista. Come ricordano le testimonianze agli eventi dell'Associazione Internazionale Azione Borghi Europei del Gusto, è in atto un ricco programma di iniziative di informazione che inevitabilmente richiama il pensiero alla primavera del 1991 quando Luigi Veronelli, sempre disponibile alle pressioni del suo “braccio destro” Bruno Sganga, decide di trascorrere alcune giornate a Polcenigo nel maestoso Palazzo Fullini (ora Zaia) dell’omonimo ristorante, dopo una gustosa anteprima al Pupurry di Milano con l’intramontabile charme di Antonio Primiceri (Apes e Fipe Confcommercio). Una preziosa sinergia per la diffusione della cultura enogastronomica dell’Altolivenza realizzatasi grazie al felice incontro con l’Associazione “Civiltà dell’Alto Livenza”: un’idea e un’associazione che l’ottimo e dinamico Antonio Lot seppe realizzare tra genti e paesaggi meritevoli, finalmente, di più giusta attenzione e riconoscimento. E il grande Veronelli seppe riconoscere e gustare tutto questo, mobilitando la sua più appassionata creatura editoriale, la rivista “L’Etichetta”, insieme a tanti giornalisti della stampa nazionale e specializzata, per far riconoscere l’identità del territorio dell’Alto Livenza. Ricordi eccezionali, che oggi si rivelano utili a delineare il profilo di una zona interessantissima dove si rafforzano e confermano i progetti presenti e futuri dei suoi protagonisti.


FOCUS ON: ALTOLIVENZA

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“TRASFORMARE PASSATO IN FUTURO,

LAVORANDO SUL PRESENTE.” Il sindaco di Caneva e l’impegno per la valorizzazione dell’Altolivenza “FROM PAST TO FUTURE, WORKING ON THE PRESENT.” The mayor of Caneva – a small town in Friuli Venezia Giulia – talks about the commitment to improve the area of the Livenza river Ci accoglie in una sala del municipio di Caneva il sindaco Andrea Gava, sinceramente felice di poter raccontare le nuove opportunità che con la sua amministrazione sta realizzando per la sua città e il territorio dell’Alto Livenza. In particolare, un progetto che vede la collocazione di prodotti tipici all’interno di Villa Frova, splendido recupero architettonico situato nella piccola frazione di Stevenà. L’occasione avrebbe potuto risolversi in una fredda sciorinata di numeri e traguardi, come solitamente si confà a certi ambienti istituzionali, invece il colloquio si impone da subito come l’espressione di una viva soddisfazione, dove il sindaco si rivela un cittadino realmente appassionato.

The mayor Andrea Gava welcomes us in the municipal building of Caneva, frankly glad to talk about the opportunities he is creating together with his board for his town and the territory of the Livenza river, in particular, the idea of exposing certain typical regional products inside Villa Frova, a splendidly renovated historic building in the small village of Stevenà. The occasion could have been a mere rattle on about numbers and targets achieved – as is frequently the case in institutional environments. In fact, since the beginning the conversation has been an expression of genuine satisfaction from a passionate citizen.


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Andrea Gava, 44 anni, eletto sindaco di Caneva nel 2010.

MOOD

What is meant by Alto Livenza? It is the geographical area around the Livenza river, a proper river that rises and springs here, in our territory, and flows into the sea. But what is more, its history is rich with facts, charm and fascinating present and past events. Which municipalities does this territory include? Due to its geographic extent, it covers several municipalities, among the biggest, Caneva, Polcenigo, Sacile, Fontanafredda, Mansuè, up to Jesolo. Does it have any special features? For sure. The last 27th June 2011 the pile dwelling site Palù di Livenza has been entered in the list of UNESCO world

GOOD

Cosa si intende per Alto Livenza? È una zona geografica che fa riferimento al fiume Livenza. Un fiume vero e proprio, che nasce e sgorga qui, nel nostro territorio, e si apre verso il mare con la sua foce. Ma soprattutto con la sua storia ricca di eventi, suggestioni e tante appassionanti realtà. Quali comuni fanno parte di questo territorio? I comuni sono moltissimi proprio per questa sua estensione geografica. Posso citare tra i più grandi: Caneva, Polcenigo, Sacile, Fontanafredda, Mansué arrivando fino a Jesolo. Ha delle caratteristiche particolari? Certamente. Lo scorso 27 giugno 2011 il sito palafitticolo Palù

FOOD

IMAGES: AURELIO TUSHIO TOSCANO INTERVIEW: SILVIA ALBRIZIO

Andrea Gava, 44 years old, elected Caneva mayor in 2010.


FOCUS ON: ALTOLIVENZA

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di Livenza è stato iscritto nella lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO. È un luogo archeologico dell’epoca paleolitica situato vicino alle sorgenti del Livenza. Ma non è tutto: il Livenza ha delle particolarità di tipo naturalistico, perché un tempo dal fiume si formò un lago, creando un microclima unico per la zona. Un ambiente che inevitabilmente avrà favorito prodotti e particolarità speciali. Ce li descriva. La nostra produzione di olio extra vergine è tra le più importanti qui in Friuli. Con la nostra amministrazione ci siamo impegnati per costituire una filiera locale che coordinasse al meglio questo mercato, riunendo i produttori, il più importante dei quali è l’azienda agricola Bruno Casagrande, invitandoli a fare rete attraverso un consorzio. Abbiamo impegnato risorse economiche per ristrutturare un vecchio mulino con lo scopo di realizzare un frantoio e un punto vendita dedicato a questi prodotti. Un progetto pregevole. Sì, in linea per quell’epoca di post-globalizzazione che stiamo vivendo. Un’era dove risulta necessario valorizzare le tipicità di un territorio, ma soprattutto dove si aiutano le piccole attività familiari, laddove la crisi prosciuga risorse fondamentali. Prenda ad esempio la frasca. Cos’è? È un locale tipico dell’ambiente agricolo: un luogo in cui i contadini un tempo si incontravano per bere, chiacchierare o giocare a carte in un’atmosfera decisamente informale. Noi oggi per frasca intendiamo un’azienda agricola in cui il contadino, in coincidenza coi raccolti stagionali, quindi in determinati periodi dell’anno, può vendere direttamente i suoi prodotti al pubblico senza l’onere di sottostare a precise regolamentazioni. Vogliamo in fondo recuperare un’abitudine che è sempre esistita. Altri prodotti tipici di questo territorio? Sicuramente il fico moro, la cui produzione è seguita da un consorzio, dove non solo vendono il frutto fresco ma ne ricavano prodotti diversificati, dalle confetture ai cosmetici. Poi la birra Valscura, fatta utilizzando direttamente le acque della sorgente del Livenza. Non a caso la birreria artigianale che la produce ha partecipato nel 2010 e nel 2011 all’International Beer Challenge di Londra, vincendo rispettivamente il primo e il secondo premio. Com’è nata l’idea di inserire questi prodotti all’interno di una villa veneta? Volevamo valorizzare in un luogo straordinario, Villa Frova (Stevenà di Caneva, ndr), lo sviluppo di un’attività che guardasse al futuro e che si basasse sul concetto di sostenibilità alimentare, turistica, ambientale. Vogliamo promuovere al meglio quei prodotti di nicchia che difficilmente troverebbero eco fuori dalle nostre zone. Come si strutturerà la villa per accogliere questa iniziativa? La villa è di circa duemila metri quadrati, un luogo ampio, che consterà di una sala per convegni, una biblioteca dedicata alle pubblicazioni sui prodotti gastronomici che vogliamo sostenere, un ristorante che utilizzerà queste materie prime nelle sue pietanze e sarà di supporto durante eventi ad hoc.

www.comune.caneva.pn.it

heritage. This is an archeological site that dates back to the Paleolithic era, close to the springs of Livenza. Moreover, the Livenza river presents special naturalistic features, because once it formed a lake, creating a unique micro-climate peculiar only to this area. This environment has certainly favoured the development of special products. Can you describe them? Our extra-virgin olive oil production is one of the most important here in Friuli. My board and I have been committed to building a local agricultural supply chain to coordinate this market, reuniting farms – the most important of which is the farm Bruno Casagrande – and inviting the producers to cluster into cooperatives. We have invested economic resources to renovate an old mill and make it an oil mill, with attached shop selling local products. A valuable project. It is, in line with the post-globalization moment we are currently experiencing. Now it is time to enhance the value of the products of our land, but most of all, to support small family businesses, where the economic crisis has drained funds. Take “the frasca”, for example. What is it? It is a typical rural pub: farmers used to gather here once to have a drink, chat or play cards in a totally informal atmosphere. Whereas today, for “frasca” we mean a proper farm, where farmers – following the cycle of the seasons – can sell their produce directly to the public without having to comply with strict financial rules. After all, we would only like to retrieve a habit of the past. Other typical products of this territory? Certainly the black fig “figo moro”, the production of which is cared for by a consortium where not only is the fresh product sold, but also the fig is employed in different products, from jams to cosmetics. Following, the beer Valscura, made with water from the spring of the Livenza river. No wonder if this artisanal brewery took part to the International Beer Challenge of London in 2010 and 2011, winning respectively the first and second prize. How is it that you thought of a villa in Veneto as the place to display these typical products? Our aim was to highlight the value of an extraordinary place, Villa Frova in Stevenà di Caneva, developing a futureoriented initiative based on the concept of food, touristic and environmental sustainability. We want to promote at best those niche products that would not be given the right importance outside our area. How will the villa be structured to host this initiative? The villa is about two thousand square metres, a large space, that will consist of a meeting room, a library dedicated to publications on the food products we want to promote, a restaurant where these products will be used in the preparation of the dishes and which will be of support during dedicated events.


FOCUS ON: ALTOLIVENZA - L'Olio dei Dogi

L'OLIO DEI DOGI

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FOOD

Bruno Casagrande, titolare dell’omonima azienda produttrice dell’Olio dei Dogi Bruno Casagrande, owner of the homonymous company which produces “Olio dei Dogi”

GOOD

MOOD

La coltivazione biologica di alta qualità nell’Altolivenza L’OLIO DEI DOGI Olive oil from top quality organic farming in the upper Livenza region


FOCUS ON: ALTOLIVENZA - L'Olio dei Dogi

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L’ulivo si coltivava nella zona dell’Altolivenza sin dai tempi della Serenissima. L’Olio dei Dogi è confezionato in un’elegante bottiglia di vetro scuro provvista di un tappo che dosa il contenuto con parsimonia e presenta un’etichetta dai bordi dorati che non si unge col tempo, dove si percepisce al tatto un testo in rilievo. Lo produce l’azienda agricola “Bruno Casagrande”, arroccata su una collina che sovrasta Caneva, circondata da novemila giovani alberi di ulivo.

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La sua storia è ventennale: per Bruno Casagrande ha inizio come un hobby a cui dedicarsi nei ritagli di tempo che gli rimangono dopo il lavoro nell’azienda metalmeccanica di cui è proprietario. Ma la passione avanza… e compra circa quaranta ettari di collina, bonifica le cave di carbonato di calcio lì presenti, e vi pianta olivi e vigne. Negli anni la coltivazione diviene un’attività preponderante, che oggi coinvolge il figlio Daniele, anch’egli diviso tra il lavoro di industriale e agricoltore. Il risultato di questo impegno è un olio extra vergine di qualità superiore, dalle proprietà organolettiche del tutto simili all’olio extra vergine del Garda: le varietà impiegate e il clima ventoso della zona costruiscono aroma e un sapore speciali, fatto di frutta, erbe di campo, mandorle e una lieve nota piccante. Uno dei grandi pregi dell’azienda è quello di lavorare secondo i metodi biologici: nessun diserbante, potatura effettuata rispettando l’equilibrio della pianta, concimazioni organiche. In Italia la cultura del biologico è ancora debole. Trova complicato adeguarsi a questa normativa? Solo da un punto di vista finanziario, perché le spese da affrontare sono più ingenti, specialmente per quanto riguarda la difesa contro i parassiti, che per l’olivo è la mosca olearia. Un insetto che nidifica all’interno del frutto e lo rovina irrimediabilmente. Un’azienda normale userebbe un comune antiparassitario tossico per uccidere la larva, magari a più riprese, mentre le armi biologiche sono preventive e meno invasive: si va dalla diffusione di sostanze nocive naturalmente repellenti, all’utilizzo di specifici microorganismi. Un aspetto importante è dato inoltre dall’osservazione del clima: oltre i trenta gradi la mosca non si riproduce. Avete una strumentazione adatta a questo tipo di osservazione? O anche questa è naturale? La coltivazione biologica deve naturalmente tenere sotto controllo la stagionalità e i cambiamenti climatici, ma ad aiutarci è una piccola centralina meteo che abbiamo

Its name is “Oil of the Dogi”, bacause the olive tree has been cultivated in the Pedemontana area, at the foothills of the upper Livenza region, since the times of the Venetian Republic “Serenissima”. It has been packaged in an elegant dark glass bottle with a special measuring cap to dole out the precious product, with a golden-rim grease resistant label with embossed writing. It is produced by the farm of Bruno Casagrande perched on the hilltop above the village of Caneva, surrounded by nine thousand young olive trees. Bruno Casagrande started his activity twenty years ago as a hobby to cultivate only during free time after his work at his own engineering industry. But passion grew … and he bought around forty hectares of hills, reclaiming the carbonate and calcium pits present in that area and planting olive groves and vineyards. During time plant growing became his main activity, involving also his son Daniele, divided same as him between industrial work and agriculture. The result of these efforts is a superior quality extra virgin olive oil having similar organoleptic characteristics to extra virgin olive oil from the Garda region: the cultivars used and the windy weather build a special aroma of fruit, wild herbs, almonds and a slight zesty note. One of the merits of the farm is that it works following biologic methods: no weed killers, pruning carried out respecting the natural balance of the plant, organic fertilizers. In Italy the culture of “organic” is still weak. Is it complicated to comply with norms on organic farming? Only financially, because costs are very high, especially for integrated pest management, the olive fly in this case, which nests inside the fruit spoiling it irreparably. Average farms would use common toxic pesticides to kill the grub – generally at various times – whereas biologic weapons are preventive and less invasive: spreading naturally repellent toxic substances, or using specific micro-organisms. Another important aspect is observing the climate: the olive fly does not breed beyond thirty degrees centigrade. Are there any special instruments for this kind of observation, or do you use natural methods? Biologic farming has a strict control over change of seasons and climate, but we are being helped by a small meteorological station we


MOOD GOOD

Alcune fasi della raccolta e della molitura delle olive Some of the olive harvest and pressing phases

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FOOD

IMAGES: AURELIO TUSHIO TOSCANO - OLIO DEI DOGI ARCHIVE INTERVIEW: SILVIA ALBRIZIO

installato nella nostra proprietà. La rilevazione dei dati giornalieri di temperatura e umidità è fondamentale per capire come procedere per ottenere un prodotto eccellente. Quando comincia il raccolto delle olive e in che maniera si svolge? Ha inizio verso la metà di ottobre, quando il frutto non è ancora totalmente maturo ed è quindi al massimo della sua qualità. Usiamo degli scuotitori meccanici e il resto dei frutti che rimane lo raccogliamo a mano. Successivamente dove vengono portate le olive? Portiamo le olive raccolte nel nostro frantoio, dove vengono defogliate, lavate e spremute a freddo. Una centrifuga separa buccia e residui di nocciolo dalla polpa e dall’olio, che infine raccogliamo e imbottigliamo in giornata. Un campione del raccolto lo facciamo esaminare da un’azienda chimica di Verona, per avere un’analisi completa del prodotto, mentre un team di esperti assaggiatori ci conferma la sua qualità. Quanti litri producete l’anno? Poco meno di diecimila litri, siamo ancora una nicchia di mercato. Come promuovete il vostro olio? Nella vendita al dettaglio abbiamo la nostra piccola clientela, che si estende anche all’Austria, dove l’attenzione al biologico è molto forte. Poi siamo presenti in alcune gastronomie di alto livello. Tuttavia vorremmo sensibilizzare i ristoratori, ancora poco attenti all’olio che utilizzano nei loro menù. In cosa consiste questa poca attenzione? Trovo ci sia un errore concettuale nell’utilizzo degli olii da cucina e da tavolo, perché nella maggioranza dei casi sono totalmente diversi. Nel primo caso si usa un olio economico e poco pregiato, non di rado non extravergine, mentre nel secondo si offre l’olio extravergine più ricercato. Questa mescolanza di sapori sciupa la pietanza. Mi rendo conto che il problema è economico, che l’olio da cucina si consuma in gran quantità e velocemente e quindi è meglio se costa poco, però... Nel nostro piccolo forniamo promozioni speciali per i ristoratori, ma la risposta tarda ad arrivare. Eppure penso che una coerenza di sapore gioverebbe all’interno di un’offerta culinaria superiore.

installed in our property. Daily temperature and humidity data reading is fundamental to understand how we can proceed to obtain an excellent product. When does olive harvest begin, and how does it take place? It starts around half October when the fruit is not completely mature, and expresses its maximum quality. We use mechanical shakers and the rest of the fruit that remains on the trees is picked by hand. And then? We bring the harvest to our oil mill, where olives are defoliated, washed, and cold pressed. A centrifuge separates skins and pits from pulp and oil, which is then collected and bottled the same day. A product sample is analysed by a chemical industry of Verona, so we can have a complete analysis of the product, whereas a team of experienced tasters confirms the quality of our oil. How many litres do you produce per year? Around ten thousand litres, our activity is still a market niche. How can your oil be promoted? We have our small clients in the retail sector, ranging up to Austria, where attention to the biologic is very strong. Then we are present in a few high level delicacy shops. However, we would like to make restaurateurs more aware about the quality of the oil they use in their menus. Could you explain this issue? I think that there is a conceptual error in the use of table and cooking oils, because they are completely different in the majority of cases. A very cheap and low quality oil is used for cooking, very often non-extra virgin, whereas on the restaurant table a bottle of very sought after top quality oil is displayed. This mix of flavours spoils the dish. I know that the nature of the problem is economic, because cooking oil is used in large quantities and quickly, therefore the price should better be low. We offer special promotional tariffs to restaurant keepers, but the feedback is not sufficient yet. Still I think that a certain flavour consistence would benefit a superior culinary offer.

www.oliodeidogi.it


FOCUS ON: ALTOLIVENZA - Il Figo Moro

ARROGANTE DOLCEZZA 16

Il figo moro, protagonista del territorio. ARROGANT SWEETNESS The black fig “figo moro”, a protagonist in the Livenza river area


In effetti il Figo Moro fu per lungo tempo un cibo riservato ai nobili, che ne richiedevano in gran quantità per imbastire squisiti banchetti, ma venne altresì usato per approvvigionare i marinai nelle galee, allo scopo di sostenerli nelle lunghe traversate in mare. L’incontro col figo moro ha un sapore speciale, non solo perché appartiene genuinamente a questa bella creatura spontanea della terra, ma perché ti accorgi che in zone ove mai penseresti ad un simile frutto, hai invece arrogante dolcezza con sapori e profumi del tutto unici. Quando poi scorgi gli alberi anche tra le vigne nobilissime di questi territori, ecco come meglio si percepisce il “miracolo” d’una tale presenza e la gratitudine per chi sa conservare e proseguire tutto questo.

GOOD

A witness of history from the slopes where it grows spontaneously: the black fig “Figo Moro”, is characteristic of the landscape of Caneva and for centuries it has provided precious nourishment to local inhabitants. It was imported by the Phoenicians who arrived here from Asia Minor, but history provides evidence of its diffusion also during the Most Serene Republic of Venice, when its fruit was traded as a precious jewel. In fact, the Figo Moro was considered for a long time food for the rich and noble, who used them in large quantity for their banquets, but it was also supplied to sailors in galleys, to sustain them during long sea crosses. The experience with the Figo Moro has a special flavour, not only because it is a genuine and spontaneous product of the land, but also because thinking of the areas where it grows, you would never imagine its arrogant sweetness and unique flavour. Catching sight of its plants among the noble vineyards of this territory makes you realize the miracle of its presence and feel grateful to those who work to preserve and foster all this.

MOOD

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FOOD

TE

Da secoli osserva la storia dai declivi in cui cresce spontaneamente: è il Figo Moro, frutto caratteristico del paesaggio di Caneva, per lungo tempo fondamentale fonte di nutrimento per le popolazioni che qui vi hanno risieduto. Fu importato dai Fenici, che dall’Asia Minore giunsero in queste zone, ma le testimonianze arrivate fino a noi raccontano della sua diffusione anche durante il periodo della Serenissima Repubblica Veneta, che commerciava i suoi frutti come gemme preziose.


FOCUS ON: ALTOLIVENZA - Il figo Moro

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“Abbiamo studiato molto prima di realizzare questi prodotti, facendoci aiutare da diversi professionisti del settore. Vorremmo riportare il palato dei consumatori ai sapori precolombiani, quelli che definivano il nostro territorio prima dell’avvento del pomodoro e della sua tipica acidità.” “We have been studying a lot - with the aid of several professionals before deciding which products we could realise. We would like to let the palate of our consumers taste pre-Columbian flavours, the characteristic flavours of our territory before the tomato arrived, with its typical acidity.”

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Il Figo Moro è riconosciuto ufficialmente dal 2006, anno di nascita del Consorzio per la tutela e la valorizzazione del “FigoMoro” da Caneva, cui fanno capo il Presidente Sandro Mutton e il Presidente onorario Gianni Coan. Sono loro a raccontarci in che modo attualmente questo delizioso prodotto della natura viene promosso e fatto conoscere al mondo. Di cosa si occupa il consorzio del “Figo Moro” da Caneva? Sono principalmente due le maggiori attività: la coltivazione e la commercializzazione del frutto fresco e la sua trasformazione in prodotti soprattutto gastronomici. È complicato coltivare il “Figo Moro”? No, anzi. È un albero che non necessita di alcuna cura, se non la normale potatura. Il fico è una pianta che cresce spontanea e non ha parassiti naturali. Si può affermare che la sua coltivazione è a tutti gli effetti biologica. Quali sono le caratteristiche di questo prodotto? È giusto chiarire che i frutti che l’albero produce sono di due tipi. Il meno pregiato è il primo a sbocciare, si chiama fiorone e si raccoglie a marzo. Pur essendo più grande e meno gustoso, è quello che nel mercato si vende meglio, perché rappresenta la prima offerta della stagione. Il secondo frutto si raccoglie a settembre, è più piccolo ma dal sapore decisamente più dolce e saporito. Quest’ultimo è di una qualità superiore, ricco in zuccheri, in fibra, potassio, fosforo e calcio. Ha dimostrato una grande concentrazione di antociani, antioassidanti e antiradicalici naturali. La buccia è violacea ed estremamente sottile, particolarità che lo rendono molto delicato da maneggiare. Dove distribuite il “Figo Moro”? Collaboriamo con la grande distribuzione. Data la delicatezza del prodotto, li confezioniamo uno ad uno nelle cassette o in apposite scatole che ne identifichino la qualità. Il fico è un frutto che deperisce con facilità. Come utilizzate gli scarti o di quella parte di raccolto che non

www.figomoro.it

The Figo Moro has been officially recognized from 2006 – when the Consortium for the Protection of the Figo Moro from Caneva was created, with Sandro Mutton as Chairman and Gianni Coan as Honorary Chairman. These people tell us how this delicious product of the land is actually being promoted all over the world. What does the Consortium of the “Figo Moro from Caneva” deal with, in details? Two are the major activities: cultivating and selling the fresh fruit, and transforming it into different products, in particular, gastronomic products. Is “Figo Moro” difficult to cultivate? On the contrary. It doesn’t require any particular care, only common pruning. The fig plant grows spontaneously and has no natural parasites. Its cultivation is totally biologic. Which are the characteristics of this product? For the sake of clarity, this fig tree produces two different types of fruit. The earliest fruit, called “fiorone”, can be picked up already in March. Although it is bigger and less tasty, it is sold more easily on the market, because it is the first offer of the season. The second is picked up in September, it is smaller but definitely sweeter and tastier. The quality of this fruit is superior, it is rich in sugar, fibre, potassium, phosphorus and calcium. It contains high levels of anthocyanins, antioxidants, and natural anti-radicals. Its skin is purple and particularly thin, making it more delicate to handle. Where is the “Figo Moro” distributed? We collaborate with retail channels. Considering the extremely delicate nature of this fruit, we package the figs one by one into wooden crates or special dedicated boxes identifying their quality. The fig is a highly perishable product. How do you reuse reject products, or the part of the crop that is not distributed? We process them to obtain jams, sauces and cooking


Il Presidente del Consorzio del Figo Moro Sandro Mutton e il Presidente onorario del consorzio Gianni Coan. Chairman of Figo Moro consortium Sandro Mutton and the Honorary Chairman Gianni Coan.

MOOD

preparations. We have been studying a lot - with the aid of several professionals - before deciding which products we could realise. The first we made is caramelised figs, that we called “i Canevoti” (“products from Caneva”, a small town in the province on Pordenone, n.d.t.): a traditional recipe, used not only in professional confectionery, but also to accompany different types of cheeses. Then we have the jams “Fffigata” and “Ciocomoro”, the latter of which has been added chocolate to make it a cream to spread for breakfast or tea. Do you collaborate with restaurants? Restaurants are vital for us. We were also requested by a few of them to create new products: so we invented the fig sauces with chilli peppers, mustard, rosemary and sage, pairing perfectly with meat dishes, following the tradition of Austria or Northern Europe in general. Then we made a cooking preparation to add to pasta and rice dishes, or dumplings. It was appreciated a lot also on top of pizza! We would like to let the palate of our consumers taste pre-Columbian flavours, the characteristic flavours of our territory before the tomato arrived, with its typical acidity. Any fig-based beverages? Sure, our offer includes caramel extracted from fig sugar, and two types of fig-vinegar: “l’Aseo”, white, and “l’Aseomoro”, black. Finally, the re-fermented fig-beer “Valscura”, produced in collaboration with a local artisanal brewery. Other products? The fig-grain based shower foam and scrub, for instance. Through the consortium we are working hard to promote a fruit with so many properties, that can be used and enjoyed at any time of the day and in all occasions, from breakfast to dinner.

GOOD

viene distribuita? La trasformiamo per creare confetture, salse e preparati per cucina. Abbiamo studiato molto prima di realizzare questi prodotti, facendoci aiutare da diversi professionisti del settore. Il primo progetto sono stati i fichi caramellati, che noi chiamiamo “i Canevoti”: una ricetta tradizionale, che viene usata non solo in pasticceria ma anche per accompagnare formaggi di diversa stagionatura. Poi ci sono le confetture come la “Fffigata” e il “Ciocomoro”, a cui abbiamo aggiunto la cioccolata, rendendola una crema da spalmare e gustare a colazione o come merenda. Collaborate con qualche ristorante? Sì, è una risorsa indispensabile per la nostra produzione. Addirittura alcuni ristoratori ci hanno espressamente richiesto di ideare nuovi articoli: così sono nate le salse col peperoncino, con la senape, col rosmarino e la salvia, che si uniscono in modo sublime a piatti a base di carne, come tradizionalmente avviene in Austria o nel Nord Europa. A questi si aggiunge il preparato per cucina, una base per la pastasciutta, i risotti o gli gnocchi. È stata molto apprezzata anche sulla pizza. Vogliamo riportare il palato dei consumatori ai sapori precolombiani, quelli che definivano il nostro territorio prima dell’avvento del pomodoro e della sua tipica acidità. Esistono anche bevande a base di fico? Sì, nella nostra offerta includiamo il caramello, estratto dagli zuccheri del fico, e due tipi di aceto: l’Aseo e l’Aseomoro. Infine la birra di fichi rifermentata, la Valscura, che produciamo con un’azienda artigianale. Altri prodotti? Il docciaschiuma e lo scrub a base di granuli di fico. Con il nostro consorzio ci stiamo impegnando a promuovere un frutto dalle proprietà così variegate da poter essere usato e consumato davvero in qualunque momento della giornata, utile per qualsiasi occasione, dalla colazione alla cena.

FOOD

IMAGES: AURELIO TUSHIO TOSCANO - ALESSANDRO CARLOT INTERVIEW: SILVIA ALBRIZIO

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FOCUS ON: ALTOLIVENZA - Birra Valscura

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LA BIONDA PASSIONALE DELLA VALSCURA

Una birra moderna, venuta dalla tradizione. THE PASSIONATE BLONDE FROM VALSCURA A modern beer, came from tradition.


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PASSION ALE

Renata Danieli e Gabriele Mazzer, fotografati nella sala degustazione e nel birrificio. Renata Danieli and Gabriel Mazzer, photographed in the tasting room and in brewery.

MOOD

Which beer types do you produce? Gabriele: “The first we created was Liquentia, a classic pale ale. Subsequently we have produced also bitters, like Gerambata, an English style beer. With time we experimented on more peculiar beers, the Canipa, for example, a spicy beer inspired to us by a Medieval recipe, to which we added a mix of officinal herbs, spelt, rye, peppermint, absinth, and the bitterness of chicory, thistle and artichoke.” How can you create the right flavour pairing? Renata: “Trying and trying again. The latest beer is always the best for us! We are the first tasters of our products and when we conceive a new one we know exactly which flavour we want to obtain. However, we do not invent anything that does not already exist, we simply re-interpret traditional recipes. Other successful mixes are Valscura, with scents of liquorice, and Castagna, in which the flavour of the chestnut is distinct,

GOOD

È quest’ultima rappresentazione quella presente nelle etichette della birra Valscura, prodotta a Sarone di Caneva dai coniugi Renata Danieli e Gabriele Mazzer in un microbirrificio artigianale, un autentico protagonista di questo settore. Nata ufficialmente nel 2007, la piccola azienda produce quattrocento ettolitri l’anno confezionati in circa quarantamila bottiglie di birra, vendute soprattutto al dettaglio nella sala degustazione adiacente la fabbrica. Ma già tanti sono stati i riconoscimenti collezionati in questi anni: tra i più importanti, il primo e il secondo premio al Beer Challenge di Londra, nel 2010 e nel 2011 e il primo premio come miglior birra alla castagna al concorso Unionbirrai di Rimini del 2010. È soprattutto Renata a coordinare le attività dell’azienda: il marito lavora nel settore dell’impiantistica e aiuta la moglie quando possibile. Con un passato nel mondo della ristorazione, la donna dimostra di avere idee molto chiare sul futuro della Valscura: “Sogno di aprire un’osteria vecchio stile, dove proporre, oltre alle nostre birre, prodotti di qualità. Ci piace l’idea di rimanere una nicchia per appassionati.” Gabriele, invece, spera un giorno di “esportare la nostra birra a quegli italiani all’estero che vogliono riassaporare le bontà delle nostre terre.” Ci descrivete i tipi di birre che producete? Gabriele: “La prima che abbiamo creato è stata la Liquentia, una classica bionda chiara. Col tempo abbiamo realizzato birre più ambrate, come la Gerambrata, richiamo allo stile inglese. Successivamente sono arrivate le birre più particolari, come la Canipa, dal sapore speziato: per farla abbiamo trovato l’ispirazione da una ricetta risalente al Medioevo a cui abbiamo aggiunto una speciale miscela di erbe officinali, farro e segale, menta

King Gambrinus is identified in legends as the inventor and patron saint of beer, and the hardest, unbeatable beer drinker ever in the world. An old German ballad dedicated to him says: “Gambrinus was he called until he lived, he reigned over Flanders and Brabant. First he extracted malt from barley, then he made of beer brewing a brilliant art, to the point that his descendants were proud of having had a King, a Master teacher”. He has been variously depicted, as a plump old man, or a robust Viking hulk, in any case always intent on raising an overflowing beer stein to the sky. This is the picture present in Valscura beer labels, a beer produced in the small village of Sarone di Caneva by Gabriele Mazzer and his wife Renata Danieli in an artisanal “micro-brewery”, a real protagonist in this sector. The small brewery was officially born in 2007. It produces four hundred hectolitres of bottled beer per year, mainly sold in the tasting room adjacent to the factory. Despite the recent activity, the brewery has already been awarded several prizes: among the most important, the first and second prize at the Beer Challenge competition in London in 2010 and 2011, and the first prize for the best chestnut beer at the “Unionbirrai” competition in Rimini in 2010. Renata is mainly the one who coordinates company activities; her husband works in the plant engineering sector, and helps his wife whenever possible. With her past as a restaurateur, Renata has a clear view of the future of Valscura: “I dream of opening an old style osteria, proposing our beers and other top quality products. We like the idea of continuing to be a niche for food and wine lovers”. Gabriele, instead, dreams about “exporting our beer, for those Italian living abroad who want to taste again the specialities of our land”.

FOOD

La leggenda identifica Re Gambrinus come l’inventore e il patrono della birra, nonché come il più grande e imbattibile bevitore della bionda bevanda mai esistito al mondo. Una ballata germanica a lui dedicata recita: “Gambrinus fue chiamato finché visse, regnò in quel di Fiandre e di Bramante. Dall'orzo il malto pria di tutto estrasse, poscia di birra fe' l'arte brillante tal che li posteri vantasse d'aver avuto un Re, Mastro insegnante”. È un personaggio dalle fattezze mutabili, raffigurato di volta in volta come un panciuto signorotto, o come un aitante omaccione dalle fattezze vichinghe, comunque sempre intento a elevare al cielo un boccale traboccante di schiuma.


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piperita, assenzio e l’amaro della cicoria, il cardo e il carciofo.” Come riuscite a creare il giusto abbinamento di sapore? Renata: “Provando e riprovando. Per noi l’ultima birra è sempre la più buona. Siamo i primi assaggiatori del nostro prodotto e quando ne ideiamo uno abbiamo ben in mente il gusto che vogliamo ottenere. Tuttavia non inventiamo nulla di nuovo, semplicemente reinterpretiamo ricette tradizionali. Altre miscele di successo sono rappresentate dalla Valscura, con sentori di liquirizia, la Castagna, in cui si percepisce il miele e la castagna e il Fich, al Figo Moro.” Com’è nata la collaborazione col consorzio che gestisce la coltivazione del FigoMoro? Gabriele: “Un giorno vidi in un bar della zona alcune informazioni sul consorzio. Decisi di contattarli e loro mi fecero provare i fichi caramellati. Pensai: il fico è un frutto che fermenta, perché non provare a crearci una birra? Gli proposi l’idea, gli piacque e da lì abbiamo avuto l’esclusiva per la produzione.” A quale birra siete più legati? Gabriele: “Alla Passionale, una doppio malto fermentata con lieviti selezionati. È quella che ci ha dato più soddisfazione, la più apprezzata dai nostri clienti.” In che modo si degusta una birra? Gabriele: “È un procedimento molto simile alla degustazione del vino: si osserva il colore, l’opacità, poi si procede con l’analisi dei profumi e, infine, si arriva alla descrizione gustativa dopo un piccolo sorso. Essendo però una bevanda ben diversa dal vino, esistono delle differenze sostanziali, dagli aromi alla consistenza, che necessitano di particolari studi. C’è molta gente che sta analizzando l’esatta maniera per descriverla al meglio; nel nostro piccolo abbiamo instaurato una collaborazione con un sommelier, perché giudichi con obiettività i nostri prodotti.” Avete mai pensato di abbinare alle vostre birre delle particolari pietanze? Gabriele: “Siamo in contatto con un cuoco della scuola alberghiera di Aviano, che puntualmente ci fornisce delle ricette a cui associare i nostri prodotti. Vogliamo inserirle presto nel nostro sito internet, per diffonderle a tutti. Inoltre una pasticceria di San Giovanni Casarsa confeziona, durante le festività, panettoni e colombe utilizzando proprio le nostre birre nell’impasto.” Nuove birre in cantiere? Gabriele: “Quest’anno tra le novità c’è la Patriarcale, che abbiamo realizzato in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, con tre tipi di malto da centocinquanta kg e messa a bollire per centocinquanta minuti. Un procedimento appositamente effettuato per l’evento, dato che normalmente la bollitura dura sessanta minuti.” Una curiosità: con cosa accompagnate i vostri pasti quotidiani? Renata: “Solitamente beviamo la nostra birra, per praticità, ma non disdegniamo un bicchiere di vino, ma che sia buono!”

www.valscura.com

and Fich, made with the black fig “Figo Moro”. How was this collaboration with the consortium that manages “Figo Moro” born? Gabriele: “One day I read some ads providing info about the consortium in a local bar. I decided to contact them and they made me try their caramelised figs. I thought: the fig is a fruit that ferments, why not trying to produce a beer out of it? I proposed my idea to them, which they liked, and we obtained the exclusive right to produce it. Which is your favourite beer? Gabriele: “Passionale, a double malt beer fermented with selected yeasts. This is the one that gave us more satisfaction, it is the most appreciated by our clients.” Which is the correct way to taste a beer? Gabriele: “Beer tasting is similar to wine tasting. The first step is to observe the colour and opacity, then with perfume analysis, and finally with the tasting and relevant description after a sip. However, being very different from wine, there are a few substantial differences, from aroma to thickness, which have to be studied. Many people are trying to find out the exact and better way to describe beer. As for us, we have started cooperating with a sommelier, who can judge our products in the most neutral way. Have you ever thought of pairing your beers with any particular food? Gabriele: “We have been in contact with a chef from the hotel-management school of Aviano, who punctually provides us with new recipes to pair our beers with. We would like to put them on our website soon, to make them known to all. Moreover, during festivities a confectioner’s shop in San Giovanni di Casarsa produces typical Italian Christmas and Easter cakes - “panettone” and “colomba” using our beers in the dough.” Any new beers on the go? Gabriele: “This year among the novelties we have the Patriarcale, produced on the occasion of the 150th Anniversary of Italian Unity, containing three types of malt for a total bulk of 150 kg, let to ferment for 150 minutes. This procedure was created ad-hoc for this event, as usually fermentation lasts sixty minutes. For the sake of curiosity, what do you drink at meal? Renata: “We usually drink our beer, for convenience, but we don’t mind to have a glass of wine sometimes, but only if it’s good!”

FICH

IMAGES: AURELIO TUSHIO TOSCANO INTERVIEW: SILVIA ALBRIZIO

FOCUS ON: ALTOLIVENZA - Birra Valscura


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MEZZOSALE

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LOCANDA MEZZOSALE “MEZZOSALE” INN Il paesaggio dall’evocativa bellezza, dove verdi colline adornano la città e uve mature dai riflessi dorati si adagiano sui dolci pendii settembrini, è la cornice naturale che accoglie i visitatori. A pochi chilometri da Venezia, nel centro storico di Conegliano, avvolto in magiche atmosfere medievali, un antico palazzo del 1400, ristrutturato tra il XIX e il XX secolo, ospita la Locanda Mezzosale ed il suo ristorante. All’interno, uno stile contemporaneo, elegante e raffinato caratterizza la struttura, offrendo il massimo comfort unito all’accuratezza di dettagli e a materiali di pregio. Le sei camere, ognuna dedicata a un fiore, sono arredate in cromatica armonia e si affacciano su piazza Cima e su una romantica corte interna. La Locanda offre la possibilità di avere la prima colazione, nel tipico stile italiano, servita presso la vicina pasticceria convenzionata, per gustare fin dalle prime ore del mattino i sapori tipicamente italiani. L’accogliente atmosfera, l’alto profilo tecnologico che si avvale di un accesso wi-fi gratuito in ogni stanza e i servizi di cortesia, come il bike sharing per piccole escursioni urbane in bici o il vicino parcheggio coperto e custodito, rendono la Locanda Mezzosaleil luogo ideale per un piacevole soggiorno. Luogo di delizie e percorso enogastronomico alla scoperta di specialità italiane, rappresenta un emozionante viaggio da nord a sud, accompagnati da una selezionata carta dei vini, che mette in

A landscape of evocative beauty where green hills roll on the outskirts of the town and ripe golden grapes loll on the gentle slopes in the September sun, this is the backdrop that welcomes our visitors. Close to Venice, in the historical centre of Conegliano enveloped in a magical medieval atmosphere, an ancient building dating from 1400, refurbished between the 19th and 20th centuries, is home to the Locanda Mezzosale and its restaurant. Within, a contemporary, elegant and refined style characterizes the establishment, offering maximum comfort married with attention to every detail and the most prestigious fixtures and fittings. The six rooms, each dedicated to a flower, are harmoniously


Luigi Granzotto, Chef Luigi Granzotto, giovane Chef trevigiano, originario di Susegana e diplomato presso la Scuola Alberghiera di Vittorio Veneto (TV), ha avuto una formazione di rilievo, lavorando con passione dapprima alla scuola di Alajmo, nel Ristorante Le Calandre di Rubano (PD) e successivamente presso la Locanda Marinelli di Farra di Soligo (TV). Combina con delicatezza l’attenzione alle materie prime stagionali del territorio e la valorizzazione dei sapori di tutta la penisola, creando piatti di raro e armonico equilibrio. Non mancano nel suo repertorio le eccellenze gastronomiche estere, selezionate con sapiente cura. “Prediligo la materia prima di qualità, sia essa semplice farina o complesso foie gras. Gli ingredienti che preferisco sono le erbette e i fiori, perché arricchiscono i piatti senza coprirne gli aromi e conferiscono un aspetto fresco e vivace.”

LOCANDA MEZZOSALE via XX Settembre, 94/96 31015 Conegliano (TV) . Italia BISTROT (+39) 0438 336 717 LOCANDA (+39) 393 504 5323 . (+39) 328 637 9216

FOOD

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decorated and look over either Cima Square or a romantic internal courtyard. The Locanda offers the possibility of having breakfast in typical style at a nearby bakery, savouring real Italian flavours from the very start of the day. The welcoming atmosphere, high-tech surroundings with free wi-fi access in every room and courtesy services such as bike sharing for short excursions in the town and the nearby indoor guarded car park, make Locanda Mezzosale the ideal place for a pleasant stay. With its delights Mezzosale is a guide to special Italian wines and foods and provides its guests with an exciting journey from north to south, accompanied by select wines that exalt national specialities and include a wide range of sparkling wine and, naturally, Prosecco from the best local cellars. Why is it called “Mezzosale”? Because it is the name of a bread with a simple secret: half the amount of salt. It’s a favourite with healthy eaters, and above all it is a high quality example of our daily staple: quality meaning excellent ingredients, leavening times that respect natural rythms, artisanal freshness and, not least, the guarantee of fresh baked goods every day. Mezzosale Inn is part of the Consortium of Figo Moro of Caneva.

MOOD

risalto le eccellenze nazionali, tra cui una vasta selezione di spumanti e naturalmente Prosecco delle migliori cantine locali. Perché questo nome? “Mezzosale” indica il nome di un pane dal segreto semplice: mezza quantità di sale. Piace a chi è attento ad un’alimentazione sana, ma soprattutto è un esempio di qualità per il nostro alimento primario quotidiano: qualità intesa come materie prime di eccellenza, tempi di fermentazione che rispettano i ritmi naturali, freschezza artigianale e, non ultima, garanzia di trovare ogni giorno un prodotto fresco dal panificio. La Locanda fa parte del Consorzio del Figo Moro di Caneva.

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GOOD

Luigi Granzotto, our young Trevisan chef, is originally from Susegana and graduated from the Hotelier school of Vittorio Veneto (TV). He undertook a noteworthy apprenticeship, working with passion first and the Alajmo school, in the restaurant Le Calandre di Rubano (PD) and then at the Locanda Marinelli in Farra di Soligo (TV). He combines attention to seasonal local ingredients and appreciation of the tastes of the whole peninsula with delicacy, creating dishes of rare harmony. Gastronomic delights from foreign climes are not neglected, but selected with knowledge and taste. “I choose the highest quality ingredients, whether simple flour or not-so-simple foie gras. Among my favourite ingredients are salad leaves and flours, because the enrich a dish without compromising its aromas and add a fresh and vivacious touch.”

www.locandamezzosale.it


I ETTA D LA RICecipe of the r

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GALLO RUSPANTE DI CAMPAGNA IN CASSERUOLA “pit in tecia”

INGREDIENTS (4/6 PEOPLE): An organically fed domestic fowl raised outdoor Extra virgin olive oil 1 onion 1 carrot 1 celery Salt and pepper to taste 1 glass of Prosecco wine The rind of half lemon San Marzano tomato puree, 4 tomatoes

Tagliare il pollo in 10-12 piccole parti (eliminando la spina dorsale, collo, e testa che si possono poi riutilizzare per farne un brodo). Spezzettare a dadini la cipolla, carota e sedano, facendoli imbiondire su una padella di alluminio con olio extra vergine di oliva. Aggiungere i tocchetti di pollo, salarli e peparli, spruzzarli con il prosecco e quindi inserire la buccia del limone e la passata di pomodoro. Fare rosolare bene il pollo aggiungendo poco alla volta un goccio d’acqua (facendo attenzione a non aggiungerne troppa per non lessarlo.) e cuocerlo per circa un’ora e mezza. Si consiglia di servirlo con polenta gialla di mais sponcio della Val Belluna e un po’ di sugo, abbinato con un buon vino rosso come il Raboso Piave o Pinot Nero.

Cut the chicken into 10-12 pieces (remove backbone, neck and head, which can be used to make a broth) Dice the onion, carrot and celery and brown them lightly in an aluminium pan with extra virgin olive oil. Add the chicken pieces, salt and pepper to taste, and sprinkle with Prosecco wine. Add the lemon rind and tomato puree. Brown the chicken well adding a dash of water from time to time (not too much, the meat does not have to be boiled), and cook for one hour and a half. Serve it with yellow polenta from “sponcio” variety corn from Val Belluna, in northern Veneto, and some of its sauce, pairing the dish with a good red wine like Raboso Piave or local Pinot Noir.

MOOD

INGREDIENTI (PER 4/6 PERSONE): Un pollo ruspante (allevato a terra con metodi naturali possibilmente in batteria) Olio extra vergine di oliva q.b. 1 cipolla 1 carota 1 sedano Sale e pepe q.b. 1 bicchiere di Prosecco La scorza intera di mezzo limone Passata di 4 pomodori San Marzano

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GOOD

DOMESTIC FOWL CASSEROLE WITH “SPONCIO” CORN VARIETY POLENTA

FOOD

IMAGES: AURELIO TUSHIO TOSCANO RECIPE: GIULIA POL, OWNER OF “AI CADELACH” HOTEL RESTAURANT AND WELLNESS CENTRE

CON POLENTA DI MAIS SPONCIO

www.cadelach.it


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Segnali d'erbe e di spezie SIGNALS OF HERBS AND SPICES

Bruno Sganga


Le spezie sono ricavate da piante aromatiche per lo più tropicali, delle quali si usano parti diverse in base al risultato che si desidera ottenere. Le erbe o verdure, sono invece coltivate negli orti o presenti allo stato selvatico, e vengono usate fresche durante la primavera e l’estate. Spices are obtained from certain varieties of aromatic plants, often from tropical countries, and they can be extracted from different plant parts. Herbs or vegetables are generally grown in gardens or spontaneously, and they are eaten freshly picked in spring or summer.

utilizzate per i nostri piatti: anice, cannella, cardamomo, chiodi di garofano, coriandolo, cumino, curcuma, curry, finocchio selvatico, ginepro, noce moscata, paprika, pepe, senape, vaniglia, zafferano e zenzero. Mentre le erbe o verdure (foglie e steli) sono generalmente coltivate negli orti o presenti anche allo stato selvatico; normalmente vengono consumate fresche durante la primavera e l’estate, ma sono anche reperibili grazie alle coltivazioni in serra, ovviamente con un diverso risultato finale, seppure non così lontano. Tra le principali erbe usate in cucina vanno maggiormente ricordate: aglio, alloro, aneto, basilico, cappero, cerfoglio,

ignored following the modern concept of food – are being significantly reappraised and re-introduced. How can you resist before a dish of classic herbs tortelli, clean tomato and basil spaghetti, nettle or wild herbs risotto, traditional bread with fennel or poppy seeds, but also horseradish or grains in general, boiled saltwort, or crème caramel flavoured with basil or candied fruit? Herbs and spices are essential ingredients to add taste and perfume to every dish, precious for a traditional and genuine cooking style. They bring out the natural flavour of food and often allow to cut down on condiment and salt, thus complying with natural diets and preserving your health. Their flavour is even more distinguished

if they are consumed raw. However, wild herbs and spices are often confused and mixed-up. For the sake of clarity, spices are normally substances obtained from certain varieties of aromatic plants, often from tropical countries, and they can be extracted from different plant parts, in particular: the bark (cinnamon), flower buds (cloves), stigmas (saffron), seeds (pepper), and so on. Among the spices most frequently used in our dishes – aniseeds, cinnamon, cardamom, cloves, coriander, cumin, curcuma, curry, wild fennel seeds, juniper berries, nutmeg, paprika, pepper, mustard, vanilla, saffron and ginger. Herbs or vegetables (leaves and stems), on the other hand, are generally grown in gardens, but they can also grow spontaneously, and normally they are eaten freshly picked in spring or summer, but they can also be found in greenhouses, with a slightly less intense flavour, though. Among the main herbs used for cooking we can list: garlic, bay leaves, dill, basil, capers, chervil, onion, watercress, tarragon, chives, marjoram, mint, oregano, chilli pepper, parsley, rosemary, sage, savory, green onion, thyme. It shall be remembered likewise that herbs and spices are also used to preserve food, as they can prevent proliferation of bacteria, see for example the use of pepper in salami or cloves and cinnamon to avoid that cooked apples go rancid. For their intense and penetrating taste, they should be used with parsimony, not to cover the whole flavour of the dish. Spices are available in different

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MOOD

There is an increasing desire for nature in the air, for the need to re-conquer a slower-pace life, and a more intimate relation with nature. This trend is catching on also in cooking, and in a more sensible use of raw materials. It is no wonder then that herbs and spices, but also flowers – frequently

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provenienti per lo più da paesi tropicali, e di queste si utilizzano parti diverse secondo il tipo di spezia che si desidera ottenere. La corteccia (per la cannella), i bottoni floreali (per i chiodi di garofano), gli stimmi (per lo zafferano), i semi (per il pepe) e così via. Tra le spezie più

FOOD

C’è più voglia di natura in giro, per il bisogno di riappropriarsi di una vita con ritmi più lenti, in un rapporto più intimo con la natura stessa. Una tendenza che sta prevalendo anche in cucina e nell’utilizzo più attento delle materie prime. Per cui non sorprende che erbe e spezie (ma anche fiori), ingredienti talvolta trascurati in una visione moderna del cibo, abbiano invece un ritorno e un utilizzo sempre più significativi. Come non convincersi dinanzi a classici tortelli d’erbetta, a uno spaghetto rigoroso di pomodoro e basilico, a un risotto alle ortiche o con varie erbe di campo, al pane tradizionale insaporito di semi di finocchio, ma anche dinanzi al papavero, al rafano e ad altre granaglie? O ancora, davanti alle barbe dei frati lessate, o a un crème caramel al basilico o ai fiori canditi? Erbe e spezie sono dunque ingredienti indispensabili per dare gusto e profumo ai piatti, preziosi per una cucina tradizionale e genuina; esaltano i sapori di molti piatti e, in molti casi, permettono di ridurne i condimenti e l'apporto di sale, quindi utili per diete naturali e la salute. Naturalmente consumate crude sono molto più aromatiche e con un’identità più determinata; accade però che molto spesso vengono confuse le spezie con le erbe (o erbe aromatiche). Per fare un po’ di chiarezza va detto che le spezie sono di norma le sostanze ricavate da alcune varietà di piante aromatiche,


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Le spezie in polvere sono più pratiche di quelle intere, ma anche le più veloci nel perdere l’aroma: al momento dell’acquisto è bene controllare che non contengano grumi, indice di poca freschezza. The powdered spices are more practical, but also the fastest in losing the scent: at the time of purchase you should check that they don’t contain lumps, sign of little freshness.

cipolla, crescione, dragoncello, erba cipollina, maggiorana, menta, origano, peperoncino, prezzemolo, rosmarino, salvia, santoreggia, scalogno e timo. Parimenti non va dimenticato che nella conservazione dei cibi l'uso di particolari erbe e spezie ha lo scopo d'impedire il proliferare della flora batterica, come ad esempio il pepe nel salame o i chiodi di garofano o la cannella per non far irrancidire le mele. E per il loro gusto piuttosto intenso e molto penetrante, è bene dunque adottarne un utilizzo piuttosto parsimonioso, se non si vuole correre il rischio di ricoprire del tutto il sapore della vivanda stessa. Si tenga conto che le spezie si possono trovare in commercio sotto diverse forme: intere, che sprigionano ovviamente il meglio quando sono fresche e mantenendo a lungo il loro aroma; in polvere, più pratiche ma anche più veloci a perdere l'aroma (quando si acquistano è bene controllare che non contengano grumi, indice di poca freschezza). Esistono anche in pasta, molto pratiche nell'utilizzo e in grado di mantenere a lungo il sapore; sono però piuttosto deperibili. Infine ci sono quelle estratte, comode da dosare, ma spesso riprodotte sinteticamente; per cui il profumo quasi sempre risulta essere eccessivamente penetrante o con un sentore vagamente metallico. È anche possibile supplire alla mancanza di erbe fresche utilizzando il freezer, basta semplicemente acquistare l'erba aromatica nella stagione giusta, lavarla, asciugarla e metterla in congelatore all'interno di un foglietto di alluminio a foglie intere o tritate; è importante avere l'accortezza di non fare un pacchetto unico, ma di predisporne diversi monodose da utilizzare poi al momento. Mescolare le erbe è oltretutto una diffusa abitudine, che serve per aromatizzare più riccamente minestre, stufati ed arrosti, con composizioni come il bouquet chiamato Garni: un mazzetto di erbe aromatiche ben legate con un sottile spago da cucina, che a fine cottura viene tolto dal cibo con facilità e si ottengono salse e condimenti più


SEGNALI D'ERBE E DI SPEZIE

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formats: whole, giving the best of their flavour when fresh and keeping for a long time; in powder, more handy, but losing the flavour quite soon. Moreover, the powder should always be checked against lumps before buying it, as this means that the product is old. They are also available in paste, very convenient to use and keeping the flavour for a long time, but paste is quite perishable; and finally the extracts, easy to dose, but often synthetically reproduced, therefore the smell is often too pungent or slightly metallic. As regards fresh herbs, it is also possible to freeze them so they are always available, they can be bought when the season is favourable, washed, dried and frozen in singledoses into metallic foil either entire or chopped. Mixing them is a popular good habit - to add flavour to soups, stews and roasts – into several different mixes and formulas like the “Garni”, a small garnished bunch of well-tied aromatic herbs that can be easily taken out the food when cooking is completed, keeping the sauce free from leaves and bits, and smoother. Or “Berberé”, a spicy mix of 15 finely chopped spices – among which ginger, coriander, cardamom seeds, nutmeg, cloves, cinnamon, black and abundant chilli pepper - used in Ethiopia to prepare stews, meat and soups. And the famous “curry”: a mix of spices from Far East used in many preparations, therefore there are several different curry mixes, according to the region of origin, that can contain ten or more spice types. Also dry herbs mixes are very useful and easily available in supermarkets, adding great taste to grilled meat or fish. There is a touch of magic and alchemy in the fascinating world of spices, from which several legends, stories and curiosity originated, so that a whole thick volume could be written. When we come closer to herbs and spices, it is not a mere matter of culinary attention – either professional or homely – but rather a charming experience deriving from ancient and everinvolving emotions, which shall never be forgotten.

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FOOD

ART COMPOSITIONS: GIOVANNI BET - TEXT: BRUNO SGANGA

IMAGES: DANIEL BATTISTON - ZSUZSANNA KILIAN - BEV LLOYD-ROBERTS - AURELIO TUSHIO TOSCANO

vellutati ed omogenei, privi delle foglie e dei residui di erbe. Oppure con l’alternativa del berberé, una miscela piccante usata in Etiopia per la preparazione d’umidi, di carni e minestre e che raccoglie circa 15 spezie tritate tra le quali lo zenzero, il coriandolo, i semi di cardamomo, la noce moscata, i chiodi di garofano, la cannella, il pepe nero ed abbondante di peperoncino piccante. O ancora il più famoso curry: una miscela di spezie, proveniente dall’Estremo Oriente utilizzata per preparazioni come per esempio quelle in umido; esistono tante miscele di curry che variano secondo la regione di provenienza e che possono contenere una decina di spezie. Ma si possono anche utilizzare miscele di erbe essiccate (facilmente reperibili nei supermercati) che sulle carni o sui pesci alla griglia sono fantastiche. In questo fascino c’è anche un tocco di magia e alchimia che fa nascere leggende; tante sono le piccole storie e curiosità intorno alle spezie, così tante che se ne potrebbe fare un immenso volume di raccolta. Dunque quando ci avviciniamo alle erbe e alle spezie non si accende solo un’attenzione culinaria, che sia professionale o d’una cucina casalinga, ma un fascino dalle emozioni antiche e sempre coinvolgenti, da non dimenticare mai.


ORO VINI E CASONATO VINI

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L’AMORE PER IL TERRITORIO E PER I SUOI FRUTTI LOVE FOR THE TERRITORY AND ITS FRUITS “OroVini” e “Casonato Vini” sono produzioni dall’Azienda Agricola CASONATO, che ha sede a Loncon di Annone Veneto, lungo la strada dei vini DOC del LisonPramaggiore e nella zona più antica della DOC, cosiddetta del “Classico”. Un’attività avviata nel 1925, che ha visto crescere l’esperienza vinicola di generazione in generazione, grazie a un autentico amore per il territorio e per i suoi frutti. Oggi, sotto la guida di Daniele Casonato (con la valente presenza di Tiziano Sorgon in Oro Vini), l’azienda agricola è l’espressione di un costante impegno nell’affinare le tecniche di lavorazione delle uve (tutte di proprietà), con grande attenzione per le novità tecnologiche e nel pieno rispetto delle tradizione. Nella produzione Oro Vini spiccano: INNOMINABILE CUVÉE BRUT Uno spumante dal fine perlage, un vino giusto dai terreni argillosi del Lison-Pramaggiore mitigati dalla vicinanza del mare; un Cuvée dal gusto fresco ed armonioso, ma ricco di storia: un vin che xé oro! Un vero e proprio

“OroVini” and “Casonato Vini” are produced by Azienda Agricola Casonato, located in Loncon di Annone Veneto, Venice, along the DOC road of Lison-Pramaggiore wines, in the most ancient part of the DOC region, the home of the “Classico”. The activity began in 1925, a history of growth and experience, developed through different generations, nourished and sustained by the love of the territory and of its fruits. Today - with the guidance of Daniele Casonato, and the worthy presence of Tiziano Sorgon in Oro Vini - the company has become the expression of a constant commitment in refining wine-producing techniques, with property grapes,


Via Prampolini, 35 30027 San Donà di Piave (VE) - Italia CASONATO VINI Viale Vittoria, 25 30020 Loncon - Annone Veneto (VE) . Italia

FOOD

T. +39 0421 41453 F. +39 0421 224330

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OROVINI

with great attention to technological innovation and respect for tradition. Among Oro Vini production: INNOMINABILE CUVÉE BRUT Sparkling brut with fine perlage, expression of the clayey soils of the Lison-Pramaggiore area, mitigated by the proximity of the sea. A fresh and harmonic Cuvée with a rich history: this wine is gold! A “presumptuous” proper sparkling wine that does not stick to any particular production specifications, born from a 34 year old grapevine that has decided to take its revenge and come into play again, ensuring a limited production but extremely high quality of the grapes. This native and rare grape was anciently called “Champagna” from local populations, but Its proper name in oenology is “Marzemina Bianca”. Its intense golden colour grapes, with the right acidity, produce a wine suitable for sparkling process. Excellent as aperitif, it is the perfect match for first courses and fish, but it does not disdain cold cuts and white meat. ORO GIALLO Varietal Chardonnay wine slightly refined in barrique to obtain an even more delicate product. This wine is constantly monitored during vinification to make sure that the wood is not prominent in taste and perfume, but it only confers more smoothness and body to the wine. DEMADEO It is said that in Veneto the wine never gets old. This is not due to the wine itself, but to local people, who do not give it the time to grow old, since they drink it all straightaway and look forward to the next vintage with anxiety! Oro Vini decided to hide some of its wine, originating Demadeo, an excellent red wine from a blend of Cabernet Sauvignon, Refosco dal Peduncolo Rosso and Merlot aged for three years in cask, barrique and finally in the bottle. This is extremely high quality production, with an average amounts of 2000 bottles per year. CASONATO CLASSIC WINES Casonato classic wines are all IGT and DOC wines typical of the Lison - Pramaggiore area, produced with the maximum care in the cellar and during the whole wine making process. The entire production comes from property vineyards, cultivated and cared for In the same way, year after year, guaranteeing traceability and the genuineness of the final product. The classic “Bordeaux” bottle with a clean label expresses well the philosophy of the company: solidity and concreteness. Among the still whites: Lison Classico – Tocai Lison-Pramaggiore D.O.C., Pinot Grigio Veneto I.G.T., then the white Chardonnay Veneto I.G.T. The reds: Refosco Veneto I.G.T., Merlot Veneto I.G.T., Cabernet Sauvignon Lison-Pramaggiore D.O.C., Cabernet Franc Lison-Pramaggiore D.O.C..

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spumante “presuntuoso”, come una bollicina che non segue nessun disciplinare di produzione e che nasce da un vitigno di 34 anni che ha deciso di prendersi la propria rivincita e di rimettersi in gioco: una produzione di quantità d’uva non elevata, ma che assicura un’ottima qualità. Una varietà di vite autoctona e rarissima, che le antiche generazioni della zona chiamavano “Champagna” e che in enologia risponde al nome di “Marzemina Bianca”. Di colore giallo oro molto intenso ed uniforme, con struttura importante e una buona freschezza, l’Innominabile è adatto alla spumantizzazione. Ottimo come aperitivo, accompagna primi piatti e pesce, ma non disdegna i salumi e le carni bianche. ORO GIALLO Chardonnay in purezza, con lieve affinamento in barrique per ottenere un bianco ancora più delicato. Un vino costantemente monitorato perché gusto e profumi del legno non vengano percepiti come sapore, ma conferiscano esclusivamente maggiore struttura e morbidezza. DEMADEO Si dice che in Veneto il vino non invecchia mai, ma non è colpa del vino: è merito dei veneti che non gli hanno mai dato il tempo di invecchiare, spesso bevendolo tutto e subito, attendendo con ansia il tempo della successiva vendemmia!! Oro Vini ha deciso di nasconderne un po’ dando origine al Demadeo, un eccellente rosso da uvaggio di Cabernet Sauvignon, Refosco dal Peduncolo Rosso e Merlot con affinamento per tre anni, tra botte, barrique e bottiglia. Una produzione di speciale qualità che consiste in circa 2000 bottiglie. I VINI CLASSICI CASONATO Tutti vini IGT e DOC tipici della zona del Lison - Pramaggiore, con la comune caratteristica di una costante cura in cantina e in tutte le fasi di vinificazione. Una produzione che proviene interamente da vigneti di proprietà, coltivati e curati allo stesso modo anno dopo anno, con garanzia di tracciabilità e genuinità del prodotto. La classica bottiglia “bordolese” con un’etichetta essenziale, trasmette a pieno la filosofia dell’azienda tra solidità e concretezza. Tra i vini bianchi tranquilli: Lison Classico – Tocai LisonPramaggiore D.O.C.,Pinot Grigio Veneto I.G.T., quindi il bianco Chardonnay Veneto I.G.T. e i rossi tranquilli: Refosco Veneto I.G.T., Merlot Veneto I.G.T., Cabernet Sauvignon Lison-Pramaggiore D.O.C., Cabernet Franc Lison-Pramaggiore D.O.C.

www.orovini.it


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TAVOLE SANTISSIME La culla della cultura culinaria europea: tra monasteri, abbazie, badie, eremi, cattedrali, santuari e certose

HOLY TABLES The cradle of European food culture: a trip around monasteries, abbeys, hermitages, cathedrals, sanctuaries and charterhouses


Sono tanti i motivi per cui oggi si può affermare che l’arte culinaria e la relativa educazione alla tavola hanno avuto origini tra le mura di antichi monasteri e abbazie, soprattutto di epoca medievale. In quel tempo infatti erano questi i luoghi che si occupavano del senso e dello scopo dei cibi così come della loro funzione salutare, e svolgevano il doppio ruolo di ospedale e di ricovero: chi cercava consiglio e aiuto, come i poveri, i viandanti e gli ammalati, bussava a quelle porte. Ecco perché questi luoghi bisognava avessero sempre le dispense ben fornite! I monasteri a quei tempi non avevano un problema di penuria di nuove leve, anzi: erano sovrappopolati data la prolificità delle famiglie e poiché solo il primogenito poteva ereditare, entrava in monastero anche chi non si sentiva propriamente chiamato alla vita monastica; questi ultimi dovevano esser rallegrati, magari anche con il cibo. La nobiltà forniva gli abati e le badesse mentre la cura dei campi, delle cantine e delle stalle era invece affidata ai monaci che provvedevano a rifornire la dispensa. Anche a cucinare pensavano soprattutto monaci e monache che prendevano spunto da “ricette” e indicazioni dietetiche trasmesse verbalmente o trascritte da vecchi manoscritti salvati alle violenze di quei tempi di conquiste. Nacquero così i primi appunti e le prime raccolte di ricette non sempre comprensibili e interpretabili. Per altro i monasteri dovendo far fronte, oltre all’impegno spirituale, a quello di assistenza medica e svilupparono automaticamente una sorta di cucina salutare. Spezie ed erbe medicinali divennero così un approvvigionamento importante per orti e vigneti, e le conoscenze degli effetti salutari delle erbe entrarono progressivamente nella cucina quotidiana tanto che alla fine divenne consuetudine accompagnare i cibi con erbe opportune e di vario tipo. Tra i prodotti l’alimento base era la pappa di farina e grano. I cibi che si cucinavano erano pesanti e sostanziosi, come il grasso e il lardo che con legumi e verdura erano ingredienti importanti. I poveri dovevano accontentarsi di rape e cavoli. Il pane era una focaccia di farina grezza di segale o di orzo o avena, e non veniva mangiato solo con il latte, il formaggio o le uova, ma utilizzato anche quale alimento-base per pietanze e per assorbire i cibi liquidi. Solo in occasioni importanti era arricchito con frutta secca o miele; da ciò ebbero origini il dolce al miele, il pane di pere, il dolce di frutta e il panpepato. La carne era fornita dalla gestione di allevamenti, i boschi permettevano molta

There is enough ground to think that culinary art and food education were born within the walls of ancient – especially medieval - monasteries, abbeys, and similar. At that time those were the places dedicated to the sense and purpose of food, and its salubrious properties, being used both as hospitals and refuges for those who sought help and advice – poor, ill people, wayfarers. That’s why these places must have always a well-stocked pantry! Monasteries in those times did not suffer from the lack of new generations, on the contrary, they were over-crowded, and considering that only first-born children had the right to inherit, they frequently hosted also numerous adepts who had nothing to share with monastic life or the calling, therefore they had to be entertained and gladdened also with good food. The nobility provided abbots and abbesses, while field, cellars and stables were left to the care of monks, who made sure that the pantry was always full. Monks and nuns were responsible for cooking following recipes and dietary indications transmitted orally or transcribed from old manuscripts saved from the violence of battles and conquerors. So were the first recipe books and collections born, not always easy to interpret and understand. Moreover, being monasteries also responsible for providing medical assistance, a sort of healthy cooking philosophy developed therein. Gardens and vineyards were a vital source of medical herbs and spices, and the knowledge of their healthy properties let to their progressive introduction into daily cooking, to the point that accompanying the main dish with different carefully selected herbs became a habit. The basic food was meal and wheat porridge. The dishes cooked very heavy and consisted of nourishing elements, like fat and lard, that were together with beans and cabbage the most important ingredients. The poor had to make do with turnips and cabbage. Bread was black and made of whole rye, barley or oat flour. It was not only eaten with milk, cheese or eggs, but also used as staple food in other dishes and to absorb liquid preparations. Only in special occasion was it enriched with dry fruit or honey, giving birth to many famous cakes, like the honey cake, pear bread, fruitcake and gingerbread. Meat was provided by breeding and woods allowed to have plenty of game, as well as rivers and brooks were rich with an incredible variety of fish species. Sausages were made with brains, liver and offal, but the mediaeval man was already familiar with ham smoked under kitchen hoods to preserve it. As regards drinks, in wine regions the cool cellars of monks and noblemen were plenty of excellent wines - in fact monks were the ones who cared for vine training – especially the wine for the mass was and is still today taken into great consideration. Good wines could only

EVENTI DI PEPE PEPE EVENTS “Tavole Santissime” si inserisce in un carnet di eventi e degustazioni che l’associazione Pepe proporrà nei più rappresentativi e adeguati territori italiani. Prossimamente sarà reso noto il calendario delle proposte. “Holy Tables” is part of a carnet of events and tastings that the association Pepe will propose in the most appropriate and representative Italian territories. The schedule of proposals will be announced in next months.

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be found on the tables of well-off people, or stored in the cellars of monks, while the wine for everyday life of common people was watery and sour, often more similar to vinegar. When too sour, it was often transformed into a kind of cider, with the addition of honey, cloves and cinnamon. Besides from beer, in those regions where beer brewing developed, there were also herb liquors, preferably used to cure any kind of disease rather than for the pleasure of the palate. Future issues of PEPE will propose some historical evidence of food prepared for holy tables.

Un menù consueto del XII secolo in occasione di festività

Tratto da “In cucina con S.Ildegarda”

Primi piatti: pappa di miglio, brodo speziato con verdure, zuppa di uccelli con zenzero, noce moscata e pepe Piatti forti Carne: lombo di cervo, fagiano di monte, pernici, tortore con prugne arrosto Pesce:

Dessert: Bevande:

lamprede, temoli e luccio con chiodi di garofano, cannella e brodo al pepe Passato di mele cotogne con miele, melone con menta vino e pepe. Succhi, idromele, vino (o birra) distillati

A typical festive menu of the XII century An extract from “In the kitchen with S.Ildegarda”

First courses:: millet porridge, spicy broth with vegetables, birds soup with ginger, nutmeg and pepper Main courses deer sirloin, black game, partridges, Meat: turtledoves with roasted plums Fish:

lampreys, graylings and pike with cloves, cinnamon and pepper broth

Dessert:

Quince puree with honey, melon with mint wine and pepper

Beverages:

Juices, cider, wine or beer, distillates

IMAGES: FRANCESCO GALIFI TEXT: BRUNO SGANGA

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selvaggina, e i fiumi garantivano una varietà di pesce oggi inimmaginabile. Gli insaccati erano di cervello, fegato e interiora ma l’uomo del Medioevo conosceva già il prosciutto che veniva conservato con l’affumicatura delle cappe della cucina. Tra le bevande, nei territori viniferi, le fresche cantine dei monaci e dei nobili erano colme di ottimi vini: infatti erano proprio i monaci che si occupavano in modo particolare della cura e della coltivazione della vite, non da ultimo per il vino da messa, che ancora oggi è tenuto in gran considerazione. I buoni vini si trovavano solo sulle tavole dei benestanti o immagazzinate negli scantinati dei monasteri, mentre nella vita quotidiana del popolo il vino presente era molto annacquato e aspro, quando non aceto… e se era troppo aspro veniva trasformato in una sorta di ponce simile all’idromele con l’aggiunta di miele, chiodi di garofano e cannella. Insieme poi alla presenza della birra, soprattutto nelle regioni ove era sviluppata, esisteva il liquore d’erbe che si utilizzava preferibilmente per la cura di ogni genere di malanni piuttosto che per il piacere del palato. Nei prossimi numeri proporremo alcune dirette testimonianze storiche.


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SUSHI

GOOD FOOD

SUSHI: desire and fashion

MOOD

TRA DESIDERIO E MODA


In Japan, Sushi is diffused as are many other dishes, and basically consists of boiled rice seasoned with rice vinegar, sugar and salt, filled or garnished with fish, seaweeds, vegetables or eggs. Its peculiarity is that the filling can be either raw, cooked or marinated, and can be served spread on top of a rice bowl, rolled up in a seaweed stripe, made into rice rolls, or inserted in a small tofu envelope. The art of preparing Sushi dates back to a thousand years ago and its origins are uncertain, the most widespread opinion is that it was imported from China by Buddhist monks in the VII century. However, a similar preparation was also registered in Japan in the IV century BC, with the introduction of rice cultivation, which was a variant of an ancient method used for preserving fish in Southeast Asia and China. Raw fish was layered with salt and rice and kept pressed for a few weeks, then let to ferment for months. This type of sushi is known as naresushi, and is still much appreciated in the Tokyo area. In the XVII century rice vinegar was added to reduce rice fermentation time, and the fish was either marinated or cooked, but it was only around 1820 that the most similar recipe to what we are eating today appeared in Edo, the present Tokyo. Hanaia Yonei was the inventor of nigirisushi and the first to serve morsels of rice flavoured with vinegar and topped with

C’è da chiedersi se il sushi sia diffuso per il desiderio di sentire in qualche modo l’Oriente, per una delle tante mode di cui la cucina è ricca o più semplicemente per la curiosità (guai a non averla) di conoscere ed assaporare piatti anche lontani, purchè autentici. It is not clear whether Sushi is famous for a wish for an Eastern feel, for one of the many frequent food fashions, or simply for the curiosity to know and taste authentic flavours belonging to other faraway cultures. Hanaia Yonei è stato l’ideatore del nigirizushi e fu il primo a servire sul suo banco bocconcini di riso aromatizzati all’aceto con sopra fettine di pesce crudo. Da allora la vendita del sushi per strada è diventata l’uso diffuso, insieme alla caratteristica di quella tenda bianca fissata alle bancarelle sulla quale i clienti si pulivano le mani dopo aver consumato il sushi. Non a caso un sistema infallibile per individuare il miglior rivenditore era quello di individuare la tenda più sporca a conferma che era il posto più frequentato e dunque con il migliore sushi. Oggi il sushi si è diffuso in tutto il Giappone e in tutto il mondo dando vita a tantissime varianti; infatti in Giappone la parola “sushi” si riferisce ad una vasta gamma di cibi preparati con riso, mentre al di fuori del Giappone viene troppo spesso inteso come pesce crudo, o come riferimento ad un ristretto genere di cibi giapponesi, come il maki o anche il nigiri e il sashimi (che in Giappone non è considerato sushi perché composto di solo pesce fresco). In questo senso va rispettata la tradizione nel riconoscere il vero sushi, altrimenti si rischia di fare come per certi piatti della cucina italiana (carbonara, amatriciana, e così via), che nelle diverse interpretazioni (spesso accozzaglie indescrivibili) rischiano di perdere l’originaria identità.

raw fish slices on his street-counter. Since then, selling sushi on the street has become a spread habit, with the distinctive white curtain hanging on the stand for the clients to wipe their hands after eating Sushi. No wonder that a foolproof system to spot the best retailer was to find the dirtiest curtain as a proof that the Sushi sold was excellent. Today Sushi is widely spread in Japan and all over the world in different variants – in Japan the word sushi refers to a large range of rice preparations, whereas outside Japan it is often considered a synonym for raw fish, or associated to a restricted range of Japanese food types, as maki or nigiri and sashimi (the latter not being considered “sushi” in Japan, as it consist only in raw fish). In this sense the real sushi tradition shall be respected, otherwise it will be spoilt and lost as was the case of several famous Italian dishes - carbonara, amatriciana and many others - which have been manipulated to the point that their original recipe has been forgotten. Besides the Japanese tradition, the use of raw fish in several preparations is typical also of our land, especially southern Italy, with a strong identity rooted in the food and wine world, not only being a momentary exasperated fashion.

IMAGES: ORSOLYA GANZLER TEXT: STEFANIA BASTONI

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Nella cucina giapponese il sushi è un cibo diffuso, ma sostanzialmente come altri a base di riso cotto; viene condito con aceto di riso, zucchero e sale, e combinato con un ripieno o guarnizione di pesce, alghe, vegetali o uova. La sua specialità sta nel fatto che questo ripieno può essere crudo, cotto o marinato e può essere servito disperso in una ciotola di riso, arrotolato in una striscia di alga, disposto in rotoli di riso, o ancora inserito in una piccola tasca di tofu. L’arte del sushi è millenaria e le sue origini sono molto incerte; è opinione diffusa che sia stato portato dai monaci buddisti tornati dalla Cina nel VII secolo, benchè molto simile fosse una preparazione che comparve in Giappone già con l’introduzione della coltivazione del riso, intorno al IV secolo Avanti Cristo; una variante di un antico metodo per conservare il pesce molto diffuso in Asia sud-orientale e in Cina. Infatti, il pesce crudo veniva disposto a strati con il sale alternato al riso e tenuto pressato per qualche settimana; poi veniva lasciato fermentare per mesi. Oggi questo tipo di sushi si chiama naresushi, ed è ancora molto apprezzato nella zona di Tokyo. Dal XVII secolo si cominciò ad aggiungere aceto di riso per abbreviare i tempi di fermentazione del riso e il pesce veniva marinato o cotto, ma fu soltanto intorno al 1820 che comparve ad Edo (l’odierna Tokyo) la ricetta più vicina al sushi dei nostri tempi.


DIALOGO LIBERO CON

MASSIMO MENTA 39

Scrittore e critico della “Guida I Ristoranti d’Italia L’Espresso” DIALOGO LIBERO CON MASSIMO MENTA Scrittore e critico della “Guida I Ristoranti d’Italia L’Espresso”


Il mio recente incontro con Massimo Menta era nel nostro reciproco destino; un’amicizia ricca di stima, rara per chi s’arrovella in pari mestieri ed ambiti, non può certo disperdersi. Ecco perché s’è ripresa con tanta forza dandoci tante belle e future condivisioni, come s’addice a due ribelli con il piacere del gusto a 360 gradi. Da tutto ciò nasce questo primo dialogo-intervista che ci vedrà interpreti in future pagine di pari ed erudita schiettezza. B.S. My recent encounter with Massimo Menta was written in the destiny of both of us; a friendship based on reciprocal esteem – rare for people doing the same job – cannot fade away. This is way we resumed it with great strength and it born positive fruit to share together, as is the case for two rebels enjoying the pleasure of all-round taste. This first dialogue-interview stems out of all this, having us as interpreters in future pages of equal erudite outspokenness. B. S.

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Quando nasce questo interesse così determinato verso l’enogastronomia? Ho sempre avuto, fin dall’infanzia, un particolare interesse per il buon cibo ed il buon bere ma fu in occasione di un mio viaggio in Francia, a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 che di fronte a me, grazie a un’ottima guida, si aprì un nuovo mondo e nacque un grande amore. Quali ricordi d’infanzia e gioventù possono collegarsi alla tavola, i suoi riti e le sue magie? L’infanzia è un momento importante della propria vita in essa si forma il carattere, nascono i primi interessi si generano le prime curiosità. Ricordo i lunghi periodi a casa della mia nonna materna, grande cuoca e amante della buona tavola, in una cucina enorme con una grande stufa a legna, e i miei primi interessi per la cucina. Vedere mia nonna ai fornelli era uno spettacolo affascinante. I sughi e il brodo venivano lasciati nella pentola di coccio in un angolo della stufa e andavano avanti tutta la notte. Ascoltarne il lento sobbollire, gustarne i profumi sono sensazioni che non potrò mai dimenticare. Perché proprio la scelta d’una collaborazione con la Guida de L’Espresso e non altre? Quando ho iniziato non erano tante le guide gastronomiche serie, due o tre al massimo. Poi forse è stata La Guida de L’Espresso a scegliere me, non io lei. Dopo il diploma di sommelier, fui coinvolto da un amico nella gestione di un piccolo ristorante nel centro di Roma, Il Tulipano. Una sera venne a farci visita Federico Umberto D’Amato, personaggio di grande rilevanza istituzionale e anche grande gastronomo, fondatore de La Guida de L’Espresso. Con molto garbo ma altrettanto francamente gli parlai di alcune recensioni che non avevo condiviso, mi ascoltò e mi chiese di scrivere su quei locali, e altri due di mia scelta. Dopo alcuni giorni mi telefonò dicendomi che le recensioni gli erano piaciute e che se avessi voluto, avrei potuto collaborare con la Guida. Nel 1989 la collaborazione divenne ufficiale e tra me e Federico nacquero grande stima, affetto e simpatia, fino al giorno della sua morte. Federico è stato per me un sincero amico e grande maestro di gastronomia, di critica e soprattutto un grande maestro di vita. Difficile ad oggi pensare ad una collaborazione con un’altra guida, dovrei farne una mia.

When was this so determined interest to food and wine born? I have been interested in good food and wine since I was a child, but it was only between the seventies and eighties, during a journey in France, that a new world opened before me, thanks to a very good guide, and a great love was born. Which memories of the past concerning the rituals and magic of consuming a meal can you recall? Childhood is a very important moment in the life of people, forming their character, interests and curiosity. I remember the long time spent at my maternal granny’s, she was a great cook and lover of good food, and my first interest towards cooking was born in her large kitchen with a big stove. Watching my granny cooking was amazing. The sauces and broth were left to boil slowly all night long in earthenware pots in a corner of the stove. Listening to that slow simmering and smelling the perfume was a sensation that I will never forget. Why did you decide to collaborate right with L’Espresso guide, not others? When I began there were not so many reliable gastronomic guides, at least two or three. Maybe I was chosen by L’Espresso guide, not the other way round. After taking my diploma as sommelier, I was involved by a friend of mine in the management of a small restaurant in the centre of Rome, Il Tulipano. One night we were visited by Federico Umberto D’Amato, a figure of relevant institutional importance and also a good gastronomist, founder of the guide L’Espresso. I told him politely but frankly about a few reviews I could not share, and that I could have collaborated for the guide, if he wished. In 1989 the collaboration became official and we began to feel reciprocal esteem, affection and sympathy, until his death. Federico was for me a sincere friend and great master of gastronomy, criticism, but most of all life. It would be difficult to contribute to another guide now, I would have to found my own. In the Anglo-Saxon world the food and wine critic is usual and historic, how is this figure considered in Italy now? A few years ago the food and wine critic was seen as an enemy by restaurateurs, this professional figure was run down in every possible way. Only a few tried to understand and benefit from correct and constructive observations.


MOOD

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GOOD

Reviewing is not a cup of tea, great balance and sensibility are required, and accepting criticism is not easy, either. Today things have changed, the restaurant industry has improved also thanks to “good” criticism, and restaurant managers have realized that even a small note on their restaurant in an important guide bears its fruit in terms of quality and money. Food and wine critics shall always consider that they are not the typical clients of a restaurant, but spoilt clients, often food “perverts”. Those who buy a guide, on the other hand, only want to find a good and entertaining place to eat, with fair cuisine without any exasperation, and not requiring to think too much of what they are eating. What is the most involving aspect of dishes and cooking for you? Immediacy, the cleanliness of flavour and balance of taste, regardless of the complexity of the dish. The genius and greatness of a chef is the ability to make “great” and tasty a very simple dish, and to make a complex dish immediately comprehensible to most palates, not only to critics. Is there any special dish in your memories that stroke you most, either positively or negatively? Positively – many, hard to choose one. Maybe the “duck foie gras with mussels and saffron spinach” of an early Gianfranco Vissani, when such a food pairing was still unthinkable, almost foolish. Negatively – many, again, but a baked turbot with mushrooms, mussels and seafood eaten at a now famous restaurant…is not easy to forget! A turbot that was killed at least three times: when captured, during the merciless cooking, and in the unhappy pairing. Does your approach towards wine and distillates have the same emotional intensity? No doubts wine and distillates can transmit emotions and sensations that can totally change your mood. A good wine can elevate a simple and banal dish, making it fascinating. A good Cognac, great Rum, or superb Scotch with their aromatic notes and fragrance, their texture, can conclude a meal masterfully. Someone like me says their palate is anarchic … is this just taunt or is there some truth, according to you? Absolutely true, the palate is like love: blind! It is not subject to any precise rules, archetypes or conventions. Each of us has their own preferences, their “best”, their tastier. At times, when I am asked which is the best dish or wine, my answer is “your preferred one”. We can establish whether a dish is well or badly prepared, if its harmonic or disharmonic in the palate, if a wine has been vinified correctly, if it has great structure and body. But as Totò said in the film: “Poverty and Nobility”: “The best does not exist!”. The palate and taste can be trained and refined, but each of us has their preferences, after all.

FOOD

Nel mondo anglosassone la figura del critico enogastronomico è tradizione. Da noi com’è vissuta oggi? Diciamo che, fino a qualche hanno fa, il critico enogastronomico era visto da molti ristoratori come un nemico e si cercava di screditarne la figura in tutti i modi. Pochi erano quelli che cercavano di capire e mettere a frutto osservazioni giuste e costruttive. Fare critica non è cosa facile, ci vuole equilibrio e buon senso, così come non è cosa facile accettarla! Oggi molto è cambiato, la ristorazione, anche grazie alla ”giusta” critica è cresciuta e i ristoratori si sono resi conto che anche una piccola segnalazione su una guida importante porta i suoi frutti in qualità ed economicamente. Il critico enogastronomico deve sempre ricordare nella sua valutazione che lui non rappresenta il cliente tipo di un ristorante, ma è un “viziato”, spesso un perverso del cibo; invece, chi acquista e consulta una guida è solo alla ricerca di un buon locale, dalla cucina corretta, divertente, senza esasperazioni e che non gli chiede di riflettere troppo su cosa sta mangiando. Nell’incontro con i piatti e le cucine cosa ti coinvolge di più? L’immediatezza, la pulizia dei sapori, l’equilibrio del gusto pur nella complessità che un piatto può avere. La genialità e la grandezza di uno chef sta proprio nell’abilità di fare “grande” e gradevole un piatto semplice e rendere facilmente comprensibile al palato di tutti e non solo a quello dei critici, anche il piatto più complesso e articolato. Nei tuoi ricordi quale piatto ti ha profondamente scosso in un verso e nell’altro? In positivo molti, difficile sceglierne uno. Forse il “fegato grasso d’anatra con cozze e spinaci allo zafferano” di un Gianfranco Vissani agli inizi, quando tali abbinamenti erano del tutto inconsueti, quasi folli. In negativo, anche qui molti ma, un rombo al forno con funghi, cozze e frutti di mare mangiato presso un ora famoso ristorante... difficile dimenticarlo! Un rombo ucciso almeno tre volte: alla cattura, nella spietata cottura e negli infelici abbinamenti. E come vino o distillati l’approccio è di pari emozione? Certamente vino e distillati come la cucina sono in grado di trasmettere emozioni e sensazioni tali da far cambiare totalmente d’umore una persona: un buon vino può rendere affascinante anche un piatto semplice e “banale”, quando ben abbinato; un buon Cognac, un grande Rhum o un superbo Scotch con le loro note aromatiche e fragranze, il loro tessuto, fanno concludere magistralmente un pasto. Qualcuno come me si richiama ad un palato anarchico… secondo te quanto è solo provocazione e quanta verità? Nulla di più vero, il palato è come l’amore: cieco! Non sottostà a regole precise, archetipi e convenzioni. Ognuno di noi ha le sue preferenze: il suo “migliore”, il più buono. A volte, quando mi chiedono qual è il piatto o il vino più buono rispondo: è quello che ti piace di più. Si può stabilire se un piatto è fatto bene o male, se è armonico o disarmonico al palato, se un vino è ben vinificato, di grande struttura e gran corpo; ma come diceva Totò in Miseria e Nobiltà: “Il migliore non c’è!” Si può educare il palato e affinare il gusto, ma poi ognuno di noi ha le sue preferenze.

http://temi.repubblica.it/espresso-ristorantiditalia2012


BORGHI EUROPEI DEL GUSTO

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LA VITA IN ROSA LIFE IN PINK L’Associazione Internazionale “Azione Borghi Europei del Gusto” e l’Associazione “L’Altratavola” hanno promosso da gennaio a maggio 2012 la rassegna d’informazione ‘Fuori dal Coro’: un viaggio di comunicatori e giornalisti alla scoperta degli inediti del “buono e bello vivere” di molti borghi italiani ed europei e che si tiene fra Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Canton Ticino (Svizzera), Croazia, Slovenia e Austria. Oltre duecento le aziende visitate e oltre cento i rappresentanti di istituzioni e associazioni locali coinvolti, per una iniziativa che è stata seguita da diverse trasmissioni televisive (fra le altre L’Italia del Gusto, La Verità nel Piatto, Percorsi del Gusto, ecc.) e che ha toccato molte Regioni d’Italia e diversi Paesi Europei. La manifestazione ha prodotto una rilevante quantità di materiali informativi, che verranno pubblicati sia su carta stampata, online, radio e anche in tv. L’arrivo in maggio di una tappa del Giro d’Italia a Vedelago (Treviso) ha posto le basi per un’occasione di riflessione sulla necessità di comunicare ben oltre i confini locali le qualità di un territorio incantevole e sull’importanza di far incontrare giornalisti e comunicatori per far nascere il confronto, lanciare idee, per far muovere l’Italia. Quali saranno, se ci saranno, i benèfici effetti dell’arrivo del Giro d’Italia? Come possono gli imprenditori con la loro creatività e la loro determinazione, contribuire a rimettere in moto l’economia del Bel Paese ?

The International Association “European Villages of Taste” and the Association “L’Altratavola” promoted the information initiative ‘Fuori dal Coro’ – Standing out from the Crowd – on from January to May 2012, a journey of communicators and journalists to discover the taste of good-and-nice life in many Italian and European villages, in particular, in Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Canton Ticino (Switzerland), Croatia, Slovenia and Austria. The companies visited are more than two hundred, and more than a hundred representatives of institutions and local associations have


Le aziende che hanno accompagnato “la Vita in Rosa” si sono impegnate in un percorso di informazione del tutto inedito.

GNOCCHI MASTER SRL (VEDELAGO) La storia di Master ha origine dalla passione dei fondatori per la buona cucina i quali, mossi da un genuino amore per la tradizione, hanno creato quella che oggi è un’importante azienda produttrice di primi piatti freschi e di tipiche specialità alimentari. Una realtà pinta dal forte desiderio di garantire tutta la naturalezza, la freschezza e la bontà di ogni prodotto, e che si è affermata nel mercato nazionale ed europeo grazie ai continui investimenti nella ricerca e nella tecnologia. Una cultura del prodotto sempre più innovativa, orientata alla genuinità e alla qualità, al valore della tradizione e alla centralità delle risorse umane che costituiscono i veri principi che Master persegue ogni giorno. SURGENUIN SNC (RIESE PIO X) Surgenuin nasce negli anni ‘70 come laboratorio artigianale specializzato nella lavorazione delle lumache. L’esperienza maturata e i risultati commerciali ottenuti hanno portato l’Azienda, oggi leader in Italia per la lavorazione delle lumache, a ricercare nuovi prodotti che contenessero i caratteristici sapori della cucina veneto - mediterranea. L’obiettivo è

Companies that have supported “Life in Pink” have started a whole new communication path.

GNOCCHI MASTER SRL (VEDELAGO) The history of Master is rooted in the passion for good food and love for tradition of the founders, who created what is today an important company producing fresh first course and local food specialities. The aim of the company is to guarantee natural, fresh and good products, establishing its presence both in the domestic and European markets thanks to continuous investments in Research and Technology. An innovative product culture oriented to genuineness and top quality, the value of tradition and importance of human resources are the real principles pursued by Master day by day. SURGENUIN SNC (RIESE PIO X) Surgenuin was born in the seventies as a laboratory specialized in processing snails. Thanks to the experience and results obtained with time, the company is today a leader in Italy in snail processing and it has also searched for other new products, expressing the traditions of Veneto and the Mediterranean cuisine.

MOOD

I PARTNER

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GOOD

1927, 15° Giro d’Italia. La colazione prima della tappa. 1927, 15° Giro d’Italia. Breakfast before the start of the race.

been involved in this initiative broadcasted by different TV programs (among which L’Italia del Gusto, La Verità nel Piatto, Percorsi del Gusto, and others), and touching several Italian regions and European countries. The event has produced a significant quantity of information material, which will be published on paper, on-line, broadcasted on the radio and TV. The fact that one of the stages of the Giro d’Italia – the famous Italian long-distance road bicycle racing stage race for professional cyclists that takes place in May – was the town of Vedelago, in the province of Treviso, Veneto, has set the basis for a consideration on the importance of ‘communicating’ far beyond local boundaries the qualities of a charming territory and bringing together journalists and communicators to give birth to dialogue, ideas, and make Italy move. Which will be the positive effects of the Giro d’Italia, if any? How can entrepreneurs – with their creativeness and determination – contribute to kick-start the Italian economy again? The initiative “Life in Pink”, promoted by the press office of the International Association European Villages of Taste, was carried out in seven stages: the presentation of the project at the restaurant “Corona d’Oro” in Albaredo di Vedelago; the banquet-meeting with the wines from Montello and Colli Asolani at the Trattoria “Il Caminetto” in Trevignano; the Quality day “Vo’ Degustando” (wandering around tasting) at the MiniMarket of Michela and Luciano in Cavasagra; the participation to the evening event “Waiting for the Giro d’Italia” promoted by Banca Mediolanum and held at the restaurant Salisà, in Conegliano, with special guest Francesco Moser. The second live tasting and interviews day, again at the MiniMarket of Cavasagra, focused on cheese; a course held at the butcher’s “Buon Gusto” and the pizzeria “Rocca d’Asolo” in Altivole, and the café “Al Borgo” in Castelfranco Veneto. The conclusion in Vedelago, on May 23rd, at the eve of arrival of the stage of Giro d’Italia 2012 at the MiniMarket to present the initiative “Borghi di Ciclo” (bicycle villages). On the occasion of the tour, in fact, the Association decided to launch a circuit of villages related to the story of bike sport. Playing on the network of Museums of Cycling, the idea is to propose an information tour to emphasize its history and culture, and make its territories known.

FOOD

L’iniziativa ‘La Vita in Rosa’, promossa dall’ufficio stampa della Associazione Internazionale Azione Borghi Europei del Gusto, ha realizzato sette tappe: la presentazione del progetto al ristorante “Corona d’Oro” di Albaredo di Vedelago; l’incontro a convivio con i vini del Montello e dei Colli Asolani alla Trattoria “Il Caminetto” di Trevignano; la giornata di Qualità “Vo’ Degustando” presso il MiniMarket di Michela e Luciano a Cavasagra; la partecipazione alla serata “Aspettando il Giro” promossa da Banca Mediolanum a Conegliano presso il ristorante Salisà, con l’intervento di Francesco Moser; la seconda giornata di degustazioni e di interviste in diretta, sempre al MiniMarket di Cavasagra, incentrata sui formaggi; uno stage di informazione a Altivole, presso la Macelleria “Buon Gusto” e il ristorante pizzeria “Rocca d’Asolo” e a Castelfranco Veneto presso il Caffè “Al Borgo”; la conclusione il 23 maggio a Vedelago, alla vigilia dell’arrivo della tappa del Giro d’Italia, presso il MiniMarket per presentare l’Azione “Borghi di Ciclo”. In occasione,infatti, dell’arrivo della tappa del Giro d’Italia 2012 a Vedelago (Tv), l’Associazione ha deciso di lanciare un circuito di borghi legati alla storia dello sport a pedali. Facendo leva sulla rete dei Musei del Ciclismo, si vuol proporre un percorso informativo che ne valorizzi la storia, la cultura e che faccia conoscere i territori ad esso legati.


BORGHI EUROPEI DEL GUSTO [segue]

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dare a tutti coloro che amano una cucina genuina e tradizionale la possibilità di trovarla, conservata dal freddo, pronta nei prodotti Surgenuin. Oggi l’Azienda con i suoi moderni impianti e l’antica cura artigianale, è pronta a offrire il frutto del suo lavoro a una clientela attenta alla qualità e legata alla tradizione. BELLA ASOLO (MONTEBELLUNA) Dopo anni nel settore delle carni e dei salumi ecco la specializzazione che incontra le nuove abitudini alimentari dei consumatori (soprattutto giovani). “Bella Asolo” seleziona carni di qualità (equina, di manzo, di bufalo, di oca, ecc.) e le trasforma in sfilacci e julienne. I prodotti vengono poi distribuiti alla GDO, ai negozi specializzati e al mondo della ristorazione. LATTERIE VENETE SPA (VEDELAGO) Latterie Venete trae origine da due storiche latterie cooperative del Trevigiano: la cooperativa agricola San Pio X fondata nel 1951 a Vedelago e la Latteria Sociale Pedemontana del Grappa, fondata nel 1887 a Cavaso del Tomba (comprensorio DOP per l’Asiago pressato, l’Asiago d’allevo, il Montasio e per la Casatella), zona d’origine dei formaggi tipici come il Latteria Sile, il Morlacco, il Montegrappa, il San Pio X e il Neve Del Grappa. I formaggi, ottenuti con latte fresco, vengono proposti in un vasto assortimento: forma intera, mezza e quarto di forma, 100, 300 e 400 gr a peso fisso. L’azienda beneficia del sistema di autocontrollo HACCP garantito. La caparbietà e l’entusiasmo, la cura nella produzione e la capacità di coniugare innovazione con rispetto della tradizione, permettono a Latterie Venete di produrre formaggi di qualità. ELIO AGOSTINI SPECIALITÀ GASTRONOMICHE (S. MARTINO DI LUPARI) Soddisfare il cliente significa garantire una qualità di prodotto e di servizio. Per questo risultato, nei laboratori gastronomici Elio Agostini si cura l’intero processo di produzione con scrupolosità. La certificazione di qualità garantisce il controllo della sanificazione degli ambienti, della qualità degli alimenti e del reparto di cottura, fino alla consegna. Aggiungendo fantasia e intuito l’azienda Agostini Elio trova una sintesi perfetta che la rende competitiva sul mercato. BIRRA MORGANA (MORGANO-TV) Andrea Zanatta e Francesco Zorzetto sono due amici che da molti anni gestiscono “La Cantina”, un locale celebre a Venezia, dove si apprezza la calorosa accoglienza e si gustano la ricca scelta di vini e l’offerta di cibi freschi, sempre di qualità. Ma essere “solamente” un punto di riferimento nel vino e nel buon cibo dopo un po’ ai titolari non bastava più… Da qualche tempo, questo duo di maestri del palato e della degustazione dei vini riserva una novità ai frequentatori del loro locale: la proposta di una birra propria. MEGGIOLARO CARNI (STRA, VENEZIA) L’azienda nasce nel ‘96 quando Nello Meggiolaro decide di mettere a frutto tutta l’esperienza ventennale nel settore alimentare e nella ristorazione. Aiutato dalla moglie Marina inizia questa avventura con una piccola produzione artigianale di alta qualità, diventando da subito un riferimento nella limitata zona di commercializzazione dei prodotti. La porchetta di Nello Meggiolaro diventa così icona della ditta e un must degli esercizi in cui viene venduta distinguendosi per la cura in fase di lavorazione e la conseguente elevata qualità del prodotto finito. Oggi i due figli Alessandro e Gessica, garantiscono la qualità della tradizione e un rinnovato spirito imprenditoriale. SALUMIFICIO SQUIZZATO (VIGONOVO, VENEZIA) La famiglia Squizzato produce salumi secondo l’esperienza che si tramanda da generazioni. Punto fondamentale è la scelta della materia prima: l’applicazione dei segreti artigianali di un tempo è efficace solo se la carne è di alta qualità. Per questo i salumi Squizzato sono prodotti soltanto da carni italiane dalla nascita e che rispettano le condizioni del disciplinare dei salumi DOP. La lavorazione artigianale ha nella manualità la sua prerogativa e prevede l’uso di sale marino, pepe, ottimo vino e pochi altri aromi naturali. Una stagionatura naturale e controllata, dà quindi il tocco finale per ottenere salumi di qualità nel rispetto delle tradizioni contadine italiane. SEMPRE PRIMAVERA (LOREGGIA-PADOVA) La terra di Loreggia nel padovano è buona per le verdure e qui ’ingegno dei nostri agricoltori ha individuato nuove soluzioni. La 4a e la 5a gamma qui sono di casa. I prodotti della “4a gamma” sono i prodotti pronti per il consumo: frutta e verdure fresche, lavate, asciugate, tagliate, confezionate in vaschette o in sacchetti e quindi pronte per essere messe in tavola. Un servizio che è un valore aggiunto che trasforma il prodotto da agricolo ad artigianale, a tutti gli effetti. Se poi viene cotto, allora si parla di 5a gamma. “I prodotti della 4a gamma sono sempre più richiesti – ci dice Roberto Rampado, titolare assieme ai fratelli Giuliano e Denis dell’azienda – sia per l’aumento dei single, sia per la crescita del pasto “fuori casa”, sia per le mutate abitudini alimentari. Una crescente richiesta di velocità e di praticità del tutto-pronto.” PANIFICIO ANDY (CESIOMAGGIORE-BL) Siamo a Pez di Cesiomaggiore e Mauro Zanella e i suoi collaboratori, sforna ogni giorno il buon pane di montagna, che li ha fatti conoscere anche al di fuori dei confini della provincia di Belluno. La fantasia e la creatività si uniscono all’attenzione quasi maniacale per la pulizia e alla disponibilità culturale verso i prodotti del territorio (prima fra tutti la farina di mais sponcio). Nel settore dei dolci da forno, tradizione e innovazione si sposano qui felicemente, in una gamma di proposte ampia e qualificata. LATTERIA DI SEDICO (BL) La Latteria Sociale Cooperativa di Sedico è stata fondata nel 1922 e da allora lavora il latte delle aziende agricole del territorio comunale. Nell’anno 2001, per esempio, sono stati conferiti 567.816 chilogrammi di latte di ottima qualità, dalla cui lavorazione di tipo artigianale sono stati ottenuti prodotti che hanno riscontrato un notevole successo tra la clientela. La Latteria presso la propria sede ha uno spaccio per la vendita al minuto, ma fornisce anche negozi e ristoranti presenti in Val Belluna, nel Feltrino e nell’Agordino.

The aim is to provide ready genuine and traditional dishes, preserved by the frost. Today Surgenin, with its modern plant and ancient artisanal care, is ready to offer the fruit of its work to clients who care for quality and tradition. BELLA ASOLO (MONTEBELLUNA) After years of work in the meat and cold cuts sector, “Bella Asolo” has specialised to meet the new eating habits and requirements of its clients, offering quality meat – horse, beef, buffalo, goose and others – transformed into smoked frays and julienne. Products are distributed through retail channels to specialised shops and restaurants. LATTERIE VENETE SPA (VEDELAGO) Latterie Venete originates from the union of two historic cooperative dairies of Treviso: the farmers cooperative San Pio X, founded in Vedelago in 1951, and the cooperative dairy Pedemontana del Grappa, founded in 1887 in Cavaso del Tomba – D.O.P. district for the pressed and breed Asiago cheese, Montasio and Casatella – area of origin of typical cheeses like Latteria Sile, Morlacco, Montegrappa, San Pio X and Neve Del Grappa. The assortment of fresh milk cheeses is large, and size can range from 100 to 400 grams, sold in full-half-quarter round. The production is guaranteed by the HACCP self-monitor system. Enthusiasm, extreme care in the production and the capacity to join together innovation and respect for tradition allow Latterie Venete to produce top quality cheeses. ELIO AGOSTINI DELICATESSEN (S. MARTINO DI LUPARI) Satisfying the client means guaranteeing a quality product and service. This is way in the food laboratories Elio Agostini special care is dedicated to the whole production process. Quality certificates guarantee the control on work and cooking place disinfection, and the quality of the food, from processing to delivery. Adding a touch of fantasy and intuition, the company Elio Agostini has found the perfect synthesis that makes it competitive in the market. MORGANA BEER (MORGANO-TV) Andrea Zanatta and Francesco Zorzetto are two friends that have managed “La Cantina” for years, a renowned place in Venice that offers a warm welcome and a wide choice of top quality food and wines. But being “just” a reference point for good food and wines was not enough for the two owners, after a while, and for some time now they have reserved a nice surprise to their guests: their own beer. MEGGIOLARO MEATS (STRA, VENICE) The company was born in 1996 when Nello Maggiolaro decided to fulfil his twenty-year experience in the food and restaurant sector. Helped by his wife Marina, he began with a small high-quality artisanal production, becoming immediately a reference point in the limited area of distribution of his products. The “porchetta” pork roast of Nello Maggiolaro became the symbol of the company and a must-have product for dedicated shops, standing out for the special attention paid to its production and the consequent high quality of the finished product. Today their offspring Alessandro and Jessica guarantee the quality of tradition and a renewed entrepreneurial spirit. SALUMIFICIO SQUIZZATO (VIGONOVO, VENICE) The Squizzato family produces cold cuts with the experience passed on from generations. The choice of raw materials is vital. Artisanal production secrets of past times can only work with high quality meat. Squizzato cold cuts are produced using only 100% Italian meats complying with the law on D.O.P. cured meats production. The artisanal production is distinguished by a manual processing and the use of marine salt, pepper, very good wine, and few other spices. A natural and controlled curing process puts the finishing touches to obtain quality salumi respecting the Italian farming tradition. SEMPRE PRIMAVERA (LOREGGIA-PADOVA) The soil in Loreggia, Padova, is good for growing vegetables, and our clever farmers have found new solutions, with the 4th and 5th product range. Fourth range products are ready-to-eat products: fresh fruit and vegetables, washed, dried, chopped and packaged in tubs or bags, ready for the table. This service is added value, transforming the product from agricultural to artisanal. If they are cooked, then the products are 5th range, more and more requested today – as stated by Roberto Rampado, owner of the company together with his brothers Giuliano and Denis – due to the increase of singles, the growth of meals consumed outside home and the changed eating habits. A growing request of quick and handy ready foods. PANIFICIO ANDY (CESIOMAGGIORE-BL) We are in Pez of Cesiomaggiore and Mauro Zanella bakes with his collaborators the good bread of the mountains, that made them known also outside the province of Belluno. Fantasy and creativeness join with an extreme attention for cleanliness and cultural availability towards local products, first of which the corn flour “farina di mais sponcio”. As for baked cakes, tradition and innovation merge perfectly offering a qualified and wide range of products. DAIRY OF SEDICO (BL) The cooperative dairy of Sedico was founded in 1922 and since then it has processed the milk of the farms of the municipality. In 2001, for example, 567.816 kilos of top quality milk were conferred to the dairy, processed and transformed into extremely successful products. The dairy has a retail shop annexed to the production, but it also supplies the shops and restaurants of Val Belluna, Feltre and Agordo.

BORGHI


VIAGGIARE SECONDO IL GALATEO ETIQUETTE AND JOURNEYS

MOOD

Never be short on good sense – even before proper “etiquette” – when travelling. Even if it does not belong to us, we should be able to recover this characteristic, not to spoil our personal image and value. A recent and reliable international survey classified Italians as the most stingy in giving the tip to hotel personnel (only the 14% does it regularly, unlike Germans), and they are also in the lead in leaving their underwear around (26%), living untidily (the 47% doesn’t even unpack, and the 3% leaves things on the floor) and for not scrupling on tidying up when leaving the hotel room (57%). Thus, Italian and Spanish people (49%) are those who check cleanliness in first place, while the others are more interested to the panorama, and during their hotel stay Italian tourists are the less tidy (at least one Italian out of two does not pack orderly), and when it comes to leaving the room, the most appealing object to “take home” are the sleepers! Manias set aside, it is always advisable for those who travel to inquire about different customs and traditions. This would help to adopt the correct behaviour and to fully relish the alternative holiday, because travelling means also coming close to the traditions of the host country. Only by doing so will it be possible to live unique experiences with some good spirit of adventure. Being cosmopolitan means not wondering at the eastern habit of tearing one’s clothes to manifest despair, or at Russian people kissing on the mouth in greeting, at Chinese people burping to show they have appreciated the meal, at Lapps rubbing noses for affection!

GOOD

Prima ancora di scomodare il Galateo, ci deve essere un “buon senso” nel viaggio, che non può mai essere dimenticato. Qualcosa che anche se non ci appartiene dobbiamo essere capaci di recuperare cosi che la nostra immagine, oltre al personale valore, non abbiano a soffrirne. Si pensi che una recente e seria indagine internazionale che ha classificato i turisti italiani quali i più avari quando si tratta di dare mance al personale dell’hotel (solo il 14% lo fa abitualmente, diversamente dai tedeschi) e siamo anche in testa nel dimenticare in giro indumenti intimi (26%), nel vivere disordinatamente (il 47% non disfa nemmeno la valigia e il 3% addirittura lascia tutto sparso per terra) e nel non farsi alcuno scrupolo di dover riassettare al momento di lasciare la camera (57%). Gli italiani però, assieme agli spagnoli (49%), sono quelli che controllano subito la pulizia in genere, mentre gli altri sono più interessati a vedere il panorama che c’è intorno; durante il soggiorno in albergo i turisti italiani sono i meno ordinati (almeno un italiano su due non pone in ordine il contenuto del suo bagaglio); quando il soggiorno finisce, se si tratta di scegliere quali oggetti “portare via” dalla camera, vanno letteralmente a ruba le ciabattine. Ma al di là di queste manie, è bene consigliare a chi viaggia, soprattutto se si reca all’estero, di informarsi adeguatamente sugli usi e costumi che troverà. Oltre ad aiutare ad assumere il comportamento più indicato, si può assaporare pienamente il soggiorno alternativo in quanto viaggiare significa anche entrare nella tradizione del paese che ci ospita e solo così si potranno vivere delle esperienze veramente uniche munendosi di spirito d’avventura e spinti dalla curiosità verso tutto ciò che ci si presenta. Essere cosmopoliti vuoi dire non stupirsi dell’abitudine orientale di strapparsi gli abiti per mostrare disperazione, del baciarsi sulla bocca tra russi in segno di saluto, del ruttare cinese per dimostrare di aver gradito il pasto, come dello sfregarsi i nasi tra lapponi per dimostrare affetto!

FOOD

TEXT: STEFANIA BASTONI

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SPA E BENESSERE SPA AND WELLNESS

Se è pur vero che il termine Spa deriva dalla cittadina termale belga Spa, non va dimenticata l’antica origine di tutto questo: “Salus Per Aquam”, ovvero la salute attraverso l’acqua, significa cercare equilibrio e armonia in corpo, spirito e anima. Una ricerca che parte dall’antica ricorrenza celtica del 31 ottobre, la festa dedicata al corpo e alla sua purificazione, e passa dagli antichi Romani, la civiltà che più di tutte ha saputo godere d’un benessere derivante soprattutto dalla cultura termale; una cultura che si manifestava in luoghi di ritrovo e di socialità per i cittadini, veri e propri centri pulsanti e in cui si incrociavano raffinate civiltà come quella romana o araba. La salute attraverso l’acqua era altresì importante per Elleni ed Egizi che la ritenevano un vero e proprio culto all’igiene del corpo e della bellezza plastica. Oggi spa e benessere vogliono dire fitness, sana alimentazione, trattamenti viso e corpo, ma soprattutto relax e tranquillità; una sinergia tra

The term “Spa” is possibly derived from the name of the town of Spa, in Belgium, whose name is known back to Roman times, when the location was called Aquae Spadanae. However, It is commonly claimed that the word is an acronym of various Latin phrases such as “Salus Per Aquam” or “Sanitas Per Aquam” meaning “health through water”, harmony and balance for body, spirit and soul. What is unquestionable is that the origins of all this are ancient: from the Celtic celebration dedicated to the body and its purification on October 31st, to the ancient times of the Romans – the civilisation that was best able to enjoy the thermal wellness – when personal well-being was shared in public places where citizens could socialise, thanks to these vibrant hubs belonging to refined civilisations, as the Romans or Arabs. Or even the Greeks and Egyptians, for whom body hygiene and plastic beauty were a real cult. Today, Spa and wellness mean also fitness, healthy food, face and body


people can enjoy the luxury of taking one hour of a full day just for themselves, to chase away anxiety and stress, in a sensorial dimension where space and time dilate in wellness paths dedicated to body care. Sauna, steam baths, emotional showers, warm-water swimming pools with cervical waterfalls, cabins offering a large number of body treatments, ultrasonic waves peeling, classic beauty treatments for face and body, body massage of any kind, and many others. The atmosphere is often made more dynamic by wall projections of various nice images, relaxing background music to welcome guest at best and making them shift their mind from the daily geometry of doing, to a new geometry of dreaming, allowing them to lapse into complete relax.

MOOD

treatments, but most of all relax and tranquillity, creating a synergy between these elements leading to a proper well-being state and harmony between body and mind. Spas - also when located inside big or small hotels in a dedicated area – are special wellness centres following a new well-being and relax concept, even though their origins are ancient. They are real evocative and dreamy spaces, playing with emotions and stimulating the senses and mind, adding value to the culture of the atmosphere, care for details, product and service quality, the involvement of the senses. This is why today many hotels possibly choose to have a Spa, even in a reduced space, to propose to clients an idea of well-being and peace of mind, to ideally regenerate their body and soul and purify from the hectic rhythm of life, to relish the taste of small pleasures day by day. Spaces are usually very personal, where senses are stimulated, cuddled and spoilt, where

GOOD

frenetico della vita, assaporando il gusto dei piccoli piaceri ogni giorno. Il tutto avviene in spazi molto personali, dove i sensi vengono stimolati, coccolati e viziati; dove ci si può concedere un’ora o una intera giornata per dimenticare ansia e stress, in una dimensione sensoriale dove spazio e tempo si dilatano in percorsi-benessere dedicati alla cura del corpo. Sauna, bagnoturco, doccia emozionale, piscina riscaldata con cascata cervicale, cabine dove farsi coccolare dai numerosi trattamenti a disposizione: dal peeling a onde ultrasoniche ai trattamenti beauty classici, fino a massaggi di ogni tipo. A volte l’esperienza di benessere sensoriale viene accentuata anche rendendo il tutto più dinamico e vitale con proiezioni sulle pareti e la diffusione di musica e suoni rilassanti in sottofondo, per accogliere al meglio l’ospite trasportandolo lontano dalla geometria quotidiana del “fare” e onsentendogli di abbandonarsi al più completo e coinvolgente relax, in una nuova geometria del “sognare”.

FOOD

IMAGES: CLARIONHOTELPRAGUEOLDTOWN.COM TEXT: STEFANIA BASTONI

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elementi che poi conduce all’armonia tra corpo e mente. Sono quasi sempre luoghi ricchi di fascino ed atmosfera, dedicati a ristabilire il delicato equilibrio tra corpo e mente. Le spa, anche quando all’interno di complessi alberghieri o di piccoli hotel ma con un loro reale spazio, sono centri di benessere speciali, con alla base una nuova filosofia di benessere ed un nuovo concetto di relax, per quanto collegato all’antico. Sono autentici spazi evocativi e onirici, gestiti in un gioco di emozioni, alla scoperta di un nuovo concetto di “wellbeing”: benessere per i sensi e per la mente, valorizzazione della cultura dell’ambiente, all’attenzione ai dettagli, alla particolarità e alla qualità dei servizi come dei prodotti, alle atmosfere e al coinvolgimento sensoriale. Ecco perché oggi in moltissimi alberghi si cerca di creare aree anche ridotte ma dedicate alle spa: per proporre quell’idea di benessere inteso come serenità e assenza di tensioni, ideale per rigenerarsi e per purificare le giornate dal ritmo


DETTI POPOLARI VENETI TRA FAME E VINO

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I detti popolari, forse ancor più dei più noti proverbi, esprimono in modo genuino quanto la tradizione e gli usi di un popolo sapevano interpretare la vita nelle sue peripezie come nelle sue gioie. Sicuramente più dei proverbi perché non “manipolati” dagli eruditi o dalle interpretazioni storiche, che talvolta intervengono ed “aggiustano” sensi ed espressioni per un vezzo molto diffuso in chi avvicina e commenta le storie dei popoli tramite le incaute lenti del contemporaneo. Ne abbiamo scelti alcuni e significativi anche per la loro attualità, benché gli anni, le terre e i costumi siano così, talvolta, profondamente mutati. Co ghe n’è fam, l’è tut bon. Quando c’è fame è tutto buono. Un pensiero attualissimo che si dovrebbe utilizzare in quelle famiglie dove a schizzinosi pargoli, e mal allevati, è tutto concesso anche in periodi d’oggettiva difficoltà. Quel che se magna co gusto, no’l fa mai mal. Quello che si mangia con gusto, non fa mai male. Chi l’ha detto che anche le novità alimentari non avevano accoglienza nella popolazione più semplice? Da sempre è il gusto a dettare legge: si raffina ed educa e non può essere imposto da qualche critico o da qualche chef da strapazzo che vogliono convincerci a tutti i costi. Il palato, vivaddio, è anarchico! Al vin l’è mèdo pan. Il vino è mezzo pane. E’ l’Italia d’una volta, e che ancora resiste in alcuni casi, per cui il vino era alimentazione e non gusto, edonismo e piacevolezza nell’abbinamento con le varie pietanze. Da sinzhiéri le pensa, da ciochi i le dispensa. Da sinceri le pensano, da ubriachi le dispensano. Non è mai doma quella bella euforia da vino che consente sincerità e spontaneità anche a chi non ne è di solito capace. Naturalmente ben diversa e ben lontana è l’abilità nel mettersi alla guida. Formai, mai; puìna, pochetina; scòlo, a rota de còlo! Formaggio: mai; ricotta: pochina; siero a volontà. La necessità d’un tempo era di vendere tutto il formaggio finito, si disponeva a volte di ricotta poco preziosa e non mancava mai invece il siero, dalle proprietà lassative e liberatorie! Fuor di metafora, significa che le cose preziose sono rare, quelle banali invece sono sempre in sovrappiù. La boca no l’è straca, se no la sa da vaca. La bocca non è stanca se non ha il gusto di vacca. La tradizione d’un boccone di formaggio a fine pasto va bene per i pranzi sostenuti d’una volta, ma oggi il formaggio può e deve anche poter rappresentare un pasto/piatto unico, proprio per gustarne tutte le sue varietà, gusti ed abbinamenti, evitando di mangiarlo quando si è ormai sazi ed incapaci di coglierne tutta la bontà. L’acqua la inmarzhìss i pai. L’acqua fa marcire i pali di legno. Per quanto sia utile bere con intelligente e salutare moderazione, la sola acqua a tavola si collega a risultati di scarso gusto e di cattivo effetto. In molti concorsi gastronomici tra l’altro vige l’austera regola di non fare abbinamenti pulendo il palato con la sola sorella acqua!

Popular sayings – maybe even more than notorious proverbs – genuinely express how the traditions and customs of a people were able to interpret the joys and vicissitudes of everyday life. Sayings are more expressive than proverbs because they have not been “manipulated” by scholars or historians, who - following a widespread trend - often “adjust” sense and meaning when coming close to and commenting the stories of people, trying to take off their contemporary lenses. We have selected a few of them, which are significant also for their still up-to-date meaning, although lands and costumes have deeply changed during time. “Co ghe n’è fam, l’è tut bon.” When you’re hungry, all food is good. A still modern thought, which should be used in those families where spoilt children fussy with food are allowed what they want even in this economically difficult period. “Quel che se magna co gusto, no l fa mai mal.” What is eaten with relish does no harm.Why should new foodstuff not be appreciated by the simplest people? From time immemorial, taste calls the shots, and taste can be educated and refined, but not imposed because some food-and-wine critics or small-time chefs want to convince us at all costs. The palate, thank God, is anarchic! “Al vin l’è mèdo pan.” The wine is half bread. This is the Italy of old times - which is still a reality in some cases - when the wine was food and not taste or the hedonistic pleasure to find the correct matching with food. Da sinzhiéri le pensa, da ciochi i le dispensa. People think when sincere, dispense when drunk. The good high spirits due to the wine are never tame, allowing also the most shy people to be sincere and spontaneous. However, never drink if you drive. Formai, mai; puìna: pochetina; scòlo: a rota de còlo! Cheese – never; ricotta – not much; whey – hand over fist! The necessity to sell finite cheese in older times, with little room left for poor ricotta, and plenty of room given to whey, with its laxative properties! The metaphorical meaning is that precious things are rare, whereas trivial things are in abundance. La boca no l’è straca, se no la sa da vaca. The mouth is never tired until it doesn’t smell of cow. The tradition of having a bite of cheese after a sumptuous lunch was good in older times, but now cheese can and must be a proper single course, to taste better all its varieties, flavour and pairing with other food, avoiding to eat it when one is already replete and unable to appreciate its deliciousness. L’acqua la inmarzhìss i pai. Water decays poles. Although it is advisable and healthy always to drink responsibly, mere water at meal might impoverish taste and produce poor results. Even during food-and-wine competitions, a strict rule is in force: never to pair food and wine cleaning the palate with “sister water” only!

TEXT: VIAGGIATORE GOLOSO

POPULAR SAYINGS IN VENETO BETWEEN HUNGER AND WINE


H FARM

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GOOD

THE FARM OF IDEAS Mariano Zanon and planning trends in Italy in the Third Millenium

FOOD

L’architetto Mariano Zanon e le tendenze progettuali nell’Italia del Terzo Millennio

MOOD

LA FATTORIA DELLE IDEE


La Fattoria delle Idee

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“Non credo esista l’edificio simbolo dell’architettura veneta attuale. Un tempo era la villa palladiana, oggi in negativo potrebbe essere il capannone da cui dobbiamo continuamente difendere il nostro territorio” “I don’t think so. Once it was the Villa, think of Palladian Villas spread in the whole territory. Today the bad counterpart could be the industrial building, metal sheet boxes against which we are trying to fight to defend our territory. “

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Le luci di H-Farm brillano come diamanti nel buio dei campi di Roncade. Dapprima appare come un miraggio, poi le forme lineari degli edifici che la compongono affiorano alla vista. È un centro di ricerca, un incubatore di idee nato nel 2005 dalla mente di Riccardo Donadon. Una volta varcata la soglia, pare di esserci sempre stati, come in un sogno universalmente condiviso. C’è l’edificio padronale, con gli uffici, aule e spazi aggregativi, dove fare un sosta con una mela appena portata dal contadino del campo vicino; ci sono le casette, parallelepipedi disseminati nell’erba dove i ragazzi lavorano ai loro progetti, con un affaccio di vetro alla natura, perché non esiste solo il lavoro. Quando l’architetto Mariano Zanon ha ideato questa struttura insieme a Donadon, la scelta del luogo non è stata casuale.

The lights of H-Farm sparkle like diamonds in the dark of the fields of Roncade. At first it seems a mirage, but soon afterwards the linear shapes of its buildings become clear. This is a research centre, a hub of ideas conceived by Riccardo Donadon in 2005. Once inside, you feel like you have always been there, as if it were a dream universally shared. The property comprises a manor house - with the offices, classrooms and common spaces, where you can stop to eat a fresh apple just brought in by the farmer from the near orchard – and a few small houses, parallelepiped constructions scattered around the field, where young boys and girls work at their project facing the nature, as work is not the only thing. When Architect Mariano Zanon conceived this structure, together with Riccardo Donadon, his choice of the place was not random. He tells us that this decision had been pondered over for months, searching the Veneto countryside far and wide. Finally an ideal pocket-handkerchief plot appeared, with some existing buildings to renovate, where a farm could be grown to raise and educate talents in the field of technology and new media. An ambitious plan, exported also abroad, to Seattle, London and Mumbai. In this place, young people with fresh ideas can propose them Ci racconta che la decisione è stata ponderata per mesi, and, if these are interesting, they are funded and sponsored setacciando le campagne venete in lungo e in largo. Poi ecco so that they can be full-time dedicated without having to un francobollo di terra ideale, dove recuperare gli edifici già care for administrative details, money and red tape. They are esistenti per seminare e far crescere una fattoria che coltivi constantly followed, trained, helped. Subsequently, should ed educhi talenti nel campo della tecnologia e dei new media. the projects take shape, they can be a titbit for the companies Un piano ambizioso, esportato anche all’estero tra Seattle, of the sector and cross the borders of the Farm. The main Londra e Mumbai. characteristic of this structure is that it is a place of transit, Qui un giovane che ha un’idea può proporla e se essa si people who work there know they have a limited time, though rivela interessante, viene sostenuto e finanziato affinché the time spent is of extremely high quality. possa prendere il via, lavorandoci a tempo pieno senza Can you tell us something more on this particular aspect of l’incombenza di doversi occupare dei dettagli amministrativi, H-Farm? finanziari e burocratici. È costantemente seguito, formato, Our idea is to let people living in a certain environment get aiutato. Successivamente, se il progetto prende corpo in something from it. This way of thinking is already widespread maniera sostanziale, potrà diventare boccone succoso per le abroad, especially in Northern Europe, where young people imprese del mercato e spiccare il volo al di fuori della Farm. are a fundamental resource. I decided to import it. This place Ciò che caratterizza questa struttura dunque è di essere un offers the chance to work outdoors – especially during warmer luogo di passaggio, dove chi ci lavora sa di avere un tempo months – in contact with the nature. H-Farm is a go-back limitato a disposizione: tuttavia è il modo con cui si impiega to the land, no wonder that everything here, starting from le questo tempo a essere eccezionale. logo, symbolizes or somehow recalls agriculture. Ci racconta meglio questo aspetto di H-Farm? Do you have other similar projects?


MOOD

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GOOD

We are working at the construction of a residential campus, to limit commuting and make it possible for those who work here also to live here. We will create small bits of land that young people can cultivate and a big glass box that will become a glasshouse. How did you succeed in importing this project into the Italian architectural layout, especially in Veneto? Bringing back experience and ideas from my trips abroad, and getting to know the values of other cultures. However, the result has not always been appreciated. In Treviso, our renovation of a palace in the historic centre was criticized. Many maintained that we should have reproduced the mock-up of an ancient building: why? Our architecture is the expression of the Third Millennium. Fortunately, along with criticism we received also a lot of compliments. Another example? The recovery done in the Mazzorbo island in Venice. Two hectares of land where we restructured an agricultural farm which is now B&B de charme with 6 bedrooms and annexed restaurant (Restaurant Venissa). We recovered a vineyard and widened the space dedicated to gardens and orchards, recovering and re-interpreting traditional values. I have always been working in the renovation of old farmhouses, I live in an old farmhouse myself. Is there a building that can be considered the symbol of modern architecture in Veneto? I don’t think so. Once it was the Villa, think of Palladian Villas spread in the whole territory. Today the bad counterpart could be the industrial building, metal sheet boxes against which we are trying to fight to defend our territory. Who sets project trends, the client, the designer, the market? The consumer generates the offer, the quality of the demand determines the quality of the final product, hence market trends.

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IMAGES: AURELIO TUSHIO TOSCANO INTERVIEW: SILVIA ALBRIZIO

Vogliamo che chi vive in un determinato ambiente possa ricevere qualcosa da esso. È una filosofia già presente all’estero, specialmente nel nord Europa, dove peraltro i giovani sono una risorsa fondamentale. Ho voluto importarla. Questo luogo offre, specialmente nella bella stagione, la possibilità di lavorare all’aperto, in mezzo alla natura. H-Farm richiama il ritorno alla terra, non a caso tutto qui, dal logo in poi, simboleggia metafore legate all’agricoltura. Avete ulteriori progetti al riguardo? Stiamo lavorando alla costruzione di un campus residenziale, per limitare il pendolarismo e fare in modo che chi lavori qui possa anche viverci. Creeremo dei piccoli pezzi di terra che ognuno dei giovani potrà coltivare e una grande scatola in vetro conterrà una serra. Com’è riuscito a importare questo progetto all’interno della situazione architettonica italiana e soprattutto veneta? Portando l’esperienza maturata attraverso numerosi viaggi all’estero e conoscendo quindi il valore di quelle culture. Tuttavia il risultato non è sempre apprezzato. Ricordo che a Treviso ci fu criticato l’intervento che apportammo a un palazzo del centro storico. Per molti avremmo dovuto creare il simulacro di un edificio antico: perché? La nostra architettura è l’espressione del Terzo Millennio. Per fortuna assieme alle critiche ci sono arrivati molti complimenti. Un altro esempio? Il recupero effettuato presso l’isola di Mazzorbo a Venezia. Due ettari di terreno in cui abbiamo ristrutturato una tenuta agricola ora divenuta ostello con sei camere e ristorante annesso (Ristorante Venissa). Abbiamo recuperato un vigneto e potenziato lo spazio dedicato agli orti e agli alberi da frutto, recuperando e reinterpretando i valori della tradizione. Da sempre mi interesso del recupero di antichi rustici abbandonati. Io stesso vivo in uno di essi. Secondo lei qual è l’edificio simbolo dell’architettura veneta attuale? Non credo esista. Un tempo era la villa, basti pensare a quelle del Palladio disseminate per tutto il territorio. Oggi in negativo potrebbe essere il capannone, questi scatoloni in lamiera che noi stiamo tentando di combattere e da cui dobbiamo continuamente difendere il nostro territorio. Chi detta le tendenze progettuali? Il cliente, il progettista, il mercato? Il fruitore genera l’offerta, ed è la qualità di tale domanda a determinare poi la qualità del prodotto e quindi le tendenze sul mercato.

www.h-farmventures.com


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Giuseppe Nadin nel suo punto vendita di Sacile Giuseppe Nadin in its store in Sacile

SACILE?

APPENA FUORI MILANO... Calzature Made in Italy, inseguendo un sogno. SACILE? RIGHT OUTSIDE MILAN... Made in Italy Shoes, pursuing a dream Il negozio “Città di Milano” pulsa nel cuore di Sacile. Dalle sue luminose vetrine non rappresenta solo un punto vendita d’eccellenza nel campo dell’abbigliamento, delle scarpe e degli accessori, ma racconta altresì di un sogno divenuto realtà. Quello che ha portato i fratelli Giuseppe e Moreno Nadin a realizzare “Couture” ed “Elisabetta Neri”, due linee di calzature eleganti, sofisticate, emblemi di quel Made in Italy che fa da sempre grande il mondo della moda. La storia comincia nel 1991, quando il negozio di scarpe Nadin apre i battenti nel centro di Caneva. Si chiama “Nella Città di Milano”: un nome che, in una piccola città di provincia, richiama le atmosfere moderne e dinamiche tipiche dei grandi centri urbani.


FASHION EGO “Amo il mio lavoro. Quando con Couture abbiamo esposto al MICAM a Milano, osservavo il nostro piccolo padiglione espositivo e mi sono emozionato. Per la nostra azienda è stato un traguardo eccezionale.”

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MOOD

The shoe shop “Città di Milano” throbs in the heart of Sacile. Its bright windows do not only show an excellent selling point of clothes, shoes and accessories, but they also narrate of a dream that has become reality. The dream that led brothers Giuseppe and Moreno Nadin to realize “Couture” and “Elisabetta Neri”, two elegant and sophisticated shoe lines, emblems of that Madein-Italy production that glamorizes the world of fashion. The story begins in 1991, when the shoe shop Nadin opens in the centre of Caneva. Its name is “In the City of Milan”, a name which – in such a small town – recalls the modern and dynamic atmospheres typical of the big urban centres. Sons of a shoemaker, the two brothers are able with time to expand the activity, finally producing – after fifteen years – their own shoes. The two brothers share their commitments: Moreno takes care of the commercial aspect, while Giuseppe is the creative one. It is the latter who welcomes us into the shop. How is a shoe model conceived? I look around searching for inspiration and then start working, pursuing a dream. I have always had a passion for design, it is something natural to me. After making a sketch, I improve it until I obtain the model I was thinking of. Considering that fashion trends change continuously, we prefer to lay out our lines following season trends: for instance, this will be a summer full of colour, cheerful and lively. We even created a court shoe full of glitters. Which is your target? Young girls, but also women in full career, always moving, who want to follow fashion trends and look for the exclusiveness of Made-in-Italy products. Have you ever thought of realizing men shoes? Of course we have, and maybe we will in the future. But for the moment we prefer women shoes: there is more space for creativity, and the range of possible models is infinite. Is it the clients who choose their own dresses, or are you the ones to suggest and guide them? Clients shall always be given advice. It is rare to find clients

GOOD

Figli di un calzolaio, i due fratelli nel tempo riescono ad ampliare l’attività arrivando infine ad ideare e realizzare, quasi quindici anni dopo, le proprie calzature. I due si dividono gli impegni: Moreno si occupa della parte prettamente commerciale, Giuseppe di quella creativa. È quest’ultimo ad accoglierci all’interno del negozio. Come nasce un modello di calzatura? Mi guardo attorno alla ricerca di stimoli e poi mi metto all’opera, inseguendo un sogno. Ho sempre avuto la passione del disegno, per me è qualcosa di naturale. Una volta fatto uno schizzo lo miglioro fino ad ottenere il modello che ho in mente. Visto che ormai le mode sono in continuo cambiamento, preferiamo impostare le nostre linee secondo le tendenze di stagione: questa ad esempio sarà un’estate piena di colore, allegra e vivace. Abbiamo addirittura creato una decolleté tempestata di glitter. A chi vi rivolgete? Pensiamo alle ragazze giovani, ma anche alle donne più adulte, in carriera, sempre in movimento, che vogliono seguire la moda e ricercano l’esclusività del Made in Italy. Non avete mai pensato di realizzare scarpe da uomo? Certo e magari in futuro lo faremo. Però per adesso preferiamo quelle da donna: ci si può sbizzarrire con la creatività e i modelli da proporre sono infiniti. In questo campo è il cliente che sceglie cosa vestire o siete voi a doverlo guidare nella scelta? I clienti vanno sempre consigliati. Sono rari quelli che entrano in un negozio con le idee chiare, molti preferiscono essere seguiti, accompagnati, affidarsi a noi, alla moda. Come descrive le sue calzature? Ricercate, pregiate, di un’eleganza classica ma sempre di tendenza. Per la realizzazione di Couture collaboriamo con il calzaturificio Pignotti Ulderico a Porto Sant’Elpidio nelle Marche, tra le regioni con la più ricca tradizione calzaturiera. È da lì che passano le migliori firme della moda. Per Elisabetta Neri

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IMAGES: AURELIO TUSHIO TOSCANO INTERVIEW: SILVIA ALBRIZIO

“I love my job. When we exposed Couture at MICAM in Milan – the most important shoe exhibition in Italy – while observing our small stand I was moved. It has been an exceptional accomplishment for our company.”


Nicole, la nostra ragazza di copertina, indossa una scarpa con tacco “Couture”. Nicole, our cover girl, wearing “Couture” heeled shoes.

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“Rememberme” Seduta di Tobias Juretzek per Casamania, interamente realizzata con vecchi indumenti. Chair made by Tobias Juretzek for Casamania, entirely made with old clothes. www.casamania.it


Sacile? Appena fuori Milano...

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lavoriamo con la Pamar, azienda di Montecatini Terme (FI) con cui abbiamo preso parte, dopo una selezione, all’evento Cloudnine a Milano, all’interno dei saloni donna Pitti Immagine. Quante scarpe producete al giorno e dove le distribuite? Abbiamo una media di centoventi paia, ma siamo in crescita. Le distribuiamo in tutta Italia in punti vendita esclusivi, ma esportiamo anche all’estero, nell’Est Europa e in Olanda, Francia, Belgio arrivando al Giappone. Avete in mente di allargarvi magari con la produzione di borse e accessori? Per ora mi accontento di portare avanti i progetti Couture ed Elisabetta Neri. L’intenzione è quella di rimanere una linea di nicchia, proponendo sempre prodotti di qualità,

dove proseguire con una ricerca continua sui materiali e sulle nuove tendenze. Da dove nascono i nomi Elisabetta Neri e Couture? Elisabetta Neri è il nome di uno dei componenti della famiglia del calzaturificio Pignotti. Couture nasce invece dall’eterna idea di raffinatezza e stile. Il piccolo cuore accanto al logo invece è l’amore, quello che innanzitutto proviamo noi creando i nostri modelli. Amo il mio lavoro. Quando con Couture abbiamo esposto al MICAM a Milano, la più importante fiera italiana dedicata alle calzature, osservavo il nostro piccolo padiglione espositivo e mi sono emozionato. Per la nostra azienda è stato un traguardo eccezionale.

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France, Belgium and Japan. Are you thinking of expanding your activity, maybe with the production of bags and accessories? For the moment I am satisfied with the projects Couture and Elisabetta Neri. The intention is to continue to be a niche line, always proposing quality products, and making research on new materials and trends. How where the names Elisabetta Neri e Couture born? Elisabetta Neri is the name of a component of the family of the shoe factory Pignotti. Couture instead was born from the eternal idea of refinement and style. The small heart close to the logo stands for love, the love we feel in first person when we create our models. I love my job. When we exposed Couture at MICAM in Milan – the most important shoe exhibition in Italy – while observing our small stand I was moved. It has been an exceptional accomplishment for our company.

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who enter the shop with a clear head, many of them prefer to be followed, guided, rely on us and on fashion. How would you describe your shoes? Refined, prestigious, of a classic but trendy elegance. To realize the Couture line we collaborate with the shoe factory Pignotti Ulderico in Porto Sant’Elpidio, in the Marche, one of the Italian regions with the richest shoe-making tradition. The most important fashion names are born here. For Elisabetta Neri line we work with Pamar, a company from Montecatini Terme (Florence), with which – after a selection – we took part to the Cloudinine event, in Milan, in the rooms of Donna Pitti Immagine. How many shoes do you produce per day, and where are they distributed? An average of one hundred and twenty pairs, but we are growing. We distribute them all over Italy in exclusive shops, but we also export them to Eastern Europe, The Netherlands,

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Calzature “Città di Milano” - Sacile


MELODY CUCINE

UNA MELODIA SEMPRE NUOVA AN EVER-NEW MELODY

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SING L’originalità della cucina Sing è sorprendente. Le molteplici finiture rappresentano i materiali esistenti in natura reinterpretati nel laminato di forte spessore. La goffratura trasversale simile alle tavole di legno segato avvalora l’estetica, inoltre le caratteristiche di questo materiale garantiscono la massima inalterabilità e resistenza all’usura, graffi, acqua, oli e sostanze coloranti.

SING The Sing kitchen originality stands out. Many different finishes represent materials already existing in nature, reinterpreted in laminate in a consistent thickness. The transversal embossing similar to cut wood tables enhances their beauty and what is more the material features allow it not to be changed in time and to stand wear, scratches, water, oils and dyes.

KIKA Ante laccate opache e lucide, che mescolano curve armoniose concave e convesse disegnando un modello dal preciso carattere. Kika scavalca il concetto minimal a favore di solidità, concretezza, durata.

KIKA Matt and glossy doors, mixing concave and convex harmonic curves leading to a unique model, clearly overcoming the minimal concept to the benefit of solidity, concreteness and duration in time.


Nata nel 1986, dall’iniziativa dell’imprenditore Francescato Benito, Melody è un’azienda di cucine componibili, situata a pochi chilometri da Venezia. Il servizio, la qualità e la professionalità di un’intera famiglia e dei suoi collaboratori l’hanno portata a espandersi non solo in Italia, ma anche in numerosi paesi Esteri. Si avvale di validi collaboratori, attenti a ogni fase produttiva e che si rapportano ai clienti con cortesia e professionalità.

Founded in 1986 by the entrepreneur Francescato Benito, Melody is a kitchen company operating in the North-East part of Italy, a few kilometres from Venice. Service, quality and professionality of a unique family and its employees allowed Melody to consistently penetrate the Italian and many Foreign markets. Profiting from qualified consultants, which pay attention to any production phase, constantly friendly and professionally interacting with customers.

CREUSA Un mix di finiture e colori in perfetta sintonia, per un ambiente elegante ed esclusivo, da vivere quotidianamente con la massima spontaneità. Ricerca tecnologica e forme evolute per una qualità superiore.

CREUSA A series of finishes and colours mixed in perfect harmony, for an elegant and exclusive ambience, where to freely daily live. Technological search and evoluted finishes for a superior quality.

www.melodycucine.com

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ECO The Eco kitchen exhibits essential features of the daily life, caring for personal health and the environment. It is made with cultivated ashes and formaldehyde-free plywood panels. Entirely covered with a-toxic and non polluting paints.

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ECO La cucina Eco rappresenta caratteristiche essenziali per la vita contemporanea, attenta alla salute personale e all’ambiente. È realizzata con legni di frassino appositamente coltivati e pannelli in agglomerato di legno senza formaldeide. Le verniciature sono completamente atossiche e non inquinanti,

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SGT. PEPPER'S INTERVIEWS La storia di Lanfranco Malaguti intreccia città, studi e passioni provenienti da ambiti diversi e all’apparenza inconciliabili, eppure scatenano un connubio di esperienze che si traducono in sonorità straordinarie, in quel jazz che, imparato da autodidatta, lo ha portato ad essere uno dei più quotati chitarristi jazz italiani, nominato addirittura dall’Enciclopedia Treccani insieme a Carlo Pes e Franco Cerri. Vincitore del premio Top Jazz 2011, dopo esser stato premiato già nel 1989, Lanfranco Malaguti è nato e cresciuto Roma ma trapiantato per trentatrè anni dal 1978 a Fontanelle, paesino in provincia di Treviso, dove insegnava materie scientifiche. Oggi vive a Bologna, sua città originaria, dove continua a produrre la sua eccezionale musica e si conferma un uomo che non teme la sperimentazione, costantemente in controtendenza nella scena musicale jazz.

LANFRANCO

Did you expect to win the Top Jazz Prize 2011 as best guitarist? I already came second in 2010, so it was in the air. Nevertheless, I am always surprised because I don’t know the parameters of choice used by the critics. If they evaluate technical skills, then I am an exception, an offbeat in the jazz scene. Why? Because jazz players are now hyper-technical, a choice that I don’t understand, maybe due to my limits. But I’m curious to see where this will lead, maybe to new evolutions, maybe to nothing at all. Then we will all come back to the old high road.

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The story of Lanfranco Malaguti interweaves different cities, studies and passions seemingly incompatible, yet able to trigger a pool of experiences that translate into the extraordinary sounds of that self-learnt jazz, which made of him one of the most sought after Italian jazz guitarists, mentioned also in the Treccani Encyclopaedia together with Carlo Pes and Franco Cerri. Lanfranco Malaguti – winner of the Top Jazz 2011 award, after being awarded the prize also in 1989 – was born and raised in Rome, but in 1978 he was transplanted in Fontanelle, a small town in the province of Treviso, where he taught science for thirty three years. Now he lives in Bologna, where he continues to produce his exceptional music and proves to be a man who does not fear experimenting, an offbeat in the jazz music scene.

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Si aspettava la vittoria come miglior chitarrista al Premio Top Jazz 2011? Ero già arrivato al secondo posto nel 2010: era nell’aria. Certo, rimango sempre sorpreso perché non conosco perfettamente i parametri con cui i critici ti scelgono. Se giudicano la bravura tecnica, allora sono un’eccezione, in totale controtendenza. Perché? Perché i jazzisti oggi sono affetti da ipertecnicismo, una strada che, forse per mio limite, fatico a capire. Sono però curioso di vedere dove porterà, magari a nuove evoluzioni, magari a nulla e allora si tornerà indietro a ripercorrere la strada maestra. Ci racconti di come si è avvicinato alla musica. A quale età ha cominciato ad appassionarsi al jazz? La chitarra ho cominciato a suonarla da piccolo, a undici anni. Il jazz l’ho scoperto più tardi, verso i diciott’anni. Ho seguito i gusti di mio padre, grande appassionato del genere. Poi ho voluto assecondare la mia curiosità: da un approccio passivo, come ascoltatore, ho voluto cimentarmi in attivo, attraverso la composizione. Parallelamente si è laureato in geofisica ed è diventato insegnante di materie scientifiche. Qual è il punto di incontro tra scienza e musica? Con la statistica: applico precisi calcoli a strutture armoniche che tematizzano una specifica melodia. In questo modo, quando suono, riesco a creare accordi

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IMAGES: AURELIO TUSHIO TOSCANO INTERVIEW: LUCIA COVRE

MALAGUTI

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Lanfranco Malaguti

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matematici permettendo a chi mi accompagna di suonare in totale libertà, facendo note libere senza che queste siano dissonanti. Lei non è nuovo a percorsi inconsueti: nel 1989 incise insieme a Enzo Pietropaoli e Fabrizio Sferra “Something”, un compilation di brani dei Beatles. Fu una scelta inusuale per l’epoca, perché il jazz non contemplava l’influsso della musica leggera. Però decisi di provarci, aiutato dal fatto che fu un disco su commissione. Non fu semplice, perché dovemmo arricchire armonicamente ogni brano e perché non tutti i critici all’epoca erano aperti alle novità. Poi arrivarono i dischi di musica leggera “Azzurro” e “Parole, parole…”. Continuai a incidere quei brani che, soprattutto nella mia infanzia, mi avevano sempre appassionato. Scelsi i maggiori cantanti e cantautori italiani: Riccardo Cocciante, Sergio Endrigo, Mina, Gino Paoli, Adriano Celentano e tanti altri. La canzone più provocatoria fu sicuramente “Volare” di Domenico Modugno: riarrangiarla fu una vera sfida. Fu un’impresa riuscita? In parte. Sebbene avessimo scelto gli artisti più amati dal pubblico, il disco venne capito da una cerchia ristretta di amanti del jazz. La gente comune probabilmente voleva ascoltare cover senza troppe reinterpretazioni. Oggi quali musicisti apprezza? Pietro Paoli, Roberto Gatto e gli altri con cui ho collaborato in questi anni. Tra i giovani mi piace il filone perseguito da Fabrizio Bosso e Rosario Giuliani. Rappresentano il giusto mix tra tradizione e tecnica. Parliamo ora della sua seconda casa, il Veneto. Cosa le manca di questi luoghi, ora che è tornato a Bologna? Le montagne. Ho amato il Veneto perché mi dava la possibilità di godere di un panorama meraviglioso e nel contempo di muovermi liberamente tra le Dolomiti, il mare e Venezia, la più bella città del mondo. È un territorio che mi è sempre piaciuto. E poi amo i suoi vini, i rossi come il Cabernet e il Raboso e i cibi semplici, come una buona polenta con salsiccia.

Can you tell us how you approached music. How old were you when you started to get fond of jazz? I started playing the guitar when I was a child, eleven years old, but I discovered jazz only later on, when I was eighteen. I followed the taste of my father, who was a passionate jazz lover. The I wanted to give into my curiosity: from a passive approach as listener, I wanted to try to become active, composing my music. At the same time you got a degree in geophysics and became a science teacher. Which is the match point between science and music? Statistics. I apply to precise statistic calculations the harmonic structures that characterize a specific melody. By doing so, when I play, I can create mathematic tunes, allowing those who accompany me to play freely, creating free notes which are not dissonant. You are not new to unusual paths. In 1989 you recorded “Something”, a compilation of songs from The Beatles, together with Enzo Pietropaoli and Fabrizio Sferra. That was an unusual choice for the time, because jazz did not even consider pop music influences. But I decided to try, helped by the fact that it was a commission record. It was not easy, because we had to harmonically enrich each song, and because not all critics at the time were open to novelties. And then the pop music discs arrives, “Azzurro”, and “Parole, Parole …”. I continued to record the songs for which I had a passion since my childhood. I chose the best Italian singers and song-writers: Riccardo Cocciante, Sergio Endrigo, Mina, Gino Paoli, Adriano Celentano and many others. The most provocative song has definitely been “Volare” by Domenico Modugno: re-arranging it has been a real challenge. A challenge faced successfully? In part. Although we had chosen the artists most loved by the public, the disc was understood only by an inner circle of jazz lovers. Common people probably wanted to listen to cover songs without too much re-interpreting. Which musicians do you appreciate now? Pietro Paoli, Roberto Gatto and the others with whom I have collaborated during these years. Among promising young musicians, I like the trend of Fabrizio Bosso and Rosario Giuliani. They are the right mix between tradition and technique. Now let’s talk about your second home, Veneto. What do you miss most of that area, now that you live in Bologna again? The mountains. I loved Veneto because it gave me the chance to enjoy a wonderful panorama and at the same time to move freely between the Dolomites, the sea, and Venice, the most beautiful city in the world. It’s a territory I have always liked. And then I love its wines, the reds like Cabernet and Raboso, and its simple food, like polenta with sausages.


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VASCO MIRANDOLA GOOD FOOD

Actor, comedian, poet, singer, he worked transversally for the cinema, the theatre, the television. Among the most famous films in which he had a part – “Mediterraneo” of Gabriele Salvatores, that won the Academy Award for Best Foreign Language Film in 1992, “Colpo di Luna” (Moon Shadow, n.d.t.) of Alberto Simone which won an Honourable Mention at the Berlin International Film Festival in 1995, and several other films of the director Carlo Mazzacurati, among which “Il Toro” (The Bull, n.d.t.), awarded the Silver Lion at the Venice Film Festival in 1984. He collaborated also with the Contemporary Dance Company Sosta Palmizi, he created the company MUK with a group of deaf actors and worked with social distress. He participated in several television broadcasts, and published three poetry books.

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Attore, comico, poeta, cantante, ha lavorato trasversalmente per il cinema, il teatro, la televisione. Tra i film più famosi si annoverano “Mediterraneo” di Gabriele Salvatores, premio Oscar nel 1992 come miglior film straniero, “Colpo di Luna” di Alberto Simone, premiato al Festival di Berlino nel 1995 e diverse pellicole di Carlo Mazzacurati tra cui “Il toro”, Leone d’argento al Festival di Venezia nel 1984. Collabora con la Compagnia di danza contemporanea Sosta Palmizi, ha creato la compagnia MUK con un gruppo di attori sordi e ha lavorato nell’ambito del disagio. Ha partecipato a numerose trasmissioni televisive, tra cui “Zelig” e pubblicato tre libri di poesie.


UNO QUALCUNO CENTOMILA: VASCO MIRANDOLA [segue]

“Il teatro veneto è vivace: questo è certamente un bel segnale.” “The theater in Veneto is lively: this is certainly a good sign.”

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Nonostante abbia recitato in un film Oscar come “Mediterraneo” di Gabriele Salvatores, nonostante i riconoscimenti teatrali e nonostante abbia appena terminato di scrivere il terzo libro di aforismi e poesie “Carpe diem Trote Gnam” (Cleup), Vasco Mirandola rimane un attore umile e alla mano. Ci accoglie col garbo dei poeti e con l’ilarità degli istrioni e durante la nostra chiacchierata non lesina battute e giochi di parole, tipiche di un attore che ama da sempre divertirsi col linguaggio e con l’immaginario che esso stimola.

Come si possono conciliare, secondo lei, il buon cinema e i gusti del grande pubblico, dato che spesso i numeri premiano pellicole non necessariamente di qualità? Quando lavoravo a Canale 5 una volta chiesi agli autori perché mandavano in onda programmi di qualità così bassa. Mi risposero che era il pubblico a volerlo. Io non lo credo. Certo, esistono fenomeni momentanei che richiamano il grande pubblico e che producono un importante ritorno economico. Penso però che quando trasmisero “Vajont” di Marco Paolini nessuno si aspettava un successo così clamoroso. È sempre una questione di pigrizia: su cosa è più Cos’è la poesia al giorno d’oggi? facile puntare? Sul personaggio di folklore o quello di valore? La poesia è fuori dal tempo, ma riesce comunque a raccontare Come vede oggi la situazione del teatro veneto? la realtà che viviamo. Oggi c’è una grande crisi di valori, In Veneto abbiamo un grande problema istituzionale: non si ma i grandi poeti possono diventare figure di riferimento capisce come siano regolati i finanziamenti, sono supportate fondamentali. delle cose e sminuite delle altre. D’altra parte il teatro è Lei ama anche la letteratura. Quella italiana in particolar penalizzato anche a livello nazionale, dove nemmeno nelle modo rappresenta molto per il suo lavoro, basti pensare a scuole ha una sua dignità di insegnamento. Mancano le scrittori come Calvino e Buzzati, che spesso ha portato in basi per creare un’affezione culturale, il pubblico non viene scena. Come sceglie gli autori da interpretare? formato in nessun modo. Sono soprattutto scelte personali: ti piace uno scrittore, decidi Di contro, forse per ammortizzare questa sfortuna, il di approfondirlo. È un piacere leggere libri belli e quindi teatro veneto sta dando prova di grande vivacità e questo è condividerli, mi viene in mente “900” di Alessandro Baricco, certamente un bel segnale. Ci sono nuove proposte, sebbene o “Le città invisibili” di Italo Calvino. vengano aiutate soprattutto da enti privati. Anche i nomi dei suoi spettacoli teatrali sono molto Consiglierebbe a un giovane appassionato di teatro di particolari. “Avrei tanto bisogno di dire”, “Se fossi lieve”, intraprendere oggi il suo lavoro? “Una testa piena di farfalle” sono i nomi dei più recenti. Da Sì, l’arte è una cosa meravigliosa. I tempi non sono mai dove nascono questi titoli? sbagliati, nonostante oggi si consideri la cultura un optional Dalla necessità di chiarezza. Ho lavorato nel mondo del e non ci si ricordi che è il pilastro che sostiene l’umanità. disagio, assieme ad allievi con handicap, per sette anni. Un D’altronde “Un uomo senza cultura è come una zebra senza periodo di tempo in cui non ho recitato ma, una volta tornato strisce”. sulle scene, ho portato sul palcoscenico ciò che ho scoperto Ha scaramanzie particolari prima di andare in scena? della vita, filtrando il tutto con ironia e leggerezza. No, nessuna. Ma c’è sempre grande tensione, che ormai A proposito di ironia, ha lavorato a Zelig nel 2001, ma io provo sempre meno, perché quasi non mi accorgo del il cabaret fa da sempre parte della sua vita. Come ride il passaggio tra la realtà e la finzione. Ogni attore vive un pubblico oggi? incubo, vorrebbe scomparire. In un certo senso è come Penso che il pubblico sia sempre lo stesso, ma sono i comici entrare in un posto nudi dove ti attendono quaranta persone. ad essere cambiati. Oggi la comicità si è spostata in televisione Non le conosci, ma devi far loro vedere chi sei. e questo l’ha distrutta, perché in tre minuti devi far ridere Il suo piatto preferito. Il suo vino preferito. trenta volte più del normale. Se si sposta il comico dalla Certamente le lasagne, un piatto che nasce dai ricordi della televisione al teatro, non riesce quasi mai a reggere un’ora di mia famiglia, quando mia madre le cucinava al forno. Ora mi spettacolo. A questo si aggiunge il fatto che il pubblico è stato piacciono anche le lasagne col radicchio, che cucino io. Per ormai abituato a ridere solo in un certo modo. Forse il trio di il resto non sono un gran bevitore. Ho però scritto questo Aldo Giovanni e Giacomo ad oggi è uno degli ultimi ad essere aforisma sul vino, un gioco di parole: “Ho bevuto un litro di sopravvissuto a questa tempesta. Merlot e mi sento fuori un tot”.


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What is poetry today? Poetry is timeless, nevertheless it has the capacity to narrate the reality in which we live. Today there is a big crisis of values, but great poets can become important reference models. You have a passion also for literature, in particular, Italian literature means much for your work, if you think of writers like Calvino and Buzzati, often brought on stage. How do you choose the authors to interpret? It is mainly a personal choice: you choose a writer you like, and study him or her more thoroughly. It is a pleasure to read good books and share them with other people, I’m thinking of “900” of Alessandro Baricco, as an example, or “Le Città Invisibili” (Invisible Cities, n.d.t.) of Italo Calvino. Also the titles of your theatre performances are singular. “I would very much need to say”, or “If I were slight”, “A head full of butterflies” are the most recent. Where do these titles come from? They were born from a necessity of clarity. I have worked in the social distress, with physically hindered students, for seven years, a period of time in which I did not play, but when I was back on the stage again, I wanted to represent my experience of life, filtering the whole thing with irony and sense of humor. Talking of irony, you worked in the Zelig show in 2001, but cabaret has always been present in your life. How does the modern public laugh? I think that the public is always the same, but the comedians have changed. Today, comedy is on TV and this destroyed its character, because you have only three minutes to make people laugh thirty times more than usual. If you take TV comedians and bring them on the theatre stage, they wouldn’t last one hour. And also the public is now used to laugh in a certain way. Maybe the trio Aldo Giovanni and Giacomo is one of the last to survive this change. How is it possible to conciliate good cinema with the taste of the big public, according to you? When I worked for Canale 5 I once asked the authors why they broadcasted so low quality programs. They said it was the public to want them. I don’t think so. Evidently, there are several temporary shows that attract the general public and ensure an important economic return. But I also think that when the film “Vajont” was broadcasted, no one expected such a great success. It is a matter of laziness: which is the easiest bet? Value characters or folklore? How do you view the situation of theatre in Veneto?

We have a big institutional problem in Veneto: you never know how funds are allocated, certain initiatives are supported, others are dropped. After all, theatre in being penalized at a national level, neither in schools finds it its place and dignity. We are lacking in sufficient grounding and culture, the public is not educated in any way. On the other hand – maybe to compensate this ill fortune – theatre in Veneto is giving proof of good liveliness, this is positive. There are new proposals coming up, nevertheless mostly supported by private organisations. Would you encourage young people with a passion for theatre to undertake your carrier today? I would, art is awesome. It is never too late or inappropriate, even though today culture is reckoned optional and not valued for what it really is: a pillar on which humanity stands. As a matter of fact, “A man without culture is like a zebra without stripes”! Any ritual before going on stage, to ward off back luck? No, nothing. But there is always a good degree of tension, now less than once, because I rather realize the difference between reality and fiction. Each actor lives a nightmare, and the strong desire to disappear. It is like going into a room naked and there are forty people waiting for you. You don’t know them, but must show them what you’re made of. Your favourite dish. Your favourite wine. Lasagna, no doubts, a dish that draws back to family memories, when my mother used to bake it. Now I also like lasagna with red chicory, which I prepare myself. As for wine, I’m not a heavy drinker. But I have written this aphorism on wine, a pun: “I poured a litre of Merlot down my guts, and went a bit nuts”.

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IMAGES: VASCO MIRANDOLA INTERVIEW: TOMMASO ZAN

Vasco Mirandola was and is a humble and informal actor, notwithstanding the several awards received for his theatre performances, the roles played in Oscar-winning films such as “Mediterraneo” of Gabriele Salvatores, where he was Felice Munaron, and the third book of aphorisms and poems he published, “Carpe diem Trote Gnam” (Cleup). He welcomes us with the politeness of poets and the hilarity of comedians, and during our conversation he amuses us with the witty jokes typical of an actor who loves to play with language and the imaginative world it creates.

www.vascomirandola.it


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ANDRE MOLESI Vincitore del Campiello 2011 con “Non tutti i bastardi sono di Vienna” Winner of the Campiello prize 2011 with “Non tutti i bastardi sono di Vienna*”

Andrea Molesini nasce a Venezia ove attualmente vive. La sua attività si divide fra l’insegnamento (è docente di Letterature comparate presso l’Università di Padova), la traduzione (poeti americani come Ezra Pound, Charles Simic, Derek Walcott), e la scrittura. Autore di libri per l’infanzia editi da Mondadori, pubblica nel 2010 per Sellerio “Non tutti i bastardi sono di Vienna”, opera con cui vince il Premio Campiello 2011. Come vincitore dell’ultimo Premio Campiello, ma anche in virtù della sua attività di insegnamento e di traduzione di grandi scrittori, come vede lo stato della narrativa, al giorno d’oggi? Temo che troppo spesso la narrativa di oggi si accontenti di sembrare tradotta. Come ha vissuto l’esperienza del Campiello? Vincere è meglio di partecipare. Ha conosciuto gli altri finalisti? Sì. Ernesto Ferrero e Mariapia Ammirati sono scrittori di vaglia.

* “Not all bastards are from Vienna” - ndt

Entrando nel merito del suo fortunato romanzo “Non tutti i bastardi sono di Vienna”, per quale motivo ha deciso di scrivere un romanzo su questo momento storico preciso della Grande Guerra (1917-18)? Ho ritrovato un diario, scritto dalla sorella del mio nonno materno, che in modo laconico ed efficace racconta il dolore di una popolazione occupata da forze militari nemiche. Una Resistenza, quella italiana del 1917 e ‘18, che non era mai stata messa in scena fino ad oggi. E poi la Grande Guerra è stata davvero la nostra epica, la tragedia che ha fatto l’Italia, con i suoi 650.000 ragazzi morti, e i suoi 500.000 mutilati, per non parlare della carestia che falcidiò la popolazione veneta, insieme all’esercito occupante, in quel terribile 1918 che ancora oggi, sulla riva sinistra del Piave, è ricordato come “l’anno della fame”. E poi credo che vivere da ospiti in casa propria sia una metafora dell’uomo occidentale di oggi. Crede che il romanzo possa aiutare a divulgare fatti storici, che, anche se studiati e conosciuti dai più, non vengono indagati nei loro particolari più minuti? Sì, certo. Lo fa nel modo del romanzo, cioè suscitando


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Restando in tema di personaggi, Teresa è la serva e la cuoca di casa Spada. Pronuncia spesso l’imprecazione colorita “Diambarne de l’ostia?”. Ipotizzando di trasporre il personaggio in epoca contemporanea, come potremmo esprimere ciò che l’espressione porta con sé? Diambarne è una parola veneta del 1850 circa. Equivale al toscano Diamine. Un nomignolo affibbiato al diavolo, parola impronunciabile: non si sa mai, se lo nomini quello magari si fa vivo! Oggi “Diambarne de l’ostia!” sarebbe semplicemente “Porco diavolo!”. Il romanzo presenta varie parti dialettali: sono i personaggi stessi a parlare. In quanto veneziano, ha dovuto documentarsi dal punto di vista linguistico, usando il dialetto trevigiano? No, a parte qualche parola in trevigiano, come “ceo”, che vuol dire “piccolo”, per il resto ho usato il veneziano. Perché gli Spada e i loro servitori erano di Venezia. Naturalmente, quando si scrive, il dialetto va in parte inventato, così certe parole pronunciate da Teresa, come “burigoi”, non esistono nella tradizione, e testimoniano proprio l’inventiva linguistica della cuoca. Quali sono le sue abitudini di scrittura? Ha delle ritualità legate a questa? Mi alzo presto, intorno alle cinque. Faccio una colazione abbondante e mi metto a scrivere. Vado a letto presto. Tutto qui. Cosa c’è ora sul suo comodino? Winston Churchill. La sua autobiografia. Gran bel libro.

IMAGES: ANDREA MOLESINI INTERVIEW: ANGELA BERNARDI

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emozioni. Perché solo l’emozione, infine, resiste. Quali fonti ha interpellato ed a quali precedenti si è ispirato? Le fonti sono innumerevoli, ho letto e catalogato 179 libri. Ho visitato tutti, o quasi, i musei della Grande Guerra. Ho scovato inediti, diari e lettere. E ho ascoltato leggende tramandate da diverse famiglie venete. Cosa ci dice di Villa spada, il luogo che è l’ambientazione del romanzo? C’è, basta andare a Refrontolo. Si affaccia sulla piazza centrale. Oggi è male in arnese, andrebbe restaurata, ma la sua bella trifora, quella usata per trasmettere informazioni alla squadriglia di Brian, è sempre lì, come le sue vecchie mura. E nella locanda di fronte, quella che veniva frequentata dai sottufficiali dell’impero danubiano, si mangia pure bene. L’intero racconto si imprime nella memoria del lettore anche grazie a figure costruite con magistrale intensità. Il nonno Guglielmo Spada, il giovane e coraggioso Paolo, la bellissima e pericolosa Giulia sono solo alcuni di quelli che lei ha creato. Quale figura fra quelle descritte nel romanzo le sta più a cuore? Perché? Teresa, perché la cuoca è il perno della ruota del destino. Tutto muta ma la cuoca “è come l’erba, nata per restare ferma, al centro del misero splendore del tutto che passa”. E ha un vantaggio, vede il mondo dal punto di vista dell’umile, lei è la terra, l’humus. Come dice Machiavelli, “per capire il popolo bisogna essere principi, ma per capire i principi bisogna essere populari”.


Andrea Molesini

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As winner of the last Campiello Prize, but also considering your teaching activity and the translation of the works of great writers, what do you think of contemporary narrative? I’m afraid it’s too often contented with seeming to be translated. How did you live the experience of Campiello? Winning is better than participating. Did you know the other finalists? Yes, I know Ernesto Ferrero and Mariapia Ammirati, they are writers of great worth. Talking about your fortunate novel “Not all bastards are from Vienna”, why did you decide to write a novel on this precise historic moment of the Great War (1917-18)? I found a diary written by the sister of my maternal grandfather, which narrates efficiently and with a laconic touch the pain of a people occupied by enemy military forces. The Italian Resistance of 1917 and 1918 had never made the scene up to now. And then the Great War has really been our epics, the tragedy that made Italy, with its 650.000 young boys dead, 500.000 mutilated, not to mention the famine that decimated the population in Veneto, together with the occupying army, in that terrible 1918 which still today is remembered as “the year of hunger” in the left bank of river Piave. Do you think your novel could help to disclose historical facts which – even though they have been studied and are known to most people – have not been investigated in details? Sure, in the way a novel can, that is, arousing emotions. Only emotion, in the end, survives. Which sources did you consult, and which were the precedents that inspired you? Sources are numerous, I have read and catalogued 179 books. I have visited all – or almost all – museums of the Great War. I found out unpublished documents, diaries and letters. And I have listened to legends passed on by many families of Veneto.

What can you tell us about Villa Spada, the setting of the novel? It exists, in Refrontolo. It faces the main square. Today it is in bad conditions, it would require renovating, but the pretty mullioned window with three lights – the one used to transmit information to Brian’s squadron – is still there, as are its old walls. And the inn opposite to the villa, the one where officers of the Danube army went, still serves good food. The whole narration imprints in the reader’s memory, also thanks to its characters constructed with masterful intensity. The granddad Guglielmo Spada, the young and courageous Paolo, beautiful and dangerous Giulia are just some of the characters you created. Which of the figures described in the novel is more dear to you, and why? Teresa, because she’s the cook and pivot of the destiny wheel. Everything changes but the cook is like “the grass, born to remain still, at the core of the miserable splendour of the whole passing by”. And she is advantaged, she sees the world with humble eyes, she is the earth, the humus. As Machiavelli said, “to understand the People a man should be a Prince, and to have a clear notion of Princes he should belong to the People”. Sticking to characters, Teresa is the servant and cook of the Spada family. She often comes out with the colourful curse “Diambarne de l’ostia” (“Damn the host”). What would this be, in modern words? Diambarne is a Venetan word of the 1850, approximately. It corresponds to the Tuscan Diamine, damn, a sort of nickname stuck on the devil, as this word cannot be pronounced, for popular belief: you never know, if you call his name, he could come! Today “Diambarne de l’ostia!” would simply be “Damn it!”. There are several dialect expressions in the novel. This is the language of the characters themselves. Being from Venice, did you have to read up on the dialect from Treviso? No, excluding a few words like “ceo”, meaning “young, little”, I used the dialect from Venice. Because the Spada family and their servants were actually from Venice. Of course, when writing, dialect is partially invented. Some of the words pronounced by Teresa, like “burigoi”, do not exist, but give evidence of the linguistic inventiveness of the cook. Which are your habits when you write? Any rituals? I wake up early, around five. Have a hearty breakfast and then start writing. I go to bed early. That’s it. What’s on your nightstand now? Winston Churchill, his biography. Great book.

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Andrea Molesini was born in Venice, where he still lives today. His activity divides between teaching (he is a teacher of Comparative Literature at the University of Padua), translating (American poets like Ezra Pound, Charles Simic, Derek Walcott), and writing. Author of children’s books by Mondadori, in 2010 he published for Sellerio “Not all bastards are from Vienna”, a work with which he won the Campiello Prize 2011.

www.andreamolesini.it


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E LA MONTATURA

TRASPARENTE Eccentrico, sincero e ostinatamente al servizio dell’Arte PIERLUIGI SLIS AND THE TRANSPARENT FRAME: Eccentric, sincere e stubbornly in the service of art Pierluigi Slis nasce nel 1974 a Wuppertal, in Germania. Vive e lavora a Revine Lago (Treviso). Costruisce le proprie opere ricercando e selezionando principalmente materiali umili o intrisi di una storia. La sua ricerca artistica indaga l’imperfetto, la precarietà dell’uomo e ciò che lo circonda. Ha realizzato anche opere e installazioni per l’immagine e la comunicazione di molte aziende di rilievo. Tra le più importanti recenti esposizioni: Vergrabene Wünsche (Amburgo, Germania), Wir Rufen Nicht Die Polizei (54. Biennale Internazionale d’Arte di Venezia), Omaggio A De Chirico (Miami, New York, Los Angeles).


Pierluigi Slis was born in Wuppertal, Germany, in 1974. He lives and works in Revine Lago (Treviso). He builds his works searching and selecting mainly humble materials with a history behind. His artistic research looks into imperfection, the precariousness of people and the world around them. He realised also several pieces of art and works for the communication campaigns of important companies. Among the most recent exhibitions: Vergrabene Wünsche (Hamburg, Germany), Wir Rufen Nicht Die Polizei (54th International Biennale of Art in Venice), Homage to De Chirico (Miami, New York, Los Angeles).

MOOD

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Collective imagination sees the contemporary artist as an inscrutable character, locked into the ivory tower of the genius, where the rest of the world can have access to only once it has understood his incredible works. An eccentric, odd, unconventional person: Pierluigi Slis is the antithesis of this portrayal. He does not hide behind a studied and forcedly original look: he stands before us in his trousers stained with paint with a disarming smile that strongly clashes with the imagine of his works of art, seemingly dark and disturbing. This aesthetic dichotomy is the feature of this artist from Veneto that strikes us more. The transparent frame of his glasses is the emblem of his candour and genuineness, but it tells us also something about his perpetual research dedicated to the man, human being metaphorically naked, liberated from useless superstructures and fancy goods. Who is Pierluigi Slis? Substantially a man with a slightly strange surname. Three adjectives to describe yourself. Curious, non-alcoholic, “scotched-up” (fed-up, n.d.t.). Catchphrases to narrate your work. Look for – competent – study. Time would never be sufficient. Usually I translate thoughts. Why don’t you live in a big city, rather than staying here in the small village of Revine Lago? I was looking for a place suitable for cultivating thoughts, it’s a challenge. I am conscious that succeeding from here is more difficult than from other places. I live in a motionless place, because thought is the speed. But speed – as well as light – moves also in the nothing, so eventually is unimportant where you physically reside. Three of your biggest dreams. A well-organised exhibition, living in the city, and the “2,5+15x4”. What do these numbers mean? To me, this is a formula indicating the set-up of ideal life: intense work for 2 months and a half and then 15 days free to charge batteries, all this in each of the four seasons. What are you working at in this period? At the traces of the lives of the women that got across me. What are you NOT working at? I’m not pandering to the hypocrisy of the caste. What is your latest research about? Distance, in all its forms. Who would you like to have by your side in the future? My usual friends and collaborators.

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L’immaginario collettivo vede l’artista contemporaneo come una figura impenetrabile, rinchiusa nella torre d’avorio del genio dove il resto del mondo può arrivare solo una volta comprese le sue incredibili opere. Una figura eccentrica, stravagante, fuori dagli schemi. Pierluigi Slis è l’antitesi di tale rappresentazione. È un uomo che non si nasconde dietro un look studiato e forzatamente originale: si presenta a noi con i pantaloni macchiati di vernice e un sorriso disarmante, che stride con forza con l’immagine delle sue opere, all’apparenza cupe e inquietanti. È questa dicotomia estetica ciò che colpisce di più di questo artista veneto. Gli occhiali dalla montatura trasparente che indossa sono l’emblema di una schiettezza d’animo che non nega al pubblico la sua natura genuina, ma racconta, a partire da questa autenticità, una ricerca incessante dedicata all’uomo, essere metaforicamente denudato, scarnificato da orpelli e inutili sovrastrutture. Chi è Pierluigi Slis? Sostanzialmente un uomo con un cognome un po’ strano. Tre aggettivi con cui si definirebbe. Curioso, analcolico, scotch-ato. Come racconterebbe il suo operato? Competo, studio, cerco. Il tempo non basterebbe mai. Solitamente traduco pensieri. Come mai non è in una grande città, ma ha deciso di rimanere qui a Revine Lago? Cercavo un posto adatto alla riflessione, è una sfida. Sono cosciente che riuscire da qui è più difficile che riuscire in altri posti. Vivo in un luogo immobile, perché il pensiero è la velocità. Però la velocità, come la luce, si muove anche nel nulla, così alla fine non è fondamentale dove sei. I suoi tre più grandi sogni. Una mostra fatta bene, vorrei vivere in città e il “2,5+15x4” Cosa significano quei numeri? È una formula che secondo me indica l’impostazione di vita ideale: lavorare intensamente per 2 mesi e mezzo per poi aver 15 giorni per ricaricarsi e questo in ognuna delle 4 stagioni. A cosa sta lavorando in questo periodo? A tracce del vissuto delle donne che mi hanno attraversato. A cosa non sta lavorando? Non sto pettinando l’ipocrisia della casta. Le sue ultime ricerche cosa riguardano? La distanza in ogni sua forma. Chi vorrebbe al suo fianco in futuro? I miei amici nonché collaboratori di sempre. Chi invece non vorrebbe? Chi, come nelle favole, ti sotterra i talenti. È innamorato? Certo, dell’idea che non ho ancora avuto. Cos’è un’idea? Le idee sono nuvole: si trovano in cielo molti le guardano, alcuni le vedono. Com’è stata la sua esperienza alla Biennale? È stato come prendere un Taxi senza ruote. Non esiste un mezzo del genere. A Venezia sì!


TU - 300 x 200 cm, acrilico e spray su tela, 2008 TU - 119 x 79 in, acrylic and spray on canvas, 2008 In alto: REAL ESTATE - 270 x 70 cm, acrilico e spray su tela, 2009 On top: REAL ESTATE - 106 x 28 in, acrylic and spray on canvas, 2009

And who would you not like to have? Those who – like in fairy tales – bury talents. Are you in love? Of course I am, of the idea that still I haven’t had. What is an idea? Ideas are clouds, they are in the sky. Many people look at them, some see them. What is your experience at the Biennale of Venice? It has been like taking a taxi without wheels. Such a vehicle does not exist. It does, in Venice! Let’s talk about your works. Why are there certain colours that you don’t use in your paintings, for instance, red? This question is usually made to me by people who don’t know my art. You use also red, then. Of course I do. I often use it in open-air installations or in company showrooms. Do you work for companies? I do, I devote part of my time to those entrepreneurial realities that see art as a prestigious means of communication. Who are your favourite contemporary artists? I never remember names, only the works, more of interest to me. The last exhibition you visited? I saw the exhibition on expressionism in Villa Manin, but the last that stroke me more was held within the event Dolomiti Contemporanee. Now I would like to see “The Fire of Nature” in Trieste. What do you think of Bansky? Skilful. And of hip hop? Hip hop is part and parcel of my way of thinking and acting. It is based on fair challenge and healthy competition given by concrete results and the real capacities of people. This philosophy – applied to everyday life – leads you to give always the best in every context. Any vices? I maltreat my clients not taking into consideration their will, but then they thank me. Are you sporty? I run to think better, ride the bike for the sake of rigour, swim to fly. Other passions? Ski-sweaters of the Sixties. I collect them for hobby.

IMAGES: SLIS ARCHIVE TEXT: SILVIA ALBRIZIO

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Parliamo delle sue opere. Perché non usa certi colori nei suoi quadri? Ad esempio, perché non usa il rosso? Di solito mi pone questa domanda chi non conosce il mio operato. Quindi usa anche il rosso? Certo. Lo uso spesso nelle installazioni all’aperto o negli showroom aziendali. Lavora per le aziende? Sì, dedico una parte del mio tempo a quelle realtà imprenditoriali che vedono l’arte come veicolo di comunicazione di prestigio. Quali sono i suoi artisti contemporanei preferiti? Non ricordo mai i nomi, solo le opere, le cose che mi interessano di più. L’ultima mostra che ha visitato? Ho visto la mostra sull’Espressionismo a Villa Manin, l’ultima che però mi ha colpito era a Dolomiti Contemporanee. Ora vorrei vedere “Il fuoco della natura” a Trieste. Cosa pensa di Bansky? Bravo. E dell’Hip Hop? L’Hip Hop è parte fondamentale del mio modo di pensare e di agire. Si basa sulla sfida leale e sulla sana competizione, data dagli effettivi risultati e dalle reali capacità delle persone. Questa filosofia applicata alla vita quotidiana ti porta a dare sempre il meglio in ogni ambito. Il suo vizio? Maltratto i miei clienti non tenendo presente le loro volontà. Dopo però mi ringraziano... È sportivo? Corro per pensare, pedalo per rigore, nuoto per volare. Altre passioni? Per diletto colleziono maglioni da sci degli anni ‘60.


Pierluigi Slis e la montatura trasparente

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QUERELLE! 72

Comunicazione e giornalisti

Communication and journalists

Eric Scherer ha giustamente osservato come ”Il pubblico ha imparato a navigare, esplorare, scoprire, riassemblare e pubblicare”. Et voilà: tutti o quasi sono diventati editori! Non ci sono mai stati tanti strumenti e apparecchi per entrare in contatto con un numero così rilevante di fonti. Fino a quindici anni fa il mondo che arrivava fino a noi passava al vaglio di media e giornalisti che dettavano alle masse le loro scelte. Ora, questo oligopolio è finito. Il giornalista non è più solo a dire al mondo che cosa è. Non è più il solo storico del presente e dell’evoluzione delle nostre società. L’ informazione, in abbondanza infinita e di estrema freschezza, viene diffusa sempre più per flussi a getto continuo; è spezzettata, frantumata, e non entra più nelle vecchie macine del passato. Internet ha mischiato e assorbe tutte le piattaforme e in questa profonda rivoluzione i media fanno fatica a reinventarsi. Come nel Rinascimento, un grande periodo di dubbi subentra a un periodo di obbedienza riverente. “Niente è più come prima e tutti sanno che il futuro, che arriva sempre più rapidamente del previsto, non somiglierà all’ epoca che ha preceduto internet, il Web 2.0 o la crisi economica”. Doveroso chiedersi se c’è ancora bisogno di giornalisti. Certo, ma in maniera diversa, poiché bisogna reinventare questo mestiere in un quadro radicalmente nuovo. E cominciare con l’ammettere l’ampiezza dei mutamenti nella produzione, la diffusione e il consumo dell’ informazione; tutto ciò che è al cuore dell’attività stessa dei giornalisti. Oggi più che mai l’informazione è più un avvio di conversazione che un elemento concluso e fissato d’autorità. E il suo trattamento è più un filtraggio che il sigillo di una autorità incontestata. Perché, mentre i media tradizionali recalcitrano di fronte al digitale, il pubblico e gli inserzionisti, spesso più avvertiti sul piano tecnologico, vanno semplicemente a guardare altrove. Il giornalista non può essere lo spettatore di una rivoluzione in corso in cui il più grande nemico rischia di essere il giornalista stesso. Non può ritrarsi da questa nuova conversazione mondiale e restare su un piedistallo che non esiste più. I giornalisti, come altri, hanno reagito con lentezza. Sanno ormai che devono reinventarsi il loro ruolo. Altrimenti sarà questo nuovo pubblico, che ormai ha le mani sui loro strumenti, che determinerà da solo come farne uso.

Eric Scherer has reasonably observed that “The public has learnt to navigate, explore, discover, re-assemble and publish”. Et viola: almost everybody has become an editor! There have never been so many instruments and tools to come into contact with such a relevant number of sources. Up to 15 years ago the world that was presented to us had been previously filtered by media and journalists who dictated their choices to the mass. Now this oligopoly is over. The journalist is no longer the only one to speak to the world, or the only historian of the present and of the evolution of our society. Information – abundant and fresh – is increasingly diffused through nonstop fluxes, fragmented, shattered, and does not go through the old grindstones of the past. The Internet has mixed up and absorbed ant platform, and in this profound revolution the media are having a hard time reinventing themselves. This somehow resembles the Renaissance, a great period of doubts succeeds a period of respectful obedience. “Nothing is still as it was, and everybody knows that the future – which arrives ever more rapidly – will nevermore resemble the epoch before internet, the 2.0 Web or the economic crisis”. One wonders if journalists are still useful. They are, but in a different way, their profession must be re-invented in this radically new context. A first step could be admitting the extent of the change in the production, spread and use of information, the very heart of journalistic activity. Today information is more than ever a conversation start, not a concluded element compulsorily fixed. And processing information means filtering rather than putting a seal that cannot be broken. In fact, as traditional media are reluctant towards the digital world, the public or advertisers – often stronger in technology – look somewhere else. The journalist can no longer be the spectator of a revolution in progress, risking to be its worst enemy. It cannot retire from this new world-conversation and remain on a pedestal that does no longer exist. Journalists, and others, have reacted slowly. They know they have to re-invent their role. Otherwise it will be this new public – which already possesses their instruments – to determine how to use them.


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