RISCRIVIAMO LA STORIA DEL RISORGIMENTO CRONACA di un ECCIDIO PONTELANDOLFO 1861
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Progetto di ricerca storica RISCRIVIAMO LA STORIA DEL RISORGIMENTO CRONACA di un ECCIDIO: PONTELANDOLFO 1861 Ideato e coordinato da CAPASSO ANNA MARIA, docente di storia presso il 57° I.C. “San Giovanni Bosco” Hanno partecipato alle ricerche gli alunni: CLASSE IV SEZ. C • AURINO GIACOMO •
IACOLETTI GIADA
•
GALIZIA
SARA
•
NESPOLA
SIRO
•
PICCOLO
LUIGI
CLASSE IV SEZ. D • ARNO’ BENEDETTA •
DOTA ANDREA
•
SANDOMENICO EGIZIO
•
TIPALDI FEDERICA
•
VELOTTA MARTINA
CLASSE V SEZ. C • CASTALDO •
GRIECO
•
LA ROCCA
•
NAPPO
•
SANNINO
CLASSE V SEZ. E • CERINO SERENA •
DE SIMONE CHIARA
•
RUSSO SALVATORE
•
SAVINO SERENA
•
TAMMARO DANIEL
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Il prossimo anno, nel 2011, ci saranno i festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia. In tutto il territorio nazionale sono previsti eventi e manifestazioni per ricordare quel momento storico dal quale è nato il nostro Stato. Le generazioni passate avevano nei loro testi scolastici molta letteratura su questo argomento, interi capitoli che raccontavano le imprese di quanti ,credendo negli ideali del “Risorgimento” hanno combattuto e vinto lo straniero, di eroi che hanno dato la vita in nome della libertà e dell’indipendenza e che hanno dato a noi la possibilità di vivere in uno Stato libero e democratico.
Noi ,alunni della scuola primaria, non affrontiamo ancora lo studio di quel periodo storico , ma abbiamo scelto di fare delle ricerche partecipando al progetto di ricerca storica :
in collaborazione con la Fondazione Ibsen. 5
Il tricolore d’Italia
La storia del Risorgimento italiano è stata scritta dai vincitori che, guardando attraverso le loro lenti di conquistatori hanno descritto le terre del meridione italiano mettendo in risalto solo il loro operato e mortificando molto la civiltà e la cultura di un popolo che aveva dei problemi sociali , ma come quelli presenti in tutti gli altri stati della penisola e che in quanto a tradizioni e primati era ai primi posti in Europa e vantava la presenza di menti illuminate e progressiste che hanno fatto del regno delle due Sicilie uno Stato all’avanguardia . Il popolo meridionale, inoltre, per i suoi trascorsi storici era veramente abituato alla convivenza con lo straniero: ne assorbiva le consuetudini , ne apprezzava le qualità, riusciva ad allargare i propri confini mentali interagendo con le varie etnie e quindi, promuovendo atteggiamenti di tolleranza , fratellanza e intercultura ha precorso i tempi accettando di vivere secondo quei valori che sono alla base della moderna società multietnica e antirazzista e consona all’Europa unita. L’unificazione politica ed etica del nostro paese si è andata delineando molto lentamente, dopo aver superato “differenze etniche, culturali ed economiche”, però scorrendo le pagine di cronaca spesso si ha la sensazione di non vivere in un territorio in cui tutti si sentono cittadini italiani ,con pari dignità , pari opportunità, nel rispetto delle tradizioni e della cultura di tutti i popoli che fecero l’Italia unita , libera e indipendente. Con questa ricerca vogliamo cogliere l’occasione per riflettere sulla possibilità di sentirci “ITALIANI”, di ricercare quegli elementi realmente unificanti, di pensare al futuro del nostro paese, come parte integrante di una totalità che ha bisogno di tutte le sue risorse per poter competere con le potenze mondiali .
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Nel 1848 molti cittadini insorsero contro i sovrani per affermar il diritto alla libertà delle Nazioni. A Milano e Venezia gli Austriaci furono costretti a lasciare la città ed in Piemonte il sovrano Carlo Alberto di Savoia concesse la Costituzione e dichiarò guerra all’Austria. Da molta parti d’Italia accorsero volontari e patrioti per rinforzare l’esercito piemontese, ma ben presto si cominciò a temere che il sovrano volesse solo allargare i confini del suo regno e far diventare l’Italia una monarchia. Molti si ritirarono, dando così all’Austria la possibilità di riprendersi le città del Lombardo-Veneto. Nel 1852 CAMILLO BENSO CONTE DI CAVOUR fu nominato capo del Governo dal nuovo re Vittorio Emanuele II. Con abile diplomazia fece accordi con la Francia e l’Inghilterra, così il Piemonte dichiarò di nuovo guerra all’Austria che dovette cedere la Lombardia che entrò a far parte del Regno di Sardegna. Spinti dall’entusiasmo per le vittorie, i cittadini del Granducato di Toscana e del Ducato di Modena e Parma, con un Referendum, scelsero di far parte del Regno di Sardegna. I patrioti ricominciarono a temere che la monarchia Savoia avrebbe avuto il sopravvento in un’eventuale unità d’Italia. Organizzarono una spedizione per liberare il Regno delle due Sicilie dalla dominazione borbonica e costruire una Repubblica. Giuseppe Garibaldi, un generale repubblicano che si era distinto nella guerra contro l’Austria, guidava la spedizione. Sbarcati in Sicilia, i garibaldini ottennero facili vittorie contro l’esercito borbonico e, nel giro di 4 mesi, liberarono tutti i territori del sud fino a Napoli. Intanto i Piemontesi avevano occupato Marche ed Umbria, appartenenti allo Stato Pontificio. Ma Garibaldi, deludendo le aspettative dei repubblicani, forse per evitare nuovi scontri, consegnò a Vittorio Emanuele II le terre che aveva conquistato.
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Re Vittorio Emanuele II seguì con interesse l’impresa di Garibaldi manifestando il proprio accordo: mentre ufficialmente sconsigliava l’avanzata nella penisola italiana,segretamente la incoraggiava. Garibaldi si attenne alle direttive segrete del re sabaudo.
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POESIA DIALETTALE Garebbalde tradetore
Garibaldi traditore
Ca amm’a fa de Garebbalde ca iè mbame e tradètore? Nu velìme u rè Berbòne Ca respètte la religione
Che ne facciamo di Garibaldi che è infame e traditore? Noi vogliamo il re Borbone che rispetta la religione
Sènghe na vosce abbasce Frangische se ne va Règne de Nàbbule statte secure ca dope n’anne av’a ternà
sento una voce in basso Francesco se ne va Regno di Napoli stai sicuro che dopo un anno deve tornare
Nel 1861 fu proclamato il Regno d’Italia con capitale TORINO. Era nato lo Stato italiano: era unitario perché aveva un unico RE, una sola Costituzione ed un solo Parlamento eletto in tutta Italia (solo dai maschi che sapevano leggere e scrivere ed avevano un reddito elevato). L’Italia era un Paese povero: a nord un modesto sviluppo economico, il sud arretrato per il malgoverno dei Borboni.
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Tra gli italiani continuavano ad esserci delle differenze: il 98% parlava solo il dialetto, l’80% era analfabeta, si usavano monete, pesi e misure diversi, da regione a regione. L’INSEGNAMENTO DELLA LINGUA ITALIANA A Palermo si usa la lingua italiana, ma in gran parte delle scuole rurali si usa il dialetto. A Bologna….si parla sempre la lingua italiana, come nelle sue province, affini alla Toscana, nella bocca dei fanciulli però non va esente da idiotismi e correzioni…. Nelle province settentrionali il dialetto domina nelle scuole • Dai rapporti del 1864 ministero della PI • L’italiano era la lingua ufficiale dell’Italia unita, ma pochi lo conoscevano e lo parlavano. • Nelle scuole i maestri, per farsi capire, usavano il dialetto misto alla lingua italiana. • La scuola era considerato lo strumento per diffondere l’uso dell’italiano, ma pochi riuscivano veramente a imparare. • Le ore trascorse a scuola erano poche e fuori si parlava il dialetto. • Nelle scuole mancavano i mezzi, gli strumenti e i metodi per poter insegnare a tutti. • Collegato alla diffusione del dialetto c’era il fenomeno dell’analfabetismo.
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I braccianti partivano all’alba dalla città e si recavano lontano a lavorare nei campi. Incontravano i briganti che domandavano se avessero visto i soldati. I contadini dicevano dove li avevano visti e da che parte si dirigevano. Così i briganti erano sempre informati degli spostamenti dell’esercito e potevano mettere in atto i loro infami piani in tutta sicurezza. I briganti rubavano bestiame ai ricchi proprietari, assalivano i viaggiatori, tendevano agguati ai soldati. Si nascondevano in montagna, nei boschi, vivendo nelle grotte ed in capanne. A queste bande si unirono anche moltissimi giovani che non volevano svolgere il servizio militare.
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Francesco Saverio Nitti, Scienze delle Finanze. Pierro, 1903, pag. 292. LE MONETE DEGLI ANTICHI STATI ITALIANI AL MOMENTO DELL'ANNESSIONE AMMONTAVANO A 668 MILIONI COSÌ RIPARTITI REGNO DELLE DUE SICILIE
MILIONI 443,2
LOMBARDIA
»
8,1
DUCATO DI MODENA
»
0,4
PARMA E PIACENZA
»
ROMA
1,2
»
35,3
ROMAGNA - MARCHE E UMBRIA
SARDEGNA
»
55,3
»
27,0
TOSCANA
»
85,2
VENEZIA
»
12,7
TOTALE
»
668,4
IL REGNO DELLE DUE SICILIE AVEVA DUE VOLTE PIÙ MONETE DI TUTTI GLI ALTRI STATI DELLA PENISOLA UNITI ASSIEME domanda : dove sono finiti questi soldi ? Risposta: Nelle casse del ricco Nord e nella civilissima Francia.
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DAL PRIMO CENSIMENTO DEL REGNO D'ITALIA DEL 1861 LA POPOLAZIONE OCCUPATA ERA:
COMPART. TERRITORIALE PIEMONTE E LIGURIA LOMBARDIA
-INDUSTRIA 345.563 465.003
AGRICOLTURA -
COMMERCIO -
1.341.867
110.477
1.086.028
103.543
PARMA E PIACENZA
66.325
186.677
10.915
MODENA, REGGIO E MASSA
71.759
242.248
15.530
ROMAGNA
130.062
357.867
28.360
16.344
381.966
18.747
42.291
248.069
7.104
266.698
571.409
59.057
2.569.112
189.504
MARCHE UMBRIA TOSCANA PROV. NAPOLETANE
1.189.582
SICILIA
405.777
564.149
82.556
31.392
159.239
8.645
3.130.796
7.708.631
SARDEGNA TOTALE
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634.438
LE MAGGIORI CITTÀ
N. ABITANTI TORINO
204.715
MILANO
196.109
GENOVA
127.986
FIRENZE
114.369
BOLOGNA
109.395
LIVORNO
96.471
REGGIO EMILIA
50.371
PIACENZA
39.387
NAPOLI
447.065
ROMA
194.587
PALERMO
194.463
ALESSANDRIA
56.545
ANCONA
46.090
BRESCIA
40.499
MESSINA
103.324
Domanda: Tutti gli occupati, il lavoro, le persone, che fine hanno fatto? Risposta : materializzatesi al Nord e nel resto del mondo con tutto il resto.
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LA PRIMA FERROVIA ITALIANA Da “Il Giornale delle due Sicilie” “dall’ alto della tenda reale,si dà un segnale e il 4 ottobre 1839,parte il primo convoglio composto di vetture sulle quali ordinatamente andavano 48 invitati, 60 ufficiali dell’Armata di Sua Maestà,30 soldati di fanteria,60 marinai. Chiudeva il convogli ola vettura della Guardia reale”… Il treno partì da Portici , arrivò al Granatello e tornò indietro; ci fu la benedizione e il treno si diresse a porta Nolana dove la Real Famiglia prese posto, la corte si sistemò nelle apposite vetture tra festeggiamenti della gente che esultava per il gradevole spettacolo. Dame e gentiluomini erano vestiti a festa”.
PIETRARSA 1863
BAYARD
7.900 metri di strada costruiti in un anno; le tariffe erano basse:5 grani i primi posti;3 grani i terzi, 6 grani per vacca, toro e bue 3.5 per cavallo o altro animali,12grani per la mercanzia. 22
Nel 1843 fu inaugurato il tratto Napoli –Caserta; nel 1856 quello Napoli-Sarno. Francesco II aveva progetti lungimiranti anche per il miglioramento del trasporto marittimo, ma non gli fu possibile portare a termine il suo programma. Legata alla ferrovia era la fabbrica metalmeccanica di PIETRARSA con 1500 operai, (la FIAT non c’era ancora). In questa fabbrica si costruivano le locomotive e le rotaie. Oggi a Pietrarsa c’è un Museo ferroviario dove si può ammirare una ricostruzione della BAYARD e dei vagoni della Napoli – Portici. Nell’aprile del 1832 era stato inaugurato il primo ponte in ferro in Italia (75.000 ducati x68.857 di ferro), il ponte FERDINANDEO Giovanni Patterson curò la costruzione della prima locomotiva collinare. Furono napoletani anche il primo faro lenticolare e il primo telegrafo elettrico(1849). Foto I Borboni vollero l’illuminazione a gas per la loro città, (1839 dopo Londra e Parigi) Il Regno aveva una flotta mercantile e militare di tutto rispetto e fu il giurista Michele de Jorio da Procida a compilare il primo CODICE MARITTIMO. Nel 1818 a Napoli si costruì il primo PIROSCAFO che solcò il Mediterraneo e a Castellammare fu costruita la corazzata “MONARCA” che era la prima ad elica e pesava 3800 tonnellate. Il piroscafo “SICILIA”, primo nel Mediterraneo, cominciò dei viaggi periodici in America, in 26 giorni. Un primato meno conosciuto,ma significativo è la prima nave crociera “FRANCESCO I” sulla quale si imbarcarono nobili, autorità, principi reali e personalità inglesi, francesi, olandesi, svizzeri, ungheresi , greci e svedesi. In 3 mesi la nave passò per Taormina, Catania, Siracusa, Malta, Corfù, Patrasso, Delfo, Zante, Atene, Smirne, Costantinopoli e tornò a Napoli. Durante il tragitto c’erano feste a bordo, escursioni, balli e tavoli da gioco. In seguito alla scoperta degli scavi di Pompei e di Ercolano ci fu una maggiore affluenza turistica perciò si aprirono le prime agenzie turistiche.
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SCAVI di ERCOLANO
Ma le conquiste sociali sono quelle che ci piace ricordare perché legate a primati che ,per noi del sud sono motivo di orgoglio e ci danno la spinta ad andare avanti per tornare agli splendori del passato. Costruzione di orfanatrofi e ospizi Il Real Albergo dei poveri di Napoli e il collegio del Carminello, dove c’era la possibilità di stage all’estero per le allieve.
L’Istituto Principi di Napoli per la formazione professionale dei ciechi e dei sordomuti. Di primaria importanza in Italia, fu l’apertura del primo ospedale psichiatrico di Aversa, moderno e altamente scientifico. Nel Regno risultava anche la più bassa percentuale di mortalità infantile d’Italia, dopo l’unificazione. Il 31 dicembre 1763 fu inaugurato a Napoli il “Cimitero delle 366 fosse” nel quale erano sotterrati i resti di chi moriva in ospedale ed era povero. Per la prima volta in Italia, fu applicato un vero e proprio sistema di “Case popolari” sia a San Leucio che a Barletta.
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Un primato veramente invidiabile fu la creazione di un sistema pensionistico per i lavoratori, con una trattenuta del 2% sugli stipendi; gli impiegati potevano andare in pensione con 40 anni più un giorno di servizio, con la totalità dello stipendio. A livello culturale i primati sono veramente tanti, ricordiamo: - la prima scuola di ballo d’Italia, presso il teatro di San Carlo; - nuovi impulsi furono dati agli scavi di Pompei ed Ercolano, con la relativa Accademia delle Scienze e delle Belle Arti; - nel 1819 fu aperto l’Osservatorio Astronomico a Capodimonte e, tra i primi in Europa, il Centro Sismologico Vesuviano; - la prima Cattedra di Economia affidata ad Antonio Genovesi; - Centri di Sperimentazione agricolo-pastorali e per l’allevamento dei cavalli di razza napoletana, apprezzati presso tutte le corti; - alla mostra industriale di Parigi, nel 1856, il Regno delle Due Sicilie risultava la terza potenza industriale del mondo; vinse il primo premio per le paste ed i coralli; - anche la produzione di carta fu da primato perché le fabbriche erano motorizzate; - i guanti prodotti a Napoli, 700.000 dozzine l’anno, arrivavano in tutto il mondo. Significativi erano anche i dati relativi all’importazione ed all’esportazione per la marcata tendenza positiva. Negli ultimi anni del Regno non si conosceva l’“emigrazione”, fenomeno presente in molti altri Stati d’Italia.
CAVALLO di razza NAPOLETANA
Il brigantaggio ha interessato l’Italia meridionale dopo l’Unità d’Italia. 25
Questo fenomeno è stato molto complesso, le sue cause sono da ricercarsi in una serie di eventi che partendo dalle aspettative deluse dei ceti più umili contribuirono a determinare l’organizzazione di bande , nascoste tra i boschi dell’Appennino centro meridionale, che erano disposte a tutto pur di allontanare dalle loro terre lo straniero conquistatore , per rimettere sul trono la dinastia dei Borboni che, nonostante tutto erano credenti e con i quali condividevano perlomeno cultura e tradizioni.
STEMMA DEI BORBONI DI NAPOLI
Il cambio di guardia al potere, i Savoia al posto dei Borboni, per i contadini, i braccianti e i più poveri corrispondeva ad un cambiamento di vita ,a una riforma agraria, quindi a condizioni di lavoro più sostenibili con guadagni più equi e con i quali si poteva sostenere la famiglia in modo decoroso per tutte le sue necessità. La realtà di fatto fu invece molto diversa, le nuove leggi erano solo a favore dei ceti più potenti, mentre le tasse aumentarono proprio per i contadini e piccoli artigiani che già con il governo precedente avevano difficoltà per gli esigui guadagni e i poveri raccolti .
STEMMA DEI SAVOIA
Anche l’idea di “piemontizzare” il meridione non fu accolta bene dal popolo del sud che si vide togliere forza lavoro nei campi con • la legge che introduceva la leva obbligatoria,che non esisteva durante il governo borbonico; • tutti gli incarichi statali vennero affidati a funzionari provenienti dal nord; 26
• gli operai impegnati per i lavori pubblici erano piemontesi e quelli del sud furono licenziati senza un valido motivo. Perciò la situazione divenne davvero difficile, il governo unitario non si preoccupò minimamente di favorire l’adattamento dei popoli meridionali alla nuova scena politico -sociale, solo leggi e pretese da chi mostrava solo disprezzo e atteggiamenti di “conquistatore” insensibile e predatore. La risposta a questo stato di cose non tardò a verificarsi : contadini, disertori, ex garibaldini, filo borbonici, evasi dalle carceri borboniche decisero di affiliarsi a bande di fuggitivi che si nascondevano tra i boschi , sui monti e preferirono darsi alla macchia piuttosto che sottomettersi a leggi inique e inadeguate.
CONTADINI DI FINE 800
ANTONIO GRAMSCI
Gramsci
scrisse: 27
L’Unità d’Italia si realizzò grazie all’annessione al Piemonte delle regioni italiane, cioè lo stato Sabaudo invase il meridione rapinandolo di ricchezze e cultura: le banche svaligiate, terre confiscate, tesori preziosi trafugati, ma soprattutto terrore e violenza furono il segno di riconoscimento del nuovo stato unitario che di unitario non aveva proprio niente. Ci furono reazioni violente anche da parte dei popoli del sud che insorsero insieme ai briganti per far valere i propri diritti che con le buone maniere non era possibile far rispettare. In queste storie, spesso sottaciute dalla storia risorgimentale, si sono avuti episodi drammatici, omicidi e violenze che vorremmo far conoscere per parlare anche di queste persone umili e incapaci di farsi valere se non con la forza della disperazione e della miseria e che perciò hanno tutto il diritto di essere ricordati come eroi del nostro paese e non come “briganti” e malviventi mentre altri personaggi sono stati osannati e ancora oggi sono i soli eroi nazionali. Quindi la conquista del sud costò sangue ai conquistatori, ma molto di più a chi subì questa conquista.
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CRONACA DI UN ECCIDIO: I FATTI DI PONTELANDOLFO “La sporca guerra” Savoia contro i briganti ,iniziò nel 1860 con i fatti di Bronte e si esaurì nel 1865 quando cominciò il fenomeno di massa dell’emigrazione. Tra i tanti ricordiamo un episodio avvenuto in un paesino del beneventano tra i monti dell’Appennino: PONTELANDOLFO. Veduta di Pontelandolfo
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A Pontelandolfo si avvertiva un certo fermento: • i poveri raccolti non bastavano più a pagare le tasse imposte dai Piemontesi; • i contadini avevano ormai capito che Garibaldi stava dalla parte dei borghesi e non ne potevano più delle razzie della guardia piemontese; • il popolo rimpiangeva il tempo dei BORBONI e perciò non aspettava altro che una scintilla per far esplodere tutta la loro rabbia; • l’arciprete EPIFANIO DE GREGORIO, insieme ad attivisti borbonici, manteneva i contatti con i contadini rinverdendo la speranza di un futuro migliore che sarebbe arrivato di lì a poco con il ritorno del re FRANCESCO. FRANCESCO II di BORBONE
GUARDIA NAZIONALE
Nonostante un nutrito servizio di guardia Nazionale, il partigiano Gennaro Rinaldi, detto STICCO, si presentò al sindaco MELCHIORRE con la richiesta di 8000 DUCATI, armi e viveri entro 48 ore, altrimenti avrebbe messo a ferro e fuoco le case dei traditori liberali. Il sindaco fece subito rapporto alla guardia nazionale allertando il colonnello DE MARCO che si mise in marcia con 200 mercenari. Anche don Epifanio inviò suoi emissari all’accampamento di COSIMO GIORDANO, capo dei partigiani, per invitarli alla messa di ringraziamento. Era il 7 agosto del 1861, giorno di festa per quel comune del Matese: si festeggiava S.Donato. Nel pomeriggio entrò in paese una banda di briganti (PARTIGIANI), capeggiata da Cosimo Giordano, da molto ricercato perché a 16 anni aveva ucciso l’assassino del padre: era stato nell’esercito borbonico contro Garibaldi. 30
COSIMO GIORDANO
BRIGANTI
Furono accolti da una folla festante e dal parroco del paese Don Epifanio De Gregorio; c’era la processione e si cominciò a cantare il TE DEUM per chiedere al Signore la restaurazione dei Borboni e poi si inneggiò a Francesco II. In un attimo qualcuno strappò il tricolore e innalzò la bandiera gigliata , i quadri di Vittorio Emanuele II e Garibaldi furono ridotti in pezzi. Si risvegliò l’odio e la sete di vendetta e cominciò l’assalto agli archivi comunali, alle esattorie comuna, i e si diedero alle fiamme le abitazioni dei “galantuomini “ del paese. La violenza diventò efferata, furono uccisi Angelo Tedeschi e Rocco D’Occhio creduti spie dei piemontesi. Da un proiettile vagante fu ucciso anche Agostino Vitale. Cosimo Giordano con la sua banda, seguito dal popolo urlante, si diresse verso la casa comunale dove furono distrutti i registri delle nascite per evitare la chiamata alle armi dei giovani del paese; i prigionieri vennero liberati e si istituì un governo provvisorio. PONTELANDOLFO divenne il centro della lotta contro i Piemontesi. Il 9 agosto 30 partigiani furono scelti per assalire la carrozza postale che passava ogni giorno per la provinciale portando gli stipendi della truppa e degli impiegati piemontesi. I soldi sequestrati servirono a sfamare le famiglie più indigenti, si distribuì pane presso il comune e furono affissi manifesti che invitavano alla lotta contro gli invasori. L’accaduto di Pontelandolfo si diffuse rapidamente e anche a CASALDUNI ci fu una rivolta: si abbatterono gli stemmi sabaudi, si incendiò e si saccheggiò.
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BRIGANTI DEL1800
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COLONNELLO GAETANO NEGRI
Le notizie delle rivolte arrivarono a Campobasso dove il colonnello Gaetano Negri, inviò il tenente Augusto Bracci con 40 uomini di fanteria e 4 carabinieri nella zona della rivolta, per rendersi conto dell’accaduto. Il 10 agosto i soldati arrivarono a Pontelandolfo dove li accolse una folla minacciosa che armata di ronconi, forconi e scuri andarono incontro al manipolo di soldati che cercarono rifugio nella torre medioevale, ma poi si ritirarono verso Caserta. A due chilometri, però, si scontrarono con la banda di Angelo Pica che con cento uomini armati uccise il tenente e 5 soldati; gli altri furono portati a Casalduni, dove furono uccisi dopo essere straziati. 33
Quando giunsero a Napoli i rapporti di quanto era accaduto il generale Cialdini preparò la vendetta dello Stato italiano: ”di Pontelandolfo e Casalduni non resti che pietra su pietra”. IL GENERALE ENRICO CIALDINI
Per suo ordine, il 13 agosto da Benevento partì una colonna di 900 bersaglieri comandata dal generale DE SONNAZ, detto REQUIESCANT, per le fucilazioni da lui ordinate e per l’attacco a chiese e abbazie.
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I BERSAGLIERI
Intanto i pastori avvertirono i partigiani che si trovavano a un chilometro dal paese, nella selva, tra i monti, dove stavano preparando un agguato ai bersaglieri, ma erano solo in 50. La scarica di pallottole fu improvvisa, tutti scesero da cavallo, molti furono i feriti e anche i morti che intralciavano la strada agli altri che cercavano di rispondere al fuoco nemico. La sparatoria durò pochi minuti, ma fu intensa. I partigiani presagendo la sconfitta si dispersero, i bersaglieri contarono 25 morti.
L’esercito piemontese circondò il paese alle quattro del mattino: cominciò l’eccidio. Gli abitanti tentarono una debole difesa ma i fucili piemontesi ebbero la meglio su di loro. Alcuni furono uccisi mentre dormivano nel proprio letto , altri mentre cercavano 35
una via di fuga: grida, urla, gemiti dei feriti, pianti dei bambini, era lo scenario a cui si poteva assistere. Pondelandolfo fu messa a ferro e fuoco. Gli abitanti tentarono una debole difesa ma i fucili piemontesi ebbero la meglio su di loro. Alcuni furono uccisi mentre dormivano nel proprio letto ed altri mentre cercavano una via di fuga: grida, urla, gemiti dei feriti, pianti dei bambini, era lo scenario a cui si poteva assistere. Pondelandolfo fu messa a ferro e fuoco. Il contadino settantenne, Nicola Biondi, fu legato ad un palo della sua stalla dai bersaglieri che, poi, denudarono la figlia, Concettina, di sedici anni e tentarono di violentarla. Dopo un’aspra colluttazione la ragazza cadde sanguinante e poco dopo morì. I bersaglieri, allora, scaricarono la loro rabbia sul padre, uccidendolo. Tutte la strade del paese erano disseminate di cadaveri, alle sei del mattino, metà paese era in fiamme. I vecchi venivano fucilati subito ed anche i bambini nei loro lettini. Le donne vecchie venivano infilzate mentre le giovani prima violentate e poi uccise. I cadaveri venivano accatastati e poi dati alle fiamme con legna secca e fascine fatte portare da giovani sotto la minaccia delle baionette. Dopo aver ammazzato i proprietari delle abitazioni, le saccheggiavano: oro, argento, oggetti di valore, orologi, perfino pentole e piatti divennero il bottino di quella gente che in preda disprezzo e violenza collettiva cercava di cancellare quella terra con tutti i suoi abitanti. Anche la chiesa di San Donato, ricca di ori, argento e bronzi lavorati, fu depredata CHIESA di
S.DONATO
L’eccidio durò l’intera giornata del 14 agosto 1861. A fine giornata il generale De Sonnaz fece suonare l’adunata; la colonna infame si ritirò e si diresse verso Benevento dove, il giorno dopo, si mercanteggiò il bottino profanato. Il colonnello Negri nel suo rapporto scrisse che era stato portato a compimento l’ennesimo eccidio senza pietà verso una popolazione inerme, fiera del suo Re Borbone, fiera della sua dignità, fiera della sua libertà, fiera della sua storia ultrasecolare, fiera della sua religione in fiamme. I vecchi venivano fucilati subito ed anche i bambini nei loro lettini. Le donne vecchie venivano infilzate mentre le giovani prima violentate e poi uccisi. 36
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Queste sono le teste di alcuni briganti uccisi durante la guerriglia tra i soldati piemontesi e le bande dei briganti; ancora sanguinolenti vennero esposte all’ingresso di Isernia in gabbie di vetro come monito dei savoiardi alla Popolazione. Questo era quello che i Savoia intendevano come civiltà e progresso.
Foto a Sinistra
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Il generale Enrico Cialdini nel 1860 attaccò Gaeta senza dichiarazione di Guerra e la distrusse con 160.000 bombe. Nell’agosto del 1861 su responsabile dell’eccidio di Pontelandolfo e di Casalduini. Un criminale di guerra o un eroe della patria? Foto a Destra
Antonio Curcio di Aversa fucilato nel 1870. La foto lo ritrae già morto in una macabra messa in scena.
Foto a Sinistra La bellissima Michelina De Cesare, fucilata dopo essere stata Torturata fu una delle eroine delle numerevoli donne impegnate nella dura lotta contro i Savoiardi. Foto a Destra
Domenico Fuoco Tagliapietre di San Pietro, Caronte e Ventre, due Partigiani della banda di Francesco Guerra, fucilati nell’agosto del 1870 e Spogliati delle divise Borboniche.
Il colonnello Negri nel suo rapporto scrisse che era stato portato a compimento l’ennesimo eccidio senza pietà verso una popolazione inerme, che andava eliminata
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Questo fu il messaggio che il Negri inviò al governatore della provincia di Benevento il 15 agosto 1861”Ieri all’alba,giustizia fu fatta contro Pontelandolfo e Casalduni. Essi bruciano ancora” Quanti furono gli uomini,le donne e i bambini vittime di questo massacro? Su un giornale governativo”Il Popolo d’Italia”, si legge di 164 uccisi,ma la cifra è molto al di sotto della realtà, secondo seri studiosi che hanno analizzato testimonianze, descrizioni di fatti e rapporti. Sappiamo che il generale Negri diventò sindaco di Milano tra il1864 e il 1869, a lui è stata dedicata anche una strada; Angelo Pica, nel 1867 si consegnò ai carabinieri e Cosimo Giordano nel 1882 venne catturato, molti furono gli arresti, le fucilazioni di cui non resta più traccia, ma che rimasero nella memoria dei pochi che scamparono a quella distruzione di massa con la quale si voleva eliminare il fenomeno del brigantaggio, ma non fu così.
Il brigantaggio fu duramente represso dal governo italiano, i briganti erano considerati delinquenti e ribelli . Furono aperte inchieste, disposti sequestri e arresti, ma il problema non venne affrontato bene. Le vere cause del fenomeno erano da ricercarsi nelle condizioni di vita della gente del sud che nessuno si preoccupò di migliorare, di capire e di aiutare. “Chiunque sarà colto con coltello, stili o altra arma da taglio o da punta, senza autorizzazione, sarà fucilato immediatamente. Chiunque verrà riconosciuto d’aver con parole,con denaro o altri mezzi spinto i villici ad insorgere,sarà fucilato immediatamente. Egual pena sarà applicata anche a coloro che con parole o atti insultassero lo stemma di Savoia ,il ritratto del RE, o la bandiera nazionale italiana.
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Certamente l’unità territoriale nel 1861 non era più rinviabile, vista la situazione politica generale in tutti i paesi dell’Europa, ma la forma di governo appropriata da proporre era quella FEDERALISTA per l’Italia , come auspicava Garibaldi e non quella monarchica, proprio per evitare quelle situazioni di ingiusta “demonizzazione “ del Regno di Napoli che ancora oggi impera: la criminalità non contrastata, la spazzatura non raccolta, l’inefficienza amministrativa, sono ritenuti una tara genetica e mai considerate solo l’effetto di cause socio politiche che sicuramente non sono dipese solo dai meridionali. Da queste ricerche abbiamo capito che il nostro popolo, anche se con fasi alterne, ha saputo essere ai primi posti nel mondo della cultura mondiale, nel mondo della tecnologia e del progresso, con uomini come GENOVESI, FILANGIERI e VICO. Senza sentirci vittime inermi vorremo solo che la verità su fatti avvenuti ormai tempo fa, fossero riconosciute; sarebbe un segno di grande civiltà che i libri di storia e, forse, anche un museo, rendessero onore anche a quei vinti del 1861.
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