L'Isola dei pescatori

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Ferruccio Delise

L’Isola dei pescatori

Contributi per una storia della pesca a Isola

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Edizioni “Il Mandracchio” Isola - 2010


CIP - Kataložni zapis o publikaciji Narodna in univerzitetna knjižnica, Ljubljana 639.2(497.472)(091) DELISE, Ferruccio L’Isola dei pescatori : contributi per una storia della pesca a Isola / Ferruccio Delise ; [introduzione Silvano Sau]. - Isola : Il Mandracchio, 2010 ISBN 978-961-6391-18-4 253168384

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Dedico questa mia fatica alla memoria dei miei genitori Maria e Giovanni, morti vicini ma lontani dalla loro amata Isola.

Un grazie di cuore lo devo alle due care amiche isolane di Trieste, Lida Goina vedova Perentin, nata a Isola nel 1927 che con affetto e nostalgia conserva il patrimonio iconografico di Isola del compianto marito Salvatore, e Omera Colocci vedova Degrassi, classe 1918, già dipendente dell’Arrigoni, che ha custodito fino ad oggi le magnifiche foto delle manifestazioni a cui partecipò. Rigrazio l’amico isolano Fabio Vascotto detto “Nadal” di Trieste, per avermi messo in contatto con il mio coetaneo Pietro Delise detto “Lustro” di Muggia, nato a Isola nel 1939, e nipote del noto industriale isolano Nicolò Delise, che ringrazio per avermi messo a disposizione molti cimeli del nonno, materiale che conserva gelosamente. Un sentito ringraziamento anche all’amico dott. Franco Stener di Muggia, che pur essendo di quella città, per me è un’Isolano di adozione, perché da sempre si è interessato attivamente alla storia di Isola ed anche in questa occasione non ha tradito i suoi buoni sentimenti, prestandomi la sua collezione del periodico “La Voce di Arrigo” della Società Arrigoni di Trieste. Grazie Franco! La riuscita di questo lavoro è dovuta anche alla collaborazione di tutto il personale dell’Archivio di Stato di Trieste, che ringrazio infinitamente, per la gentilezza e premura nel darmi tutte le informazioni necessarie per questa ricerca, per la prontezza nel fornirmi la documentazione scelta, e per avermi tollerato per le mie pressanti e continue richieste. Ferruccio Delise

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INTRODUZIONE di Silvano Sau

I primi dati concreti sull’andamento della pesca in Istria e, di conseguenza anche a Isola, risalgono al periodo successivo alla presenza nella penisola dell’Austria. Fino ad allora, praticamente, esistevano soltanto stime e valutazioni approssimative. Con l’arrivo dell’Austria, forte di un sistema burocratico, meticoloso e preciso, era abbastanza logico che un settore di attività talmente importante come la pesca fosse sottoposta a tutta una serie di indagini e rilevamenti atti a misurare la ricchezza della regione e del Paese. Tuttavia, nonostante il fatto che Isola, per la sua configurazione geografica, avrebbe potuto essere caratterizzata soprattutto dalla pesca e dalle attività legate al mare, è constatato che la sua popolazione nei secoli era stata prevalentemente agricola. Una situazione questa che si protrasse concretamente fino agli ultimi decenni del XIX secolo, quando la nascita ed il forte sviluppo dell’industria conserviera portò una parte consistente degli abitanti a dedicarsi all’attività della pesca o, comunque, a intraprendere la strada del lavoro salariale. Del periodo antecedente l’arrivo della monarchia austroungarica, tuttavia, esistono dati di una certa importanza che danno una visione abbastanza completa della situazione economica locale anche per quanto riguarda il settore della pesca. Da una lettera dell’undici maggio 1746, inviata da Capodistria ai Cinque Savi della Mercanzia di Venezia, si apprende che all'epoca a Isola esistevano in tutto soltanto 33 imbarcazioni da pesca, nessuna adibita al trasporto e 13 a non meglio specificati traffici di mercanzie. Complessivamente, gli addetti all'attività peschereccia non superavano il centinaio di persone. Anzi, secondo il documento, esattamente 99, mentre altre 46 si occupavano del non meglio definito traffico di mercanzie. Poche notizie sono disponibili o rintracciabili sulla pesca a Isola anche nei secoli precedenti. Soltanto nel libro terzo degli Statuti comunali del 1360, troviamo alcuni capitoli che regolano essenzialmente la vendita del pescato, ma che non offrono altri riferimenti su attività pescherecce o di lavorazione del pesce. La conservazione del pesce, pure in voga nei secoli nelle varie cittadine istriane, e che rappresentava elemento di commercio con la Serenissima, a Isola non trova riscontro degno di nota probabilmente per il fatto che questo tipo di attività era condizionata dalla produzione del sale, che a Isola non era consistente e riusciva, bene o male, a soddisfare il fabbisogno locale o, eventualmente, a foraggiare il canale dei traffici di contrabbando con Trieste, il Friuli e la Carniola.

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Nel libro terzo degli Statuti isolani troviamo così quattro capitoli che fanno riferimento alla vendita del pesce ed alle condizioni igieniche che devono essere assicurate. Il capitolo 28, intitolato “Della pena dei pescatori, che porteranno il pesce vender fuori della terra de Isola” viene stabilito che “Niuno pescator habbia ardire di portar il pesce fuori della Terra de Isola per vender ad altri se non in Isola se dalla severità del tempo non sarà astretto, ò senza licentia del Sig.r Podestà sotto pena de pagar del Comun soldi quaranta, et pagar il Daccio del pesce, che avesse venduto altrove, et chi accusarà habbia soldi vinti”. Più dettagliato il capitolo 29, che già con il titolo descrive “Della pena di Pescatori, che non venderanno il pesce nella piazza de Alieto appresso la Beccaria, overo Gradata”. Il capitolo, che è uno dei più lunghi dedicati alla pesca, stabilisce: “È consultato, et ordinato, che tutti li Pescatori de Isola debbano vender il pesce secco, ò recente nella piazza di Comun, et non in Casa sotto pena de soldi quaranta de piccoli, et più, et meno in arbitrio del Sig.r Podestà, et ognuno di nostri vicini siano tenuti manifestar li contrafacienti, et debbano chi manifesterà, haver soldi vinti. Et la pescaria debba esser in piazza de Alieto appresso la Beccaria, ò gradata, et niun pescador possa di pesci, che vorrà vender portarli a Casa sotto pena predetta. Et ciascun pescador sia tenuto vender dà per se tutto il pesce che haverà incominciato, et tutto il detto pesce cavar di Barca, et poterlo in Terra. Et li detti Pescatori siano tenuti portar esso pesce al palazzo del Sig.r Podestà overo dimandarli licentia di venderlo, ò alla sua famiglia avanti che incomincino a venderlo in pena di soldi quaranta per ogni volta”. Il capitolo 30, che porta il titolo “Che li Venditori di pesce putrido paghi al Comun soldi vinti” è volto ad assicurare elementari norme igieniche. Infatti recita “Item statuimo, et ordinammo, che niun pescator ardisca vender ad alcuno pesce fracido, ò putrido sotto pena de soldi vinti de piccoli da esser pagata ogni volta che contraffarà et che tali pesci siano gettati in mar per li Iustitieri di Comun dapoi che il Sig.r Podestà sarà fatto chiaro di questa cosa. Et lo accusator habbia la mettà della detta pena, et il Comun l’altra mettà”. Il capitolo 99, infine, parla molto brevemente del “Dacio della Pescaria” per cui “Statuimo, che qualunque che all’Incanto levarà il Dacio della Pescaria del Comun de Isola debba haver dà ciascun venditor di pesce un danaro per ciascun soldo di pesse, che si venderà in Isola, ò freschi, sechi, ò insalati”. Da questi quattro articoli del terzo libro degli Statuti medievali di Isola, pur nella loro brevità, riusciamo ad apprendere tutta una serie di notizie che riguardano la regolamentazione della pesca e della vendita del pesce. Così, il pescatore isolano era obbligato a portare tutto il pescato a Isola, a meno che le condizioni del tempo non lo obbligassero a trovar riparo presso un altro porto. Gli rimaneva comunque l’obbligo di pagar il Dazio, che forse sarebbe più logico definire “contravvenzione”, visto che la metà veniva destinata a colui che aveva fornito l’informazione (fatto la

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spia) al Comune. Dalla stessa fonte è appurato che il pescato doveva esser portato a terra e messo in vendita in piazzetta, dove, sembra sotto la gradinata della Loggia, accanto alla beccaria, esisteva anche una pescheria. Rimaneva però l’obbligo di far sempre controllare il pescato al Podestà e, magari, di fargli scegliere i pezzi più appetitosi e freschi. Anche in questo caso, naturalmente, chi si sottraea alle regole veniva condannato a pagare una multa, metà della quale andava a chi si era premurato di fare la denuncia. Il pesce naturalmente veniva venduto fresco, ma anche secco o salato, come testimoniato, appunto dall’articolo 99. Il dato più significativo, comunque, sembra essere quello del 1766, che promana una vera e propria rilevazione statistica, effettuata con le finalità dei moderni censimenti. Una rilevazione che, nelle intenzioni, doveva ripetersi ogni cinque anni. Le rilevazioni diventarono così sistematiche ed offrono dati molto più ricchi che afferiscono alla popolazione, alla sua entità, alla sua composizione e, sia pure in parte ancora carente e non esaustiva, toccando pure le attività da essa esplicate. Dati che consentono di prefigurare uno spaccato tutto sommato abbastanza completo della società cittadina, della sua economia, dei suoi punti critici e delle sue prospettive, di poter insomma immaginare quale fosse la vita che allora si viveva. La lettura dell’“Anagrafe della Serenissima” del 1766 ci dice in particolare che il Comune di Isola aveva un’estensione di poco più di 29 Kmq, e si poneva, assieme a Muggia, all’ultimo posto, fra i Comuni istriani. Si trovava invece al secondo posto per la densità dei suoi abitanti (78,04 ab./Kmq) dopo Rovigno (94,22 ab/Kmq) e prima di Pirano (58,81 ab/Kmq), con un valore più che doppio rispetto alla media istriana (36,41 ab/Kmq). In questo contesto risulta di grande interesse documentario la breve sintesi compiuta in merito da Franco Degrassi nel contributo pubblicato all’interno del volume dedicato alla fine della Serenissima in Istria (La fine della serenissima in Istria, Isola 2010). La popolazione totale del Comune assommava a 2.286 abitanti dei quali 1.074, pari al 47 %, erano donne, e 1.212, pari al 53%, uomini; degli uomini è dato pure di conoscere la loro distribuzione per età e cioè: 100 (pari all’8,85%) avevano più di 60 anni, 419 (pari al 34,57%) erano al di sotto dei 14 anni ed i restanti 693 (pari al 57,18 %) nell’età compresa fra i 14 ed i 58, quindi in età lavorativa. Di questi 601 (87%) facevano gli agricoltori, 16 (2%) svolgevano attività diverse e rimanevano ancora 76 uomini per i quali non venne descritto il lavoro che svolgevano, non risultando nè marinai nè pescatori. Tali vuoti, dovuti forse a un difetto di rilevazione, possono essere approssimativamente corretti attribuendo quasi in toto gli uomini non classificati alla categoria dei pescatori e marinai, che andrebbero così a rappresentare circa il 10% degli uomini in età lavorativa. Confrontando i dati di Isola con quelli di Pirano che sembrano essere più corretti in quanto il numero degli uomini in età lavorativa corrisponde alla somma di quelli che svolgono un’attività, e tale somma comprende pure la categoria dei pescatori e marinai che rappresentano il 14,8%. Attribuendo alla categoria dei pescatori tutta

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la differenza mancante questa andrebbe a rappresentare poco più del 10% del totale della forza lavoro in età attiva. Tale correzione può essere considerata ragionevole in quanto è noto che l’attività di pesca e di trasporto marittimo erano sicuramente praticate anche a Isola, prova ne sono i molti processi per contrabbando di pesce, le dispute con i pescatori di Chioggia e la concessione di Stazio fisso sulla Riva degli Schiavoni a Venezia alle barche d’Isola a partire dal 1689 (v. G. Caprin, Lagune di Grado, Trieste 1890, p.168). Composizione della popolazione d’Isola nell’Anagrafe del 1776 POPOLAZIONE TOTALE

2.286

Donne di ogni età

1.074

Uomini + a. 60

100

Uomini 14-60

693

Uomini - a. 14

193

TOTALE FAMIGLIE

446

Famiglie popolari

435

Famiglie cittadine

10

Famiglie nobili

2

OSPITALI

1

Religiose

-

Religiosi

3

Chierici

1

Preti senza beneficio

10

Preti con beneficio

2

ARTI E MESTIERI IN TOTALE 617

8

Nobili

-

Cittadini viventi di entrata

-

Cittadini esercenti professioni

-

Professanti arti liberali

7

Mercanti e dipendenti

-

Botteghieri e dipendenti

4


Artigiani, manifatt. e dipendenti

3

Armaroli (armi da fuoco)

-

Fabbriche armi da taglio

-

Pescatori e marinai

-

Carrettieri

-

Camerieri

-

Staffieri

-

Cuochi

-

Lavoranti in campagna

601

Persone senza mestiere e entrata

2

ANIMALI Bovini da giogo

123

Cavalli

126

Muli

1

Somarelli

138

Pecorini Caprini

1.331 -

OPIFICI Telai da panni di lana

-

Folli da panni di lana

-

Telai da tela

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Telai da lino e bombace

-

Filatoi a mano

-

Tintorie

-

Seghe da legno

-

Mole

-

Macine da olio e torchi

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Ruote da molino da grano

-

In definitiva da questi dati si evince che l’economia cittadina dipendeva quasi esclusivamente dall’attività agricola, alla quale si dedicava direttamente o indirettamente circa l’87% della popolazione. L’attività di trasformazione dei

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prodotti agricoli (vino, olio, latte, prodotti caseari, ecc.) avveniva per lo più in ambito familiare, non esistendo una vera e propria attività artigianale o industriale. Una parte molto ridotta della popolazione (circa il 10%) viveva con i proventi della pesca, ma è probabile che anche i lavoratori del mare (pescatori, marinai, traghettieri, ecc.), ricavavano parte del loro sostentamento da piccoli orti e campi di proprietà ai quali si dedicavano nei momenti quando non erano impegnati nella pesca, oppure vi si dedicavano i figli minori e le donne di casa. Una piccolissima parte di circa il 3% della popolazione attiva svolgeva le altre attività, quali il commercio, l’artigianato e le arti liberali. Non abbiamo dati quantitativi certi sull’importanza della pesca nell’economia cittadina, che tuttavia si ritiene non essere del tutto marginale, specie dopo che, nel ‘700, si era diffuso presso tutti i centri marittimi del litorale il nuovo metodo di pesca del pesce azzurro ideato nel 1695 dal rovignese Biasio Caenazzo detto Toto. Il nuovo sistema di pesca utilizzava le reti sardellare, calate in superficie, e le esche di tritumi di mazenete, cioè crostacei. Le quantità di pesce azzurro pescato con questo sistema lievitarono vorticosamente, perché la pesca divenne garantita non solo nelle notti prive di luna, ma anche in pieno giorno. Con l’aumento del pesce pescato si verificò in una congiuntura favorevole, caratterizzata dalla disponibilità di sale capodistriano a buon prezzo (acquistato o contrabbandato, ma soprattutto da un’esplosione della domanda di pesce salato (conservato) in tutte le regioni della pianura padana, motivata dal fatto che, con la perdita di terreni a favore delle colture del mais, era diminuito l’allevamento e con esso la disponibilità di carni, da sostituire, nell’alimentazione, con il pesce. Non va inoltre trascurata l’altra attività marittima, quella del trasporto via mare che si effettuava con brazzere e trabaccoli. È noto tuttavia che la pesca e la marineria erano, a quei tempi, attività complementari, tanto che con la stessa barca in parte si pescava ed in parte si effettuava qualche piccolo trasporto. Ad Isola, al pari delle altre città della costa istriana, tale sistema era usualmente praticato, come risulta da vari documenti del periodo del Governo Provvisorio Austriaco dell’Istria (1797-1805), che fanno riferimento a numerose controversie sorte con capi barca e pescatori isolani, in quanto non pagati per i vari trasporti, sia di persone che di cose, da loro effettuati per conto del governo. D’altro canto, considerata la grande carenza di strade e la loro situazione di perenne dissesto, era molto più conveniente, se non l’unico possibile, il trasporto marittimo a danno di quello terrestre che si sarebbe sviluppato solo in seguito alla costruzione di nuove strade. Un importante documento del 1746 presenta il censimento delle imbarcazioni e degli addetti alle attività marittime di pesca e di trasporto delle varie località costiere dell’Istria, riassunte nella Tabella N. 3. Dalla lettura di questo documento si può vedere quale sviluppo avessero raggiunto allora tali attività. Il centro istriano di gran lunga più importante risulta Rovigno con il 32 % sul totale delle imbarcazioni ed il 40% sul totale degli addetti. A Rovigno seguono Pirano, la città più specializzata nel trasporto marittimo, con due terzi del totale sia per il

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numero di imbarcazioni che per gli addetti. Al terzo posto troviamo Capodistria e quindi Isola, la quale con le sue 46 imbarcazioni, in buona parte da pesca e per piccoli trasporti, e con i suoi 146 addetti rappresenta l’8,7% del naviglio istriano e rispettivamente l’8,1% del personale marittimo complessivo. Le imbarcazioni e gli addetti della Provincia dell’Istria (1746) LOCALITÀ

PESCA Imbarc./Add.ti

TRASPORTO Imbarc./Add.ti

N. (%) N. (%) N.

Capodistria 35 (11,3) 122 (10,9) Muggia 11 (3,5) 33 (2,9) Isola 33 (10,7) 99 (8,9) Pirano 34 (11,0) 116 (10,4) Umago 7 (2,2) 22 (1,9) Cittanova 11 (3,5) 27 (2,4) Parenzo 20 (6,4) 70 (6,2) Rovigno 120 (38,9) 505 (45,4) Pola 17 (5,5) 59 (5,3) Albona 10 (3,2) 31 (2,7) Fianona 10 (3,2) 28 (2,5)

MERCANZIA Imbarc./Add.ti

TOTALE Imbarc./Add.ti

(%) N. (%) N. (%) N. (%) N. (%) N. (%)

18 (20,0) 35 (17,5) 26 (20,0) 73 (15,3) 79 (14,9) - - - - 4 (3,0) 11 (2,3) 15 (2,8) - - - - 13 (10,0) 46 (9,6) 46 (8,7) 60 (66,6) 122 (60,3) 15 (11,5) 47 (9,8) 109 (20,6) - - - - 4 (3,0) 13 (2,7) 11 (2,0) - - - - 1 (0,7) 3 (0,6) 12 (2,2) - - - - 22 (16,9) 81 (17,0) 42 (7,9) 10 (11,1) 39 (19,3) 40 (30,7) 183 (38,4) 170 (32,1) 2 (2,2) 6 (2,9) 5 (3,8) 19 (3,9) 24 (4,5) - - - - - - - - 10 (3,2) - - - - - - - - 10 (3,2)

TOTALE 308 (58,3) 1.112 (62,1) 90 (17,0) 202 (11,2) 130 (24,6) 476 (26,5) 5 28

230 (12,8) 44 (2,4) 145 (8,1) 285 (15,9) 35 (1,9) 30 (1,6) 151 (8,4) 727 (40,6) 84 (4,6) 31 (2,7) 28 (2,5)

1.790

Discorso a parte merita l’esportazione illegale, o contrabbando che dir si voglia, il quale pur essendo da sempre praticato ha assunto nel corso del ‘700 una dimensione tale da significare, si può dire, l’unico elemento nuovo di sviluppo economico per le città istriane, e dall’altra un cespite importante per le entrate delle famiglie senza il quale una buona parte di esse avrebbe messo in serio pericolo la propria sopravvivenza. Il contrabbando in Istria aveva ormai assunto tali dimensioni che il podestàcapitano di Capodistria, Marcello, nel 1770 scriveva al doge: Da che nati le sono vicini con aperta franchigia li porti di Trieste, Fiume ed Ancona, può dirsi francamente che la piazza di Venezia, le Arti e Vostra Serenità abbia quasi perduta del tutto questa provincia d’Istria. Per tali ragioni non solo la cittadina di Rovigno, ma anche Parenzo ed in genere tutte le città costiere dell’Istria, da Muggia a Fianona e Albona, in più riprese, avevano direttamente manifestato e chiesto al governo veneto che venisse loro concessa la libertà di navigazione e di traffico: Se fosse possibile con le medesime maniere di facilità fosse aperto un qualche porto nella Provincia dell’Istria, lontano questo cento in circa miglia e poco distante nell’ingresso del golfo, non solo farebbe comodo dell’approdo più facile e più breve, di minor spesa e pericolo a bastimenti e sollecito l’esito delle merci ne cagionerebbero a quella parte il loro fermo e neccessitarebbero li medesimi Austriaci a cercar in esso porto e l’esito et il provvedimento. Tuttavia,

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alle richieste delle cittadine istriane, il Senato era rimasto indifferente e con tale passività, aveva dimostrato pubblicamente a tutto l’Occidente che ormai la Repubblica di San Marco aveva perso il suo primato. Signora dell’Adriatico per secoli, non aveva più la forza di salvaguardare i propri interessi e la sua posizione a tutto vantaggio dell’Austria La politica degli Asburgo di potenziamento del commercio in Adriatico e la creazione dei porti franchi di Trieste e di Fiume aveva inciso seriamente a danno del grande emporio di Venezia nella quale, finché costituiva il grande centro economico incontrastato dell’Adriatico, le città istriane vi trasportavano i loro prodotti e vi trovavano da acquistare tutto il necessario per le loro necessità, ma quando non trovarono più tale rispondenza furono costretti a ricorrere al contrabbando verso l’emergente emporio asburgico. La spinta partita dalla pesca si estese agli investimenti nella produzione di olio che divenne ingente in tutto il litorale dopo il 1740. Aumentò la produzione del vino, come pure l’allevamento, visto il numero crescente di abitanti; ricadute positive si ebbero su tutti i contadi prospicienti. Lo sviluppo del porto di Trieste aveva, di fatto, portato alla fine del commercio delle città costiere dell’Istria nord-orientale coi i Carniolici, abituali frequentatori dei mercati istriani di Muggia, Capodistria, Isola e Pirano, dando origine ad uno sviluppo straordinario del contrabbando marittimo. Di tale stato di cose ne beneficiarono tutti i paesi della costa istriana, per primi “i centri marittimi semiabbandonati” della costa occidentale: Parenzo, Pola, Umago e Cittanova, e quindi anche gli altri centri della costa orientale con l’esportazione del metodo e sistema rovignese a Pirano, Isola, Capodistria e Muggia. Non siamo in possesso di dati certi relativi alle produzioni ed alle esportazioni nel ‘700, sappiamo tuttavia che sono significative ed in certi casi anche fiorenti. I mercati presso i quali vengono indirizzate le merci partenti da Isola sono principalmente: quello di Venezia per le merci esportate legalmente, e di Trieste per quelle esportate illegalmente. I principali prodotti esportati sono quelli agricoli: vino, olio e primizie in particolare, e quelli della pesca: pesce fresco e pesce salato. Per quanto riguarda le quantità esportate ci possono essere di soccorso i dati rilevati nei primi anni dell’800: vino 12.000 barilla e pesce 6.000 libbre. Quantità significative se messe a confronto con quelle degli altri centri istriani per i quali siamo in possesso di qualche dato, per il vino: Muggia 300 orne, in barille Umago 200, Cittanova 800, Rovigno 6.000, Portole 550, Visinada 2.000, Pola 350; per il pesce salato: Muggia 6.000 mastelle e Rovigno 40.000 libbre. L’ascesa economica triestina riavviò però il traffico del piccolo cabotaggio lungo le coste istriane, facendo pervenire nella regione, anche tramite il contrabbando,

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vari prodotti. Il porto franco da un lato e l’obsoleta amministrazione economica veneta dall’altro costringevano la regione istriana ad una situazione in cui il contrabbando diventava l’unica soluzione possibile di fronte ad una maggiore richiesta di beni (dovuta alla lenta ma costante crescita demografica), legata a nuove esigenze di consumo e di produzione. Ecco che si era formata un’economia parallela a quella ufficiale, a quella che si può desumere dalla lunghe liste dei dati conservati presso le varie magistrature veneziane. Questa economia purtroppo non è quantificabile, però è costantemente presente. Essa contraddistingue, se non la nuova, almeno la diversa realtà economica dell’Istria veneta nel Settecento, fondata su un inedito rapporto con Trieste (sempre più a scapito di Venezia), sulla ripresa di alcune attività agricole (olio, vino) e marittime, ma anche sul costante problema dell’annona, dovuto alla carente produzione cerealicola.

Cartolina edita da Ernesto Fano di Trieste, con la prima fabbrica conserviera sorta a Isola nel 1881 e vista dal “Primo ponte”, la “Société générale française de conserves alimentaires”. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

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I.

LA PESCA A ISOLA NEL 1886 E NEL 1903

Un ruolo determinante ai fini di un censimento delle attività legate al mare ed alla pesca, venne reso possibile appena a partire dal 30 gennaio 1850, cioè da quando venne istituito il Governo Centrale Marittimo in Trieste poi Governo Marittimo in Trieste. Era presieduto da un Luogotenente che aveva poteri direttivi e di sorveglianza su tutte le materie marittime mercantili e di sanità marittima, la cui competenza territoriale andava dalle foci del Po alle bocche di Cattaro, comprendendo quindi anche la cittadina di Isola. Perse le competenze sul Veneto nel 1866, e nel 1870 su quelle del territorio ungherese, facente capo a Fiume, dove ne venne creato un secondo. Il Governo marittimo in Trieste venne abolito con il regio decreto N. 1888, dell’8 febbraio 1923, sotto la sovranità italiana1. La maggior parte dei documenti che presentiamo in questo volume proviene dal Fondo del Governo marittimo in Trieste, conservato presso l’Archivio di Stato di Trieste. Tuttavia, per l’ampiezza del periodo trattato riguardante non soltanto il settore della pesca, ma anche quello dell’industria del pesce, particolarmente ricco a Isola, abbiamo voluto far ricorso anche a scritti e documenti pubblicati su altre pubblicazioni del periodo. Così la preziosa testimonianza del prof. Luigi Morteani, pubblicata nel 1888 nel suo volume sugli Statuti medievali di Isola e sulla storia della città fino a quell’anno. Un’analisi che ci aiuta a comprendere – pur se marginalmente - la situazione peschereccia e conserviera di Isola in quell’epoca2. Secondo il professore, in quell’anno la popolazione ammontava ad oltre 5.100 abitanti ed essa si divideva in 580 famiglie di agricoltori, 214 di pescatori, 26 di marittimi, 61 di artieri, 47 di industrianti e commercianti e 30 di civili, compresi singoli individui. Poi, egli continua dicendo che: […] Fra gl’industrianti e commercianti aggiungasi le quattro fabbriche di conserve alimentari: Della Società generale francese Roullet e Comp., aperta nel 1881 ed ingrandita successivamente colla costruzione di nuovi fabbricati. Si occupa della confezione di sardine, anguille, pesce salato, aceto, carne bovina, piselli ecc. 1) Della ditta C. Warhaneck, ch’ebbe principio pure nel 1881, e si occupa soltanto di sardine.

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2) Di Giovanni Degrassi, aperta nel 1882: lavora in sardine, pesce salato e piselli. 3) Di Noerdlinger e fratello, aperta nel 1884, e si occupa della preparazione di prugne. […] Lo stato della marina alla fine del 1886 era il seguente: 18 navigli a vela di piccolo cabotaggio della portata complessiva di 129 tonnellate, e 65 navigli di pesca con 278 tonnellate e 251 uomini d’equipaggio; 26 barche numerate e d’alibbo con 41 tonnellate e 44 uomini d’equipaggio. In tutto 109 navigli, 448 tonnellate e 349 uomini d’equipaggio. I battelli si adoperano pel trasporto de’ prodotti del suolo, di quelli delle fabbriche, della pesca e dell’abbisognevole alla città, compreso il concime proveniente da Trieste e territorio. Il totale movimento interno e coll’estero di navigli a vela ed a vapore entrati in un anno in Isola (1886) è di 747 della portata complessiva di 25.645 tonnellate, ed usciti quasi altrettanti. I pescatori si servono di varie qualità di reti: Reti da posta o da imbrocco: 1) Manaida o signorella dei pescatori italiani. Pezzi N. 2) Sardellere di maglia di varia grandezza. . . “ 3) Sardonere . . . . . . . . . . . . . “ 4) Squanere . . . . . . . . . . . . . . “ 5) Agonere . . . . . . . . . . . . . . “ 6) Lenelli . . . . . . . . . . . . . . “ 7) Anguellere . . . . . . . . . . . . . “ 8) Bobbere . . . . . . . . . . . . . . “

1 4000 600 600 40 40 30 6

II. Reti trimagliate o trimacchiate: 1) Passelere . . . . . . . . . . . . . . “ 2) Bombine o zombine . . . . . . . . . “ 3) Cerberai . . . . . . . . . . . . . . “ 4) Salterelli . . . . . . . . . . . . . . “

2000 50 30 2

I.

III. Reti da chiusa: 1) Tonnare . . . . . . . . . . . . . .

1

IV. Reti da strascico: 1) Grippi . . 2) Mussolere 3) Tartane . 4) Ostricare . 5) Tratte . .

“ “ “ “ “

10 6 6 3 1

16

. . . . .

. . . . .

. . . . .

. . . . .

. . . . .

. . . . .

. . . . .

. . . . .

. . . . .

. . . . .

. . . . .

. . . . .

. . . . .


V. Reti da gettata o da saccoleva: 1) Voleghe . . . . . . . . . . . . . . 2) Rizzai . . . . . . . . . . . . . . .

“ “

30 2

VI. Altri attrezzi da pesca: 1) Togne . . . . 2) Parangali . . . 3) Nasse . . . . 4) Fiocine . . . . 5) Puschie . . . 6) Pannole . . . 7) Sepparole . . . 8) Grampe . . . 9) Cagolli . . . . 10) Tanaglie . . .

“ “ “ “ “ “ “ “ “ “

250 60 40 30 30 20 20 10 6 4

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In fondo a questa lista il Morteani aveva messo la nota 1), nella quale a piè di pagina egli scrisse: Mi sono servito de’ termini tecnici usati dai pescatori tali e quali mi furono comunicati dal sig. Domenico Ravasini, segretario comunale. Pertanto, questa testimonianza di oltre 120 anni fa, ci fa sapere che nel 1886, a Isola vi erano oltre 5.100 abitanti che includevano complessivamente 349 uomini d’equipaggio, compresi i pescatori, i quali possedevano 7.927 pezzi tra reti ed attrezzi, tra cui una tonnara. Nel 1903, cioè 17 anni dopo, i soli pescatori erano già aumentati a 600 unità, mentre le loro reti ed attrezzi da pesca aumentarono più del doppio, con ben 16.888 pezzi, anche se nel frattempo dalla lista era scomparsa la tonnara, come vedremo più avanti. Nel 1903, nell’allora Circondario marittimo di Trieste che comprendeva la zona da Grado a Pirano, e che, a sua volta, raggruppava 14 Sottocircondari marittimi, Isola figurava al primo posto per numero di pescatori, di reti, di attrezzi, e per il valore totale del pescato in mare degli ultimi dieci anni. Al secondo posto risultava Grado, che la seguiva nonostante disponesse di una flotta con un tonnellaggio alquanto superiore, ma che riusciva a superare Isola se vi aggiungeva anche tutto ciò che interessava la sua pesca lagunare. Per dare un’idea delle potenzialità delle località delle due sponde dell’alto Adriatico, quindi anche di quelle isolane, proponiamo di seguito un’interessante e alquanto raro documento di una quarantina di pagine scritte in quell’anno d’inizio secolo, nel quale, oltre ai dati sulla pesca, per ogni località viene riportato anche il numero degli abitanti, la lingua parlata, le comunicazioni con le località limitrofe ed altro3. Riportiamo integralmente il documento, custodito presso l’Archivio di Stato di Trieste, non soltanto per la sua peculiarità, ma anche per poter mettere a confronto

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Isola con le altre località del Circondario marittimo di Trieste. Ad oltre cento anni di distanza è interessante riscoprire di quanti pescatori, di quante e di che tipi di barche e di reti disponesse ogni paese costiero, ma anche tutto quanto interessava una zona con la quale la cittadina di Isola aveva legami e frequenti contatti. In questo documento la città di Trieste non viene nominata: evidentemente i pescatori di allora si trovavano soltanto nelle località periferiche citate nel rapporto, le cui pagine sono state rilegate e sigillate con un cordoncino colorato. No 1622

Trieste, li 16 aprile 1903.

I. R. Governo Marittimo! In relazione al decreto 15 dicembre 1902 N o 19.407, mi onoro di offrire a codest’i. r. Governo marittimo i seguenti dati ottenuti dai rilievi interessanti la nostra pesca marittima dal lato sociale, tecnico, professionale, commerciale e statico in questo circondario marittimo: A. NOTIZIE SUL PERSONALE IMPIEGATO ALLA PESCA Nel mio circondario marittimo la pesca viene esercitata da due specie di pescatori affatto diverse; la prima, rappresentata da un numero di esercenti di gran lunga maggiore, è quella che si dedica alla pesca lungo la costa ed in mare aperto, mentre l’altra specie di pescatori si occupa esclusivamente alla pesca entro le acque della laguna di Grado, per cui trovo opportuno di distinguere i primi col nome di “pescatori di mare” ed i secondi invece con quello di “pescatori lagunari”. I pescatori di mare professionisti ascendono nel mio circondario al numero complessivo di 1595, di cui 350 a Grado, 100 a Pirano, 600 a Isola, 180 a Capodistria, 16 a Muggia, 4 in Valle San Bartolomeo, 15 a Zaule, 16 a Servola, 30 a Barcola, 42 a Contovello, 56 a S. Croce, 3 a Grignano, 21 a Duino e 162 a Monfalcone. I pescatori lagunari, i quali abitano nelle capanne della laguna di Grado colle loro famiglie, ammontano al numero di 400; però l’esercizio della pesca lagunare viene effettuato da 1.200 persone, in quanto che ogni pescatore capo famiglia viene coadjuvato costantemente nell’esercizio della sua professione sia dalle donne che dai fanciulli formanti parte della sua famiglia. I pescatori di occasione sommano il numero di 621, di cui 40 a Grado, 150 a Pirano, 80 ad Isola, 50 a Capodistria, 35 a Muggia, 4 a Zaule, 10 a Servola, 50 a Barcola, 36 a Contovello, 85 a S. Croce, 41 a Duino e 40 a Monfalcone. Il numero delle donne e dei fanciulli, che vengono impiegati alla pesca in questo circondario marittimo, ascende a 207, di cui 30 donne e 177 fanciulli. Le donne vengono occupate soltanto a Pirano e Monfalcone per la pesca dei muggini nelle acque miste, o per meglio dire salmastre, del Vallone di Pirano, e rispettivamente della baja di Panzano. A tale pesca sono impiegate a Pirano 20 donne ed a Monfalcone 10.

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Del suindicato numero di fanciulli 20 appartengono a Grado, 15 a Pirano, 60 a Isola , 20 a Capodistria, 4 a Servola, 10 a Barcola, 6 a Contovello, 18 a S. Croce, 12 a Duino e 12 a Monfalcone. Gli equipaggi delle barche da pesca vengono reclutati dai rispettivi conduttori, ai quali più volte si presentano da soli i pescatori per occuparsi un ingaggio. Non vi esiste alcuna regola sul modo di stabilire l’ingaggio, né alcun obbligo relativamente alla sua durata. Gli è così, che la natura dell’ingaggio e della sua durata varia a seconda della specie di pesca, che viene intrapresa, per cui i più comuni ingaggi sono quelli a stagione e a settimana, mentre rarissimi sono i casi, in cui l’ingaggio sia fatto a giornata. Gli equipaggi non vengono mai assunti a salario fisso, ma bensì retribuiti con porzioni del pescato. Dal ricavato di ogni singola, oppure di diverse successive pescate, viene anzitutto detratto l’importo delle spese panatiche fatte in comune, dividendo poscia il netto ricavato in tante porzioni, che i pescatori chiamano parti, in modo che alle reti ed agli attrezzi da pesca vengono assegnate due parti, alla barca una, ad ogni pescatore pure una ed ai fanciulli sia una mezza oppure soltanto una quarta parte di una parte intera percepita dal pescatore adulto.

Caratteristica immagine del mandracchio isolano agli inizi del secolo scorso.

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La prima pagina del rapporto datato 16 aprile 1903, inerente l’industria della pesca nel Circondario marittimo di Trieste, che comprendeva Isola. (AST, Gov, b. 887, prot. 7047, a. 1903)

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B. DIVISIONE DELLA PESCA SECONDO LE STAGIONI Alla pesca delle sardelle e dei sardoni, che comincia al 1° aprile e termina colla fine di ottobre d’ogni anno, si dedicano tutti i suindicati pescatori sia di professione, sia d’occasione, ad eccezione dei pescatori lagunari; e quindi il numero complessivo delle persone esercenti siffatta pesca ascende a 2216, cui vanno inoltre aggiunti i 177 fanciulli. Contemporaneamente a questa principale e più importante pesca nei riguardi dell’economia nazionale, una parte dei suindicati pescatori si dedica alla pesca delle menole e degli scombri dal maggio a tutto luglio, e ciò precipuamente nelle acque dei sottocircondari di Pirano dove si trovano annualmente occupate da 150 a 180 persone. Per la pesca dei rombi, delle sfoglie e delle passere, che si effettua nei mesi invernali, sono occupati usualmente da 650 a 680 pescatori di Grado, Pirano, Capodistria, S. Croce, Duino e Monfalcone. Alla raccolta dei mussoli, che principia colla metà del mese di ottobre sino alla fine del mese di febbraio dell’anno successivo, si dedicano esclusivamente 40 pescatori da Pirano e 125 da Isola. Alla pesca con reti a strascico, quali sono le tratte, le tartane, le cocchie ed i grippi, sono occupati durante tutto l’anno circa 200 pescatori, di cui 30 a Grado, 20 a Pirano, 55 a Isola, 32 a Capodistria, 12 a S. Croce, 6 a Contovello, 6 a Duino e 40 a Monfalcone. Questi stessi pescatori però si dedicano preferentemente alla pesca delle sardelle e dei sardoni durante la stagione estiva. La rendita annua computata sulla media degli ultimi dieci anni risulta per i pescatori lagunari di corone 70.000 e per i pescatori di mare di corone 980.000, e quindi una complessiva somma di corone 1.050.000, che, a seconda delle diverse località di pesca, viene divisa come segue: Grado 250.000 corone; Pirano 61.306 corone; Isola 430.000 corone; Capodistria 88.215 corone; Muggia 4.600; Valle S. Bartolomeo 700; Zaule 4.000; Servola 6.400; Barcola 10.500; Contovello 14.000; S. Croce 24.268; Grignano 900; Duino 27.465 e Monfalcone 57.646. C. PAESI PESCHERECCI 1. La città di GRADO con una popolazione di 4.200 abitanti, i quali parlano esclusivamente la lingua italiana. Questa città ha soltanto comunicazioni per la via di mare sia con Aquileia che con Belvedere; località queste situate entro la laguna di Grado; come pure con Trieste mediante battelli a vapore e barche a vela. I battelli a vapore transitano giornalmente fra Grado ed Aquileia tanto nell’estate quanto nell’inverno; quelli invece che mantengono le corse fra Grado e Trieste percorrono giornalmente la linea dal 1° maggio a tutto settembre d’ogni anno, e due volte per settimana soltanto dal 1° ottobre all’aprile successivo. I battelli da pesca, addetti al trasporto del pesce fresco nel mercato di Trieste, effettuano quasi giornalmente un viaggio, partendo verso mezzodì da Grado ed arrivando a Trieste dopo una corsa della durata variante da 3 a 6 ore. 2. La città di PIRANO conta 7.500 abitanti che parlano esclusivamente la lingua italiana. Questa città comunica per terra mediante due strade distrettuali colle

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città di Isola al Nord e con Buje al Sud. Per via di mare è in comunicazione giornaliera con Trieste, Isola e colle città o borgate marittime istriane che si trovano lungo la costa fra Salvore e Pola, e ciò mediante i piroscafi della Società di navigazione Istria-Trieste e degli armatori Rosso e Petronio da Pirano. 3. La città di ISOLA conta 5.000 abitanti che parlano soltanto la lingua italiana. [sicuramente vi è un errore nel numero, poiché Isola risulta avere meno abitanti della piccola Muggia di allora. Secondo il prof. Morteani, nel 1888 ne aveva oltre 5.100. Tre anni prima, nel Censimento del 1900, nella sola città di Isola vi erano 5.527 abitanti. Nella Guida generale dell’anno 19034, essi risultano essere 7.495, forse comprendendo tutto il territorio comunale]. Essa è congiunta colla città di Pirano mediante una strada distrettuale, la quale traversando la città, prosegue poi alla volta di Capodistria. Sta in comunicazione con Trieste e Pirano mediante piroscafi, i quali approdano giornalmente in quello scalo marittimo. Col principio del corrente anno una Società isolana ha attivato una regolare comunicazione giornaliera fra Isola e Trieste senza toccate di altri scali intermedi. 4. La città di CAPODISTRIA ha una popolazione di 9.000 abitanti e la lingua parlata è l’italiano. Le comunicazioni di questa città per la via di terra sono le seguenti: Strada ferrata per Trieste e rispettivamente per Buje; strada distrettuale per Isola e Pirano; strada distrettuale per Trieste e Muggia ed infine strada distrettuale per Buje. Per la via di mare è in comunicazione con Trieste mediante piroscafi locali, i quali effettuano corse regolari in numero di 5-6 al giorno. 5. La città di MUGGIA conta 5.600 abitanti, i quali parlano esclusivamente la lingua italiana. Sta in comunicazione con Trieste e rispettivamente con Capodistria mediante una strada distrettuale, e per la via di mare con Trieste mediante piroscafi i quali effettuano 6-8 corse ogni giorno. 6. La borgata di VALLE S. BARTOLOMEO ha circa 500 abitanti, i quali usano la lingua italiana soltanto. Essa sta in comunicazione colla città di Muggia mediante la strada erariale conducente al Lazzaretto marittimo in Valle S. Bartolomeo. 7. La località di ZAULE, che fa parte del distretto suburbano di Servola, conta 200 abitanti, i quali parlano l’italiano. Questa località è congiunta tanto con Servola, quanto colla città di Trieste mediante una strada distrettuale. I pescatori di questa località comunicano con Muggia e rispettivamente con Servola mediante le loro barche da pesca. 8. Il sobborgo di SERVOLA, che forma il primo distretto suburbano della città di Trieste, conta 5.883 abitanti, una parte dei quali parla la lingua italiana e l’altra invece la slovena. I pescatori di questa località parlano però esclusivamente l’italiano. Questo sobborgo sta in comunicazione con Trieste mediante due strade, una distrettuale e l’altra comunale. Per la via di mare non ha alcuna comunicazione mediante piroscafi.

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9. Il sobborgo di BARCOLA, che appartiene a questo distretto suburbano della città di Trieste, ha una popolazione di 4.200 abitanti, i quali parlano tanto la lingua italiana, quanto la slovena; però preferentemente e più speditamente la seconda. Sta in comunicazione colla città di Trieste soltanto a mezzo di una strada comunale, sulla quale percorre anche un tramway a motore elettrico. 10. La villa di CONTOVELLO, che appartiene pure al sesto distretto suburbano della città di Trieste, conta 931 abitanti, i quali parlano lo sloveno quasi esclusivamente. Questa villa del territorio è congiunta con Trieste mediante una strada distrettuale, e, con Barcola con una comunale. 11. S. CROCE, altra villa del territorio nello stesso distretto, conta 1503 abitanti, i quali parlano lo sloveno in generale, però alcuni anche la lingua italiana. Il villaggio in parola comunica con Trieste mediante la strada distrettuale che passa per Contovello, e prosegue poscia verso la città di Duino. 12. GRIGNANO, che appartiene alla villa Opicina del territorio, conta poco più di 80 persone, le quali parlano tanto l’italiano, quanto lo sloveno. L’unica sua comunicazione è quella di due strade rurali, che la uniscono tanto alla strada distrettuale di Trieste-Contovello, quanto alla strada comunale di BarcolaMiramar. 13. La città di DUINO conta 720 abitanti, i quali parlano tanto lo sloveno quanto l’italiano. È in comunicazione per la via di terra sia con strada ferrata, sia con strada distrettuale con Monfalcone e Nabresina. 14. La città di MONFALCONE ha una popolazione di 4.432 abitanti, i quali parlano esclusivamente l’italiano. Mediante ferrovia è in comunicazione con Trieste e Gorizia e stazioni intermedie, ed inoltre comunica mediante strade distrettuali con Duino e Nabresina da una parte e così Ronchi, Pieris dall’altra parte. Per la via di mare è in comunicazione con Trieste e Duino; però soltanto dal 1° aprile a tutto ottobre. D. PISCICOLTURA NEL CIRCONDARIO MARITTIMO La piscicoltura è praticata nelle valli della laguna di GRADO, immetendo per naturale montata a primavera, e precisamente nel mese di aprile, il pesce novello e ritirandolo bastantemente sviluppato ad avanzata stagione autunnale; però in ogni caso prima della metà di novembre, al qual tempo si arresta qualsiasi pesca nella piudetta laguna. A tale scopo vi esistono nella laguna di Grado 100 valli di pesca, di cui 8 grandi e 92 piccole; oltre a ciò da 70 a 80 fossi chiusi, i quali non hanno alcuna comunicazione coi canali lagunari sia mediante chiaviche, sia mediante semplici “bos”.

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La quantità di pesce novello, che viene immessa annualmente nelle valli, è a ragione di 2.000 esemplari di muggini ed oratelle per ogni campo di acqua. Le valli grandi danno un annuo ricavato di 20.000 corone e le valli piccole quello di 10.000 corone circa, mentre dai fossi chiusi si ricava a mala pena l’importo di corone 2.000. Nella valle di STRUGNANO presso Pirano havvi pure una peschiera chiusa, nella quale si fa montare il pesce novello in primavera, per tenerlo poi in coltura fino ai primi giorni di novembre. Anche in questa valle si proceda nello stesso modo, come nelle valli gradesi. Il ricavato annuale non supera però le 200 corone. Un allevamento di muggini si effettua pure nella valle di SEMEDELLA presso Capodistria per opera dei pescatori locali, immettendo nella valle una data quantità di pesce novello in primavera e ritirandolo in autunno bastantemente sviluppato. Da questa semplice e primitiva coltura si ritrae un utile netto di 200 corone. Infine una piscicoltura primitiva viene del pari praticata nella vallata di ZAULE, utilizzando i fondi marini delle abbandonate saline. I pescatori di quella località immettono nella stagione primaverile una limitata quantità di pesce novello su quelle particelle d’acqua, ritraendo nell’autunno un guadagno che non supera le 100 corone. E. OSTRICOLTURA DEL CIRCONDARIO MARITTIMO A GRADO viene praticata l’ostricoltura col sistema tarantino per cura ed opera della Società austriaca di pesca e piscicoltura marina in due parchi, e precisamente l’uno sito nel banco della Palazza e l’altro nel canale lagunare dei Moreri. L’attaccamento degli embrioni si ottiene col gettito a mare in primavera di un rilevante numero di fascine di fentisco; fascine queste che vengono estratte dal mare nel mese di ottobre per formare i cosidetti zippoli, e rispettivamente i pergolari. Le ostriche vengono coltivate nei pergolari per la durata di due anni, per cui dalla loro nascita fino al tempo dello smercio trascorrono circa tre anni. Il ricavato annuale è di corone 400, che viene lasciato a benefizio dei guardiani, cui è affidata la sorveglianza dei due stabilimenti ostreari. Una gran parte del prodotto annuale viene spedita agli stabilimenti ostreari di Cherso e Ponte per l’ulteriore coltura del mollusco in parola. Nella valle di S. BARTOLOMEO presso Muggia viene praticata la ostricoltura con paletti di rovere per cura di certo G. Milloch, il quale ricava dalla stessa un reddito annuo di circa 300 corone. Da ultimo i pescatori di ZAULE e SERVOLA si dedicano pure all’ostricoltura mediante paletti di rovere, ricavando dalla stessa un reddito, che secondo l’annata più o meno favorevole, varia da 1.000 a 1.500 corone.

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F. BARCHE DA PESCA ED AUSILIARI A GRADO per la pesca di mare s’impiegano i bragozzi, le barche, i battelli ed i toppi, natanti questi che hanno una capacità che varia dalle 4 alle 7 tonellate di registro. Essi sono provveduti di due alberi, quello di poppa stabile e quello di prora all’incontro movibile; e ciascuno di questi natanti ha un equipaggio di 4 o 5 persone. Il valore di questi natanti da pesca è molto diverso, a seconda della loro grandezza e del materiale da costruzione più o meno costoso. Di regola i bragozzi costano 1.600 corone; i toppi variano da 1.500 fino a 2.000 corone; ogni barca in media viene costare 600 corone ed i battelli 140 corone. Per la pesca lagunare si fa uso di tre specie di natanti, e precisamente di barchette, battelline e sandali, il cui tonellaggio varia da ¼ ad 1 ½ tonellate di registro. Questi natanti non hanno alberi fissi, ma soltanto movibili per inalberarli allorquando spira un vento favorevole. Le barche da pesca, adoperate nella laguna di Grado, sono armate da una o due persone ed il loro valore allo stato nuovo è il seguente: Barchetta corone 300; battella corone 60 e sandalo corone 20. A PIRANO si adoperano per la pesca i bragozzi, le tartane, le battelle volgarmente denominate battane, i battelli e le battelline. I bragozzi hanno una capacità di 8 a 10 tonellate di registro, sono provveduti dell’albero di maestra fisso e quello di trinchetto movibile, hanno un equipaggio di 3 o 4 persone e il valore in istato nuovo è di 1.600 corone. Le tartane sono consimili ai bragozzi riguardo la forma del corpo e l’alberatura; hanno un tonellaggio che varia da 5 a 6 tonellate e sono equipaggiate da 3 persone ed il loro valore viene calcolato con 1.200 corone. Le battelle, o come le chiamano i piranesi pescatori col nome di battane, stazzano da 2 a 3 tonellate di registro; sono provvedute dell’albero di maestra ed eventualmente anche di quello di trinchetto; hanno un equipaggio di 3 persone e costano 600 corone. I battelli hanno soltanto l’albero di maestra e non stazzano più di 1 a 2 tonellate; sono equipaggiati da 2 a 3 persone secondo la pesca che viene intrapresa e costano 200 corone. Da ultimo le battelline stazzano da ½ ad 1 tonellata; non hanno alcuna vela, essendo provvedute soltanto di remi; vengono condotte da una sola persona e costano 125 corone. A ISOLA sono in uso per la pesca i bragozzi , i battelli, denominati anche toppi e le battelline. I bragozzi sono alquanto più grandi a quelli che usano i pescatori gradesi e piranesi, in quanto che così stazzano da 12 a 14 tonellate di registro; sono provveduti di due alberi fissi, equipaggiati da 5 a 6 persone ed il valore di ciascuno in istato nuovo si fa ascendere a 3.500 corone. I battelli, conosciuti anche con il nome di toppi, sono consimili alle battelle, vulgo battane, dei pescatori piranesi e non già ai toppi dei pescatori gradesi, i quali ultimi sono più grandi e conseguentemente anche più costosi. Questi battelli hanno una media portata di 3 tonellate di registro; sono provveduti dell’albero di maistra ed eventualmente di trinchetto, che viene adoperato assai di rado; hanno un’equipaggio che varia da 3 a 6 persone, avvertendo che il maggior numero viene impiegato per la pesca delle sardelle, e costano in istato nuovo da 600 a 700 corone ognuno. Le battelline sono identiche nella forma a quelle usate a Pirano; solamente sono un po’ più grandi stazzando 1 ½ tonellate; non tengono un albero fisso e regolarmente vengono condotte a remi da un solo pescatore. Il valore in istato

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nuovo è di corone 65 per ogni battellina, ciocchè dimostra che il materiale di costruzione e rispettivamente quello di arredamento sia di gran lunga inferiore a quello adoperato per le consimili battelline piranesi.

Vari tipi di imbarcazioni a remi e a vela, ormeggiate nel Mandracchio isolano di un’epoca ormai lontana. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

A CAPODISTRIA si adoperano pure bragozzi, battelli, brazzere e toppi per l’esercizio della pesca. I bragozzi stazzano 10 tonellate, sono provveduti di due alberi, hanno un equipaggio di 5 o 6 persone, ed ognuno costa in istato nuovo e debitamente attrezzato non meno di 200 corone. Due sole sono le brazzere occupate alla pesca, le quali hanno una portata di 10 tonellate; sono fornite di un albero solo, hanno un equipaggio di 4 persone e costano, al pari dei bragozzi, 2.000 corone ciascuna. I battelli sono consimili a quelli usati dai pescatori isolani per ciò che riguarda la forma, mentre in grandezza superano alquanto quelli di Isola; essi stazzano da 3 a 4 tonellate di registro; sono provveduti dell’albero di maestra fisso e dall’albero di trinchetto movibile; hanno un equipaggio che varia da 3 a 6 persone al pari dei battelli d’Isola ed ognuno costa in stato nuovo ed attrezzato corone 1.100. I toppi usati a Capodistria non sono altro che le cosidette battelline adoperate dai pescatori di Pirano ed Isola, per cui non sono da confondersi coi toppi di Grado. Questi toppi non stazzano più di ½ tonellata, vengono adoperati unicamente a remi da un solo pescatore ed il valore di ciascuno è di 120 corone. A MUGGIA sono in uso le brazzere, i toppi ed i battelli per l’esercizio della pesca. Le brazzere, armate ad un albero con vela latina, non hanno una stazza maggiore di 5 tonellate; sono equipaggiate da tre persone e costano 600 corone ognuna. I toppi di Muggia corrispondono ai battelli usati dai pescatori piranesi; non hanno una portata maggiore di due tonellate; sono provveduti soltanto dell’albero di maestra movibile e costano 160 corone ciascuno completamente armati. I

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battelli di Muggia non sono altro che le usuali battelline adoperate dai pescatori di Pirano, Isola e Capodistria; stazzano ½ tonellata, privi di vela ed albero e condotti da un solo pescatore. Un tale battello, o per meglio dire battellina, in istato nuovo costa 80 corone. Nelle località di VALLE S. BARTOLOMEO, ZAULE e SERVOLA vengono impiegati per la pesca battelli e battelline. I battelli stazzano da 2 a 3 tonellate; hanno un albero soltanto movibile con vela di maestra; sono equipaggiati da 3 o 5 persone a seconda della pesca che viene esercitata e costano corone 200. Le battelline sono consimili a quelle di Pirano, Isola e Capodistria; di una capacità non sorpassante quella di ½ tonellata, prive di alberi, condotte a remi da un solo pescatore e costano 60 corone. Nelle località peschereccie di BARCOLA, CONTOVELLO, GRIGNANO e S. CROCE vengono adoperate per la pesca due tipi di barche, e precisamente il battello e la battellina. La grandezza dei battelli è però molto diversa, avendone da 2 fino a 5 tonellate di portata; i più grandi sono posseduti dai pescatori di S. Croce. Questi battelli sono forniti di un albero solo con rispettiva vela di maestra; sono equipaggiati da 3 a 6 persone a seconda della pesca cui sono occupati e costano da 200 fino a 600 corone. Le battelline sono pure di varia grandezza da ½ fino ad 1 ½ tonellata; qualcuna perfino provveduta di albero per veleggiare con vento favorevole, però la maggior parte sono condotte a remi e costano in istato nuovo da 60 fino a 180 corone. A DUINO s’impiegano bragozzi, toppi e battelline per la pesca e così pure a MONFALCONE. I bragozzi usati a Duino hanno una portata variante da 6 a 7 tonellate, mentre quelli di Monfalcone sono alquanto più piccoli, non stazzano più di 4 tonellate. Questi bragozzi sono provveduti di un albero di maestra, ed occasionalmente anche si servono dell’albero movibile di trinchetto; sono equipaggiati da tre persone e costano quelli di Duino da 1.100 a 1.400 corone, mentre quelli di Monfalcone non superano il valore di corone 600. I toppi hanno la forma degli usuali battelli tanto a Duino, quanto a Monfalcone; stazzano da due a quattro tonellate; sono equipaggiati con tre persone, muniti di un albero soltanto, però movibile, e costano in media 200 corone. Le battelline sono oltremodo piccole, non stazzano neppure ¼ di tonellata; vengono condotte a remi da un solo pescatore e costano a seconda della loro grandezza da 25 a 60 corone. Dei suindicati tipi diversi di barche, che vengono adoperate per la pesca sia di mare che lagunare, può dirsi che per la pesca di mare le battelline servono quali mezzi ausiliari e così pure tanto i sandali quanto le battelline per la pesca della laguna. Il complessivo tonnellaggio e rispettivamente il valore di tutto il materiale natante occupato alla pesca di mare, viene dimostrato dalla seguente tabella:

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tonellate 460 valore 108.400

Grado

corone

Pirano

140

35.000

Isola

374

97.950

Capodistria

191

47.750

Muggia

12

3.000

S. Bartolomeo “

9

1.350

Zaule

8

1.200

Servola

10

2.000

Barcola

45

11.350

Contovello

38

9.500

Grignano

2

300

S. Croce

86

21.500

Duino

32

8.000

Monfalcone

68

17.000

assieme

tonellate 1475 Valore 364.200

corone

Il materiale ausiliario adoperato tanto per la pesca di mare quanto per quella della laguna, ascende complessivamente, come segue: Grado

tonellate 107 valore

16.500

corone

Pirano

19

2.850

Isola

56

4.000

Capodistria “

74

6.200

Muggia

14

1.120

S.Bartolomeo “

16

1.020

Zaule

10

700

Servola

5

350

Barcola

45

4.500

Contovello

52

5.700

Grignano

2

200

SantaCroce

86

8.600

Duino

18

1.800

Monfalcone. “

40

4.000

57.540

corone.

Assieme tonellate 544 Valore

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Gli è quindi, che tutto il materiale natante, occupato, indistintamente alla pesca ed appartenente a questo circondario marittimo, ascende ad un complessivo tonnellaggio di 2019 tonellate del valore di 421.700 corone. G. CANTIERI DI COSTRUZIONE E DI RIPARAZIONE DELLE BARCHE Per la costruzione e riparazione delle barche di pesca vi esistono in questo circondario marittimo 4 cantieri propriamente detti, e precisamente 3 a Pirano ed 1 a Capodistria. Accade però ben di rado, che le barche da pesca vengano costruite nei cantieri, ma piuttosto negli squeri. Il numero degli squeri in questo circondario è di 12, di cui 5 a Grado, 1 a Pirano, 2 ad Isola, 2 a Capodistria, 1 a Barcola ed 1 a Monfalcone.

Il cantiere o “squero” dei Deste dietro la pescheria cittadina, dove venivano costruite e riparate le barche dei pescatori isolani. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

H. RETI DA PESCA Riguardo la specie ed il numero delle reti da pesca, devo anzitutto premettere che non è stato mai fatto un catasto in questo circondario marittimo del materiale di pesca posseduto dai pescatori, per cui i dati ritirati ed offerti devono considerarsi soltanto quali approssimativamente corrispondenti al reale stato delle cose. Per la pesca di mare GRADO possiede il seguente materiale:

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Sardellere comuni pezzi 400 valore di corone 19.200 Manaidi “ 610 “ “ 85.400 Cagnere “ 2528 “ “ 65.728 Squaeneri “ 5034 “ “ 20.136 Saltarelle “ 14 “ “ 2.800 Tratte “ 6 “ “ 9.600 Tartane “ 5 “ “ 400 Grippi “ 6 “ “ 360 e quindi assieme 8603 pezzi di reti del complessivo valore di corone 203.624. Per la pesca lagunare possiede invece: Gombine e senei pezzi 16.230 del valore di corone 292.140 Passelere “ 21.550 “ “ “ 64.650 Cogoli e cogoluzzi “ 15.050 “ “ “ 36.120 Trattoline d’anguilla “ 100 “ “ “ 200 e quindi assieme 52.930 pezzi di reti del complessivo valore di corone 393.110. Risulta in tale modo, che la città di Grado impiega per l’esercizio della pesca di mare e lagunare la quantità di 61.533 pezzi di reti del valore in istato nuovo di corone 596.730. I pescatori di PIRANO sono in possesso del seguente materiale: Sardellere pezzi 764 del valore di corone 36.672 Sardonere “ 117 “ “ “ “ 7.020 Manaidi “ 4 “ “ “ “ 480 Menolere “ 480 “ “ “ “ 3.840 Gombine “ 200 “ “ “ “ 2.400 “ 90 “ “ “ “ 360 Cerberai Passelere “ 612 “ “ “ “ 4.896 Tratte “ 3 “ “ “ “ 8.000 Tartane “ 15 “ “ “ “ 1.200 Grippi “ 5 “ “ “ “ 1.500 Mussoleri “ 18 “ “ “ “ 540 Rizzai “ 42 “ “ “ “ 1.008 Voleghe “ 96 “ “ “ “ 288 e quindi assieme 2446 pezzi del complessivo valore in istato nuovo di corone 68.204.

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ISOLA presenta il suo materiale d’esercizio, come segue: Sardellere pezzi 5560 del valore di corone 278.000 Manaidi “ 250 “ “ “ 50.000 Sardoneri “ 1.970 “ “ “ 157.000 Squaeneri “ 1.785 “ “ “ 17.850 Gombine “ 500 “ “ “ 4.000 Cerberai “ 280 “ “ “ 4.560 Passelere “ 4.485 “ “ “ 35.880 Saltarelli “ 4 “ “ “ 800 Tratte “ 2 “ “ “ 2.000 Tartane “ 24 “ “ “ 7.200 Grippi “ 22 “ “ “ 1.760 Mussoleri “ 46 “ “ “ 2.300 Voleghe “ 220 “ “ “ 220 e quindi assieme 15.148 pezzi di reti di un totale valore di corone 562.170.

Gruppo di pescatori isolani con le loro reti nel periodo asburgico, in una cartolina edita da L. Novak di Pirano. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

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I pescatori della città di CAPODISTRIA sono provveduti delle seguenti reti: Sardellere pezzi 300 del valore di corone 24.000 Sardonere “ 100 “ “ “ 10.000 Gombine “ 10 “ “ “ 700 Cerberai “ 30 “ “ “ 1.500 Tratte “ 3 “ “ “ 6.000 Grippi “ 12 “ “ “ 2.400 ciocché forma assieme il numero di 455 pezzi di reti del complessivo valore in istato nuovo di corone 44.600. I pescatori di MUGGIA sono forniti di: Sardellere pezzi 70 del valore di corone 4.200 Sardonere “ 18 “ “ “ “ 1.440 Agoneri “ 10 “ “ “ “ 800 Cerberai “ 20 “ “ “ “ 800 Passelere “ 60 “ “ “ “ 2.640 ed oltre a ciò l’arrendatore della peschiera comunale Giovanni Milloch possiede due tratte del valore di 7.000 corone ciascuna per la chiusura e pesca dei cefali durante la stagione invernale; pesca questa che viene fatta esclusivamente dai pescatori muggesani. Gli è così che il materiale da pesca posseduto per lo sfruttamento delle acque pertinenti al comune di Muggia ammonta a 180 pezzi di reti del complessivo valore di corone 23.880. La localittà di VALLE S. BARTOLOMEO possiede il seguente materiale: Sardellere pezzi 18 del valore di corone 864 Sardonere “ 4 “ “ “ “ 280 Passelere “ 12 “ “ “ “ 288 e quindi assieme 34 pezzi di reti del complessivo valore di corone 1.432. La località di ZAULE è fornita del seguente materiale per l’esercizio della pesca: Sardellere pezzi 50 del valore di corone “ 8 “ “ “ “ Sardonere Gombine “ 32 “ “ “ “ Passelere “ 68 “ “ “ “ Cerberai “ 5 “ “ “ “ per cui in tutto 163 pezzi di reti del valore di corone 4.027.

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2.500 560 384 408 175


La località di SERVOLA è provveduta, come segue: Sardellere pezzi 60 del valore di corone 3.000 Manaidi “ 6 “ “ “ “ 1.440 Sardonere “ 10 “ “ “ “ 800 Cerberai “ 8 “ “ “ “ 320 Passelere “ 30 “ “ “ “ 180 Gombine “ 40 “ “ “ “ 600 Saltarelli “ 3 “ “ “ “ 600 e quindi un totale di 157 pezzi di reti del valore di corone 6.940. BARCOLA possiede il seguente materiale da pesca: Sardellere pezzi 100 del valore di corone 4.400 Manaidi “ 20 “ “ “ “ 6.000 Gombine “ 35 “ “ “ “ 420 Passelere “ 60 “ “ “ “ 360 Squaeneri “ 100 “ “ “ “ 500 Sardonere “ 8 “ “ “ “ 640 Saltarelli “ 1 “ “ “ “ 200 20 Cerberai “ “ “ “ “ 800 Cagnere “ 40 “ “ “ “ 800 e perciò assieme 384 pezzi di diverse reti del valore complessivo di corone 14.120. CONTOVELLO possiede il seguente materiale di pesca: Sardellere pezzi 200 del valore di corone 8.000 Manaidi “ 10 “ “ “ “ 3.000 Squaeneri “ 80 “ “ “ “ 480 Gombine “ 40 “ “ “ “ 480 Sardonere “ 10 “ “ “ “ 700 Saltarelli “ 1 “ “ “ “ 200 Cerberai “ 12 “ “ “ “ 480 Passelere “ 100 “ “ “ “ 600 Cagnere “ 50 “ “ “ “ 1000 e quindi assieme 503 pezzi di diverse reti del complessivo valore di corone 14.940.

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La piccola località di GRIGNANO ha un limitatissimo materiale di pesca, e precisamente: Sardellere pezzi 20 del valore di corone Manaidi “ 1 “ “ “ “ Gombine “ 10 “ “ “ “ Passelere “ 25 “ “ “ “ Saltarelli “ 1 “ “ “ “ e quindi assieme 57 pezzi di reti del valore di corone 1.570.

800 300 120 150 200

La località di S. CROCE possiede all’incontro un rilevante numero di reti da pesca e precisamente: Sardellere pezzi 200 del valore Manaidi “ 40 “ “ Squaeneri “ 310 “ “ Cagnere “ 84 “ “ Gombine “ 52 “ “ Passelere “ 105 “ “ Sardonere “ 12 “ “ Cerberai “ 18 “ “ Saltarelli “ 2 “ “ 4 Grippi “ “ “ e quindi assieme 827 pezzi di diverse specie corone 29.874.

di corone 9.600 “ “ 12.200 “ “ 1.860 “ “ 1.680 “ “ 624 “ “ 630 “ “ 960 “ “ 720 “ “ 400 “ “ 1.200 di reti del complessivo valore di

La località di DUINO ha il seguente materiale d’esercizio: Manaidi pezzi 2 del valore di corone 1.000 Gombine “ 64 “ “ “ “ 1.280 Passelere “ 157 “ “ “ “ 942 Tartane “ 6 “ “ “ “ 300 Saltarelli “ 1 “ “ “ “ 200 Agoneri “ 6 “ “ “ “ 120 Grippi “ 2 “ “ “ “ 100 Senei “ 133 “ “ “ “ 1.030 e perciò un totale di 371 pezzi di diverse specie di reti del complessivo valore di corone 4.972.

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Da ultimo la città di MONFALCONE si presenta col suo meteriale d’esercizio composto come segue: Manaidi pezzi 50 del valore di corone 20.000 Tartane “ 80 “ “ “ “ 4.000 Tratte “ 2 “ “ “ “ 2.000 Sardonere “ 250 “ “ “ “ 8.000 Gombine “ 200 “ “ “ “ 4.000 Passelere “ 500 “ “ “ “ 2.000 Saltarelli “ 9 “ “ “ “ 1.800 e quindi assieme 1.091 pezzi di reti del complessivo valore di corone 41.800. Riassumendo tutto il materiale che viene impiegato in questo circondario marittimo per l’esercizio della pesca, si ottiene il seguente quantitativo: Per la pesca lagunare. Gombine e senei pezzi 16.230 del valore di corone 292.140 Passelere “ 21.550 “ “ “ “ 64.650 Cogoli e cogoluzzi “ 15.050 “ “ “ “ 36.120 Trattoline d’anguille “ 100 “ “ “ “ 200 assieme 52.930 pezzi del valore di corone 393.110. Per la pesca di mare. Sardellere Manaidi Sardonere Agonere Passelere Squaenere Menoleri Gombine Cerberai Senei Saltarelli Tratte Tartane Grippi Mussoleri

pezzi “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “

7.742 993 2.507 16 6.214 7.309 480 1.183 483 133 36 18 130 51 64

del valore di corone 391.236 “ “ “ “ 179.820 “ “ “ “ 188.000 “ “ “ “ 920 “ “ “ “ 69.208 “ “ “ “ 40.826 “ “ “ “ 3.840 “ “ “ “ 15.008 “ “ “ “ 9.717 “ “ “ “ 1.030 “ “ “ “ 7.200 “ “ “ “ 41.600 “ “ “ “ 13.100 “ “ “ “ 7.320 “ “ “ “ 2.840

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Voleghe “ 316 “ “ “ “ 508 Rizzai “ 42 “ “ “ “ 1.008 Assieme pezzi 31.419 di reti diverse del complessivo valore in istato nuovo di 1.022.153 corone. Gli è quindi che per l’esercizio della pesca sia di mare che lagunare viene impiegato in questo circondario marittimo il seguente materiale: Reti di diverse specie pezzi 84.349 del valore complessivo di 1.415.263 corone. Le grandi reti da imbrocco sono confezionate a macchina per la maggiore parte in diverse fabbriche della Germania; le più piccole sia in Germania che in Austria. Alle prime appartengono le sardellere, le sardonere e le manaidi; alle seconde invece le gombine i cerberai e le passelere. Relativamente alle altre reti i pescatori acquistano a Trieste il materiale di confezione e fanno da soli le reti loro occorrenti, come ad esempio le squaenere, le cagnere e le voleghe. Così pure acquistano a Trieste il materiale greggio per la confezione di tutte le reti a strascico, ad eccezione delle tratte grandi che vengono ritirate dalle fabbriche della Germania. I. ATTREZZI DA PESCA Per la pesca lagunare a GRADO viene adoperato il seguente materiale: Grisiole pezzi 40.000 del valore di corone 48.000. Guatte a mano “ 1.000 “ “ “ “ 2.000 Fiocine “ 130 “ “ “ “ 78 e quindi assieme 41.130 pezzi del valore di corone 50.078 in istato nuovo. Le grisiole sono formate da cannella palustre e vengono confezionate dagli stessi pescatori. Il comune di Grado accorda gratuitamente ai pescatori il taglio della cannella dai suoi fondi lagunari. La vatta o guatta a mano serve ai pescatori per raccogliere il pesce, che rimane nei fossi del fondo paludoso racchiuso dalle serraglie. Per la pesca di mare i pescatori di Grado si servono dei seguenti attrezzi: Parangali pezzi 40 del valore di corone Fiocine “ 20 “ “ “ “ e quindi un totale di 60 pezzi del valore di 300 corone.

240 60

La città di PIRANO, relativamente agli attrezzi di pesca presenta il materiale seguente:

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Parangali pezzi 15 del valore di corone 180 Fiocine “ 60 “ “ “ “ 360 Lenze “ 315 “ “ “ “ 630 Grampe “ 20 “ “ “ “ 100 Pannole “ 50 “ “ “ “ 150 Puschie “ 68 “ “ “ “ 136 Fanali “ 100 “ “ “ “ 2.000 per cui un totale di pezzi 628 del valore in istato nuovo di corone 3.556. La città di ISOLA è provveduta di un materiale come segue: Parangali pezzi 370 del valore di corone 2.960 Lenze “ 1.000 “ “ “ “ 1.000 Pannole “ 160 “ “ “ “ 320 Puschie “ 210 “ “ “ “ 210 e quindi un complesso di 1.740 pezzi del complessivo valore di 4.490 corone.

Il porto di Isola in una cartolina spedita nel 1911. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

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CAPODISTRIA è in possesso del seguente materiale sussidiario alla pesca: Parangali pezzi 50 del valore di corone Lenze “ 200 “ “ “ “ e perciò assieme 250 pezzi del valore di corone 1.400.

1.000 400

La località di MUGGIA è provveduta come segue: Parangali pezzi 20 del valore di corone Lenze “ 150 “ “ “ “ Fiocine “ 10 “ “ “ “ e quindi assieme 180 pezzi diversi del valore di 290 corone.

80 150 60

La località di S. BARTOLOMEO possiede il seguente materiale: Parangali pezzi 6 del valore di corone Lenze “ 40 “ “ “ “ per cui un totale di 46 pezzi del valore di corone 132.

72 60

I pescatori di ZAULE sono provveduti soltanto di 50 lenze del valore di corone 75. I pescatori di SERVOLA sono provveduti dei seguenti attrezzi di pesca: Parangali pezzi 30 del valore di corone 360 Lenze “ 48 “ “ “ “ 72 Fiocine “ 6 “ “ “ “ 36 e quindi un complesso di 84 pezzi diversi del valore in istato nuovo di 468 corone. La località di BARCOLA è provveduta come segue: Parangali pezzi 30 del valore di corone Lenze “ 115 “ “ “ “ Fiocine “ 12 “ “ “ “ Fanali “ 20 “ “ “ “ e quindi assieme 177 pezzi diversi del valore di corone 1.278.

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600 230 48 400


La località di CONTOVELLO è fornita, riguardo gli attrezzi di pesca, come segue: Parangali pezzi 25 del valore di corone Lenze “ 216 “ “ “ “ Fanali “ 4 “ “ “ “ e perciò di 245 pezzi del complessivo valore di corone 904.

500 324 80

La piccola località di GRIGNANO non possiede altro che 50 lenze del valore di 100 corone. I pescatori di S. CROCE sono in possesso del seguente materiale sussidiario di pesca: Parangali pezzi 45 del valore Lenze “ 200 “ “ Fiocine “ 10 “ “ Fanali “ 6 “ “ e quindi assieme 261 pezzi di diversi attrezzi 1.380.

di corone “ “ “ “ “ “ del complessivo

900 300 60 120 valore di corone

La località di DUINO non possiede se non 8 parangali del valore complessivo di corone 120. Da ultimo MONFALCONE è in possesso soltanto di 120 guatte a mano del complessivo valore in istato nuovo di 480 corone. Gli è così, che la quantità degli attrezzi da pesca impiegati in questo circondario marittimo, è la seguente: Per la pesca lagunare. Grisiole pezzi 40.000 del valore di corone 48.000 Guatte a mano “ 1.000 “ “ “ “ 2.000 Fiocine “ 130 “ “ “ “ 78 e quindi assieme 41.130 pezzi del valore complessivo di corone 50.078.

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Per la pesca di mare. Parangali pezzi 639 del valore di corone 7.012 Fiocine “ 118 “ “ “ “ 624 Lenze “ 2.384 “ “ “ “ 3.341 Grampe “ 20 “ “ “ “ 100 Pannole “ 210 “ “ “ “ 470 Puschie “ 278 “ “ “ “ 346 Fanali “ 130 “ “ “ “ 2.600 Guatte a mano “ 120 “ “ “ “ 480 Assieme pezzi 3.899 attrezzi diversi del complessivo valore in istato nuovo di 14.973 corone, ciocchè forma la somma di 45.029 pezzi ed un valore di corone 65.051 per gli attrezzi impiegati tanto alla pesca di mare quanto a quella lagunare. Tutto il materiale sussidiario per l’esercizio della pesca viene ritirato dai negozianti di Trieste e confezionato poi dagli stessi pescatori, rispettivamente dalle donne, come pure dai fanciulli.

K. COMMERCIO DEL PESCE A GRADO tutto il pescato sia di mare che di laguna, ad eccezione delle sardelle, viene venduto a due negozianti gradesi verso un prezzo in antecedenza convenuto, che varia a seconda della qualità più o meno fina del pesce da 48 centesimi a 160. I due negozianti spediscono il pesce direttamente al mercato di Trieste mediante proprie barche, servendosi qualche volta, e ciò specialmente nella stagione estiva, dei piroscafi in linea Trieste-Grado. Avviene qualche rara volta, che una parte del pescato viene spedita per Venezia, allorquando quel mercato ne fa ricerca. Un mercato di pesce propriamente detto non vi esiste a Grado, perché tutto il pesce affluisce al mercato di pesce, ove esso trova un sicuro smercio a prezzo di gran lunga più favorevole. Le sardelle vengono consegnate alle fabbriche per la loro confezione all’olio. A PIRANO havvi un mercato di pesce, ove i pescatori possono vendere il loro prodotto direttamente dalle barche ai pescivendoli. I pescivendoli in numero di sei acquistano le migliori qualità di pesci, che spediscono poi al mercato di Trieste, o per meglio dire al negoziante di Trieste, il quale, a seconda della convenienza d’acquisto, lo pone in vendita sul locale mercato, oppure lo inoltra sui mercati principali dell’interno della Monarchia e della Germania. Il pesce, che non viene acquistato dai pescivendoli, è venduto dagli stessi pescatori sul mercato di Pirano. Relativamente alle sardelle i pescatori ne consegnano la maggior parte alle fabbriche di sardine all’olio, mentre una minima parte viene conservata per salagione e per vendita in istato fresco nei mercati di Trieste e Pirano.

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Ad ISOLA le sardelle vengono consegnate alle fabbriche ed una limitata quantità a negozianti locali, i quali si occupano della salagione del pesce fresco. Tutto l’altro pesce viene venduto dai pescatori ai trafficanti di pesce, i quali lo vendono al minuto nel mercato locale, oppure lo inoltrano per la vendita al mercato di Trieste. Ad Isola vi sono 14 trafficanti di pesce, una parte dei quali è occupata giornalmente alla vendita del pesce nel mercato di Trieste, vendita questa che viene fatta al minuto e non all’ingrosso. Oltre a ciò vi sono ad Isola quattro commercianti, i quali acquistano sardelle e sardoni a scopo di salagione, e quando il pesce è confezionato lo vendono poi tanto all’ingrosso quanto a dettaglio. Le barche da pesca ad Isola hanno diretta comunicazione con quel mercato, e rispettivamente colle fabbriche di sardine, mentre i trafficanti di pesce si servono esclusivamente della via del mare per introdurre il pesce fresco sul mercato di Trieste.

Il Mandracchio, Palazzo Municipale e la Chiesa di S. Maria d’Alieto.

A CAPODISTRIA vi sono 6 trafficanti di pesce, i quali acquistano tutto il prodotto dei pescatori locali. Il pesce minuto e non fino viene venduto sul mercato locale, mentre quello di maggior valore viene trasportato mediante piroscafi a Trieste per essere venduto all’ingrosso ai commercianti, i quali poi lo rivendono ai pescivendoli della locale pescheria. A MUGGIA vi sono tre pescivendoli, i quali si occupano soltanto colla vendita al minuto su quel mercato locale. La piccola quantità di pesce di maggiore valore viene spedita a Trieste dagli stessi pescatori per offrirla in vendita ai negozianti di pesce. La spedizione segue mediante i piroscafi locali.

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Nelle località di ZAULE, SERVOLA, BARCOLA, CONTOVELLO, GRIGNANO e S. CROCE non vi esistono mercati di pesce, e tutto il prodotto dei pescatori giunge al mercato di Trieste quasi esclusivamente per la via di terra. Il pesce ordinario viene venduto sul pubblico mercato dagli stessi pescatori, oppure dalle loro mogli od altri membri di famiglia, mentre il pesce fino viene ceduto in vendita ai commercianti locali. Relativamente alle sardelle va osservato, che la maggiore quantità viene acquistata dalle fabbriche di Duino, per ciò che riguarda il prodotto dei pescatori di Barcola, Contovello e S. Croce, e la minima dai negozianti locali per l’approvigionamento del mercato. A DUINO vi sono solamente due trafficanti in pesce, che lo acquistano direttamente dalle barche dei pescatori. Il pesce acquistato viene poi inoltrato per la vendita tanto a Monfalcone quanto a Trieste mediante ferrovia, oppure a cavallo. Un mercato di pesce non vi esiste a Duino. A MONFALCONE i pescatori consegnano direttamente il loro prodotto ai trafficanti di pesce, i quali lo spediscono poi tanto a Gorizia quanto a Trieste, trattenendone la quantità occorrente per il bisogno giornaliero del mercato locale. Vi hanno a Monfalcone 8 o 10 trafficanti di pesce, i quali si occupano pure della salagione dei sardoni. Per ciò che concerne le sardelle tutta la quantità pescata sia dai pescatori di Duino, sia da quelli di Monfalcone, viene acquistata dalla fabbrica di sardine esistente a Duino. Il sistema d’imbalaggio è uno e lo stesso in tutte le località di pesca del mio circondario, e precisamente quello di stivare il pesce fresco in cassette di legno, oppure anche in semplici crivelli, avendo cura di tenerlo rivolto col dorso in sopra. Non si usa alcun sistema frigorifero per la conservazione del pesce fresco, che viene spedito sia dai negozianti, sia dai pescivendoli o dagli stessi pescatori nelle più grandi piazze di spaccio, ma si adopera semplicemente ghiaccio frantumato in piccole quantità. L. FABBRICHE DI CONSERVE DI PESCE A GRADO vi sono presentemente quattro fabbriche per la preparazione delle sardine ad uso Nantes, e precisamente una filiale di C. Warhanek da Vienna; una filiale di Giovanni Degrassi; una filiale della “Societé générale francaise de consérves alimentaires” ed infine la fabbrica del nuovo Consorzio gradese. Delle suindicate quattro fabbriche una sola si occupa pure della preparazione delle sardelle salate in scatola. Le sardine in stato fresco, cioè allorquando sono pronte nella fabbrica per l’ulteriore loro preparazione in scatole, costano a Grado 80 centesimi per chilogrammo. Fuori delle quattro fabbriche non havvi alcuna preparazione di pesce per commercio, ma soltanto una limitata quantità di sardelle e sardoni viene salata per uso di casa, il cui valore è di circa 20 corone per ogni barile di sardelle e di corone 6-8 per ogni singola mastelletta di sardoni.

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Ad ISOLA vi esistono quattro fabbriche di conserve di pesce, che confezionano sardelle e sardine all’olio uso di Nantes, sardelle salate all’olio, tonno e scombri all’olio, filetti di sardelle all’olio ed anguille ammarinate. Le suindicate quattro fabbriche appartengono alla “Societé generale francaise de conserves alimentaires” e Carlo Warhanek da Vienna, a Giovanni Degrassi da Isola dimorante però a Vienna ed a Noerdlinger e fratello in Trieste. Il prezzo unitario varia a seconda della qualità e del peso di ogni singola scatola confezionata di sardine; così ad esempio scatole del peso di 1/9 costano 42 centesimi; di 1/8 centesimi 48; di 1/5 centesimi 58; di 1/4 centesimi 76; di 1/2 corone 1,60 e di 4/4 corone 2,80. Le sardelle salate vengono confezionate in vasi di latta del peso da 1 fino a 10 chilogrammi al prezzo di corone 1,50 fino a corone 15 per chilogramma. Il pesce tonno e gli scombri vengono confezionati ad un prezzo maggiore del 30 %, rispetto a quello delle sardine, ed i filetti di sardelle salate al prezzo maggiore del 20 %. Le anguille ammarinate vengono confezionate in vasi di latta del peso da 1 fino a 10 chilogrammi al prezzo di corone 2,50 per chilogramma, come pure in barili del peso da 10 fino a 50 chilogrammi al prezzo di 20 corone per chilogramma [forse 2,00 corone] . Fuori delle fabbriche vengono salati sardoni e sardelle per uso del commercio da quattro negozianti locali, ed il pesce così preparato viene venduto tanto a dettaglio quanto all’ingrosso sia nell’interno che all’estero al medio prezzo di 1 corona per chilogramma. Per uso di casa vengono confezionati pure sardoni e sardelle, però in piccolissima qualità [quantità?], non superando negli ultimi dieci anni la quantità di 2.600 barili. Per il commercio furono confezionati negli ultimi 10 anni 26.000 barili di sardelle e sardoni salati.

La fabbrica di conserve di Carlo Warhanek di Vienna, sorta a Isola nel 1881, con il pontile ancora in legno e di piccole dimensioni, per l’attracco dei pescherecci portanti la materia prima. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

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Foto con maestranze della fabbrica conserviera di Carlo Warhanek di Vienna a Isola, forse con il proprietario vestito di bianco. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

Foto ricordo di un gruppo di dipendenti della fabbrica di conserve di Carlo Warhanek, fondata a Isola nel 1881, forse con il proprietario in abito bianco. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

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A PIRANO non vi esistono fabbriche di conserve di pesce. Per il commercio si fa la preparazione delle sardelle salate in barili del peso di 40 chilogrammi circa e quella dei sardoni in mastelle del peso di 10 chilogrammi. Il valore delle sardelle salate è di 20 corone per barile, e quello dei sardoni 7 corone per ogni mastella. Per uso casalino si preparano in esigue quantità ed in vari recipienti tanto sardelle salate quanto sardoni anche salati. La preparazione del pesce salato si effettua nelle cantine delle abitazioni dei rispettivi salatori. Negli ultimi dieci anni furono preparati a Pirano 5.000 barili di sardelle e 1.000 mastelle di sardoni. A CAPODISTRIA vi esiste una sola fabbrica di conserve di pesce in proprietà di Giovanni Depangher. Questa fabbrica confeziona: sardine all’olio uso Nantes; sardine al pomidoro; acciughe (filetti) all’olio; sardelle salate all’olio; sardelle pulite in salamoia e sardelle senza testa al sale. Il valore unitario delle sardine all’olio di medio formato è di corone 48 per 100 scatole; quello dei filetti d’acciughe di corone 40 per 100 scatole, ed infine quello delle sardelle salate all’olio, delle sardelle pulite in salamoia e delle sardelle al sale di corone 150 per 100 scatole da chilogrammi 1 ½ l’una. Per commercio vengono salati a Capodistria i sardoni in mastelle da 20 chilogrammi al prezzo di 12 corone per mastella, e le sardelle in barili del peso di circa 44 chilogrammi al prezzo di 24 corone ognuno. Per uso casalino i pescatori salano limitate quantità sia di sardelle che di sardoni, e ciò quanto loro sia sufficiente per il proprio consumo annuale. Negli ultimi anni furono confezionati da Giovanni Depangher circa 6.000 barili di sardelle e 1.500 mastelle di sardoni, da Nicolò Gallo 3.500 barili di sardelle e 2.000 mastelle di sardoni ed infine da diversi altri piccoli esercenti 1.000 barili di sardelle e 500 mastelle di sardoni. Nessuna specie di preparazione di pesce si effettua né da pescatori, né da negozianti nelle località di ZAULE, SERVOLA, CONTOVELLO, GRIGNANO, SANTA CROCE e MONFALCONE. A BARCOLA soltanto vi esiste una fabbrica per la preparazione delle anguille ammarinate in proprietà della ditta triestina Semler e Gerhardt. Le anguille vengono ritirate dalla laguna di Comacchio. La produzione annua di questa fabbrica non è conosciuta. A DUINO havvi poi una fabbrica per la preparazione delle sardine ad uso Nantes, filiale della ditta C. Warhanek da Vienna con sede principale ad Isola. Questa fabbrica si occupa anche della preparazione delle anguille ammarinate e delle sardelle salate all’olio. Fuori di questa fabbrica non viene preparato il pesce in alcun modo né per commercio né per uso casalino. Negli ultimi dieci anni furono confezionati da questa fabbrica 638.460 chilogrammi di pesce conservato del valore di corone 2.135.564.

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M. CONTRAVVENZIONI DI PESCA A GRADO si constatano le contravvenzioni per abusiva pesca dei Chioggiotti entro il primo miglio marittimo dalla costa, e rispettivamente per esercizio in profondità minori a quelle stabilite dall’Ordinanza ministeriale per le reti a strascico. I pescatori lagunari contravvengono poi alle disposizioni tracciate dallo speciale regolamento per l’esercizio della pesca nella laguna di Grado. Queste ultime contravvenzioni, dopo attivata una quardia di pesca a Grado, vanno sensibilmente diminuendo, mentre quelle dei pescatori chioggiotti rimangono stazionarie. Negli ultimi dieci anni si constatarono 312 contravvenzioni, di cui 227 per opera dei pescatori chioggiotti esercenti entro il miglio marittimo, oppure in profondità d’acqua minore ad 8 metri; 85 invece per abusivo esercizio a sensi del regolamento lagunare di pesca. A PIRANO la maggior parte delle contravvenzioni si constatano per abusiva pesca da parte dei pescatori pertinenti al comune di Isola, e qualche rara per pesca non permessa in date stagioni, come pure per abusi di pesca all’imboccatura del porto e rispettivamente nella peschiera comunale. Negli ultimi dieci anni furono constatate a Pirano 189 contravvenzioni di pesca, e le stesse vanno di anno in anno diminuendo. Ad ISOLA le contravvenzioni di pesca avvennero esclusivamente per abusiva pesca dei pescatori locali nelle acque pertinenti ad altri Comuni, e ciò entro il primo miglio marittimo dalla costa. Il numero delle contravvenzioni nel corso di dieci anni ascese a 950 [Una cifra record rispetto agli altri sottocircondari marittimi di Trieste, il che rappresenta un importo superiore alla somma di tutte le loro contravvenzioni.], e negli ultimi due anni esse contravvenzioni vanno diminuendo sensibilmente. Le contravvenzioni di pesca nel sottocircondario di CAPODISTRIA sono molto rare, e negli ultimi 10 anni ve ne furono 14 soltanto. I pescatori locali non contravvengono mai alle disposizioni prese a tutela della pesca, bensì i pescatori chioggiotti contravvengono con esercizio in tempo di notte entro il primo miglio marittimo. Non esistendovi una guardia di sorveglianza speciale per le acque di Capodistria, ne consegue che i pescatori chioggiotti pescano indisturbati di notte tempo entro il primo miglio, e perciò è raro il caso che qualcuno possa esser preso in contravvenzione di notte tempo, ma soltanto di giorno nel caso che imprudentemente si avvicina alla costa. Nelle acque tra MUGGIA e S. CROCE si verifica qualche contravvenzione da parte dei pescatori chioggiotti. Nel periodo degli ultimi dieci anni si constatarono 62 contravvenzioni, e le stesse possono dirsi stazionarie da anno in anno. A DUINO avvengono soltanto contravvenzioni di pesca da parte dei chioggiotti per abusivo esercizio entro il primo miglio marittimo. Le contravvenzioni stesse ascesero nel corso degli ultimi dieci anni al numero di 31 con tendenza piuttosto ad aumentare di quello che a diminuire.

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A MONFALCONE si verifica la stessa cosa come a Duino. Le contravvenzioni vengono commesse dai pescatori chioggiotti per abusiva pesca entro il primo miglio marittimo. Esse ammontano al numero di 52 negli ultimi dieci anni, ed anche in questa località, al pari di Duino, le contravvenzioni stesse tendono piuttosto ad aumentare di quello che a diminuire. N. PESCA DEI SUDDITI ESTERI NELLE NOSTRE ACQUE Nelle acque di GRADO pescano in media 40 bragozzi italiani durante i mesi di aprile-maggio-giugno; negli altri mesi dell’anno essi si riducono da 10 ad 8 ed anche a 6 soltanto. Il loro tonellaggio ascende a tonellate 320 e l’equipaggio al numero di 160 persone. Il valore di ogni barca è di corone 2.500, e ciascuna barca è provveduta di reti cocchie e tartane per un valore di corone 500, cosichè il massimo valore del materiale impiegato alla pesca nelle acque di Grado da parte dei pescatori chioggiotti può essere stabilito in corone 120.000 ed il minimo in corone 18.000. Tutto il pescato viene trasportato direttamente sul mercato di Trieste dalle stesse barche peschereccie. Nell’ultimo decennio i pescatori chioggiotti ebbero un risultato di pesca di circa 620.000 chilogrammi di pesce fresco del valore complessivo di corone 340.000. Nelle acque del sottocircondario di PIRANO pescano in varie riprese dell’anno, ma specialmente nella stagione di primavera, estate ed autunno, lo stesso numero di barche esercenti nelle acque di Grado, e rispettivamente nelle acque del mio circondario. Anche le barche sono quelle medesime, ad eccezione di sei che si mantengono costantemente alla pesca nelle acque di Grado; però ne vanno aggiunte altre sei che esercitano esclusivamente nelle acque di Pirano, Isola e Capodistria. Il valore delle barche è perciò identico a quello indicato per le acque di Grado, coll’aggiunta di 15.000 corone per le sei barche diverse a quelle di Grado e di 3.000 corone per gli attrezzi da pesca di cui sono provvedute le barche stesse. Nell’ultimo decennio il risultato di pesca dei chioggiotti nelle acque di Pirano si fa ascendere alla quantità di 499.625 chilogrammi del complessivo valore di corone 279.705. Nelle acque di ISOLA e CAPODISTRIA pescano le medesime barche chioggiotte, come a Pirano, per cui il valore delle barche e quello dei rispettivi attrezzi di pesca è uno e lo stesso, e perciò consimile a quello già indicato per le acque di Grado. Relativamente alla quantità pescata nell’ultimo decennio, questa viene approssimativamente indicata con chilogrammi 430.000 e col valore di corone 248.560 per le acque di Isola, e con chilogrammi 256.120 e col valore di corone 121.250 per le acque di Capodistria. In tutte le acque comprese fra la PUNTA GROSSA e la BAIA di SISTIANA è molto attiva la pesca dei chioggiotti mediante reti a strascico, e ciò specialmente al di fuori del VALLONE di MUGGIA in direzione verso il largo di MIRAMAR, S. CROCE e SISTIANA. A questa pesca si dedicano le stesse barche occupate

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Nella cartolina spedita nel 1912, in primo piano vediamo la fabbrica di conserve dell’isolano Giovanni Degrassi, sorta a Isola nel 1882. Alla sua sinistra è visibile il gasometro cittadino e il fabbricato dell’officina del gas. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

nei sottocircondari di Grado, Pirano, Isola e Capodistria, ed in aggiunta alle stesse altri 14 bragozzi del valore di corone 35.000, aventi un materiale di pesca del valore complessivo di corone 7.000. Il pescato viene trasportato dalle stesse barche sul mercato di Trieste. La quantità pescata nell’ultimo decennio dai pescatori esteri nelle acque di Punta Grossa – Miramar – S. Croce – Sistiana si fa ascendere a chilogrammi 620.140 del valore di corone 420.000 circa. Da ultimo al largo della PUNTA SDOBBA e nelle acque di DUINO i pescatori chioggiotti esercitano pure la pesca, internandosi fino alla BAIA di PANZANO nelle acque comunali di Monfalcone. Le barche ed il materiale d’esercizio è quello stesso, che viene impiegato dai medesimi pescatori sia nelle acque di Grado sia in quelle degli altri sottocircondari marittimi. Nell’ultimo decennio si calcola approssimativamente, che le dette barche abbiano pescato in quelle acque circa 320.740 chilogrammi di pesce d’ogni qualità del valore non minore di corone 190.200. Riassumendo i dati ora offerti si viene alla conclusione, che in questo circondario marittimo sono annualmente attive 60 barche da pesca italiane della capacità di 490 tonellate nette ed equipaggiate con 260 persone. Il valore del materiale adoperato per la pesca dei chioggiotti è il seguente: Barche da pesca in istato nuovo 150.000 corone; attrezzi da pesca diversi però particolarmente cocchie e tartane 30.000 corone. Riguardo alla quantità pescata nell’ultimo decennio, questa risulta di chilogrammi

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2.746.865 del valore complessivo di 1.599.715 corone, e perciò una media all’anno di chilogrammi 274.686 del valore di corone 159.971. O. PESCA DEI NAZIONALI NELLE ACQUE ALL’ESTERO I pescatori di GRADO soltanto si dedicano alla pesca delle sardelle nelle acque estere della costa italiana, e ciò per la durata di quattro mesi, vale a dire dal principio della stagione di pesca delle sardelle, che è di regola verso il 20 marzo d’ogni anno fino a tutto giugno. I pescatori di Grado si dedicano a tale pesca nelle acque estere con 50 barche del complessivo tonellaggio di 250 tonellate ed equipaggiate con 300 persone. Il valore di ogni barca è di corone 2.500 e quello delle reti possedute da ciascuna barca di corone 1.760, per cui il materiale d’esercizio di queste barche esercenti nelle acque italiane è di corone 125.000 per le barche e di Corone 88.000 per le reti manaidi. Negli ultimi dieci anni i pescatori gradesi pescarono nelle acque italiane alle foci del Tagliamento 620.000 chilogrammi di pesce sardelle del complessivo valore di corone 500.000. P. INFLUENZA DELLA NAVIGAZIONE COSTIERA SULLA NOSTRA PESCA Nessuna influenza della navigazione costiera si constata nelle acque di GRADO, in modo che la stessa non apporta né vantaggi, né danni. Desiderio dei pescatori lagunari sarebbe quello di limitare la pesca del novellame per la coltura delle valli, come pure impedire che i pescatori del continente sfruttino le acque lagunari. I pescatori di PIRANO non esprimono alcun desiderio, mentre quelli d’ISOLA vorrebbero che non fosse permesso l’esercizio della cocchia ai pescatori chioggiotti, causa i danni che ne risentono con la perdita delle reti e del pesce pigliato nelle reti stesse più volte asportate dai chioggiotti. I pescatori di CAPODISTRIA si lagnano pure, che i pescatori chioggiotti non si curano punto di rispettare i segnali delle reti collocate dai pescatori nazionali, e vorrebbero che venisse più efficacemente sorvegliata la pesca dei chioggiotti. I pescatori della costiera che si estende da BARCOLA fino a SISTIANA si lagnano pure dei pescatori chioggiotti per abusivo esercizio di pesca entro il primo miglio marittimo dalla costa, causa il quale essi subiscono forti perdite di attrezzi. La stessa lagnanza viene fatta dai pescatori di MONFALCONE. In fine i pescatori di DUINO desiderano, che sia assegnato un importo annuo per risarcimento delle reti perdute da poveri pescatori. Kroj.[Kraj(?) - firma poco leggibile]

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II.

LE COMMISSIONI PER LA PESCA

All’inizio del secolo scorso il governo austriaco aveva istituito delle commissioni incaricate di seguire l’andamento della pesca nelle singole località. Le Commissioni locali per la pesca venivano rinnovate ogni triennio ed erano composte da periti scientifici e da periti pratici. Come vedremo dai pochi documenti trovati e che interessano Isola in proposito, il Capitanato del Circondario marittimo di Trieste richiedeva all’Agenzia di porto e sanità marittima del sottocircondario di Isola, d’inviare i nominativi della Commissione prescelta. Il Capitanato a sua volta passava le liste delle varie Commissioni al Governo marittimo di Trieste. Queste Commissioni si riunivano per trattare i problemi inerenti la pesca locale, quando questi si presentavano, ed inviavano il relativo protocollo al Governo, per il tramite del loro Capitanato di appartenenza. Dalla documentazione disponibile risulta che la vicina Capodistria non disponeva allora di una propria commissione per la pesca, ma che i suoi pescatori avessero preferito esser rappresentati all’interno della commissione isolana. Il primo documento riguardante le Commissioni per la pesca, è del 20 dicembre 1902, quando l’Agenzia portuale di Isola inviò il rapporto N. 327 a Trieste, che riportiamo di seguito inclusi gli eventuali errori5. All’I. R. Capitanato di porto e Sanità m. in Trieste In ubbidienza al Suo decreto d. d. 10 dicembre 1902 N° 9623, concernente la rinnovazione degli attuali membri della Commissione per gli affari della pesca marittima pel nuovo triennio 1903-1905, la sottoscritta trovò di scegliere i seguenti Signori: 1 Signor Brüschweiler Augusto fu Adriano, perito scientifico, 2 Signor Rodolfo De Maurizio, perito pratico, 3 Signor Marco Degrassi fu Marco, perito pratico, 4 Signor Benvenutti Simone fu Antonio, perito pratico 5 Signor Nazario Stradi, da Capodistria, perito pratico e 6 Signor Nazario Majer da Capodistria, perito pratico.

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Sostituti 1 Signor Nicolò Degrassi fu Marco, perito pratico. 2 Signor Trojan Angelo fu Angelo, perito pratico e 3 Marco Degrassi fu Pietro, perito pratico. Con ciò si osserva che i sunnominati membri vengono dalla sottoscritta dichiarati veramente esperti per gli affari della pesca marittima e si propone a codest’i. r. Carica per la sua conferma. In oltre si osserva, che il Signor Augusto Brüschweiler nei periodi antecedenti dall’epoca, in cui venne eletto quale membro formante la Commissione della pesca, avendo sempre corrisposto e dimostrato il suo zelo nell’interesse di un buon andamento degli affari di pesca, per ciò e meritevole per i suoi servizi prestati una lode dalla Autorità competente. Vitez. Il 12 luglio 1903 si svolse ad Isola una seduta della locale Commissione per la pesca. Il Capitanato di Trieste, nel valutare gli argomenti trattati nell’occasione, non mancò di esternare le proprie perplessità ponendo in rilievo l’eccessivo zelo dimostrato dai pescatori isolani, visto che vollero discutere e deliberare anche su materie già discusse e deliberate in precedenza in sede più competente. Il 18 novembre dello stesso anno, infatti, inviò al Governo Marittimo il rapporto N. 5421, allegandovi il Protocollo della seduta isolana, le cui pagine vennero addirittura rilegate con un cordoncino colorato6. I. R. Governo marittimo! In compiego mi onoro di rassegnare a codest’i. r. Governo marittimo l’unito protocollo della seduta tenuta il giorno 12 luglio 1903 dalla commissione locale per gli affari della pesca marittima in Isola, col cenno, che a parere dello scrivente, si rendeva del tutto superflua la pertrattazione di un oggetto già esaurientemente discusso nella conferenza di pesca tenuta a Rovigno nell’ottobre 1902 coll’intervento dei delegati da parte dei Comuni di Capodistria ed Isola. Va poi osservato, che le deliberazioni prese da quella commissione locale sono pressochè consimili ai conchiusi della suindicata conferenza di Rovigno, e perciò non si comprende a quale scopo sia stato assoggettato il questionario delle conferenze di pesca tenutasi nel decorso anno a pertrattazione e discussione in seno di quella commissione locale. Per le pratiche poi di liquidazione ed assegno di pagamento, rassegno in pari tempo a codest’i. r. Governo marittimo gli annessi due particolari di viaggio dei pescatori Nazario Stradi e Nazario Mayer da Capodistria, membri della commissione locale d’Isola, i quali, dietro invito dell’i. r. Agenzia di porto in Isola, presero parte alla seduta in affari della pesca marittima tenutasi il giorno 12 luglio anno corrente. [firma illegibile].

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No 132 Commissione locale per affari della pesca marittima in Isola Protocollo di seduta Assunto addì 12 luglio 1903 nel locale ad uso d’ufficio dell’i. r. Agenzia di porto e Sanità marittima in Isola. Invitati appar viglieto d. d. loco 30 giugnio 1903 No 132 i Signori: Augusto Brüschweiler perito scientifico, Rodolfo de Maurizio, Benvenutti Simone fu Antonio, Degrassi Marco fu Marco, Mayer Nazario e Stradi Nazario, come periti pratici, nonché Degrassi Nicolò fu Marco e Trojan Angelo fu Angelo quali sostituti periti pratici. Presenti Giacomo Vitez, i. r. Agente di porto e Sanità marittima, nonché i membri Signor Augusto Brüschweiler, Rodolfo de Maurizio, Benvenutti Simone fu Antonio, Degrassi Marco fu Marco, Mayer Nazario, Stradi Nazario e Trojan Angelo fu Angelo. Ordine del giorno della seduta sulla pesca marittima 1. Sarebbe necessaria una regolazione della pesca delle sardelle ad esca ed a fondo? Sarebbe consulto di proibire la pesca delle sardelle nella stagione della fregola, cioè nei mesi di Aprile e Maggio? 2. Occorrono proprio manaide per la pesca sardellare in Istria e nel Litorale goriziano? Se si, a quali condizioni si dovrebbe permettere l’uso? 3. Sarebbe consulto permettere la pesca per incetto delle masse estive /: sardelle, sardoni, scombri :/ attratte da fuoco o fanali? 4. Quali sono i divieti di pesca che converrebbe pronunziare e quali dei sussistenti si dovrebbero abolire o limitare? 5. Occorrono nuove speciali disposizioni per le pesche invernali? per quali? in che senso? 6. Quali sono le reti e gli attrezzi di pesca dannosi? A quali riduzioni, cambiamenti o limitazioni si dovrebbe assoggettare, con riguardo alla tutela delle propagazioni della specie? 7. Quali pesche nuove si dovrebbero introdurre, in ispecie al largo? 8. A quali criteri dovrebbe informarsi un istituzione di soccorso a favore dei pescatori poveri danneggiati ed invalidi? 9. Eventuali proposte. Riaperta la seduta e si passa al

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I. punto dell’Ordine del giorno. La pesca delle sardelle ad esca ed a fondo, esercitata con le cosiddette “Sardellere” si basa su un metodo antico, del quale non si può dire che si fosse mai dimostrato dannoso alla pesca stessa. Perciò a parere della Commissione tale pesca non ha bisogno di regolazione, ed essa si dichiara contraria alla proibizione della medesima nei mesi di Aprile e Maggio. Astrazione fatta che questo divieto potesse avere un valore soltanto qualora venisse esteso anche alla costa italiana, e che, ove ciò non fosse, i nostri pescatori avessero un danno non piccolo, senza che però se appunto il divieto non è generale, venisse raggiunto lo scopo ideato d’una tale misura, è certo che questa sarebbe la rovina dei nostri pescatori di sardelle, ove si considera che precisamente nei due mesi di Aprile e Maggio coll’arrivo delle masse di pesca vi è la maggior probabilità per loro di fare qualche buona pesca e che perciò il principio della pesca delle sardelle attesa con ansietà e ciò tanto più essendo un epoca, in cui i nostri pescatori, terminata la pesca invernale delle sfoglie, passere, rombi, moli, non hanno alcun altra occupazione e sarebbero costretti di stare inoperosi e senza guadagno per quei due mesi. Che la pesca delle sardelle nella stagione della fregola quantunque esercitata da tempo antico, non apportò gran danno, lo dimostra il fatto che la specie non ha diminuito, e se vi sono degli anni con pesca in generale scarsa di sardelle, la causa di certo è da ricercarsi altrove. II. punto dell’ordine del giorno La commissione è del parere essere invece la pesca delle sardelle con la manaide che ha assoluto bisogno d’essere regolata, convinta che, ove questa regolazione viene introdotta, tale metodo di pesca cesserà d’essere dannoso. La regolazione da introdursi sarebbe che la pesca con “manaide” sia esercitata in ugual modo come quella con “sardellera” a fondo, cioè unicamente dal tramonto al levare del sole, mentre ora si pesca ininterrottamente, e cambiando di continuo posto, giorno e notte, di modo che il pesce non cessa un momento d’essere disturbato. Sarebbe dunque da proibire in via assoluta la pesca con “manaide” durante il giorno ed in ispecial modo poi la cosiddetta pesca “a brigata” nella quale appunto si impiegano i lamentati mezzi di spavento. III. punto dell’ordine del giorno La commissione ritiene non essere il caso di poter nel Golfo di Trieste adattare il sistema di pesca a fuoco o fanali, e ciò per le condizioni non corrispondenti di profondità del mare. IV. e V. punto dell’ordine del giorno La commissione si associa in tutto ai conchiusi nelle conferenze tenutesi in vari luoghi nell’autunno passato. Inoltre rinuova la proposta avanzata già altre volte per la tutela della pesca

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invernale delle sfoglie, passere ect. nel Golfo di Trieste sia durante i mesi di novembre, dicembre e gennaio proibita la pesca a cocchia. Siccome ogni anno si ripete il caso e più volte che le reti calate a fondo per la pesca delle sfoglie, passere etc. vengano asportate dalle “cocchie” è impossibile che la pesca invernale delle specie nominate possa prendere quello sviluppo, a cui altrimenti potrebbe arrivare senza il lamentato disturbo, non volendo e non potendo gran parte dai pescatori arrischiare la perdita delle loro reti. VI. punto dell’ordine del giorno A tutela della propagazione della specie la commissione ritiene necessario che da maggio a tutto agosto sia proibita la pesca con reti a strascico lungo la costiera. VII. punto dell’ordine del giorno Su questo punto nessuno dei membri della commissione trova da fare proposta alcuna, così pure sul punto VIII, dell’ordine del giorno, del quale la commissione riconosce la massima importanza ed appunto perciò il medesimo esige un particolare e profondo studio. IX. punto dell’ordine del giorno La commissione, riconoscendo l’utilità dell’istituzione delle guardie di pesca, deplora che queste non siano in numero sufficiente ed esprime il voto che il medesimo sia aumentato. Inoltre ripete il voto già altre volte espresso che la disposizione di legge che vieta la pesca delle sardelle nelle acque di altri Comuni sia abolita, cioè che sia dichiarata libera la pesca delle sardelle in tutte le acque senza riguardo alla confinazione Amministrativa. Aug. Brüschweiler, Rod de Maurizio, Simeone Benvenutti fu Antonio, Degrassi Marco fu Mauro, Nazario Stradi, Nazario Mayer, Troian Angelo. Preletto chiuso e firmato come sopra. Giacomo Vitez - i. r. Agente p. s.

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L’ultima pagina del “Protocollo di seduta” tenutosi a Isola il 12 luglio 1903, dalla “Commissione locale per gli affari della pesca marittima”, con le firme degli intervenuti e il timbro dell’Agenzia portuale isolana. (AST, Gov, b. 888, prot. 18352, a. 1903)

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Trascorsero poco più di due anni e da alcuni rapporti delle commissioni comunali venne evidenziato che la pesca delle sardelle nel Golfo di Trieste andava diminuendo. Lo notarono anche i pescatori isolani che se ne accorsero soprattutto a causa di una progressiva diminuzione delle entrate. Da qui la loro proposta di eliminare alcuni tipi di pesca che, a parer loro, risultavano essere dannosi per la pesca delle sardelle. Il 24 settembre 1905, la Commissione per la pesca di Isola convocò nuovamente una seduta con la quale intesero informare della situazione il Capitanato portuale triestino. Questo, come d’obbligo, il 9 ottobre successivo, provvide ad informare il Governo marittimo con il rapporto N. 69827, al quale allegò il relativo Protocollo di seduta N. 181. I. R. Governo marittimo! In seguito al decreto di data 2 corrente No. 181 dell’i. r. Agenzia di porto in Isola ho l’onore di rassegnare per le ulteriori disposizioni l’inserto protocollo di seduta di quella commissione locale per gli affari della pesca marittima tenuta addì 24 settembre anno corrente unendo in pari tempo per le disposizioni di liquidazione ed assegno di pagamento il particolare di viaggio del perito pratico Nazario Stradi da Capodistria, che ebbe a far parte della commissione stessa. [firma illegibile] No 181 Commissione locale per affari della pesca marittima in Isola Protocollo di seduta assunto addì 24 settembre 1905 nel locale ad uso d’ufficio dell’i. r. Agenzia di porto e sanità marittima in Isola. Invitati appar viglietti d. d. 10 settembre 1905 sotto eguale numero i Signori: Augusto Brüschweiler perito scientifico, Rodolfo de Maurizio, perito pratico, Benvenutti Simone fu Antonio perito pratico, Degrassi Marco fu Marco, perito pratico, Mayer Nazario, perito pratico, Stradi Nazario, perito pratico, Degrassi Nicolò fu Marco, perito pratico, Trojan Angelo fu Angelo perito pratico. Presenti: Giacomo Vitez, i. r. Agente di porto e sanità marittima, Augusto Brüschweiler, perito scientifico, Degrassi Nicolò fu Marco, perito pratico, Degrassi Marco fu Marco, perito pratico, Stradi Nazario, perito pratico.

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Oggetto Siccome la pesca in generale, specialmente quella delle sardelle e sardoni in questo Golfo d’anno in anno diminuisce, vedendo che i pescatori, causa appunto la pochissima preda, sarebbero costretti di riprendere qualunque altro lavoro per poter mantenere le loro innumerabile famiglie, conciò si permette di richiedere a voler indicare, quale sarebbe il motivo per sviluppare la medesima, dopo di che i sottoscritti membri, formante la commissione per la pesca in Isola dichiarano unanimità come segue: Lo scopo necessario per sviluppare la pesca delle sardelle è la nostra ferma opinione, che la pesca mediante le retti denominate Menaide, venisse esercitata soltanto di note tempo, in vece la pesca di giorno con le medesime assolutamente proibita, dappoichè fu constatato che la pesca di giorno con le retti Menaide il pesce viene molto disturbato e spaventato conciò obbligato da riprendere una altra direzione. Anchora più dannosa risulta d’essere la pesca mediante le manaide a spavento / brigata / perché l’esercizio della pesca in questo modo non produsse i danni soltanto al pesce imbrigato ma bensi spaventa il medesimo il quale si allontanò dalle acque del nostro golfo. Per impedire però tal abusiva pesca, l’i. r. Governo Marittimo volesse destinare una sorveglianza rigorosa e aumentare i guardiani di pesca, essendo che una sola guardia pesca non può essere in grado, di sorvegliare un così gran distretto, cioè vale dire da Salvore sino a Muggia. A tale scopo risulta essere necessario, che la sorveglianza della pesca mediante le Menaide a spavento e a brigata fosse ripresa anche coi piroscafi dell’i. r. Governo Marittimo oppure da quelli dalla i. r. guardia di finanza. Inoltre si appoggia la preghiera, che la pesca delle sardelle e dei sardoni sia dichiarata libera in tutte le acque della costa, cioè vale a dire anche nelle acque appartenenti altri Comuni. La pesca delle sardelle e sardoni dovrebbesi regolare in modo che la medesima venisse esercitata soltanto le albe, poiché in tal modo il pesce non venise tanto disturbato e si vedrebbe certamente la pesca abbondante. Dopo aver preso in conoscenza il Decreto dell’i. r. Capitanato di porto e Sanità marittima d. d. Trieste 17 gennaio 1905 No 407 [Queste ultime parole sono state sottolineate, ed a margine in verticale è stato scritto da altra mano: Decreto Gov: 12-1-1905 No 20743.] concernente i lagni contro la Cocchia nel golfo di Trieste e la gravità dei danni che porta, i membri osservano però, che la autorità superiore volese almeno obbligare i pescatori Chioggioti di fornire le loro Bragozzi e le rispettive vele mediante i distintivi numeri, onde i medesimi venissero costretti di avere più riguardo di recare i danni, vedendo a non potere scappare di vista alla autorità competente nonché dai danneggiati stessi. Chiuso e firmato come sopra. Giacomo Vitez i. r. agente p. s. Aug. Brüschweiler, Nicolò Degrassi, Marco Degrassi, Nazario Stradi. L’ultimo documento inerente la Commisione di pesca isolana, è un dattiloscritto datato 23 marzo 1909, N. 23028. Fu inviato dal Capitanato triestino al Governo marittimo e portava come oggetto: Proposta per le nuove commissioni locali per la pesca.

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Nel testo si legge: In esito al decreto di data 21 febbraio a. c. N o 4021 mi fo dovere di proporre acchè, nelle commissioni locali per la pesca Trieste, Pirano e Grado, restino riconfermati gli attuali membri, mentre per quella di Isola, al posto del or decesso Simeone Benvenuti, vengono nominati quali periti pratici, Nicolò fu Marco Degrassi e Angelo fu Angelo Trojan, entrambi da Isola. Tra i documenti reperiti, interessanti alcuni che si riferiscono direttamente alle varie tecniche di pesca delle sardelle. Già nella seduta del 12 luglio 1903, tenutasi ad Isola dalla Commissione locale, tra gli argomenti discussi anche quello della pesca delle sardelle con esca. L’argomento, naturalmente, è alquanto curioso se confrontato con i criteri di pesca più moderni. Va tenuto conto, però, del fatto che in quell’epoca questa veniva praticata con vari tipi di esca e, in particolare con l’uso di piccoli granchi (in gergo gransetti, ma anche mazzene e masinete) provenienti dal Veneto. A titolo di documentazione proponiamo di seguito la relazione manoscritta dell’Aggiunto di porto e sanità marittima di Rovigno, Giuliano Botterini, e quella della Camera di Commercio e d’Industria dell’Istria, sempre di Rovigno, assieme alla relativa corrispondenza con il Governo Marittimo9. Relazione sul trasporto dei granzetti d’esca dal Veneto alla costa Istriana durante l’estate 1903, mediante il piroscafo “Iva” Da tempi immemorabili sussiste il sistema di pescare le sardelle mediante esca di granzetti importati dal Veneto. Tale pesca viene volgarmente chiamata “pesca a velo” e viene esercitata dal mese di giugno al settembre d’ogni anno, mentre dall’aprile a tutto maggio si esercita la pesca senza esca chiamata “pesca a fondo”. Il sistema di trasporto di granzetti fino a tutto il 1902 seguì sempre mediante velieri i quali dipendendo da circostanze elementari, il più delle volte, per la traversata da Venezia nell’Istria impiegavano uno, due e fino a tre giorni, e in causa del lungo tempo impiegato pel viaggio, più della metà del carico andava perduto in seguito della mortalità del crostaceo, non solo, ma quel poco che ancor rimaneva essendo malato o infetto, sopravviveva poche ore, dimodochè il pescatore non poteva che fare qualche singola pescata, e quindi, disoccupato, aspettare l’arrivo d’un nuovo carico alle stesse condizioni e così di seguito. Sotto queste condizioni veramente scoraggianti pel pescatore, per iniziativa dell’i. r. Governo marittimo nel giugno del 1903 venne destinato il primo piroscafo al trasporto dei granzetti da Venezia e già i primi trasporti segnarono un’evoluzione di progresso, un’era di risorgimento per quest’importante pesca, dappoichè il piroscafo compiendo la traversata da Venezia in circa 9 ore, portava i granzetti tutti vivi coi quali il pescatore potea fare sicuro assegnamento di pescare per almeno tre o quattro giorni consecutivi.

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Dopo poco più d’un mese d’esercizio del piroscafo, sia anche per la manifestatasi maggiore pesca di sardelle e sardoni, i soliti monopolizzatori e incettatori del trasporto di granzetti esistenti a Isola, Pirano e Rovigno, riconoscendo l’utilità del trasporto mediante piroscafo, anche perché scossi nei loro interessi, come dimostrato a Venezia da ben 12 bragozzi e un piroscafo in concorrenza del piroscafo del Governo, surogando il rimurchio a vapore pei velieri ossia bragozzi. Siccome poi a Venezia vige il sistema di turno per la caricazione dei granzetti e in causa che ogni lunedì della settimana non si carica, il piroscafo doveva attendere il turno di caricazione per dieci e più giorni e pregiudicato in tal modo, a questa circostanza v’à ascritta la deficienza impreveduta, che però è una nullità in confronto ai vantaggi che ne ritrasse la pesca tanto per l’anno 1903, che per l’avvenire, per quello che si è appreso e pei scoperti diffetti che si devono sanare come sono in seguito a dimostrare. Nella pesca estiva di sardelle del 1903 non si manifestò, come in tutti gli anni precedenti, il periodo di sospensione della pesca, della cosidetta stagione morta, che comprende ordinariamente il periodo dal 15 luglio al 15 agosto d’ogni anno, ma la pesca venne continuata senza interruzione e ciò perché i granzetti arrivavano freschissimi, e soltanto a questa circostanza si deve ascrivere la buona annata di pesca di sardelle e sardoni della costa Istriana che rappresenta un valore di oltre 300.000 Cor. E che il mercato di Trieste durante tutto l’Agosto rigurgitava di sardoni predati tutti coi granzetti di Venezia che arrivavano a Pirano e Isola mediante piroscafo. Ma il sistema di trasporto dei granzetti in sacchi è un sistema primitivo obbligato dalle necessità dei primi tempi che non si potrà cangiare a motivo che il veliero che li trasporta pel limitato spazio di cui disponeva non poteva altrimenti caricarli che in sacchi, però è riconosciuto che il granzetto trasportato e mantenuto in sacchi subisce una vera tortura che cagiona, per quanto cura si abbia, la di lui morte entro 4-5 giorni; mentre se venisse trasportato e conservato in vivai potrebbe anche più di 15 giorni, evitando così al pescatore quell’inutile sperpero in giornate poco o null’affatto propizie alla pesca. Per poi venire incontro alle depresse condizioni di pesca di sardelle di altre località della costa Istriana, come sarebbe Fasana, Pola e Promontore da una parte e Umago e Cittanova dall’altra necessiterebbe istruire quei pescatori sulla possibilità di ritirare i granzetti in vivai usati nel Veneto, procurando la fornitura dalla Romagna, per non dipendere soltanto dal Veneto la cui produzione non è sufficiente ai bisogni della costa Istriana. Finalmente merita indicare che nelle 34 traversate fatte dal piroscafo, dal giugno al settembre si scorse che le maggiori masse di sardelle e sardoni esistevano stabilmente a distanze di oltre 15 miglia dalla costa e meriterebbe esperimentare in alto mare la pesca ad incetto col mezzo dell’illuminazione ed anche con esca, così pure esperire qualche mezzo per la distruzione o almeno allontanamento dei delfini servindosi di mine sottomarine coll’eletricità. Rovigno nel dicembre 1903 - G Botterini Con carta intestata della Camera di Commercio e d’Industria dell’Istria, l’Ente, inviò al Governo Marittimo di Trieste il rapporto manoscritto N. 1936, datato Rovigno 1 dicembre 1903, che riportiamo integralmente.

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In riguardo all’esperimento fatto quest’anno, per iniziativa e merito di Codesto i. r. Governo, del trasporto, cioè, mediante piroscafo, dell’esca pella pesca delle sardelle, si onora anche la scrivente di riferire ad Esso i. r. Governo, che l’esito di tale esperimento corrisponde pienamente alle previsioni, essendosi constatato che per tale mezzo sollecito di trasporto detta pesca ebbe grandemente ad avvantaggiarsi. Infatti i granzetti giungevano a destinazione e venivano distribuiti fra le barche di pesca in istato ancora freschissimo e perciò potevano venir pressoché tutti adoperati per uso d’esca; mentre in passato, col trasporto a mezzo di velieri, all’atto della distribuzione si doveva passare ad una cernita per estrarre quelli che durante il viaggio erano periti, e questi ultimi salivano ad una cifra che variava fra il 25 ed il 75 % della totalità. Lo scarto veniva fatto alle rive, appestando il vicinato coll’odore nauseante emanato dalle bestie perite e queste venivano gettate in mare in prossimità alla riva: dal che ne derivava grande molestia al vicinato ed ai passanti e pregiudizio dal lato igienico alla popolazione, ed innoltre lo svantaggio del maggior immunimento del porto e dell’insudiciamento ed appestamento delle acque con detrimento della pesca in generale. Ora invece, coi trasporti solleciti mediante piroscafi o velieri rimorchiati da piroscafi, tutto ciò viene evitato, e la distribuzione delle “mazzene” può avvenire regolarmente in adatti periodi: così che la pesca può effettuarsi senza quelle interruzioni a cui andava soggetta quando il crostaceo veniva trasportato con barche a vela. Fu per tal motivo soltanto che la pesca nella stagione estiva di quest’anno raggiunse una buona media, quantunque sia mancata del tutto quella che si pratica dal fondo nei mesi di aprile e maggio. Anche l’industria della confezione delle sardine all’olio n’ebbe grande vantaggio, in quanto che le fabbriche poterono impiegare quasi esclusivamente, per tale confezione, sardelle pescate coll’esca nei mesi dal giugno a tutto agosto, che sono le migliori, per cui anche il loro prodotto di quest’anno risultò, si può dire esclusivamente, di prima qualità. Per tutti questi vantaggi i céti interessati sono ben riconoscenti ad Esso i. r. Governo, che ha tutto il merito dell’iniziativa del nuovo sistema e dei mezzi concessi pella pratica attuazione del medesimo. Data così la spinta a far da sé ed a far meglio, emancipandosi dalle dipendenze di manopolisti sfruttatori, non v’ha dubbio che i pescatori si gioveranno dell’esperienza quest’anno fatta, per proseguire anche per l’avvenire, nel loro dimostrato interesse, collo stesso sistema d’approvigionamento dell’esca a mezzo di trasporti celeri per proprio conto. Un’ajuto da parte d’Esso i. r. Governo sarebbe raccomandabile ancora per l’anno venturo per colà dove finora non s’ebbero di tali trasporti celeri, concedendo all’epoca della pesca nel 1904 l’uso d’un Suo piroscafo pei trasporti delle “mazzene” da Venezia ai posti di pesca di Fasana, Pola e Promontore. E così pure la sottoscritta, avendo rilevato che qui presso il locale i. r. Capitanato di Porto esiste un deposito di sacchetti per “mazzene”, che ci vanzano all’impresa dei trasporti effettuati quest’anno col Suo piroscafo, ed avuto riflesso alla ben nota miseria dei pescatori qui in Luogo, si permette di pregare Esso i. r. Governo a voler rilasciare gratuitamente ai medesimi quel materiale, che sarebbe loro di grande ajuto per poter continuare nell’impresa iniziata dei trasporti celeri per proprio conto dell’esca pella pesca delle sardelle.

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Considerato l’interessamento addimostrato, specialmente in riguardo all’oggetto di cui qui è parola, da Essa i. r. Carica pella misera classe dei pescatori, questa Camera crede poter nutrire fiducia che anche le due or esposte domande saranno prese in Sua benevola considerazione e possibilmente esaudite. La Camera di Commercio e d’Industria dell’Istria. Il Presidente - G. Marantatta [?] Il Segretario - G. Volpi.

Prima pagina del rapporto N. 1936, compilato a Rovigno l’1 dicembre 1903, dalla “Camera di Commercio e d’Industria dell’Istria”, inerente l’esperimento del trasporto con il piroscafo invece delle barche a vela, dei gamberetti provenienti dal Veneto, per la pesca delle sardelle in Istria. (AST, Gov, b. 888, prot. 18931, a. 1903)

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Il Governo Marittimo in Trieste, dispose al suo interno di comunicare ad ambedue gli scriventi, quanto segue: I. Al sig. Giuliano Botterini i. r. Aggiunto di porto e sm Rovigno. r

Intesa l’esposizione del proprio referente sull’impresa governativa dei trasporti di esche da Venezia a Rovigno, da Lei diretta, nonché la riferta delle osservazioni da Lei fatte durante le traversate del golfo, in punto a migrazioni delle masse di sardelle, la Commissione centrale per la pesca marittima, accolse ad unanimità di voti, nella seduta del 8 gennaio corrente, la proposta, che Le siano esternati i ringraziamenti della Commissione per l’efficace opera Sua riflettente le osservazioni di cui sopra. II. Spett. Camera di Commercio Rovigno Ringraziando cod- pel giudizio molto lusinghiero sui risultati dell’impresa governativa riflettente i trasporti d’esche per sardelle mediante piroscafi da Venezia a Rovigno a favore dei pescatori di codesto circondario, mi pregio di partecipare che, nei limiti del possibile, mi farò premura d’incontrare i desideri espressi nella Nota 1 dicembre 1903, N. 1936. Trieste, 26 gennaio 1904 Lorini Non sappiamo da quando e perché i granchi d’esca non vennero più trasportati da Venezia tramite piroscafo, come sperimentato e decantato da tutti, a meno che questo servizio non comprendesse allora la città di Isola. Sta di fatto, che nel 1910, i granchi arrivavano in questa località con le barche a vela, come è possibile apprendere dai prossimi documenti10. Il primo, che proviene dall’Unione dei pescatori di Isola ed è firmato dal presidente Antonio Contesini, è affrancato con un bollo da una corona ed è annullato con il timbro bilingue (tedesco-italiano) dell’I. R. Governo Marittimo. Sul margine superiore sinistro, il testo è preceduto da una nota del deputato istriano al Parlamento viennese, Pietro Spadaro.

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La prima pagina della domanda dell’ “Unione dei pescatori d’Isola”, datata 12 giugno 1910, per poter caricare in alto mare i granchi veneti da usarsi come esca nella pesca delle sardelle. Essa è raccomandata e firmata da Pietro Spadaro, Deputato istriano al Consiglio dell’Impero. (AST, Gov, b. 908, prot. 14218, a. 1911)

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Raccomanda caldamente la presente Pietro Spadaro, Deputato al Consiglio dell’Impero. Eccelso i. r. Governo marittimo! La sottoscritta Unione dei pescatori d’Isola rivolge a codesta Inclita Carica le seguente preghiera: La petente si deve provvedere nei porti di Venezia e di Grado dei granchi (masinete), che poi vengono suddivisi tra i diversi pescatori locali per servirsene come esca per la pesca. Ora avviene di spesso che le barche nazionali adibite a tale trasporto, giungano, per mancanza di vento favorevole nel porto d’Isola con sensibile ritardo e ne consegue che i pescatori, per mancanza dell’esca devono rimanere più giorni inoperosi con grave loro danno economico. Giunte poi le barche con ritardo a Isola, i granchi sono in gran parte già morti, quindi inservibili e da qui novello danno per le spese incontrate e per mancanza di esca. Onde fuorviare tale inconveniente che arreca sì sensibili danni ai poveri pescatori, la firmata Unione crede che l’unico mezzo adatto sarebbe quello, che nei casi di ritardo per vento sfavorevole le barche peschereccie avessero da muovere incontro alle barche trasportanti l’esca a ricevere in alto mare il necessario fabbisogno d’esca per poter iniziare subito la pesca. La sottoscritta Unione insta pertanto, acchè le venga concessa tale facilitazione – permesso, cioè, del trasbordo in alto mare –, pronta a sottomettersi a tutte le disposizioni di legge. Trattandosi di una questione di vitale importanza non solo per i pescatori d’Isola ma anche per quelli di tutta la regione, la sottoscritta spera in una favorevole evasione ed in attesa d’un pronto riscontro, antecipa i più sentiti ringraziamenti. Isola 12. Giugno 1910 La Direzione dell’Unione dei pescatori Il presidente Antonio Contesini Nonostante l’importante firma dell’On. Spadaro, il Governo se la prese comoda, ed appena il 4 febbraio 1911, con il decreto N. 23140.10 , inviò la richiesta isolana al Capitanato di Trieste aggiungendo: verso sollecita riproduzione, per informativo rapporto e proposta. Il Capitanato, con il dattiloscritto N. 1626 dell’8 febbraio successivo, ripetè gli stessi ordini ricevuti dal Governo all’Agenzia di porto di Isola, allegando la richiesta dell’Unione dei pescatori della città. L’Agenzia isolana rispose il 20 febbraio 1911 con il rapporto N.112, manoscritto da un burocrate, che pensava soprattutto a non scomodarsi dal suo ufficio, e facendo uso di tanti “se”, come si vede di seguito.

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All’I. R. Capitanato di porto e s. m. in Trieste. In evasione all’incarico di codesta Autorità dd. 8 febbraio 1911 No 1626, la scrivente rapporta quanto segue: I pescatori d’Isola fanno provvista d’esca a Venezia e ogni mese, da maggio fino a tutto ottobre, da 10 a 12 barche si recano in Italia, da dove ritornano cariche di granchi. A parere della scrivente, appunto per tali barche si dovrebbero applicare con più severità le leggi ed ordinanze, sia perché i viaggi vengono intrapresi d’estate, sia perché trasportano una merce ch’è molto soggetta a deperimento. Se il trasloco dovesse aver luogo in alto mare senza previa ammissione a libera pratica, verrebbero con ciò frustrate le disposizioni dell’Ordinanza del Ministero del commercio dd. 14 marzo 1884, quelle contenute nel Capitolo VI §. 163 della “Raccolta delle leggi ed ordinanze concernenti il servizio della Sanità marittima” e quelle contenute nella circolare governativa dd. 19 agosto 1910 No 20761. Se l’impiegato poi dovesse recarsi a bordo delle barche, ciò cagionerebbe delle difficoltà non indifferenti, perché si dovrebbe abbandonare l’Ufficio per mezze e forse anche per delle giornate intere, cosa questa assolutamente impossibile specialmente in un porto come Isola, dove c’è da fare parecchio. In complesso se il trasbordo dovesse aver luogo molto lontano dalla costa, questo dovrebbe venir permesso senza alcun intervento ufficioso, circostanza questa che cozzerebbe contro (contro) le leggi e disposizioni vigenti; se invece il trasbordo avvenisse vicino alla costa, sarebbe assolutamente superfluo; poiché se i granchi sono morti, nulla c’è più da fare; se invece sono vivi, ci vorrebbe proprio la jettatura acchè avessero da morire proprio durante l’ultimo e minimo tratto del percorso per giungere in porto. Questo sarebbe il parere della scrivente la quale si rivolge alla preposta Autorità con la preghiera voglia disporre in merito come Le par meglio e dare alla scrivente delle direttive secondo le quali abbia da comportarsi di caso in caso. Bordon. Il Capitanato di Trieste inviò il documento al Governo Marittimo il 2 marzo 1911, con il rapporto N. 2193 dove scrisse che in relazione al decreto di data 4 febbraio 1911 Nro. 23140 / ex 1910 colla soggiunta che da parte dello scrivente nulla osta al trasbordo dei granchi in alto mare, sino a tanto che le condizioni di salute pubblica in Italia sono normali. Dovendosi però manifestare casi di malattie epidemiche nel vicino regno tale concessione dovrebbe per vista sanitaria venir tosto revocata. Il Governo, con il decreto N. 6385 del 31 marzo 1911, ordinò al Capitanato triestino che in relazione al rapp. 2 Marzo a. c. N o 2193, parteciperà alla Direzione dell’Unione dei pescatori ad Isola, in esito all’insinuato 12 Giugno 910 [erano trascorsi 9 mesi!], che il Governo Marittimo, concede di trasbordare in alto mare, i granchi per l’esca, durante la prossima stagione sardellare, alla condizione però di revocare il permesso, appena si manifestasse casi di malattie epidemiche nel vicino regno.

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Ma per la prossima stagione sardellare le cose si misero male, perché già l’1 giugno 1911 con il rapporto N. 6477, il Capitanato triestino scrisse al Governo Marittimo che Essendo a Venezia giunta notizia di vari giornali scoppiato qualche caso di colera questo Capitanato propone sia revocata la concessione accordata ai pescatori isolani col decreto 31 marzo 1911. Nro: 6385. Questa volta il Governo non attese nove mesi, e il 7 giugno 1911 riscrisse al mittente che In relazione al rapporto 1 m. c. N o 6477, parteciperà all’Unione dei pescatori di Isola a mezzo di quell’Agenzia portuale, che il Governo Marittimo, per precauzioni igieniche, trova di revocare il permesso accordato col decreto 31 marzo a. c. N o 6385, sul trasbordo di granchi per l’esca in alto mare.

Caratteristica battana isolana all’inizio del secolo scorso con la tipica vela raffigurante il marito che taglia la lingua alla moglie.

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III.

LA PRODUZIONE DELLE FABBRICHE ISOLANE

Non sono note le ragioni che indussero l’Agente portuale di Isola, Giacomo Vitez, a compilare il rapporto N. 17 del 10 febbraio 1904. Probabilmente gli venne ordinato dal Governo Marittimo per i soliti accertamenti ogni qualvolta gli isolani chiedevano qualche miglioria per il porto, per la pesca, o per qualsiasi altra ragione che comportasse una spesa o un investimento nelle strutture esistenti. Il documento, in ogni caso, ad oltre un secolo di distanza, fornisce importanti dati sulla produzione delle fabbriche isolane. La relazione rappresenta anche un importante strumento per valutare il raggiunto grado di sviluppo della cittadina nei diversi settori e, soprattutto, nella diversificazione della struttura sociale ed economica degli abitanti. È possibile constatare, per esempio, che gli operai impiegati nelle industrie conserviere isolane nel 1903 erano 126 e le operaie 302, per un totale di 428 dipendenti. Con il passare degli anni però, questo numero aumentò talmente, fino a raggiungere la cifra di circa 3000-3500 unità entro il 1940. Altrettanto importante e significativo il dato che dimostra la differenziazione in atto nei confronti delle donne, per cui le operaie impiegate per la confezione delle scatole di sardelle nel 1903 ricevevano metà della paga data agli operai. Un salario, tra l’altro, che era uguale in tutte e quattro le fabbriche11. Relazione circa l’operosità dei 4 stabilimenti industriali in Isola pro 1903 CONFEZIONE SARDELLE IN CONSERVE - USO NANTES I. Société generale Française de Conserves Alimentaires. Fabbrica in Isola, scatole confezionate nell’anno 1903, 242.100 pezzi. Nell’anno 1902, 372.520 pezzi. Nell’anno 1903 in meno 130.420 pezzi. Personale occupato: Operai N o 36, Operaje N o 98. Mercedi giornaliere: Operaio, 2 Cor. 40 cent. Operaje, 1 Cor. 20 cent. II. Ditta Carlo Warhanek.

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Fabbrica in Isola, scatole confezionate nell’anno 1903, 254.220 pezzi. Nell’anno 1902, 358.410 pezzi. Nell’anno 1903 in meno 104.190 pezzi. Personale occupato: Operai N o 24, Operaje N o 70. Mercedi giornaliere: Operaio, 2 Cor. 40 cent. Operaje, 1 Cor. 20 cent. III. Ditta Giovanni Degrassi. Fabbrica in Isola, scatole confezionate nell’anno 1903, 195.680 pezzi. Nell’anno 1902, 320.600 pezzi. Nell’anno 1903 in meno 124.920 pezzi. Personale occupato: Operai N o 14, Operaje N o 16. Mercede giornaliera: Operaio, 2 Cor. 40 cent. Operaie, 1 Cor. 20 cent. IV. Ditta Noerdlinger & Fratello. Fabbrica in Isola, scatole confezionate nell’anno 1903, 89.670 pezzi. Nell’anno 1902, 126.860 pezzi. Nell’anno 1903 in meno 37.190 pezzi. Personale occupato: Operai N o 10, Operaje N o 30. Mercedi giornaliere: Operaio, 2 Cor. 40 cent. Operaie, 1 Cor. 20 cent. E valore medio d’ogni scatola 80 centesimi, utile brutto d’ogni scatola, 46 centesimi. Di conseguenza rapresenta un valore brutto di: ad I. Société generale Française, 111.366 Corone, ad II. Ditta Carlo Warhanek, 116,941 Corone, ad III. Ditta Giovanni Degrassi, 90.013 Corone, ad IV. Ditta Noerdlinger & Fratello, 41.248 Corone. Assieme nell’anno 1903, 359.568 Corone. Assieme nell’anno 1902, 542.060 Corone. Conciò nell’anno 1903 in meno 182.492 Corone Spedizioni Austria-Ungheria, Russia, Rumenia, Turchia, Serbia, Bulgaria, Germania, Inghilterra, Italia, Grecia ed altri vari stati d’Europa. CONFEZIONE D’ANGUILLE MARINATE I. Société generale Française de conserves alimentaires.

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Importazione d’Anguille da Grado e Chioggia, Chilogrammi 58.300. Confezionati barili 1457 da ciò 40 Chilogrammi l’uno. Personale occupato: Operai N o 14, Operaje N o 20. Mercedi giornaliere: Operaio, 2 Cor. 40 cent. Operaje, 1 Cor. 20 cent. Nell’anno 1903 furono confezionati barili 1457. Nell’anno 1902 barili 9830 cioè nell’anno 1903 in meno barili 8373. Spedizioni Austria-Ungheria, Russia, Rumenia, Serbia, Italia, Francia ed altri stati d’Europa.

Il Porto di Isola in una cartolina spedita nel 1903. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

CONFEZIONE DI PRUGNE I. Ditta Carlo Warhanek. Prugne importate dalla Bosnia nell’anno 1903, 201.340 chgr. Nel 1902, 472.510 chgr. cioè nell’anno 1903 in meno 271.170 chgr.

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Personale occupato: Operai N o 10, Operaje N o 14. Mercedi giornaliere: Operaio, 2 Cor. 40 cent. Operaje, 1 Cor. 20 cent. II. Ditta Noerdlinger & Fratello. Prugne importate dalla Bosnia nell’anno 1903, 12.840 chgr. Nel 1902 20.500 chgr. cioè nell’anno 1903 in meno 7660 chgr. Personale occupato: Operai N o 4, Operaje N o 8. Mercedi giornaliere: Operaio, 2 Cor. 60 cent. [sono i più pagati] Operaie, 1 Cor. 20 cent. Spedizioni Austria-Ungheria, America, Spagna, Isole Britaniche, Indie, Germania, Inghilterra, Italia, Russia, Turchia, Rumenia. CONFEZIONE DI PISELLI CONSERVATI I. Société generale Française de Conserves alimentaires. Vasi confezionati nell’anno 1903, 157.000. Nell’anno 1902, 346.100, conciò nell’anno 1903 in meno 189.100. Personale occupato: Operai N o 6, Operaje, N o 20. Mercedi giornaliere: Operaio, 2 Cor. 40 cent. Operaie, 1 Cor. 20 cent. II. Ditta Giovanni Degrassi. Vasi confezionati nell’anno 1903, 206.200. Nell’anno 1902, 200.000, conciò nell’anno 1903 in più 6200. Personale occupato: Operai N o 8, Operaje N o 26. Mercedi giornaliere: Operaio, 2 Cor. 40 cent. Operaje, 1 Cor. 20 cent. Spedizioni Austria-Ungheria, Russia, Grecia, Rumenia, Francia, Turchia, Italia, Serbia e Germania. CONFEZIONE CONSERVE DI CARNE PER CONTO DELL’I. R. ARMATA AUSTRO-UNGARICA

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I. Société generale Française de conserves alimentaires. Nell’anno 1903 venero macellati 120 bovi, con i quali furono conservati 70.000 vasi di carne. Nell’anno 1903 venero macellati 120 bovi, nell’anno 1902 venero macellati 280 bovi, conciò nell’anno 1903 venero macellati 160 bovi in meno. I stabilimenti industriali confezionano le scattole, vasi, chiave per aprir le scattole e casse da sé, i quali godono per le scattole di latta e le chiave per aprir le scattole, esportate all’estero la restituzione del dazio dal sovrano erario, depositate per la latta e stanghette di ferro, destinato al commercio di perfezionamento rispettivamente trasformazione. LATTA IMPORTATA I. Société generale Française de conserves alimentaires. Importazione dall’estero nell’anno 1903, 91.129 chgr. Dall’interno 60.450 chgr. Assieme nell’anno 1903, 151.579 chgr. Nell’anno 1902, 136.121 chgr., conciò nell’anno 1903 in più 15.458 chgr. II. Ditta Carlo Warhanek. Importazione dall’estero nell’anno 1903, 95.564 chgr. Dall’interno 42.542 chgr. Assieme nell’anno 1903 138.106 chgr. Nell’anno 1902, 184.411 chgr., conciò nell’anno 1903 in meno 46.305 chgr. III. Ditta Giovanni Degrassi. Importazione dall’estero nell’anno 1903, 7570 chgr. Dall’interno 19.360 chgr. Somma 26.930 chgr. Nell’anno 1902, 31.752 chgr., conciò nell’anno 1903 in meno 4822 chgr. IV. Ditta Noerdlinger & Fratello. Importazione dall’estero nell’anno 1903, 2786 chgr. Dall’interno 15.150 chgr. Assieme nell’anno 1903 17.936 chgr. Nell’anno 1902, 7857 chgr., cioè nell’anno 1903 in più 10.079 chgr.

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ESPORTAZIONE ALL’ESTERO VERSO RESTITUZIONE DEL DAZIO I. Société generale Française de conserves alimentaires. Latta esportata, chilogrammi 51.743. II. Ditta Carlo Warhanek. Latta esportata, chilogrammi 42.183. III. Ditta Giovanni Degrassi. Latta esportata, chilogrammi 2720. IV. Ditta Noerdlinger & Fratello. Latta esportata, chilogrammi 715. Importazione delle stanghette di ferro, come ferro in filo, della grossezza di 1.5 m.m. e più, per produzione chiavi, per aprir scattole con pesce conservato. STANGHETTE DI FERRO IMPORTATE DALL’ESTERO. I. Société generale Française de conserves alimentaires. Importazione dall’estero nell’anno 1903, 12.528 chgr. Nell’anno 1902, - -, conciò nell’anno 1903 in più 12.528 chgr. II. Ditta Carlo Warhanek. Importazione dall’estero nell’anno 1903, 10.700 chgr. Nell’anno 1902 - -, conciò nell’anno 1903 in più 10.700 chgr. ESPORTAZIONE DELLE STANGHETTE IN FORMA DI CHIAVE PER APRIR SCATTOLE CON PESCE CONSERVATO, VERSO RESTITUZIONE DEL DAZIO. I. Société generale Française de conserves alimentaires. Esportazione all’estero nell’anno 1903, 6423 chgr. Nell’anno 1902, -, cioè nell’anno 1903 in più 6423 chgr. II. Ditta Carlo Warhanek. Esportazione all’estero nell’anno 1903, 7180 chgr. Nell’anno 1902 - -, cioè nell’anno 1903 in più 7180 chgr. IMPORTAZIONE DI ALTRI ARTICOLI a). Olio d’Oliva nazionale 224.041 chgr. b). Olio d’Oliva estero 178.303 chgr. c). Piombo greggio nazionale 31.832 chgr. d). Stagno greggio nazionale 20.492 chgr. e). Filo di ferro per le chiave delle scattole nazionali 11.269 chgr. f). Macchine nazionali 1183 chgr. g). Prodotti e fabbricati chimici non specialmente nominati, nazionali 9310 chgr. h). Merci di metallo comuni nazionali 871 chgr. i). Merci di ferro e di acciaio 66.097 chgr. J). Vetrami d’ogni sorta 5562 chgr. k). Merci di legno ordinarissime 138.477 chgr. l). Carbone fossile 261.000 chgr. Dall’i. r. Agenzia di porto e s. m. Isola, li 10 Febbraio 1904 Vitez

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IV. CENTO ANNI FA I “PIRATI” ISOLANI “SCORAZZAVANO” NELLE ACQUE DI PIRANO

Sembra non sia trascorso ormai più di un secolo dalle ultime baruffe per la pesca nel vallone di Pirano. Anzi, pur non trattandosi più delle solite litigate tra i pescatori di due cittadine limitrofe, gli scontri sembrano essersi negli ultimi anni oltremodo accentuati vedendo coinvolti, dalla fine degli anni ‘90 del secolo scorso, addirittura le diplomazie di Slovenia e Croazia, entrambe pretendendo di essere le legittime proprietarie dello specchio di mare tra Pirano e Salvore, con relativo diritto esclusivo di pesca. Forse, una soluzione si sta intravvedendo dopo che i due governi, saggiamente consigliati dalla diplomazia europea, vista l’incapacità di arrivare ad un qualsiasi accordo, di mettere il tutto nelle mani di un arbitrato internazionale. Ai tempi delle schermaglie tra i pescatori di Isola e Pirano, sempre causa l’accusa di frequentare specchi d’acqua appartenenti all’altro, la soluzione dei problemi sembrava, almeno apparentemente, più semplice: in fondo bastava far ricorso alle competenti autorità dell’i.r. Governo Marittimo con sede a Trieste. Non è mai corso buon sangue tra gli isolani e i piranesi fin dai tempi del Canòn de fighèra, quando gli uni o gli altri, a seconda di chi racconta la leggenda, tentarono di bombardare dal mare la città avversaria. Tra i vari motivi che alimentavano questa antica discordia, oltre ai problemi di proprietà e di confini territoriali, al divieto di matrimoni misti, vi era sicuramente anche il fatto che i primi volevano a tutti i costi pescare nelle acque dei secondi. Di quest’ultimo argomento abbiamo diverse testimonianze scritte che non hanno niente a che fare con le leggende, ma con la realtà di quegli anni, testimonianze che a volte, viste con gli occhi del giorno d’oggi, potrebbero sembrare anche comiche. Il primo documento su questi fatti è datato Pirano 4 settembre 1905. Porta sul margine superiore sinistro un timbro ovale-orizzontale, con al centro il solito stemma asburgico ed in circonferenza I. R. DEPUTAZIONE DI PORTO E S. M. PIRANO, e sotto di esso il numero di protocollo 666 12. I. R. Governo Marittimo! Il Comune radunati il giorno 2 corrente i pescatori locali, per esternarsi in merito alla concessione d’accordare ai pescatori d’Isola la pesca delle sardelle in questo vallone, unanimi i pescatori di qui insistettero col dichiarare di non poter a nessun patto tollerare l’ammissione dei pescatori d’Isola alla pesca delle sardelle in questo vallone, tanto più perché essi stessi stanno ancora attendendo a loro dire, la venuta delle sardelle e poter così procurare alle bersagliate famiglie quel pane

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che purtroppo in quest’anno fino ad ora venne a mancare. Ciocchè si ha l’onore di partecipare in seguito alla Nota 3 corrente N° 3018 del locale Municipio ed in esito al telegramma 1° corrente di Codest’I. R. Governo. L’i. r. Deputato - [firma illegibile]. Nonostante l’esemplare rispondenza della burocrazia austriaca in particolare quando si trattava di denunce per trasgressioni nei confronti di regole stabilite, la risposta si fece attendere alquanto, tanto che il 23 maggio del 1906 il podestà di Pirano ritenne opportuno inviare un sollecito al Governo Marittimo con il telegramma N. 197. Il 28 dello stesso mese, la Deputazione portuale di Pirano spedì il rapporto N. 453 al Capitanato di Trieste, il quale - come da consuetudine - lo inviò al Governo con il rapporto N. 3901 del 30 maggio 1906, e quest’ultimo - infine - dava le dovute disposizioni in data 11 luglio13. Governo Marittimo Barche isola come solito invadono nostro vallone impedendo con prepotenza movimento 34 nostre barche pesca sardelle preghiamo prontissimo riparo scanso disordini Fragiacomo Podestà.

Il telegramma del Podestà Fragiacomo di Pirano, con il quale il 23 maggio 1906, chiese l’intervento del Governo Marittimo in quelle acque, per allontanare i pescatori isolani. (AST, Gov, b. 893, prot. 9351, a. 1906)

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Questo era il contenuto del telegramma, vediamo ora il rapporto N. 453 della deputazione di Pirano. I. R. Capitanato di porto! Nella notte del 22 al 23 corrente fece comparsa una grande quantità di sardelle entro questo Vallone ed infatti durante la notte predetta vennero prese circa 200.000 sardelle. Alcuni pescatori d’Isola venuti a conoscenza di ciò, senza perdere un’istante si slanciarono in questo Vallone per esercitare la pesca. Inteso il lamento dai pescatori locali, venne incaricato il proprio pilota-guardia da pesca Antonio Rocco (assumendo un ausiliario in sua assistenza) di prestarsi energicamente affinchè i pescatori Isolani si allontanassero dal Vallone; infatti si riuscì allo scopo, dopo aver colto in contravvenzione sette barche da pesca per le quali sono ora in corso le relative procedure. Con questi sommessi cenni, si ha l’onore di porgere riscontro al Decreto 26 corrente N° 3803 del quale si reverte l’allegato. Contemporaneamente si unisce la quietanza per Corone sei dovute al marinaio ausiliario Cristoforo Zangrando per le Superiori disposizioni di liquidazione ed assegno di pagamento. L’i. r. Deputato p. s. Crar [?]. Il Capitanato di Trieste, nel suo rapporto N. 3901, inviato al Governo Marittimo aggiungeva tra l’altro che: per Superiore notizia e per la disposizione di liquidazione e pagamento dell’importo occorso per l’impiego di un marinaio ausiliario in assistenza di quell’i. r. pilota guardia pesca. L’11 luglio 1906, il Governo dava disposizioni alla Deputazione piranese, con il decreto N. 9351, di assegnare Corone 6 a rimborso di spesa verso quietanza d’Ufficio. Nel frattempo, anche il Podestà isolano Francesco Vascotto e un gruppo di pescatori di Isola si diedero da fare inviando la propria versione dei fatti. Sul margine destro superiore di quello del Podestà, vi è impresso un timbro lineare su tre righe, che è compilato in penna come segue: MUNICIPIO DI ISOLA / Pres: 25. 5 1906 / N° 867 . Anche in questo caso la risposta del Governo marittimo si fece attendere non poco, tanto che la risposta, tramite il Capitanato, venne presentata appena il 10 ottobre successivo con il decreto N. 874814. S’inoltra all’I. R. Governo Marittimo Trieste osservando che le asserzioni dei petenti sono vere e degne di venir prese in seria considerazione ed essendo da qualche tempo le condizioni dei pescatori Isolani

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miserissime, senza un intervento in loro favore, andrebbero certamente in totale rovina. Isola 25 Maggio 1906 - Il Podestà F. Vascotto. All’Eccelso I. R. Governo Marittimo Trieste Gli umilissimi sottofirmati [alcuni con la croce] pescatori d’Isola, visto l’ognor crescente sviluppo dell’industria della fabbricazione delle Sardine da parte delle fabbriche di qui, le quali in un modo o nell’altro col gettare nell’acqua i rifiuti di fabbrica guastano la medesima, visto pure il ristrettissimo golfo di cui possono disporre per la pesca, sono oggidì ridotti all’inerzia di lavoro e si vedono rovinati, se una provvida mano non viene in loro ajuto. Considerando poi che la vicina Pirano possiede una grandissima Valle immune di acque cattive e considerando pure il numero molto minore di pescatori a Pirano in proporzione a quelli d’Isola, gli umili sottofirmati si rivolgono fiduciosi a codesto Eccelso Governo onde compiacentemente volesse venir loro incontro in via d’urgenza, decretando alle Autorità portuali di Pirano di permettere alle barche d’Isola di pescare anche nella Valle di Pirano. Certi d’ottenere tale grazia, che sarebbe per loro una salvezza nelle miserissime condizioni in cui si trovano, antecipano i dovuti sentiti ringraziamenti. Isola 25 Maggio 1906 Devotissimi Nicolò Benvenutti, Tognon Benedetto, Benvenutti Giovanni carol, Degrassi Santo, Carboncich Giuseppe, Benvenutti Simeon pardo, Antonio Benvenutti, Roberto Benvenuto, Girolimo Lorenzutti, + Nicolò Degrassi tratta, + Degrassi Nicolò detto Calfa, Domenico Bressan, Marchesan Antonio, Contesini Antonio, Nicolò Degrassi, Degrassi Pietro detto turcho, Ulcigrai Francesco, Giovachino Ulcigrai, + Ferdinando Salvagno, + Degrassi Bortolo, Costanzo Tomaso. Il Governo Marittimo, con il decreto N. 8748, scrisse al Capitanato di porto in Trieste dando le disposizioni che seguono. All’i. r. Capitanato di porto Trieste S’invita cod. - di partecipare al Municipio d’Isola, in esito alla nota 25/5 a. c. N. 867, qui direttamente prodotta, che accompagnava un’istanza di pescatori isolani per essere ammessi alla pesca delle sardelle nel vallone di Pirano, che il Gov. mar. nell’ord. min. 5/12 84 sulla pesca marittima non trova base per decretare d’ufficio tale ammissione, che perciò questa sarà possibile soltanto a patto che vi annuisca l’interessato Comune di Pirano, col quale l’instante dovrebbe entrare fin d’ora in trattative per la campagna dell’anno venturo, offrendo magari il pagamento di una tassa per un determinato numero di barche isolane. Il Gov. mar. è pronto di favorire un tale componimento. Tr. 10/X 06 - Lorini

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La storia continuò con il manoscritto N. 508, della Deputazione portuale di Pirano, inviato al Capitanato di porto in Trieste il 9 giugno 1906, il quale lo passò al Governo Marittimo con il rapporto N. 4215 del 12 giugno15. I. R. Capitanato di porto! Per le superiori disposizioni di liquidazione e pagamento si ha l’onore di rassegnare l’acclusa quietanza [non trovata] dell’ausiliario Giorgio Fonda fu Antonio, assunto in servizio in assistenza dell’i. r. pilota-guardia da pesca Ant.o Rocco per sopprimere contravvenzioni di pesca, avvertendo che oltre l’ausiliario prestava servizio qualcuno dei propri piloti. Siccome però quasi tutte le barche da pesca d’Isola volevano riversarsi nel Vallone, si riuscì a porre riparo col mezzo del piroscafo “Ritter von Bilinski” il Comandante del quale i. r. Commissario Superiore Signor Gustavo Horb [?] in seguito a richiesta fatta, prese a bordo il proprio pilota- guardia da pesca A. Rocco la mattina del giorno 8 corrente fermando così nella perlustrazione 8 barche d’Isola, mentre il rimanente della flotta pescareccia Isolana si sparpagliò al largo e fuggì. Arrivato qui alle ore 8. p. m. il piroscafo erariale “Audax” nella perlustrazione notturna vennero colte in contravvenzione 9 barche da pesca e le altre messe in fuga si perdettero al largo. L’“Audax” ripartì per Trieste questa mane alle ore 7 a. m. Ciocchè si ha l’onore di portare a Superiore conoscenza col cenno che per ora tutto è tranquillo e che negli ultimi giorni vennero colte in contravvenzione 40 barche pescareccie delle quali 4 d’Umago e 36 da Isola. L’i. r. Deputato p. s. Crar [?].

Nella cartolina edita da Giuseppe Stokel & Debarba di Trieste, si vedono alcuni pescatori isolani impegnati con le loro reti. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

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Si arrivò addirittua al 1908 senza che il problema dei pescatori abusivi isolani fosse risolto per cui il Podestà di Pirano, il Comitato dei pescatori, e la Banca di Pirano si rivolsero nuovamente al Governo Marittimo in Trieste affichè venisse finalmente trovata una situazione al contenzioso in corso sulle loro acque e sulla Peschiera comunale. Chiedevano che il pilota-guardia pesca risiedesse a Pirano anziché a Capodistria, per poter meglio così controllare le frodi di cui erano colpevoli i pescatori di Isola. Anche in questo caso, alla richiesta dei piranesi il Governo marittimo diede con notevole ritardo le relative disposizioni al Capitanato di Trieste16. Si prosegue all’Eccelso i. r. Governo Marittimo di Trieste raccomandando caldamente la presente istanza alla quale il Comune si deve associare a nome e nell’interesse di tutta la classe dei pescatori locali. Dal Municipio di Pirano li 17 Giugno 1908 - Il Podestà C. Venturi [?]. All’Eccelso Governo Marittimo in Trieste col tramite dello Spettabile Ufficio Municipale di Pirano Istanza di Domenico Giraldi, Angelo Bullo, Domenico Bullo, e Giovanni Dolce, componenti il comitato dei pescatori di Pirano e della Banca di Pirano arrendatrice della Peschiera Comunale di Pirano con cui chiedono sia ristabilito l’i. r. guardiano di pesca colla residenza stabile a Pirano. Eccelso I. R. Governo! Dacchè vennero istituiti i posti di alcuni ii. rr. piloti-guardiani di pesca, uno dei detti piloti-guardiani aveva fino a pochi mesi fa la sua residenza a Pirano ed ora per circostanze del tutto sconosciute esso venne trasferito colla sede a Capodistria. Avendo il detto i. r. pilota, guardiano di pesca la sede a Capodistria, egli non può, prima per la distanza, e poi per mancanza di comunicazioni dirette, e di sollecito mezzo di trasporto, esercitare la dovuta sorveglianza nelle acque di Pirano, le quali e specialmente la parte della valle (Peschiera Comunale) tenuta in arrenda dalla Banca di Pirano, e l’altra parte della valle stessa riservata ai soli pescatori comunisti [pescatori del Comune] abbisognano più che altro luogo di essere giornalmente perlustrate e ciò per le seguenti circostanze: 1. Che alcuni dilettanti pescatori di frodo a scopo di lucro si permettono di esercitare, ed esercitano su vasta scala, e di pieno giorno, la pesca colla dinamite, tanto fuori che entro i confini della Peschiera, rilevandosi che tale abusivo esercizio di pesca riesce ora assai facile per la circostanza che lo scoppio della dinamite ad uso di pesca non può venire controllato ad una certa distanza pel fatto che in varie ore del giorno scoppiano anche di frequente le mine-dinamite, nella Cava di Canegra in prossimità della Peschiera Comunale.

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2. Che i pescatori a bragozzo – tartana – cioè tanto quelli locali, che di altri luoghi, approfittando del tempo e di altre circostanze si spingono coi loro bragozzi a pescare abusivamente colla rete a strascico “Tartana” entro i confini della Peschiera Comunale, dove precisamente la pesca con queste reti è severamente proibita anche agli arrendatori della Peschiera stessa. 3. Che alcuni pescatori locali, ed anche d’Isola e di altri luoghi ancora, ad onta del divieto si permettono in questa stagione di pescare colla rete “melaida” che nella Valle è severamente proibita, e 4. che alcuni pescatori della città di Isola, e di altri luoghi, si permettono, ad onta del divieto, di esercitare abusivamente la pesca delle sardelle, con reti “sardelleri” nella parte della valle riservata ai soli comunisti. Con tali sistemi di pesca abusivamente esercitata dai non aventi diritto, ne derivano dei gravi ed incalcolabili danni non solo ai pescatori locali – comunisti, ma anche all’arrenda della Peschiera Comunale e suoi pescatori cointeressati. Ad impedire quindi un tale stato di cose, si rende indispensabile che qui a Pirano abbia ad avere stabile residenza, come per lo passato, un i. r. pilota guardiano di pesca, onde sorvegliare giornalmente tanto le acque spettanti ai comunisti, quanto quelle arrendate dal Comune di Pirano, la cui arrenda abbenchè disponga di un proprio sorvegliante, questo per mancanza di poteri, non è in grado di esercitare quella autorità di cui è investito un i. r. pilota-guardiano. Egli è perciò che i sottoscritti si presentano a Codesto Eccelso I. R. Governo marittimo colla preghiera che in vista delle premesse circostanze si compiaccia in via di urgenza ristabilire l’i. r. pilota-guardiano di pesca colla residenza stabile in Pirano. Pirano 16 giugno 1908. Domenico Giraldi, + croce di Giovanni Dolce, Angelo Bullo, Domenico Bullo, BANCA DI PIRANO, Dr Bubba [ed un’altra firma]. Il Governo scrisse al Capitanato di Porto in Trieste appena il 2 agosto 1909 ordinando ad esso che Parteciperà a Domenico Giraldi e Ci da Pirano, in esito al loro insinuato 16/6 08, che non può per ora essere accordato il chiesto trasferimento della guardia di pesca da Capodistria a Pirano, perché gl’interessi del servizio richiedono che la guardia stazioni nel centro della zona affidata alla sua sorveglianza. Tra una denuncia ed una controdenuncia tra i pescatori isolani e piranesi, si arrivò al 1912 e i “pirati” isolani non sembravano avere intenzioni di recedere al loro comportamento, anzi, non si limitarono più soltanto a pescare abusivamente nel territorio di Pirano, ma arrivarono anche a minacciare direttamente i pescatori locali. La Deputazione portuale piranese riscrisse al Capitanato di Trieste con il manoscritto N. 1345 datato Pirano, 28 ottobre 1912, che aveva come oggetto: Abusiva pesca di isolani in Valle di Strugnano. A questo documento seguono quelli del Capitanato e del Governo Marittimo, ambedue di Trieste17.

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All’ I. R. Capitanato di porto e S. M. in Trieste In relazione all’odierno telegramma, si fa dovere di portare a Superiore conoscenza, che delle 23 procedure pertrattate durante il mese corrente da questa Deputazione portuale, ben 15 di queste denunciate dal pilota di pesca Penco, vennero commesse da pescatori Isolani, i quali con prepotenza e a minacie contro i locali pescatori si portano nella Valle di Strugnano ad esercitare abusivamente la pesca dei sardoni con le reti Manaidi. A nulla valgono le proteste dei pescatori Comunisti ne le ammonizioni e denunzie del sudetto pilota per frenare i pescatori Isolani che sono prepotenti, fra i quali uno, avendo offeso il pilota Penco nell’adempimento delle sue mansioni venne deferito al locale i. r. Giudizio Distrettuale per l’ulteriore procedura. Quando ieri essendo venuto a conoscenza di questo ufficio che ancor questa sera potrebbero scoppiare dei gravi disordini fra i suddetti pescatori, questo Dirigente, dopo aver avertito la locale Gendarmeria fece spiccare il telegramma succitato per l’invio a questa parte del pfo [piroscafo] Audax che approdava qui ieri alle ore 7.10 p. m. Stante l’ora tarda e non essendo comparsi gli Isolani, questo Dirigente disponeva che l’“Audax” perlustrando la costa si porti a Isola, ove dopo imbarcato il pilota guardia di pesca Penco, questa mattina all’alba perlustrò la Valle di Strugnano, e così si fece anca un’altra perlustrazione con a bordo questo dirigente senza però incontrarre i contravventori i quali appena avvistato l’Audax si allontanarono, non pertanto si lasciò in vedetta a Strugnano il pilota Penco. Dopo di che alle 8 am prendendo a rimorchio il pontone battipali ed il gruppo di pali qui esistenti l’ “Audax” ripartiva per Trieste. Per ovviare in parte siffatto stato di cose, che talvolta potrebbero avere funeste conseguenze, si permette la scrivente di proporre affinchè codest’i. r. Capitanato di porto, voglia disporre che uno dei piroscafi erariali dopo aver preso a bordo il pilota guardia di pesca Penco, almeno un giorno per settimana, percorra in perlustrazione di pesca, le acque di questo sottocircondario, dappoichè il pilota da solo non è al caso d’imporsi a si prepotenti contravventori. Il Dirigente: U. Mariglia [?] Il Capitanato di porto in Trieste, inviò questo documento al Governo Marittimo il 29 ottobre 1912, assieme al suo dattiloscritto N. 14678 aggiungendo quanto segue: Proseguo all’I. R. Governo – Marittimo Trieste colla partecipazione, che domenica verso le ore 3 pom. pervenne allo scrivente dall’i. r. Deputazione di porto in Pirano un telegramma del seguente tenore: Voglia disporre stasera Audax con piloti pesca portarsi acque Strugnano per impedire disordini fra pescatori locali contravventori isolani – Hafendeputation. Lo scrivente come emerge dal rapporto dell’i. r. Deputazione di porto in Pirano dispose, sebbene giorno di domenica, in cui l’ ”Audax” è necessario nel porto di Trieste per tutte quelle eventualità che possono succedere, che il piroscafo “Audax” parta alla volta di Pirano, onde mettersi a disposizione di quell’Ufficio

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portuale, allo scopo di reprimere le continue contravvenzioni, che in quelle acque vengono commesse. Come consta a codesto i. r. Governo marittimo il piroscafo “Audax” è quasi giornalmente occupato ora con uno ora con un altro lavoro e la sua presenza in porto durante la notte è necessaria specialmente in caso d’incendi a bordo dei bastimenti qui ormeggiati, per cui a malincuore lo scrivente adibisce l’ “Audax” a servizi, che si prolungano anche durante la notte. Secondo il parere di questo Capitanato il servizio di sorveglianza della pesca marittima potrebbe venir disimpegnato dalla pirocisterna, il cui disarmo venne ordinato col governativo decreto di data 10 ottobre 1912 Nro. 24752, che però non ebbe ancor luogo, con riguardo al fatto, che giornalmente anche essa viene adoperata per il trasporto di oggetti e per altri servizi. Ciò premesso prego codest’i. r. Governo marittimo di voler revocare il decreto di data 10 ottobre 1912 Nro. 24752 e di autorizzare lo scrivente di poter adoperare la pirocisterna, compatibilmente al servizio suo proprio, per il servizio di sorveglianza dela pesca marittima. L’i. r. Ispettore marittimo in Capo e dirigente [firma illegibile]. Il Governo gli rispose il 10 novembre 1912 dicendo tra l’altro che, lo scrivente non è in grado di accogliere la proposta tendente ad adibire la pirocisterna alla sorveglianza della pesca e ciò per mancanza di fondi a tall’uopo disponibili. Aggiunse anche, che si poteva ovviare alla sorveglianza della pesca entro i limiti del possibile anche coi mezzi e col personale non esclusivamente destinato a quel servizio. Resta perciò in vigore l’ordine impartito a cod – col gov. decreto 10 ottobre N° 24752 circa il prossimo disarmo della pirocisterna.

Parziale veduta del mandracchio isolano nei primi anni del ‘900. Sullo sfondo la pescheria e lo squero.

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V.

SUSSIDI AI PESCATORI

I pescatori di tutta la costa dell’Adriatico austro-ungarico che, come detto, andava da Grado alle Bocche di Cattaro, avevano la possibilità di chiedere dei sussidi governativi dopo aver subito un furto o qualche danno alle loro reti e alle loro barche, ma anche per malattie a causa delle quali il pescatore non poteva dedicarsi al suo mestiere, e quant’altro. Il Governo Marittimo in Trieste, a seconda dei casi, negava o concedeva il sussidio che, comunque, non copriva mai l’importo necessario per l’acquisto delle reti o per la sopravvivenza in caso di malattia. Per quanto riguardano le richieste degli isolani, all’Archivio di Stato di Trieste ne sono conservate parecchie, come parecchie sono quelle delle altre località pescherecce. Quasi sempre sono compilate da terzi, visto che in una grossa percentuale i pescatori nostrani sapevano a malapena firmarsi o erano del tutto analfabeti, e ciò si riscontra dalla calligrafia del firmatario e da quella del compilatore. Ne sono state scelte alcune più significative, tra cui anche una presentata in seguito al morso di un pescecane ed una per il danno causato dalle mucillagini. Quest’ultima è corredata da ben 32 testimonianze, molte delle quali segnate con una croce. Analoga richiesta era stata presentata anche dai pescatori di Monfalcone, che presentiamo assieme alla decisione del Governo18. All’Eccelso I. R. Governo Marittimo in Trieste Ossequiosa ed urgente Supplica degli entro firmati pescatori d’Isola per conseguimento di grazioso sussidio pei danni toccati ed entro esposti. Eccelso I. R. Governo Marittimo! I sottofirmati poveri pescatori pregano Codest’Eccelso I. R. Governo a voler prendere in benigna considerazione la presente caldissima domanda. Già da qualche anno, ad onta dei più eroici sforzi e durissime privazioni i sottoscritti vedono deluse le loro speranze nelle scarse pescagioni delle sardelle, ciò che continua pur troppo fino al presente. Presentandosi quest’anno un po favorevole la pesca dei sardoni, speravano alcunchè su questa, per cui smesse addirittura le reti delle sardelle, vi si dedicarono con tutti i possibili sacrifici di spesca e fatica.

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Ma ecco presentarsi nuova calamità – il mare ammalato – che coll’acque vischiose e degenerate perdurando per più settimane in poco tempo ridusse marcite e corrose tutte le reti, rendendole inservibili, aumentando così i loro pesi e loro sofferenze. Gettati da tale stato di cose nella più squallida miseria fidenti sulla proverbiale bontà e celebrato interessamento di Codest’Eccelso I. R. Governo, inalzano calda preghiera di un qualche grazioso sussidio, che valga almeno in parte a lenire i loro patimenti. Certi dell’ottenimento della grazia implorata, dal fondo del loro cuore antecipano le più sentite grazie. Isola 3 Ottobre 1905 Seguono le firme: Benvenutti Simeone fu Ant, + Croce di Costanzo Tomaso fu Andrea, + Croce di Degrassi Bortolo fu Antonio, Degrassi Rafaelo fu Antonio, Bressan Domenico, Lorenzutti Anttonio di Giovani, Troian Angelo, Miloch Luigi, Degrassi Bortolo fu Antonio, Costanzo Domenico, + Degrassi Marco fu Pietro, Antonio Marchesan, Ragau Pietro fu Antonio, + Giusepe Viezzoli, + Di Benvenutti Sebastiano fu Antonio, + Di Degrassi Pietro detto turcho, + Crocce di Marco Degrassi Di Ottaviano, + Ulcigrai Giovani di Domenico, Degrassi Mauro Di Marco, + Crocce di Benvenutti Giovani di Giacomo, Contesini Antonio, Ulcigrai Giovachino, + di Gruber Carlo, Bacci Giusepe, Antonio Degrassi, Benvenutti Nicolo, Pietro Degrassi fu Pietro, Antonio Benvenutti Di Simeone, + Bressan Francesco fu Francesco, Nicolo Degrassi, Nicolo Degrassi deto Calfa, + di Giacomo Degrassi fritola. Lo scrivente conferma pienamente il contenuto della retro domanda prodotta da questi pescatori, essendo veritiera e degna di esser presa in seria considerazione. Isola 3 Ottobre 1905 Il Podestà - F. Vascotto. Dalla scivente si conferma che la entro specificata preghiera è pienamente veritevole, visto dalla prenotazione tenutasi presso quest’Ufficio per le reti danneggiate. Isola li 3 Ottobre 1905. Dall’i. r. Agenzia di porto e Sanità marittima - Agente p. s. Vitez.

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I firmatari della richiesta del 3 ottobre 1905, per ottenere un sussidio causa il fenomeno delle mucillagini che aveva rovinato le loro reti. (AST, Gov, b. 892, prot. 16266, a. 1905)

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Anche i pescatori di Monfalcone come detto, fecero una simile richiesta di sussidio per le reti, il 10 settembre 1905, perché da due mesi e forse più le acque del mare presentano uno strano fenomeno che tutt’ora perdura ed è che si trovano impregnate di una materia viscida e pesante […] le reti appena vengono calate in acqua si imbrattano di quella materia. Il Governo segnò sulla documentazione: Non potendosi accogliere istanze cumulative per sussidi prodotte da gruppi tanto numerosi di pescatori – passino gli esibiti ad Acta. Trieste, 9 gennajo 1906. Un’altra richiesta di sussidio partì da Isola il 20 maggio 1906, con carta bollata da una Corona come la precedente, alla quale fece seguito il parere del Capitanato di Trieste e l’assegnazione dell’importo da parte del Governo Marittimo. Segnaliamo che alcune date non corrispondono alla sequenza degli scritti e degli avvenimenti: così la richiesta del Degrassi è stata segnata con il 20 maggio, mentre il visto dell’Agenzia di Isola risale - secondo il documento - al 19 maggio; il decreto governativo N. 8719 con il quale si esigono informazioni sul richiedente è stata datato 9 maggio, quindi addirittura dieci giorni prima dell’inizio della procedura. È probabile, pertanto, che i compilatori abbiano segnato i documenti con delle date sbagliate, oppure che il Degrassi avesse rivolto una richiesta del genere già in precedenza, ma che l’incartamento sia andato smarrito19. Eccelso I. R. Ispettore della pesca e pesci coltura di mare in Trieste L’umile sottoscritto prega codest’i. r. carica di voler Essa appoggiare la sua seguente preghiera: Il sottofirmato si ritrovava li 11 maggio 1906 alla pesca delle sardelle col proprio battello segnato col No 602 cole retti denominate menaide, e precisamente causa una tenuta a fondo del mare perdete ben 3 pezzi di sopra nominate retti, d’un complesivo valore di corone 300 / trecento /. Si come il firmato e socio della detta pesca già da molti anni è non ha mai ricevuto alqun minimo sussidio, prega Codest i. r. Carica la grazia di promoverlo ha un picolo sussidio per il danno soferto, fiducioso d’una favorevole evasione antecipa le sue piu sentite grazie e si firma Isola li 20 Maggio 1906

Degrassi Marco fù Marco.

Visto e si conferma dell i r Agenzia di porto e s m Isola li 19 maggio 1906 Krismani

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Il 15 giugno 1906, con lettera protocollata N. 4304, il Capitanato di Trieste scrisse al Governo quanto segue. All’i. r. Governo marittimo in Trieste. Colla riproduzione del comunicato abbassato col decreto 9 maggio 1906 No. 8719, mi pregio di partecipare ad Esso i. r. Governo marittimo, che giusta informazioni ritirate dall’i. r. Agenzia p. s. in Isola, il pescatore Marco Degrassi fu Marco, possiede bensì una piccola sostanza, però coi meschini redditi della stessa non potrebbe in nessun caso far fronte al grave danno derivatogli dalla perdita delle sue reti. Si è perciò che lo scrivente trova di raccomandare il petente affinchè gli sia assegnato un sussidio corrispondente almeno alla metà del soffero danno. [firma illegibile]. Il Governo Marittimo in data 8 ottobre 1906 dispose di assegnare al pescatore Marco Degrassi fu Marco da Isola Cor. 100 a titolo di sussidio per indennizzare in parte la perdita di reti da lui subita. Altra richiesta di sussidio nel 1908, manoscritta e bollata con una Corona, per la quale però non abbiamo trovato alcun riscontro di pagamento. Il povero compilatore si arrangiava appena a scrivere, ma il suo documento è valido se non altro per tramandarci i nomi dei pescatori isolani di quell’epoca. Si interessò al caso il Capitanato triestino e l’Agenzia portuale isolana20. All’eccelso I. R. Governo Marittimo in Trieste Suplica di Giovanni Lanza fù Giovanni per esser stato danneggiato in alto mare pertinente e dimorante in Isola. Suplica di Prega grasiosa offerta per sé ed N° 8 prolle e famiglia numerosa si racomanda per atto di grazia. Eccelso I. R. Governo Marittimo L’umile sottoscritto prega codesto Eccelso i. r. Governo Marittimo, Essendomi recato come il mio misero predatto della pesca a bregagna a strasico me succedette il caso con una grande tenuta perdette tutte le mie sostanze ebbe un danno di corone 50 Oggi sprevisto dal mio materiale da pesca come visto il perito giurato Marco Degrassi e il pilota da porto osservato il caso ad una povera e grande miseria nella famiglia numerosa Oggi prega codesto Eccelso i. r. Governo Marittimo per atto di grazia fa dimanda di aiuto per potere a guadignarsi il vito per se ed il grande N° della famiglia con testimoni pescatori e sotto firmato i seguenti teste

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Degrassi Luigi di Marco, Antonio Benvenutto, Francesco Bressan, Degrassi Giuseppe di Marco. Isola li 24 Febbraio 1908 - Devotissimo Giovanni Lanza. Il Capitanato di porto in Trieste chiese all’Agenzia portuale di Isola di fare delle indagini su questo fatto e sulla situazione finanziaria del Lanza. La risposta arrivò il 17 marzo 1908 con il manoscritto N. 98, che aveva allegata una certificazione del Municipio di Isola. All’I. R. Capitanato di Porto e Sanità Marittima Trieste In evasione allo scritto di codest’ I. R. Capitanato di Porto e Sanità Marittima N° 1852 d. d. 11/3 1908, la scrivente si pregia comunicare di aver fatte le opportune indagini sul conto del pescatore Lanza Giovanni fu Giovanni, e sull’entità del danno da lui subito con la perdita delle reti. Perdendo le reti, al Lanza è venuto improvvisamente a mancare l’unico mezzo, con il quale egli procurava l’indispensabile per il vivere, a sé, e alla sua famiglia, composta della moglie e di sette figli, il maggiore dei quali conta appena l’età di quindici anni. Le sue condizioni, poi sono tali, che, non che poter procurarsi con i propri mezzi delle reti nuove, per le quali è necessaria una spesa approssimativa di sessanta corone, egli è anzi costretto a ricorrere per aiuto, alla beneficenza comunale, come apparisce dall’acclusa certificazione del locale Municipio. È inoltre da prendersi in considerazione il fatto, che il Lanza non è mai incorso in nessuna contravvenzione per pesca irregolare. Finalmente, l’importo di cinquanta corone, accennato dal supplicante, come ammontare del suo danno, corrisponde assolutamente alla verità, calcolatosi il valore delle reti usate. Il risultato dei rilievi, delle informazioni assunte, la certificazione del Municipio, ha condotto la scrivente alle conclusioni suesposte; e, suggerita da queste, essa si permette di appoggiare la preghiera del pescatore Lanza Giovanni, e di proporlo per il conferimento dell’implorato sussidio. Con 2 allegati Proft i. r. ass. dog.

Karsic [?] A. S.

Certificazione Si fa fede che Lanza Giovanni pescatore pertinente a questo Comune trovasi nella più squallida miseria con numerosa famiglia e viene perciò di volta in volta sussidiato dalla beneficenza comunale. Dal Municipio d’Isola 17/3/08

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Il Capitanato triestino inviò la documentazione al Governo Marittimo il 21 marzo 1908 con il rapporto N. 2151 per le ulteriori disposizioni, con il cenno che emergendo dai rilievi assunti qualmente le circostanze addotte dal petente corrispondono al vero, si esterna il parere che si voglia venire incontro alle stesse con un sussidio in attrezzi di pesca nell’importo di corone sessanta. Il 23 agosto 1910, con il decreto N. 21134, il Governo Marittimo dava le seguenti disposizioni per sovvenzionare due pescatori isolani21: Il Signor Presidente dell’i. r. Gov. Maritt., constatò, in occasione di un sopraluogo ad Isola, il danno subito dagli attrezzi dei pescatori isolani: Benvenutti Nicolò fu Marco, detto Cavarlese e Degrassi Antonio fu Antonio detto Fritola, ordinando di assegnare un sussidio dal fondo incremento pesca, di cor. 50 cadauno. II Si rimette in copia all’i. r. Agenzia di porto e sm Isola coll’incarico di consegnare ai pescatori isolani Benvenutti Nicolò fu Marco, detto Cavarlese e Degrassi Antonio fu Antonio, detto Frittola, Cor. 50 cadauno, verso quietanza, quale sussidio per la riparazione dei danni subiti alle loro reti, constatati d’ufficio. III Su copia ad II. All’i. r. Capitanato di porto Trieste per notizia. Trieste 23 Agosto 1910. Una curiosa richiesta dalla quale possiamo renderci conto di com’erano le strade isolane di allora, venne inviata dall’Agenzia di porto di Isola al Capitanato di Trieste l’11 gennaio 1911 con il rapporto N. 27. Anche a questa, naturalmente, fecero seguito le opinioni di quest’ultimo e quelle del Governo marittimo22. All’I. R. Capitanato di porto e s. m. in Trieste. Si avanza qui acclusa la supplica di Giuseppe Degrassi, guardiano ausiliario dei fanali di porto d’Isola per ottenere un sussidio straordinario. Lo scrivente si permette d’osservare che i motivi addotti dal Degrassi sono fondati, perché, causa le continue pioggie, la strada che conduce al fanale situato sulla punta del Gallo era resa letteralmente impraticabile, per cui non c’è da meravigliarsi se il Degrassi dovette andare incontro a spese straordinarie; si osserva inoltre che il petente è sempre puntuale ed adempie con zelo il suo dovere. A. Bordon.

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La domanda bollata con una Corona del Degrassi: Eccelso I. R. Governo Marittimo Trieste Io mi trovo alle dipendenze di questa Eccelsa I. R. Autorità quale guardiano ausiliario dei fanali di porto situati sul molo e sulla Punta del Gallo in Isola. Siccome causa le strade sommerse d’acqua e fango ho dovuto fare delle spese di scarpe e di una tela cerata per la pioggia, onde far fronte a queste spese mi rivolgo a codesta Eccelsa I. R. Autorità, affinchè mi sia accordato un sussidio straordinario essendo la paga limitata. Del che ringraziando mi firmo devotissimo Giuseppe Degrassi. Il Capitanato di Trieste inviò il documento al Governo, secondo la procedura stabilita, il 13 gennaio 1911, con lettera N. 563, nella quale si invitava colla proposta di indenizzare il petente delle spese sostenute per l’acquisto del mantello da pioggia e dei stivali d’acqua. Il Governo Marittimo, però, non la pensava così e comunicava al Capitanato che s’incarica Cod- di partecipare a Giuseppe Degrassi, guardiano ausiliario dei fanali mar. Isola, e Punta del Gallo, che il Gov. mar. non può prendere in considerazione la sua domanda per la fornitura d’un mantello da pioggia e d’un paio di stivaloni d’acqua. Trieste 22 gennaio 1911. V. Attems.

Il Mandracchio isolano in una cartolina spedita nel 1903. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

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Il 28 febbraio 1912, l’Agenzia di porto e sanità marittima in Isola con missiva N. 73 scrisse al Capitanato triestino, riferendosi ad un incarico ricevuto dal medesimo il 7 febbraio precedente. Da questo è possibile comprendere che alcuni pescatori isolani stavano chiedendo degli indennizzi per la burrasca del 14-15 giugno 1911 che danneggiò anche il molo e le rive, tuttavia senza che avessero subìto alcun danno. Il documento porta come Oggetto: Pietro Spadaro [Deputato istriano al Consiglio dell’Impero] prega sia concesso a 19 pescatori d’Isola un sussidio23. All’I. R. Capitanato di porto e s. m. in Trieste In evasione all’incarico di codesto I. R. Capitanato dd. 7 febbraio 1912 N° 1908, lo scrivente, restituendo l’acclusa istanza, rapporta quanto segue: Circa i presunti danni sofferti dai 19 pescatori si osserva che ad 1) Moratto Giuseppe fu Antonio ebbe realmente a soffrire dei danni che non potevano venir constatati a tempo debito, avendo il medesimo tralasciato di insinuarsi presso lo scrivente per la constatazione; i danni ammontano a 150 corone. ad 2) Degrassi Giacomo “Turco” fu compreso nella lista presentata all’I. R. Capitanato distrettuale in Capodistria dietro richiesta del medesimo con rapporto dd. 16 ottobre 1911 N° 541 con un danno di 80 corone. ad 3) Degrassi Giovanni “Toti” si presentò allo scrivente, però non si poterono constatare danni di sorta; in questa contingenza anzi il medesimo si comportò con prepotenza ed arroganza, minacciando di ricorrere ad Autorità superiori e deputati per far valere le sue presunte ragioni. ad 4) Degrassi Antonio fu Gioacchino fu compreso nella lista come ad 2) con un danno reale di 60 corone. ad 5) Degrassi Raffaelo fu Antonio non ebbe a soffrire danno alcuno e non fece riparazioni di sorta. ad 6) Degrassi Antonio fu Bortolo come ad 5); per di più il medesimo non è neppure padrone della barca. ad 7) Degrassi Tomaso fu Tomaso; non si possono calcolare i danni, essendosi il medesimo presentato il giorno seguente alla notte dell’uragano a codesto I. R. Capitanato facendovisi assumere a protocollo (bragozzo “S. Marco”). ad 8) Degrassi Marco di Pietro ebbe a soffrire danni per l’importo di 40 corone.

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ad 9) Drioli Giovanni “Spanche” non ebbe a soffrire alcun danno. ad 10) Drioli Giovanni fu Giovanni ebbe danni per 50 corone. ad 11) Pugliese Pietro fu Antonio venne compreso nella lista come ad 2) con danni per 20 corone. ad 12) Contesini Pietro fu Santo non ebbe danni. ad 13) Baci Giovanni fu Mauro non ebbe danni. ad 14) Ulcigrai Gioacchino fu Francesco ebbe danni per 40 corone. ad 15) Goina Mansueto fu Domenico venne compreso nella lista come ad 2). ad 16) Sandrin Francesco fu Antonio venne compreso nella lista come ad 2) con un danno di 20 corone. ad 17) Gruber Carlo venne compreso nella lista come ad 2) con un danno di 40 corone. ad 18) Miloch Giovanni fu Nazario non ebbe danno alcuno. ad 19) Lionello Felice, realmente poverissimo, ebbe danni per 20 corone. Di quei pescatori compresi nella lista che ebbero realmente a patire dei danni e che non furono proposti per un eventuale sussidio, devesi ritenere che trascurarono di presentarsi allo scrivente per la constatazione dei medesimi. Lo scrivente, nella certezza d’aver dato le presenti spiegazioni in scienza e coscienza, prega la preposta Autorità di attenervisi, perché altrimenti, solleticati dall’eventuale successo di coloro che non ebbero danni, altri pescatori si farebbero avanti, chiedendo risarcimenti ed indenizzi per danni fantastici ed irreali. Bordon. Il Governo Marittimo, dopo aver incaricato l’Agenzia di porto isolana di portare a termine le indagini, il 28 agosto 1912 comunicò al Capitanato triestino che la domanda per un sussidio per gli entro elencati 19 pescatori da Isola a parziale indennizzo dei danni sofferti nei loro attrezzi durante la burrasca del 14-15 giugno 1911, che la stessa non può venire accolta essendo i fondi per la pesca molto limitati, che a Isola esisteva un Consorzio di pescatori che annualmente veniva sovvenzionato, e che per l’anno corrente gli fu elargito un lauto sussidio di cor. 3000, ed al quale dovrebbero presumibilmente appartenere i petenti danneggiati.

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Richiesta di un sussidio per il confezionamento di reti per un nuovo tipo di pesca venne presentata anche dal pescatore Domenico Beltrame. Alla quale domanda però, nell’incartamento non è stata trovata la relativa risposta24. All’inclito I. R. Governo Marittimo Trieste. Il sottoscritto Domenico Beltrame pescatore in Isola insta presso Codesto I. R. Governo Marittimo affinchè gli venga assegnato un sussidio di Corone 300. Egli sottoscritto, padre di nove figli, quest’anno per sfamare i suoi ha confezionato delle reti uso melaida per la pesca degli sgombri. Tale sistema di pesca del tutto nuova pare che dia buoni risultati, però coll’acquisto delle dette melaide il sottoscritto si è indebitato sino al possibile. Nella speranza che la presente supplica verrà presa benignamente in considerazione si segna devotissimo Isola li 10/4/12 Domenico Beltrame - Isola L’1 agosto 1912, il pescatore Andrea Perini chiese un sussidio perché povero e ammalato; alla richiesta allegò pure un certificato medico del noto dott. Almerigo Fragiacomo, e uno del Podestà Giovanni Ulcigrai. Anche a questa richiesta, nonostante le raccomandazioni, seguì la risposta negativa del Governo Marittimo25. All’Eccelso I. R. Governo marittimo in Trieste Devotissima domanda di Perini Andrea fu Lorenzo pescatore in Isola con cui chiede un generoso sussidio perché veramente povero ed ammalato. Raccomanda caldamente la presente domanda Pietro Spadaro deputato al Parlamento. Eccelso I. R. Governo marittimo. Il devoto sotto croce segnato è un povero pescatore ammalato e carico di famiglia, che non può né vivere né morire. Perseguitato da una sciatica già da tre anni, egli dovette durante sì lungo periodo rimanere inchiodato al letto, lontano da ogni lavoro e da ogni guadagno. Pescatore di professione, colpito da si crudele malattia, egli non può che a stento e con grande fatica, portarsi in mare, poiché l’umidità alla quale va soggetta la pesca, colpisce in modo si doloroso il devoto firmato, che egli oltre i dolori deve sopportare anche le conseguenze finanziarie, poiché deve abbandonare la pesca per riprenderla soltanto a periodi secondo le stagioni. Perciò il povero firmato si rivolge umilmente a codesta Eccelsa Autorità, affinchè voglia prendere in benigno riflesso le codizioni veramente miserabili del devoto

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firmato ed accordargli un generoso sussidio. Certo di vedersi aiutato da codesta Eccelsa Autorità ringrazia professandosi Isola li 1/8/1912

devotissimo + di Perini Andrea - med me Spadaro Attestato medico

col quale il sottoscritto certifica che il pescatore Andrea Perini fu Lorenzo d’anni 46 da Capodistria è in sua cura già da tre anni per una sciatica alla gamba destra, sciatica che lo inchioda a letto e così incapace di qualsiasi lavoro. Tentò in varie riprese sia in ospedale sia presso medici privati di farsi sparire tale male, ma pur troppo fino ad oggi egli è ancora inabile a qualsiasi lavoro. Un tanto per la verità. Isola li 11/1/12 - A. D r Fragiacomo Visto, si certifica l’autenticità della firma sopra esposta di questo medico comunale Dr Fragiacomo. Dal Municipio di Isola 11/1/1912 Il Podestà - G. Ulcigrai N° 86/12 Si certifica che Perini Andrea fu Lorenzo d’anni 46 da Capodistria, non possiede veruna sostanza sì mobile sì stabile, quindi realmente povero. Dal Municipio di Isola 11/1/1912 Il Podestà - G. Ulcigrai Il Governo Marittimo non si lasciò intenerire da questa documentazione e non prese in considerazione nemmeno la raccomandazione del Deputato Spadaro. Con il decreto N. 20404 rispose al Capitanato di Trieste che: S’invita cod – di partecipare al petente Perini Andrea fù Lorenzo da Isola che la sua istanza dd. 1 agosto a. c. prodotta direttamente a questa parte non venne presa in considerazione perché ad Isola vi sussiste un consorzio di pesca che venne nell’anno corrente sovvenzionato con cor. 3000. Trieste 6/VIII 1912.

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Certificazione del Podestà Giovanni Ulcigrai di Isola, con la quale attestava la povertà e la nullatenenza di Andrea Perini, e che fu allegata alla richiesta di sussidio del medesimo pescatore l’1 agosto 1912. (AST, Gov, b. 913, prot. 20404, a. 1912)

Un’altra curiosa e singolare domanda di sussidio, venne compilata nel 1913 dall’Agenzia di porto in Isola per il morso di un pescecane al pescatore Vittorio Brainich. Dalla richiesta e da altri documenti si rileva che in quell’epoca la presenza di squali nelle acque dell’Alto Adriatico non rappresentasse un fenomeno molto raro. Naturalmente anche l’istanza del Brainich, che è firmata con una croce, è corredata dal certificato medico del dott. Almerigo Fragiacomo e dalle rispettive valutazioni del Capitanato di Trieste e del Governo Marittimo26.

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All’I. R. Capitanato di porto e sm. in Trieste La scrivente avanza, per l’inoltro all’I. R. Governo Marittimo, l’acclusa istanza del pescatore Vittorio Brainich da Isola, tendente ad ottenere graziosamente un sussidio, impossibilitato com’è di lavorare causa una grave ferita riportata mentre cooperava addi 29. Agosto 1913 alla cattura d’un pescecane. Il petente è realmente povero, per cui la scrivente si permette di raccomandarlo alla preposta Autorità, anche per incoraggiare gli altri pescatori ed indurli per tal modo a dare la caccia ai mostri pericolosi che da qualche tempo infestano le nostre acque. Bordon. Eccelso I. R. Governo Marittimo Trieste Il giorno 29 Agosto a. c. nel mentre mi trovavo alla pesca di pubblica utilità con la barca “Buon pescatore” diretta dal proprietario Francesco Chicco nelle acque d’Isola con grave difficoltà e pericolo ebbimo a tirar su in barca un pescecane di circa due metri della famiglia pericolosa dei “carckarias glaucus” che aveva abboccato ad un amo. Il mostro nel venir tirato a bordo, mi morse ferocemente al piede destro arrecandomi la ferita rilevata dallo acchiuso attestato medico per la guarigione della quale abbisognerò purtroppo di molto tempo. Siccome questa disgrazia mi portò un danno rilevantissimo, turbandomi nelle mie ordinarie occupazioni di operaio pescatore colle quali, privo di ogni sostanza, guadagno il pane quotidiano, così mi rivolgo devoto a codesto Eccelso I. R. Governo Marittimo, affinchè mi largisca graziosamente un’adeguato sussidio. Con ringraziamenti antecipati infiniti umilissimo obbligatissimo: + Brainich Vittorio Isola 6/9/1913. Il certificato medico del dott. Almerigo Fragiacomo: Il sottoscritto certifica di avere in cura per una morsicatura al piede destro prodotta da un pescecane Vittorio Brainich pescatore da Isola. Salvo complicazioni ci vorrà un periodo di tempo di alcune settimane perché possa guarire completamente. Isola li 3 Settembre 1913 - A. D r Fragiacomo med. comunale Il Capitanato di Trieste inviò la documentazione al Governo Marittimo l’11 settembre 1913, con il dattiloscritto N. 13820 pelle ulteriori Sue disposizioni, non tralasciando di raccomandare il petente pell’assegno di un sussidio. La risposta, come in altre occasioni, non fu positiva, e al Capitanato con il decreto N. 25801 rispose che in esito al rapporto dd. 11 settembre a. c. N. 13820, cod – parteciperà al petente Vittorio Brainich da Isola, che la sua istanza per sussidio non venne presa in considerazione, sussistendovi ad Isola un consorzio di pesca. Trieste 14/X 1913.

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Il certificato con il quale il medico comunale dott. Almerigo Fragiacomo, confermava che il pescatore Vittorio Brainich da Isola era in sua cura, per il morso di un pescecane alla gamba avvenuto il 29 agosto 1913. (AST, Gov, b. 918, prot. 25801, a. 1913)

Anche il pescatore Giuseppe Ulcigrai tentò di avere una sovvenzione per la perdita della sua barca, provocata dall’uragano del 13 novembre 1913. La documentazione del procedimento comprende dattiloscritti e manoscritti che si protraggono fino al 3 luglio 1914, quando si conclude con la risposta del Governo Marittimo27. Municipio di Isola No 3642.

Certificato comunale,

col quale si attesta che, Giuseppe Ulcigrai di Antonio d’anni 26, ammogliato, cattolico, qui pertinente, di professione pescatore traeva il sostentamento per se e per la travagliata famiglia dalla pesca, e che ora, in seguito all’uragano della sera del 13 corrente novembre, che gli distrusse una batella di sua proprietà, è ridotto nella più stringente miseria, mancandogli l’unico mezzo per procacciare il sostentamento, e nulla affatto possede. Dal Municipio d’Isola, li 15 novembre 1913 - Il Podestà G. Ulcigrai.

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La firma è affiancata dal solito timbro ovale-verticale, con inserito lo scudo che comprende la colomba ed in circonferenza la scritta MUNICIPIO D’ISOLA. La lettera dattiloscritta è seguita dalla nota scritta a mano: Visto si conferma dall’Ufficio parrocchiale d’Isola 15 Novembre 1913. F Muiesan. Anche questa nota è affiancata da un timbro ovale-verticale con al centro l’immagine di San Mauro in piedi, e in circonferenza, la scritta S. MAURUS PRESBITER ET MARTIR INSULARUM PATRONUS. La richiesta del pescatore Ulcigrai venne trasmessa al Governo Marittimo con lettera accompagnatoria del Municipio di Isola N. 3667: raccomandando il petente che è meritevolissimo di venir preso in considerazione e con la partecipazione, che essendo privo di mezzi ricorse al pubblico provvedimento dei poveri. Dal Municipio d’Isola, li 27 novembre 1913. - p. Il Podestà Giov. Felluga. Eccelso i. r. Governo marittimo Trieste. Il sottoscritto possedeva oltre alla miseria, una barca da pesca fatta costruire con danaro preso a prestito. Viveva miseramente con la famiglia composta di 5 persone, e si accontentava di quello che ricavava dalla pesca speranzoso di poter con gli anni forse più buoni di tacitare il suo creditore. Il ciclone della sera del 13 corr. ha voluto distruggere quanto di più caro possedeva, ha distrutto la sua barca cioè il mezzo di procacciare l’esistenza per tutta la famiglia, onde che così ridotto, nulla avente, si rivolge a codest’Eccelso i. r. Governo marittimo con la preghiera che volesse graziosamente assegnarli un largo sussidio per renderlo nella possibilità di comperarsi altra barca, e tale atto di generosità varrà a ridare l’esistenza alla sua famiglia e sarà un’opera di carità. Nella speranza che la presente verrà benignamente accolta, antecipa le più grazie Isola, li 27 novembre 1913. - dev. Giuseppe Ulcigrai di Antonio Il Governo Marittimo, come sempre, richiese ulteriori informazioni sul pescatore Ulcigrai, e il Capitanato di Trieste in data 15 dicembre 1913, con lettera N. 19201, spedì all’Agenzia di porto di Isola una circolare governativa alla quale aveva aggiunto di suo la nota: verso riproduzione per informativo rapporto a sensi del governativo decreto di data 9 ottobre 1912 Nro. 26443: No. 26443.

CIRCOLARE dell’I. R. Governo marittimo a tutti gl’ii. rr. Uffici e funzionari di porto e s. m. dipendenti.

Allo scopo di prevenire inutili scritturazioni per attingere informazioni ed evitare ripetute ricerche riguardo le domande per sussidi, che vengono prodotte al

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Governo marittimo da parte dei Consorzi di pesca o singoli pescatori, nonché di contribuire con gli aiuti governativi realmente al promovimento della pesca marittima somministrando ai petenti, non denaro, ma preferibilmente sussidi in natura: cioè attrezzi e materiali da pesca, ad eccezione dei casi in cui emergessero condizioni speciali meritevoli di considerazione, s’invita codest’i. r. Ufficio di attenersi d’ora inanzi nel proseguire tali domande delle seguenti norme: 1. Le domande per sussidio prodotte dai Consorzi di pesca dovranno contenere un’esatta indicazione di tutti quei dati necessari per la regolarità di un’eventuale fornitura degli attrezzi, ai quali il rispettivo Consorzio riflette, oppure trattandosi di opere speciali il dettaglio della costruzione e relativo fabbisogno, ed inoltre essere corredate: a) del bilancio sociale dell’anno precedente; b) di un esatto elenco dei soci, che fanno parte della cooperativa, della rispettiva direzione e del consiglio di sorveglianza ed il loro annuale movimento, nonché dei pescatori avventizi assunti in vari periodi dal Consorzio durante l’esercizio di pesca; c) dell’indicazione sull’ammontare di ogni quota d’affari, del loro numero complessivo e della garanzia assunta dai soci per le stesse; d) di un estratto del protocollo sulle eventuali modificazioni dello statuto consorziale deliberate nell’ultima assemblea generale. e) di un dettagliato rendiconto sull’impiego dell’ultimo sussidio ricevuto; f) ed infine di una dichiarazione, rilasciata da parte della federazione alla quale sono affigliati, sull’andamento e gestione consorziale in base all’ultima revisione da questa effettuata. 2. Nel proseguire a questa parte le istanze per sussidio prodotte da singoli pescatori si dovrà: a) accennare se il petente fa parte di un Consorzio di pesca; b) rilevare le sue condizioni economiche sulla base di dati assunti dal rispettivo i. r. Ufficio delle imposte, ed enumerare possibilmente le barche ed attrezzi da pesca che egli possiede, nonché se venne già sussidiato altre volte, e con quale importo; c) riferire sul contegno del petente nei riguardi di pesca, cioè se ebbe più o meno a contravvenire alle disposizioni che regolano la pesca marittima; d) esigere dal petente di addurre il motivo percui viene chiesto il sussidio (danni elementari, misere condizioni economiche etc. etc.) determinando in via concreta l’attrezzo o materiale da pesca al quale egli riflette. In questo caso esso dovrà porgere tutte quelle indicazioni necessarie per poter corrispondere ad un esatta e regolare eventuale fornitura del rispettivo attrezzo, e precisamente: nome e qualità della rete, lunghezza ed altezza in nodi (maglie), apertura della maglia in m/m, numero del filato ecc., o meglio ancora allegarvi all’istanza un campione del materiale da pesca desiderato. Corredate così l’istanze, il rispettivo Ufficio portuale rapporterà dettagliatamente sulle attitudini peschereccie ed attività del Consorzio o singolo pescatore avanzando concreta proposta. Di un tanto darà analogo avviso agli interessati

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mediante affissione nell’albo d’ufficio. Trieste 9 ottobre 1912. - Pel Presidente: V. Attems m. p. L’Agenzia di porto in Isola restituì al Capitanato di Trieste la documentazione ricevuta con il rapporto N. 724 del 20 dicembre 1913 nel quale confermò: con l’osservazione che il petente, durante l’infuriare dell’ultimo temporale, ebbe realmente a perdere la sua barca “Bucintoro” inscritta fra le locali barche numerate, rimettendo per di più tutti gli atterezzi che gli servivano per la pesca ad amo, soffrendo un danno complessivo di circa 400 corone. È persona poverissima che dal lavoro ritrae il quotidiano sostentamento ed ora nulla possiede; fu compreso nella lista prodotta a suo tempo, fra i maggiormente danneggiati. Bordon. Dopo tutto questo lungo procedimento burocratico, la risposta del Governo marittimo austriaco fu comunque negativa per il povero Ulcigrai, ribadendo tra l’altro le disposizioni date il 3 luglio 1914 al Capitanato di Trieste che, tra l’altro, sottolineavano: Sussistendovi ad Isola un consorzio di pesca finora annualmente sovvenzionato dallo scrivente, non trovasi di prender in considerazione la domanda per sussidio al petente Ulcigrai Giuseppe di Antonio da Isola ordinando di informare l’interessato.

Il Mandracchio di Isola con le sue tipiche barche, in una cartolina edita nel periodo asburgico. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

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All’inizio di questo capitolo era già stato rilevato che i pescatori dell’allora costa austro-ungarica, erano usi a chiedere sussidi anche dopo aver subito il furto delle reti. Una richiesta in tal senso era stata avanzata anche dall’isolano Antonio Davanzo, la cui domanda regolarmente firmata con tanto di croce, venne spedita dall’Agenzia portuale di Isola al Capitanato di Trieste con il rapporto N. 728 del 20 dicembre 191328. Si avanza all’I. R. Capitanato di porto e sm. in Trieste l’acclusa istanza del pescatore Davanzo Antonio fu Nicolò da Isola, tendente ad ottenere un sussidio causa la perdita di reti, con l’osservazione, che il petente è poverissimo, mezzo invalido, causa una operazione subita al crure destro ed ebbe, secondo le informazioni assunte in proposito realmente a subire il danno enumerato nell’istanza. Bordon. Eccelso I. R. Governo Matittimo Trieste Giovedi 11 corr. mi trovavo alla pesca di pubblica utilità con la mia barca denominata “Beata Vergine di Strugnano” N° 616 fuori del porto di Barcola ad una distanza di circa 100 metri, quando sull’imbrunire una barca chioggiotta che ebbi a distinguere sulla vela soltanto le iniziali E. I. mi asportò via ben 45 passelere del valore di corone 250. – gettandomi così in piena rovina, non potendo recarmi alla pesca, perché mi manca i mezzi di acquistare nuove reti. Visto la disgrazia toccatami che vuol dire molto per un misero pescatore nulla abbiente; considerato il danno rilevantissimo che mi ha turbato nelle mie ordinarie occupazioni con le quali guadagno il pane quotidiano; mi rivolgo umilmente al patrocinio di codesto Eccelso I. R. Governo Marittimo, affinchè mi venga elargito un adeguato sussidio per lenire almeno in parte questa mia sventura. Certo che questa mia preghiera verrà presa in seria e benigna considerazione ringraziando antecipatamente passo a firmarmi di codesto Eccelso I. R. Governo Marittimo devotissimo umilissimo + Davanzo Antonio Isola 16/12/13. Il 23 dicembre 1913, con lettera N. 19929, il Capitanato triestino scrisse al Governo Per le ulteriori Sue disposizioni, col cenno che l’asserita circostanza della perdita di 34 passelere corrisponde alla realtà, per cui lo scrivente propone sia assegnato al petente 20 pezzi di dette reti, in considerazione anche allo stato misero del petente. Il Governo marittimo non accettò la domanda e appena il 3 dicembre 1914 rispose negativamente con la solita affermazione: sussistendovi colà un consorzio di pesca.

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L’ultima richiesta di aiuto che vogliamo presentare, e che è più o meno dello stesso contenuto e con lo stesso risultato, è del pescatore Ulcigrai Giovanni fu Domenico, proprietario direttore del battello denominato “Carlo II” di tonn. 4, inserito nel porto d’Isola al N° 777 che, tramite l’Agenzia portuale di Isola, il 10 gennaio 1914 chiese un sussidio29. Questa domanda era motivata dal fatto che il 31 dicembre 1913 subì la perdita di 100 passelere pel valore complessivo di Corone 600, e con lo strazio nel cuore il povero supplicante deve vedere troncare il mestiere per mancanza di reti e di mezzi onde sostenere l’acquisto. Il 17 gennaio successivo, il Capitanato di Trieste inviò la richiesta al Governo Marittimo col cenno che in considerazione al reale danno sofferto ed alle misere condizioni del petente, sia assegnato allo stesso il corrispondente importo per l’acquisto di 40 pezzi di passelere. Ma il 24 gennaio 1914, il Governo comunicò a quest’ultimo che la domanda non venne presa in considerazione sussistendovi colà un Consorzio di pesca che viene annualmente sovvenzionato, e del quale certo farà parte anche il petente, e che la domanda non venne corredata di tutte le informazioni necessarie che sono previste nella circolare governativa dd. 9 ottobre 1912 N° 26443.

Il porto negli anni ’30 del secolo scorso.

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VI. PESCATORI ISOLANI E CAPODISTRIANI CONTRO I CHIOGGIOTI

I pescatori di Chioggia dell’allora Regno d’Italia, avevano il permesso, sicuramente pagando delle tasse e vendendo il loro pescato in zona, di pescare nelle acque dell’allora Impero Asburgico, in particolare nell’Alto Adriatico. Tutto ciò, naturalmente, non era gradito ai pescatori di Isola che, coinvolgendo quelli di Capodistria, si rivolsero al Governo Marittimo per regolamentare la pesca delle sogliole e delle passere nelle loro acque, disturbata - a loro dire - dalla presenza delle “cocchie” dei Chioggiotti. Su questa vertenza, nella documentazione conservata presso l’Archivio di Stato di Trieste, non siamo riusciti a trovare tutti i riferimenti necessari. Tuttavia, da quelli evidenziati risulta che da parte del Governo erano state svolte delle indagini riguardanti proprio la presenza dei chioggiotti a Trieste, dove vediamo che tutti questi, anche se pescivendoli, possedevano dei “Bragozzi”, con i quali evidentemente pescavano anche nelle acque di Isola e di Capodistria, con un’equipaggio reclutato o composto probabilmente soprattutto dai loro familiari. Tutto ciò è possibile apprendere da un elenco che non porta nè firma né data, ma che sicuramente risale alla fine del 1907. L’elenco sarà seguito da altri documenti che sono legati a questo problema30. Pescivendoli chioggiotti che dimorano a Trieste in più riprese circa 9 mesi all’anno BALLARIN Vincenzo, BELLEMO Guerrino, BULLO Ettore, CIRIELLO Domenico, DONAGGIO Vincenzo, GAMBA Giuseppe, GAMBA Franceso, GANDOLFO Ernesto, MAZZAGALLO Angelo, PAGAN Bernardo, PADOVAN Luigi, PADOVAN Felice, PENSO Antonio, PERINI Eugenio, RANZATTO Antonio, ROSSETTI Filippo, SAMBO Ernesto, SCARPA Roberto, SFRISO Antonio, SPAGNO Adolfo, VARAGNOLO Carlo, VARAGNOLO Amedeo, VERONESE Angelo, VIANELLO Angelo. Pescivendoli chioggiotti che dimorano a Trieste in più riprese circa 6 mesi all’anno BELLEMO Giovanni, DONAGGIO Ermenegildo, PADOVAN Luigi, PENSO Giuseppe, PERINI Felice.

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Pescivendolo chioggiotto avente stabile dimora a Trieste BELLEMO Antonio, abitante al No 2 di Androna della Scala. I suddetti pescivendoli sono proprietari di bragozzi ma non esercitano personalmente la pesca, detti si occupano soltanto della vendita del pesce che viene effettuata da loro stessi in pescheria, eccezione fatta per qualche partita o qualche pesce di grande dimensione, che portano dai commissionari onde vengano posti all’asta. In un’altro documento, questa volta del Governo Marittimo, pure senza data e che porta la firma di un certo Lorini, vennero fornite le seguenti disposizioni: Invitare gli entronominati ad eleggere un Comitato che abbia incarico di trattare al Governo Mar. (Ispettore della pesca) coi rappresentanti dei pescatori di sfoglie di Isola e Capodistria per accordarsi circa la pesca delle cocchie durante la stagione delle sfoglie. Vogliano stabilire il giorno e l’ora del convegno. Sarebbe desiderabile fissare la giornata di Giovedi, poiché da venerdì in poi l’Ispettore sarà assente. I pescatori di Capodistria, solidali con quelli di Isola, inviarono al Governo Marittimo i nominativi dei loro tre delegati scelti, che si firmarono come tutti i 37 petenti, e dove vediamo che il nome personale di Nazario predomina, essendo questo il nome del Santo Protettore di quella città. Anche questo documento, che riportiamo come al solito con gli errori, in particolare nelle firme, non è datato. Eccelso I. R. Governo Marittimo I sottoscritti pescatori di Capodistria pregano Cotesto Ecc. I. R. governo a voler considerarli come consensienti e solidali coi pescatori Isolani nelle trattative da farsi coi pescatori Chioggiotti per regolare di buon accordo la pesca delle sfoglie, passere ecc. e di riconoscere come delegati della classe dei pescatori di Capodistria i signori Perini Michele, Majer Antonio, Stradi Nazario da citarsi a suo tempo ad assistere al convegno per le pratiche stesse. Bortolo Steffè, Antonio Vascon, Michelle Vascon, Nazario Sandrin, Antonio Sandrin, Domenico [?] Colonbin, Perini Antonio, Perini Filippo, Stradi Giacomo, Stradi Domenico, Gerin Antonio, Stradi Antonio, Stefe Francesco, Stefe Pietro, Stefano Zetto, Luigi Vascon, Giacomo Almerigogna, Gonia [?] Alesandro, Gulielmo Delavignia, Urlini Nazario, Stefe Domenicho, Gerin Nazario, Perini Andrea, Iache Antonio, Marin Antonio, Zetto Alesandro, Stradi Nicolo, Stradi Nazario, Stradi Domenicho, Stradi Giovani, Stradi Franchescho, Stradi Nazario, Marin Pietro, Majer Giovani, Gierin Nazario, Gerin Franchesco, Perini Filipo, Vaschon Pietro, Vaschon Luigi, Nazario Sandrin, Perini Giuseppe, Marin Pietro, Gerin Pietro, Nazario Stradi, Antonio Stradi, Destradi Nazario.

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Il 4 dicembre 1907, il Governo Marittimo ordinò al suo interno di inviare i seguenti telegrammi, che portavano i nomi delle località invertite rispetto ai nominativi, come si può appurare dai cognomi: Telegramm Hafenagentie Isola Delegati pescatori Perini Mayer Stradi trovinsi qui domattina per convegno chioggiotti. Seebehörde Hafenagentie Capodistria Delegati pescatori Contessior [Contesini] Degrassi Milloch Marchesan trovinsi qui domattina per convegno chioggiotti. Seebehörde. Trieste 4 dicembre 1907. Lorini [più un’altra firma]. Il giorno dopo si tenne il convegno a Trieste ed a penna venne registrato quanto segue, sottoscritto dai presenti, alcuni dei quali con il segno della croce: Convegno fra i rappresentanti dei pescatori chioggiotti e quelli di Isola e Capodistria, circa la pesca delle sfoglie nella stagione attuale. Trieste, 5 dicembre 1907. Comparsi in seguito ad invito Mazzagallo Angelo, Bullo Ettore, Pagan Bernardo e Gandolfo Ernesto, rappresentanti degli esercenti di Chioggia nel Golfo di Trieste, Contesini Antonio, Degrassi Giovanni, Marchesan Antonio e Milloch Luigi rappresentanti dei pescatori d’Isola e Mayer Antonio rappresentante dei pescatori di Capodistria, di pieno accordo stabiliscono quanto segue: < 1. Per evitare ogni inceppamento dell’esercizio di pesca ed evitare ruinosi danni durante la stagione delle sfoglie, cioè a tutto gennajo 1908, si stabilisce che le cocchie chioggiotte esercitino fino alla linea Punta Grossa-Punta della Sdobba mentre i pescatori costieri eserciteranno all’infuori di questa linea verso il largo. 2. In casi di calma, allorchè i chioggiotti sono immobilizzati, i pescatori costieri potranno occupare anche il campo riservato alle cocchie. 3. In casi invece di forti venti, specialmente da bora, i costieri si terranno un buon miglio di distanza a sottovento della punta grossa per rendere possibile ai chioggiotti di servirsi di questo tratto riparato onde prendere al salpaggio delle cocchie. 4. I delegati dei chioggiotti separatamente s’impegnano di fare ai loro mandanti la più viva raccomandazione di ricuperare e custodire a bordo quelle reti dei costieri che trovassero impigliate nelle cocchie, consegnandole all’indomani al prossimo ufficio di porto che ricercherà il rispettivo proprietario. > Così stabilito e convenuto, le parti si firmano e segnano il presente dichiarando di averlo bene inteso e compreso.

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Mazzagallo Angelo fù Luigi, Gandolfo Ernesto di Felice, + Bullo Ettore, + Pagan Bernardo, Antonio Contesini, Giovanni Degrassi, Milloch Luigi, Antonio Marchesan, Degrassi Marco fu Mauro, Majer Antonio, Coram me Lorini. N. 23420 All’ i. r. Capitanato di porto Trieste Si partecipa a cod- che nel giorno 5 corr. ebbe luogo presso questo Dipto pesca una conferenza fra i delegati, debitamente autorizzati, degli esercenti la pesca delle sfoglie e passere da Isola e Capodistria, dall’una, ed i rappresentanti dei pescatori chioggiotti dall’altra parte, nella quale, dopo esauriente discussione si addivenne al seguente convegno: 1. < Per evitare – rispettivo proprietario >. [equivalente all’inizio e alla fine dei punti da 1 a 4 del protocollo visto sopra, che è stato segnato con queste due frecce, e che evidentemente è stato inviato al Capitanato di Trieste]. S’invita cod- di portare un tanto a pronta conoscenza dei dipendenti uffici di Muggia, Capodistria, Isola e Pirano, coll’incarico di pubblicare analogo avviso ai pescatori, ai quali sarà inculcato di rispettare il convegno suddetto. Trieste 20 dicembre 1907 - Lorini [ed un’altra firma].

Veduta del porto isolano. Sullo sfondo il campanile del Duomo di San Mauro.

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VII.

LA “SOCIETÀ AUSTRIACA DI PESCA E PISCICULTURA MARINA” (Dal volume “Golfo di Trieste e dintorni: pesca, acquacultura e curiosità dei tempi andati” di Rossana Vesnaver e Giuliano Orel)

Già nei primi decenni del XIX secolo, preso pieno potere sul golfo di Trieste, il governo austriaco si rese conto dell’importanza che il mare aveva non soltanto come strumento di difesa e di collegamenti internazionali, ma anche per lo sviluppo economico di tutta la regione. Per questi motivi, oltre a sviluppare il porto di Pola come base navale della marina militare e quello di Trieste come porto franco, pensò bene di attrezzarsi adeguatamente anche negli altri settori e, in particolare, in quello della pesca. Così, in un documento della seconda metà dell’Ottocento, le autorità marittime triestine ritennero che “Considerando lo stato di abbandono delle nostre produzioni marine, avuto riflesso specialmente alle due industrie sorelle ostreicoltura e piscicoltura sarebbe, in vero, opera pregevolissima l’istituzione di un consorzio di piscicoltura regolato da convenienti statuti ed affidato alla direzione di persone degnissime e di scienza e di pratica. Una serie di ricerche intraprese e condotte con metodo scientifico, oltre che essere importanti per se medesime, sarebbero, più che opportune, necessarie ad intendere la pratica istessa della pesca nelle sue ragioni naturali e quindi a dettar le leggi tecniche e disciplinari migliori per governarla”. Una constatazione che, come si ribadisce nello stesso documento, portò verso la fine del secolo, all’istituzione a Trieste della “Società austriaca di Pesca e Piscicoltura marina”. In una recente ricerca portata avanti nell’ambito di un progetto pilota sulla gestione delle zone di produzione ittica del Golfo di Trieste e coordinata dagli studiosi Rossana Vesnaver e Giuliano Orel, venne presentata l’importanza che ebbe l’iniziativa per tutta l’area dell’Alto Adriatico. Come viene sottolineato in un volume intitolato “Golfo di Trieste e dintorni: pesca, acquacultura e curiosità dei tempi andati”, che ci siamo permessi sfogliare e di raccogliere parzialmente lo scritto a titolo documentario, il sodalizio nacque in un periodo di fervore culturale, accanto ad altri istituti come il Museo di Storia Naturale (1852), la Società Adriatica di Scienze Naturali (1874) e la Stazione Zoologica di Sant’Andrea (1875 e operativa sino alla prima Guerra Mondiale), e

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si interessò di cognizioni scientifiche direttamente applicabili alla pratica utilità nell’esercizio della pesca allo scopo di aumentarne i proventi, con l’auspicio di operare in parallelo e, magari, in collaborazione con quelle commissioni locali per la pesca che erano state istituite, lungo la costa, con una direttiva ministeriale del 1884. La Società austriaca di Pesca e Piscicoltura marina fu riconosciuta legalmente il 10 febbraio del 1888, con decreto n. 2189 della locale i.r. Luogotenenza. L’ i.r. Governo marittimo le assegnò in uso un locale della propria sede. Lo scopo della Società era, infatti, quello “di promuovere e incoraggiare l’incremento della pesca e delle industrie affini, di raggiungere una più intensa, ma razionale utilizzazione del mare, di migliorare le condizioni dei pescatori” e di incoraggiare “il lavoro razionale e indefesso”, ispirandosi, eventualmente, alle esperienze maturate all’estero. Nel capitolo dedicato alla Società, nel volume vengono ribadite ampiamente le sue finalità ed il suo operato: La Società ottenne subito l’approvazione di tutta la popolazione costiera e, nel corso del primo anno di attività con grossa sorpresa degli stessi fondatori, raccolse ben 1500 adesioni di operatori del settore come pescatori, commercianti, addetti all’industria conserviera. Vi s’iscrissero anche alcuni ufficiali della marina e qualche simpatizzante che nulla aveva a che fare con il settore marittimo. Nelle nostre zone la pesca marina era basata su antiche consuetudini ormai superate, ma difficili da far cambiare: andavano assolutamente migliorati i modi ed i mezzi dell’attività peschereccia, secondo le esigenze dettate dalla modernità. Era necessario, innanzi tutto, spronare la popolazione ad interessarsi maggiormente alle cose di pesca e spingerne l’esercizio anche con la concessione dei mezzi per praticarla. Tra i pescatori infatti la miseria faceva da padrona. Barche fatiscenti, reti e attrezzi obsoleti, un tipo di pesca limitato al litorale: tutto andava cambiato. La Società austriaca di Pesca istituì allora un fondo di sovvenzione. Fornì ai lavoratori del mare, che ne avessero fatto richiesta, natanti, attrezzi e denaro: l’idea, infatti, era sì di aiutare il pescatore, ma anche di incrementare e migliorare il materiale da pesca. Il denaro, prestato o anticipato, a chi non poteva permettersi innovazioni “per constatata povertà”, veniva erogato per l’acquisto del materiale a prezzo di fabbrica e doveva essere restituito in piccole rate e senza interessi. Una facilitazione diretta a tutti i pescatori, a prescindere dal fatto che fossero iscritti alla Società o meno. Molti però erano gli ostacoli di ordine pratico: ad esempio, il prezzo di fabbrica delle reti, costruite in Italia ed in Germania, era troppo elevato e altissimo era inoltre anche il dazio d’importazione. Dalle nostre parti, infatti, non esistevano fabbriche meccaniche di quest’elemento insostituibile, e la Società si diede da fare per anni, affinché ne fosse impiantata una dalle nostre parti.

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Non ricevendo riscontri da parte del Governo, la Società patrocinò, quindi, la fabbricazione di reti a mano, attività con la quale molte persone della costa guadagnavano il pane giornaliero e pensò anche di far insegnare quest’arte a scuola. Intorno al 1913 la Direzione presentò un programma didattico diretto alle maestre dei paesi dell’Istria dediti alla pesca. Lo scopo era quello di diffondere tra le famiglie di pescatori una perfetta conoscenza della confezione di ogni sorta di reti: ogni tipo di taglio, qualsiasi genere di armatura, qualsivoglia sorta di rattoppature. L’idea era di dare avvio ad una vera e propria industria casalinga, assicurando così un sicuro guadagno anche alle figlie dei pescatori. Col patrocinio dell’i.r. Governo marittimo fu tenuto a Vienna uno stage preparatorio, seguito, a Trieste, da un corso per istruire due insegnanti. Altre lezioni furono tenute, con successo, a Cherso, Medolino e Lisignano. Nell’ultimo decennio dell’ottocento in realtà quella di mostrare come si facevano le reti non era però la prima necessità. Tra i pescatori, infatti, mancava proprio un’adeguata istruzione…“di pesca”. La Società cercò, quindi, di venire loro incontro con la distribuzione di dispense e “manuali del pescatore” in diverse lingue, simili a sussidiari in cui erano descritti diversi metodi di pesca, le caratteristiche di ogni essere marino presente nell’Alto Adriatico, i periodi adatti a catturare ciascuna specie, le circolari governative in vigore e persino, “pronostici sul tempo”. A partire, poi, dal 1900 incominciò a circolare in seno ai soci anche il bollettino dell’associazione, distribuito gratuitamente ogni due mesi. Per la vallicoltura e l’ostricoltura si parlò di un “maestro ambulante”. Nel 1911, presso la Camera dei Deputati fu istituito un comitato speciale per studiare dei provvedimenti per l’istruzione dei marittimi e dei pescatori. L’idea era che la scuola popolare potesse preparare i figli di questi ad ereditare, con competenza, il sapere paterno grazie a speciali corsi di pesca e a conferenze: con questo sistema anche gli adulti avrebbero potuto usufruire di un aggiornamento. Povertà, ignoranza e deficienza degli attrezzi da pesca non erano le uniche cause del poco incremento dell’industria peschereccia: tra gli operatori del settore mancava anche un’azione comune. Vigeva, infatti, un individualismo derivante da gelosie del mestiere, da incomprensioni e dall’idea radicata che ogni individuo avesse un diritto esclusivo su di una singola posta di sardine o d’altro. Un pescatore, da solo, non ce la poteva fare: un’attrezzatura moderna ed efficiente costava, infatti, parecchio. L’unica via di scampo era costituita dalla cooperazione, precisamente dalla formazione di consorzi, in modo da sopportare in molti una spesa che era impossibile affrontare da soli.

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“Ci proponiamo di stare a fianco dell’i.r. Governo marittimo” - si proponeva la Direzione - “nell’imponente sua opera di redenzione di quegli schiavi di ieri, i quali surgono finalmente ad affermarsi uomini liberi, capaci di lavorare coscienti ed assicurare alle proprie famiglie, meglio che finora, tutto il frutto del proprio rude lavoro”. Tra il 1888 ed il 1889, furono condotte, non senza difficoltà, delle trattative per formare i primi consorzi a Cittanova, ove la pesca del tonno necessitava una maggiore organizzazione e a Sansego, ove la popolazione viveva con la pesca delle sardelle: in quel periodo se ne formò uno anche a Trieste per sperimentare l’ostricoltura con metodo razionale, mentre altre associazioni per la coltura di mitili si costituirono a Rovigno e a Dobrota. A S. Croce di Trieste si crearono vari piccoli consorzi per la pesca delle sardelle e del tonno. Nel 1903 se ne formò uno anche a Zara, in località Premuda. Nel 1907 i consorzi erano delle realtà solide supportate dall’azione governativa, che favoriva, come d’altronde la Società di Pesca, quelle che si proponevano di migliorare la tecnica professionale dei consorziati e che tendevano a dare forma collettiva anche all’aspetto commerciale dell’esercizio. Di buon occhio, erano visti anche quei gruppi che avevano cura dell’istruzione generale dei propri soci e che si premuravano di garantire loro la previdenza sociale. L’idea delle cooperative, ben diffusa in Dalmazia e Quarnero, stentava, però, ad attecchire in Istria e lungo il litorale goriziano, finché, nel primo decennio del Novecento, non si diffuse come per incanto. Nuovi consorzi di pescatori si costituirono allora a Pola, a Rovigno, a Umago, a Isola, a Capodistria e a Grado. Nella speranza che questi esempi fossero emulati, furono istituiti anche dei premi: l’unica imperfezione che ancora si poteva registrare era data dal fatto che quasi tutte le compagini si limitavano a gestire una o due determinate specie di pesca soltanto e non l’intera attività di un Comune o di un Circondario marittimo. “I nostri pescatori partono dal principio erroneo che il meschino loro contributo dia loro il diritto di ritrarre dalla Società benefici pecuniari soltanto, mentre non riflettono che lo scopo principale della nostra istituzione non è già quello di offrire sovvenzioni in danaro a singoli esercenti, ma bensì quello di far sviluppare e di migliorare l’industria della pesca e di conseguenza procurare loro maggiori proventi. Avviene, per conseguenza, che il numero dei pescatori aderenti alla nostra Società si limita quasi a quelli che fruiscono di sovvenzioni senza pagare interessi di sorta”. E ancora “i pescatori accorrono in casi di disgrazie per accidenti in mare, a presentare domande per un pronto sussidio, o per chiedere sovvenzioni per aumentare il materiale da pesca, ma all’incontro sono affatto incuranti nell’iscriversi nei ruoli sociali e nel concorrere col lieve loro contributo al benessere comune di tutta la classe peschereccia”. Più di qualcuno, infatti, scambiò la Società austriaca di Pesca e Piscicoltura

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per un’associazione di mutuo soccorso o per un ente assistenziale. La Direzione si ostinava ad affermare che lo scopo della struttura non era quello di fare beneficenza, ma, col senno di poi, sembra proprio che questa fosse una delle sue principali attività. Nel primo quinquennio di esercizio, infatti, aveva speso più di 18.000 fiorini per sovvenzioni a pescatori: dopo qualche anno, il bilancio era già in rosso. La causa? Gran parte dei sovvenzionati non aveva pagato le rate del prestito. La situazione, con gli anni peggiorò tanto che nel 1895 la Società fu costretta a minacciare questi del ricorso in giudizio. In realtà il Direttivo era consenziente del fatto che molti aiuti sarebbero andati a fondo perduto e già nel 1890 decise di non concedere più denaro, ma solo barche e quant’altro serviva per praticare il mestiere. Poi capì che era il caso di accordare anche questi aiuti esclusivamente ai soci, i quali, spesso, non corrispondevano nemmeno alla quota di associazione. La Società si lamentava che proprio gli addetti alla pesca, coloro cioè verso il quale era diretto il proprio servizio, appoggiavano ben poco l’iniziativa e si ripeterono accorati, ma inascoltati appelli. Aderire alla Società austriaca di Pesca e Piscicoltura marina comportava in un certo qual senso alla sottoscrizione di un’assicurazione: il sodalizio intervenne, infatti, dispensando il proprio aiuto “morale e materiale”, in innumerevoli drammatiche situazioni. Quando, nel 1889, il battello San Nazario di Capodistria colò a picco in acque territoriali italiane, la struttura dispose il ricupero del relitto, il suo rimorchio in porto e garantì al proprietario l’acquisto del nuovo materiale da pesca. Nel 1890 accordò un sussidio a quei pescatori di Cittanova che rimasero senza tetto e senza attrezzi da pesca a causa di un incendio; un altro aiuto fu dato, nello stesso anno, a coloro che, in occasione della violenta bufera del 25 agosto, perdettero natanti e attrezzi da pesca. E, ancora, nel 1896 fece rimuovere dei massi dal fondo marino dal tratto di costa che va da Barcola a Sistiana perché impedivano la pesca del tonno e relativamente ad un incidente capitato ad alcuni pescatori di Santa Croce “non poté restare sorda al grido di dolore delle superstiti famiglie dei disgraziati pescatori” e assegnò alle medesime un congruo aiuto finanziario. Oltre al fondo, chiamiamolo, “ordinario” la Società aveva in riserva delle sovvenzioni speciali. Nel 1898, in occasione del cinquantesimo anniversario di Regno di Francesco Giuseppe istituì, ad esempio, una fondazione per sostenere vedove e orfani di pescatori, iniziativa che ripeté dieci anni più tardi, per un ulteriore giubileo, con un aiuto a “cento fanciulli sotto i dieci anni di età, orfani di poveri pescatori delle province costiere e precisamente a 40 fanciulli del Goriziano e dell’Istria e 60 dalla Dalmazia”. In generale, ai pescatori non erano concessi prestiti perché non possedevano beni ipotecabili: a questo problema il Governo marittimo s’interessò appena nel 1911, quando istituì un banco con un capitale iniziale di 100.000 corone.

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La Società, dal canto suo, veniva sovvenzionata da qualche magnanimo ente locale, tra cui la Camera di Commercio di Trieste e quella dell’Istria, e dagli I.R. Ministeri del commercio e dell’agricoltura. Un aiuto, quest’ultimo, che, in trent’anni di attività, rimase pressoché costante. “Gli enti nazionali” – scriveva la Direzione – “non danno alla nostra istituzione quell’importanza cui avrebbe forse diritto”. Nel 1911 anzi, il contributo concesso dal Ministero dell’agricoltura fu revocato e destinato piuttosto alle attività legate alle acque interne, di propria competenza. La Società combatté anche contro la pesca praticata con la dinamite, già saggiamente proibita da un’ordinanza governativa, e contro quella a strascico praticata entro il primo miglio, in profondità minori ad otto metri. Seppur, infatti, gli organi dell’amministrazione portuale esercitassero un servizio di sorveglianza già di per sé insufficiente, non era previsto un sistema di controllo sui mercati di pesce e sulla vendita degli esplosivi. Il sodalizio istituì, inoltre, delle taglie per la cattura di animali nocivi e cioè di pescicani, uccelli ittiofagi - come “i gabbiani o cocali, i colimbi, i puffini, gli svassi, gli smerghi, le anatre, le sterne, i cormorani” – e … i delfini! Ricorda il De Marchesetti “Un vecchio pregiudizio fondato forse sull’idea che sin dalla più remota antichità si avevano sull’amicizia di questi animali con l’uomo fa si che i pescatori a malincuore si mettano a cacciare questi ingordi predoni e perseguitando gli stormi delle sardelle e di altri tipi di pesci, non di rado li spingono verso i seni di mare, ove incappano nelle reti. In particolare c’è la credenza, in taluni posti, che spingano il pesce verso le reti com’è descritto da Oppiano. I pescatori di Sebenico, in particolare, affermano che dopo aver spinti e radunati i branchi di tonno in alcune valli, i delfini emettono un fischio per chiamare i pescatori a farne bottino e che però pretendano parte della preda a loro spettante per tali servigi, vendicandosi con lo stracciare le reti se viene loro negata”. Leggende a parte, il delfino era un grosso problema per il pescatore del passato. Le sue reti infatti erano tessuti in fibre naturali e quindi molto fragili soprattutto dopo un uso prolungato. Durante la pesca delle sardelle con le “vojghe” o le “sardellare”, fatta salva la possibilità di danni peggiori, i cetacei usavano seguire le imbarcazioni, disperdere gli sciami di pesce, aggirarsi attorno alle reti o rendere, addirittura, impossibile la calata di queste. Se il delfino, la cui carne si commerciava solo a Venezia, vi si impigliava, le maglie rimanevano inesorabilmente compromesse: alcuni pescatori per difendersi usavano rinforzare il sacco delle tratte o si servivano di apposite reti di filato più robusto per catturarli. “Il delfino dimostra un certo grado d’intelligenza” – osservava il de Marchesetti – “quando si fa sopra una rete carica di sardelle incomincia sempre a divorare il pesce dall’estremità, che viene tirata su dal pescatore, continuando tale operazione verso l’altro capo, mano a mano che viene levata. In tal modo il pescatore non giunge in tempo di salvare alcuna parte della preda”. Secondo il de Marchesetti, il delfino della specie Tursio, meno frequente nell’Adriatico, usava

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aiutare il pescatore spingendo gli sciami verso le reti, senza però mai divorare il pesce preso. Ad ogni modo, però, anche questo, a detta dello studioso, contribuiva a spopolare il mare nutrendosi di altri esseri. Era necessaria, quindi, “nello stesso interesse dei pescatori una distruzione sistematica di tali animali”. I metodi utilizzati all’epoca per eliminare i delfini si dimostrarono in gran parte infruttuosi e la Società austriaca di Pesca e di Piscicoltura marina pensò di accordare dei premi per la loro cattura e per la scoperta di un metodo distruttivo. Incominciò a fornire ai pescatori fucili e munizioni, tratti da quelli scartati dall’esercito: d’altra parte, il colpo di uno sparo, era l’unico sistema per allontanare i delfini. Si pensò che quell’attività casuale potesse divenire una vera e propria occupazione accessoria: in fondo, andare a caccia di delfini, significava operare “al largo”, ove, perfezionate le proprie abitudini tecniche e nautiche, si potevano procurare quelle specie di pesce, come quello azzurro, che la popolazione povera poteva permettersi di acquistare. Dal 6 al 21 settembre 1902, la Società partecipò all’Esposizione Internazionale di pesca, evento al quale partecipò in forma quasi segreta, fungendo da mediatrice tra espositori ed organizzazione. Si trattava, infatti, dell’unico istituto dell’Impero che tutelasse la pesca marittima. L’esposizione viennese rappresentava una vera e propria opportunità per promuovere la produzione e per dimostrare che la pesca stava facendo dei passi da gigante. La sezione adriatica si intitolava “Oesterreichische seefischerei Dalmatien, Istrien, Triest, Goerz” ed era allestita in un’area espositiva di 122 metri quadrati. Lo Statuto della Società austriaca di pesca e piscicultura marina, fondata a Trieste nel 1888, è composto da otto pagine, dalle quali abbiamo ricavato ciò che interessa questo capitolo, in modo da rendere comprensibili alcuni elementi che vi sono stati trattati31. Articolo I: La Società porta il nome di “Società austriaca di pesca e piscicultura marina” ed ha la sua sede a Trieste. Articolo II: Scopo della Società è di promuovere ed incoraggiare l’incremento della pesca e delle industrie affini di raggiungere una più intensa ma razionale utilizzazione del mare e di migliorare le condizioni dei pescatori [...]. L’Articolo II è composto da 14 paragrafi, dei quali riportiamo soltanto quelli che trattano alcuni argomenti che ci interessano e in particolare il paragrafo 10. 6. di promuovere la formazione di consorzi per l’esercizio della pesca, piscicultura e industrie affini.

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9. di accordare per quanto i suoi mezzi lo permettano, ai soci pescatori assolutamente inetti al lavoro o mancanti di mezzi in seguito a sinistri di mare, dei sussidi in denaro, o reti ed attrezzi. 10. di accordare congrui premi in denaro per la cattura dei delfini ed altri animali marini nocivi alla pesca. Tra le varie iniziative realizzate da segnalare ancora il ventiduesimo Congresso generale della Società austriaca di pesca e piscicultura marina, che si tenne a Capodistria il 30 luglio 1910 nell’ambito della Prima mostra provinciale dell’Istria, quando, per l’occasione, venne dato alle stampato un libretto pubblicato dalla Tipografia Morterra & Comp. di Trieste32. Proprio da questo documento abbiamo estrapolato anche alcune notizie che interessano direttamente Isola e che riportiamo con gli eventuali errori nei cognomi che segnaliamo tra parentesi. Nell’Elenco dei Soci del Litorale istriano, sono segnati tra i Soci promotori alcuni personaggi ed Enti isolani: BRÜSCHWEILER Augusto, MUJESAN don Francesco, MUNICIPIO d’Isola, UNIONE dei pescatori d’Isola e WARHANEK C., Ditta d’Isola. Tra i Soci ordinari figurano i seguenti isolani: COSTANZO Tommaso fu Andrea; DEGRASSI Antonio di Antonio, detto Frittola; DEGRASSI Antonio fu Marco, detto Barboni; DEGRASSI Antonio fu Pietro, detto Pagarò; DEGRASSI Giovanni di Giovanni, detto Tavan; DEGRASSI Giovanni; DEGRASSI Giovanni fu Antonio; DEGRASSI Marco, detto Tavan; DEGRASSI Marco fu Marco, detto Schizza; DEGRASSI Nicolò di Marco, detto Canca; DRIOLI Felice di Nicolò, detto Bosega; LORENZUTTI Giovanni; MILLOK [MILLOCH] Nazario fu Sebastiano; PERINI Andrea fu Lorenzo; ULCIGRAI Giovanni fu Domenico; VIEZZOLI Rinaldo di Giuseppe. Tra i Pescatori e negozianti nazionali ed esteri che sogliono fornire il pesce fresco il mercato di Trieste, vi figurano quelli isolani nei Consorzi e Società: BENVENUTI Antonio, BENVENUTI Bortolo, BENVENUTI Giovanni, BOSEGA Felice [forse DRIOLI Felice detto Bosega, come visto sopra], BRESSAN Domenico, BRESSAN Nicolò, CHICCO Francesco, CONSORZIO pescatori, COSTANZO Felice, COSTANZO Domenico, COSTANZO Massimiliano, DEGRASSI Giuseppe, DEGRASSI Nicolò, DELISE Antonio, DRIOLI Bortolo, LORENZUTTI Tomaso, RANGAN [RAGAÙ] Domenico, SOCIETÀ generale francese di prodotti alimentari, STEFÈ [STEFFÈ] Giovanni, TAVAN Marco [forse DEGRASSI Marco detto Tavan, visto più sopra], VASCOTTO Antonio, VIEZOLI [VIEZZOLI] Andrea.

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VIII.

I PREMI PER LA CATTURA DI DELFINI E PESCECANI

Come sottolineato nel capitolo precedente, la Società di pesca triestina elargiva, premi per la cattura dei delfini ed altri animali marini nocivi alla pesca, come nel paragrafo 10 dell’Articolo II del suo Statuto. La prassi per ottenere il premio era quella, per cui il pescatore che catturava la preda doveva rivolgersi alla locale Agenzia o Capitanato di porto, dove l’animale doveva venir visto, misurato, pesato. Sulla base di questa testimonianza ufficiale, doveva venir compilato un rapporto che veniva inviato al Governo Marittimo di Trieste assieme alle mascelle, alla pinna caudale od altro. Questi, a sua volta, inviava tutto quanto alla Società austriaca di pesca e piscicultura marina, i cui esperti esaminavano i reperti e davano risposta positiva o negativa. Il loro documento con la risposta e l’eventuale premio, ripercorreva a ritroso la stessa strada e toccando gli stessi Uffici dell’andata. Tra i primi documenti troviamo conservati nello stesso protocollo, dei documenti provenienti da Isola e da Veglia compresa, la risposta della Società di pesca al Governo Marittimo di Trieste che si riferisce ad ambedue le domande33. L’Agenzia di porto in Isola spedì a Trieste il 29 giugno 1905 il rapporto N. 145 corredato da un Protocollo che riportiamo integralmente. All’I. R. Governo Marittimo in Trieste In ubbidienza al Ordine dell’I. R. Governo Marittimo d. d. Trieste 31 gennaio 1905 No 1895 la scrivente si permette di avanzare il qui unito protocollo concernente la pesca del pesce cane nonché le mascelle e la pinna caudale del medesimo. I resti dela pesce cane seguono in una scatoletta mediante vapore “Isolano”. Vitez Protocollo Assunto addì 29 Giugno 1905 nel Ufficio di porto e sanità marittima in Isola in relazione alla circolare dell’i. r. Governo Marittimo d. d. Trieste 31 Gennaio 1905 N o 1895 concernente il premio allo scopo di promuovere la preda di voraci e dannosi pesce. Comparso il pescatore Antonio Marchesan, padrone del battello “St. Antonio” e presenta un esemplare di pesce dannoso il quale venne dai sottoscritti constatato che il medesimo e da qualita “pesce Cann” quindi fù presa la esatta misurazione in linea retta longitudinale da una estremità all’altra e venne trovata una lunghezza di metri 1.27

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La presa del suesposto pesce fu fatta addì 29 m. c. verso le ore 7 ant. fuori Salvore. Le mascelle e la pina caudale del pesce in parola vennero consegnate all’i. r. Ufficio di porto e sanità marittima in Isola per ulteriori procedimenti in proposita. Vitez - Agente p. s. + di Marchesan Antonio, Giovanni Vascotto teste, Troian Angelo, Luigi Degrassi.

Il protocollo assunto nell’Agenzia portuale di Isola, il 29 giugno 1905, dove il pescatore isolano Antonio Marchesan dichiarò la cattura di un pescecane. (AST, Gov, b. 892, prot. 15841, a. 1905)

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Così invece il protocollo di Veglia: Veglia li 16 giugno 1805 Nell’ufficio dell’i. r. Deputazione di porto Compare il pescatore Giovanni Rimbaldo fù Pietro da Veglia proprietario e conduttore della barca da pesca No 431 T e fece la seguente insinuazione: La notte scorsa pescando a largo con parangali ho predato oltre ad 1 quintale di pesci varaci: rase [razze] e colombi, prego perciò codesto ufficio di voler far disporre pella pesatura del detto pesce, che trovasi tuttora nella mia barca e provocare a mio favore il relativo premio. Preletto, chiuso e firmato: Lod. Jucich i. r. aggiunto di porto e s. m. – Rimbaldo Giovanni. A questo protocollo era allegato un’altro manoscritto preceduto da un timbro su due righe e compilato a mano. K. K. Hafen – und Seesanitäts - Deputation Veglia. Praes. am ....16/6....1905....No....594.... mit.........Beil. Veduto si ha l’onore di proseguire all’i. r. Governo marittimo in Trieste pelle sue ulteriori disposizioni, con riferimento alla Sua Circolare 31 gennaio a. c. No 1896, col cenno che il peso del pesce, rasa e colombo, predato dal pescatore Rimbaldo Giovanni fù Pietro da Veglia, risultò di Kgmi. 140. - Sinul. La Società austriaca di pesca e piscicultura marina, il 22 settembre 1905, con la lettera N.162 su carta intestata, si rivolse al Governo Marittimo in Trieste, con la firma illegibile del Presidente e quella del Direttore-Segretario Valle: Per la preda di pesci voraci descritta dal gov. esib. N. 10095 si ha il pregio di compiegare il premio di Cor. 14 da consegnarsi, verso quietanza a Giovanni Rimbaldo fu Pietro da Veglia. Antonio Marchesan da Isola – vedi gov. esibito N. 10784 – avendo predato un pescecane della specie “Mustelus plebejus” – ch’è perfettamente commestibile, non può essere predato sulla base della Circolare governativa 31 gennajo a. c. N. 1895, IIo capoverso. Il 30 settembre 1905, il Governo Marittimo inviò alla Deputazione portuale di quella località le 14 Corone per il pescatore di Veglia e informò l’Agenzia portuale di Isola, che ad Antonio Marchesan, invece, non spettava alcun premio, appartenendo il pescecane alla specie commestibile. Tutta la costa austro-ungarica di allora pullulava di delfini, per cui la caccia ai predatori era talmente accanita che venivano impiegati anche i fucili per

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sterminarli. Riportiamo alcuni esempi, tutti archiviati nello stesso protocollo, anche se non riguardano direttamente Isola34. Il 6 aprile 1904, la Deputazione portuale di Gravosa ricevette dal guardiano del faro di Daxa, Vincenzo Pokovich, la richiesta di 500 cartucce perchè nel anno 1900 o ricevuto il scioppo per la cazia [schioppo per la caccia] dei Dolfini dal Capitanato di Ragusa, e perché nel frattempo ricevette soltanto 12 cartucce, e quando poteva, egli le acquistava a sue spese. Gravosa spedì la richiesta alla Deputazione portuale di Ragusa il medesimo giorno. Il 15 marzo 1905, il Capovilla di Brusje (nell’isola di Lesina a sei chilometri dalla città omonima) Ivan Hraste, chiedeva dei fucili per uccidere i delfini. Anche la Deputazione portuale di Lesina, nell’omonima isola dalmata, il 18 aprile 1905 ricevette la richiesta dei lesignani Giacomo Novak fu Gregorio e Giacomo Carić fu Giovanni nonchè di altri pescatori, per avere dei fucili e relative munizioni per la caccia ai delfini. Nella domanda spiegavano che, ogni anno durante la pesca sardellare siamo perseguitati dalla moltitudine dei delfini che fanno enormi danni asportando tutto il pesce che incettano nelle reti……[?] rovinando così le stesse e specialmente agli scogli Bacili [costa Sud dell’isola] ove si radunano a centinaja. La Deputazione di porto e s. m. di Lesina, propose l’assegnazione di 12 fucili e rispettive munizioni ai pescatori, previo ottenimento della licenza del Porto d’armi. Il 28 luglio 1905, il Capitanato di Spalato chiese per sé la fornitura di 6 fucili e rispettive munizioni. Il 20 ottobre 1905 le richieste furono accettate perché la Società austriaca di Pesca e piscicultura marina, comunicò al Governo Marittimo in Trieste che, abbiamo il pregio di partecipare che incontrammo le domande dei petenti, fornendo loro i fucili e le cartucce che chiedevano. Ritornando alla cittadina di Isola, il 6 luglio 1909, con il decreto N. 145971909, il Governo Marittimo inviò all’i. r. Stazione Zoologica in Trieste, l’istanza del pescatore isolano Domenico Ragaù per avere un premio, avendo egli preso un pescecane, aggiungendo: verso restituzione, perché voglia informare se ha effettivamente ricevuto il pescecane di cui tratta l’esibito, ed in caso affermativo determinare la specie35. Il 18 agosto 1909, il Governo marittimo con il decreto N. 16290-1909, portante come Oggetto Isola Ragaù Domenico per premio preda pescecane, scriveva nel testo: Si rimette alla Società di Pesca e Piscicultura in Trieste verso riproduzione coll’invito di accordare al petente il solito premio stabilito per la preda degli squali36.

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Il Governo aveva sicuramente allegato a questo scritto la richiesta del Ragaù e l’esito della Stazione Zoologica (non trovate), che determinava la specie del pescecane, difatti il 5 novembre 1909 la suddetta Società di pesca spedì al Governo la seguente37: Riproduciamo gli allegati al governativo esibito 18/8 a. c. N. 16290 compiegando Cor. 20 (venti) da consegnarsi verso quietanza semplice firmata alla presenza di due idonei testimoni a Domenico Ragaù di Pietro, pescatore da Isola, per la preda di un Carcharias glaucus Cuv. da lui effettuata lì 6 novembre a. p. Il 15 dicembre 1909, il Gov. mar. inviò all’Agenzia portuale di Isola le 20 Corone, dando le medesime disposizioni della Società di Pesca. Allegata alla documentazione si trova la richiesta del Ragaù del 13 giugno 1909 che comprendeva pure una nota di accompagnamento: Raccomanda caldamente la presente Pietro Spadaro Deputato al Consiglio dell’Impero38. Inclito I. R. Governo Marittimo Trieste Il firmato Ragaù Domenico di Pietro di professione pescatore il giorno 6 novembre 1908 si trovava a due miglia circa da Isola alla pesca degli sgombri, ed in tal occasione pescava un pescecane della lunghezza di due metri. Portatolo a Isola venne assunto da questa I. R. Agenzia di Porto e Sanità marittima, dippoi lo trasportò a Trieste nell’I. R. Acquario di Stato dove collà venne trattenuta la testa del mostro marino. In tal occasione gli venne promesso un adeguato compenso, ma visto fin’ora che non fù corrisposto si permette con la presente chiedere anche in vista delle sue circostanze critiche in via finanziaria, il compenso promessogli, il quale trovandosi certo dell’ottenimento ne antecipa le più vivissime grazie, dicendosi Suo devotissimo - Ragaù Domenico Isola, 13 Giugno 1909. Il 5 febbraio 1910, l’Agenzia portuale di Isola inviò al Governo marittimo la quietanza del premio di 20 Corone assegnate al pescatore isolano Ragaù per la cattura di un pescecane39. Anche i delfini venivano catturati dai pescatori isolani, come dimostrato dal rapporto N. 121 dell’Agenzia portuale di Isola del 18 febbraio 1910. Fu spedito dal Capitanato triestino al Governo Marittimo, con il rapporto N. 1960 del 23 febbraio 191040.

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Cattura di un delfino All’I. R. Capitanato di Porto e S. M. Trieste La scrivente avanza rapporto, che il pescatore Bortolo Contesini fu Santo da Isola, mentre a circa quattro miglia si trovava a pescare con la sua barca “Onorato” N. 249, ha catturato in data odierna un delfino della lunghezza di metri 1.65. Il delfino fu presentato a questo ufficio, che eseguì il taglio della pina caudale. Il Contesini prega gli sia conferito il premio previsto dalla circolare governativa d. d. 31/1 1905 N. 1895, la quale preghiera questa I. R. Agenzia si permette di appoggiare. L’I. R. agente Proft Il Capitanato inviò il documento al Governo marittimo il 23 febbraio 1910 con il rapporto N. 1960, aggiungendo tra l’altro: per notizia ed assegno dell’importo di 20 Corone al pescatore suddetto. Quest’ultimo spedì la documentazione il 2 marzo 1910, alla quale seguirono altre disposizioni della Società di pesca e del Governo41. La lettera del Governo portava come Oggetto, Capto di porto. Contesini Bortolo fu Santo da Isola, cattura delfino, mentre nel testo continuava così: Si rimette alla Società di pesca e piscicultura marina in Trieste verso riproduzione, coll’invito di elargire al petente il solito premio per la preda dei delfini stabilita colla circ. gov. 31 gennaio 1905 N. 1895. Trieste 2/III/1910 Attems. La “Società austriaca di pesca e piscicultura marina”, il 15 aprile 1910 comunicò al Governo: Riproduciamo gli allegati al governativo decreto 2 marzo a. c. No 5032 compiegando Cor. 20, diconsi corone venti da consegnarsi verso quietanza semplice, firmata alla presenza di due idonei testimoni a Bortolo Contesini fu Santo da Isola, quale premio per la preda di un delfino descritta in atti. Il Governo marittimo scrisse al Capitanato di Trieste il 28 aprile 1910, In relazione al rapporto 23 febbraio a. c. No 1960, dando ad esso le medesime disposizioni appena viste e affermando che quest’ultimo riceverà l’importo di Cor. 20 da consegnare al Contesini quale premio per la cattura del delfino da lui effettuata addì 18 febbraio a.c. Alla fine, l’Agenzia portuale di Isola, il primo giugno dello stesso anno, inviò al Capitanato di Trieste la quietanza firmata da Bortolo Contesini confermando il regolare versamento del premio di 20 corone, assegnato per la cattura di un delfino42. Il 27 dicembre 1910, il Capitanato triestino inviava al Governo la quietanza per il premio ricevuto dal pescatore Giovanni Milloch fu Nazario da Isola, per la cattura di un delfino43.

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La conferma del 15 aprile 1910, con la quale la “Società austriaca di Pesca e Piscicultura marina“ in Trieste, assegnava il premio di 20 Corone al pescatore Bortolo Contesini fu Santo da Isola, per la cattura di un delfino avvenuta il 18 febbraio 1910. (AST, Gov, b. 905, prot. 9815, a. 1910)

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Un’altra curiosa deposizione venne rilasciata a Trieste dallo stesso pescatore, questa volta segnato con il cognome di Milok. Anche questa volta alla richiesta fecero seguito tutti i passaggi d’ufficio previsti dalla procedura, fino all’invio della ricevuta per l’incasso del premio44. Trieste 2 sette 1911. Nell’ufficio dell’i. r. Capitanato di p. e s. m. presentatosi Milok Giovanni fu Nazario da Isola, pescatore depone Questa mane alle 7 mentre dalla mia barca pescavo ai scombri circa 4m in Ponente della Ma di Strugnano, improvisamente mi si presentò presso la lenza un pescecane della lunghezza di 2 metri circa. Subito presi la togna grande che tengo a bordo, addescato l’amo con un scombro lo gettai verso il pesce, questi afferò tosto l’esca rimanendovi uncinato. Erano con me in barca due compagni ed abbiamo tutti e tre faticato molto pria di mettere in barca la preda. Ora sono venuto qui appositamente portando meco il pescecane, che qui presento, mentre prego mi sia sollecitato dall’ir Governo marittimo il premio che spetta per la pesca dei pesci pericolosi. S Nučelij [?]: Preletto chiuso e firmato. + di Milok Giovanni. Lo stesso giorno, trasmettendo la deposizione al Governo, il Capitanato di Trieste aggiunse: misurato il pesce aveva due metri di lunghezza, le mascelle e la pina caudare vennero dallo scrivente inviate al signore professore Valle, per l’esame della specie. Il 15 ottobre 1911, la Società di pesca assegnò 20 Corone al pescatore isolano Milok [Milloch] Giovanni da Isola quale premio per la preda di un Carcharias glaucus, e il giorno 28 successivo l’Agenzia portuale di Isola provvide a trasmettere la ricevuta dell’incasso. Quattro giorni dopo, un’altro isolano con uguale cognome, ed anche lui figlio di un fu Nazario, forse fratello del precedente Giovanni, catturò un esemplare simile45. Isola, li 7. settembre 1911 No 477 - Oggetto: Cattura di un pescecane I. R. Agenzia di p. e s. m. All’I. R. Capitanato di porto e s. m. in Trieste La scrivente si pregia di avanzare in una al protocollo assunto col pescatore Luigi Miloch, un pacchetto contenente le mascelle e la pinna caudale di un pescecane

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predato dal medesimo. Il pescecane al quale dalla scrivente venne praticato il taglio longitudinale sul ventre, pesava 28 chilogrammi e misurava dalle due estremità 2 metri. Un tanto si porta a conoscenza di codesto I. R. Capitanato di porto per le ulteriori pratiche, affinchè al predatore venga assegnato il premio previsto. Bordon. Isola, li 7 sett. 1911 I. R. Agenzia di porto e s. m. Protocollo assunto presso l’i. r. Agenzia di porto e s. m. in Isola, addì 7 settembre 1911 Presentatosi spontaneamente il pescatore Luigi Miloch fu Nazario, padrone della barca da pesca “Rodolfo” No 792 da Isola, depone quanto segue: Mentre stavo pescando a scombri, la sera del giorno 6 settembre 1911 circa alle ore 11, catturai il pescecane da me presentato a questa I. R. Agenzia di porto e s. m. Il detto pescecane, che a mio parere dovrebbe appartenere alle cosidette :Cagnizze: seguiva la mia barca già da circa due giorni; anche sabato scorso ne pigliai un altro, che presentai direttamente all’I. R. Capitanato di porto e s. m. in Trieste. Prego perciò che mi venga assegnato il premio stabilito per la cattura di tale specie di squali. Preletto, Confermato e firmato! Coram me! Bordon

Miloch Luigi

Il Capitanato di Trieste inviò le richieste al Governo, il quale a sua volta le spedì alla Società austriaca di pesca e piscicultura marina, che il 15 ottobre 1911 le ritornò compiegando 20 Corone da assegnarsi a Luigi Milloch, pescatore da Isola, quale premio per la preda di un Carcharias glaucus descritta negli atti. Il documento è firmato per il Presidente da un certo Lorini e dal Direttore-Segretario R. Valle. Se i pescecani in quell’epoca erano calcolati nemici della pesca, ancor di più lo erano i delfini che nel Golfo di Trieste erano numerosissimi. A denunciarne la presenza anche i vicini pescatori di Pirano che hanno lasciato in testimonianza un’interessante protocollo rilegato e sigillato contenente pure allegati i documenti fino al 20 luglio del 191346. Il 25 giugno 1913, il Capitanato di Trieste, inviò il seguente rapporto dattiloscritto N. 9380:

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All’I. R. Governo – Marittimo Trieste. Come emerge dal qui unito protocollo, e da constatazioni fatte da questo Ufficio, quest’anno il golfo di Trieste è frequentato da molti delfini che rovinano tutte le reti dei pescatori di sardelle. Ora i mezzi di distruzione di questi cetacei proposti dai pescatoti comparsi in questo Ufficio, sarebbero effettuabili ed anche poco dispendiosi. Infatti per il primo si potrebbe interessare la locale i. r. Direzione di Finanza affinchè volesse ordinare al piroscafo “Bilinski” di dare la caccia ai delfini con la mitragliatrice installata a bordo. In quanto alla distruzione dei delfini con la dinamite si potrebbe adottare la macchina che serve alla perforatrice di Umago, adoperando il piroscafo “Audax” o l’autoscafo “Lina”. In vista pertanto del danno che viene risentito da tutti i pescatori, si prega codest’i. r. Governo – Marittimo affinchè volesse con tutta sollecitudine disporre per dare, con un mezzo o con l’altro e forse con tutti due, la caccia ai delfini nel golfo di Trieste. L’I. R. Ispettore Marittimo in Capo e dirigente [firma illegibile]. Nell’Ufficio dell’i. r. Capitanato di Porto Trieste 25 giugno 1913. Comparsi i sottoscritti pescatori, espongono quanto segue: Tanto noi quanto tutti i pescatori di Pirano, siamo quest’anno tanto bersagliati dai delfini, che non solo non si può in nessun giorno fare una buona pesca, ma giornalmente le nostre reti vengono danneggiate. I delfini quest’anno non compariscono nella valle di Pirano ad uno od in copia di due come sollevano fare altre volte, ma compaiono a brigate di 30 – 50 e perfino cento delfini in una sola volta. È un flagello è la miseria per tutti i pescatori. I fucili che diverse barche possiedono non servono, è difficile colpirli e così indisturbati ritornano presso le nostre reti ogni qualvolta le sardelle impigliano in esse. Per questa ragione ci siamo portati in quest’Ufficio per chiedere che l’i. r. Governo venga in nostro soccorso ed escogiti un mezzo per distruggerli. Secondo noi due sarebbero i mezzi d’adottarsi e precisamente quello che si serve il governo italiano che sarebbe di dare la caccia ai delfini con dei piroscafi muniti di una mitragliatrice, oppure di distruggerli con la dinamite. Con la dinamite si potrebbe adottare il seguente mezzo: Noi si preparerebbe apposite reti da distendersi in modo che la parte superiore avesse, con appositi sugheri, da rimanere galleggiante in più punti. In questi punti che rimarebbero galleggianti, si avrebbe da fermare apposite capsule di dinamite, congiunte fra di loro con apposito filo elettrico la cui estremità dovrebbe essere congiunta con l’apposita macchina che si fermerebbe ad una estremità della rete o poco distante da essa. Messa in mare questa rete, nel mentre gli altri pescatori non getterebbero per quel momento le loro reti, ed inlescatola abbondantemente, siamo sicuri che poco

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dopo i delfini si precipiterebbero su di essa. Atteso pertanto il momento opportuno si producerebbe con la macchina la scintilla dando fuoco alle capsule di dinamite. Con questo mezzo siamo sicurissimi che si ammazzerebbe diversi delfini. Ora noi con l’esperienza che abbiamo, possiamo assicurare che un esperimento solo sarebbe sufficiente per allontanare per la presente stagione i delfini dalla valle di Pirano, perché questi animali quando che uno solo di loro è stato colpito, non ritornano mai più in quelle acque. Domandiamo pertanto in grazia che questo i. r. Capitanato di porto, voglia provvoccare dall’i. r. Governo marittimo l’ordine e le disposizioni opportune per liberare noi e tutti i pescatori di Pirano da questo flagello. Preletto, chiuso e firmato: Ramani [?], Andrea Daura [o Davia ?], + di Girolamo Petronio fù Giuseppe, + Giovanni Dolce di Antonio. Al Capitanato di Trieste il Governo rispose il 30 giugno 1913 con il decreto N. 17732: Visto che la Società aust. di pesca e piscicultura mar. in Trieste si assume il compito di impaltare in diversi modi la distruzione dei delfini, s’incarica cod – in parziale esito al rapporto 25 giugno Nr 9380 di mettersi d’accordo colla Società suddetta per la fornitura di fucili e munizioni e di spedire quanto prima possibile sopraluogo i natanti accennati nel citato rapporto per dare la caccia ai delfini cercando per intanto in questo modo generalmente usitato di prevedere a togliere entro i limiti del possibile i danni lamentati. S’invita cod – in fine a partecipare allo scrivente l’ora della partenza dei natanti in argomento onde dare occasione a provetti cacciatori di prendere parte alla caccia suddetta. Riferirà a suo tempo sul risultato. Un’altro ordine partì dagli uffici del Governo, con il decreto N. 19814 del 20 luglio 1913, per il Capitanato di Trieste: In appendice al decreto 30 giugno a. c. Nr 17732 1913 si trasmette a cod – in compiego per notizia una copia della nota diretta dallo scrivente al locale i e r Comando di marina relativo al danno arrecato alla pesca nelle acque di Pirano da numerosi delfini ivi comparsi, quanto della susseguente i e r Comando a questa parte colla quale mise in vista la cooperazione alla caccia dei delfini delle i e r Torpediniere della locale Stazione. S’invita quindi cod – di concertarsi conformemente col locale i e r Comando delle Torpediniere e di mettere di volta in volta a disposizione del medesimo o l’i r Guardia di pesca Sulcich o Petito dopo che questi saranno stati esaurientemente istruiti col compito loro affidato. Il Capitanato triestino rispose ai due ultimi decreti governativi il 4 agosto 1913, con il rapporto N. 11336 che portava come Oggetto, Caccia ai delfini nelle acque di Pirano47.

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All’i. r. Governo – Marittimo Trieste Con riferimento ai decreti 30 giugno 1913 Nro. 17732 e 20 giugno [luglio!?] 1913 Nro. 19814, informo che lo scrivente ebbe a concertarsi col locale Comando delle ii. rr. Torpediniere i cui comandanti si presteranno a dar la caccia ai delfini ogni qualvolta verranno avvisati dagl’ii. rr. piloti guardie di pesca dipendenti. L’ii. rr. guardie di pesca vennero debitamente istruite e secondo l’esplicito desiderio dei comandi, queste non prenderanno imbarco sulle torpediniere, dovranno però indicare le località ove più spesso si presentano i delfini. Informo inoltre che lo scrivente non può metter a disposizione per tale bisogno ogni 2 do giorno alcun natante addatto giacchè la continua presenza del piroscafo “Audax” nel porto è di assoluta necessità per ogni evenienza. Infine ricerco istruzioni, come lo scrivente deve contenersi coi fucili e relative munizioni somministrate per tale scopo dalla locale Società Austriaca di pesca e piscicultura. L’i. r. Ispettore marittimo in Capo e dirigente. La firma è illegibile, come altre due presenti nella nota sul retro di questo documento, che recita così: Partecipato vocalmente al referente la pesca presso il locale i. r. Cap to di porto, sull’impiego dei fucili della Soc. di pesca, passi di notizia - a. a. Trieste 6 Sett. 913. Come si apprende dalla Copia del documento N. 18582 ex 13, datato Trieste 2 luglio 1913, un’altro squalo venne catturato da un pescatore isolano48. Nell’ufficio dell’i. r. Governo Marittimo Dep. III. Comparso spontaneo Antonio Ulcigrai fu Antonio, da Isola, espone: Ieri a mezzodì circa, pescando scombri ad un miglio fuori Barcola, si impigliò ad un amo un grosso pesce che con molta fatica potei portarlo in barca. Presento l’esemplare, che qualifico per pesce cane, pregando l’assegno del premio per la cattura dello stesso. Trieste, 2 luglio 1913. Chiuso, preletto e firmato + di Ulcigrai Antonio fu Antonio. Perizia. L’esemplare è lungo m 1.30.- Dalla visita della dentatura e dal colore della pelle, viene stabilito essere un “Carcharias glaucus”. Trieste, 2 luglio 1913.

Manincor m. p., Pastrović m. p., Giuseppe Ribarich m. p.

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Dopo la solita trafila burocratica, il 4 agosto del 1913, l’Agenzia portuale di Isola spedì al Governo la ricevuta del premio di 20 Corone incassate dall’Ulcigrai. L’1 settembre 1913, l’Agenzia portuale isolana, con il numero 475, inviò un altro rapporto al Capitanato di Trieste49. All’I. R. Capitanato di porto e sm. in Trieste La scrivente certifica aver quest’oggi il pescatore Francesco Chicco, padrone della barca da pesca “Buon pescatore” appartenente al porto d’Isola, catturato in queste acque un pescecane della lunghezza di circa 2 m. appartenente alla famiglia dei “charcharias glaucus”. Bordon. Il Capitanato triestino passò il manoscritto al Governo nel medesimo giorno, e la Società austriaca di pesca e piscicultura marina ritornò la documentazione a quest’ultimo il 26 novembre del medesimo anno, con accluse 20 Corone da assegnarsi a Francesco Chicco da Isola quale premio per la cattura di un Carcharias glaucus. Il Governo Marittimo inviò il premio all’Agenzia portuale isolana il 2 dicembre 1913. Per concludere, sottolineando che oltre cento anni fa, i pescecani non rappresentavano una rarità nell’Alto Adriatico, riportiamo alcuni passi del rapporto dell’Agenzia portuale di Umago, con il quale il 16 aprile 1914, informò il Capitanato di Rovigno che in mattinata si era presentato Vittorio Bullo padrone del battello da pesca “Salvatore“ da Pirano che all’alba trovavasi a circa 20 miglia in mare da Umago sulla posta. I marinai erano sotto coperta ad eccezione di Nicolò Tarassel il quale teneva la guardia. Ad un tratto s’intese un urto come se fossero stati abbordati, ed il marinaio di guardia vide da poppa un grande pescecane della lunghezza di circa 9-10 metri. Il mostro addentò il battello lasciadovi conficcati 2 dei suoi denti e poi s’allontanò50. Nel protocollo vi è allegata anche la nota del 18 aprile 1914, con la quale si rende noto che il Capitanato di Rovigno inviò per conoscenza al Governo marittimo, assieme al rapporto di Umago, la conferma che, il fatto è stato riportato alla III pag. del giornale “Il Piccolo” d. d. 17 corr. me. N. 11780, cioè il giorno dopo l’evento.

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La lettera dell’1 settembre 1913, con la quale l’Agente portuale di Isola, comunicò al Governo marittimo la cattura di un pescecane, da parte dell’isolano Francesco Chicco. (AST, Gov, b. 919, prot. 33210, a. 1913)

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IX.

LA PESCA CON IL GRIPPO

La pesca con il Grippo veniva praticata da diversi pescatori isolani, in particolare, a quanto sembra, i meno abbienti. Gli Agenti portuali di Isola segnavano il Grippo anche con il nome di Sciabacca, nella loro compilazione della Specifica (b), che interessava l’inventario di tutta l’attrezzatura da pesca isolana. La Sciabacca equivale alla rete italiana sciabica che deriva dall’arabo shabaka; si tratta di una rete a strascico formata da due lunghe ali e da un sacco, il cui nome viene dato anche all’imbarcazione che pratica questo tipo di pesca. Albino Troian, nato a Isola nel 1919, profondo conoscitore della pesca in Adriatico, nel suo pregiato volume “Il mio mare: sessant’anni di pesca nell’alto Adriatico”, le distingue una dall’altra e ce ne dà un’ampia descrizione51.

Grippo Con il grippo si assiste al passaggio dallo strascico praticato da terra a quello che si compie direttamente in mare, a barca ancorata. È una rete diffusa nel Golfo di Trieste e sulla costa istriana (Isola, Capodistria e Pirano), che si presta alla pesca praticata in primavera e in autunno sui fondali fangosi. La sua fattura differisce da quella della bragagna solo in una maggiore altezza delle ali. La pesca, esercitata a bordo di una batana da due pescatori, inizia gettando un’ancora a mare in un punto non molto distante dalla costa, da qui si fila per circa 200 metri un cavo avvolto a un mulinello, dopodichè si cala il grippo predisposto lungo tutta la banda della barca; si filano (per una lunghezza di 20-25 m) i cavi legati ai due lati estremi delle ali della rete e si fissano su due carrucole, montate all’estremità di due ponteri e fermate alla bitta l’una di prua, l’altra di poppa. Terminata questa operazione, accertato che la parte inferiore della rete poggia sul fondo, si procede a girare il mulinello tramite delle mazzette, inserite nei due lati del rullo recuperando così la cima dell’ancora. In tal modo la rete inizia il suo moto, sino a quando si arriva vicino all’ancora, a questo punto si prendono i due cavi e si salpa. Il pesce pescato è per la maggior parte minutaglia (pesce piccolo) ossia Ghiozzi, Latterini, Canocchie, Polpi, Calamari, Anguille e pesce bianco. Si passa a più cale sempre con la stessa procedura mentre si fa la cernita del pesce pescato, che viene confezionato per la vendita.

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Sciabica La sciabica è una delle più importanti tratte da fondo, lunga tra i 120 e i 200 m, alta dai 30 ai 35 m, è formata da una specie di sacco, di forma conica e a fondo cieco, da cui si dipartono due lunghe ali (braccia), divergenti e spesso di forma rettangolare, alle cui estremità (terminanti con due masse di legno) sono assicurati i cavi di trazione (in fibra di canapa), detti reste, Le sue maglie misurano 20 cm da nodo a nodo e si riducono progressivamente fino a raggiungere i 4 cm, così da rappresentare un ostacolo alla conversione del pesce e tuttavia da essere sufficientemente larghe per non opporre troppa resistenza al moto, permettendo nel frattempo il filtraggio del fango o di altre scorie. Il sacco terminale, intrecciato di maglie finissime, porta strati di rete sussidiaria, di protezione contro lo sfregamento sul fondo e contro la voracità dei delfini. La prima protezione viene denominata coperta, è in cotone, a maglie molto chiare, larghe 50 cm da nodo a nodo; la seconda, denominata delfiniera, anch’essa di fattura molto chiara ed è realizzata con filato di cotone. Una volta calata e messa in trazione, la rete a strascico raccoglie nel sacco ciò che si trova sul fondo o nei pressi e tramite le ali laterali lo convoglia verso la bocca, tenuta aperta dall’azione contrastante dei sugheri, posti sulla lima superiore, e dei piombi, posizionati sulla lima inferiore. La pesca con la sciabica viene esercitata in primavera e in autunno per la cattura di molte varietà di pesce: Spigole, Orate, Merlani, Saraghi maggiori, Polpi comuni, Seppie, Calamari, Mennole, Cefali, Latterini, Aguglie, Ghiozzi, Cheppie, Musdee bianche, Mormori, Saraghi, Ombrine. Come detto, la pesca con il grippo veniva molto praticata dai pescatori isolani, tanto che a volte si spingevano anche nello specchio di mare antistante il Comune di Muggia. Non solo, ma chiesero persino il permesso, naturalmente rifiutato, per accedere pure alle acque del Comune di Pirano. Il motivo delle varie richieste era forse che, per quel tipo di rete, quei mari erano più pescosi, oppure perché la piccola superficie marina di cui disponevano gli isolani non era sufficiente per il grande numero di pescatori che aveva Isola. Generalmente, nelle domande che si dovevano presentare alle autorità per ottenere il permesso di pesca con questa rete, il richiedente metteva innanzitutto in evidenza la sua povertà, le malattie e la famiglia numerosa. Il primo documento che proponiamo su questo tipo di pesca, è una lettera del Podestà di Isola Francesco Vascotto che riportiamo integralmente, assieme alla risposta del Governo Marittimo fatta pervenire tramite il Capitanato di Trieste52.

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Isola 14 Aprile 1906 N 618 - XIV All’I. R. Governo Marittimo Trieste Codesto i. r. Capitanato di porto e s. m. trasmise a questa parte un avviso ai pescatori d. d. 8 Aprile a. c. N 2528 che vieta l’esercizio della pesca con reti grippo e trattolina per l’epoca dal 1. Aprile a tutto Luglio di ogni anno e questa proibizione si estende per la pesca nelle acque di questo territorio. Questi pescatori si trovano in tal modo fortemente danneggiati vivendo moltissime famiglie dall’esercizio di tal pesca, anzi essendo questa ordinanza comparsa in epoca in cui avevano già incontrate spese per prepararsi, pregano d’urgenza la revoca di questa disposizione almeno per quest’anno. Il Podestà F. Vascotto All’i. r. Capitanato di porto Trieste S’invita cod – di partecipare alla Podestaria d’Isola, in esito alla nota 14 Aprile a. c. N. 618, qui direttamente prodotta, che lo scrivente, conscio dell’obbligo che gl’incombe di provvedere alla tutela della propagazione del pesce, non trova di revocare il divieto dell’uso della trattolina e del grippo dal 1 aprile a tutto luglio di ogni anno, pronunziato da cod – coll’avviso del 8 Aprile a. c. N 2528, non solo, ma che non permetterà l’uso di queste reti, anche fuori dell’epoca suddetta, se non a patto che le loro maglie abbiano una larghezza minimale di almeno 1 centimetro netto da nodo a nodo, nodi esclusi, misurazione a rete tinta e bagnata. In quest’incontro si raccomanda a cod – di disporre l’opportuno onde nelle acque del suo circondario, non siano più adoperate reti da trazione (strascico) di qualsiasi specie che abbiano maglie sotto la misura minimale suddetta. Vanno eccettuate da questa disposizione le tratte esclusivamente adibite alla pesca dei sardoni (engraulis encrasicholus) e zari (atherina mocho). Trieste, 16 agosto 1906 - [Seguono due firme, tra le quali quella di Lorini] È probabile, però, che la legge sul divieto di quel tipo di pesca, nel giro di tempo di due anni fosse stata modificata in quanto ora per poterla esercitare bisognava esser muniti di una Licenza personale, come sembra essere evidente dai documenti che vanno fino al 16 agosto 190853. Iniziamo con la lettera N. 224 dell’Agenzia portuale isolana, datata Isola 2 giugno 1908 e firmata dall’Agente Francesco Trojan. All’I. R. Capitanato di porto e sanità marittima in Trieste La scrivente avanza a codest’ i. r. carica l’acclusa supplica del pescatore Francesco Marchesan da Isola, rivolta all’Eccelso I. R. Governo Marittimo per ottenere in via eccezionale il permesso di pescare per tutto il tempo dell’anno con la rete “Grippo”.

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A tale scopo il supplicante allega un bollo da due corone. Con un allegato ed un bollo da 2 Corone. Fr Trojan Agente Eccelso I. R. Governo Marittimo Trieste Il sottoscritto padre di numerosa famiglia si rivolge a codesta I. R. Autorità colla preghiera gli venga accordato eccezionalmente il permesso di pescare tutto l’anno con rete grippo non potendo egli per la sua miserabilità dedicarsi ad altra qualità di pesca, addattandosi di sottostare a tutte le vigenti prescrizioni di legge sulla pesca. Fiducioso di vedersi favorevolmente esaudito nella sua preghiera devotissimo Marchesan Francesco Il 4 giugno 1908, con la nota N. 4491, il Capitanato di Trieste rispose: Bollo in speditura. Si restituisce all’I. R. Agenzia ps. in Isola coll’invito di esternarsi in merito dopo inteso anche il parere di provetti pescatori di costà. L’Agenzia isolana rispose il 10 giugno successivo con la lettera scritta a mano N. 229. All’I. R. Capitanato di porto e sanità marittima in Trieste In evasione all’incarico di codest’i. r. Capitanato di porto d. d. 4 giugno a. c. No 4491 la scrivente dopo inteso dei provetti pescatori d’Isola, si permette di appoggiare l’acclusa supplica del pescatore Francesco Marchesan per ottenere la chiesta licenza di pescare tutto l’anno colla rete “Grippo” soltanto alle seguenti condizioni: 1. Di dover rispettare le pesche mobili e fisse dei comunisti [abitanti del Comune] nonché le peschiere private. 2. Le maglie del grippo da usarsi dovranno misurare dieci millimetri netti per lato e la sua armatura inferiore dovrà essere fatta più leggiera e levati almeno la metà dei piombi usati. Con 1 allegato ed 1 bollo da Cor. 2.- Trojan Agente Il 19 giugno successivo, con il rapporto N. 4913, il Capitanato inviò la documentazione al Governo Marittimo aggiungendo: Veduto, si prosegue all’i. r. Governo marittimo per le Sue disposizioni, col cenno che a parere dello scrivente sarebbe ad accordarsi quanto chiesto dal petente alle condizioni descritte nell’annesso rapporto dell’Agenzia di Isola. A conclusione di questa serie di documenti il Governo Marittimo rispose:

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All’ir. Capitanato di porto Trieste In esito al rapporto dd. 19 giugno a. c. No 4913 si autorizza cod – di rilasciare al pescatore Francesco Marchesan da Isola la licenza per l’esercizio della pesca col grippo entro un miglio marittimo del proprio comune, a tutto Dicembre dell’anno corrente, colla condizione che l’armatura inferiore del grippo sia di molto alleggerita in confronto a quei di solito usitati, e che l’apertura delle maglie non sia minore di un centimetro da nodo a nodo, obbligandolo di rispettare tutte le pesche fisse e mobili dei comunisti, nonché le peschiere private, e di conformarsi alle discipline che regolano la pesca marittima. La concessione potrà essere revocata, tostochè si riscontrasse che il petente abbia dato adito ad abusi di qualsiasi specie, o qualora lo richiedessero gli interessi dei pescatori locali. Trieste, 16 agosto 1908. Pastrovich, Attems Anche Nicolò Degrassi fu Domenico da Isola, il 17 luglio 1908 chiese che gli venisse concesso di pescare con il grippo entro il primo miglio nelle acque di Muggia, per la durata di tutto dicembre. Il 20 luglio dello stesso anno, il Capitanato triestino proponeva al Governo di accogliere la richiesta, già accordata dal Comune di Muggia il 21 maggio 1908, presso il quale il Degrassi aveva pure inoltrato domanda. Quest’ultimo esibiva al Governo anche la precedente Licenza di pesca del 1 febbraio 1906 che gli consentva di pescare nelle stesse acque a tutto dicembre di quell’anno con il dovere di rispettare le leggi e le regole vigenti54. La domanda per pescare con il grippo presentata il 7 luglio 1909 da Carlo Gruber fu Ferdinando venne accettata dal Governo il 3 settembre di quell’anno, previo nulla osta del Capitanato di Trieste del 27 agosto 190955. Anche un altro pescatore isolano chiese di ottenere la licenza di pescare nelle acque di Muggia con il grippo per l’anno 1910. Il permesso gli venne accordato il 22 aprile del 191056. All’I. R. Capitanato di Porto e Sanità Marittima in Trieste Il sottoscritto umilmente si rivolge a codest’I. R. Capitanato di Porto e Sanità Marittima con la preghiera di voler accordarli la rinovazione del permesso di pescare con il grippo entro il miglio marittimo nel comune di Muggia. Dichiara già da ora di assoggettarsi e di osservare scrupolosamente tutte quelle condizioni dalle quali codest’I. R. Capitanato di Porto e Sanità Marittima farà dipendere il chiesto permesso o che altrimenti crederà opportuno di stabilire.

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Allegando a questa sua suplica la licenza di pesca rilascoatali per l’anno 1909 si permette di esprimere gli antecipati ringraziamenti per l’eventuale accoglimento da sua umile supplica e si segna devotissimo Gioachino Ulcigrai Il documento non è datato, ma un timbro del Capitanato porta come data di ricevimento il 13 aprile 1910 ed il numero di protocollo 3863. Esso è bollato con una Corona ed annullato con un timbro ovale-verticale, con al centro lo stemma asburgico ed in circonferenza la scritta I. R. CAPITANATO DI PORTO E SANITÀ - TRIESTE. La Licenza del 1909 citata ed allegata, porta il N. 1641 ed è bollata con due Corone non annullate, mentre in fondo al testo dattiloscritto, è stato impresso il timbro del Capitanato. LICENZA DA PESCA In seguito ad autorizzazione impartita dall’i. r. Governo marittimo con decreto 17 febbraio 1909 No. 3507, quest’i. r. Capitanato di porto e sanità marittima, in base al §. 2 dell’Ordinanza ministeriale 5 dicembre 1884 /: B. L. I No. 188 : / concernente la pesca marittima, accorda a Gioachino Ulcigrai fu Francesco da Isola, la Licenza per l’esercizio della pesca col grippo entro il miglio marittimo del Comune di MUGGIA, a tutto dicembre dell’anno corrente, alle seguenti condizioni: 1. Che l’armatura inferiore del grippo sia di molto allegerita in confronto ai grippi di solito usitati; 2. Che l’apertura delle maglie sia minore di un centimetro da nodo a nodo; 3. Che vengano rispettate le pesche mobili e fisse dei comunisti, nonché le peschiere private. La presente Licenza potrà essere revocata in ogni momento qualora lo richiedessero gli interessi pubblici e quando il concessionario avesse da contravvenire alle discipline che regolano la pesca marittima. Dall’i. r. Capitanato di porto e s. m. - Trieste, 8 marzo 1909. L’i. r. Ispettore marittimo superiore: [firma illegibile]

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La Licenza di pesca dell’isolano Gioachino Ulcigrai datata 8 marzo 1909, per pescare con il grippo nelle acque di Muggia (TS). (AST, Gov, b. 905, prot. 9675, a. 1910)

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Allegato a questa documentazione vi è il Nulla osta dattiloscritto del Municipio di Muggia, che in calce porta un timbro ovale-orizzontale avente al centro lo stemma della città ed in circonferenza MUNICIPIO DI MUGGIA. No. 1278

Muggia 10 Aprile 1910

Nulla osta da parte dello scrivente a che sia rinnovata anche per l’anno corrente la licenza di pesca al petente Gioachino ULCIGRAI da Isola mediante grippo entro il miglio marittimo del Comune di Muggia, verso però esatta osservanza delle condizioni portate nel decreto di concessione dell’I. R. Capitanato di porto e s. m. in Trieste datato 8 marzo 1909 No. 1641. DAL MUNICIPIO: Il Podestà Deluca Il Capitanato di Trieste inviò i documenti al Governo, con il rapporto N. 3863 del 14 aprile 1910, per deliberazione colla proposta sia rinnovata la chiesta licenza alle condizioni fissate col decreto di data 17 febbraio 1909 Nro: 3507. Il Governo marittimo rispose con il decreto N. 9675 del 22 aprile 1910, firmato da Attems, Pastrovich e un altro funzionario: Accogliendo la proposta avanzata col rapporto dd. 14 aprile a. c. N o 3863, si autorizza cod – di rinnovare a Gioachino Ulcigrai fù Francesco da Isola la chiesta licenza per l’esercizio della pesca col grippo entro il miglio marittimo nelle acque del Comune di Muggia alle condizioni stabilite col Gov. Dto DD. 27 Febbraio 1909 N o 3507. L’Ulcigrai ripresentò la domanda per pescare con il grippo a Muggia anche per l’anno 1911 che gli venne concessa dal Governo Marittimo il 18 gennaio di quell’anno57. Muggia li 24 dicembre 1910 ISTANZA di ULCIGRAI GIOACHINO pescatore da Isola, per l’ammissione alla pesca mediante grippo entro il miglio marittimo nelle acque di Muggia. All’Inclito I. R. Capitanato di Porto e S. M. in TRIESTE Ottenuto il nulla osta da parte del Comune di Muggia, il devoto petente, prega codest’Inclito I. R. Capitanato a volergli accordare la concessione, nei limiti di legge, di pescare mediante grippo nelle acque territoriali di Muggia entro il miglio marittimo, esclusa la peschiera comunale appaltata. Il petente è proprietario della barca da pesca denominata “Gloria” registrata col N. 388 dell’Agenzia portuale d’Isola. Allega il permesso provvisorio di codesta i. r. Autorità rilasciatogli in data 14 aprile 1910. Unisce un bollo di Cor. 2 per la concessione. devotissimo cro+ce di Gioachino Ulcigrai coram me [firma illegibile]

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La domanda era stata bollata con una marca da bollo di una Corona, annullata con il timbro ovale-verticale dell’I. R. CAPITANATO DI PORTO E SANITÀ – TRIESTE. In calce portava un timbro rettangolare del Municipio di Muggia, che era stato compilato con il numero di protocollo 4891, e datato 26/12/1910. Sotto di questo stava scritto che, Si prosegue All’I. R. Agenzia di porto e s. m. in Loco per l’inoltro alla su detta Autorità per l’effetto cui entro. Muggia 26. XII 1910. Il Podestà Deluca. La documentazione includeva il Nulla osta che recita così: Nulla osta da parte dello scrivente acchè al pescatore d’Isola Gioachino Ulcigrai, sia concesso l’esercizio della pesca mediante grippo nelle acque di Muggia, entro i limiti di legge, esclusa l’arrendata peschiera comunale. Dal Municipio, Muggia 24 decembre 1910. Il Podestà Deluca. L’Agenzia di porto e sanità marittima di Muggia, con il rapporto N. 8 del 7 gennaio 1911, inviò i documenti al Capitanato di Trieste partecipando che da parte di quest’ufficio nulla osta al rilascio del richiesto permesso. Quest’ultimo la inoltrò al Governo con il rapporto N. 374 del 12 gennaio successivo con riferimento ai decreti di data 17 febbraio 1909 Nro: 3507 e 22 aprile 1910 Nro: 9675 e colla proposta che al petente venga accordata tale pesca verso le consuete condizioni anche per l’anno corrente. Il Governo marittimo accolse la proposta N. 374 del Capitanato triestino, ed autorizzò il rinnovo della Licenza a Gioachino Ulcigrai fu Francesco da Isola, in data 18 gennaio 1911. Che questo tipo di pesca fosse stato molto popolare tra i pescatori isolani, lo dimostra anche la richiesta di Bortolo Degrassi fu Giuseppe, i cui figli erano arruolati nella Marina Militare austro-ungarica, che chiedeva il permesso di pescare con il grippo nelle acque di Isola. Egli presentò la domanda all’Agenzia portuale isolana, alla quale seguirono tutti i documenti previsti, fino all’autorizzazione dell’8 febbraio 191158. No 59 - I. R. Agenzia di porto e s. m. Isola, li 27 genn. 1911 Oggetto: istanza di Bortolo Degrassi fu Giuseppe pescatore da Isola per poter pescare tutto l’anno col grippo. All’I. R. Capitanato di Porto e s. m. a Trieste. Si avanza l’istanza di Bortolo Degrassi fu Giuseppe, pescatore da Isola, padrone della barca da pesca “San Stolano” munita del certificato di registro dd. 11. 10. 08 N o 734, con cui tende a ricevere il permesso di poter pescare tutto l’anno col grippo. La scrivente si permette d’osservare che le condizioni finanziarie del petente sono

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tutt’altro che floride; uno de’ suoi figli è deficiente, cioè zoppo, mentre gli altri due servono nell’I. e R. Marina da guerra; il sopradetto non ha altr’arte alcuna, per cui a parere della scrivente sarebbe degno d’ottenere ciò che chiede. Bordon ag. La richiesta del Degrassi, che riportiamo integralmente, è simile a quanto esposto dall’Agenzia isolana; è affrancata con un bollo annullato di una Corona. All’Inclito I. R. Capitanato di porto e s. m. in Trieste L’umile sottoscritto si rivolge rispettosamente a Codesta I. R. Carica onde si compiaccia a rilasciarli un permesso onde poter pescare tutto l’anno col mestiere di grippo, non avendo il suddetto altri mestieri di nessuna sorte, come lo può dimostrare la locale Agenzia di porto e s. m.; di più essendo un povero pescatore con tre creature, una malaticcia; e due figli i quali servono l’I. R. Marina di guerra; onde poter affamare questi miserabili. Fiducioso d’una breve e favorevole evasione si segna devotissimo Bortolo Degrassi fù Giuseppe. Isola 27-I-11. Il Capitanato triestino inviò questi documenti al Governo marittimo l’1 febbraio 1911, con il rapporto N. 1207, aggiungendo: per la Superiore deliberazione colla proposta che al petente venga accordato l’esercizio di tale pesca alle consuete condizioni durante l’anno corrente e ciò in vista delle sue precarie condizioni economiche. L’8 febbraio 1911, il Governo marittimo dava l’autorizzazione al Degrassi di poter pescare con il grippo per l’anno corrente, alle condizioni stabilite dal decreto governativo N. 7504 del 18 giugno 1906. Il 6 marzo 1911, l’Agenzia portuale di Muggia, con il rapporto N. 84 inviò al Capitanato di Trieste la richiesta di Domenico Beltrame da Isola di poter pescare con il grippo nelle acque di Muggia, confermando subito anche il nulla osta al rilascio della Licenza. Già il 3 marzo precedente, il Podestà della cittadina limitrofa acconsentì al Beltrame di pescare entro i limiti di legge. Il Governo marittimo in Trieste, il 14 marzo 1911, autorizzò anche in quest’occasione il rilascio della licenza al pescatore isolano59. Muggia li 3 Marzo 1911 Istanza di Beltrame Domenico fu Francesco per l’ammissione alla pesca mediante “Grippo” entro il miglio marittimo nelle acque di Muggia All’Inclito I. R. Capitanato di Porto e S. M. in TRIESTE pel tramite dell’I. R. Agenzia di Porto e S. M. in Muggia Accompagnato dal nulla osta del Municipio di Muggia mi produco appo codest’Inclito I. R. Capitanato, all’uopo di ottenere entro i limiti di legge di pescare mediante “Grippo” nelle acque territoriali di Muggia entro il miglio

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marittimo dalla costa, esclusa l’arrendata peschiera comunale. L’esercizio della pesca seguirà col mio battello denominato S. Antonio del porto di Isola come dal Certificato di registro per la pesca, Esibit. No. 420, segno distintivo 47, T. dd. 17 gennaio 1907, accertato da Codest’Inclito I. R. Capitanato in data 5 Nov. 1910 No. 11411. Allego un bollo di Cor. 2 per la Concessione. Certo di tanta grazia mi professo ringraziando Suo devotissimo suddito. Domenico Beltrame Le domande per pescare con il grippo erano numerose e un’altro pescatore isolano si rivolse all’Agenzia di porto e s. m. di Isola, la quale inviò il rapporto N. 186, datato 23 marzo 1911, al Capitanato triestino. A questo rapporto seguirono altri documenti sino al 2 aprile 191160. All’ I. R. Capitanato di porto e s. m. in Trieste. La scrivente si pregia di avanzare l’istanza del pescatore Lionello Felice di Antonio da Isola, rapportando quanto segue: Il petente, direttore della barca da pesca “Dante” No 793, di cui proprietaria è Agnese Vedova Gubertini nata Degrassi, è realmente povero e per di più afflitto da una malattia agli occhi che non gli permette di avventurarsi in alto mare; ha due figli, un giovane di circa 23 anni ed una giovane, che lavora in una delle locali fabbriche di conserve alimentari, però l’ajuto che ne proviene al padre è quanto mai esiguo. La scrivente si permette perciò di raccomandare il petente, affinchè Codesta Carica gli conceda il permesso di poter pescare col grippo tutto l’anno nelle acque d’Isola. Bordon Ag Anche la richiesta di Lionello Felice venne risolta con la stessa procedura. Inclito I. R. Capitanato di porto e s. m. Trieste L’infrascritto si rivolge a codesta Inclita I. R. Carica, affinchè si compiaccia accordargli il permesso di pescare tutto l’anno con reti “grippo” fuori il porto d’Isola. Deve impetrarlo [pregarlo, supplicarlo] perché essendo uno dei più miserabili pescatori del porto d’Isola e di vista debolissima non è in grado di acquistar reti per altro pesce, quali sarebbero nella stagione invernale, le “passalere” e d’estate i “sardelleri”. Né causa la notoria sua infermità visiva può esporsi colla pesca in alto mare, venendogli per questo rifiutato il lavoro dai padroni di barca in causa di tanto difetto fisico che lo affligge.

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Onde a guadagnare un tozzo di pane per sfamare sé e la sua povera famiglia e non cadere con essa in preda all’inedia annientatrice, non gli resta purtroppo altro che di ricorrere al patrocinio di codesta Inclita I. R. Autorità per ottenere in via di grazia il permesso implorato. Certo di vedersi favorevolmente esaudito colle più vive grazie e perenne riconoscenza devotissimo Lionello Felice di Antonio. Il Capitanato di Trieste inviò le relative richieste al Governo marittimo con il rapporto N. 3392 del 28 marzo 1911 proponendo di concedere il permesso. Il Governo autorizzò il Capitanato il 2 aprile 1911. Pure il pescatore isolano Antonio Lorenzutti il 12 gennaio 1912 si rivolse al Comune di Muggia perché gli venisse permesso di poter pescare con il grippo in quelle acque territoriali. Il documento fu registrato dal Municipio muggesano con il N. 19561. All’Inclito I. R. Capitanato di Porto e S. M. in TRIESTE pel tramite dell’i. r. Agenzia di P. e S. M. di MUGGIA Il devoto petente richiamandosi alle disposizioni del §.2 della Ordinanza ministeriale 5 dicembre 1884 N. 188, munito del nulla osta della Podestaria di Muggia, fa preghiera affinchè gli sia concesso di pescare mediante grippo col proprio battello da pesca denominato “I due gemelli” inscritto nel porto d’Isola col N. 281, entro il miglio marittimo dalla costa del Comune di Muggia. Si obbliga di rispettare ed osservare le clausole impostegli dal Comune di Muggia percui è vincolato il nulla osta, ed inoltre quelle che gli verranno imposte da codesta i. r. Autorità. Allega all’uopo un bollo di Cor. 2 per la concessione, e fiducioso nello esaudimento si segna devotissimo suddito. + di Antonio Lorenzutti. Si prosegue all’I. R. Agenzia di porto e S. M. in Loco per l’inoltro con parere favorevole all’i. r Autorità cui diretta Dall’Ufficio comunale - Il Podestà: [firma illegibile]. L’1 febbraio, il Governo marittimo autorizzò il Capitanato triestino di concedere al Lorenzutti la licenza per la pesca con grippo nelle acque comunali di Muggia, a tutto dicembre a. c. coll’obbligo di vendere tutto il pescato su quel mercato. Va da sé che il concessionario non potrà esercitare la pesca nella peschiera di patrimonio comunale.

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Tommaso Degrassi fu Tommaso, pescatore isolano, chiese il permesso di pescare con il grippo nelle acque di Muggia il 28 febbraio 1912. Il permesso gli venne concesso dal Governo marittimo il 25 aprile 1912, quando venne confermato anche al Capitanato triestino62. Un curioso documento ci viene tramandato da Pirano. Pietro Degrassi, isolano, proprietario della barca “ Rondello” ormeggiata nel porto isolano, il 19 marzo 1912 chiese di pescare con il grippo per quell’anno nelle acque fra Isola e Strugnano. La risposta piranese fu negativa63. I.R. DEPUTAZIONE DI PORTO E SANITÀ MARITTIMA - P I R A N O Pirano 15 Maggio 1912 No 545 - Oggetto: Degrassi Pietro per licenza di pesca nelle acque fra Isola e Strugnano. All. 2. All’ I. R. Capitanato di porto e S. M. in Trieste Colla riproduzione dell’allegato del decreto 26 marzo a. c. No 4014, si allega il parere della locale Rappresentanza Comunale circa la domanda del suddetto pescatore per la Licenza di pesca con grippo nelle acque fra Isola e Strugnano. Informando, che giusta lo sfoglio della specifica multe, dal decembre 1908 a tutto oggi, oltre 60 contravvenzioni di pesca e §. 2. dell’Ordinanza Ministeriale 5 dicembre 1884, si ebbe a constatare dai pescatori Isolani in queste acque, delle quali, una buona parte vennero denunziate dai locali pescatori, per cui si può immaginare con quale animo verrebbe accolta dai medesimi il rilascio della licenza di pesca in parola. Ciò premesso e pei motivi esposti dalla locale rappresentanza Comunale si è quello giustificato dalla circostanza che a Pirano, vi esiste più che sufficiente numero dei pescatori per sfruttare le acque assegnate a questi comunisti, che la scrivente si permette esternarsi contraria a qualsiasi domanda in tal senso ai pescatori di Isola in generale. Il Dirigente: U. Mariglia Il 3 aprile 1912, Antonio Lorenzutti di Giovanni, Lionello Felice di Antonio, Pietro Pugliese fu Antonio, Bortolo Degrassi fu Giuseppe, Tommaso Degrassi fu Tommaso, Pietro Contesini fu Santo, Federico Gandolfo fu Federico, tutti pescatori di Isola, chiesero il permesso di poter pescare con il grippo sino alla fine del mese corrente. La domanda era raccomandata e firmata dall’istriano Deputato al Consiglio Superiore, Pietro Spadaro.

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L’11 aprile 1912 il Governo marittimo spedì un telegramma all’Agenzia portuale di Isola, permettendo loro di pescare in quelle acque. La richiesta dei pescatori era motivata al desiderio dei sottofirmati, desiderio espresso per titolo della fame64. Terminiamo questo capitolo con la domanda del pescatore isolano Francesco Marchesan fu Sebastiano, che il 15 febbraio 1913, chiese al Governo marittimo, tramite il Municipio di Isola, il permesso di poter pescare a grippo durante tutto l’anno in quelle acque comunali avendo egli 70 anni e non potendosi procurare il vitto quotidiano con altri attrezzi di pesca. Il Capitanato di Trieste chiese delle informazioni all’Agenzia portuale isolana. Il 6 marzo 1913, quest’ultima dava il parere di respingere la domanda per non creare un precedente, viste le chiare disposizioni in tal senso, del decreto 23 ottobre 1906 No 5950 del Capitanato di Trieste, il quale il 20 marzo 1913 si associava a questo parere, come fece anche il Governo marittimo il 29 marzo successivo65.

Caratteristica veduta del mandracchio nei primi anni del ‘900.

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X.

IL CONSORZIO “UNIONE DEI PESCATORI DI ISOLA”

Lo Statuto dell’Unione dei pescatori di Isola venne registrato ufficialmente nel febbraio del 1908. Il Deputato al Consiglio dell’Impero, l’istriano Pietro Spadaro, in una nota del 1908 ribadiva che Lo statuto relativo venne protocollato col Conchiuso dell’I. R. Tribunale commerciale e marittimo di Trieste dd 6/2/1908 Firm 237/8 – Cons IV. 60. Nell’incartamento, che porta lo stesso numero di protocollo, infatti, è depositata anche la richiesta di modificarlo comprensiva della risposta del Governo Marittimo66. N. 125 - Isola 30 marzo 1908 I. R. Agenzia di Porto e S. M. All’I. R. Governo Marittimo Trieste La intestata Agenzia trasmette a codesto I. R. Governo Marittimo, la copia delle modificazioni fatte allo Statuto dell’ ”Unione dei Pescatori di Isola” sulla base del Manuale per i consorzi dei pescatori; e la unita preghiera, perché da questo I. R. Governo Marittimo sia inviato costà un impiegato per istruire sulla pesca marittima in generale. Proft i. r. ass. dog.

Karsic A. S.

Pertanto, ad un mese dalla registrazione dello Statuto presso il Tribunale Commerciale-Marittimo di Trieste, i soci chiedevano già delle modifiche. Lo Statuto consta di un dattiloscritto di nove pagine, sigillato da un cordoncino e compilato a penna negli spazi vuoti. Molto probabilmente il testo originario era rappresentato da una copia che era uguale per tutti e che veniva completata da ogni soggetto con l’inserimento manuale dei dati richiesti.

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STATUTO dell’Unione dei pescatori in Isola Consorzio economico registrato a garanzia limitata. Costituzione § 1. Si è costituito in Isola un Consorzio cooperativo economico con garanzia limitata, ed a tempo indeterminato col titolo “Unione dei pescatori in Isola ” Consorzio economico registrato a garanzia limitata. Scopo § 2. L’Unione dei pescatori in Isola ha i seguenti scopi: a) promuovere sotto ogni aspetto la pesca razionale b) istruire i propri soci nelle condizioni e faune del mare Adriatico per poter conoscere il modo e l’epoca della propagazione del pesce, c) studiare i diversi istrumenti da pesca e la loro fabbricazione. d) acquistare cumulativamente il materiale da pesca, per cederlo ai soci e) fondare società cooperative nel seno dell’Unione e propagare la idea cooperativa fra i soci per la vendita del pesce in comune. f) impartire esatta istruzione ai soci di tutte le leggi, ordinanze e disposizioni e delle Autorità che regolano la pesca, g) istruire i soci sul commercio e l’industria del pesce h) chiedere protezione e sussidi si al Governo che alla Provincia e ad altri corpi morali. i) aiutare i soci con anticipazioni di denaro a tasso minimo l) dividere equamente i sussidi di denaro tra i soci. Questi sono scopi che tendono a migliorare si moralmente che economicamente le condizioni dei soci. Soci § 3. Soci dell’Unione possono essere: a) pescatori si maggiorenni che minorenni i quali possiedono la prescritta matricola, abitano nel comune e siano persone oneste e di buoni costumi. Per l’ammissione di quest’ultimi è richiesta l’adesione del loro legale rappresentante. b) corpi morali informati a spirito cristiano sociale, c) persone benevise dalla casta dei pescatori. Non verranno accettati quali soci persone avide di lucro, quelle che si dedicano all’ubriachezza e che sono conosciute per pigre nel lavoro, come pure quelle che appartengono ad altri consorzi di pesca col medesimo scopo. Il numero dei soci è illimitato.

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Patrimonio § 4. Il capitale sociale è costituito: a) dalle quote sociali sottoscritte dai soci il cui valore è di Corone Dieci cadauna. b) dai sussidi che verranno dati si dal Governo che da altri corpi morali come pure da persone benefatrici. Doveri dei soci § 5. Ogni socio deve pagare Una Corona di buona entrata. a) possedere almeno una quota sociale; b) pagare la prima quota sociale in dieci rate semestrali di Corone una, le quote susseguenti potranno venire pagate in rate, previo consenso della Direzione; il 1° Dicembre e 1° Giugno di ogni anno. c) di rispondere per un importo eguale al valore delle quote sottoscritte ( § 76 della legge 9/4/1873); d) di osservare lo statuto ed i regolamenti dell’Unione, nonché uniformarsi alle deliberazioni delle adunanze dei soci; e) di favorire in ogni rapporto l’interesse dell’Unione e dei soci della stessa, f) di tenere una condotta da buoni cristiani e da buon cittadino g) d’intervenire alle adunanze sociali tranne casi di giustificato impedimento. Diritti dei soci § 6. I soci hanno diritto a) di intervenire alle adunanze, alle quali i maggiorenni soltanto hanno diritto di voto. Il voto è da esercitarsi personalmente. I corpi morali esercitano il loro voto mediante il loro legale rappresentante. I soci minorenni esercitano il loro diritto di voto mediante il loro genitore o tutore. b) di partecipare a tenore dello statuto ed a seconda dei conchiusi del Consorzio ai vantaggi offerti dallo stesso; c) di sindacare e vigilare le operazioni del Consorzio nei limiti del § 27 della legge 9/4/1873 e di essere nominato alle cariche. Uscita dei soci dal Consorzio § 7. Ogni socio cessa di far parte dell’Unione a) per cambiamento di dimora, nel quale caso devono annunciare un tanto alla Direzione; b) per uscita volontaria, c) in caso di morte, d) per esclusione.

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§ 8. Chi intende uscire dall’Unione deve annunciarlo almeno 3 mesi prima della fine dell’anno amministrativo, quindi prima del mese di ottobre, presentando una relativa dichiarazione in iscritto al Presidente. I suoi diritti di socio scadono colla chiusa dello stesso anno amministrativo. Esclusione del socio § 9. Il socio che non avesse ad uniformarsi alle norme dello statuto, ai conchiusi delle adunanze, ed a quelli della Direzione, che danneggiasse il Consorzio o che in qualsiasi modo si rendesse indegno di appartenere al Consorzio, sarà dalla Direzione dichiarato escluso dal nesso sociale. Il socio espulso può appellarsi al Congresso generale, ma contro la decisione di questo non vi ha ricorso alcuno. Garanzia del socio § 10. il socio uscente resta però garante per le sue quote da lui sottoscritte, come disposto dal § 5 punto c, ancora per un anno, degli obblighi contratti dal Consorzio fino alla sua uscita. Decesso del socio § 11. In caso di morte i doveri sociali passano agli eredi; mentre per goderne i diritti, si rende necessario che gli eredi – entro un mese dalla data dell’intimazione del decreto d’aggiudicazione – facciano domanda alla Direzione e questa acconsenta. Cessione delle quote § 12. La cessione delle quote può avere luogo soltanto fra soci e col consenso della Direzione. Ai soci che recedono spontaneamente o vengono esclusi dalla Direzione, come pure agli eredi dei soci spetta la restituzione della quota sociale già pagata. Questa restituzione avrà luogo al 31 dicembre di quell’anno che segue l’anno nel quale venne fatta la formale disdetta. Scioglimento del Consorzio § 13. In caso di scioglimento dell’Unione, la sostanza netta verrà divisa fra i soci in proporzione alle loro quote d’affari realmente pagate; tale divisione non potrà avere luogo prima del decorso di un anno, da computarsi dal giorno in cui il relativo avviso di scioglimento sarà stato pubblicato per la terza volta nei fogli pubblici a ciò destinati. Organi sociali § 14. Sono organi sociali: a) le adunanze generali b) la Direzione del Consorzio.

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Nella cartolina edita da Ernesto Fano di Trieste, si nota la chiesa di S. Andrea, protettore dei pescatori, nella piazza principale di Isola, dove al fianco dell’edificio sacro, i pescatori stendevano le loro reti ad asciugare. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin)

Adunanze generali § 15. I soci del Consorzio formano l’adunanza generale ed esercitano tutti i diritti del Consorzio. Le adunanze ordinarie si convocano ogni anno nel mese di febbraio; le adunanze straordinarie invece devono venir convocate ogni qualvolta la Direzione lo crederà necessario o che almeno un quinto dei soci maggiorenni ne facessero domanda in iscritto, indicando l’oggetto da pertrattarsi. I soci devono essere avvisati della convocazione dell’adunanza generale almeno otto giorni prima, mediante avviso da affiggersi all’albo sociale e con altri mezzi ritenuti opportuni dalla Direzione, coll’indicazione del giorno, dell’ora, del luogo e l’ordine del giorno dell’adunanza. L’ordine del giorno verrà fissato dalla Direzione; in esso devono venire inscritte anche quelle proposte che giunsero in tempo e sono state presentate in iscritto dai singoli soci. È nulla di diritto ogni deliberazione presa sopra oggetti non scritti all’ordine del giorno. § 16. Il presidente del Consorzio ed in caso d’impedimento di questo il vicepresidente tiene di regola la presidenza dell’adunanza. Se nell’adunanza venissero pertrattati affari contro la Direzione, la Presidenza dell’adunanza sarà conferita ad un socio avente diritto di voto scelto dall’adunanza stessa. § 17. L’adunanza dei soci delibera validamente, qualora intervenga almeno una

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metà dei soci maggiorenni aventi diritto di voto, che sono iscritti fino al giorno dell’adunanza. Alle adunanze potranno prendere parte anche i soci minorenni, ai quali resta libero di fare delle proposte alla Direzione, affinchè questa le studi e trovatele utili all’Unione le presenti alla discussione ed approvazione della prossima adunanza generale. § 18. I conchiusi delle adunanze devono ottenere sempre la maggioranza assoluta di voti. Le deliberazioni prese validamente da adunanze generali sono obbligatorie anche per i soci minorenni e per quelli non comparsi e non rappresentati nelle stesse. § 19. La votazione si farà per alzata e seduta e deliberando l’assemblea anche per appello nominale o a schede segrete. § 20. Di ogni adunanza generale verrà esteso per cura della Presidenza regolare protocollo, che verrà firmato da chi presiede l’adunanza, dal protocollista e da tre firmatari o verificatori scelti dal Presidente fra i soci comparsi. § 21. Andando deserta l’adunanza di prima convocazione, la Direzione dovrà convocarne un’altra entro 15 giorni, per la pertrattazione dello stesso ordine del giorno, nella quale sono validi i conchiusi, qualunque sia il numero dei soci comparsi. § 22. Per deliberare modificazioni del presente statuto devono essere presenti almeno 3/5 dei soci maggiorenni; per decidere lo scioglimento del Consorzio almeno 3/4 dei soci maggiorenni, e la deliberazione sarà valida soltanto quando si ottenga il voto di 3/4 dei soci presenti aventi diritto di voto per la modificazione dello statuto e di 4/5 per lo scioglimento del consorzio. § 23. Sono riservate alle adunanze generali le decisioni sui seguenti oggetti: a) approvazione e eventuale modificazione dello statuto; b) … utili del Consorzio; c) scioglimento del consorzio; d) approvazione del bilancio annuale; e) fissazione dell’importo da darsi quale antecipazione di denaro; f) deliberare su tutto ciò che richiede il bene del Consorzio. Direzione § 24. La Direzione è composta: di un Presidente, di un Vicepresidente, di un segretario-cassiere e di otto (consiglieri) direttori. § 25. I membri della Direzione vengono eletti a maggioranza di voti dall’assemblea generale per la durata di tre anni e sono rieleggibili. Venendo a mancare per un motivo qualsiasi uno o due dei membri della Direzione,

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i rimanenti in carica procedono a surrogare i mancanti fino alla convocazione della prossima adunanza generale. § 26. I membri della Direzione devono venire insinuati a norma di legge, subito dopo l’elezione per l’iscrizione nei registri consorziali. I membri della Direzione cessano di esercitare il loro mandato, appena ottenuta la inscrizione nei registri consorziali dei nuovi eletti, ai quali verrà fatta la consegna del patrimonio sociale. I membri della Direzione si legittimano a mezzo del protocollo d’elezione. § 27. Alla Direzione spetta: a) di accettare o escludere i soci senza addurre il motivo; b) di condurre la gestione sociale sotto l’osservanza generale delle norme statutarie e delle decisioni dell’adunanza generale; c) di curare la compilazione dei bilanci annuali e di regolare la tenuta della contabilità; d) di prendere in esame le domande ed i reclami dei soci; e) di mettere in esecuzione i conchiusi delle adunanze dei soci; f) di studiare tutti i mezzi per ottenere sussidi e migliorie a favore dei soci, interessandosi continuamente presso le autorità competenti per dare maggior sviluppo alla pesca e migliorare le sorti della classe dei pescatori membri del Consorzio. § 28. La Direzione si raduna almeno una volta al mese e le sue adunanze sono legali, se intervengono almeno 7 dei membri che la compongono. Il protocollo di ogni seduta deve essere firmato da tutti gli intervenuti. I conchiusi della Direzione si prendono a maggioranza assoluta di voti degli intervenuti, ed in caso di voti pari decide il voto del presidente. § 29. Il Presidente, ed in sua vece il Vicepresidente rappresenta il Consorzio tanto in Giudizio che fuori di fronte ad ogni Autorità, come pure a terzi. Giunta permanente § 30. La Giunta permanente è composta dal presidente dal vicepresidente dal cassiere segretari o e da due membri della Direzione scelti a turno dalla Direzione stessa. § 31. Le mansioni della Giunta sono: a) evadere i conchiusi della Direzione; b) promuovere e facilitare le relazioni di interessi del Consorzio; c) curare direttamente la contabilità; d) tenere in evidenza le antecipazioni e le restituzioni come pure il pagamento delle quote e la loro puntuale esazione; e) convocare la Direzione quando è necessario. § 32. La Giunta deve radunarsi di frequente per evadere gli affari sociali collegialmente.

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Rimunerazione § 33. I membri della Direzione devono prestarsi gratuitamente; ai membri della Giunta potrà venire assegnato dall’Adunanza generale una rimunerazione a seconda della possibilità finanziaria del Consorzio e delle prestazioni della Giunta stessa. Eventuali indennizzi di via o per viaggi fatti per incarico della Direzione o della Giunta, verranno rifusi a tutti indistintamente e liquidati dalla Direzione. Bilancio § 34. Alla fine dell’anno amministrativo che incomincia con il 1 gennaio e termina con il 31 dicembre, deve venire compilato il bilancio il quale nella parte attiva dovrà dimostrare: a) lo stato di cassa alla fine dell’anno; b) i crediti d’ogni maniera; c) il valore dei materiali da pesca; d) il valore dei mobili ed immobili; e nella parte passiva: a) i debiti del Consorzio; b) le quote pagate realmente dai soci; c) l’utile incassato dalle antecipazioni. In un prospetto separato verranno elencati i sussidi ricevuti e quelli ripartiti indicandone il nome dei sussidiati. In altro prospetto verranno specificate tutte le spese sopportate dall’Unione per diversi titoli. Gli utili e le perdite verranno divise in proporzione delle quote possedute dai consortisti e conteggiate a loro favore rispettivamente a loro carico. Revisori § 35. A rivedere il bilancio annuale saranno eletti ogni anno dalla Adunanza generale tre revisori scelti dai soci ma fuori dai membri di Direzione. I revisori dovranno esaminare accuratamente i conti e presentare la loro relazione all’Adunanza generale. Segnatura § 36. Tutti gli atti, scritture e documenti del Consorzio saranno firmati sotto la ragione sociale “Unione dei pescatori in Isola” dal presidente e dal segretario cassiere o da un direttore. Probiviri § 37. In caso di contestazioni che potessero insorgere tra soci e tra questi e la Direzione per affari attinenti al Consorzio i contendenti dovranno presentarsi per la conciliazione dinanzi ad apposita commissione di 3 probiviri o arbitri, scelti ogni anno dal seno dell’adunanza generale a maggioranza assoluta di voti e sempre rieleggibili.

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Pubblicazioni § 38. Le eventuali pubblicazioni ed avvisi del Consorzio verranno rese note ai soci tanto sopra l’albo sociale come pure con altri mezzi ritenuti opportuni dalla Direzione. Richiamo alle disposizioni di legge § 39. In tutto quanto non è previsto dal presente statuto si fa richiamo alle disposizioni della legge 9/4/1873 R L I Nr. 70.I membri della prima Direzione sono i seguenti: Degrassi Marco, Benvenuto Giovanni, Trojan Giovanni, Contesini Antonio fu Santo, Marchesan Antonio fu Angelo, Trojan Giacomo di Angelo, Benvenutto Antonio fu Simeone, Benvenutto Nicolò fu Marco, Delise Antonio fu Nicolò, Goina Giovanni fu Domenico, Miloch Luigi di Nazario. Alla domanda dell’Unione dei pescatori di Isola che chiedeva una modifica dello Statuto, il Governo Marittimo rispose all’Agenzia di porto isolana come segue: Si restituiscono gli allegati al rapporto 30 marzo 1908 a. c. N. 126 coll’incarico di partecipare ai producenti che le modificazioni allo Statuto della loro “Unione” vanno presentate all’i. r. Tribunale commerciale e marittimo in Trieste a correzione dello Statuto originale protocollato presso quel Dicastero. Ottenuta la protocollazione dello Statuto modificato, la Direzione dell’Unione potrà rassegnarlo a questo Governo che allora soltanto comprenderà l’Unione fra i consorzi di pesca sussistenti. Trieste, 17 aprile 1908. Lorini. Il Consorzio di pesca isolano si mise subito in moto scrivendo nello stesso mese una lettera al Governo marittimo. A questa era stato aggiunta anche la sintesi di un verbale di seduta voltosi a Trieste, ed inserito nell’incartamento con lo stesso numero di protocollo67. Spettabile Governo marittimo! Il firmato Consorzio per dare vita alla cooperazione, pensò di fare l’insalatura dei sardoni in comune. A tale scopo presero in affitto un magazzino nella casa di Cecilia Va Drioli per il prezzo di Corone 100.- Per tale insalatura abbisogna il Consorzio di molti recipienti nonché di una quantità abbastanza rilevante di sale come pure della mano d’opera, la quale viene eseguita da donne prese a cottimo secondo il numero delle mastelle da loro fatte. Il sottoscritto Consorzio, è composto di poverissimi pescatori, i quali se oggi si sono persuasi di scovare un’aiuto ed una risorsa nella cooperazione, non hanno mezzo alcuno per dare principio a tale opera. Si rivolgono perciò a codesto Spettabile Governo marittimo, affinchè voglia

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assegnare all’Unione dei pescatori d’Isola un adeguato sussidio e questo con preferente sollecitadine. Inoltre sarebbero veramente i soci grati a codesto Spettabile Governo se volesse inviare in Isola il Sig Ispettore della Pesca Lorini per impartire un istruzione per l’insalatura del pesce ed ora dei sardoni. Il sottoscritto Consorzio fa inoltre preghiera di voler concedere ai pescatori d’Isola la pesca col grippo per ancora un periodo, giacchè non comparendo le sardelle, i poveri pescatori devono morire di fame. [Da qui è stata depennata la seguente frase: Tale pesca non è per certo dannosa perché con tale rete viene pescato pesce che non cresce mai perché appartiene ad una famiglia di pesci di dimensioni piccolissime]. Certo che codesto spettabile Governo marittimo vorrà venire in aiuto ai poveri pescatori di Isola ne antecipa le più sentite grazie. Isola li 21 Aprile 1908. Dall’Unione dei pescatori d’Isola - Consorzio registrato a garanzia limitata Il Presidente Degrassi Marco, il Consigliere Benvenutto Antonio fu Simeone. Nel verbale della riunione della Commissione di pesca di Trieste, tenutasi nell’Ufficio del Capitanato di Porto e sanità marittima, quattro giorni dopo, cioè il 25 aprile 1908, sotto la presidenza dell’i. r. Ispettore marittimo in capo Alessandro Millinković, si legge: Sulla proposta dell’i. r. Agenzia di Porto e s. m. in Isola per un sussidio di 2000 Corone al Consorzio dei pescatori colà testè istituitosi, acciò sia in grado di spiegare la sua attività, la Commissione a voti unanimi propone che si venga incontro allo stesso con un adeguato sussidio. Arriviamo al 1909 e l’ Unione dei pescatori di Isola, ora provvista di carta intestata, iniziò una campagna contro la pesca coi fuochi e coll’acetilene, alla quale venne coinvolta l’Agenzia portuale isolana, e la locale Commissione di pesca, cui ebbe seguito una cospicua corrispondenza fino al 13 febbraio 191068. Iniziamo con il manoscritto integrale dell’Unione dei pescatori di Isola che porta quasi a tutta pagina l’intestazione su due righe: UNIONE DEI PESCATORI - ISOLA Consorzio economico registrato a garanzia limitata Isola, 31 Marzo 1909. Eccelso I. R. Governo Marittimo Trieste In base al deliberato d. d. 17 Gennajo a. c. di questa Unione dei pescatori d’Isola Consorzio economico registrato a garanzia limitata lo scrivente avanza rispetosa domanda a codesto Eccelso I. R. Governo Marittimo affinchè voglia begnignamente accordare che sia proibita d’ora innanzi la pesca coi fuochi e coll’acetilene a 50 metri dalla costiera onde limitare i danni non indifferenti che

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con tale mezzo di pesca arreca in generale alla povera casta dei pescatori. Certo di vedersi favorevolmente acordato ringraziando per l’Unione dei pescatori d’Isola - Il Presidente: Antonio Contesini

La lettera su carta intestata dell’ “Unione dei Pescatori di Isola”, con la quale il 31 marzo 1909 il suo Presidente Antonio Contesini, chiese al Governo Marittimo di proibire la pesca a Isola con l’illuminazione dei fuochi e dell’acetilene. (AST, Gov, b. 904, prot. 2279, a. 1910)

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Sicuramente il documento fu inviato tramite il Capitanato portuale di Trieste, poiché quest’ultimo chiese ulteriori informazioni all’Agenzia di Porto di Isola, che gli rispose con il rapporto N. 161 del 22 aprile 1909 firmato da Francesco Trojan. All’I. R. Capitanato di porto e sanità marittima in Trieste In evasione all’incarico di codest’I. R. Capitanato d. d. 17 aprile 1909, N o 3488 la scrivente rapporta che il parere della locale Commissione di pesca è assolutamente favorevole alla proibizione della pesca a fiocina mediante fanali o fuochi. Considerando che tale pesca generalmente non viene esercitata dai pescatori di professione, questa Agenzia si permette di appoggiare la domanda espressa nell’acclusa istanza, perché con la proibizione di tale genere di pesca sia soppresso il danno ch’essa arreca ai pescatori e alla pesca in generale. Con 1 allegato - Fr. Trojan Agente Evidentemente, al Capitanato di Trieste non tutto doveva sembrar chiaro, per cui con lettera N. 3731 chiese all’Agenzia portuale isolana altri chiarimenti. Reverto all’i. r. Agenzia di porto e s. m. in Isola verso riproduzione coll’incarico di sentire in merito nuovamente la locale commissione di pesca, che dovrà spiegare le ragioni, per le quali la pesca a fiocina con fuochi riesce dannosa ai pescatori ed alla pesca in generale. Riferirà inoltre se e in che misura la medesima viene esercitata, e se vi si dedicano soltanto pescatori di professione oppure con i dilletanti. Trieste, 24 aprile 1909 p. L’i. r. Ispettore marittimo superiore: [firma illegibile] L’agente portuale isolano Francesco Trojan, rispose il 30 aprile successivo con il rapporto N. 168. All’I. R. Capitanato di porto e sanità marittima in Trieste Viene riprodotto con l’evasione che seguendo l’incarico ricevuto è stata nuovamente intesa la locale commissione di pesca sui danni che la pesca a fiocina con fuochi arreca ai pescatori e alla pesca in generale. La detta commissione ha assicurato che tale genere di pesca è esercitata quasi esclusivamente da pescatori dilettanti, per la maggior parte agricoltori, i quali

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in tale modo sottraggono ai pescatori professionisti una non indifferente qualità di pesce. In quanto ai danni che la pesca in generale risente da tale sistema, la locale commissione ha osservato che in seguito all’uso di gettare in mare il carburo adoperato per la produzione del gas acetilene, questo, essendo in questi paraggi la profondità dell’acqua relativamente piccola, si depone sul fondo e per la sua qualità fortemente corrosiva, allontana il pesce. Sicchè la domanda dei pescatori per la proibizione della pesca con fuochi si riferisce principalmente a quella esercitata con fanali a “gas acetilene”. Con 1 allegato - Fr. Trojan Agente Il Capitanato triestino, con il rapporto N. 4002 del 5 maggio 1909, innoltrò quanto sopra al Governo Marittimo, aggiungendo: Per deliberazione. A parere dello scrivente i motivi portati in campo dalla commissione locale di pesca in Isola non sono attendibili, al più si potrebbe vietare nella pesca colla fiocina l’uso di fanali ad acetilene. Ciò in esito al decreto di data 10 aprile 1909 No. 7251 di cui si restituisce l’allegato. Ma il Governo Marittimo non era di questa opinione e inviò la sua risposta al Capitanato di Trieste, con il decreto N. 10140 del 22 maggio 1909. Visto il rapporto dd. 5 maggio a. c. N. 4002, e con riflesso al sempre più crescente numero dei dilettanti che inceppano lungo la costa la pesca professionale, s’invita cod – di proibire in via di esperimento nelle acque del comune d’Isola, entro la zona di 50 metri dalla costa, l’esercizio della pesca a fiocina, mediante fanale a tutti i pescatori non professionisti, e ciò a tutto dicembre dell’anno corrente. Scaduto che sarà il termine prefisso, cod – informerà sulla base dei risultati ottenuti, se si deve togliere oppur mantenere il divieto per un altro periodo di tempo. Sarà consulto disporre che l’i. r. guardia di pesca in Capodistria si porti di quando in quando ad Isola, trattenendovisi qualche notte a sorvegliare l’esecuzione delle disposizioni suddette. Di un tanto cod – renderà edotto il Consorzio dei pescatori in Isola, in esito al loro insinuato dd. 31 marzo a. c. Attems - Pastrovic Passato il periodo della proibizione di pesca con la fiocina, il 20 gennaio 1910, l’Agenzia portuale di Isola scrisse il rapporto N. 51.

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All’I. R. Capitanato di Porto e S. M. Trieste In merito alla proibizione fatta, con ordine d. d. 3 giugno 1909 N. 4855, ai pescatori non professionisti di pescare a fiocina mediante fanali, entro cinquanta metri dalla costa, e cioè in via di esperimento, sino a tutto dicembre 1909, la intestata, constatato, che tale misura ha incontrato il favore di tutti i pescatori, e considerato, che è servita a far cessare parecchi abusi, da parte appunto dei non professionisti, crede sia opportuno e raccomandabile il rinnovamento dell’emanato divieto. L’ i. r. agente Proft Il Capitanato triestino, con il rapporto N. 840 del 25 gennaio successivo, inviando quello dell’Agenzia isolana, scrisse al Governo che: con riferimento al decreto dd. 23 maggio 1909 No. 10140 e colla proposta di mantenere tale divieto in via permanente obbligando i detti dilettanti di Isola pure di rispettare ad una distanza non minore di 100 m le reti che si trovassero in esercizio anche fuori della zona suaccenata come fù stabilito col decreto dd. 12 agosto 1909 No. 12537 per le acque di Pirano. Il Governo marittimo con il decreto N. 2279 del 13 febbraio 1910, rispose: Accogliendo la proposta avanzata col rapporto 25 Gennaio a. c. N o 840, s’invita codest’i. r., di proibire sino a nuove disposizioni, la pesca con fiocina e fanale, esercitata da pescatori non professionisti nelle acque di Isola entro la zona di 50 metri dalla costa facendo pure rispettare le reti che si trovassero in esercizio anche fuori della zona suaccennata ad una distanza non minore di 100 metri dalle stesse. L’intraprendente, e in questo caso anche battagliera, Unione dei pescatori di Isola, si dava da fare per vendere il pesce anche nella pescheria di Trieste, ma ciò le venne negato, come vedremo da questa loro lettera dattiloscritta, alla quale seguirà l’intervento del Governo marittimo69. Eccelso I. R. GOVERNO MARITTIMO Nel novembre scorso il firmato Consorzio, per poter sviluppare sempre più la sua attività, chiedeva al Magistrato di Trieste due posti di vendita nella pescheria di Trieste, posti questi che allora erano anche disponibili. Il Magistrato faceva pervenire al firmato il seguente decreto: Magistrato civico. N. VII 4778/08

Trieste 25 Gennaio 1909

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All’Unione dei pescatori Isola Le si partecipa che la Delegazione municipale non trovò di far luogo alla Sua domanda di due posti nella locale pescheria. Il Dirigente Dr. Artico La lettura di tale decreto senza alcuna motivazione, fa risaltare subito l’atto inumano ed ingiusto commesso dal Magistrato di Trieste tanto verso la firmata Unione quanto verso la popolazione. L’atto è inumano verso la popolazione perché in tale modo il Magistrato ha escluso un venditore di pesce, il quale col vendere direttamente la propria merce sul mercato diventa il calmiere dei prezzi, quindi favorisce il popolo coll’impedire ai pescivendoli, protetti dal Magistrato, di fissare ed aumentare i prezzi sulla piazza. L’atto è ingiusto perché il Consorzio rappresenta una totalità di pescatori, i quali hanno diritto di vendere direttamente la loro merce sulla pescheria, e non possono venire obbligati da nessuno, nemmeno dal Magistrato di vendere la loro merce ai pescivendoli, si direttamente appoggiati dal Magistrato. L’atto poi è incoerente ai principi adottati ed all’azione svolta dal Governo a favore dei pescatori negli ultimi anni, giacchè l’appoggio dato dal Governo ai Consorzi se ha di mira di prestare aiuto al pescatore, sino ad ora da tutti abbandonato, tende anche a migliorare le condizioni del mercato del pesce diminuire gli intermediari anzi schiacciarli, e ciò a favore della popolazione intera, ed a vantaggio della classe dei pescatori. Il firmato Consorzio si rivolge perciò a codesto Eccelso I. R. Governo Marittimo colla PREGHIERA Voglia codesto Eccelso Governo protestare energicamente contro il decreto del Magistrato ed influire sopra lo stesso, affinchè il firmato Consorzio possa ottenere, quanto prima possibile, i due posti domandati nella pescheria di Trieste. Nella certezza che codesto Eccelso Dicastero, per non venir meno all’azione da Esso si saggiamente incamminata a favore dei pescatori, vorrà con speciale sollecitudine occuparsi (con speciale) della presente preghiera, ne antecipa le più sentite grazie. Isola, li 10 Giugno 1909. Dall’UNIONE DEI PESCATORI D’ISOLA Consorzio economico registrato a garanzia limitata Il Presidente: Antonio Contesini Il Segretario: Giov. Dandri Il contenzioso terminò con la lettera che il Governo Marittimo inviò al Magistrato dopo sei mesi e della cui risposta non esiste traccia.

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Al Magistrato Civico di Trieste Il consorzio dei pescatori di Isola coll’insinuato dd. 12 giugno a. c. si rivolse allo scrivente onde interceda presso cod – carica di mettere loro a disposizione due posti di vendita del pesce nella pescheria locale. Incontrando la preghiera del petente, mi pregio di raccomandare caldamente l’esaudimento dell’istanza per favorire lo spaccio dei prodotti consorziali nell’interesse della popolazione di questa città. Trieste 1/12 1909. Gradirò un cortese riscontro. Lorini- Pastrovic.

La seconda pagina della lettera dell’ “Unione dei pescatori di Isola”, con la quale il 10 giugno 1909 il suo Presidente Antonio Contesini assieme al Segretario Giovanni Dandri, chiesero l’assegnazione di due posti nella pescheria di Trieste per vendere il pesce del loro Consorzio. (AST, Gov, b. 902, prot. 13878, a. 1909)

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Nell’ottobre del 1909 iniziò una diatriba anche tra l’Agente portuale Augusto Proft, e l’Unione dei pescatori di Isola. In questo protocollo sono incluse due lettere dell’Agente e un ritaglio di giornale dell’epoca70. N. 428- I. R. Agenzia di Porto e S. M. Isola, 9 ottobre 1909 Unione dei Pescatori sua istanza per un sussidio Due allegati All’I. R. Capitanato di Porto e S. M. Trieste In merito all’istanza della locale “Unione dei pescatori” e in evasione all’ordine di codesto I. R. Capitanato di Porto e S. M. N. 8150 d. d. 5/10. 1909 la intestata riferisce quanto segue: Benchè si confermi il fatto, accennato nella detta istanza, non essere stata, cioè, troppo favorevole la stagione di pesca, in questo anno, pure l’asserzione, che il pesce, e particolarmente le sardelle e i sardoni, abbia mancato del tutto, è esagerato. Di fatti risulta dalla “Specifica del pesce predato” mensilmente prodotta all’i. r. Governo Marittimo, che dal mese di maggio a tutto settembre di quest’anno, sono state pescate 3.194.200 sardelle e 2.712.600 sardoni [il pesce azzurro doveva essere dichiarato in pezzi e a sua volta quanti di questi pezzi formavano un chilogrammo]. In seguito ai contratti che i pescatori di Isola, tranne due o tre, hanno con le locali fabbriche di sardine, è loro assicurato la pronta vendita di qualunque quantitativo di sardelle. La affermata disonesta concorrenza, fatta dai pescivendoli al Consorzio, è da considerarsi soltanto, come il logico risultato di un conflitto di interessi, sorto fra questo e quelli; e che ciascuno dalla sua parte cerca nel miglior modo di difendere, e di salvaguardare. Quando, inoltre, si consideri, che in seguito a questa concorrenza, il danneggiato non è certo il pescatore, il quale anzi, ottiene di poter vendere il suo pesce a prezzo migliore; si comprende la nessuna importanza nella questione, di tale circostanza, che il Consorzio afferma, quasi come decisione, per la sua presente e la sua futura esistenza. Chi da tale conflitto di interessi, non ha, né potrebbe avere vantaggio alcuno, è il consumatore: perché, come specialmente quest’anno, si è verificato, sia il pesce rivenduto dall’ “Unione”, e sia rivenduto dai pescivendoli, il mercato locale è, per sistema, assolutamente trascurato; essendo la maggiore e la miglior parte della merce, smaltita sugli altri mercati, e più specialmente, su quella di Trieste. Queste informazioni, le quali non interessano direttamente l’argomento di cui si tratta, sono state ritenute necessarie a dimostrare, che non è giusto doversi misurare il maggior o minore bisogno dei pescatori, dalla maggiore o minore floridezza del loro consorzio. Dal quale, anzi, disgustati, non si sa per quali ragioni, molti ne sono usciti nell’ultimo tempo. Che le condizioni economiche dei pescatori locali, sieno infelicissime, è indiscutibile; che dipendendo da molte altre ragioni, tali condizioni sieno originate quest’anno, anche dalla cattiva pesca, è un fatto. Ma se l’I. R. Governo Marittimo, dovesse venire in loro aiuto, non sarebbe giusto, che tale aiuto fosse largito a quella sola parte di pescatori, che aderisce al Consorzio. Anzi, questa I.

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R. Agenzia si permette di formare la proposta, che il sussidio in reti per passere, con gli accessori, sia concesso per tutti quei pescatori d’Isola, i quali, partecipino o no all’ “Unione”, si trovino in condizioni miserabili. Questa proposta tende soprattutto, a impedire, che il Consorzio, curando esclusivamente il proprio interesse, possa spartire eventualmente, le reti, anche a quei consortisti, i quali, essendo benestanti, non hanno davvero bisogno, né di sussidi, né di altri appoggi. Ciò che infallibilmente succederebbe, se in tutto il suo tenore, l’istanza venisse accolta. L’i. r. agente Proft m. p. Non è nota la risposta del Capitanato di Trieste all’Agente portuale di Isola, anche se lo incaricò di assumere altre informazioni in merito, come è evidente dal prossimo rapporto, dal quale si apprende che il numero dei soci dell’Unione dei pescatori d’Isola, ammontava ormai a circa 150. N. 438 Agenzia di Porto e S. M.

Isola, 25 ottobre 1909

All’I. R. Capitanato di Porto e S. M. Trieste In base al Suo ordine d. d. 16 corr. N. 9443 furono fatte indagini, sul numero dei pescatori ritiratisi dalla locale “Unione dei pescatori”, sui motivi del loro ritiro, e sul numero dei membri rimunerati dal consorzio. Essendo stati assunti tali rilievi in due sensi, cioè presso i pescatori stessi e presso l’Unione, si sono avute, naturalmente due versioni. L’una fa apparire il sistema del consorzio, quale la causa unica del ritiro, mentre l’altra, afferma, non essersi ritirati i pescatori, ma essere stati invece espulsi, per aver contravvenuto alle disposizioni dello statuto. E, che alcuni, e forse anche tutti trenta, quanti appunto sono gli usciti, abbiano contravvenuto alle dette disposizioni, vendendo il pesce ad altri invece che al consorzio non sembra inverosimile. Perché, mentre i pescivendoli pagarono il pesce ai pescatori immediatamente, il consorzio lo ha pagato sempre dopo che il pesce era stato venduto sul mercato, a un prezzo talora di quaranta centesimi inferiore a quello pagato dai pescivendoli. Questa differenza di trattamento, non poteva far a meno di suscitare e disgusto e malcontento fra gli aggregati maggiormente bisognosi, che curando, naturalmente il proprio interesse, non ebbero alcuno scrupolo di dare il pesce a chi meglio e prima pagava. Inoltre costoro ritengono, che il numero di sei persone retribuite dal Consorzio, con circa complessive novanta corone settimanali, sia eccessivo; e, senza poter stabilire di quanta neccessità siano per il Consorzio questi sei impiegati, va accennato alla circostanza, che questo sia ritenuto un errore di amministrazione, deliberatamente voluto dalla Direzione, per favoritismo. Il malcontento così suscitato, se non assolutamente giusto, ma indubbitatamente giustificato, è il motivo, forse non unico dei dissapori avvenuti in seno all’Unione, la quale, quando fosse amministrata giustamente e intelligentemente, sarebbe di indiscutibile utilità per i pescatori. Oltre alle menzionate retribuzioni, l’ “Unione dei pescatori” prendendo in riflesso i casi speciali, concede raramente dei sussidi ai propri consortisti, che ascendono a circa un centinaio e mezzo.

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Basandosi su questa risultanza, si giunge alla conclusione, che la crisi attraversata dal Consorzio presentemente, potrebbe essere stata evitata, qualora la Direzione fosse stata più idonea al suo compito, e che un miglioramento nelle condizioni dell’ “Unione”, non si avvererà, fino a tanto che un radicale cambiamento del sistema amministrativo, non lo renderà possibile. L’i. r. agente Proft m. p.

Nella cartolina edita da Ernesto Fano di Trieste, si notano le reti dei pescatori isolani, poste ad asciugare dietro la pescheria di Isola. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

Alla documentazione era stato allegato anche un divertente ritaglio con contenuti politici di quell’epoca nel quale si vedono contrapposti i Clericali ai LiberaliSocialisti. L’articolo dell’anonimo pescatore era stato pubblicato a pagina tre del N. 50 del giornale L’Amico, datato Trieste Domenica 12 dicembre 1909, che riportiamo integralmente. Da quest’ultimo apprendiamo, al contrario di quello che scriveva l’agente Proft, che la situazione del Consorzio pescatori era apparentemente in regola. Isola. – Dal ricino all’acqua di mare – È abitudine, sacrata ormai nei programmi dei nostri avversari, di dir male di tutto quanto ci riguarda. E il male se lo dice o per semplice istinto di antipatia o per gelosia… di mestiere. Dopo averci scimmiottato allegramente nella fondazione di sodalizi economici, vedendo che i loro partiti non avevano successo, imitarono il bottegaio del villaggio che scredita continuamente il collega concorrente.

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Così hanno fatto per questo consorzio pescatori i signori liberali organizzatori poco emeriti di altri nostri colleghi; e trascurando il marcio che hanno in casa propria, si sono dati a puntare il binoccolo sulla nostra istituzione; ma sia che lo strumento non fosse buono, sia che gli osservatori si mettessero a sognare, fatto sta che un bel giorno si è scoperto come qualmente il consorzio clericale fra i pescatori di Isola va di male in peggio. Di male in peggio ?… Immaginate la felicità dei nostri omenomi liberali e socialisti! Qualcuno voleva, nientemeno, consigliare il farmacista Ravasini ad incettare un fortissimo stok di olio di ricino per darlo ai clericali quando fosse avvenuto il patatrac del nostro Consorzio; altri pensava al modo di coinvolgere nel disastro il parroco e il podestà, per far ritornare i libero-socialisti al potere; i più furbi infine se la ridevano sotto i baffi, fregandosi le mani nell’attesa di quell’alba auspicata in cui, rotto il Consorzio, si potrà dire ai pescatori: “Se volete venderci il vostro prodotto…” Alle corte: osservate le varie relazioni dei maldicenti, i malfacenti pensarono di giocarla ai clericali, denunziando il nostro Consorzio pescatori all’autorità marittima. E un bel giorno si annunzia la venuta del Commissario Pastrovich per ispezionare accuratamente lo stato del Consorzio e prendere i provvedimenti del caso. Ah ! che ora di trepidazione fu quella pei nostri avversari ! E, il sig. Pastrovich venne, entrò nella sede del Consorzio, si fece consegnare tutti i registri e tutte le carte, vide, controllò, ricontrollò, e alla fine emise il suo terribile giudizio: Questo Consorzio – egli disse – è in perfettissima regola e può essere additato quale modello a tutti gli altri Consorzi di pescatori. E pare soggiungesse ancora: gli è ben vero che gli altri Consorzi non esistono che di nome soltanto! Dunque? L’odiato Consorzio clericale è il modello, e tale resterà a dispetto di tutti gli impiegatuzzi, che rispondono con tanta baldanza, e a disperazione degli invidiosi. I quali, poi, mentre speravano che i clericali avrebbero mandato a svaligiare tutto il ricino della farmacia Ravasini; sono stati costretti – per rimettersi un poco il fegato a posto – ad ingoiare brente di acqua di mare. Si dice che per questo si sia abbassato il livello medio del mare. Un pescatore Il Governo marittimo, ovviamente, non intendeva dar retta alle voci contro il Consorzio dei pescatori isolani. Preferiva dar retta alle conclusioni riportate dall’ispezione del suo Commissario Pastrovich, per cui decise di sovvenzionare l’Unione con degli attrezzi da pesca. Il 3 giugno 1910, però, il Consorzio presentò una nuova richiesta per ulteriori sovvenzioni71.

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L’offerta di Luigi Peritz di Trieste, che venne accettata dal Governo Marittimo il 10 dicembre 1909, per fornire questo materiale da pesca quale sussidio, all’ “Unione dei Pescatori di Isola”. (AST, Gov, b. 910, prot. 32995, a. 1911)

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Il 10 dicembre 1909 il Governo marittimo ordinò alla ditta “Luigi Peritz” di Trieste di Fornire il consorzio “Unione dei pescatori” ad Isola, appar offerta dd. 3 dicembre a. c. il seguente materiale da pesca. Questo materiale da pesca che veniva fornito come sussidio al Consorzio lo vediamo elencato nell’offerta originale della ditta, spedita al Governo. Essa è stata dattiloscritta su di una originale carta intestata, le cui figure e scritte coprono metà della pagina. Tra le altre immagini vi è raffigurata anche una macchina per fare le reti, le reti stesse, alcuni fiori e scritte posizionate con intelligenza pubblicitaria e con differenti tipi di grafica. Da ricordare, che la ditta Periz aveva allestito uno stand proprio anche alla I. Fiera campionaria istriana del 1910 a Capodistria. Trieste li 3 decembre 1909 Eccelso I. R. Governo Marittimo Trieste Come da verbale intelligenza ho l’onore d’accusarLe ricevimento della seguente commissione che Lei si compiacerà di confermarmi: 500 passelere: 100 pezzi a 1200 nodi, 20◊ 40 mm 30/6 a cor 2.15 cor 215.400 “ “ 1200 “ 20◊ 40 mm 70/6 “ “ 1.90 “ 760.Kilo 300 rigani di canape, da cor 1.40 a cor. 1.90, media cor 1.60 “ 480.“ 800 piombo in lastrelle 48 “ 384.“ 300 sughero in pezzi 68 “ 204.“ 25 filato di cotone No 30/6 4 “ 100.“ 10 filato di cotone No 30/21 3.80 “ 38.Spesa totale corone Con perfetta osservanza mi dico devotissimo Luigi Peritz

2181.-

Il 20 febbraio 1910 il Governo marittimo registrò nello stesso protocollo: Oggetto: Trieste – Luigi Peritz, conto per reti somministrate al Consorzio di pesca d’Isola nell’ammontare di Cor. 2340,72. Nel testo si dava tra l’altro ordini Al Dpt. Cont. per liquidazione ed assegno dal fondo spese ad incremento della pesca marittima. Trieste, 20 febbraio 1910. Attems – Pastrovic. Il 3 giugno 1910, l’Unione dei pescatori di Isola presentò al Governo un’altra richiesta di sovvenzione con la lettera N. 31 dalla quale apprendiamo anche che quello isolano è l’unico Consorzio di pescatori in Istria. Esso presentò anche il bilancio del 1909, che si preferisce tralasciare per soffermarci più tardi su quello del 1910 in quanto rende meglio l’idea dei movimenti commerciali del Consorzio.

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Inclito i. r. Governo marittimo Trieste L’infrascritta “Unione dei pescatori” di Isola, l’unico consorzio del genere in Istria, chiuse il suo ultimo esercizio 1909 – come dall’accluso bilancio – con una perdita di 830 corone e 37 cent. A malgrado della vigilanza, del disinteresse della Direzione e di tutti i soci non si potè evitare tale passivo, le cause del quale sarebbero la spietata concorrenza dei pescatori e pescivendoli di Isola non ascritti all’Unione, il mancato appoggio delle autorità governative, il rifiuto del Magistrato Civico di Trieste di concedere posti di vendita nella pescheria di quella città e non ultimo lo scarso prodotto della pesca stessa durante l’anno 1909. Addì 19 marzo a. c. l’Unione avanzò un’istanza per una sovvenzione da parte dell’i. r. Governo marittimo, istanza che non venne presa in considerazione appar decreto dell’i. r. Capitanato di porto in Trieste d. d. 14 aprile 1910 No 3866. L’infrascritta rinnova colla presente umile preghiera a codesto Eccelso i. r. Governo marittimo acchè le venga pell’anno 1910 benignamente concesso un generoso sussidio, onde poter saldare il disavanzo della passata annata e fare fronte a tutte le spese per l’annata in corso. L’infrascritta nutre fiducia che codesto inclito i. r. Governo marittimo, al quale sono ben note le condizioni miserissime dei poveri pescatori, vorrà, col sussidiare l’Unione, chiamata a tutelare i loro interessi, sanare la sorte travagliata di questa classe tanto abbandonata e delle loro famiglie. Certa d’un benigno esaudimento alla sua legittima e motivata preghiera si segna coi debiti sensi di gratitudine e di massima osservanza. La Direzione dell’ “Unione dei pescatori” Isola, 3 Giugno 1910 - Il presidente Antonio Contesini - Il segretario Giuseppe Degrassi L’Agente portuale di Isola, Augusto Proft si fece nuovamente vivo con il rapporto N. 297 del 20 giugno 1910, al quale seguirono un Protocollo, le valutazioni del Capitanato e del Governo Marittimo di Trieste72. All’I. R. Capitanato di Porto e S. M. Trieste La scrivente i. r. Agenzia di porto e s. m., avanza a codesto i. r. Capitanato di porto e s. m., l’accluso protocollo, assunto in data 12/5. 1910, a confronto di Bortolo Drioli fu Gioachino, Nicolò Degrassi fu Marco e Girolamo verte Giovanni fu Girolamo Lorenzutti, tutti da Isola. L’assunzione protocollare, come apparisce dal protocollo stesso, è seguita per loro espresso desiderio, e ad analoga loro domanda. Dalle asserzioni fatte dai summenzionati, è risultato naturalmente alla scrivente, l’obbligo di assumere informazioni, per quanto possibile esatte, e per quanto possibile particolareggiate. Da queste informazioni, non soltanto l’affermazione dei suddetti Drioli, Degrassi e Lorenzutti, è riuscita confermata nel suo pieno tenore, ma si è anche potuto stabilire, che le condizioni della locale “Unione dei pescatori”, oltre che non essere delle migliori, possono altresì dar adito, a delle supposizioni, che è utile e opportuno schiarire.

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Difatti, se si considera che sino ad ora, il Consorzio è stato sovvenzionato dall’i. r. Governo Marittimo, con l’importo complessivo di corone 3000 – corone tremila – ; con la largizione di 500 – cinquecento – reti passelere e loro accessori; con la cessione gratuita di un fondo per l’erezione di un magazzino sociale; se si considera, ancora, che ne’ suoi tre anni circa di esistenza, il Consorzio stesso ha avuto occasione di lucrare sulla rivendita del pesce fornito dai consortisti e smerciato, specialmente sul mercato di Trieste, a condizioni certo non sfavorevoli; si dovrebbe arguire, non essere delle più infelici, la posizione finanziaria dello stesso. Sembra, invece che così non sia. A parte le rinnovate e continue domande di sovvenzione, di sussidi e di altre facilitazioni, fatte all’i. r. Governo marittimo, domande immancabilmente, appoggiate e giustificate dall’asserzione, mancar il Consorzio di proventi sufficienti, è cosa risaputa che, non troppo riccamente fornito di attrezzi; non troppo facilmente generoso nello accordar sussidi ai suoi soci, esso si trova presentemente, aggravato dal debito di corone 6000 – seimila – per la casa acquistata ad uso consorziale, per il prezzo di corone 8000 – ottomila – ; e da quello di corone 6000 – seimila – contratto con la “Confraternita di S. Andrea”. A proposito di quest’ultimo importo, è strano il particolare risultato dai rilievi fatti. Vale a dire l’ “Unione dei pescatori a Isola”, ha assunto nel 1907, con la “Confraternita di S. Andrea”, il detto prestito, obbligandosi di corrispondere a quest’ultima l’interesse annuo del cinque per cento. Sembra, però, che allora l’ “Unione” non abbisognava di questo importo di danaro, perché venne depositato presso la locale “Cassa rurale” che all’ ”Unione” corrisponde l’interesse annuo di appena il quattro per cento. Il perché di questa operazione finanziaria, fatta dal “Consorzio”, a tutto proprio vantaggio, è inesplicabile. Quanto è stato potuto stabilire, si è, che di queste seimila corone, alla “Cassa rurale”, non si trovano depositate oramai più di cinquecento, essendo state le rimanenti, ritirate in più riprese. Di fronte a questa constatazione, viene naturalmente fatto di chiedersi, quali sieno i proventi, e quali sieno gli esiti dell’ “Unione dei pescatori”, che in nemmeno tre anni di esistenza , mostra di avviarsi fin troppo rapidamente a uno sbilancio davvero impressionante, senza che accenni a diminuire o soltanto ad arrestarsi. Così come è stato possibile di avere informazioni, sulle condizioni materiali del “Consorzio”, altrettanto impossibile è stato alla scrivente, di rilevare, su quale base sia fondato tutto il sistema di organizzazione amministrativa ed esecutiva. È conosciuto, che le spese si riassumono nell’acquisto del pesce, che deve essere salato; nell’acquisto di attrezzi; negli emolumenti pagati al personale, e nella ripartizione di eventuali utili ai consortisti. Ma a quanto ammontino questi esiti, e quale sia l’uso e il sistema di ripartizione non è dato a sapere. Gli introiti, fatta astrazione delle sovvenzioni governative, sono quelli risultanti dalla vendita del pesce fornito dai consortisti, e da quella del pesce salato. Ma a quale ammontare giungano, o quale abbiano raggiunto sino ad ora, per ragioni facilmente comprensibili, non è stato dato di precisare. Così non è stato possibile la verificazione del materiale d’inventario. Richiamandosi all’esposizione di queste informazioni, assunte dopo l’estensione del verbale accluso, la scrivente, ha considerato suo dovere di riferirle a codesto i. r. Capianato di porto e s. m., perché ne prenda visione. Considerata poi, la domanda fatta da Bortolo Drioli, Nicolò Degrassi, e Girolamo verte Giovanni Lorenzutti, nella loro deposizione, e considerata la non indifferente quantità delle risultanze, si permette di proporre, questa i. r. Agenzia di porto, che la domanda suesposta sia presa in riflesso, o con il procedere a una attenta revisione di tutta la faccenda dell’ “Unione dei pescatori”, alla quale revisione dovrebbe essere

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autorizzato di assistere anche, il dirigente l’i. r. Agenzia di porto e s. m. in Isola; oppure con il prendere quel qualunque altro provvedimento, che sembrasse opportuno e necessario. Dovrebbe da ciò risultare, tutte quelle circostanze, non chiarite a sufficienza, e sufficientemente non conosciute ancora, le quali, portando il “Consorzio” locale in una posizione più precisa, servirebbero contemporaneamente, o a rimediare a eventuali possibili errori e inesperienze di amministrazione; oppure a combattere e vincere la sempre crescente diffidenza, che lo circonda, e gli toglie o diminuisce l’utilità dello scopo per il quale è stato istituito, impedendogli naturalmente di raggiungere un vero e proficuo sviluppo. L’i. r. agente Proft. N. 297 Protocollo assunto in data 12 maggio 1910 dall’I. R. Agenzia di Porto e S. M. in Isola Bortolo Drioli fu Gioachino Nicolò Degrassi fu Marco Girolamo verte Giovanni Lorenzutti fu Girolamo, tutti da Isola comparsi spontaneamente espongono quanto segue, con la preghiera di essere assunti a protocollo: Essendo membri della locale “Confraternita di S. Andrea”, fondata dai pescatori di Isola, or sono moltissimi anni, sapevamo dover ammontare il suo patrimonio a una cifra non indifferente. Per disposizione dello statuto, è dovere della direzione di radunare annualmente, nel giorno di Sabato Santo, gli ascritti alla “Confraternita” e dar loro relazione della gestione amministrativa. Essendochè da due anni, tale disposizione dello statuto non veniva osservato, e non potendo in alcun modo, aver nozione dello stato finanziario della “Confraternita”, ci siamo recati da Monsignor Francesco Mujesan, parroco di Isola, per avere da Lui, che ne è il presidente, delle delucidazioni sul motivo per il quale, una simile doverosa consuetudine, era stata interrotta e trascurata. Sapemmo così, con qualche sorpresa, che quasi tutto il patrimonio della “Confraternita”, e più precisamente 6000 corone – seimila corone – era stato versato nel corso dell’anno 1907 alla locale “Unione dei Pescatori” con l’obbligo per questa, di corrispondere l’interesse annuo del 5 %. Naturalmente il versamento era seguito a titolo di prestito. Rilevammo però, ancora, non aver corrisposto la sunnominata “Unione” sino a tutto oggi a’ suoi obblighi, non avendo rifuso neppur uno degli interessi previsti e stabiliti. All’incontro non ci è stato possibile rilevare, se all’atto della contrazione del prestito, abbia o meno, l’ “Unione dei Pescatori” esteso un qualunque regolare documento, dal quale risultino e la sua posizione di debitria verso la “Confraternita di S. Andrea”, e le condizioni, alle quali il prestito è stato concluso. Benchè ci sia stato asserito che l’ “Unione dei Pescatori” prometta di rifondere nel corso di quest’anno complessivamente gli interessi arretrati; da questo stato di cose, che noi, né ci sentiamo possibilitati, né sapremmo regolare e schiarire, siamo giustificatamente, se non allarmati, certo inquietati. Ci siamo fatti assumere a protocollo presso questa i. r. Agenzia di Porto e S. M. affinchè, portata la cosa a

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conoscenza delle preposte Autorità, queste intervengano, e, messe le cose in una posizione meno ambigua e più regolare, sieno tranquilizzati assieme a noi, tutti gli altri pescatori direttamente interessati, i quali, dati questi precedenti, con il loro amor proprio, potrebbero ritenere compromessi anche i propri interessi. Chiuso, preletto e firmato Isola, 12 maggio 1910 L’i. r. agente Proft, Drioli Bortolo, Nicolò Degrassi, Cro+ce di Giovanni Lorenzutti fu Girolamo. m. m. Proft. Il Capitanato di Trieste inviò i due messaggi al Governo il 24 giugno 1910, con la lettera N. 6359, nella quale segnalò: per Superiore notizia colla proposta di voler provvedere ad un’accurata revisione dell’entrocitato consorzio. Nello stesso documento il Governo annotò: Visto, che la reclamata revisione ebbe luogo da parte di revisori giudiziari, passi ad acta. Trieste 31 luglio 1910. Lorini – Pastrovic 21/7. Ma non bastava. Accanto all’Agente portuale isolano, che - come si sottolineava - faceva le pulci all’Unione dei pescatori di Isola, si era messo di mezzo anche un socio della stessa Unione, con una lettera anonima che riportiamo di seguito73. Isola li 14/9/1910 All’Ecelso I. R. Governo Marittimo in Trieste Il sotofirmato si rivolge a Codesta Ecelsa I. R. carica onde voglia con la magiore solecitudine esaminare tutti i registri, e un scrùpoloso scontro di cassa in virtù contanti preso l’inpiegato Governativo e Direzione dell’Unione dei pescatori d’Isola nel quale con certeza viè un amanco da più di un miliaio di corone, nel quale il Cassiere non posede una garanzia esendo privo di beni di fortuna. Il sotofirmato esendo socio le da una occhiata alla sfugita nei registri nella cancelaria sociale e le comparve questo grosso malano sensa erore. Non sa se forse questo sucede perche il presidente non si ocupa di fare il proprio dovere nel fare un scrupoloso scontro di cassa al meno mensile. Va bene che teme da fare il proprio dovere perche il secretario e un parente da un membro della Direzione, e il povero presidente e privo dal dovere, ma deve sapere che questo membro sudetto e privo di beni di fortuna per potere socombere i danni della Società come pure queli del Cassiere. Trovasi un secondo erore, che il Revisore dei conti Giovanni Degrassi cognato dal presidente non e amisibile che posa sorvegliare scrupolosamente i conti perché anche Eso e un dipendente della sudetta in qualita da diretore per lavendita del pesce fresco nella piazza da Trieste, e un terso erore è quello che un cugino del cassiere e Revisore dei conti certo Goina nel quale rivede a pro del cugino cassiere.

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Prova ne sia che per altre divergenze e per queste oservazioni sono alquni membri della Direzione di aver abandonato la sede sociale col vendere il suo pesce agli altri. Conto che Codesta I. R. Ecelsa carica vora ocuparsi colla magiore solecitudine di curare al bene dell’interese del I. R. Governo come pure da un socio fedele antecipa le più sentite grazie. Devotissimo Socio L M

Il panorama di Isola quando apparteneva all’Impero asburgico. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

Il Governo marittimo annotò nel medesimo protocollo N. 23428 che, trattandosi di una lettera anonima, e visto che le irregolarità entro accennate sono del tutto di carattere privato passi ad acta. Trieste, 25 settembre 1910. N. Attems, Pastrovic. Ciononostante, tuttavia, il Governo chiese delle informazioni al Capitanato di Trieste in merito alle divergenze esistenti tra l’Agente portuale Proft e il Consorzio dei pescatori isolani. Diffatti, il Capitanato, in data 15 ottobre 1910, con il rapporto N. 10185, che porta come Oggetto Divergenza tra l’i. r. Agente A. Proft ed il Consorzio di pesca d’Isola, rispose al Governo, e quest’ultimo si premurò di dare le dovute disposizioni in merito74.

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All’i. r. Governo Marittimo Trieste. In esito al decreto di data 1 ottobre 1910 Nro: 6542 mi fo dovere di riferire colla riproduzione dei comunicati che ulteriori indagini per scoprire le cause che provocarono le divergenze tra l’i. r. Agente Proft, ed il Consorzio di pesca in Isola, non poterono venire eseguite, essendosi il suddetto funzionario recatosi in permesso di quattro settimane li 12 luglio 1910 e si ammalò in seguito cosichè non era possibile di assumere sue dichiarazioni in proposito. Mi trovo però in dovere di riferire, che questo funzionario addimostrò durante la dirigenza di quell’i. r. Agenzia portuale sanitaria tutta la buona volontà, di disimpegnare i suoi rispettivi doveri rettamente, e nell’interesse pubblico, e che stava al di sopra delle zizzanie politiche locali. Non essendo utile per il regolare disbrigo del servizio che il rispettivo dirigente di un i. r. Ufficio incontri l’astio di una parte della popolazione mi fo dovere di proporre che l’i. r. Agente Proft venga tosto trasferito. Per l’i. r. Capitano di porto e dirigente: Šurljnga [?] Per quanto riguarda la diatriba tra l’Agente portuale isolano e l’Unione dei pescatori di Isola, nel Fondo del Governo marittimo vi sono anche alcuni documenti in lingua tedesca, più volte trascritti in pessima calligrafia, che non abbiamo ritenuto opportuno di tradurre poiché la soluzione del contenzioso viene indicata nello stesso protocollo governativo. Da questo è possibile comprendere che l’Unione dei pescatori di Isola non doveva esser tanto truffaldina, come si poteva recepire dai lunghi rapporti del Proft e dalla lettera anonima, visto che le divergenze insorte fra l’Agente Proft ed il consorzio di pesca di Isola furono eliminate col suo trasferimento, per cui, tutto l’incartamento passi ad acta . Trieste, 12 novembre 1910. Certamente, il bilancio del Consorzio dei pescatori non doveva esser molto roseo, anche se nulla di grave doveva essere stato constatato dal Governo da indurlo a intervenire contro l’ Unione. Tanto è vero che nella documentazione custodita esiste addirittura un’altra sollecitazione di sussidio, un altro bilancio, e altre informazioni che arrivano fino al 4 maggio 191275. Dietro ad un biglietto da visita nel quale è stampato: Pietro Spadaro / i. r. Consigliere contabile di finanza / Deputato al Consiglio dell’Impero (con quest’ultima riga depennata), Spadaro scrive: Si permette di presentare all’Illustrissimo Signor Presidente l’unito bilancio dell’Unione dei pescatori di Isola, colla preghiera di concorrere alla stessa un lusinghiero e promesso sussidio. umilissimo servitore Spadaro. Trieste 27/5/11. Il bilancio su accennato, con cifre in Corone e centesimi di Corona, non è datato ed è firmato solamente da Pietro Spadaro. Non è segnato, altresì, a quale anno faccia riferimento, anche se è chiaro che si riferiva al 1910 essendovi riportato in esso il deficit del 1909, per il quale anno era stato presentato il bilancio datato 3 giugno 1910, come già accennato più addietro.

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UNIONE DEI PESCATORI D’ISOLA – CONSORZIO r. a. g. l. Giro d’affari Introiti Esiti Vendita pesce 116.704,93 Acquisto pesce 108.589,25 Conto debitori Conto debitori e creditori 27.916,78 e Creditori 18.289,58 Quote riserva 5.744,00 Valori immobili, mobilio ed attrezzi 12.888,21 Utensili venduti 95,87 Spese generali 9986,78 Rendite diverse 2.222,03 Ammanco 2859,34 12.846,12 Saldo cassa 70,12 152.683,61 152.683,61 Risultato economico Utili Spese Utile lordo Perdita vendita pesce 8.740,98 della gestione 1909 830,37 Utile passelere Amministraz. tasse, 356,32 spese della casa 395,42 Utile masinete Interessi diversi 445,00 [granchi] 1.173,54 Interessi del Cto Cte 14,80 Spese per il salume [pesce salato] 960,00 Affitti 90,00 Spese postali 40,50 Rendite div. 587,37 Spese trasporti e noli 674,36 Aumento prezzo fondo 670,00 Spese cancelleria 62,90 Perdita della Gestione 2.335,45 Emolumenti 850,00 Spese vendita pesce 5.312,27 Ammortizzazione attrezzi 1.122,34 Ammanco 2.859,34 Spese diverse 415,96 13.968,46 13.968,46 Bilancio Attivo Passivo Saldo cassa in contanti 70,45 Creditori 10.370,00 Deposito in Cto Cte 394,80 Quote versate 606,00 Debitori 348,00 “ da versarsi 794,00 1.400,00 Beni immobili 9.340,00 Riserva 5.138,00 Utensili 4.122,44 “ ammort. 1.122,44 3.000,00 Quote a saldo 794,00 Esistenza merci 625,30 Perdita della gestione 2.335,45 16.908,00 16.908,00

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Il 9 agosto 1911, il Governo marittimo riferì al Capitanato di Trieste che al Consorzio Unione dei pescatori di Isola, veniva assegnata la somma di 1000 corone, con l’obbligo di dichiarare, in iscritto che il denaro ricevuto verrà effettivamente speso nell’acquisto dei determinati attrezzi da pesca accennati nell’istanza, questi andranno ad incrementare esclusivamente il capitale collettivo della rispettiva cooperativa di pesca, figurando sempre il relativo importo nel bilancio sociale. Sempre da questo protocollo si apprende che l’Unione dei pescatori di Isola, aveva già chiesto quattro volte dei sussidi, e precisamente il 23 gennaio 1908, il 24 agosto 1909, il 19 marzo 1910 ed il 3 giugno 1910. A sua volta, da un documento in lingua tedesca del 4 maggio 1912, si apprende che furono assegnati i seguenti sussidi: per il 1908, Corone 1000; per il 1909, Corone 2000; per il 1910, Corone 2340, che equivalevano alle reti fornite da Luigi Peritz, come dall’ordine di pagamento del Governo in data 20 febbraio 1910; per il 1911 Corone 500, più le 1000 del 9 agosto dello stesso anno. L’Unione dei pescatori di Isola, nonostante il deficit, continuò la sua attività ed intraprendenza, questa volta facendo una nuova richiesta per poter pescare nelle acque del Comune di Trieste. Da questa lettera si apprende che in otto anni il numero dei pescatori isolani dai 600 registrati nel 1903 era salito a 685 unità76. Eccelso I R Governo marittimo La firmata Unione dei pescatori di Isola si permette di ricordare a codesta Eccelsa Autorità che Isola con 137 barche da pesca e 685 pescatori ha un raggio di pesca entro il miglio marittimo tanto angusto e piccolo da non offrire la possibilità di vivere colla pesca neppure ad un decimo dei suoi pescatori. E senza spiegare ulteriormente a codesto Eccelso I. R. Governo le ragioni per le quali i pescatori di Isola sono realmente si poveri, ragioni che a codesta Eccelsa Autorità dovrebbero essere più che note, come anche senza ripetere che la firmata Unione non ebbe quell’appoggio finanziario che ad essa spettava da codesta Eccelsa Autorità, in seguito all’annata cattiva di pesca ed al defraudo subito dall’Unione, si permette di presentarsi a codesto Eccelso I. R. Governo colla seguente Preghiera Voglia codesta Eccelsa Autorità, in base alle disposizioni del § 2 dell’ordinanza 5/12/1884 B L I No 188 concedere ai consortisti della firmata Unione – con tutta sollecitudine – il permesso di pescare per la durata di 6 mesi almeno, nelle acque del Comune di Trieste, nelle quali non vi è un numero sufficiente di pescatori in rapporto all’importanza della pesca ed alla estensione della costa compresa nel territorio comunale, come anche per il motivo che ciò lo richiede l’approvvigionamento del mercato di Trieste stesso.

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Fiduciosa che codesto Eccelso I. R. Governo vorrà prendere in seria e benevole considerazione la presente domanda ed accordare verso una tassa ridotta il chiesto permesso di pesca nelle acque del Comune di Trieste, ed in attesa d’una sollecita e favorevole evasione ne antecipa le più sentite grazie devotissima Unione dei pescatori in Isola Consorzio economico registrato a garanzia limitata Il presidente G Ulcigrai - Il direttore Giovanni Goina Isola li 12/11/1911 La vicenda, anche per causa dell’onnipresente e lenta burocrazia austriaca, si concluse verso la fine dell’anno successivo, con la risposta negativa del Magistrato civico di Trieste. MAGISTRATO CIVICO TRIESTE

Trieste, 3 settembre 1912

N. I – 27792 – 11- 2 Oggetto: ammissione pescatori isolani nelle acque di Trieste. All’i. r. Capitanato di porto e S. m. Qui Con riferimento alle Sue note 23 novembre 1911 N. 14434 e 30 luglio a. c. N. 10453 comunico a codest’i. r. Capitanato che la Giunta municipale nella seduta del 30 agosto u. s. si è pronunciata in senso reiettivo sulla domanda dei pescatori di Isola di essere ammessi nelle acque di Trieste, fatta con la istanza che in ./. si restituisce, e ciò in considerazione che il numero dei pescatori triestini è più che sufficiente per il piccolo tratto di mare che trovasi a loro disposizione e che perciò sarebbero seriamente danneggiati dall’intervento di estranei. Il Vicepresidente [firma illegibile]. Il Capitanato di Trieste, con il rapporto N. 12402 del 16 settembre 1912, che portava come Oggetto Ammissione pescatori isolani nelle acque del Comune di Trieste. Ad Nri. 29830 d. d. 18/11/1911, e 29830/11 d. d. 24/7/1912, scrisse al Governo Marittimo che, Con riferimento ai succitati decreti al proprio rapporto di data 30 luglio 1912 Nro. 10453, si riproduce l’unita istanza della cessione dei pescatori di Isola, col cenno che lo scrivente non può raccomandarla ai Superiori riflessi, visto il voto sfavorevole contenuto nell’unita nota di data 3 settembre 1912 Nro. I. 2779/2/11 del Magistrato civico in Trieste.

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Al Governo marittimo, alla fine, non rimase altro che scrivere al Capitanato triestino informandolo che In relazione al rapp. 16 settembre a. c. No. 12402, s’invita codest – di partecipare all’Unione dei pescatori di Isola, in esito all’istanza 12 novembre 1911, che il Governo Marittimo, visto il voto sfavorevole del Civico Magistrato locale, e con riflesso al numero più che sufficiente dei pescatori comunisti per lo sfruttamento del breve tratto di costa a loro appartenente, non trova di ammettere quei pescatori nelle acque comunali di Trieste. Trieste 7. Ott. 912. V. Attems, Pastrovic.

Strano, ma vero: il mandracchio isolano semivuoto. Sullo sfondo la chiesetta di S. Andrea, protettrice dei pescatori, abbattuta negli anni ’20 del secolo scorso.

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XI.

I CONTROLLI DEL PESCATO

L’Agenzia portuale di Isola, tra gli altri compiti, aveva anche quello di compilare e inviare al Governo marittimo le schede per la denuncia del pescato. Operazione tutt’altro che semplice, anche a causa dei moduli impiegati, alquanto complicati. Così successe anche per la denuncia del pescato per i mesi da aprile a luglio del 1908 che non risultò comprensibile. Di conseguenza, il Governo richiese ulteriori chiarimenti, ai quali seguì la risposta dell’Agenzia con le quattro schede compilate e che presentiamo più sotto77. Il documento governativo è segnato con il N. 16167 ed è datato Trieste 6 agosto 1908. Si restituisce all’i. r. Agenzia di porto e s. m. in Isola verso riproduzione coll’incarico di rapportare se l’unita specifica contiene il prodotto pescato esclusivamente dai pescatori locali, oppure vi è compreso anche l’eventuale materiale d’importazione che viene introdotto pella confezione presso codeste fabbriche di sardine. In quest’ultimo caso, sarà in appresso da distinguersi e specificare a parte le sue partite, cioè il pescato locale dal materiale importato, rimettendo in pari tempo un prospetto dal quale risulti la differenza del quantitativo già specificato nei mesi di aprile, maggio e giugno a. c. Pel Presidente Attems L’Agente portuale di Isola, Francesco Trojan, rispose allegando quattro Specifiche (schede) che facevano riferimento allo stesso numero di protocollo. Il quantitativo di sardelle venne segnato in pezzi e non in chilogrammi, come previsto dalla legge allora in vigore. Difatti, tutti gli altri agenti portuali della costa asburgica avevano l’obbligo di indicare nelle Osservazioni quante sardelle formavano un chilogrammo, contandole, cosa che non sempre si faceva, per poi moltiplicarle per il totale dei chilogrammi pescati, e segnare infine nella Specifica il numero totale di pezzi di sardelle pescate. All’I. R. Governo Marittimo in Trieste In base all’incarico di codest’I. R. Governo Marittimo d. d. 6 agosto a. c. No 16167 la scrivente avanza l’acclusi 4 prospetti del quantitativo delle Sardelle pescate dai pescatori locali per il consumo locale colla specifica delle Sardelle

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importate per le fabbriche di sardine d’Isola esclusivamente dai pescatori locali nei mesi di aprile, maggio, giugno e luglio a. c. con cenno che soltanto le Sardelle vengono introdotte per le fabbriche di sardine dai pescatori locali e che l’accluse specifiche contengono il prodotto pescato esclusivamente dai pescatori locali mentre il prodotto pescato dagli altri pescatori non venne introdotto pella confezione presso codeste fabbriche di sardine. Con 5 allegati - Fr. Trojan i. r. Agente Le quattro Specifiche che riportiamo di seguito rispecchiano esattamente gli originali manoscritti.

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Molti altri Uffici portuali del litorale austro-ungarico non sempre riuscivano a compilare correttamente le Specifiche del loro pescato come invece fece quello di Isola. Pertanto, il Governo Marittimo in Trieste fu costretto ad emettere una circolare chiarificatrice78. No. 10023. Circolare dell’i. r. Governo marittimo a tutti gl’ii. rr. Uffici e funzionari di porto e sanità marittima dipendenti. Le prenotazioni statistiche sulla pesca estiva, tenute durante l’anno decorso si presentarono quà e là molto deficienti in punto di esatezza, e mancanti delle osservazioni illustrative sull’abbondanza o scarsità delle specie cui le statistiche dovevano riflettere. Queste deficienze autorizzarono il dubbio che taluno dei compilatori non si era fatto un giusto criterio della utilità scientifico-pratica delle prenotazioni suddette, e non pensò che dalla loro precisione dipendeva l’indirizzo più sicuro degli studi che vi si facevano e la giustezza delle deduzioni riassuntive che dovevano derivarne per determinare le cause, le epoche e le direzioni delle migrazioni del pesce bleù, a tutto successivo vantaggio della tecnica professionale e dei risultati della pesca. Si raccomanda quindi ancora una volta agli ii. rr. Uffici e funzionari di porto e s. m. la più scrupolosa esatezza delle prenotazioni in discorso, avvertendo che ove nella stagione ora iniziata continuassero a sussistere le deplorate deficienze, ne sarebbe chiamato a dar conto il rispettivo preposto. Quello degli Uffici o funzionari di porto che non avesse a disposizione il numero di stampiglie occorribili per la produzione delle statistiche sulla pesca estiva, può farne immediata e diretta ricerca a questo Governo. Trieste, 8 maggio 1909. - Pel Dirigente: Attems m. p. I vari Uffici portuali non tardarono a richiedere i moduli (Stampiglie), così tra i tanti, anche quello di Isola dell’1 giugno 1909, che chiedeva di essere fornito di 24 copie della Specifica del pesce predato, e il 7 giugno dello stesso anno Trieste provvide ad inviare 20 copie79. Pochi sono ancora gli esemplari conservati per tutto il periodo asburgico giacchè gli originali venivano evidentemente spediti per fare le varie ricerche e statistiche alla Società austriaca di Pesca e Piscicultura marina di Trieste, mentre il Governo tratteneva la matrice staccabile sulla quale si riportava solamente il nome dell’Agenzia portuale ed il mese del pescato. Tuttavia, a quanto sembra, non tutti gli Uffici portuali adempirono al loro dovere e il Governo Marittimo, convinto dell’importanza del prodotto della pesca, fu costretto ad inviare un’ulteriore Circolare80.

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No. 10656. Circolare dell’i. r. Governo marittimo a tutti gl’ii. rr. Uffici e funzionari di porto e sanità marittima dipendenti. Con riguardo allo sviluppo sempre crescente della pesca marittima ed in ispecie della pesca estiva, s’impone l’obbligo assoluto della compilazione di prenotazioni statistiche quanto più esatto, per la determinazione di tale sviluppo e per poter farne la base di successivi studi scientifico-tecnici. Con tutto che l’importanza di queste prenotazioni sia stata sufficientemente accentuata colle circolari governative 28 giugno 1904 No. 10636 e 10 maggio 1908 No. 9664, risulta ancora evidente il fatto che molti uffici non ebbero a corrispondere tanto in linea di esattezza, quanto in quella di puntualità, agli incarichi ricevuti, dimostrando con ciò di non avere la percezione e la convinzione di tale importanza, o di poter permettersi la più deplorevole trascuranza nell’eseguire gli ordini dell’Autorità superiore. Affermando ancora una volta che la puntualità e l’esattezza delle compilazioni statistiche sulla pesca estiva costituiscono la base per la determinazione dell’importanza di questa industria nella economia nazionale, si stabilisce che: 1. Coll’apertura della attuale stagione di pesca, non già i soli uffici portuali elencati nelle due circolari succitate, bensì tutti gli Uffici di porto, eccettuati quelli di Cervignano, Aquileja, Cigale, S. Martino (Lussin), Scardona, Novegradi, Brevilacqua, Vodice e Metković, saranno tenuti alla produzione mensile della tabella statistica sulla pesca estiva, e ciò direttamente all’i. r. Governo. 2. La statistica mensile comprenderà il pescato di tutto il rispettivo sottocircondario e si dovrà produrre anche se negativa dal mese di aprile a tutto ottobre. 3. Le occorribili stampe (7-8 fogli per stagione e per ogni ufficio) saranno fornite dal preposto i. r. Capitanato di porto. Trieste, 29 aprile 1910. - Il Presidente: Delles m. p. La prima scheda originale di questo genere, stampata e completa nella compilazione, che abbiamo trovato per Isola riguarda il mese di dicembre 191081. Il documento è composto da quattro pagine in cui nella prima, indirizzata all’ I. R. Governo marittimo, sono segnati il numero di protocollo dell’Ufficio che l’ha emessa e i dati che interessano la tipologia del pescato, dati che corrispondono a quelli della tabella in terza pagina, il periodo di pesca, il nome dell’Agenzia o Ufficio portuale, la data e la firma del compilatore, tutto in verticale. Nella terza pagina in una tabella orizzontale vi è la Specifica, mentre la seconda e la quarta sono bianche. Nel nostro caso, in prima pagina, oltre al timbro dell’Agenzia isolana vi era la firma dell’Agente portuale Lonzar.

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Con il numero di protocollo 220 del 31 marzo 1911, l’Agenzia portuale di Isola inviò al Governo Marittimo la Specifica del quantitativo di sardelle, sardoni, scombri, lanzardi e tonno, pescati nelle acque del sottocircondario marittimo isolano dall’1 al 31 marzo 1911. In essa risulta che nel III scuro di pesca furono presi 250 scombri e nel IV scuro 300, per un totale di 550 scombri. Nelle Osservazioni è segnato: Scombri 550 a 10 al chilo, 55 chili82. La Specifica del pescato nel mese di novembre 1911, venne inviata al Governo Marittimo con il numero di protocollo 694, come dalla seguente tavola N. 1, per un totale di 6250 chilogrammi di pesce azzurro83. In un altro rapporto non numerato, la stessa Agenzia portuale compilò la scheda per il mese di dicembre 1911, come dalla tavola N. 2, per un totale di 1420 chilogrammi di pesce azzurro84. La Specifica del pescato di gennaio 1912 porta il numero di protocollo 65. Dall’1 al 31 gennaio di quell’anno furono dichiarati dall’Agenzia di Isola, per la sola prima settimana dello scuro di luna, 400 scombri a dieci pezzi per chilogrammo, equivalenti a 40 chilogrammi85. Per il pescato del mese di giugno 1912, la Specifica della tavola N. 3, porta il N. 391 e venne dichiarata la cifra di ben 100.900 chilogrammi di pesce azzurro in un solo mese86.

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Il 30 aprile 1913, l’Agenzia portuale di Isola inviò al Governo Marittimo la Specifica N° 242, per un pescato complessivo di 21.597 chilogrammi di pesce per il medesimo mese, come dalla tavola N. 487. Per il mese di settembre 1913, l’Agenzia isolana inviò la Specifica N. 560, per un pescato totale di 27.958 chilogrammi di pesce azzurro, come nella tavola N. 588. Nelle tavole che seguiranno, trascuriamo il N. B. già visto nella precedente, e che viene sempre ripetuto.

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La Specifica del pesce azzurro pescato dai pescatori isolani nel mese di giugno 1912, con il numero di pezzi per ciascun tipo, e il totale del pescato in chilogrammi per specie, segnato nelle “Osservazioni”, per complessivi kg 100.900. (AST, Gov, b. 914, prot. 22087, a. 1912)

Dal settembre 1912 non vengono conservate altre Specifiche del pescato a Isola fino al mese di giugno 1917, che porta il N. 20689. A sua volta, questa sarà seguita dalla specifica N. 283 del mese di agosto 191790. Ambedue le schede, furono compilate in piena guerra mondiale, e sono diverse rispetto alle precedenti che abbiamo visto. In queste è interessante rilevare il basso numero di barche e di pescatori, rispetto alle potenzialità pescherecce isolane. Da ciò è possibile dedurre che molti pescatori dovettero entrare nelle file militari dell’esercito e della marina austro-ungarica. Queste due schede comprendono la Pesca militare e la Pesca civile, il numero delle barche e dei pescatori impiegati, e molte altre voci che abbiamo cercato di riportare per esteso e non in tabella. Il quantitativo del pesce viene segnato in chilogrammi e nelle osservazioni vengono riportati i pezzi per ogni specie equivalenti ad un chilogrammo.

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No….206

Sottocircondario marittimo di Isola

Specifica del quantitativo pescato durante il mese di Giugno 1917 Circondario marittimo… Trieste Luogo ove venne esercitata la pesca… Nelle acque del comune di Isola Pesca militare No. delle barche…5 No. dei pescatori…18 Quantità pescata di: sardelle kg… 3548,15; sardoni kg... . / .; scombri kg… . / .; lanzardi kg... . / . ; tonno e specie affini kg… . / . ; tutte le altre specie di pesci: kg… 468,45; crostacei kg… . /. . Come venne spartito il pescato: approvig. militare kg… 275,10; approvig. civile kg…69,50. confezionato kg…2206. Pesca civile No. delle barche…8 No. dei pescatori… 182 Quantità pescata di: sardelle kg… 23.162; sardoni kg… . / . ; scombri kg… . / . ; lanzardi kg… . / . ; tonno e specie affini kg… . / . ; tutte le altre specie di pesci kg… 6471; crostacei kg… . / . Quanto pesce venne: venduto kg… 29.633; confezionato al sale kg… . / .. Pescato complessivo in chilogrammi: 33.649,60. Valore approssimativo in corone: 48.371,60. Osservazioni *) Sardelle chigr 26.710 a 35 pezzi al chigr pezzi 934.850. *) Nella rubrica “Osservazioni, verrà indicato il numero dei pezzi delle prime quattro specie che vanno in un chilogramma. Nella rubrica stessa verrà pure indicato il quantitativo del pescato a cocchia in quei circondari marittimi ove questa pesca si esercita.

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No….283

Sottocircondario marittimo di…Isola

Specifica del quantitativo pescato durante il mese di…Agosto...191..7 Circondario marittimo…Trieste Luogo ove venne esercitata la pesca…Nelle acque del comune di Isola Pesca militare No. delle barche…6 No. dei pescatori…24 Quantità pescata di: sardelle kg…283; sardoni kg…; scombri kg…; lanzardi kg…; tonno e specie affini kg…; tutte le altre specie di pesci: kg….1414,85; crostacei kg…. Come venne spartito il pescato: approvig. militare kg…275,90; approvig. civile kg…843,20; confezionato kg…. Pesca civile No. delle barche…5 No. dei pescatori…110 Quantità pescata di: sardelle kg…367; sardoni kg…; scombri kg…100 ; lanzardi kg; tonno e specie affini kg…; tutte le altre specie di pesci kg…2362; crostacei kg…. Quanto pesce venne: venduto kg…2829; confezionato al sale kg…. Pescato complessivo in chilogrammi: 4526,85 Valore approssimativo in corone: 9200 Osservazioni *) Sardelle Kg 650 a 35 pezzi al chil pezzi 2275. Scombri 100 kg a 7 pezzi al chg 700 pezzi. NB 578,75 kg della pesca militare fu pervenuto al mercato di Trieste. *) Nella rubrica “Osservazioni, verrà indicato il numero dei pezzi delle prime quattro specie che vanno in un chilogramma. Nella rubrica stessa verrà pure indicato il quantitativo del pescato a cocchia in quei circondari marittimi ove questa pesca si esercita.

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La Specifica di tutte le specie di pesce pescato dagli Isolani nel mese di giugno 1917, divisa in “Pesca militare” e in “Pesca civile”, per complessivi 33.649,60 chilogrammi. (Ast, Gov, b. 929, prot. 12846, a. 1917)

Il mandracchio con le barche dei pescatori.

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XII.

L’ESPORTAZIONE DEL PESCE SALATO

Gli Uffici portuali dell’allora Litorale austro-ungarico non solo dovevano dichiarare il pescato, ma anche la quantità del pesce salato che veniva esportato all’estero, e in particolare per l’Italia, che era il più grande importatore di questo prodotto. Questa attività era regolamentata dal Ministero del Commercio e dal Governo Marittimo che decidevano la quantità che ogni località poteva esportare. Dalle cifre è interessante constatare che in quell’epoca il pesce salato, assieme alle sardine confezionate sott’olio d’oliva, rappresentavano un’alimento molto richiesto sul mercato europeo e, in particolare, su quello italiano. Nella dichiarazione doveva venir segnato il numero del Certificato d’origine, la data della spedizione, la destinazione, la specie del pesce, il numero dei barili ed il peso in chilogrammi. Doveva anche essere segnato il numero e il peso delle botti di salamoia fornita, il nome del spedizionere (caricatore) e il nome del natante. Quello che segue è il testo dell’unico modulo compilato integralmente trovato per Isola e che porta il numero di protocollo 53. I pochi documenti che abbiamo avuto modo di controllare, venivano semplicemente segnati con un “Negativo”, non essendovi stata nell’occasione alcuna spedizione per l’estero. Ecco il compilato dell’Agente isolano Francesco Trojan91: All’i. r. Governo Marittimo Trieste. L’i. r. Agenzia di porto e s. m. in Isola riferisce sull’esportazione di pesce salato in Italia durante il mese di gennaio 1909 N° Certificato d’origine…32 Data della spedizione…21/1/1909 Destinazione…Italia Specie esportata…sardelle salate N° dei barili…10 Peso in chilogrammi…528 800 N° delle botti di salamoja… Peso della salamoja in chilogrammi… Nome del caricatore e nome del natante…Societé Generale francaise in Isola sul veliero via Trieste Per stati esteri…Negativo Isola li 31 gennaio 1909 - Fr. Trojan i. r. Agente.

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In un secondo documento, non corrispondente a quello richiesto dal Governo, l’Agenzia portuale di Isola, con il rapporto N. 55 del 24 gennaio 1910, riferiva che Sulla base del certificato di data 23/1/1910 N° 54 furono esportate da qui con destinazione Ancona in Italia le seguenti specie e quantità di pesce salato: Sardelle barili 35 peso kg. 198492. Con il decreto N. 9592 del 7 aprile 1911, inviato a diverse località del Litorale austro-ungarico, veniva ridotto il quantitativo di pesce salato assegnato per l’esportazione in Italia, non avendo queste registrato alcuna partita destinata all’esportazione. Il documento che porta come oggetto: Esportazione pesce salato in Italia, include anche il nome della città di Isola, ed è seguito da una Circolare dattiloscritta in cui viene citata ed allegata, comprensiva di una Distinta di ripartizione93. All’i. r. Deputazione di porto e sm Lesina 1. Agenzia di porto e sm Isola 2., Stretto 3. Espositura di porto e sm Vallegrande 4., Prigradica 5. a tutti. Colla Circolare governativa 10 Gennaio 911 N.° 150, veniva assegnato a codest’–, un contingente di pesce salato libero per l’importazione in Italia con franchigia doganale, di quintali 1. [Lesina] 200; 2. [Isola] 120; 3. [Stretto] 70; 4. [Vallegrande nell’isola di Curzola] 260; 5. [Prigradica] 50. Non avendo finora esportato alcuna partita, il Governo Marittimo, riduce il quantitativo, a quintali: 1. 100; 2. [Isola] 50; 3. 30; 4. 100; 5. 20, libero sempre di chiedere, a sensi della Circolare succitata, autorizzazione di esportare partite maggiori se si presenta il caso. Trieste 7 aprile 1911 [seguono tre firme tra le quali quella di Attems]. Vediamo ora la circolare citata nel decreto di cui sopra, cui è allegata la Distinta di ripartizione dalla quale si evince che le località dalmate erano per eccellenza le grandi esportatrici di pesce salato verso l’Italia nel quadriennio 1907-1910, mentre Isola è l’unica città istriana della lista.

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No. 150. CIRCOLARE dell’i. r. Governo marittimo a tutti gl’ii. rr. Uffici e funzionari di porto e sanità marittima dipendenti. In seguito a dispaccio dell’i. r. Ministero del commercio d. d. 31 dicembre 1910 No. 37071-10 ed a parziale modificazione della propria Circolare dd. 9 febbraio 1910 No. 3141-10, concernente l’esportazione di pesce salato per l’Italia, si partecipa a codesto i. r. Ufficio che per facilitare agli organi doganali italiani il controllo dell’importazione in franchigia doganale, d’ora innanzi l’esportazione favorita di pesce salato, dovrà seguire sotto le seguenti condizioni. Essendo stati riservati all’Ungheria 300 q dei 5000 q da esportarsi in franchigia doganale, 3700 q del resto di 4700 q sono stati ripartiti sugli singoli uffici di porto e s. m. in base al medio dell’esportazione effettiva negli ultimi 4 anni, mentre che 1000 q vennero riservati a disposizione del Governo marittimo e verranno successivamente assegnati secondo il bisogno agli uffici richiedenti. Come codesto Ufficio verrà rilevare dall’acchiusa distinta di ripartizione, nell’anno corrente potrà essere esportato da codesto Ufficio in franchigia doganale il quantitativo di……….. q, fino all’esaurimento del quale codesto Ufficio rilascierà i nuovi certificati d’origine, che seguono in compiego, i quali sono muniti di una clausola suppletoria, la quale serve ad attestare ufficiosamente che il pesce esportato è ancora compreso nel quantitativo complessivo di 5000 q, ammessi all’esportazione per l’Italia in franchigia doganale per l’Austria-Ungheria. Appena esaurita la partita a codesto Ufficio assegnata non rilascierà ulteriori certificati, che previa autorizzazione da parte dell’i. r. Governo marittimo, al quale in caso di bisogno vorrà rivolgersi in via telegrafica. Il Governo marittimo allora assegnerà a seconda del bisogno ulteriore partita agli uffici richiedenti. La disposizione della circolare governativa dd. 9 febbrajo 1910 No. 3141, che il rilascio di un certificato d’origine segua soltanto allora che la merce sia già caricata o stia caricandosi, per essere tosto esportata, rimane in vigore. Nel giorno stesso della estradazione di uno o più certificati di origine, codesto Ufficio rimetterà a questa parte la solita specifica sul formulare A, producendo poi, a fine mese, il prescritto riassunto B, che deve riunire tutte le esportazioni di quel mese. Il riassunto B si deve immancabilmente produrre anche se negativo. I certificati d’origine fin’ora estradati vengono posti fuori d’uso. Seguiranno successive disposizioni sull’eventuale rilascio di semplici certificati d’origine, destinati a comprovare soltanto le provenienze del pesce salato, da importarsi in altri Stati, e quindi anche in Italia dopo chiusa l’esportazione in franchigia doganale. Trieste, 10 gennaio 1911. - Il Presidente: Delles m. p. ad Gov. mar. No. 150. - 11

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DISTINTA DI RIPARTIZIONE.

Somma di 4 anni Medio Fattore Contingente (1907,1908,1909,1910) per1911

Trieste Isola S. Pietro dei Nembi Cattaro Comisa Trappano Stagno Lissa Lesina Gelsa Spalato Cittavecchia Vallegrande Postire Castelvenier Stretto Traù Megline Curzola Ragusavecchia Gravosa Berna Lagosta Prigradica

465 700 250 1992 6131 1885 2022 1646 1220 1020 482 239 1631 300 167 396 527 77 55 72 192 119 172 313

116 175 62 498 1535 471 505 411 305 255 120 60 408 75 42 100 132 20 14 18 48 30 43 78

0,64 - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

5712 q

100 120 60 320 1000 300 320 270 200 170 80 50 260 50 30 70 90 30 20 20 30 20 30 50 3700 q

Un’altra circolare inerente l’esportazione del pesce salato per l’Italia venne spedita agli Uffici portuali il 31 dicembre 1912. In questa lista figura qualche nuova località rispetto alla precedente, mentre altre non sono state segnate. Per quanto riguarda Isola, unica presenza istriana, il contingente assegnato rispetto a quello del 1911 scendeva da 120 quintali a 30 per il 191394.

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No. 33669. CIRCOLARE dell’i. r. Governo marittimo a tutti gl’ii. rr. Uffici e funzionari di porto e s. m. dipendenti. In relazione alla Circolare governativa 10 gennaio 1911 No. 150, viene assegnato per l’anno 1913 agli Uffici sottoelencati un contingente di pesce salato per l’importazione in Italia con franchigia doganale. Si richiama l’attenzione degli Uffici all’ultimo capoverso della Circolare governativa 15 dicembre 1911 No. 32478, sull’obbligo di aggiungere nel riassunto B. dell’esportazione mensile, il resoconto sul contingente assegnato. Nessun Ufficio, oltre al quantitativo a disposizione, potrà rilasciare certificati di origine senza autorizzazione dell’i. r. Governo marittimo. DISTINTA

UFFICIO

CHLG.

Trieste 3.000 Isola 3.000 Zara 3.000 Traù 8.000 Spalato 25.000 Cittavecchia 15.000 Gelsa 15.000 Vallegrande 10.000 Lissa 20.000 Lesina 10.000 Comisa 80.000 Trappano 50.000 Stagno 20.000 Gravosa 5.000 Cattaro 30.000 Stretto 10.000 Ragusa 4.000 Postire 2.000 Bol 5.000 Trieste, 31 dicembre 1912. Pel Presidente: V. Attems m. p.

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La fabbrica conserviera dei Francesi fondata nel 1881 a Isola, e vista dal “Primo ponte” in una vecchia cartolina, dove sulla collina si può notare anche la chiesa di S. Pietro. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

Il porto con alcuni barconi da pesca e da trasporto. A destra il “molo Sanità”.

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XIII.

I PILOTI GUARDIA PESCA

I piloti guardia pesca del Circondario marittimo di Trieste avevano un bel da fare con i trasgressori delle leggi sulla pesca, in particolare con quelli di Chioggia, che avevano il permesso di pescare nell’allora Alto Adriatico austro-ungarico. È certo, però, che anche i pescatori isolani non stavano con le mani in mano. I pescatori isolani, infatti, battevano il record per numero di multe ricevute, non solo perché trasgredivano le leggi più degli altri, ma anche perché erano i più numerosi rispetto alle altre località pescherecce che andavano da Grado a Pirano e che erano incluse appunto nel Circondario di Trieste. Essendo così numerosi lo specchio di mare a loro consentito per pescare, evidentemente, non era sufficiente per tutti e così spesso tentavano di gettar le reti nelle acque degli altri Comuni in periodi e con tipi di reti non permessi. Dai cognomi trovati nei documenti non risulta che alcun guardia pesca addetto a controllare la zona fosse di origine isolana. In una lista datata Trieste 29 settembre 1898 e comprendente i nominativi di 27 persone, che avevano concorso ai posti di piloti di porto per la sorveglianza della pesca, soltanto due erano provenienti da Isola, anche se non è noto l’esito finale del concorso. Ciononostante, riteniamo opportuno riportare il documento, anche perché uno dei due parlava, come recita il documento, anche l’illirico, termine allora usato per le lingue slave in genere95. Con il numero progressivo 12, Federico Gandolfo, nato nel 1863 a Isola, aveva presentato la domanda il 24 agosto 1898. Alla voce Servizio prestato e che attualmente presta, vi è scritto: Pescatore, possiede un certificato di un padrone di barca da pesca col quale lo dichiara abile pescatore. Aveva prestato quattro anni di servizio militare, parla e scrive l’italiano. Al numero progressivo 14, il pescatore Domenico Cotterle nato nel 1865 a Isola, risultava aver presentato la domanda il 26 agosto 1898 ed aveva prestato quattro anni di servizio militare. Nelle osservazioni si aggiungeva ancora: Marinaio di II classe, legge e scrive l’italiano e parla l’illirico. Se gli isolani venivano considerati alla stregua di Pirati del mare, anche i pescatori di Capodistria non erano di meno, tanto è vero, che furono pescati assieme, ed è il caso di dirlo, a pescare abusivamente nelle acque di Muggia. Lo apprendiamo dal rapporto N. 285 dell’Agenzia di porto di quella città. È datato 14 ottobre 1910 e porta come oggetto: Contravvenzioni di pesca96.

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All’I. R. Governo marittimo dipartimento pesca Trieste. La scrivente partecipa che quest’oggi si presentarono a quest’ufficio diversi pescatori locali a protestare, perché da alcuni giorni delle barche d’Isola e Capodistria pescano a brigada con reti manaidi a spavento entro il I° miglio marittimo, nelle acque di questo comune, compromettendo con ciò i loro interessi. Non avendo quest’ufficio nessuna battella a disposizione onde raggiungere i contravventori, si prega codesto I. R. Governo marittimo di voler disporre, affinchè ai suddetti fosse impedito di esercitare questa pesca abusiva. Il Governo diede delle disposizioni al Capitanato triestino che rispose con il rapporto N. 11656, datato Trieste 11 novembre 1910, e che porta come oggetto: Contravvenzioni dei pescatori di Isola e Capodistria nelle acque di Muggia. All’i. r. Governo – Marittimo Trieste Restituendo il comunicato abbassato col decreto di data 6 novembre 1910 Nro. 26432 si partecipa a codest’i. r. Governo – Marittimo che venne ordinato al comando del piroscafo erariale “Smaris” di perlustrare il Vallone di Muggia, onde impedire le contravvenzioni di cui tratta il rapporto di data 14 ottobre 1910 Nro. 285 dell’i. r. Agenzia di porto in Muggia. Il 31 marzo 1912 nella lista delle contravvenzioni per la pesca del primo trimestre di quell’anno, su 13 multati figurano sei pescatori di Isola con 5 corone di multa: DUDINE Giorgio, CONTESINI Antonio, DEGRASSI Giovanni fu Domenico, BACCI Isidoro di Giovanni, VIEZZOLI Nicolò, RAGAÙ Domenico97. Con il rapporto N. 440 del 28 luglio 1912, l’Agenzia portuale di Isola inviò alle autorità marittime la distinta delle contravvenzioni di pesca avvenute nel suo sottocircondario marittimo durante il secondo semestre del 191298. Nella lista figuravano tre pescatori, tutti non recidivi, che pagarono una multa di cinque corone il 12 maggio 1912, ed erano: PAOLICH Giovanni di Michele domiciliato a Isola; ROTTER Giovanni fu Antonio, domiciliato a Strugnano; ULCIGRAI Giuseppe di Giuseppe, domiciliato a Isola. La Deputazione di porto e sanità marittima di Pirano, con il rapporto N. 1056 del 24 agosto 1912, firmato dal Dirigente U Mariglia, In esecuzione al decreto 22 corrente N° 22121, rassegnò al Governo Marittimo la distinta delle Procedure di pesca nel I trimestre 191299. Le due Specifiche, che furono poi corrette in Distinte, sono dei grandi moduli prestampati che contengono 14 voci, delle quali riporteremo solamente il compilato di quelle più significative, trascurando il resto. In questi moduli, sono riportati i nominativi dei multati da gennaio a marzo, ma anche alcuni dell’anno 1911 se pagarono la multa nel 1912, oppure se la Deputazione piranese venne informata

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in quell’anno dell’avvenuto pagamento. In caso di ricorso e se la multa venne confermata con Decreto governativo, il nominativo appare due volte. BARTALE Benvenuto fu Giovanni da Isola, multato il 16-12-1911 con 4 Corone = 12 ore di arresto; Pagò la multa. GRUBER Carlo fu Ferdinando da Isola, multato l’11-1-1912 con 4 Corone = 12 ore di arresto; Sollecitato il Capitanato Distrettuale in Capodistria per l’incasso. VIEZZOLI Giuseppe fu Giuseppe da Isola, multato l’11-1-1912 con 4 Corone = 12 ore di arresto; Sollecitato il Capitanato Distrettuale in Capodistria per l’incasso. DEGRASSI Bortolo fu Antonio da Isola, multato l’11-1-1912 con 4 Corone = 12 ore di arresto; Ricorse. LANZA Giovanni di Giovanni da Isola, multato l’11-1-1912 con 4 Corone = 12 ore di arresto; Ricorse. ULCIGRAI Giovanni fu Domenico da Isola, multato l’11-1-1912 con 4 Corone = 12 ore di arresto; Ricorre. ZAMARIN Domenico fu Giovanni da Pirano, multato il 23-9-1911 con 40 Corone = 4 giorni di arresto; espiò la pena d’arresto di 4 giorni; Riferto prodotto sull’espiazione della pena d’arresto. GIRALDI Giuseppe fu Francesco da Pirano, multato con 40 Corone = 4 giorni di arresto (Decreto Governativo 26-10-1911); espiò la pena d’arresto di 4 giorni; Riferto prodotto come sopra. DEGRASSI Rafaello fu Antonio da Isola, multato il 15-3-1912 con 10 Corone = 1 giorno di arresto; Ricorre. DEGRASSI Antonio di Domenico da Isola, multato il 24-3-1912 con 4 Corone = 12 ore di arresto; Pagò la multa. LANZA Giovanni di Giovanni da Isola, multato con 4 Corone = 12 ore di arresto; aveva fatto ricorso per la multa dell’11-1-1912, ma fù confermata con il Decreto Governativo 2-3-1912; Interessato l’i. r. Capitanato Distrettuale in Capodistria per l’incasso. ULCIGRAI Giovanni fu Domenico da Isola, multato con 4 Corone = 12 ore di arresto; aveva fatto ricorso per la multa dell’11-1-1912, ma fu confermata con il Decreto Governativo del 2-3-1912; Interessato l’i. r. Capitanato Distrettuale in Capodistria per l’incasso. DEGRASSI Bortolo fu Antonio da Isola, multato con 4 Corone = 12 ore di arresto; aveva fatto ricorso per la multa dell’11-1-1912, ma fu confermata con il Decreto governativo del 2-3-1912; Come sopra. Pirano 24 Agosto 1912 - U Mariglia. Nell’ambito delle attività che riguardavano la presenza di queste particolari figure chiamate a tutelare il settore della pesca, va accennato anche alla vicenda del nuovo guardia pesca che venne assegnato alla città di Isola. Vicenda strana,

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poiché al momento dell’impiego avrebbe dovuto controllare il mare da terra, visto che il Governo Marittimo non pensò di attrezzarlo con un’imbarcazione. Dopo numerose richieste e una lunga corrispondenza, finalmente gli venne consegnata una barca che, però, si trovava in condizioni talmente disastrate da aver subito bisogno di adeguate riparazioni, per le quali seguirono altre richieste. La storia, che ebbe inizio l’11 giugno 1912, con la richiesta manoscritta N. 350 dell’Agenzia portuale di Isola, si concluse il 4 dicembre dello stesso anno, quando il Governo diede il benestare per ripararla100. All’I. R. Capitanato di porto e s. m. in Trieste Con riferimento a quanto la scrivente ebbe a portare a Superiore conoscenza quando annunziò l’entrata in servizio nella qualità di guardiano di pesca ad Isola del marinaio ausiliario Gioacchino Penco onde rendere realmente proficua l’attività di quest’ultimo nei suoi viaggi di perlustrazione, sarebbe assolutamente necessaria una barca qualsiasi. Infatti il medesimo, per recarsi da una località all’altra, deve fare dei viaggi a piedi lunghi e viziosi, passando spesse volte per strade interne, lontane dalla spiaggia, sicchè deve limitarsi a controllare le barche inoperose nei singoli porti, restando per tal modo frustrato lo scopo vero per cui fu nominato guardiano di pesca. Di più ogni anno, tanto alla scrivente, quanto agli altri uffici di porto, pervengono denuncie non meglio precisate, contro pescatori esercitanti l’arte a spavento (a brigada), fatti che la scrivente anche l’anno scorso ebbe a portare a conoscenza della preposta Autorità, invocandone riparo; quest’anno poi, vista la pesca poco promettente degli sgombri, è probabile che i casi della pesca a spavento abbiano ad aumentare, senza che il guardiano possa porvi riparo. Tutti questi inconvenienti verrebbero in buona parte eliminati con lo fornire il Penco d’una barca. Bordon Il Capitanato di Trieste con il rapporto del 15 giugno inviò il documento al Governo Marittimo con riferimento ai rapporti di data 19 gennaio 1912 Nro. 1051 e 17 marzo 1912 Nro. 3955. Intanto, l’Agenzia di porto in Isola, riscrisse al Capitanato triestino, sottolineando l’aggravarsi della situazione in mancanza di un mezzo natante per il guardia pesca. Lo fece con il rapporto n. 432 del 25 luglio 1912, al quale allegò un’istanza della locale Unione dei pescatori di Isola.

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All’I. R. Capitanato di porto e s. m. in Trieste Già da parecchio tempo singoli pescatori locali venivano a protestare contro l’uso, prevalso specialmente quest’anno, di pescare coi fanali. Incapacitata di dar corso alle lagnanze dei singoli, la scrivente incaricò il locale Consorzio dei pescatori di compilare l’acclusa istanza-protesta, che a nome di tutto, o quasi, il ceto peschereccio d’Isola viene avanzata per le ulteriori disposizioni. Con riferimento al proprio rapporto dd. 11 giugno 1912 No 350, la scrivente si permette di osservare di bel nuovo, che il locale guardiano di pesca Gioacchino Penco occorrerebbe assolutamente una barca, come l’ebbe già il guardiano precedente Domenico Petito, residente a Capodistria; specialmente nel caso che il modo di pescare, di cui tratta la presente, venisse vietato o limitato! Bordon. A fianco della firma del Bordon vi è segnata un’interrogazione in matita: dove si trova presentemente questa barca? ed in penna Trieste Cap.to (Capitanato) che forse è l’Ente che si pone la domanda. Eccelso I. R. Governo marittimo! Il sottoscritto si pregia di portare a conoscenza di Cotesta Eccelsa i. r. Carica, quanto segue: Nella presente stagione di pesca dei sardoni, molti dei locali pescatori, quantunque un tanto non sia vietato dalle leggi e ordinanze della pesca, son soliti ad adoperare nel pescare i fanali; attirano con questi il pesce alle rive lo chiudono con le reti e poi spegnendo improvvisamente i fanali fan si che il medesimo in parte s’imbrocchi nella rete, in parte spaventato se ne fugga. Per quanto consta allo scrivente i fanali sono in uso anche in Dalmazia, servendo però di richiamo e non già di spavento per la pesca, giacchè rimangono sempre accesi. Visto il danno non indifferente cagionato da questo genere di pesca, specialmente in un anno che non promette troppo bene come il presente, il sottoscritto si rivolge a cotesta i. r. eccelsa Carica con la preghiera di porvi riparo nell’interesse stesso del ceto peschereccio. Isola 20. VII. 12 - Il Preside: Goina Giovanni

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L’istanza dell’Unione dei pescatori di Isola, datata 20 luglio 1912 e firmata dal Presidente Giovanni Goina, per abolire la pesca con i fanali presso le rive di Isola. (AST, Gov, b. 914, prot. 29062, a. 1912)

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Finalmente l’imbarcazione venne assegnata al guardia pesca Penco. Lo apprendiamo dal rapporto N. 543 dell’Agenzia di porto di Isola inviato al Capitanato triestino in data 11 ottobre 1912. Il rapporto comprendeva anche un’inventario della barca e un Protocollo assunto nell’Agenzia stessa. Con riferimento all’incarico di codesto I. R. Capitanato di porto dd. 19 settembre 1912 No 11762, la scrivente rapporta d’essere pervenuta l’imbarcazione destinata ad uso esclusivo del locale guardiano di pesca e d’averla, assieme ai rispettivi oggetti d’armo, compresa nell’inventario d’ufficio sotto capitolo separato, di cui s’allega una copia. In quest’incontro la scrivente avanza pure il protocollo assunto col suddetto guardiano di pesca, concernente il cambiamento, rispettivamente la fornitura d’alcuni oggetti d’armo, permettendosi di pari passo di pregare la preposta Autorità di partecipare, se al guardiano, per la manutenzione dell’imbarcazione verrà fissato uno pausciale mensile, ovvero se i rispettivi conti, previa Superiore autorizzazione, saranno da avanzarsi di volta in volta. Bordon. I. R. Agenzia di porto e s. m. Isola. Oggetti compresi nell’inventario d’ufficio nel capitolo: “Sorveglianza ed oggetti di pesca”. N° dell’inventario 1. Imbarcazione lunghezza m = 4.92, larghezza m = 1.23, altezza m = 0.50, con otto paioli, due banchi, un anello da prora ed uno da poppa, quattro maschiette, due remi, un timone con rigola, una vela, un flocco, un’alzana ed un ferro. Dall’I. R. Agenzia di porto e s. m. Isola, li 11 ottobre 1912. - Bordon. Protocollo assunto presso l’i. r. Agenzia di porto e s. m. in Isola, addì 11. ottobre 1912. Presentatosi spontaneamente il locale marinaio ausiliario, addetto alla sorveglianza della pesca, Gioacchino Penco, depone quanto segue: In possesso della barca destinata a mio uso per la sorveglianza in mare, mi permetto d’esporre alla preposta Autorità quanto segue: La vela della medesima è assolutamente inadoperabile, marcia, si straccia alla minima pressione, né resisterebbe alla forza del vento; essendo l’imbarcazione piuttosto pesante e quindi non ben maneggevole a remi, il cangiamento della vela è assolutamente necessario. Ci vogliono poi due remi più lunghi, brazzere, una spugna, una sessola, un bujolo, un fanale a luce bianca. Visto che senza gli oggetti suesposti, con la maggior volontà, non si potrebbe ripromettersi il conseguimento dello scopo, a cui l’imbarcazione è destinata, prego la preposta Autorità di voler disporre in proposito, fornendo la barca anche di un ferro [ancora] con 25 metri di scandaglio. Coram me! Bordon Preletto, confermato e conchiuso Gioakino Penco

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Il Protocollo assunto nell’Agenzia portuale di Isola l’11 ottobre 1912, dall’Agente Bordon, nel quale il guardia pesca Gioacchino Penco, si lamentava delle pessime condizioni della barca, che il Governo Marittimo gli aveva assegnato per il suo lavoro. (AST, Gov, b. 914, prot. 29062, a. 1912)

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Passarono pochi giorni, ed è il caso di dirlo, la barca faceva acqua, pertanto l’Agente di Isola, Bordon, fu costretto a riscrivere al Capitanato triestino, con il rapporto N. 613, del 22 ottobre 1912 che porta come oggetto: Imbarcazione guardiano pesca. Con riferimento al proprio rapporto dd. 11. ottobre 1912 N° 543, la scrivente si permette d’informare codesto I. R. Capitanato di porto, che l’imbarcazione destinata al servizio del locale guardiano di pesca, mal corrisponde allo scopo; fa acqua da tutte le parti, sicchè si deve seccarla più volte al giorno, per evitare che si sommerga; il guardiano è costretto di fare il proprio servizio a piedi, come per lo innanzi, lasciando l’imbarcazione in porto. Sarebbe necessario di tirare l’imbarcazione in uno dei locali squeri e di ripararla. La scrivente si permette perciò di pregare la preposta Autorità, acchè voglia disporre in merito. Il Capitanato rinviò all’Agenzia portuale di Isola il rapporto di cui sopra il 24 ottobre successivo, aggiungendo nel suo N. 14439 che lo restituisce verso riproduzione, coll’incarico di ritirare da un esperto carpentiere un preventivo di spesa dei lavori di riparazione necessari, rassegnandolo a questa parte. L’Agente Bordon rispose il 5 novembre 1912, con il rapporto N.635, informando il Capitanato che In obbedienza all’incarico suesposto, la scrivente avanza per l’ulteriore ufficiatura il chiesto preventivo, unendovi pure uno per i nuovi oggetti d’armo. Il Capitanato inviò queste carte al Governo il 7 novembre successivo con il rapporto N. 14992, e quest’ultimo in data 4 dicembre 1912 autorizzò di far eseguire i lavori all’imbarcazione del guardiano di pesca ad Isola nei limiti dell’importo di Cor. 87,60, preventivato nel fabbisogno ad 1 e di acquistare per l’importo di Cor. 27,52, gli oggetti elencati nel fabbisogno ad 2, che si restituiscono verso riproduzione a lavoro ultimato. Ritornando alle contravvenzioni di pesca, anche l’Agente portuale isolano Bordon inviò il 2 ottobre 1912 la Specifica delle multe inflitte e riscosse a favore dei Pii fondi di marina durante il III trimestre 1912101. Il 3 gennaio 1913, inviò pure quella per il IV trimestre 1912, come dal seguito102. Terzo trimestre 1912. SURIAN Vincenzo fu Giuseppe da Capodistria, multato il 6-8-1912 con 5 Corone = 12 ore di arresto. Chiesta esecuzione all’I. R. Capitanato distrettuale in Capodistria sub N° 570, dd: 2-10-12. LANZA Giovanni fu Giovanni da Isola, multato il 7-9-12 con 5 Corone = 12

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ore di arresto. Chiesta esecuzione all’I. R. Capitanato distrettuale in Capodistria sub N° 539 dd: 17.9.1912. I medesimi dati di LANZA Giovanni fu Giovanni sono segnati anche per i seguenti quattro pescatori: LANZA Giovanni di Giovanni da Isola; PENSO Giovanni di Lorenzo da Isola; VASCOTTO Pietro fu Nicolò da Isola; NACCARI Antonio fu Giovanni da Isola. Quarto trimestre 1912. BACCI Giovanni fu Antonio da Capodistria, multato il 15-10-1912 con 5 Corone = 12 ore di arresto. Chiesta l’esecuzione da parte dell’I. R. Capitanato distrettuale in Capodistria sub N° 631 dd: 26/10-12. BACCI Giovanni fu Antonio da Capodistria, multato il 10-10-1912 con 3 Corone = 6 ore di arresto e porta le stesse osservazioni di cui sopra. SALVAGNO Francesco di Vincenzo da Capodistria, multato il 26-10-1912 con 6 Corone = 12 ore di arresto. Detto sub N° 708 dd: 25/11-1912. Il 31 gennaio 1913, la Deputazione portuale di Pirano innoltrò alle autorità marittime di Trieste la Distinta contravvenzioni pesca I trimestre 1913103. La distinta fu disegnata a mano e anche le varie voci furono compilate in penna. A differenza delle precedenti tabelle, questa prevede meno caselle. Le osservazioni non sono state compilate, ma è stata aggiunta la casella “se recidivo”. Su 22 contravvenzioni, 15 sono state inflitte a pescatori isolani e quasi tutti recidivi. Tra le altre cose, in questo elenco va segnalato un certo Campanilismo piranese, rappresentato dal fatto che, per la stessa infrazione, i cui corrispettivi numeri dei decreti governativi non riportiamo, i pescatori non recidivi di Isola furono multati con quattro o cinque Corone mentre i pescatori non recidivi di Pirano con una sola Corona. Riportiamo il contenuto in forma estesa e alquanto semplificata: BLASICH Giovanni fu Giovanni da Pirano, multato l’1-3-1913 con 1 Corona, non recidivo. BULLO Giovanni fu Angelo da Pirano, multato il 28-3-1913 con 4 Corone, recidivo. BLASICH Giovanni fu Giovanni da Pirano, multato il 30-3-1913 con 2 Corone, recidivo. CHICCO Francesco fu Nicolò da Isola, multato il 13-2-1913 con 5 Corone, non recidivo. CHICCO Francesco fu Nicolò da Isola, multato il 13-3-1913 con 10 Corone, recidivo DEGRASSI Tomaso fu Giuseppe da Isola, multato il 13-2-1913 con 5 Corone, recidivo. DEGRASSI Antonio di Pietro da Isola, multato il 12-3-1913 con 10 Corone, recidivo. DEGRASSI Giuseppe di Tomaso da Isola, multato il 13-3-1913 con 4 Corone, non recidivo. DEGRASSI Giuseppe di Pietro da Isola, multato il 28-3-1913 con 10 Corone, recidivo. DRIOLI Giovanni di Nicolò da Isola, multato il 28-3-1913 con 10 Corone, recidivo. GRUBER Carlo fu Ferdinando da Isola, multato il 28-3-1913 con 10 Corone, recidivo.

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GIANNI Ferdinando fu Rosa da Isola, multato il 21-1-1913 con 10 Corone, recidivo. LORENZUTTI Antonio fu Giovanni da Isola, multato il 13-3-1913 con 4 Corone, recidivo. LANZA Giovanni fu Giovanni da Isola, multato il 28-3-1913 con 10 Corone, recidivo. MARCHESAN Nicolò fu Giovanni da Isola, multato il 29-2-1913 con 4 Corone, recidivo. MURATO [Moratto] Antonio fu Antonio da Isola, multato il 12-3-1913 con 5 Corone, recidivo. PETRONIO Domenico fu Nicolò da Pirano, multato l’1-3-1913 con 1 Corona, non recidivo. PULIESE [Pugliese] Pietro fu Antonio da Isola, multato il 13-3-1913 con 4 Corone, non recidivo. PETOROSSO Vittorio di Domenico da Pirano, multato il 25-1-1913 con 1 Corona, non recidivo. SANDRIN Ernesto fu Antonio da Capodistria, multato il 14-1-1913 con 10 Corone, recidivo. TAMARO Giovanni fu Bortolo da Pirano, multato l’11-3-1913 con 1 Corona, non recidivo. ULCIGRAI Antonio fu Antonio da Isola, multato il 13-3-1913 con 4 corone, recidivo.

Con una Circolare, datata Trieste 5 aprile 1913, il funzionario V. Attems, a nome del Presidente del Governo Marittimo, inviò a tutti i Capitanati, Deputazioni, Agenzie ed Espositure di porto e sanità marittima, la Distinta delle Contravvenzioni di pesca pertrattate da tutti gli Uffici portuali durante il IV trimestre 1912, per l’evidenza104. Dei 250 multati in tutto il Litorale austro-ungarico da Grado a Cattaro, 26 pescatori erano di Isola, molti dei quali già visti negli elenchi precedenti, che commisero infrazioni nelle acque di Pirano e Trieste. Buona parte di essi erano recidivi e nonostante la vastità della costa e le numerose località pescherecce, essi rappresentavano il 10,4 % dei multati. Non va trascurato il fatto che i pescatori di Isola erano molto più numerosi rispetto alle altre località e che avevano poco mare a disposizione rispetto alle altre consorelle costiere. Nel secondo trimestre del 1913, nelle acque di Trieste furono multati con 5 Corone ancora tre pescatori, uno da Capodistria e due da Isola: DEGRASSI Ugo fu Tomaso e DEGRASSI Giovanni fu Domenico, entrambi non recidivi105. Nella Distinta delle contravvenzioni di pesca fatte a Capodistria, nel primo trimestre del 1914, oltre ai cinque pescatori di quella città vi è pure il pescatore recidivo di Isola, DEGRASSI Tomaso fu Giuseppe, che fu multato addirittura con 40 Corone106. Le guardie di pesca, oltre ad infliggere le multe ed inoltrare la documentazione agli Uffici portuali della loro località, dovevano stendere anche un rapporto di servizio mensile. Tra i tanti esaminati per la zona di nostro interesse, è stato quello del guardia pesca Domenico Petito, che nel 1912 era residente a Capodistria e venne poi sostituito a Isola da Gioacchino Penco. Riportiamo il curioso Ordine di Servizio ricevuto dal preposto Capitanato di porto e s. m., che interessa Isola da vicino, per poi riportare il calendario dei 30 giorni di maggio1914, errori compresi, dal quale vediamo che il povero Petito era impegnato giorno e notte, e ci domandiamo quando dormiva, siccome partiva anche all’una di notte, mentre è evidente che le domeniche non esistevano come festività nel suo calendario, e tutti i giorni erano lavorativi. Tutta la documentazione si riferisce al mese di maggio 1914107.

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Il rapporto di servizio compilato dal guardia pesca Domenico Petito, per i 30 giorni del mese di maggio 1914, e consegnato all’Agenzia di porto e sanità marittima di Isola l’1 giugno 1914. (AST, Gov, b. 922, prot. 16491, a. 1914)

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RAPPORTO DI SERVIZIO dell’i. r. pilota guardia di pesca Domenico Petito pel mese di maggio 1914 ORDINE DI SERVIZIO ricevuto dal preposto capitanato di porto e s. m. Impedire che le barche italiane [riferendosi a quelle di Chioggia] sieno ad esercitare la pesca con reti a strascico, per la pesca delle seppie a distanza minore di un miglio marittimo dalla costa. Perlustrazione settimanale lungo la costa del Carso per impedire abusi di pesca con dinamite. Estendere la sorveglianza della pesca delle sardelle fino alle acque del Vallone di Muggia per impedire abusi di spavento allo scopo di far incettare le sardelle. Sorvegliare che i pescatori d’Isola non abbiano ad esercitatre la pesca col grippo nelle acque di Strugnano. Denunzierà infine eventuali azioni ledenti il carattere di bene pubblico universale delle spiaggie marine. Trieste, 30 aprile 1914. L’I. R. Ispettore Marittimo in Capo e dirigente Nel prosieguo è riportato il calendario di servizio nel quale, come detto, ogni numero in neretto rappresenta il giorno del mese di maggio 1914. Servizio effettuato durante il mese 1. Ore 1030 ant part da Isola per acque Pirano, causa forte vento di II quad: Isola ritorno ore 3 pom. 2. D’Isola part ore 4 ant prolustrazione [perlustrazione] acque di Pirano dove ariv. 11 ant. part 2 pom prolust: Strugnano ariv 920 pom. 3. Prolustrando acque Pirano e valle Strugnano da ore 3 ant fino 12 ant ore 1 pom arivo Strugnano dove resto. 4. Ore 1 ant part da Strugnano prolustrando acque Valle Pirano e Costa del Carso Salvore arivo ore 4 pom. 5. Da Salvore part ore 3 ant prolust: Carso e acque Pirano a Pirano ariv ore 12 ant part 5 pom prolust: fino Isola dove ariv 11 pom. Contravenzione ved: pag: 4. N o 1. 6. Oggi da ore 3 pom fino 830 pom prolustrazione in acque di Isola. 7. Ore 230 part da Isola prolustrazione acque Muggia Lazzaretto arivare 10 ant part 1 pom spezionado Capodist ariv 7 pom. 8. Part da Capodistria ore 330 ant prolust: medeme acque Capodis. ritorno ore 11 ant part ore 730 pom. prolustrando acque Capodistria e Isola. ore 12 pom arivo Isola. Contra: ved: pag: 4 No 2. 9. Resto a Isola oggi fino ore 3 pom da dove partito spezionando acque di Isola fino ore 11 pom. 10. Oggi causa forte vento di I quadrante e pioggia resto tutta giornata a Isola.

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11. Da Isola part ore 5 ant. prolustrando acque Capodistria e Muggia a Capod: arivare 2 pom part 4 pom Isola ariv 9 pom. 12. Ore 1 pom part da Isola in acque di Carso Salvore arivo ore 4 30 pom dove resto spezionando fino ore 10 pom. 13. Part da Salvore ore 430 ant spezionando acque di Carso e valle Pirano ore 9 ant ariv Pirano causa bora resto a Pirano. 14. Da Pirano part ore 3 ant prolustrando acque Pirano e valle Strugnano. Isola arivo ore 9 pom. 15. Ore 2 ant part da Isola inprolustrazione acque di Muggia Lazzaretto arivo ore 10 ant part ore 5 pom spezionando medeme acque a Capodistria arivo ore 9 pom. 16. Da ore 4 ant fino 9 ant spezionavo acque di Capodistria e da ore 4 pom partito spezionando fino Isola arivo 11 pom. 17. Prolustrazione nelle acque d’Isola da ore 6 ant fino ore 2 pom. 18. Part ore 2 ant da Isola diretto in acque di Carso dove arivo ore 4 30 ant resto spezionando fino ore 4 pom ariv Salvore. 19. Ore 240 ant part da Salvore prolustrando acque di Carso e valle di Pirano ore 1015 ant arivo Pirano part 3 pom spezionavo fino Strugnano dove arivo ore 10 pom. 20. Da Strugnano part ore 5 ant spezionando acque fino Isola dove arivo ore 2 pom. 21. Ore 1 ant part da Isola inprolustrazione acque di Capodistria dove arivo ore 10 ant e da ore 7 pom fino 10 pom resto spezionando medeme acque. 22. Ore 1 ant part da Isola inprolustrazione acque di Capodistria dove arivo ore 10 ant e da ore 7 pom fino 10 pom resto spezionando medeme acque. 23. Da Capopdistria part ore 320 ant spezionando acque di Capod: e Muggia Lazzaretto arivo ore 2 pom part 6 pom spezionando fino Isola dove arivo ore 11 pom. 24. Prolustrazione acque di Isola da ore 7 ant fino 12 ant. 25. Da Isola part ore 115 ant diretto in acque di Carso dove ariv ore 4 ant spezionavo fino ore 3 pom dove ariv a Salvore. 26. Ore 230 part da Salvore spezionando acque di Carso e valle Pirano ore 10 ant arivo Pirano causa forte sirocco resto a Pirano. 27. Da Pirano part ore 5 ant causa forte vento di II quadrante e pioggia arivo ore 8 ant a Isola dove causa tempo resto. 28. Partito da Isola ore 330 ant inprolust acque di Capodistria e Muggia dove arivo ore 9 ant part ore 2 pom spezionando medeme acque ritorno Capodist: ore 9 pom. Cont: Ved: pag: 4. No 3. 4. 5. 6. 29. Spezionavo acque Capodistria e Isola da ore 3 ant fino ore 4 pom dove arivo a Isola. 30. Part ore 2 ant da Isola spezionando acque Strugnano e Pirano ore 10 ant arivo Pirano part ore 2 pom spezionando medeme acque piÚ quelle di Isola ore 11 pom arivo a Isola.

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I timbri apposti dalle varie Deputazioni, Agenzie ed Espositure marittime, sul rapporto del guardia-pesca Domenico Petito per il mese di maggio 1914. (AST, Gov, b. 922, prot. 16491, a. 1914)

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CONTRAVVENZIONI DENUNZIATE DALL’I. R. GUARDIA DI PESCA DURANTE IL MESE DI MAGGIO 1914 1. Data: 5 – V. Contravventore: Giovanni Stulle di Pietro da Strugnano. Numero della barca: 33. Località: Acque d’Isola punta Ronco. Oggetto: Pesca con fiocina e fanale a centilene [ad acetilene] pescatore non professionato. pescando da 3 metri distanza di Costa. Ufficio dove fu denunciata la contravvenzione: Isola. Osservazioni: Contravenzione apar Gover: Dec: dd. 12-8-1909 N o 12557. 2. Data: 8 – V. Contravventore: Antonio Giasche fu Antonio da Capodistria. Numero della barca: 502. T. Località: Acque di Capodistria sul Dosso. Oggetto: Pesca con reti Tratolina in tempo proibito più con una maglia di dette reti da 5 milim. Ufficio dove fu denunciata la contravvenzione: Capodistria. Osservazioni: Contravenzione apar Dec: Capit: dd. 8-4-1906 N o 2528. 3. Data: 28 – V. Contravventore: Surian Pietro di Antonio da Capodistria. Numero della barca: 878. T. Località: Acque di Capodistria sotto scvero [squero, cantiere] Depolli. Oggetto: Pesca con reti Tartana ai strascico in una profondità di acqua meno di 8 met cio è sul 4 met. Ufficio dove fu denunciata la contravvenzione: Capodistria. Osservazioni: Contravenz Ord: Minister: dd. 5-12-1884. §. 23. 4. Data: 28 – V. Contravventore: Giovanni Bacci fu Nicolò da Capodistria. Numero della barca: 256. T. Località: Acque di Capodistria sotto scvero Depolli. Oggetto: Pesca con reti Tartana a strascico in una profondità di acqua meno di 8 met: cio è sul 5 met. Ufficio dove fu denunciata la contravvenzione: Capodistria. Osservazioni: Contraven Ordi: Ministeri: dd.5-12.1884 §. 23. 5. Data: 28 – V. Contravventore: Giuseppe Surian fu Giuseppe da Capodistria. Numero della barca: 873. T. Località: Acque di Muggia sant Catarina. Oggetto: Pesca con reti Tartana a strascico in acque non partenente a suo Comune. Ufficio dove fu denunciata la contravvenzione: Direzione Lazzaretto Marittimo. Osservazioni: Contraven Ordi: Ministeri: dd. 5-12-1884 §. 2. 6. Data: 28 – V. Contravventore: Giovanni Schiavon di Felice da Capodistria. Numero della barca: 300. T. Località: Acque di Muggia Vicinanza Ospizio Marino. Oggetto: Pesca con reti Tartana a strascico in acque non partenente a suo Comune. Ufficio dove fu denunciata la contravvenzione: Direzione Lazzaretto Marittimo. Osservazioni: Contraven Ordin: Minister: dd. 5-12-1884 §. 2. Tra i vari ordini ricevuti dall’Ispettore marittimo in Capo di Trieste, per il mese di luglio 1914, il pilota guardia pesca Gioacchino Penco, aveva quello di sorvegliare la costa di Barcola fino allo Sdobba per impedire abusi di pesca da parte dei pescatori Chioggiotti. Perlustrare il mare nei pressi di Monfalcone per evitare conflitti tra i pescatori di Staranzano e Ronchi e sorvegliare in Vallone di Muggia i pescatori di Isola acciò non oltrepassino i confini stabiliti pella pesca delle sardelle108. Diffatti, delle 34 contravvenzioni denunciate, otto sono state inflitte agli isolani che seguono, molti dei quali recidivi, che pescavano le sardelle nel Vallone di Muggia con le Menaide entro il miglio: LANZA Giovanni di Giovanni, barca N. 59;

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DEGRASSI Tomaso fu Tomaso, barca N. 297; GIANNI Giuseppe fu Ferdinando, barca N. 427: LORENZUTTI Antonio di Giovanni, barca N. 281; GANDOLFO Federico fu Francesco, barca N. 194; DEGRASSI Marco fu Marco, barca N. 869; DRIOLI Giovanni di Carlo, barca N. 37. A distanza di 13 giorni, nella medesima lista figura nuovamente DEGRASSI Tomaso fu Tomaso, che con la barca N. 297 pescava nel Vallone di Muggia con le reti Sardellari entro il miglio. Tra gli altri multati piĂš numerosi, sono segnati 15 pescatori Italiani (di Chioggia), e cinque da Capodistria. Il pilota guardia pesca Domenico Petito, con servizio di sorveglianza in base agli ordini vocali che riceveva giornalmente dal Capitanato di Trieste, nel mese di gennaio 1915, delle 24 contravvenzioni denunciate, sei erano state inflitte a pescatori isolani, dietro ai quali nomi si riportano ancora il numero della barca, e il motivo per cui furono multati109. ULCIGRAI Giovanni fu Domenico, barca N. 777 T, pescava in colfo [golfo] 5 miglia marit. da costa con reti Pasalere [Passelere]. DEGRASSI Giacomo fu Antonio, barca N. 845 T, pescava in colfo 5 miglia marit. da costa con reti Pasalere. RAGAĂ™ Antonio di Pietro, barca N. 1837, in Valle di Pirano pesca con parangai [parangali, palamiti] in acque non pertinenti a suo Comune entro 1 miglio. GIANI Ferdinando fu Rosa, barca N. 427 T, pescava come il precedente. DEGRASSI Ermano di Antonio, barca N. 299 T, al Largo punta Grossa da 3 miglia pesca con reti cagnolere in colfo da 3 miglia marittime di costa. DEGRASSI Rafaello fu Antonio, barca N. 540 T, pescava come il precedente. Tra gli altri trasgressori, 10 erano da Monfalcone, 4 da Capodistria ed altri da Pirano e Grado.

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XIV.

1912: AFFONDA IL “BARBANO”

Nella copia ricalcata con la carta copiativa di un modulo prestampato e compilato, è stato ritrovato il rapporto di un tragico evento accaduto il 7 novembre 1912 nei pressi del faro marittimo della Punta Madonna della Salute di Pirano, dove annegò il pescatore isolano Mauro Degrassi, e il cui corpo non fu ritrovato. A questo documento ne seguono altri, sempre inerenti l’incidente di mare ed ai conseguenti problemi della famiglia, fino al 20 febbraio 1913110. N° 1391 RAPPORTO SUGLI EVENTI I. Data e località dell’evento 7/12/12. Fuori del faro marittimo Pta Ma. della Salute ore 11 am ad un miglio in Mais del detto faro. II. Breve descrizione del fatto od accidente con rilievo dei momenti più importanti (in dicitura concisa e quasi telegrafica)… Battello da pesca Barbano da Isola direttore Mauro Degrassi spezzato il timone venne preso a rimorchio del pfo del Lloyd Bruenn fuori Pta Madonna dopo pochi istanti essendosi il cavo di remorchio slegato dal mancolo di prora la cima che era legata all’albero fece capovolgere il battello che venne lasciato da bordo del Bruenn che tosto amainava l’imbarcazione per salvare l’equipaggio non riuscendo essendo sopraggiunto il pfo Timavo questi recuperò tre persone d’equipaggio mentre il padrone Mauro Degrassi annegò. III. Danno approssimativo e danneggiato (Erario, privati ecc.)… Il battello capovolto va alla deriva occorre dopo un piccolo scanso sia mandato l’Audax alla ricerca. IV. Provvedimenti tosto presi per iniziativa dell’ufficio rapportante… Vedendo il pfo Timavo sopra luogo e non avendo mezzi ne…… [?] si stava sorvegliando se questi facessero segnali per all’occorrenza telefonare a Trieste. L’equipaggio ricuperato proseguì per Isola. V. Proposte per misure ancora da attivarsi dal Governo marittimo… [vi è la firma del compilatore, forse M. Mariz]. Sul retro del rapporto, il Governo marittimo scrisse un’ordine da spedire alla Deputazione di porto in Pirano che portava come Oggetto, Annegamento di Mauro Degrassi, mentre il testo era il seguente: Con riferimento al rapporto 7/11/12 N° 1391 s’invita cod – di riferire allo scrivente, se in quell’occasione venne data pure

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analoga partecipazione alle competenti Autorità sul decesso di Mauro Degrassi. Trieste li 9 novembre 1912. La deputazione di Pirano rispose appena il 16 novembre, con il rapporto N. 1427 con Oggetto: Annegamento di Mauro Degrassi di Marco da Isola. I. R. Governo Marittimo! In relazione al decreto 9 corr N° 28889, si fa dovere di portare a conoscenza di codest’i. r. Governo Marittimo, che, siccome l’affondatosi battello da pesca “Barbano” ed il suo equipaggio partirono tosto dopo l’accaduto per Isola al qual porto apparteneva il battello ed l’equipaggio, questa Deputazione di porto si limitava di rendere edotto in via breve il locale distaccamento di gendarmeria. Ciò non per tanto e nel dubbio se o meno l’i. r. agenzia di porto in Isola, abbia partecipato un tanto alle autorità competenti, la scrivente in data odierna si fa premura di partecipare l’accaduto al locale i. r. Giudizio Distrettuale ed al Municipio di Isola al quale apparteneva il sudetto defunto. Il Dirigente: U Mariglia [?] Il giorno dopo la tragedia, ovvero l’8 novembre 1912, si mosse anche l’Agenzia portuale di Isola con il rapporto manoscritto N. 672, che portava come Oggetto Perdita battello pesca: Barbano: No 40 T. All’I. R. Capitanato di porto e sm. in Trieste. Sul tragico fatto, che costò la vita ad uno dei locali pescatori il quale, per guadagnare un tozzo di pane per la famiglia, fidente s’era affidato all’infido elemento, da cui s’ebbe la morte e su cui avrà già rapportato l’I. R. Deputazione di porto e s. m. in Pirano, nel cui sottocircondario marittimo esso accadde, la scrivente si permette di firmarsi, portando a Superiore conoscenza quanto segue: Il battello pericolato si chiama “Barbano”, appartiene al porto d’Isola, è contrassegnato col numero 40 T, fu costruito ad Isola nell’anno 1900, ha una portata di 5 tonnellate ed era montato da 4 persone d’equipaggio. A detta del proprietario Marco Degrassi fu Mauro, il valore del battello, compresi i rispettivi oggetti d’armo, s’aggira intorno le 1400 corone; a bordo trovavansi 140 passarelle del complessivo valore di 850 corone e 2 tartane del valore di 200 corone. L’equipaggio si componeva delle seguenti persone: Direttore Degrassi Giuseppe [nel rapporto figura il nome di Degrassi Mauro] di Marco, d’anni 34, suo fratello Degrassi Mauro, l’annegato, Bologna Silvio fu Sebastiano, d’anni 18 e Lorenzutti Giovanni di Domenico, d’anni 33; tutti sono poveri e perdettero gli indumenti che aveano a bordo.

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L’annegato lascia nella più squallida miseria la moglie con 3 bambini in tenera età e poco può contare sull’aiuto del suocero Marco Degrassi, proprietario del “Barbano”, perché povero esso pure, vecchio, inabile al lavoro ed oltre a ciò colpito atrocemente dalla sciagura toccata al figlio e dalla perdita del battello e delle reti. Il caso è degno della massima considerazione. Bordon. Il Capitanato di porto in Trieste, con il dattiloscritto N. 15202 del 12 novembre successivo ritornò il documento all’Agenzia di porto in Isola, verso riproduzione coll’incarico di allegare una documentata istanza per sussidio (eventualmente protocollare) del proprietario della barca capovolta. L’Agenzia isolana non tardò a rispondere, diffatti il 21 novembre 1912 inviò al Capitanato triestino il rapporto N. 689 scrivendo che, In obbedienza all’incarico di codesto I. R. Capitanato di porto dd: 12. novembre 1912 No 15202, la scrivente si pregia di avanzare per l’ulteriore ufficiatura l’acclusa istanza protocollare, debitamente documentata, permettendosi di raccomandare caldamente il petente alla benigna considerazione della preposta Autorità. Bordon. Protocollo assunto presso l’i. r. Agenzia di porto e s. m. in Isola, addi 21. novembre 1912. Motivo è l’incarico dell’I. R. Capitanato di porto e s. m. in Trieste dd: 10. novembre 1912 No 15202. Citato, comparisce Marco Degrassi fu Mauro, d’anni 64, pescatore da Isola, che depone: Vissi fino ad ora da povero pescatore, coi magri proventi di quest’arte; vecchio ed inabile al lavoro, incapace quindi di provvedermi da solo il vitto quotidiano, questo venivami somministrato dai figli Giuseppe e Mauro; sventura però volle che il giorno 7 mese corrente fuori il faro di Pirano, perdessi oltre al figlio, che non fu peranco ritrovato, anche il battello “Barbano” assieme a tutti gli attrezzi da pesca, risentendo un danno complessivo di oltre 2500 corone, costituenti tutto il mio avere; ora son privo di tutto ed oltre a ciò gravitano sulle mie vecchie spalle, incapaci di tanto pondo [peso], anche i tre teneri nipoti e la madre loro, orbati [privati] improvvisamente del genitore, rispettivamente del marito. Oso perciò, sulla base degli allegati documenti, innalzare supplice la voce a codest’Eccelsa I. R. Autorità, affinchè vogliansi prendere in benigna considerazione il mio dolore di padre e le critiche circostanze in cui verso, e si voglia venirmi in aiuto, concedendomi un sussidio straordinario; certo d’incontrare misericordia, rendo grazie antecipate. – Preletto, confermato e firmato! Degrassi Marco fu Mauro Coram me! Bordon

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Al Protocollo vennero allegati altri tre documenti. Il primo è composto da due pagine, e rappresenta un Estratto dello stato di famiglia di Marco Degrassi. Il modulo è stampato in tre lingue, rispettivamente tedesco, italiano e sloveno, e comprende sette caselle numerate, che furono compilate dal parroco Mons. Francesco Muiesan il 16 novembre 1912. Notizie estratte dalle matricole di battesimo (nascita), dei matrimoni e dei morti sulla famiglia di Marco Degrassi fu Mauro nella casa Nro. 47 nel luogo Isola Comune Isola Nome: Degrassi Marco marito. Nato: 24-3-1848. Matrimonio: 26-2-1870. Arte: pescatore. Nome: Ulcigrai Catterina moglie. Nata: 18-6-1851. Nome: Mauro figlio. Nato: 27-6-1872. Matrimonio: 16-1-1904. Arte: pescatore. Nome: Giuseppe figlio. Nato: 7-4-1877. Matrimonio: 20-6-1903. Arte: pescatore. Nome: Luigi figlio. Nato: 10-2-1881. Matrimonio: 9-2-1907. Arte: pescatore. Nome: Domenico figlio. Nato: 17-9-1887. Arte: pescatore. Nome: Dudine Maria. Nata: 7-8-1882. Annotazioni: moglie di Mauro. Nome: Marco figlio. Nato: 25-4-1906. Nome: Catterina figlia. Nata: 30-6-1904. Nome: Maria figlia. Nata: 25-6-1909. Nome: Stolfa Elisabetta. Nata: 15-8-1881. Annotazioni: moglie di Giuseppe. Nome: Alma figlia. Nata: 10-9-1912. Nome: Albina figlia. Nata: 20-8-1909. Nome: Perentin Francesca. Nata: 6-6-1886. Annotazioni: moglie di Luigi. Nome: Guerrino figlio. Nato: 15-10-1907. Nome: Mario figlio. Nato: 1-5-1911. L’Ufficio parrocchiale d’Isola li 16 Novembre 1913 Per estratto pienamente conforme alle matricole F.sco Muiesan - parroco Il documento porta in calce un timbro ovale verticale, con al centro la figura di San Mauro Patrono d’Isola in piedi, e in circonferenza: * S. MAURUS PRESBITER ET MARTIR INSOLARUM PATRONUS.

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Dell’incartamento fa parte anche un’Attestato di povertà: Diocesi Trieste – Capodistria nel litorale Austriaco

I. R. Capitanato Distrettuale di Capodistria

Attestato di Povertà e Moralità Che Degrassi Marco fù Mauro d’anni 64,cattolico, coniugato con prole pescatore giornaliero, dimorante al N. ro 47 di casa in questa parrocchia sia sprovvisto di beni di fortuna e veramente povero non ritraendo Esso dal suo lavoro nessun provento perché infermo impotente al lavoro si certifica a sensi del §. 2 del Decreto della Cancelleria Aulica 26 Luglio 1840 B. L. G. W. N.o 457; e ciò allo scopo di conseguire grazioso sussidio dall’I. R. Governo. Il suddetto tenne sempre una condotta di vita sotto ogni riguardo irreprensibile. Dall’Ufficio Parrocchiale Isola, li 16 Novembre1912 - Frc. Muiesan parroco Visto e confermato! Dal Municipio d’Isola 17/11/1912. Il Podestà G Ulcigrai Questo attestato porta due timbri: a fianco della firma del parroco Mons. Francesco Muiesan, il timbro appena segnalato sopra, mentre a fianco della firma del Podestà Giovanni Ulcigrai, un’altro timbro ovale verticale, con al centro la colomba racchiusa in uno scudo frastagliato, ed in circonferenza MUNICIPIO D’ISOLA.

La seconda pagina trilingue dell’Estratto della famiglia del pescatore Marco Degrassi, compilata e firmata dal Parroco di Isola Mons. Francesco Muiesan. Il documento che porta il timbro parrocchiale, fu presentato al Governo Marittimo assieme alla richiesta del 21 novembre 1912, per avere un sussidio causa l’annegamento del figlio Mauro, e la perdita dell’imbarcazione “Barbano” nelle acque di Pirano. (AST, Gov, b. 915, prot. 30599, a. 1912)

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Questa serie di documenti presentati per poter ottenere un sussidio dal Governo marittimo, terminano con un certificato del medico comunale, che fu autentificato dal Podestà Giovanni Ulcigrai. Il medico comunale di allora, era il dottor Almerigo Fragiacomo, nato a Pirano l’8 ottobre 1871, conterraneo del parroco Mons. Francesco Muiesan che era nato nella medesima città il 2 aprile 1851111. Attestato medico col quale il sottoscritto certifica che Degrassi Marco fu Mauro d’anni 64. pescatore da Isola è un uomo……[?] e poco atto al lavoro in seguito a forti dolori reumatici estesi per tutto il corpo che lo tormentano già da diversi anni.Un tanto perché venga preso in benigna considerazione. – Isola li 17 novembre 1912. A. dr Fragiacomo med comunale. Visto per l’autenticità della firma del medico comunale Dr Almerico Fragiacomo. Dal Municipio d’Isola li 17/11/12. Il Podestà G Ulcigrai. Il Capitanato di Trieste scrisse al Governo il 27 novembre 1912, inviando con il suo rapporto N. 15846, l’unita supplica protocollare del suddetto pescatore, padre dell’individuo annegato il 7 novembre 1912 miseramente in occasione del capovolgimento della barca da pesca Nro. 40 T andata pur’essa perduta coll’armo completo, colla proposta di voler accordare al petente facente per la vedova superstite un adeguato sussidio. Il 20 febbraio del 1913, il Governo marittimo comunicò al Capitanato che assegnava a Marco Degrassi fu Mauro in Isola, 500 Corone in base al rapporto 27 novembre 1912 N. 15846, appena visto, e per notizia e partecipazione che l’assegnato importo venga effettivamente impiegato nell’acquisto del materiale da pesca accennato nell’istanza [materiale che noi non abbiamo visto elencato mancandoci l’istanza] istruendo analogamente l’i. r. ufficio di porto e s. m. dipendente il quale dovrà convincersi di un tanto prima di apporre il visto sulla rispettiva quietanza. Trieste 20/II/1913 V. Attems – Pastrovic [ed ancora una firma].

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L’Attestato di Povertà e Moralità presentato al Governo Marittimo il 21 novembre 1912, assieme alla richiesta del pescatore Marco Degrassi, per avere un sussidio causa l’annegamento del figlio Mauro e la perdita dell’imbarcazione “Barbano” nelle acque di Pirano. Esso è stato compilato e firmato dal Parroco Mons. Francesco Muiesan e confermato dal Podestà Giovanni Ulcigrai; porta i timbri della Parrocchia e del Municipio di Isola. (AST, Gov, b. 915, prot. 30599, a. 1912)

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XV.

1914: LA GRANDE GUERRA

La condizione dell’uomo che doveva trarre le risorse per vivere dal mare non è mai stata semplice. Un miglioramento era stato sicuramente registrato dalla popolazione di Isola da quando era sorta l’industria conserviera che non soltanto aveva decuplicato il numero di coloro che si dedicavano a tempo pieno alla pesca, ma anche perché il mercato ittico, ormai, godeva di una sua stabilità: anzi, le sue necessità erano in continua crescita. Una situazione, questa, che era andata via via consolidandosi portando a Isola, oltre allo sviluppo economico, anche una crescita sociale, culturale e politica: le prime case operaie, le case del Popolo, le associazioni di solidarietà e di mutuo soccorso, le iniziative della società civile, le biblioteche, i partiti ed i movimenti politici. Poi arrivò il 1914 e l’entrata in guerra dell’Austria Ungheria: ma sembrava ancora una cosa abbastanza lontana: il fronte e la prima linea non lambivano ancora il mare Adriatico e, soprattutto, sembravano molto lontani dall’Istria e da Trieste. Poi arrivò il 1915 con l’Italia che decise di trasferire le proprie simpatie all’altra parte: il vicino, fino a ieri neutrale, diventò il nemico, il fronte e la prima linea si trasferirono a ridosso delle colline che sovrastavano Trieste e la costa occidentale dell’Alto Adriatico. Le cittadine da Grado a Pirano erano venute a trovarsi, assieme a Trieste, a ridosso del fronte. Tutto cambiò anche per la popolazione locale. Pure dal punto di vista economico. Per descrivere e in parte comprendere la situazione dei pescatori dell’Adriatico orientale nell’anno 1915 abbiamo tratto qualche significativa informazione dal documento N. 1787 del 30 maggio 1915, stilato dal Municipio di Pirano, nel quale espone i propri problemi succeduti in seguito al divieto totale di pesca. Inutile ribadire che, visto il numero dei pescatori di Isola, in questa città la situazione non era meno preoccupante113. Eccelso i. r. Governo Marittimo. Si è si può ben dirlo, dieci mesi, dacchè ebbe a scoppiare la guerra, che la città di Pirano rispettivamente una parte della sua popolazione deve sottostare a dei restringimenti nei suoi più vitali interessi, che dalla libertà di lavoro ne ritraeva il maggior profitto.

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Intendesi parlare, nel caso in termini, della classe peschereccia di questo Comune che nella pesca in genere venne sottoposta a delle restrizioni tali da aver non solo veduto falcidiato ma anzi addirittura annullato ogni e qualunque guadagno ogni e qualunque risorsa magari pur limitata. Le restrizioni sulla pesca che in sul principio delle operazioni guerresche erano abbastanza e ben note coll’andar del tempo si allargarono non solo alla pesca a strascico e di notte ma perfino a quella lucrosissima delle sardelle ed oggi poi a qualsiasi altro modo o sistema ed in qualunque ora sia di giorno che di notte. Tali restrizioni o proibizioni se pel passato hanno apportato alla classe peschereccia di questa città uno sbilancio economico non tanto trascurabile in oggi questo si traduce nella rovina economica nel senso più largo della parola. Oltre duemila persone appartenenti a famiglie di pescatori vennero private del necessario per vivere e per queste in oggi deve pensare questo Comune che a dire il vero non può fare grandi sacrifici non consentendolo il proprio bilancio annuale. Con tale proibizione venne poi privata la popolazione tutta di questo Comune di un sano alimento che potea procurar si a prezzo tutt’altro che esorbitante e sul quale specie la classe povera faceva un sicuro assegnamento. Un danno non certamente trascurabile ne risente poi anche il mercato di pesce di Trieste dove giornalmente veniva trasportato oltre la metà del prodotto della pesca qui esercitata. In considerazione pertanto di tali circostanze lo scrivente Ufficio si onora instare e caldamente presso codest’eccelso i. r. Governo perché voglia lenire almeno in parte le gravi angustie nelle quali versa la classe peschereccia di questo Comune coll’interporsi presso la competente Autorità Militare perché abbia a revocare almeno in parte l’emanato divieto accordando al contrario il permesso di pesca entro il miglio ed almeno lungo la costa che da S. Bernardino va alla punta della Madonna di Strugnano e limitando magari pur anche un tale permesso alle sole ore del giorno. Dal Municipio di Pirano li 30 Maggio 1915. Pel Podestà Don Petri [?] Il Governo, con la firma di Pastrovic datata 16/6 ed un’altra illegibile da Graz, datata 18/6/1915, annotò sul documento: Visto che con telegramma dd. 30 maggio dell’i. r. Comando della Flotta, venne revocato l’assoluto divieto di pesca emanato il data 23 maggio dalla stessa autorità, e quindi ripristinata la pesca nel senso desiderato dal petente Municipio di Pirano, cessa ogni ulteriore pertrattazione della presente domanda, datata il 30 maggio; percui passi ad acta. La guerra stava incalzando e la pesca venne vietata in certe zone, per certi periodi ed ore del giorno, tanto che il Governo Marittimo emise spesso delle nuove circolari, indicanti i giorni e l’ora in cui era permesso di pescare. Le lagnanze dei pescatori al Governo e le richieste per poter pescare, magari anche con la sola “togna”, arrivarono da tutta la costa. Mancava il sostentamento per migliaia di persone, e se potevano pescare in certe zone o periodi, ad alcuni pescatori mancavano le reti e persino la polvere di corteccia di pino per tingerle. Inoltre, molti uomini vennero chiamati alle armi.

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Da Graz, arrivò il decreto N. 12741 del 28 agosto 1915, con il quale il governo cerchò di fornire un aiuto ai pescatori più bisognosi. Dai Capitanati portuali dei Circondari marittimi di Rovigno, Pola, Lussinpiccolo, Zara, Spalato, Ragusa, Megline e Trieste, il cui Circondario includeva la città di Isola, vennero spediti al Governo Marittimo degli elenchi di pescatori bisognosi. Complessivamente, nelle liste si trovarono 614 nominativi di pescatori, segnalati come bisognosi di aiuto. Il documento del Capitanato triestino che interessava il Circondario marittimo di Trieste, porta il numero di protocollo 5933, ed è datato Trieste 11 ottobre 1915114. Esso comprende 93 nominativi di pescatori del Circondario che andava da Grado a Pirano, tra i quali 26 di Isola. Nella scheda originale, dopo il nominativo e l’eventuale paternità, seguono in sequenza il numero civico della casa, quello della barca da pesca, il numero dei componenti la famiglia, l’importo in Corone che viene proposto da assegnare come sussidio. La lista porta come Oggetto: Specifica dei pescatori indigeni meritevoli di un’azione di soccorso, in questo Circondario. Ad Nro. 12741 d. d. Graz 28.8.1915, ed è indirizzato al Presidio dell’i. r. Governo marittimo in Trieste, mentre il testo è il seguente: Ottemprando all’incarico impartito col decreto in margine citato, mi pregio di rassegnare a codesto Presidio l’acclusa specifica dei pescatori indigeni e loro famiglie bisognose maggiormente colpiti dagli avvenimenti guerreschi in questo circondario marittimo, proponendo il sussidiuo per ciascuno nell’importo indicato nella rispettiva rubrica. Di seguito, i nominativi degli isolani estratti dall’elenco del Circondario marittimo di Trieste: DRIOLI Felice fu Nicolò, casa n. 297, barca n. 324, familiari 9, Corone 20. BRESSAN Francesco, casa n. 282, familiari 2, Corone 20. NACCARI Giovanni di Pietro, casa n. 370, familiari 2, Corone 20. ULCIGRAI Giovanni fu Giovanni, casa n. 340, familiari 8, Corone 20. COSTANZO Domenico fu Tommaso, casa n. 372, barca n. 727, familiari 7, Corone 40. DEGRASSI Pietro fu Pietro, casa n. 335, familiari 7, Corone 40. PERENTIN Giuseppe fu Alessandro, casa n. 431, familiari 2, Corone 20. TOGNON Giacomo fu Giacomo, casa n. 243, familiari 2, Corone 20. MARCHESAN Giovanni fu Sebastiano, casa n. 262, familiari 3, Corone 20. CONTESINI Pietro fu Santo, casa n. 330, barca n. 363, familiari 4, Corone 20. DEGRASSI Giovanni fu Marco, casa n. 124, barca n. 792, familiari 1, Corone 20. DEGRASSI Matteo di Ugo, casa n. 323, familiari 4, Corone 20. GANDOLFO Federico fu Francesco, casa n. 78, barca n. 194, familiari 6, Corone 20.

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DRIOLI Federico di Antonio, casa n. 842, familiari 6, Corone 20. BENVENUTTI Ruggero di Pietro, casa n. 33, familiari 4, Corone 20. CONTESINI Bortolo fu Santo, casa n. 876, familiari 7, Corone 20. DEGRASSI Giovanni fu Antonio, casa n. 332, barca n. 845, familiari 2, Corone 20. MARCHESAN Francesco fu Giovanni, casa n. 258, familiari 3, Corone 20. SANDRIN Francesco fu Antonio, barche nn. 790 e 916, familiari 4, Corone 20. PERENTIN Nicolò fu Giovanni, casa n. 270, familiari 1, Corone 20. DEGRASSI Guerrino di Giacomo, casa n. 8, barca n. 88, familiari 5, Corone 20. GANDOLFO Giovanni, familiari 2, Corone 20. LETTICH Alessandro, familiari 3, Corone 20. DRIOLI Antonio fu Antonio, casa n. 842, familiari 6, Corone 20. CHICCO Francesco fu Nicolò, casa n. 110, barca n. 703, familiari 2, Corone 20. DAVANZO Antonio fu Nicolò, casa n. 312, barca n. 616, familiari 3, Corone 20. Alla fine del 1915 si era ancora all’inizio di quella che venne più tardi chiamata la Grande Guerra. Nei mesi che seguirono, la situazione si fece ancora più difficile. Tra le misure adottate dal governo austriaco l’ordine impartito alle industrie conserviere di non usare il pesce per scopi industriali. Così, dal rapporto N. 118 dell’Agenzia portuale isolana, datato Isola 10 maggio 1916, che porta come Oggetto Divieto alle fabbriche locali di impiegare i prodotti della pesca, a scopi industriali si apprende115: All’I. R. Capitanato di Porto e S. M. Trieste La scrivente comunica a codesto I. R. Capitanao di Porto e S. M. che in seguito a un colloquio telefonico avuto da questo i. r. agente col signor cav. Nisiteo e agli ordini da questi impartiti, fu disposto che nessun quantitativo di pesce possa essere ritirato dalle fabbriche locali per essere impiegato a scopi industriali. A questo scopo fu rimesso alle ditte locali “Société Générale Française de Conserves Alimentaires” “C. Warhanek” “Giovanni Degrassi” e “Fratelli Nördlinger” l’ordine di cui si acclude copia e furono presi gli opportuni provvedimenti di sorveglianza, allo scopo di impedire ogni infrazione a queste disposizioni, le quali furono accolte con favore dal ceto dei pescatori. Proft

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La lettera con la quale l’Agente portuale di Isola, Proft, il 10 maggio 1916 comunicò al Capitanato triestino, che in base agli ordini ricevuti dal Cavalier Nisiteo, egli diede disposizioni ai quattro stabilimenti conservieri isolani, di non ritirare il pesce per scopi industriali, causa la crisi dovuta alla prima guerra mondiale. (AST, Gov, b. 927, prot. 6543, a. 1916)

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L’allegata copia dell’Agenzia di porto in Isola, portava il numero di protocollo 117, la stessa data e più o meno anche il contenuto della lettera inviata al Capitanato: Alla Spettabile Ditta La scrivente si pregia di renderla avvertita, che, durando le attuali condizioni, non può essere permesso che i prodotti della pesca sieno impiegati a scopi industriali, essendo gli stessi destinati esclusivamente all’approvvigionamento ed al consumo della popolazione. Voglia prendere cognizione di un tanto, evitando sin a nuove disposizioni, di ritirare dai pescatori locali un qualunque quantitativo di pesce dagli stessi pescato. Il Capitanato di Trieste, inviò i documenti al Presidio del Governo marittimo di Trieste il giorno successivo. Come evidenziato in precedenza, anche l’attrezzatura necessaria per pescare non si trovava più in commercio, e l’8 ottobre 1916, otto pescatori isolani impiegati nel settore speciale della Pesca militare, si rivolsero direttamente al Governo marittimo per essere aiutati. Inviarono una Preghiera dei pescatori militari d’Isola con la quale umilmente chiedono li venga favorevolmente venduto filo e reti116. Eccelso I. R. Governo marittimo L’umili sottoscritti pescatori militari che pescano a Isola hanno bisogno di rivolgersi a Cotesto I. R. Governo mentre a Trieste non si trova in qualsiasi negozio né reti nel filo per rappezzare le medesime, ed essendoci queste cose necessarie preghiamo cotesto Governo se possiede di queste cose verso nostro pagamento di mandarci 25. madase [matasse] di filo 30. per 12. e 30. per 18. più 40 reti paselere [passelere] che sono esenziali per la prossima stagione. Nella speranza che questa preghiera verà esaudita ne rendiamo antecipate e sentite grazie ci segniamo. Devotissimi Pietro Degrassi e Giacomo Troian per tutti gli altri 6. Isola 8/10/1916. In calce al documento è stato posto il timbro: K. K. Militärstationskommando Isola. Le disposizioni del Governo:

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Pro domo. Dai rilievi fatti ed informazioni attinte il sottoscritto ebbe ad accertarsi che i pescatori militari di Isola, contribuiscono talqualmente ad immettere il prodotto sul mercato del pesce in Trieste, ma necessitano in pari tempo dell’occorrente materiale da pesca, per l’impossibilità d’acquistarlo. Visto che al Dpt III. (sezione pesca) si trovano ancor delle reti e filati, adatti per la stagione invernale, si propone quanto segue: All’i. r. Capitanato di porto Trieste S’invita Cod – di partecipare ai petenti Pietro Degrassi e comp. pescatori militari ad Isola, in esito alla loro domanda dd. 8 ottobre a. c. prodotta direttamente a questa parte, che il gov. marit. ha trovato di elargire a loro quale sussidio in natura 15 pezzi di reti passelere e 15 matasse di filato N° 12/12-. Il rispettivo materiale verrà prelevato presso la sezione pesca di Trieste e consegnato ai suddetti verso il ritiro di analoga ricevuta che si allega per la firma, e che verrà a suo tempo rimessa allo scrivente. Trieste 2/XI 1916. Seguiva la firma illeggibile di un funzionario, e quella di Pastrovic datata 31/10, dalla cui calligrafia si rileva essere anche l’estensore del manoscritto. La situazione era talmente grave che nel giugno del 1918, a pochi mesi dalla fine della prima guerra mondiale, i pescatori isolani non riuscivano nemmeno a pagarsi le piccole riparazioni necessarie alle loro barche. Due di questi, portandosi dietro i preventivi del carpentiere Deste Giovanni, che in uno di questi si firma Deste Giovanni Carpentiere, e nell’altro D’Este Giovanni proto, si presentarono direttamente al Governo marittimo. La calligrafia e le firme dei due preventivi sono completamente diverse, come si trattasse di due persone diverse, oppure come se i fabbisogni fossero stati compilati da altri. Di seguito il rapporto assunto a Trieste e che porta come Oggetto Lanza Giovanni e Degrassi Giovanni, pescatori da Isola, per riparazione barche da pesca, che sarà seguito da tutta la documentazione fino al 22 giugno 1918117. Presentatisi spontaneamente al Dpt III. (sezione pesca) dell’i. r. Gov. marit. i pescatori Lanza Giovanni e Degrassi Giovanni entrambi da Isola espongono quanto segue: Noi, come è noto a Codesto gov. marit. peschiamo nelle acque di Trieste dall’inizio della pesca estiva per esclusivo uso dell’approvvigionamento locale. Le nostre barche da pesca, però abbisognano di qualche piccola riparazione a scanso di dover sospendere la pesca. Siccome le nostre condizioni economiche, causa la poca pesca fatta finora, non ci permettono di sobbarcarsi della rispettiva spesa, preghiamo l’i. r. Governo marittimo di voler benignamente in via di sussidio farci riparare le barche appar fabbisogni che si allegano, per poter campare la vita obbligandosi di pescare anche in appresso a scopi d’approvvigionamento.

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Coram me Preletto, firmato Pastrović Trieste 14 giugno 1918 i. r. Aggiunto per la pesca Lanza Giovanni + di Degrassi Giovanni. Fabbisogno

Isola 11/6/1918 Da riparare un battello calafatura e diversi lavori di fabro Piturazione Proprietario del battello Degrassi Giovanni fù Pietro da Isola No 821 : T I. Tiratura del Battello Corone 10II. Legname adoperato c 303. Giornate c 254. Chiodi c -85. 6 papuissi [?] c 126. Riparasione al filo c 157. Stoppa c -88. Pitura ad Olio c 829. Riparazione dal penone c 1210. Lavori da fabro c 25 Corone 227Deste Giovanni Carpentiere Al preventivo qualcuno aggiunse in matita la voce N. 11. Per bitume, e la cifra di 58 Corone sotto al totale, portandolo alla somma di 285. Ciò era dovuto al fatto che il 22 gennaio 1918, Giovanni Degrassi aveva saldato una fattura di 58 Corone per l’acquisto di 1 vaso pitume da Francesco D’Este Maestro-Carpentiere. Fabbisogno per i lavori di carenaggio, calafazione e pitturazione, nonché per altri lavori da eseguirsi alla battella da pesca denominata Forsvers [?], di proprietà di Lanza Giovanni di Giovanni da Isola No 59 T. 1 Per il carenaggio della battella Corone 8 cent – 2 Per un vaso di pittura 70 – 3 Per olio di lino 60 – 4 Per chiodi, stoppa e pece 20 – 5 Per il calafataggio della battella 100 – 6 Per altre riparazioni accessorie 25 – Spesa totale Corone 283 – Isola li 17 giugno 1918 - D’Este Giovanni proto

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Il Governo marittimo diede le seguenti disposizioni: Pro domo I petenti meritano di venir presi in considerazione perciò si propone di far luogo alla domanda incaricando il cantiere D’Este ad Isola come segue: All’i. r. Capitanato di porto e sm. Trieste S’invita Cod – di autorizzare il carpentiere Giovanni D’Este in Isola di assumere i lavori di riparazione delle barche da pesca di Lanza Giovanni e Degrassi Giovanni entrambi da Isola appar fabbisogno che si allega in copia. A lavoro finito il suddetto carpentiere produrrà a questa parte analoga fattura per la liquidazione ed assegno. Un tanto parteciperà agli interessati in esito alla loro domanda protocollare dd. 14 giugno a. c. assunta presso la sezione pesca dell’i. r. Gov. marit. Trieste 22/6 1918 - Attems, Pastrović [ed altre due firme] Nel medesimo documento, in una nota Ant exp , ovvero prima della spedizione, venne ordinata la prenotazione di 568 Corone dal fondo Incremento della pesca marittima, che includevano le 58 Corone spese da Giovanni Degrassi per bitume. Il 10 agosto 1918, il carpentiere Giovanni Deste o D’Este di Isola, presentò al Governo marittimo il conto di 568 Corone per i lavori eseguiti alle imbarcazioni dei due pescatori isolani118.

La ricevuta di 58 Corone pagate dal pescatore Giovanni Degrassi a Francesco D’Este per un vaso di “pitume”. (AST, Gov, b. 930, prot. 10427, a. 1918)

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XVI.

1918: ARRIVA L’ITALIA

Con la sconfitta nel 1918 dell’Austria-Ungheria nella prima guerra mondiale, Trieste e buona parte della costa orientale e occidentale dell’Adriatico, compresa la cittadina di Isola, passarono al Regno d’Italia. E con loro passò sotto giurisdizione italiana anche il Governo marittimo di Trieste. L’Imperial Regio Governo Marittimo in Trieste, divenne Regio Governo Marittimo in Trieste; gli Imperial Regi Capitanati di Porto e sanità marittima, divennero Regie Capitanerie di Porto e sanità marittima; e così l’Imperial Regia Agenzia di Porto e sanità marittima di Isola, divenne Regio Ufficio di Porto e sanità marittima. Il primo documento che all’Archivio di Stato di Trieste abbiamo trovato sulla pesca, è del 5 dicembre 1918, cioè pochi giorni dopo l’entrata dell’Italia a Trieste e a Isola, e della nuova amministrazione del Governo marittimo119. Nell’occasione, il Regio Governo Marittimo si rivolgeva al Comando dei R. R. Carabinieri di Trieste per ottenere dei lasciapassare marittimi (la guerra era appena terminata ed erano necessarie delle precauzioni), per il personale tecnico del Dipartimento pesca, onde recarsi nelle varie località peschereccie lungo la costa. In particolare venne chiesto di voler rilasciare al viceispettore per la pesca marittima Giovanni Pastrovich ed al suo nocchiere guardia di pesca Giuseppe Ribarich, un lasciapassare permanente per i viaggi di servizio lungo la costa da Grado sino Fiume. Nove giorni dopo, il 14 dicembre 1918, la Regia Capitaneria di porto in Trieste emanò l’ordine N. 334, con il quale chiedeva agli Uffici portuali di compilare degli elenchi del materiale necessario al riassetto della pesca. Il Regio Ufficio di porto di Isola, con il rapporto N. 18 del 31 dicembre successivo, inviò a Trieste un elenco di 74 pescatori isolani comprensivo del materiale necessario al riassetto della pesca nel porto di Isola120.

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La lettera con la quale l’Agente portuale Proft, presentò alla Capitaneria di Trieste pochi giorni dopo la fine della prima guerra mondiale, l’elenco di 74 pescatori isolani e il materiale a loro necessario, per riavviare la pesca a Isola ora italiana. (AST, Gov, b. 933, prot. 4796, a. 1919)

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Il rapporto era firmato dal responsabile portuale Proft, che come abbiamo già visto, era stato allontanato da Isola dall’Amministrazione austro-ungarica, per le sue controversie con l’Unione dei pescatori locale. Il documento contiene cinque grandi tabelle disegnate e compilate interamente a penna. Nel contenuto trovasi tutto il materiale segnato e necessario a ciascuno dei 74 pescatori: 1. DEGRASSI Marco fu Mauro. Battello da pesca Ferdinando No 869 T. 4. – 5 mellaidi. 1 kg di filato di cotone 80/6. 1 alzana, 1 rigano. 20 kg di sughero 5 mm. 100 kg di corteccia di pino. 30 kg di pece. 4 kg di stoppa. 2 kg di stucco. 3 kg di olio di lino. 2 kg di chiodi galvanizzati 6 mm. 200 m. di tela per vele. 1 pennone di 11 m. 2. PENSO Domenico fu Lorenzo. Topo Fiore No 69 T. 3. – 2 mellaidi 15/4; 4 sardellere. 1 kg di filato di cotone 80/6. 16 rigani. 25 kg di sughero 6 mm. 100 kg di corteccia di pino. 2 kg di chiodi galvanizzati 6 mm. 80 m. di tela per vele. 3. RAGAÙ Pietro fu Antonio. Battello S. Bastiano No 183 T. 4. – 4 mellaidi. ½ kg di filato di cotone 80/6. 100 kg di corteccia di pino. 30 kg di pece. 2 kg di stucco. 50 m di tela per vele. 4. ULCIGRAI Romeo fu Gioachino. Battello Gloria No 388 T. 3 ½. – 2 mellaidi, 30 passelere. 1 kg di filato di cotone 80/6 e 10 kg di 30/12. 20 rigani. 80 kg di corteccia di pino. 5000 ami zingati per parangali moli. 10 kg di pece. 2 kg di stoppa. 1 kg di stucco. 2 kg di olio di lino. 10 kg di chiodi galvanizzati 6 mm. 1 pennone di 11 m, 1 albero di 7 m. 5. RAGAÙ Domenico di Pietro. Battello Maria Teresa No 336 T. 3. – 4 mellaidi. 2 kg di filato di cotone 80/6. 30 kg di sughero 5 mm. 3000 ami zingati per parangali moli. 10 kg di pece. 2 kg di stoppa. 2 kg di stucco. 2 kg di olio di lino. 10 kg di chiodi galvanizzati 6 mm. 2 antenne di 8 m e 1 albero di 5 m. 6. BRESSAN Francesco fu Francesco. Battello Carmelo No 284 T. 2. – 3 sardellere. ½ kg di filato di cotone 80/6. 50 kg di corteccia di pino. 7. MARCHESAN Sebastiano fu Battista. Battello Francesco No 798 T.3. – 10 sardellere. 3 kg di filato di cotone 80/6. 5000 ami zingati per parangali moli. 8. GIANNI Ferdinando fu Rosa. Battello S. Antonio No 427 T. 3. – 4 mellaidi e 10 sardellere. 1 kg di filato di cotone 80/6. 1 alzana. 10 kg di sughero 5 mm. 100 kg di corteccia di pino. 3000 ami zingati per parangali moli. 10 kg di pece. 1 kg di stoppa. 1 kg di olio di lino. 2 kg di chiodi galvanizzati 6 mm. 50 m di tela per vele. 3 remi di 7 m. 9. BENVENUTI Francesco fu Marco. Battello S. Giusto No 682 T. 4. – 5 sardellere e 15 passelere. 1 kg di filato di cotone 80/6. 100 kg di corteccia di pino. 1000 ami zingati per parangali moli. ½ kg di stoppa. 1 kg di olio di lino. 10. ULCIGRAI Giovanni fu Domenico. Battello Carlo II No 777 T. 5. – 30 passelere e 12 sardellere. ½ kg di filato di cotone 80/6. 1 rigano. 20 kg di corteccia di pino. 2 kg di olio di lino. 11. TROIAN Giacomo fu Angelo. Battello Barun Gautsech No 871 T. 5. – 5 mellaidi e 10 sardellere. 200 m. di alzane e 10 di rigani. 100 kg di corteccia di pino. 2 kg di stoppa. 4 kg di olio di lino. 10 kg di chiodi galvanizzati 6 mm. 200 m. di tela per vele. 1 albero di 10 m e 2 pennoni di 12 m. 12. BENVENUTI Nicolò fu Marco. Battello Benvenuto No 120 T. 2. – 12

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sardellere e 20 passelere. ½ kg di filato di cotone 80/6. 1 alzana. 50 kg di corteccia di pino. 1000 ami zingati per parangali moli. 2 kg di olio di lino. 2 kg di chiodi galvanizzati 6 mm. 13. COSTANZO Pietro fu Tommaso. Battello Giovanni No 778 T. 3. – 3 mellaidi 15 mm. ¼ di kg di filato di cotone 80/6 e 1 kg di 12/24. 25 kg di sughero 6 mm. 100 kg di corteccia di pino. 2 kg di olio di lino. 10 kg di chiodi galvanizzati 6 mm. 14. FELLUGA Antonio di Matteo. Topo Rodolfo N. 791 T. 2. – 4 mellaidi 15 mm. ¼ di kg di filato di cotone 80/6 e 1 kg di 12/24. 16 rigani. 20 kg di sughero 3 mm. 15. LANZA Giovanni fu Giovanni. Topo Speranza No 667 T. 2. – 5 mellaidi 15 mm. ½ kg filato di cotone 80/6. 25 kg di sughero 3 mm. 50 kg di corteccia di pino. 4 kg di chiodi galvanizzati 6 mm. 16. DEGRASSI Raffaelo fu Antonio. Topo Onorato No 540 T. 5. – 6 mellaide e 50 passelere. 1 kg di filato di cotone 80/6. 1 alzana. 15 kg di sughero 6 mm. 100 kg di corteccia di pino. 2 kg di olio di lino. 10 kg di chiodi galvanizzati 6 mm. 50 m. di tela per vele. 2 remi di 10 m [?]. 17. DRIOLI Giovanni fu Nicolò. Topo Francesco Ferdinando No 37 T. 4. – 2 mellaidi. 1 kg di filato di cotone 80/6 e 1 kg di 20/18. 25 kg di sughero 6 mm. 100 kg di corteccia di pino. 50 kg di pece. 4 kg di stoppa. 6 kg di chiodi galvanizzati 6 mm. 18. CONTESINI Pietro fu Santo. Topo Fiorello No 363 T. 1. – 5 sardellere. 1 kg di filato di cotone 80/6 e 1 kg di 30/18. 5 kg di sughero 6 mm. 50 kg di corteccia di pino. 1 kg di olio di lino. 50 m. di tela per vele. 1 albero di 6 m e 2 pennoni di 7 m. 19. DEGRASSI Giovanni fu Marco. Battello Dio t’aiuta No 653 T. 4. – 1 kg di filato di cotone 80/6 e 1 kg di 30/18. 10 kg sughero 6 mm. 100 kg corteccia di pino. 30 kg di pece. 2 kg di catrame. 2 kg di stoppa. 2 kg di stucco. 1 ½ kg di olio di lino. 20 kg di chiodi galvanizzati 6 mm. 1 albero 10 di m e 1 albero di 6 m. 20. BENVENUTI Giovanni fu Giovanni. Battello Zamarin No 794 T. 5. – 4 mellaidi. 1 kg di filato di cotone 80/6 e 1 kg di 30/18. 5 alzane. 50 kg di sughero 6 mm. 100 kg di corteccia di pino. 50 kg di pece. 5 kg di catrame. 5 kg di stoppa. 5 kg di stucco. 1 kg di olio di lino. 5 kg di chiodi galvanizzati 6 mm. 20 m di tela per vele. 1 antenna di 9 m. 21. DEGRASSI Antonio fu Bortolo. Battello Furioso No 686 T. 4. – 10 sardellere. 5 kg di filato di cotone 80/10. 20 kg sughero 3 mm. 50 kg corteccia di pino. 5000 ami zingati per parangali moli. 20 kg di pece. 4 kg di stoppa. 5 kg di chiodi galvanizzati 5 mm. 50 m di tela per vele. 1 albero di 7 m. 22. VIEZZOLI Giuseppe fu Giuseppe. Battello Bruto No 632 T. 2. – 4 mellaidi. 4 kg di filato di cotone 80/9. 20 kg di sughero 3 mm. 10 kg di corteccia di pino. 20 kg di pece. 10 kg di catrame. 10 kg di stoppa. 5 kg di stucco. 5 kg di olio di lino. 30 m di tela per vele. 23. VIEZZOLI Giovanni fu Nicolò. Topo S. Antonio No 709 T. 3. – 6 mellaidi. 4 kg di filato di cotone 80/9. 30 kg di sughero 6 mm. 10 kg di corteccia di pino. 4000 ami zingati per parangali moli. 10 kg di pece. 5 kg di stoppa. 10 kg di chiodi galvanizzati 6 mm. 24. RUSSIGNAN Fortunato fu Antonio. Topo Ercole No 262 T. 2. – 4 mellaidi. 4 kg di filato di cotone 80/9. 20 kg di sughero 6 mm. 10 kg di corteccia di pino. 2000 ami zingati per parangali moli. 2 kg di olio di lino.

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25. DEGRASSI Matteo di Ugo. Topo S. Antonio No 830 T. 2. – 2 mellaidi. 2 kg di filato di cotone 80/9. 1 alzana. 10 kg di sughero 5 mm. 30 kg di corteccia di pino. 20 kg di pece. 2 kg di stoppa. 5 kg di chiodi galvanizzati 6 mm. 25 m di tela per vele. 26. DEGRASSI Giovanni fu Giacomo. Topo Fior di maggio No 817 T 2. – 20 sardellere. 4 kg di filato di cotone 30/12. 10 kg di sughero 6 mm. 3000 ami zingati per parangali moli. 4 kg di olio di lino. 4 kg di chiodi galvanizzati [non è segnata la lunghezza]. 27. BRESSAN Domenico di Nicolò. Topo Madonna di Semedella No 126 T. 2. – 4 mellaidi. 6 kg di filato di cotone 30/12. 20 kg di rigani. 20 kg di sughero 6 mm. 25 kg di corteccia di pino. 2 kg di chiodi galvanizzati [non è segnata la lunghezza]. 28. DEGRASSI Francesco fu Marco. Topo Rodolfo No 469 T. 2. – 20 passelere. ½ kg di filato di cotone 80/6 e ½ kg di 30/6. 10 rigani. 29. MARCHESAN Francesco fu Battista. Topo Elisa No 391 T. 3. – 6 mellaidi e 4 sardellere. 3 kg di filato di cotone 80/8 e ½ kg di 34/12. 1 alzana. 50 kg di sughero 6 mm. 50 kg di corteccia di pino. 2000 ami zingati per parangali moli. 2 kg di chiodi galvanizzati [non è segnata la lunghezza]. 50 m. di tela per vele. 30. SANDRIN Francesco fu Antonio. Topo Santorio No 790 T. 3. – 5 mellaidi. 10 kg di filato di cotone 12/21. 2 alzane 50 kg di sughero 6 mm. 100 kg di corteccia di pino. 5000 ami per parangali moli. 25 kg di pece. 10 kg di catrame. 5 kg di stoppa. 5 kg di stucco. 5 kg di olio di lino. 10 kg di chiodi galvanizzati 6 mm. 40 m di tela per vele. 1 albero di 12 m, 1 pennone di 12 m e 40 remi di 20 piedi [caspita quanti!, è un errore?]. 31. DEGRASSI Giovanni fu Pietro. Battello Giuseppe d’Arimatea No 821 T. 4. – 5 mellaidi e 50 passelere. 5 kg di filato di cotone 80/9. 100 kg di corteccia di pino. 5000 ami zingati per parangali moli. 5 kg di olio di lino. 100 m di tela per vele. 32. GANDOLFO Federico fu Francesco. Topo Chiara No 194 T. 2. – 40 passelere. 2 kg di filato di cotone 80/6 e 2 kg di 70/6. 50 kg di corteccia di pino. 2 kg di olio di lino. 5 kg di chiodi galvanizzati 6 mm. 33. BENVENUTI Bortolo fu Giovanni. Topo S. Rocco No 244 T. 2. – 4 melaidi. 2 kg di filato di cotone 70/12 e 2 kg di 80/6. 100 kg di corteccia di pino. 20 kg di pece. 4 kg di olio di lino. 5 kg di chiodi galvanizzati 6 mm. 180 m di tela per vele. 34. BELTRAME Francesco fu Domenico. Battello Nauta No 667 T. 5. – 5 mellaidi. 2 kg di filato di cotone 70/12 e 2 kg di 80/6. 100 kg di corteccia di pino. 5 kg di olio di lino. 1 remo di 20 X [non sappiamo il significato di 20 X, forse 20 piedi]. 35. DEGRASSI Bortolo fu Nicolò. Topo Costantino No 19 T. 2. – 2 mellaidi. ½ kg di filato di cotone 80/6. 10 rigani. 3 kg di olio di lino. 36. DEGRASSI Nicolò fu Sebastiano. Topo Atteo No182 T. 2. – 3 sardellere. ½ kg di filato di cotone 80/6. 50 kg di corteccia di pino. 2 kg di olio di lino. 37. TOGNON Benedetto fu Giovanni. Topo S. Giovanni No 719 T. 3. – 4 mellaidi. ½ kg di filato di cotone 80/6. 100 kg di corteccia di pino. 2 pennoni di 12 m. 38. CONTESINI Antonio fu Santo. Topo S. Giorgio No 696 T. 3. – 4 mellaidi . 2 kg di filato di cotone 80/6. 20 kg di sughero 5 mm. 100 kg di corteccia di pino. 5000 ami zingati per parangali moli. 5 kg di olio di lino. 2 pennoni di 10 m. 39. DEGRASSI Giovanni fu Antonio. Battello Viribus Unitis No 845 T. 6. – 4 mellaidi. 1 kg di filato di cotone. 8 rigani. 100 kg di corteccia di pino. 2 kg di olio di lino. 1 albero di 12 m e 1 pennone di 14 m.

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40. DEGRASSI Marcello fu Nicolò. Battello Stella del mare No 55 T. 4. – 2 mellaidi. ½ kg di filato di cotone 80/6. 4 rigani. 100 kg di corteccia di pino. 1 kg di olio di lino. 41. COSTANZO Domenico fu Tommaso. Battello Giuseppe No 727 T. 3. – 3 mellaidi. ½ kg di filato di cotone 80/6. 6 rigani. 10 kg di sughero 6 mm. 100 kg di corteccia di pino. 1 kg di olio di lino. 2 pennoni di 9 m. 42. DEGRASSI Santo fu Domenico. Battello Vittoria No 197 T. 1. – 2 kg di filato di cotone 30/12 e ½ kg di 80/6. 1000 ami zingati per parangali moli. 1 kg di olio di lino. 43. DEGRASSI Giacomo fu Antonio. Topo Amelia No 728 T. 1 ½. – 30 passelere. ½ kg di filato di cotone 70/6 e ½ kg di 80/6. 44. PERINI Andrea fu Lorenzo. Topo Dono di Dio No 407 T. 3. – 1 mellaida e 30 passelere. 2 kg di filato di cotone 80/6. 10 kg di rigani. 3 kg di sughero 6 mm. 50 kg di pece. 50 m di tela per vele. 45. DEGRASSI Mario di Antonio. Topo Arc. Ottone [Arciduca Ottone] No 299 T. 2. – 2 mellaidi. 1 kg di filato di cotone 70/6, 1 kg di 30/6 e 1 kg di 36/21. 10 rigani. 46. DEGRASSI Domenico fu Antonio. Topo Natale No 326 T. 7. – 4 mellaidi. 1 kg di filato di cotone 30/6 e 2 kg di 80/6. 10 kg di forzini. 50 kg di sughero 6 mm. 200 kg di corteccia di pino. 4 kg di stucco. 4 kg di olio di lino. 10 kg di chiodi galvanizzati 6 mm. 47. VASCOTTO Giuseppe di Pietro. Topo Libero No 828 T. 2. – 3 mellaidi e 40 passelere. 2 kg di filato di cotone 80/6, 2 kg di 30/6 e 3 kg di 50/6. 10 kg rigani. 50 kg di corteccia di pino. 2 kg di olio di lino. 5 kg di chiodi galvanizzati 6 mm. 2 remi di 16 X . 48. DEGRASSI Ottavio fu Marco. Topo Fioravante No 540 T. 3. – 2 mellaidi. 1 kg di filato di cotone 80/6 e 4 kg di 30/6. 5 kg di rigani. 10 kg di chiodi 6 mm. 20 kg di corteccia di pino. 1000 ami zingati per parangali moli. 5 kg di stucco. 5 kg di olio di lino. 49. PENSO Giovanni fu Lorenzo. Topo Olivo No 584 T. 5. – 3 mellaidi. ½ kg di filato di cotone 80/6. 4 kg di rigani. 50. BENVENUTI Domenico fu Lorenzo. Topo Maria No 109 T. 1. – 28 sardellere. 5 kg di filato di cotone 80/6. 28 rigani. 80 kg di sughero 6 mm. 50 kg di corteccia di pino. 5000 ami zingati per parangali moli. 51. DRIOLI Giovanni fu Giovanni. Battello Elisa No 110 T. 1. – 4 mellaidi. 50 kg di filato di cotone 80/6. 15 kg di forzini. 25 kg di sughero 6 mm. 50 kg di corteccia di pino. 2000 ami zingati per parangali moli. 52. COSTANZO Luigi di Tommaso. Topo Fioravante No 28 T. 2. – 6 mellaidi e 40 passelere. 5 kg di filato di cotone 80/6. 1 alzana e 24 rigani. 50 kg di corteccia di pino. 200 m di tela per vele. 53. MORATTO Giuseppe fu Antonio. Topo Tigre No 811 T. 2. – 2 mellaidi. 1 kg di filato di cotone 70/6 e 1 kg di 80/6. 10 rigani e 1 alzana. 50 kg di corteccia di pino. 54. LORENZUTTI Giovanni fu Girolamo. Battello Due gemelli No 281 T. 4. – 4 mellaidi. 2 kg di filato di cotone 80/6. 10 kg forzini. 2 kg sughero 6 mm. 100 kg corteccia di pino. 2 pennoni di 12 m. 55. DEGRASSI Giovanni fu Pietro. Battello Estella No 1071 T. 1. – 20 passelere. 2 ½ kg di filato di cotone 80/6. 50 rigani. 25 kg di corteccia di pino. 3000 ami zingati per parangali moli. 1 kg olio di lino. 50 m di tela per vele.

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56. SURIAN Felice fu Vincenzo. Battello Libero No 135 T. 2. – 5 mellaidi. 2 kg di filato di cotone 80/6. 12 rigani. 20 kg di sughero 6 mm. 100 kg di corteccia di pino. 2000 ami zingati per parangali moli. 4 kg di catrame. 3 kg di stoppa. 3 kg di stucco. 4 kg di olio di lino. 6 kg di chiodi galvanizzati [non è segnata la lunghezza]. 57. DELISE Michele fu Mauro. Topo [non è segnato il nome] No 789 T. 2. – 5 mellaidi e 50 passelere. 6 kg di filato di cotone 80/6. 500 metri rigani. 5 kg di sughero 6 mm. 50 kg di corteccia di pino. 5000 ami zingati per parangali moli. 60 m di tela per vele. 2 remi di 12 m. 58. MARCHESAN Francesco fu Giovanni. Topo Francesca No 264 T. 1. – 12 sardellere. 4 kg di filato di cotone 12/30 e 1 kg di 70/6. 30 kg di sughero 6 mm. 25 kg di corteccia di pino. 5000 ami zingati per parangali moli. 59. MARCHESAN Giovanni fu Giovanni. Topo B. V. di Strugnano [Beata Vergine di Strugnano] No 216 T. 2. – 6 kg di filato di cotone 12/30 e 1 kg di 70/6. 20 kg di corteccia di pino. 6000 ami zingati per parangali moli. 60. LANZA Giovanni di Giovanni. Topo Vorwärts No 59 T. 4. – 3 mellaidi, 20 sardellere e 40 passelere. 1 kg di filato di cotone 80/6 e 1 kg di 70/6. 600 m. di rigani e 100 di alzane. 100 kg di corteccia di pino. 50 kg di pece. 5 kg di stoppa. 5 kg di olio di lino. 5 kg di chiodi galvanizzati 6 mm. 300 m di tela per vele. 1 pennone di 12 m. 61. DEGRASSI Nazario fu Pietro. Battello Fior di maggio No 203 T. 3. – 4 mellaidi e 40 passelere. 1 kg di filato di cotone 70/6 e 1 kg di 80/6. 50 m di alzane e 400 m di rigani. 20 kg di sughero 6 mm. 80 kg di corteccia di pino. 2 kg di olio di lino. 2 pennoni di 8 m e 1 albero di 7 m. 62. GOINA Mansueto fu Domenico. Topo Curioso No 342 T. 2. – 1 mellaida e 40 passelere. 4 kg di filato di cotone 12/30, 1 kg di 80/6 e 1 kg di 70/6. 400 m di rigani e 50 m di alzane. 2000 ami zingati per parangali moli. 50 kg di pece. 4 kg di stoppa. 2 kg di chiodi galvanizzati 6 mm. 50 m di tela per vele. 2 pennoni di 10 m. 63. DELISE Bortolo fu Bortolo. Topo [non è segnato il nome] No 180 T. 4. – 3 mellaidi. 2 kg di filato di cotone 80/6. 20 kg di rigani. 10 kg di sughero 6 mm. 3 kg di stucco. 2 kg di olio di lino. 64. MARCHESAN Nicolò fu Giovanni. Topo [niente nome] No 597 T. 3. – 10 sardellere. 3 kg di filato di cotone 12/30. 10 kg di corteccia di pino. 3000 ami zingati per parangali moli. 65. BACCI Vito fu Giovanni. Bragozzo [niente nome] No 105 T. 2. – 10 sardellere. 10 kg di corteccia di pino. 2000 ami zingati per parangali moli. 66. PUGLIESE Pietro fu Antonio. Topo [niente nome] No 348 T. 2. – 5 mellaidi. 4 kg di filato di cotone 12/24. 10 kg di rigani. 30 kg di sughero 6 mm. 20 kg di corteccia di pino. 2000 ami zingati per parangali moli. 20 kg di pece. 5 kg di catrame. 4 kg di stoppa. 5 kg di olio di lino. 67. MILLOCH Luigi fu Nazario. Topo [niente nome] No 829 T. 4. – 4 mellaidi e 100 passelere. 4 kg di filato di cotone 12/24. 25 kg di rigani. 40 kg di sughero 6 mm. 200 kg di corteccia di pino. 4 kg di olio di lino. 500 m di tela per vele. 68. DEGRASSI Marco fu Pietro. Topo [niente nome] No 45 T. 2. – 2 sardellere. 3 kg di filato di cotone 12/24. 10 kg di rigani. 40 kg di corteccia di pino. 4000 ami zingati per parangali moli. 4 kg di olio di lino. 69. DEGRASSI Mauro di Giuseppe. Topo [niente nome] No 717 T. 2. – 4 mellaidi. 7 kg di filato di cotone 12/24. 30 kg di sughero 6 mm. 5000 ami zingati

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per parangali moli. 50 m di tela per vele. 70. VIEZZOLI Rinaldo di Rinaldo. Battello Absburgo No 881 T. 6. – 3 mellaidi. 1 kg di filato di cotone 80/6 e 2 kg di 12/24. 20 rigani. 40 kg di sughero 6 mm. 200 kg di corteccia di pino. 71. DRIOLI Bortolo fu Gioachino. Portolanti: Garofano No 735 [il solo numero è stato depennato e non sostituito] T. 6, Ardito No 735 T. 6 [porta il medesimo numero e tonn. del precedente forse sostituito], Due fratelli No 32 T. 6. Barche a motore: Gioachino T. 8, Risorto T. 3. – 50 kg di pece. 20 kg di catrame. 10 kg di stoppa. 10 kg di stucco. 10 kg di olio di lino. 100 kg di chiodi galvanizzati 6 mm. 72. MILLOCH Sebastiano fu Nazario. Battello Erminia No 1085 T. 1. – 35 passelere. 6 kg di filato di cotone 30/6. 20 forzini. 50 kg di corteccia di pino. 4000 ami zingati per parangali moli. 4 kg di olio di lino. 73. DEGRASSI Antonio fu Ugo. Topo Salvatore T. 2. – 20 sardellere e 40 passelere. 3 kg di filato di cotone 50/6 e 3 kg di 12/30. 10 kg rigani. 2 remi di 10 m. 74. DAVANZO Francesco fu Nicolò. Battello [niente nome] No 1071 T. 1. – 4 melaidi. 10 kg di rigani. 10 kg di sughero 3 mm. 4000 ami zingati per parangali moli. 20 m di tela per vele. Il documento è certamente interessante perchè non solo ci offre i nominativi dei pescatori operanti allora Isola, ma anche delle loro imbarcazioni, delle quali qualcuna era presente nel porto isolano ancora negli anni Cinquanta dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Viene tramandato così un censimento quasi completo dei natanti componenti la flotta peschereccia di Isola e dei loro proprietari, alla fine della prima guerra mondiale. È d’obbligo in questo caso il termine “quasi completo”, perché potrebbe esser comunque probabile che qualche pescatore proprietario non si trovasse nella lista, sia per non aver richiesto alcuna attrezzatura, sia perché assente da Isola, visto che la guerra era appena terminata da pochi giorni e molti non erano ancora rientrati né dai campi di battaglia, né dalla prigionia. Alcuni, poi, non avrebbero fatto ritorno mai! Non si sa quanto di questo materiale, che a noi sembra molto rilevante, fu fornito realmente ai pescatori isolani, tenendo conto anche che l’Italia era pure appena uscita da una lunga e devastante guerra. Ciononostante, riteniamo utile sommare e riportare il tonnellaggio dell’intera flotta peschereccia isolana, assieme al totale del materiale richiesto, in ordine progressivo, secondo il sistema usato dalle schede. Pescatori proprietari di barche 74. Numero di barche 78. Tonnellaggio complessivo 238 tonnellate. Reti richieste 1054 di cui: 186 mellaidi, 208 sardellere, 600 passelere. Filati di cotone 261 ½ chilogrammi. Filati di canape (ovvero corde, che furono richieste sia a pezzi che a metri o chilogrammi): alzane 15 pezzi, 400 metri e 20 chilogrammi; rigani 236 pezzi, 1900 metri e 144 chilogrammi; forzini 20 pezzi e 35 chilogrammi. Sughero 915 chilogrammi. Corteccia di pino per tingere le reti e i filati, 4185 chilogrammi. Ami zingati per i parangali usati nella pesca dei moli, 105.000 pezzi. Pece 555 chilogrammi. Catrame 63 chilogrammi. Stoppa 72 ½ chilogrammi. Stucco 51 chilogrammi. Olio di lino 91 ½ chilogrammi. Chiodi galvanizzati 269 chilogrammi. Tela per vele 2505 metri. Pennoni 21, alberi 10, remi 52, antenne 3 (= Asta di legno, fissata trasversalmente all’albero principale, che sostiene la vela latina121.

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Il porto di Isola dopo l’arrivo dell’Italia, come si nota dal cambiamento del nome con l’aggiunta “d’Istria”, in una cartolina edita da Gino Opassi della “Regia Privativa e Cartoleria di Isola d’Istria”. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

Il mandracchio con vista su Piazza Grande, il Municipio e la chiesa di s. Maria d’Alieto.

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XVII.

1919-1923: LA RIPRESA DELLA PESCA

L’ amministrazione italiana, subentrata a quella asburgica, iniziò gradualmente e con molta cautela a regolamentare la pesca nell’Adriatico dopo il primo conflitto mondiale. Emise delle ordinanze volte ad eliminare l’illecito, a controllare gli esercenti, a definire gli orari della pesca che ancora proibivano quella notturna. Le decisioni venivano prese dalle Autorità militari, perché il ricordo del periodo bellico finito da poco, era ancora presente, e si voleva avere un controllo sia del territorio che delle persone. Tra queste un’ordinanza che interessa tutto il Golfo di Trieste, e di conseguenza anche i pescatori isolani. Porta il N. 3134 ed è dell’8 febbraio 1919; in calce porta il timbro del Comandante A. Dentice122. COMANDO DIFESA MILITARE MARITTIMA DI TRIESTE PESCA NEL GOLFO DI TRIESTE La pesca nel golfo di Trieste e precisamente fino alla linea congiungente P. Salvore-Porto Buso è permessa con tutti gli attrezzi da pesca leciti dalle precedenti disposizioni, da due ore prima del sorgere del sole fino al tramonto. Ogni padrone di barca da pesca dovrà essere munito di apposita autorizzazione scritta (Salvacondotto) da esibirsi ad ogni richiesta. Saranno autorizzati all’esercizio della pesca soltanto individui di condotta morale e politica ineccepibile e di piena fiducia dell’Autorità militare del luogo di rilascio del relativo permesso. I permessi della pesca verranno rilasciati dai Comandanti di distaccamento dipendenti da questa Difesa per il tramite degli Uffici di Porto del rispettivo luogo di rilascio e saranno rinnovati mensilmente. Per il Porto di Trieste i permessi saranno rilasciati dalla Capitaneria di Porto vistati dal Comando militare del Porto. Periodicamente verranno da questo Comando ordinate ronde di torpediniere e di M. A. S. per la verifica dei permessi. [M. A. S. = Motobarca Armata SVAN, motoscafi siluranti che, nei tipi originali realizzati in Italia nel 1916, dislocavano una quindicina di tonnellate, avevano una velocità di 25-30 nodi ed erano dotati di due siluri da 450 mm, di alcune bombe antisommergibili da getto e di una o due mitragliere leggere123.]

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I piloti guardia-pesca, già esistenti sulle coste conserveranno le loro funzioni di sorveglianza sugli abusi e riferiranno subito, quando ne riscontrassero, ai Comandi militari ed alle Capitanerie di porto. Le barche che saranno trovate intente alla pesca senza salvacondotto verranno sequestrate e questo Comando stabilirà le misure a carico dai contravventori. IL COMANDANTE CAPITANO DI VASCELLO - A. DENTICE.

Il Mandracchio di Isola tra il 1919 e il 1945, come si può notare dal nome “Isola d’Istria”. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

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La pesca con l’uso della dinamite, veniva già praticata sotto il dominio austro-ungarico e continuò nel dopoguerra, ma ora anche con l’impiego delle bombe a mano, che allora evidentemente abbondavano. L’8 febbraio 1919, data dell’ordinanza di cui sopra, il Comando della III Armata italiana intervenne in merito con il protocollo N. 280. Il 19 dello stesso mese, il Comando del Presidio militare di Trieste inviò l’ordine alle varie Autorità per conoscenza, dando a sua volta degli ordini con il protocollo N. 1087124. COMANDO DELLA 3^ ARMATA = STATO MAGGIORE = UFFICIO SEGRETERIA N° 280 di prot. D.

addì 8 febbraio 1919

OGGETTO = Pesca con esplosivi. = È a conoscenza di questo Comando che da parte di militari o di civili continua a verificarsi soprattutto nelle lagune o nei canali interni delle zone litoranee l’esercizio della pesca mediante esplosivi e più specialmente bombe a mano. A prescindere dal fatto che tale uso costituisce una infrazione alle disposizioni vigenti, e solo per queste dovrebbe essere impedito, si richiama l’attenzione sul grave danno che ne deriva all’alimentazione, già tanto difficile, in quanto il pesce morto che rimane abbandonato, fa allontanare dal posto tutti gli altri pesci. S’invitano i Comandi dipendenti ad intensificare la sorveglianza, ricorrendo soprattutto all’opera dei Comandi di Presidio e dei CC. RR. [Carabinieri Reali] e a prendere severi provvedimenti contro chiunque militare o civile contravvenga al divieto. IL TENENTE GENERALE COMANDANTE INT. DELL’ARMATA f ^ CROCE COMANDO DEL PRESIDIO MILITARE DI TRIESTE N° 1087 Prot. Pres. S.

Trieste 19 febbraio 1919

AL COMANDO DELLA LEGIONE PROVV. AUTONOMA CC. RR. AL COMANDO DELLA DIVISIONE INTERNA CC. RR. AL COMANDO LEGIONE RR. GG. FF. AL COMANDO DIFESA MARITTIMA AL COMANDO MILITARE DEL PORTO Perché sia portata a conoscenza di tutti gli organi dipendenti, con preghiera di intensificare la vigilanza lungo le coste per impedire l’esercizio abusivo della pesca con esplosivi, e di riferire se si sono verificate in passato infrazioni al riguardo. D’ORDINE: IL TEN. COL. CAPO DI S. M. - L. Casoni

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Erano trascorsi circa quattro mesi dalla fine della guerra e il Regio Esercito Italiano si diede da fare per avviare l’industria della pesca nella Venezia Giulia partendo dalla considerazione che si trattava di una fonte alimentare naturale che abbondava nell’Adriatico. Di conseguenza, decise di inviare una lettera al Comando Supremo firmata dal Governatore125. R. ESERCITO ITALIANO GOVERNATORATO della VENEZIA GIULIA UFFICIO AFFARI CIVILI N.09538 Protocollo d’Ufficio Affari Civili

Trieste, li…10 marzo…191..9

AL COMANDO SUPREMO - SEGRETARIATO GENERALE AFFARI CIVILI Il cessato Governo Austriaco, sia per forza maggiore, sia per incuria, portò l’industria della pesca nelle acque della Venezia Giulia alla completa rovina. Al fine di evitare la totale sospensione della pesca e per risanare gradatamente la grave crisi che attraversa quest’industria, la locale Difesa Marittima, coadiuvata dal Governo Marittimo, di Trieste, nel memoriale del 11 dicembre 1918, N° di protocollo 859, suggeriva i provvedimenti che si dovevano prendere per raggiungere lo scopo anzidetto. Questo Governatorato procedette all’organizzazione dei pescatori costituendo dei Consorzi ai quali si poterono dare, fra l’altro, delle direttive politiche sane, che erano necessarie in quegli ambienti. Si favorirono le Associazioni ed i Consorzi di pescatori provvedendoli di mezzi di trasporto; si migliorò qualche peschiera e si accordarono tutte quelle facilitazioni utilissime ai pescatori che non richiedevano spese reali. Le condizioni ora sono mutate. La pesca invernale è quasi cessata e sta per ricominciare quella estiva. Non si può più giovare al pescatore con soli consigli, occorrono attrezzi da pesca. Si interessò per il provvedimento di detti attrezzi la “Delegazione per la pesca”, però dal telegramma del 2 marzo 1919 N° 3850 da Roma, diretto alla locale Difesa Marittima risultò la scarsa probabilità di riuscita, data la scarsezza dei generi nei luoghi di produzione. Oltre che alla “Delegazione per la pesca” in Roma, il Governatorato si rivolse direttamente in Inghilterra a grandi fabbriche e quest’ultime si sono impegnate di fornire l’occorrente di reti da pesca alla Venezia Giulia in un periodo di tempo relativamente breve. Poiché la pesca estiva, e specialmente quella delle sarde, è molto abbondante e redditiva in modo da fruttare in media ben 6 – 8 milioni di chilogrammi di pesce, si propone a codesto Comando di anticipare a questo Governatorato i fondi necessari all’acquisto dei generi che serviranno alla suddetta pesca, preventivati in Lire 420.000 (quattrocentoventimila). Non venendo reintegrati gli attrezzi mancanti, la pesca estiva non potrebbe essere fatta che in proporzioni limitatissime con queste conseguenze: I°. Verrebbe a mancare alla Venezia Giulia un importante alimento, che dato il suo modesto prezzo di vendita, (lire 1.20 – 1.60 il chilogramma) sarebbe accessibile alla popolazione povera; II°. Si aumenterebbe la disoccupazione fra i pescatori;

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III° Mancherebbe il lavoro a parecchie fabbriche di conserve alimentari dislocate nei vari centri pescherecci della Venezia Giulia. Gli attrezzi da pesca acquistati col denaro anticipato dal Governo verrebbero venduti ai pescatori al prezzo di costo, parte verso pagamento alla consegna della merce, e parte verso pagamento rateale, nel breve periodo di 18 mesi. Il Governatore - Petitti È naturale che i pescatori dell’ex Litorale austro-ungarico, ora italiano, iniziassero a fare delle richieste per essere indennizzati per i materiali da pesca andati perduti sotto il passato Governo e durante la guerra. Tra questi, anche l’isolano Pietro Ragaù che, durante il periodo bellico, consegnò all’allora Governo marittimo, sia la sua imbarcazione che le reti per la pesca militare. Ora si rivolgeva alle autorità italiane per un indennizzo, ma la risposta, ovviamente non poteva che essere negativa126. Al Regio Governo Marittimo in Trieste Proposta di Pietro Ragaù fu Antonio da Isola (Istria) col procuratore Giovanni Lonzar dip. penale da Capodistria. Il firmato Pietro Ragaù ancora nell’anno 1915 dovette consegnare al Governo Marittimo ufficio pesca il proprio battello denominato “S. Sebastiano” e le proprie reti, che sotto la direzione d’altri, fra i quali Napoleone Degrassi da Isola, furono impiegate per la pesca militare fino alla venuta dell’Italia. Del ricavato il firmato riceveva il 40 % mentre il 35 % veniva assegnato al personale di servizio ed il 25 % depositato in un fondo cassa. Dopo la redenzione di questi paesi fu bensì restituito il battello “S. Sebastiano” non così le reti, nel numero complessivo di 16 malaide, 70 passelere, 140 sguaneri. Attese per lungo tempo ritenendo che un giorno o l’altro verrebbe in loro possesso; ora però è costretto rivolgersi a Cotesto Governo Marittimo, sezione pesca, perché voglia indenizzarlo del danno. Privo dell’unico mezzo di guadagno, si trova nella più stretta indigenza percui spera che senza ulteriori pratiche si vorrà venirgli incontro. + di Pietro Ragaù Isola, Via dell’Ospitale Vecchio, 56. All’ufficio di porto e sm. Isola S’invita Cod – di partecipare al pescatore Ragaù Pietro fu Antonio da costì abitante Via Ospitale Vecchio No 56, in esito alla sua domanda prodotta direttamente a quest’ufficio, che i danni subiti negli attrezzi da pesca da lui lamentati si riferiscono alla pesca militare, la quale veniva esercitata indipendentemente dal Governo marittimo; ragione per la quale questi non può prendere in considerazione la domanda di indenizzo. Trieste 20/3 1919 Ussai – Pastrovic [ed altre due firme].

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La prima pagina della domanda presentata dal pescatore Pietro RagaĂš al Regio Governo Marittimo, il 12 marzo 1919, per avere un sussidio per le reti perse nella “pesca militareâ€?, durante il Governo austro-ungarico. (AST, Gov, b. 932, prot. 1887, a. 1919)

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La Cooperativa dei pescatori di Isola, e l’istituenda Cooperativa dei pescatori di Capodistria, con l’appoggio della Commissione d’Approvvigionamento del Comune di Trieste e delle Cooperative Operaie di Trieste Istria e Friuli, che misero il loro timbro e firme in calce al documento, chiesero che venisse abolito il divieto di pesca notturna, e che si prendessero dei provvedimenti contro i numerosi delfini che danneggiavano le reti. Il divieto di pesca nottura venne risolto, ma per i delfini, il Governo ritenne che per il momento non fosse necessario adottare alcun provvedimento127. AL REGIO GOVERNO MARITTIMO TRIESTE Istanza della Cooperativa dei pescatori di Isola, e dell’istituenda Cooperativa dei pescatori di Capodistria per ottenere il toglimento del divieto sulla pesca notturna. I sottoscritti Consorzi di pescatori presentano istanza a codesto R. Governo marittimo onde ottenere il toglimento del divieto sulla pesca notturna, e ottenere pure dalle Regie Autorità militari, mediante il benevole appoggio di codesto R. Governo marittimo, l’organizzazione della caccia ai delfini mediante lance a benzina munite di fucili e mitragliatrici, caccia che si è dimostrata molto efficace negli anni passati. Riguardo la pesca notturna fanno osservare che: 1.) La pesca di notte è più redditizia. 2.) Il divieto di notte inceppa l’attività in modo insopportabile perché dovendo le barche essere in porto al tramonto del sole queste devono partire dal punto dove avviene la pesca (per lo più in alto mare) molto tempo prima del crepuscolo serotino (momento questo molto favorevole alla pesca) e con ciò si perde un tempo prezioso che potrebbe essere dedicato alla pesca. Riguardo la caccia ai delfini osservano che se i pescatori non venissero protetti in questo riguardo, essi, causa l’assoluta mancanza di reti, dovrebbero sospendere del tutto la pesca perché indubbiamente se non si prendessero misure efficaci contro questa piaga dei pescatori, le poche reti rimaste loro dopo la guerra verrebbero distrutte in poche settimane dai delfini. Confidando in una prontissima, favorevole evasione si segnano con la massima osservanza. per la COOPERATIVA DEI PESCATORI D’ISOLA: Antonio Benvenutti - Goina Nicolò per la istituenda COOPERATIVA DEI PESCATORI DI CAPODISTRIA: G Milini – Francesco Marin Trieste, 28 marzo 1919 P. S. La Commissione d’approvvigionamento del Comune di Trieste e le Cooperative Operaie di Trieste, Istria e Friuli, a richiesta delle due sopra citate Cooperative

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di pescatori, appoggiano ben volentieri le loro richieste, tanto più che, se, come confidiamo, verranno concesse, esse andranno a vantaggio della popolazione consumatrice con una maggior fornitura di pesce sul mercato, fornitura molto necessaria in questo periodo di crisi nel mercato della carne. In fede di che Commissione d’Approvvigionamento COOPERATIVE OPERAIE del Comune di Trieste di TRIESTE, ISTRIA e FRIULI- TRIESTE Il Presidente Consorzio registrato a garanzia limitata Visintini La lettera porta già nella prima pagina una nota scritta a matita: Urgente Sign. Pastrovic! Non sanno ancora ad Isola che ogni divieto di pesca notturna è cessato? Quanto ai delfini prego riferire. La nota sembra siglata con una P., mentre dietro al documento vi è un’altra nota, dalla quale si evince che tra il 28 marzo e il primo maggio 1919, date dell’istanza delle Cooperative dei pescatori e la nota del Governo marittimo che seguì, era stata ripristinata la pesca notturna: Visto che la domanda è anteriore alla concessione di pesca senza limitazione di tempo, e che i pescatori d’Isola e di Capodistria la esercitano di fatto anche di notte e che la caccia ai delfini per ora non si presenta necessaria passi agli atti. Trieste 1/V/1919. Ussai, Pastrovic. Il 5 giugno 1919, il Governo marittimo inviò degli ordini inerenti le Statistiche sulla pesca, firmati da Ussai, Pastrovic e un altro funzionario, alle Regie Capitanerie di Porto in Trieste, Rovigno, Pola, Lussinpiccolo e Zara, per poter valutare l’estensione dei provvedimenti atti a promuovere l’andatura della pesca marittima è necessario sapere lo stato reale in cui si trova questo ramo dell’industria nazionale. Il Governo marittimo revocò tutta la modulistica finora usata per le statistiche sulla pesca, e ordinò agli Uffici portuali di compilare mensilmente una nuova Specifica (a) che interessava il pescato, e ogni sei mesi, ovvero a fine giugno e dicembre di ogni anno anche la Specifica (b), che interessava l’inventario di tutte le barche, degli attrezzi da pesca, e il loro valore distinto per singola tipologia128. Il 19 novembre 1919 il guardia-pesca Domenico Petito decise di lamentarsi con il Governo marittimo, tramite l’Ufficio portuale di Isola, perché, a suo dire, la sorveglianza era divenuta pericolosa a causa della pesca abusiva che veniva effettuata con la dinamite, specialmente a Salvore. Non disponendo di una barca era costretto a fare i suoi controlli dalla spiaggia, pertanto chiedeva gli venisse assegnato un motoscafo o tender, mentre, anche per svolgere il suo dovere da terra, necessitava dell’aiuto di un secondo guardiano nonchè l’assegnazione di una revoltella.

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Il 4 dicembre dello stesso anno, l’affittuario della peschiera comunale di Pirano, Pietro Vidali, inviò un Memoriale al Governo nel quale ribadiva di averlo già inoltrato al Regio Commissariato civile di Capodistria il 29 novembre 1919, chiedendo l’assegnazione di un guardia-pesca fisso, come nel passato, a causa della pesca abusiva con la dinamite. Anche il Regio Ufficio portuale di Pirano fece la stessa richiesta il 17 dicembre, lamentandosi delle poche perlustrazioni che venivano svolte. Il 9 gennaio 1920, il Governo Marittimo, in base a tutte queste richieste, raccolte nello stesso protocollo, trasferiva il guardia-pesca Domenico Petito da Isola a Pirano, ordinando che la zona di perlustrazione per la guardia suddetta resterà qual’era finora; cioè il tratto di costa che và da Capodistria sino ad Umago129. Una protesta per il poco pescato venne inviata al Governo marittimo dal Consorzio dei pescatori di Capodistria, attribuendolo al fatto che alcuni pescatori gettavano in mare rilevanti quantità di teste di sardelle, che ricevono dalle fabbriche della regione, allo scopo di attrarvi altro pesce specialmente gli sgomberi che pigliano poi agevolmente e in abbondanza. Il male si è che i menzionati soggiacciono ben presto a dei processi di putrefazione, che appestando l’acqua, allontanano le sardelle dai nostri mari. Nello stesso incartamento, assieme a questa richiesta, sono conservate le disposizioni governative, che interessano anche Isola, tra cui anche un verbale di seduta del 23 dicembre 1900, tenuto presso l’Agenzia portuale isolana, che servì da testimonianza130. Al Commissariato Generale Civile per la Venezia Giulia Ufficio VII – Agricoltura, in Trieste. Ancor nell’anno 1900 veniva constatata nelle acque di Isola una sensibile graduale annua diminuzione della pesca delle sardelle, che quei pescatori ascrivevano in massima parte al gettito a mare dei rifiuti delle fabbriche di sardine colà esistenti. In seguito a tale asserzione, il Governo Marittimo trovò opportuno di fare un accurata inchiesta sull’argomento per poter stabilire se realmente fosse questa la causa della deplorata improduttività della pesca estiva sardellare. Vennero perciò invitate tutte le Capitanerie di porto di convocare le commissioni locali per la pesca nei luoghi ove si trovavano le fabbriche di sardine, affinchè si esternassero in merito. La maggior parte di esse confermarono il quesito e si dichiararono contrarie al gettito a mare dei rifiuti delle sardelle, percui il Governo Marittimo, accogliendo il voto della maggioranza, emanò il rispettivo divieto in data 18 marzo 1901 No. 1893 vigente tuttora, di cui si rimette copia, e sul quale verte il pregiato foglio del 20 marzo a. c. No. 732/335 di codesto Commissariato Generale Civile che invita il Governo Marittimo di esprimere il suo parere in argomento, data la presistente contrarietà dei fabbricanti al mantenimento del divieto che essi ritengono inopportuno e privo di una giustificata motivazione. Prescindendo però anche dalle ragioni che indussero il Governo Marittimo ancor nel 1901 di emanare il divieto in parola, si ritiene necessario di mantenerlo in vigore almeno in parte, ancora sotto un altro aspetto. Partendo anche da altri criteri, che non fossero quelli espressi a suo tempo dalle commissioni locali per la pesca e che determinarono il divieto, il Governo

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Marittimo conviene che i rifiuti freschi delle fabbriche di sardine gettati a mare non costituiscono la temuta circostanza determinante l’impoverimento e l’improduttività della pesca estiva, qualora il gettito viene fatto in mare aperto ad un adeguata profondità ed in siti differenti. In questo caso viene escluso un inquinamento tale delle acque da renderle nocive alla pesca per la decomposizione dei rifiuti, con riguardo alle correnti marine, alle virtù dell’acqua salsa che rallenta il processo di putrefazione ed alla circostanza che questi detriti vengono consumati in gran parte dai pesci ed altri animali marini. Gli stabilimenti per la confezione delle sardine si trovano però per lo più in riva al mare, e preferiscono per loro comodità anziché sotterrare, oppure portare in mare aperto i rifiuti delle lor fabbriche, gettarli a mare nell’immediate vicinanze degli stabilimenti stessi (nei mandracchi o porti locali) ove per l’agglomeramento del materiale, mancando le premesse preaccennate del mare aperto, finiscono coll’imputridirsi, ed essere realmente dannose, e per la pesca, e per la salute pubblica. Il Governo Marittimo tiene quindi fermo in massima il divieto preaccennato, trova però di modificarlo nel senso esposto nell’acclusa circolare direttamente alle Capitanerie di Porto della Venezia Giulia e di cui si allega copia. Il Presidente: [senza firma]

Il porto di Isola tra il 1919 e il 1928 in una cartolina edita da Ines Stein Cadel di Trieste. La diga non era stata ancora costruita, mentre esisteva ancora la chiesa di S. Andrea, sconsacrata e divenuta deposito degli attrezzi per le Processioni della Confraternita di quel Santo, e che venne demolita dopo il 21 febbraio 1928, quando l’Ordinariato Vescovile di Trieste approvò il contratto di compravendita tra il Comune e la Chiesa di Isola. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

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Alla regia Capitaneria di porto in Trieste. Il Governo Marittimo trova di modificare il proprio decreto del 18 marzo 1901 No. 1893, concernente il gettito a mare dei rifiuti delle fabbriche di sardine come segue: 1.) È proibito, sino nuove disposizioni, il gettito a mare dei rifiuti di pesci confezionabili dalle fabbriche di sardine nelle immediate vicinanze degli stabilimenti stessi cioè nei mandracchi o porti locali. 2.) I rifiuti dovranno essere sotterrati o gettati in mare aperto ad un adeguata profondità ed in siti differenti, da stabilirsi dal preposto del rispettivo Ufficio portuale d’accordo coi dirigenti le fabbriche. 3.) Vanno esclusi dal divieto i piccoli quantitativi dei rifiuti che servono ai pescatori locali esercenti la pesca ad amo, sia sportiva, sia professionale ad uso di esca. S’invita codesta Capitaneria di emettere in merito le disposizioni opportune. Il Presidente: F. Mazzinghi Come accennato sopra, assieme alla documentazione vi è allegato anche il Protocollo della Commissione di pesca di Isola, del 23 dicembre 1900, il quale in quell’epoca diede spunto per il divieto di scaricare i rifiuti del pesce in prossimità dei Porti. N. 309 Commissione locale per affari della pesca marittima in Isola Protocollo di seduta assunto addì 23 decembre 1900 nel locale ad uso d’ufficio dell’i. r. Agenzia di porto e sanità marittima in Isola. Invitati appar mandati di citazione d. d. Loco 12 decembre 1900 pari numero i seguenti Signori membri: Signor Giovanni Drioli di Nicolò come perito pratico scientifico, Signor Augusto Bruschweiler fù Adriano, Marco Degrassi fù Mauro, Giovanni Benvenutti fù Francesco, Nazario Mayer e Nazario Stradi come periti pratici. Presenti Signor Arturo Schiviz i. r. Agente portuale sanitario quale preside nonché i membri Signor Giovanni Drioli di Nicolò perito scientifico, Signori Marco Degrassi fù Mauro e Giovanni Benvenutti fù Francesco periti pratici. Oggetto Ottemperando a Superiore incarico avutone dall’I. R. Capitanato di p. s. m. in Trieste appar decreto d. d. 31 decembre 1899 N. 8537 quest’ i. r. Agente port. sanit. quale preside della locale commissione di pesca marittima trova opportuno

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d’invitare i Signori membri formante la medesima onde appoggiare e confuttare i seguenti punti: Apprendo la seduta si constatò la mancanza dei fiduciari Signori Augusto Bruschweiler, Nazario Mayer e Nazario Stradi i quali non comparvero all’invito. Punto I In base alla nota dell’I. R. Capitaneria di p. s. m. d. d. Trieste 15 decembre 1900 N. 9105 in ubidienza al decreto Governativo d. d. Trieste 7 decembre 1900 N. 15261 concernente rilievi ufficiosi fatti di recente sulle acque di Isola pertanto s’invita la presente commissione onde confuttare ed esternarsi al parere se i rifiuti delle locali fabbriche Sardine l’ontume e la putrefazione di questi tanto nelle acque che nel fondo del mare giacenti siano colpevoli in certi punti che vengono gettate in massa dai pescatori di tonia [togna, lenza] alla sosta oppure all’improduttività del pesce, Sardelle Sardoni e Scombri, i quali pesci in questo mare decresce sensibilmete annualmente, oppure se tale fenomeno dipenda da circostanze locali. ad Punto I I sottoscritti membri dichiarano di comune accordo che il getto in mare dei rifiuti delle fabriche di Sardine da costì sono per la pesca molto nocive, tanto quelli delle Sardelle fresche come pure gli avanzi delle Sardelle salate i quali vengono gettati in gran massa in questa costa di mare, l’esperimenti di una così considerevole mancanza di pesca e di pesce non fù solamente constatata in questi paraggi locali ma bensì anche altrove ove risiedono delle fabriche di Sardine, e perciò sarebbe di assulutamente proibire un tal fatto dannoso per la pesca delle Sardelle, Sardoni e Scombri perché ven diminuindo il pesce e la pesca d’in anno in anno semprepiù, il pesce soprascritto ha ogni anno il suo periodico passaggio però con una cortissima sosta in queste acque non potendo punto a resistere a questa acqua guastata causa punto del getto dei già detti rifiuti. Punto II Se nelle valli seni di mare, oppure entro il primo miglio marino sia dannosa la pesca delle Sardelle esercitata con la rete detta melaida. ad Punto II Sarebbe di gran vantaggio vietando la pesca entro il primo miglio marino esercitata con la rete melaida, cagionando questa un danno considerevole allo Sviluppo della pesca avendo purtroppo constatato questo gli stessi fiduciari proprietari di suddette arti di pesca, e che in generale sarebbe di prender rigorose misure aciocchè venga adempita l’Ordinanza che vieta la pesca con le reti melaide e spaventando il pesce. Punto III Se nei mesi di maggio a settembre mesi questi che la pesca delle Sardelle e Sardoni

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esercitata con le reti Sardelleri e Sardoneri ad esca e a fondo fosse meglio che in quei Comuni che sono pochi pescatori ve ne venissero assunti di questi da Isola che in realtà ve ne sono troppi e hanno pocco mare e questo tanto per la sosta, come pure per la propagazione delle Sardelle e Sardoni. ad Punto III Sarebbe molto desiderabile che parte dei pescatori di Sardelle da costì potrebbero essere ammessi nelle acque dei altri Comuni ove sono in minoranza non cagionando tale partecipazione verun danno al pescatore locale avendosi sperimentato che più veniva attratto dall’esca anzi più numeroso affluiva il pesce cagionando dei risultati considerevoli della pesca nei anni passati con le reti sardellere era di risultato più che soddisfacente. Punto IV Se con le reti Sardellere fossi sufficiente pesca per usufruire i mercati e fabriche di Sardine. ad Punto IV E perciò sono d’unanime opinione che la suddetta pesca esercitata con le reti sardellere sarebbe sufficiente in ragione dei esperimenti già fatti nei anni passati. Eventuali proposte dei Signori facenti parte alla Commissione locale di pesca marittima. Proposte dei fiduciari della pesca In’argomento del sopraesposto che tali misure verebbero addottate anche dei altri comuni si prega inoltre che venisse preso in considerazione il punto della passata seduta tenuta presso quest’i. r. Ufficio concernente l’allontanamento delle cocchie nei mesi citati nel protocollo di seduta passato cioè di lasciar libero quel tratto di mare che serve alla popolazione costiera per la pesca delle Sfoglie, Passere e Rombi nei citati mesi dell’Anno. Schiviz Agente, Giovanni Drioli Degrassi Marco, Benvenutti Giovanni

Predonzan P. g

Per rendere l’idea di quanto scarto di sardelle venisse prodotto nel 1899 dalle fabbriche conserviere dell’allora Litorale austro-ungarico, che secondo i pescatori isolani e non solo, influiva negativamente sulla pesca, riportiamo alcuni dati131. Dopo i nomi delle località, segue il numero delle fabbriche che esse avevano, e il minimo e massimo degli scarti giornalieri di sole sardelle in chilogrammi:

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ISOLA: 4 fabbriche, da 28.000 a 60.000 kg. GRADO: 3 fabbriche, da 20.000 a 50.000 kg. COMISA: 3 fabbriche, da 8.000 a 24.000 kg. DUINO, 1 fabbrica, da 8.000 a 20.000 kg. TRAPPANO: 2 fabbriche, da 7.000 a 18.000 kg. ROVIGNO: 1 fabbrica, da 4.000 a 9.000 kg. GIUPPANA: 1 fabbrica, da 3.000 a 10.000 kg. MULA: 1 fabbrica, da 3.000 a 10.000 kg. FASANA: 1 fabbrica, da 2.000 a 8.000 kg. VERDOSKA [VERBOSCA, isola di Lesina]: 1 fabbrica, da 1.000 a 3.000 kg. Pertanto, nell’Adriatico orientale nell’anno 1899, venivano scaricati a mare in media 148.000 chilogrammi di scarti di sardelle al giorno.

Cartolina edita da Vittorio Stein di Trieste, che come dal timbro postale, arrivò a Verbosca/Vrboska sull’isola dalmata di Lesina, il 5 febbraio 1903, indirizzata a Nicolò Delise, futuro fondatore e proprietario dell’omonima e rinomata piccola industria di Isola. In quel periodo egli era un dipendente della fabbrica isolana dei Francesi, e si trovava a Verbosca forse come consulente o come istruttore, siccome colà esisteva una succursale di detta industria francese fondata nel 1898. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

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I residui bellici che si trovavano in mare, causavano seri danni anche alle reti dei pescatori. Tre isolani si rivolsero alla Ricevitoria Doganale di Isola chiedendo un risarcimento per i danni subiti nei pressi di Aurisina (TS). Il Regio Ufficio di Porto di Isola, inoltrò il Protocollo alla Capitaneria di Trieste il 29 luglio 1920 con la nota N. 252. Quest’ultima, suggerì al Governo marittimo di dare loro un aiuto come sussidio e non come indennizzo. Sull’esito finale della richiesta non esiste alcuna documentazione132. Protocollo assunto nella stanza della r. ricevitoria doganale in Isola il giorno 29 luglio 1920, dietro richiesta dei pescatori Giacomo Troian fu Angelo, Domenico Bressan di Nicolò e Romeo Ulcigrai fu Gioacchino Motivo: Danneggiamento attrezzi da pesca Deposizione dei danneggiati La notte dal 22 al 23 luglio i sottoscritti pescatori si trovavano ad esercitare la pesca delle sardelle nei pressi di Sdobba-Aurisina con le proprie barche denominate “Baron Gautsch”, “Libero Pensiero” e “Gloria”, appartenenti tutte tre al porto d’Isola. All’alba del 23 luglio furono calate le reti “melaidi” e quando verso le 530 si recarono a sollevarle non fu loro possibile di farlo essendochè le melaidi venivano tenute ferme da una massa che si trova in quei paraggi nel fondo del mare. Le melaidi furono da questa massa completamente danneggiate ed i sottoscritti subirono dei danni enormi. Giacomo Troian ebbe gravemente danneggiate 5 pezzi di melaidi, subindo un danno di Lire 1200. A Domenico Bressan furono del tutto danneggiate 4 pezzi di melaidi per un valore di 1000 Lire e Romeo Ulcigrai risentì un danno superiore agli altri, cioè di 2400 Lire, poiché avendo egli calato le reti nella posizione più ingombra di materiale ne perdette completamente una e ebbe 3 pezzi fortemente danneggiati. Siccome i danneggiati ritengono il materiale che si trova in fondo al mare nei pressi Sdobba-Aurisina non sia altro che delle parti di mine, pregano codesta Capitaneria di voler far visitare il fondo del mare in quei paraggi a mezzo d’un palombaro, onde evitare in seguito danni sì enormi alla pesca. Pregano contemporaneamente codesta Capitaneria di venir loro incontro risarcindo in parte almeno i danni da loro sofferti senza averne colpa. Con i prezzi alti d’acquisto esistenti oggi, essi non possono comperarsi nuove reti, sicchè si vedono fortemente danneggiati nel loro esercizio e duramente colpiti nella loro esistenza. Preletto, chiuso e firmato Isola, addì 29 luglio 1920 Troian Giacomo fu Angelo Propetario della barca Barn Gauc [Baron Gautsch]; Domenico Bressan di Nicolò Propetario di Barca, Libero Pensiero; Romeo Ulcigrai fu Gioacchino, Gloria; Carlo Vitez agente di porto.

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La Capitaneria di Trieste inoltrò il documento al Governo con il protocollo N. 5580, che venne ricevuto il 14 agosto 1920, e dove stava scritto: pelle ulteriori disposizioni, col cenno che la pesca è a tutto rischio e pericolo degli esercenti. La scrivente non è contraria per un eventuale sussidio ma non a titolo indenizzo. Il Comandante (N. Frausin). Frausin. Le Commissioni locali per la pesca svolsero sempre una funzione importante, fin dal momento della loro istituzione ancora durante il Governo austro-ungarico. Proprio per questo era sempre stato di importanza rilevante quali vi venivano nominate. Così anche durante l’amministrazione italiana che, in base alla proposta del Regio Ufficio di Porto in Isola, in data 5 novembre 1920 proponeva per la Commissione 1920-1923, Bortolo Drioli fu Gioacchino, Francesco Bressan ed eventualmente Antonio Contesini. Tra questi, il 18 agosto 1921, il Governo Marittimo confermò Bortolo Drioli e Francesco Bressan135. Se sotto l’Austria, i pescatori di Chioggia danneggiarono in vari modi i pescatori isolani, la situazione non si presentò molto diversa nemmeno con l’arrivo dell’Italia. Difatti, il 15 aprile 1921 a Isola venne assunta in proposito una testimonianza che la Capitaneria di Porto di Trieste inviò al Governo Marittimo. Da questa si apprende tra l’altro, che Andrea Perini di Isola, era già da 20 anni Socio della Società di pesca e piscicultura marina di Trieste136. Protocollo assunto addì 15 aprile 1921 nell’Ufficio del Agenzia di Porto in Isola in presenza dei sottofirmati: Motivo: Si presenta il signor Andrea Perini fu Lorenzo da Isola, padrone della barca da pesca denominata “Maria Zetto” il quale depone come segue: Trovandosi mio figlio Lorenzo addì 13 corr. alla pesca in Porto Buso cioè lungo la spiagia aveva calato in mare 60 pezzi di reti /: passelere : /. Verso l’alba vide mio figlio che una barca di Chioggiotti radendo a fondo con la solita coccia [cocchia] avevano la direzione proprio nel punto indove ch’erano calate le menzionate passelere. Fu lesto a gridare e battere con la mastela onde avertire il conduttore del sopradetto bragozzo di fermarsi oppure di cambiare la rotta. Tutto questo fu inutile ed il bragozzo continuò la sua direzione di modo che quando andai a levare le mie reti non ricuperai che solo 48 pezzi. I 12 pezzi mancanti devono essere stati rastellati dalla coccia di quel bragozzo. Avverto pure che il bragozzo dopo eseguito un tanto si allontanò in fretta e furia di modo che a mio figlio le fu impossibile avvicinarsi a loro per conoscere il nome del bragozzo come pure il numero. Il danno che soffro è di Lire 600 e prego codesto Ro Governo Marittimo di farmi avere risarcito suddetto danno da parte del Consorzio della pescicoltura, visto che sono socio già da 20 anni. Andrea Perini

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Il Comandante la Capitaneria di Trieste, N. Frausin, inviò il Protocollo al Governo marittimo il 22 aprile 1921, pelle ulteriori disposizioni. Non si sa se questa richiesta venne esaudita, mentre è documentato che quelle di altri quattro isolani, che in date diverse chiedevano dei sussidi per svariati motivi, andò a buon fine137. Protocollo assunto li 21 luglio 1921 ad Isola nell’ufficio di Porto e S. M. fra i sottoscritti Comparvero spontaneamente i Signori Luigi Perentin fù Pietro d’anni 38 da Isola, il Signor Antonio Degrassi fù Giuseppe d’anni 25 da Isola: esposero il seguente. Il giorno 14 del mese corrente mentre mi trovavo alla pesca colla mia barca mi imbattei nel punto, ove venne affondata una torpediniera italiana durante la guerra. In quel mentre passava una torpediniera italiana, che andava in cerca della stessa affondata. Noi abbiamo dato di voce al comandante della stessa, ed io Luigi Perentin sono andato a bordo la stessa, ad indicargli la posizione precisa perché abbiamo messo per segnale un gavitello. Al Comandato [Comandante ?] abbiamo tosto esposto, che in quella posizione abbiamo perduto due ferri [ancore], due reste di circa 80 passi di corda, e sei reti di menolle. Il comandante mandò il palombaro a verificare, e possibilmente a ricuperare i nostri oggetti perduti. Ma il palombaro venuto sopra rispose di non poter fare nulla causa l’oscurità. Perciò preghiamo il R. Governo Marittimo, a volerci risarcire il danno avuto di circa Lire 1250.- sapendo bene che a noi pescatori tale danno è di grande peso, tanto più che non ci sono dei guadagni come una volta. P. C. F. Gelich

Perentin Luigi Degrassi Antonio Fu Giuseppe.

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La prima pagina del “Protocollo� assunto a Isola il 21 luglio 1921, con il quale i pescatori isolani Luigi Perentin e Antonio Degrassi, chiedevano un indenizzo al Governo Marittimo, per le loro reti impigliatesi in una torpediniera italiana affondata durante la prima guerra mondiale. (AST, Gov, b. 938, prot. 4934, a. 1922)

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Il 23 marzo 1922, l’isolano Giacomo Troian fu Angelo, dichiarò nell’Ufficio comunale che nel dicembre del 1921 perse 24 passelere di Lire 30 ciascuna, calate nel Golfo di Trieste e probabilmente trascinate da barche chioggiotte. Il 3 aprile 1922 un’altro pescatore isolano, Domenico Bressan di Nicolò, dichiarò nel medesimo Ufficio la perdita di 31 passelere nel Golfo di Trieste alla fine del 1921, per un valore di circa 50 Lire ciascuna, mentre il 31 gennaio 1922 perse 42 sguaneri del valore di circa 30 lire ciascuno, trascinati via da pescamine nel Golfo di Trieste. La Sezione Pesca del Governo Marittimo, con il dattiloscritto N. 4934/22 del 27 giugno 1922, che porta come Oggetto, Sussidio reti da pesca, rispose positivamente ai quattro pescatori isolani: All’ Ufficio di Porto Isola Riceverà dalla Ditta C. Bonifacio di Trieste 12 pezzi senelli mm. 17, filato No. 80, alti 40 che consegnerà ai pescatori Luigi Parentin fu Pietro ed Antonio Degrassi di Isola, 30 pezzi reti passelere alte 20, lunghe 600, maglie, filato 70 x 6, mm. 40 che consegnerà al pescatore Giacomo Trojan fu Angelo, 30 pezzi reti passelere, alte 20 lunghe 600 maglie filato 70 x 6, mm 40, che consegnerà al pescatore Domenico Bressan fu Nicolò. Consegnerà gli attrezzi che sono quali sussidi per l’incremento della pesca, verso quietanze bollate che rimetterà direttamente a questo Governo. Manimor [?] Si approva F. Mazzinghi L’Agente portuale di Isola, Gelich, con il rapporto N. 215 del 25 agosto 1921, rispose alla circolare N. 7552 del Governo marittimo, datata il 3 agosto precedente. Si trattava di segnalare tutto ciò che interessava l’industria della pesca a Isola. L’Agente inviò le informazioni richieste, riportando però soltanto i numeri progressivi e le lettere dell’alfabeto contenute nella circolare ricevuta, senza indicare le altre voci corrispondenti. Voci, che per essere comprensibili e capire a che cosa si riferivano, sono state copiate da un’altro modulo compilato a Cittanova e trovato nel medesimo protocollo. È possibile così vedere quali informazioni voleva il Governo marittimo, e che capacità industriali della pesca aveva la cittadina di Isola nell’agosto del 1921. Tra le altre cose, il Gelich segnò al punto 4. lettera a., una fabbrica di Nicolò Delise fu Pietro, che in quell’anno risultava avere un’industria di apparecchi luminosi per la pesca. Lo stesso Delise che nel 1924 aprì una sua specializzata fabbrichetta di conserve138.

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1. a. Cantieri e stabilimenti per la costruzione di naviglio da pesca: D’Este Giovanni fù Antonio. D’Este Fiorindo fù Giovanni. Dagri Marcello di Giuseppe. b. Cantieri e stabilimenti per la riparazione di naviglio da pesca: come ad 1 a. 2. Fabbriche di reti da pesca. a. Mezzo meccanico: b. Altri sistemi: 3. Stabilimenti per la lavorazione dei prodotti pescarecci: I° G. Sanguinetti – Fabbriche Italiane Conserve Alimentari dell’Adriatico. II° Usines de Lancienne Societé Generale Francaise de Conserves Alimentaires. III° Società Italiana di Prodotti Alimentari L. Torrigiani, Fabbriche riunite dell’Adriatico, Fabbrica centrale lavorazione pesce Isola. 4. Industrie pescherecce ed affini. a. Apparecchi luminosi per la pesca: Delise Nicolò fù Pietro. b. Attrezzi navali per la pesca: c. Fabbrica di ceste per trasporto del pesce: d. Cordami: e. Frigoriferi: f. Lavorazioni della latta: g. Fabbrica di remi: Pesaro Antonio fù Francesco. h. Fabbrica di vele: Fratelli Antonio e Giovanni Degrassi fù Giacomo. i. Fabbrica di vernici sottomarine: j. Varie: Lavorazione barilli di legno per pesce salato Vascotto Nicolò e figlio. 5. Tonnare: 6. Fabbriche di motori per naviglio da pesca: 7. Enti od Associazioni, Società industriali, Cooperative di pesca: Cooperativa pescatori C. G. L. Isola. 8. Riviste e giornali da pesca: Gelich È noto che all’epoca, nelle acque dell’Istria abbondavano i delfini e contro di essi era in vigore una caccia senza sosta, ma che arrivassero anche dentro al Canale di Leme lo testimonia un breve documento che riportiamo anche se non riguarda direttamente Isola. Risale al 14 gennaio 1922, quando l’Istituto di Biologia marina di Rovigno comunicò al Comandante del porto locale che nel Canale di Leme era stato avvistato un branco di centinaia di delfini e suggeriva al Comando Marittimo di Pola l’invio di un MAS armato di mitragliatrice139.

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Isola d’Istria 1923. Gruppo di maestranze della fabbrica Sanguinetti, già Warhanek e poi Arrigoni. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

Sempre in quell’anno 1922 il Municipio di Isola si interessava all’istruzione professionale dei suoi cittadini volendo estenderla anche ai pescatori: pertanto il Sindaco D’Andri si rivolse al R. Governo Marittimo con il dattiloscritto N. 2543/22 – Ca140. Al R. Governo Marittimo di Trieste Al fine di promuovere con ogni mezzo la cultura professionale locale, lo scrivente à cutato sinora, e con buon esito, delle pubbliche conferenze d’agricoltura, tenute dal signor professore Vardabasso Guido del Commissariato Civile di Capodistria, e ciò parallelamente a questa Scuola complementare per apprendisti e annessa di merletti veneziani. L’unica casta di cittadini, per la quale ancora nulla venne tentato, rimane quella dei pescatori, che pur abbisognano della massima assistenza in fatto di pesca. Essendo intenzione dello scrivente di promuovere anche per questi ultimi alcunchè di consimile dell’istruzione agricola, mi permetto di rivolgermi a codesto R. Governo Marittimo, al fine voglia cortesemente indicarmi la sede competente, dalla quale impetrare un qualche esperto in materia per pubbliche conferenze gratuite. Col massimo rispetto. DAL MUNICIPIO D’ISOLA li 13 maggio 1922 Il Sindaco: D’Andri [Giovanni]141.

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Il Governo sicuramente diede una risposta poichè nell’incartamento una nota a penna confermava: Evaso col No 5420922 a. a. Le richieste dei pescatori per avere un sussidio in seguito alla perdita delle reti continuarono anche nel 1923. La documentazione sulle richieste sono interessanti soprattutto perchè ci fornisce alcune informazioni di come e dove si pescava. Riportiamo quest’ultima richiesta che a quanto sembra fu presentata direttamente al Governo marittimo in Trieste, e per la quale non abbiamo trovato la risposta142. All. R. Governo Marittimo - Sezione pesca - in Trieste. Io sottoscritto Giacomo Troian fu Angelo da Isola, alle ore 7. del mese Dicembre pp. mi portai a 3 Miglia marit dalla punta grossa di Capodistria per levare 100 pezzi di retti pasellere che avevo colà colocate per la pesca delle sfolie, e pasere, colla massima disposione costattai l’amanco di 35. pezzi retti pasellere, le quali sono statte senza alcun dubbio con arte bene slanciate dalle altri ed esportare da locobri ignoti causandomi un dano inferiore alle 1.000 Lire, per tanto prego caldamente cotesto R. Governo afinche volesi prendere in considerasione aiutandomi con un susidio onde potere venire al meno in parte il dano in tal modo soferto, in atesa di una favorevole vasione antecipate e sentite ringraziamenti. Devotissimo Giacomo Troian fu Angelo Testimonianze di Equipaggio: Bortolo Benvenutti - Angelo Troian - Miglio Bologna + Isola 12/1/23 Se i pescatori isolani non rispettavano le leggi sulla pesca durante il periodo austro-ungarico, a quanto sembra non modificarono attitudine nemmeno durante il governo italiano. Le ultime multe inflitte ai pescatori isolani, per quanto accertabile dai documenti consultati, e che sono stati rilevati dalla Specifica delle multe inflitte a favore del Pio Fondo di Marina, datata Isola 31 marzo 1923 sono le seguenti143: - a DEGRASSI Marco fu Pietro, fu inflitta una multa di Lire 5, equivalente alla pena di arresto di 12 ore. - a BACCI Vito di Giovanni Lire 10, equivalenti ad un giorno di arresto. - a DRIOLI Emilio fu Domenico Lire 10, equivalenti ad un giorno di arresto.

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La fabbrica Sanguinetti-Arrigoni, in una cartolina edita da Ines Stein Cadel di Trieste, arrivata in quest’ultima città il 10 febbraio 1927. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

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XVIII.

CENSIMENTO DEI PESCATORI 1920 - 1923

Il Regio Governo Marittimo in Trieste, con il decreto del 5 giugno 1919, ordinò a tutti gli Uffici portuali di compilare la Specifica (b) delle barche e degli attrezzi da pesca ogni sei mesi, ovvero a fine giugno e a fine dicembre. L’Italia era appena uscita dalla prima guerra mondiale e voleva riavviare l’industria della pesca che, come tutte le altre industrie, aveva subìto un forte arresto. Sicuramente, con l’obbligo della compilazione della Specifica (b), come pure della Specifica (a) che vedremo più avanti, si intendeva monitorare l’industria della pesca sia nelle sue attrezzature che nel pescato, per poter prendere dei provvedimenti a migliorarla. Questi documenti ci tramandano dei dati molto interessanti sul numero dei pescatori che esercitavano a Isola in quell’epoca, sul numero delle loro imbarcazioni, sul loro tonnellaggio, di quali attrezzature disponevano e quale era il valore di queste proprietà in Lire italiane. Di queste interessanti Specifiche (b), per Isola ne abbiamo trovate soltanto quattro ed interessano il secondo semestre del 1920, il primo e secondo semestre del 1922 e il primo semestre del 1923. Mentre buona parte degli Uffici portuali del Litorale, anche i più lontani da Trieste, e persino quelli in Dalmazia, erano provvisti di moduli prestampati da compilare, non ci è chiaro perché Isola, Veglia, Neresine, Cherso, Ossero e Lussingrande, per citare alcune località, li disegnavano a mano scrivendo le numerose voci delle caselle, per poi compilarli. Riportiamo le varie voci in caratteri normali, avvalendoci di una scheda originale stampata, per essere il più possibile fedeli al suo contenuto, che fu compilata a Lesina in Dalmazia per il secondo semestre 1919144. La scheda è stata sciolta da noi per praticità, mentre le rispettive compilazioni di Isola le riportiamo in corsivo145. Segnaliamo infine, che ai vari nomi delle reti da pesca, sia nello stampato che nei manoscritti di Isola, tra parentesi vi sono aggiunti dei nomi alternativi, che erano più conosciuti in Dalmazia, e forse anche nell’Istria meridionale, per esempio vojgne, migavizze e prostice.

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No…7

Sottocircondario marittimo di…. Isola

SPECIFICA (b) delle barche ed attrezzi da pesca esistenti nel...II semestre dell’anno...1920 Comune…Isola Provincia…Istria Circondario marittimo…Trieste Nome della località ove vengono assunti i dati…Isola Barche pescareccie registrate: Numero delle barche…150 / Lire 450.000. Tonnellaggio…302. Equipaggio…390. Numero delle barche che effettivamente esercitarono la pesca durante il semestre… 90, dei pescatori…360. Qualità e quantità delle reti esistenti (*) numero / valore): Tratte estive sardellari…-----. Sardellere (vojgne) da 200 a 400 maglie…360 / Lire 60.000. Melaidi da 600 a 800 maglie…268 / Lire 214.400. Sardoneri…340 / Lire 102.000. Bobbere o scombrere (prostice)…20 / Lire 1000. Trimagliate (gombine-popone)…40 / Lire1000. Cagnolere…50 / Lire 2500. Squainere…1700 / Lire 68.000. Passelere…1500 / Lire 75.000. Palandare e tonnare…-----. Cocchie e tertane…5 / Lire 1200. Sciabacche (grippi)…16 / Lire 2560. Tratte invernali (migavizze)…1 / Lire 240. Tratte d’angusigoli…1 / Lire 580. Reti a ludro… -----. Cavolame…2000 / Lire 16.000. Parangali…60 / Lire 8960. Fanali acetilene per tratte estive…-----. Fanali per fiocine…8 / Lire 1440. Altri attrezzi meno importanti…96 / Lire 960. Valore complessivo in Lire: Delle barche…450.000. Degli attrezzi…555.840. R. Ufficio di porto... Isola. li... 31/12 1920

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Dal secondo documento disponibile è possibile vedere che in 18 mesi vi è stato un buon incremento sia di barche, che di pescatori e attrezzature, e di conseguenza anche di valore146. No…132

Sottocircondario marittimo di…Isola

SPECIFICA (b) delle barche ed attrezzi da pesca esistenti nel I semestre dell’anno...1922 Comune…Isola Provincia…Istria Circondario marittimo…Trieste Nome della località ove vengono assunti i dati…Isola Barche pescareccie registrate: Numero delle barche…175 / Lire 1844 [ciascuna]. Tonnellaggio…326. Equipaggio…477. Numero delle barche che effettivamente esercitarono la pesca durante il semestre…130, dei pescatori…455. Qualità e quantità delle reti esistenti (*) numero / valore): Tratte estive sardellari…-----. Sardellere (vojgne) da 200 a 400 maglie…400 / Lire 100.000. Melaidi da 600 a 800 maglie…270 / Lire 216.000. Sardoneri…380 / Lire 76.000. Bobbere o scombrere (prostice)…20 / Lire 1000. Trimagliate (gombine-popone)…40 / Lire1400. Cagnolere…20 / Lire 600. Squainere…1700 / Lire 72.800. Passelere…2000 / Lire 50.000. Palandare e tonnare…-----. Cocchie e tertane…10 / Lire 3000. Sciabacche (grippi)…18 / Lire 7200. Tratte invernali (migavizze)…2 / Lire 2800. Tratte d’angusigoli…-----. Reti a ludro…-----. Cavolame…2000 / Lire 14.000. Parangali…200 / Lire 9000. Fanali acetilene per tratte estive…-----. Fanali per fiocine…28 / Lire 2240. Altri attrezzi meno importanti…- / Lire 2000. Valore complessivo in Lire: Delle barche…322.800. Degli attrezzi…528.000. R. Ufficio di porto...Isola li…30 giugno 1922 Gelich

260


Nella dichiarazione di sei mesi dopo vi figurano una barca e un pescatore in meno, ma aumentano sensibilmente le attrezzature, in particolare le passelere che passano da 2000 a 5000, con un conseguente incremento del valore totale delle attrezzature147. No…300

Sottocircondario marittimo di…Isola

SPECIFICA (b) delle barche ed attrezzi da pesca esistenti nel II semestre dell’anno...1922 Comune…Isola Provincia…Istria Circondario marittimo…Trieste Nome della località ove vengono assunti i dati…Isola Barche pescareccie registrate: Numero delle barche…174 / Lire [non segnato]. Tonnellaggio…321. Equipaggio… 474. Numero delle barche che effettivamente esercitarono la pesca durante il semestre… 136, dei pescatori…476 [sono segnati due pescatori in più di quelli disponibili come equipaggio cui sopra]. Qualità e quantità delle reti esistenti (*) numero / valore): Tratte estive sardellari…-----. Sardellere (vojgne) da 200 a 400 maglie…400 / Lire 10.000. [Sicuramente manca uno zero perché la cifra dovrebbe essere Lire 100.000 come nel precedente semestre per altrettante reti]. Melaidi da 600 a 800 maglie…270 / Lire 216.000. Sardoneri…380 / Lire 76.000. Bobbere o scombrere (prostice)…20 / Lire 1000. Trimagliate (gombine-popone)…40 / Lire1400. Cagnolere…20 / Lire 600. Squainere…1700 / Lire 42.800. Passelere…5000 / Lire 125.000. Palandare e tonnare…-----. Cocchie e tertane…10 / Lire 3000. Sciabacche (grippi)…18 / Lire 7200. Tratte invernali (migavizze)…2 / Lire 2800. Tratte d’angusigoli…-----. Reti a ludro…-----. Cavolame…2000 / Lire 14.000. Parangali…200 / Lire 9000. Fanali acetilene per tratte estive…-----. Fanali per fiocine…28 / Lire 2240. Altri attrezzi meno importanti… - / Lire 2000. Valore complessivo in Lire: Delle barche…320.160. Degli attrezzi…603.040. R. Ufficio di porto...Isola li…31 dicembre 1922 Gelich

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Sei mesi dopo, inspiegabilmente le barche diminuirono di 45 unità, l’equipaggio di ben 96 unità e anche le attrezzature per la pesca ebbero un sensibile calo, difatti le passelere scesero da 5000 a 2200. Ma tutto ciò non quadra, perché nel numero dei pescatori che effettivamente esercitarono la pesca durante il semestre, ne figurano 476 come nel precedente semestre148. È da chiedersi, se forse, con l’enorme incremento delle maestranze nelle fabbriche conserviere isolane durante la nuova amministrazione italiana, i pescatori non fossero passati a queste, pur esercitando a tempo libero anche la pesca. Ma dove finirono le barche? No…246

Sottocircondario marittimo di… Isola

SPECIFICA (b) delle barche ed attrezzi da pesca esistenti nel I semestre dell’anno...1923 Comune…Isola Provincia…Istria Circondario marittimo…Trieste Nome della località ove vengono assunti i dati…Isola Barche peschereccie registrate: Numero delle barche…129 / Lire 237.876. Tonnellaggio…276. Equipaggio… 278. Numero delle barche che effettivamente esercitarono la pesca durante il semestre… 119, dei pescatori…476. Qualità e quantità delle reti esistenti (*) numero / valore): Tratte estive sardellari…-----. Sardellere (vojgne) da 200 a 400 maglie…450 / Lire 74.700. Melaidi da 600 a 800 maglie…275 / Lire 220.000. Sardoneri…380 / Lire 76.000. Bobbere o scombrere (prostice)…80 / Lire 1600. Trimagliate (gombine-popone)…40 / Lire1400. Cagnolere…20 / Lire 600. Squainere…1700 / Lire 44.000. Passelere…2200 / Lire 55.000. Palandare e tonnare…-----. Cocchie e tertane…10 / Lire 3000. Sciabacche (grippi)…18 / Lire 7200. Tratte invernali (migavizze)…2 / Lire 2800. Tratte d’angusigoli… -----. Reti a ludro… -----. Cavolame…2000 / Lire 14.000.

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Parangali…200 / Lire 9000. Fanali acetilene per tratte estive…-----. Fanali per fiocine…28 / Lire 2240. Altri attrezzi meno importanti… - / Lire 4000. Valore complessivo in Lire: Delle barche…237.876. Degli attrezzi…515.540. R. Ufficio di porto...Isola li…30 giugno 1923 Gelich

La riva di Isola nei pressi del Mandracchio prima del 1945. Si può notare il bragozzo “Buona Speranza-Isola”, la fabbrica Torrigiani ex Degrassi, e alla sua sinistra il fabbricato dell’officina del gas, seguìto dalla canottiera della Società Nautica “Giacinto Pullino”. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

Per poter valutare quanto importante fosse stata la capacità dell’industria della pesca a Isola abbiamo messo a confronto i totali di alcune altre cittadine dell’Adriatico orientale, anch’esse in quel periodo appartenenti all’Italia149.

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OSSERO. Primo semestre 1921: 25 barche, 30 tonn., 60 pescatori, valore delle barche L. 7500, degli attrezzi L. 27.980. Secondo semestre 1921: 26 barche, 31 tonn., 62 pescatori, valore delle barche L. 7500, degli attrezzi L. 26.980. Primo semestre 1922: 25 barche, 31 tonn., 60 pescatori, valore delle barche L. 7500, degli attrezzi L. 27.280. Secondo semestre 1922: 25 barche, 36 tonn. 60 pescatori, valore delle barche L. 7500, degli attrezzi L. 25.680. NERESINE. Primo semestre 1921: 19 barche, 27 tonn., 38 pescatori, valore delle barche L. 19.000, degli attrezzi L. 20.050. Secondo semestre 1922: 19 barche, 38 tonn., 38 pescatori, valore delle barche L. 19.000, degli attrezzi L. 19.600. TRAGHETTO. Secondo semestre 1922: 39 barche, 37 tonn., 35 pescatori, valore delle barche L. 9900, degli attrezzi L. 8240. LUSSINPICCOLO. Secondo semestre 1921: 78 barche, 164 tonn., 234 pescatori, valore delle barche L. 156.000, degli attrezzi L. 87.100. LUSSINGRANDE. Secondo semestre 1921: 12 barche. [Non sono segnati altri dati]. ROVIGNO. Primo semestre 1921: 145 barche, 250 tonn., 80 pescatori [errore?], valore delle barche L. 320.000, degli attrezzi L. 597.750. Secondo semestre 1921: 156 barche, 260 tonn., 360 pescatori, valore delle barche L. 330.000, degli attrezzi L. 583.470. DUINO-SISTIANA. Secondo semestre 1921: 12 barche, 12 tonn., 19 pescatori, valore delle barche L. 5200, degli attrezzi L. 24.910. Primo semestre 1922: 12 barche, 12 tonn., 19 pescatori, valore delle barche L. 5000, degli attrezzi L. 13.618. Secondo semestre 1922: 12 barche, 11,3 tonn., 18 pescatori, valore delle barche L. 5100, degli attrezzi l. 21.000. ORSERA. Primo semestre 1921: 59 barche, 108 tonn., 94 pescatori, valore delle barche L. 40.000, degli attrezzi L. 130.550. Secondo semestre 1921: 84 barche, 55 tonn., 82 pescatori, valore delle barche L. 40.000, degli attrezzi L. 117.550. PARENZO. Primo semestre 1921: 23 barche, 34 tonn., 54 pescatori, valore delle barche L. 10.200, degli attrezzi L. 13.550. Secondo semestre 1921: 23 barche, 34 tonn., 54 pescatori, valore delle barche L. 10.000, degli attrezzi L. 13.150.

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VALDITORRE. Primo semestre 1921: 7 barche, 14 tonn., 14 pescatori, valore delle barche L. 4500, degli attrezzi L. 107.200. Secondo semestre 1921: 11 barche, 15 ½ tonn., 22 pescatori, valore delle barche L. 4400, degli attrezzi L. 157.200. CITTANOVA. Secondo semestre 1921: 58 barche, 51 tonn., 162 pescatori, valore delle barche L. 40.850, degli attrezzi L. 67.740. UMAGO. Primo semestre 1921: 18 barche, 40 tonn., 40 pescatori, valore delle barche L. 12.000, degli attrezzi L. 20.590. Secondo semestre 1921: 20 barche, 15 tonn., 42 pescatori, valore delle barche L. 10.000, degli attrezzi L. 17.810. ZAMBRATTIA. Primo semestre 1921: 10 barche, 10 tonn., 15 pescatori, valore delle barche L. 4000, degli attrezzi L. 3640. Secondo semestre 1921: 4 barche, 4 tonn., 10 pescatori, valore delle barche L. 2000, degli attrezzi L. 4250. S. LORENZO DI DAILA CON S. GIOVANNI DELLA CORNETTA. Primo semestre 1921: 10 barche, 10 tonn., 16 pescatori, valore delle barche L. 3000, degli attrezzi L. 3020. Secondo semestre 1921: 4 barche, 4 tonn., 10 pescatori, valore delle barche L. 2000, degli attrezzi L. 3940. MUGGIA. Secondo semestre 1921: 14 barche, 20 tonn., 30 pescatori, valore delle barche L. 14.700, degli attrezzi L. 40.700. CHERSO, VALLONE DI CHERSO, PREDOSCHIZZA, DRAGOSICHI E SMERGO. Primo semestre 1921: 130 barche, 292 tonn., 160 pescatori, valore delle barche L. 98.500, degli attrezzi L. 177.550. Primo semestre 1922: 133 barche, 302 tonn., 170 pescatori, valore delle barche L. 108.500, degli attrezzi L. 177.150.

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XIX.

LA PESCA DAL 1920 AL 1923

Anche la Specifica (a) che riguardava il pescato, e che già esisteva anche sotto l’Amministrazione austro-ungarica, pur se in forma diversa, divenne obbligatoria da compilare mensilmente con il decreto del 5 giugno 1919. Va detto, che gli Agenti portuali di Isola preferivano disegnarla e compilare a mano le singole voci delle caselle, piuttosto che richiederla al Governo marittimo della vicina Trieste, a meno che questa autorità non le fornisse spontaneamente. In questo modo siano stati privati di dati importanti, poiché nel modulo stampato originale vi erano segnati anche i vari nomi dei pesci (a volte dialettali) che appartenevano alle categorie I, II e III, per le quali gli Agenti dovevano riportare nelle relative caselle del modulo sia la quantità che il valore in Lire. Pertanto, abbiamo dovuto ricorrere nuovamente ad un modulo stampato e compilato a Lesina, equivalente a quelli disegnati ad Isola, per attingere a questi dati non riportati150. Siccome di moduli compilati a Isola ne abbiamo trovati diversi (ma non a mesi continuativi), per il primo di questi, riporteremo tutte le voci che vi sono nella scheda stampata di Lesina, sciogliendola, e includendo il compilato di Isola in corsivo151. Per le successive dichiarazioni di Isola, si riportano soltanto quelle voci che sono state compilate, eliminando inutili spazi vuoti. Si noti, inoltre, che è stato segnato il controvalore della Lira nei confronti della Corona austriaca (L.1 = C. 2½), difatti, in alcune prime Specifiche della Dalmazia certi Agenti portuali preferirono compilare i moduli in valore austriaco, perché permesso, mentre il valore totale doveva venir riportato in Lire italiane. No…54

Sottocircondario marittimo di Isola Comune…Isola

Provincia…Istria

SPECIFICA (a) del quantitativo pescato durante il mese di…gennaio 1920 Circondario marittimo…Trieste Località ove venne esercitata la pesca…Golfo di Trieste

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Numero delle giornate di pesca durante il mese…23 Numero delle barche che esercitarono la pesca…60 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…300 QUANTITATIVO DEL PESCATO Specie del pesce migratorio (pesca estiva) in Chilogrammi: Sardelle Chilogrammi…----Sardoni Chilogrammi…----Scombri Chilogrammi…----Lanzardi Chilogrammi…----Tonno e specie affini Chilogrammi…----Tutte le altre specie di pesci e molluschi in Chilogrammi / Categoria **) I. Categoria Chilogrammi…1240 II. Categoria Chilogrammi…2825 III. Categoria Chilogrammi…18.812 Crostacei Chilogrammi…20 VALORE PLATEALE DEL PESCATO PREZZO MEDIO PER CHILOGRAMMO Pesci e molluschi / Categoria / in Lire (= Cor. 2.50) I. Categoria Lire…8 II. Categoria Lire…7 III. Categoria Lire…3 Crostacei Lire…8 DISTRIBUZIONE DEL PESCATO Quanto venne: Venduto sul mercato Chg….3800 Consumato per uso proprio Chg….2700 Confezionato all’olio Chilogrammi…----Confezionato al sale Chilogrammi…----Confezionato in altro modo chilogrammi…----Prodotto complessivo della pesca Chilogrammi…22.897 Valore complessivo della pesca…Lire 84.262 cent…----Osservazioni *) …Spediti a Trieste kg 16.397 *) Nella rubrica “Osservazioni” verrà indicato il numero dei pezzi delle prime quattro specie che vanno in un chilogramma ed il prezzo d’ogni specie per chg. Nella rubrica stessa verrà pure indicato il quantitativo del pescato a cocchia in quei circondari marittimi ove questa pesca si esercita [alcune specie sono segnate in neretto che noi rispettiamo]. **) Nella I Categoria (qualità fina) verranno compresi: Branzino, Orada, Dentale, Pagaro, Barbon, Triglia, Volpina, Rombo, Sfoglia, Chierna, Murena, Lizza,

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Storione (ed i crostacei) Astice, Aragosta, Scampo, nella rubrica “crostacei”. Nella II Categoria (qualità media) verranno compresi: Cefalo, Ribon, Spizzo, Ombrella, Corbel, Lovo, Molo, Sampiero, Angusigolo, Sargo, Ociada, Mormoro, Salpa, Bisatto, Grongo, Passera, Gerao, Calamaro, Asia [Asià], Scarpena. Nella III Categoria (qualità ordinaria) verranno compresi: Marida, Bobba, Suro, Cantaro, Sparo, Guatto, Anguilla, Liba donzella ed altre, Cagnizze, Perga, Ragno, Anzoletto, Lucerna, Boccaicao, Papalina, Scarpon, Rospo, Seppia, Folpo, Mattan in genere (Can, Baosa (rasa), Gatta o quaena, Manzo, Colombo, Tremolo, ecc.) nonché tutti i conchiferi (Ostriche, Cozze nere, Dattolo, Caparozzolo, Mussolo, Capalunga, ecc.). NB. Le specie del pesce migratorio (Sardelle, Sardoni, Scombri, Lanzardi, Tonno, e specie affini) saranno da registrarsi separatamente anche durante la stagione invernale. Per confrontare il pescato isolano, che nel gennaio del 1920 è stato di quasi 23 tonnellate, ovvero 22.897 chilogrammi, mettiamo a confronto il totale con quello di altre località appartenenti all’allora Italia orientale, e che sono conservate nello stesso protocollo, segnalando tra parentesi quelle il cui pescato si riferisce al dicembre del 1919. IKA (Circondario di Pola) kg 440. Per BRIONI è segnato che non avevano né barche né pescatori. MEDOLINO kg 900. CAISOLE (Circondario di Lussinpiccolo) kg 350. VERUDA kg 4050. PAGO (dicembre 1919) kg 840. S. PIETRO DEI NEMBI (dicembre 1919) kg 1298. UNIE (dicembre 1919) kg 187. LUSSINGRANDE (dicembre 1919) kg 3055. OSSERO (dicembre 1919) kg 455. TORCOLO (di Lussingrande, dicembre 1919) kg 44. MALINSCA (Lussinpiccolo) kg 590. VEGLIA (dicembre 1919) kg 820. S. MARTINO (dicembre 1919) niente. NERESINE (dicembre 1919) niente. CHERSO (dicembre 1919) kg 8500. CHIMNO (dicembre 1919) kg 105. CAPODISTRIA kg 3070. MONFALCONE kg 38.840 (superava Isola). DUINO kg 490. Per il medesimo periodo abbiamo trovato anche altre località, ma conservate in un altro protocollo che riportiamo con lo stesso sistema di cui sopra152. FASANA kg 1500. CARNIZZA kg 2163. UMAGO kg 16.370. CITTANOVA kg 4474. VALDITORRE kg 600. PARENZO kg 1430. ORSERA kg 1350. ROVIGNO kg 11.586. RABAZ niente. S. MARTINO DI CHERSO kg 135. MUGGIA kg 420. SILO kg 85. TRAGHETTO kg 450. Ulteriori dati per il gennaio del 1920, sono stati rilevati da altre schede153. ABBAZIA kg 255. VOLOSCA niente. LUSSINPICCOLO kg. 10.501. SALVORE kg 60. BESCANUOVA niente per maltempo. BERNA kg 3200. PIRANO kg 45.795, quasi 46 tonnellate, che superano le quasi 23 di Isola, ma la cifra includeva 43.000 kg di crostacei, dei quali nelle Osservazioni sta scritto: del pescato sono stati esportati kg 36.800 di mussoli.

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Da questi dati si apprende la grande quantità di questo prelibato crostaceo che si pescava allora a Pirano (dati presenti anche nelle schede di altri mesi). I mussoli subito dopo la seconda guerra mondiale erano praticamente scomparsi e sono riapparsi da pochi anni nelle pescherie, anche se in quantità molto più limitate. Oggi è ricercato dai buongustai nostrani ad un prezzo che si avvicina al pesce di prima qualità, mentre anche nel secondo dopoguerra era accessibile a tutte le tasche, comprese quelle quasi vuote. Come risulta dalla prima tabella, infatti, il mussolo in quell’epoca veniva incluso nel pesce di terza categoria, ovvero l’ultima, alla pari con le papaline e le bobbe, mentre gli agenti portuali, almeno quelli di Pirano, lo dichiaravano nella categoria dei crostacei.

Il porto di Isola con la diga tra il 1930 e il 1945 in una ristampa di A. Cadel di Trieste. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

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SPECIFICA DEL QUANTITATIVO PESCATO DURANTE IL MESE DI FEBBRAIO 1920154 Località ove venne esercitata la pesca…Golfo di Trieste Numero delle giornate di pesca durante il mese…20 Numero delle barche che esercitarono la pesca…65 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…315 Quantitativo del pescato I. Categoria chilogrammi…1208 II. Categoria chilogrammi…2376 III. Categoria chilogrammi…10.752 Crostacei chilogrammi…271 Valore medio del pescato per chilogrammo I. Categoria Lire…8 II. Categoria Lire…6,50 III. Categoria Lire…4 Crostacei Lire…9 Distribuzione del pescato. Venduto sul mercato chilogrammi…3813 Consumato per uso proprio chilogrammi…2120 Prodotto complessivo della pesca chilogrammi…14.607 Valore complessivo della pesca Lire…70.555 Osservazioni:…Spediti a Trieste kg 8674 Proft

SPECIFICA DEL QUANTITATIVO PESCATO DURANTE IL MESE DI MARZO 1920155 Località ove venne esercitata la pesca…Golfo di Trieste Numero delle giornate di pesca durante il mese…25 Numero delle barche che esercitarono la pesca…110 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…380 Quantitativo del pescato Sardelle chilogrammi…8160 I. Categoria chilogrammi…850 II. Categoria chilogrammi…1033 III. Categoria chilogrammi…2153

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Crostacei chilogrammi…40 Valore medio del pescato per chilogrammo I. Categoria Lire…7 II. Categoria Lire…6 III. Categoria Lire…4 Crostacei Lire…8,50 Distribuzione del pescato Venduto sul mercato chilogrammi…7491 Consumato per uso proprio chilogrammi…3700 Confezionato al sale chilogrammi…600 Prodotto complessivo della pesca chilogrammi…13.308 Valore complessivo della pesca Lire…53.740 Osservazioni:…Spediti a Trieste kg 1517 Sardelle 32 pezzi al chg a Lire 4. Proft SPECIFICA DEL QUANTITATIVO PESCATO DURANTE IL MESE DI APRILE 1920156 Località ove venne esercitata la pesca…Golfo di Trieste Numero delle giornate di pesca durante il mese…23 Numero delle barche che esercitarono la pesca…105 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…358 Quantitativo del pescato Sardelle chilogrammi…79.160 Scombri chilogrammi…160 I. Categoria chilogrammi…132 II. Categoria chilogrammi…70 III. Categoria chilogrammi…1470 Valore medio del pescato per chilogrammo I. Categoria Lire…9 II. Categoria Lire…5,60 III. Categoria Lire…4 Distribuzione del pescato Venduto sul mercato chilogrammi…4797 Consumato per uso proprio chilogrammi…4000 Confezionato all’olio chilogrammi…22.020 Confezionato al sale chilogrammi…16.733

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Prodotto complessivo della pesca chilogrammi…80.992 Valore complessivo della pesca Lire…244.590 Osservazioni:…Spediti a Trieste 33.442 chg. NB. Scombri venduto a L. 7. Sardelle 32 pezzi per 1 chg. Isola li 30 aprile 1920 - Regia Agenzia di Porto - Il Dirigente

La specifica del pescato isolano per il mese di aprile 1920 risultò molto più abbondante: 79 tonnellate di sole sardelle in un mese! Si trattava di un record rispetto a tutte le Specifiche trovate per Isola e qui riportate. Il record di tutto il pesce azzurro pescato in un solo mese invece, era stato segnalato prima della Grande Guerra nella scheda del giugno 1912, quando gli isolani pescarono quasi 101 tonnellate, includendo 75.000 kg di sardelle, 29.900 kg di sardoni e 5000 kg di scombri156. SPECIFICA DEL QUANTITATIVO PESCATO DURANTE IL MESE DI LUGLIO 1920157

Località ove venne esercitata la pesca…Golfo di Trieste Numero delle giornate di pesca durante il mese…24 Numero delle barche che esercitarono la pesca…100 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…342 Quantitativo del pescato Sardelle chilogrammi…50.989 Sardoni chilogrammi…2000 Scombri chilogrammi…530 I. Categoria chilogrammi…115 II. Categoria chilogrammi…360 III. Categoria chilogrammi…950 Valore medio del pescato per chilogrammo I. Categoria Lire…9 II. Categoria Lire…5,60 III. Categoria Lire…2,80 Distribuzione del pescato Venduto sul mercato chilogrammi…1270 Consumato per uso proprio chilogrammi…1300

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Confezionato all’olio chilogrammi…44.928 Confezionato al sale chilogrammi…5016 Prodotto complessivo della pesca chilogrammi…54.944 Valore complessivo della pesca Lire…134.113 Osservazioni:…kg 2430 spediti a Trieste

Isola li 31 luglio 1920

SPECIFICA DEL QUANTITATIVO PESCATO DURANTE IL MESE DI AGOSTO 1920158 Località ove venne esercitata la pesca…Golfo di Trieste Numero delle giornate di pesca durante il mese…23 Numero delle barche che esercitarono la pesca…98 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…346 Quantitativo del pescato Sardelle chilogrammi…29.200 Sardoni chilogrammi…220 Scombri chilogrammi…75 I. Categoria chilogrammi…140 II. Categoria chilogrammi…560 III. Categoria chilogrammi…1230 Valore medio del pescato per chilogrammo I. Categoria Lire…8 II. Categoria Lire…6 III. Categoria Lire…3 Distribuzione del pescato Venduto sul mercato chilogrammi…9600 Consumato per uso proprio chilogrammi…3300 Confezionato all’olio chilogrammi…3868 Confezionato al sale chilogrammi…11.230 Prodotto complessivo della pesca chilogrammi…31.425 Valore complessivo della pesca Lire…127.488 Osservazioni: Spedito a Trieste 3427 kg. Isola, li 31 Agosto 1920

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SPECIFICA DEL QUANTITATIVO PESCATO DURANTE IL MESE DI SETTEMBRE 1920159 Località ove venne esercitata la pesca…Golfo di Trieste Numero delle giornate di pesca durante il mese…24 Numero delle barche che esercitarono la pesca…98 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…366 Quantitativo del pescato Sardelle chilogrammi…43.128 Sardoni chilogrammi…200 Scombri chilogrammi…80 I. Categoria chilogrammi…220 II. Categoria chilogrammi…308 III. Categoria chilogrammi…780 Valore medio del pescato per chilogrammo I. Categoria Lire…8 II. Categoria Lire…6 III. Categoria Lire…4 Distribuzione del pescato Venduto sul mercato chilogrammi…3200 Consumato per uso proprio chilogrammi…2400 Confezionato all’olio chilogrammi…31.700 Confezionato al sale chilogrammi…1500 Prodotto complessivo della pesca chilogrammi…44.716 Valore complessivo della pesca Lire…138.356 Osservazioni:…Spedito a Trieste kg 5916

Isola, li 30/9 1920

Per fare un confronto con il pescato di Isola, che nel mese di settembre 1920 era di 44.716 chilogrammi, riportiamo i totali del pescato di alcune località della costa orientale registrati per lo stesso mese160. LUSSINPICCOLO kg 4930. SALVORE negativo. CERVIGNANO negativo. LESINA (città dell’omonima isola in Dalmazia) kg 2676. VALDITORRE kg 350. CITTANOVA kg 8650. ORSERA kg 8000. CAPOCESTO kg 805. MOSCHIENIZZE kg 944. TRAGHETTO kg 800. SILO kg 115. SAN MARTINO DI CHERSO kg 400. CAISOLE kg 1350. BRIONI negativo (non possedeva né barche né pescatori). FASANA kg 3400. GRADO kg 72.430 (27.714 chilogrammi in più di Isola, ma questa località praticava anche la pesca lagunare). MEDOLINO kg 1800.

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Ulteriori località da mettere a confronto per la pesca di settembre 1920, sono conservate in un protocollo separato161. LUSSINGRANDE Kg 9762. VEGLIA kg 2470. SAN PIETRO DEI NEMBI kg 150. BESCANUOVA kg 1050. UNIE kg 1185. NERESINE negativo. MALINSCA kg 2100. CHERSO kg 9700. OSSERO kg 660. Per finire ancora alcune località della Dalmazia trovate in un altro fascicolo per il mese di settembre 1920162. ZARAVECCHIA kg 4710. SELVE kg 500. ISTO kg 410. NOVAGLIA kg 1420. VODIZZE negativo. SEPURINE kg 12.400. SALE kg 17.650. MELADA kg 1715. ROGOSNIZZA kg 900. NOVEGRADI kg 3725. PAGO kg 3850. SEBENICO kg 7420. MELEDA kg 490. SAN GIORGIO DI LESINA kg 600. CITTAVECCHIA DI LESINA kg 6850. VALLEGRANDE DI CURZOLA kg 7469. VERBOSCA DI LESINA kg 2710. LAGOSTA kg 2240. ZARA kg 3400. Pertanto, almeno per il mese di settembre 1920, Isola figurava al secondo posto dopo Grado, Se poi teniamo conto che Grado aveva a sua disposizione la Laguna per altri tipi di pesca, si può constatare che per la pesca marittima Isola si trovava al primo posto assoluto. Per quanto riguarda il pescato totale nell’anno 1920, per i Circondari marittimi nord orientali italiani, i dati a disposizione sono i seguenti163: Circondario marittimo di TRIESTE (che comprendeva Isola) chilogrammi 528.000. Circondario marittimo di ROVIGNO chilogrammi 176.500. Circondario marittimo di POLA chilogrammi 53.500. Circondario marittimo di LUSSINPICCOLO chilogrammi 178.000.

SPECIFICA DEL QUANTITATIVO PESCATO DURANTE IL MESE DI NOVEMBRE 1920164 Località ove venne esercitata la pesca…Golfo di Trieste Numero delle giornate di pesca durante il mese…18 Numero delle barche che esercitarono la pesca…60 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…250 Quantitativo del pescato I. Categoria chilogrammi…1300 II. Categoria chilogrammi…1800 III. Categoria chilogrammi…14.200

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Valore medio del pescato per chilogrammo I. Categoria Lire…12 II. Categoria Lire…8 III. Categoria Lire…6 Distribuzione del pescato Venduto sul mercato chilogrammi…6300 Consumato per uso proprio chilogrammi…3400 Prodotto complessivo della pesca chilogrammi…17.300 Valore complessivo della pesca Lire…115.200 Osservazioni:…Spedito chg 7.600 Isola, li 30 novembre 1920

SPECIFICA DEL QUANTITATIVO PESCATO DURANTE IL MESE DI DICEMBRE 1920165

Località ove venne esercitata la pesca…Golfo di Trieste Numero delle giornate di pesca durante il mese…20 Numero delle barche che esercitarono la pesca…64 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…260 Quantitativo del pescato I. Categoria chilogrammi…3000 II. Categoria chilogrammi…6200 III. Categoria chilogrammi…30.000 Crostacei chilogrammi…250 Valore medio del pescato per chilogrammo I. Categoria Lire…14 II. Categoria Lire…8 III. Categoria Lire…6 Crostacei Lire…14 Distribuzione del pescato Venduto sul mercato chilogrammi…8400 Consumato per uso proprio chilogrammi…3200 Prodotto complessivo della pesca chilogrammi…39.400 Valore complessivo della pesca Lire…274.400 Osservazioni:…Spedito chg 27.800. Isola, li 31 dicembre 1920

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SPECIFICA DEL QUANTITATIVO PESCATO DURANTE IL MESE DI GENNAIO 1921166 Località ove venne esercitata la pesca…Isola Numero delle giornate di pesca durante il mese…25 Numero delle barche che esercitarono la pesca…60 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…250 Quantitativo del pescato I. Categoria chilogrammi…1200 II. Categoria chilogrammi…2650 III. Categoria chilogrammi…20.000 Crostacei chilogrammi…30 Prezzo medio del pescato per chilogrammo I. Categoria Lire…14 II. Categoria Lire…8 III. Categoria Lire…6 Crostacei Lire…6 Distribuzione del pescato Venduto sul mercato chilogrammi…8000 Consumato per uso proprio chilogrammi…3300 Prodotto complessivo della pesca chilogrammi…23.880 Valore complessivo della pesca Lire…158.180 Osservazioni: Spedito a Trieste kg 12.580 Isola, li 31 Gennaio 1921 Nello stesso fascicolo, in una scheda compilata a Pirano per il mese di gennaio 1921, viene registrato che i pescatori di quella città presero un totale di 44.182 kg di pesce inclusi i 42.000 kg di crostacei, probabilmente tutti mussoli (muscoli, Arche di Noè), visto che nelle Osservazioni si segnalava che di questi ultimi ne erano stati esportati 38.000 kg. SPECIFICA DEL QUANTITATIVO PESCATO DURANTE IL MESE DI FEBBRAIO 1921167 Località ove venne esercitata la pesca…Isola Numero delle giornate di pesca durante il mese…20 Numero delle barche che esercitarono la pesca…60 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…300 Quantitativo del pescato I. Categoria chilogrammi…1000 II. Categoria chilogrammi…2100

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Il panorama di Isola con le tipiche barche locali, in una cartolina edita da Ines Stein Cadel di Trieste prima del 1945. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

III. Categoria chilogrammi…15.000 Crostacei chilogrammi…1000 Prezzo medio del pescato per chilogrammo I. Categoria Lire…16 II. Categoria Lire…10 III. Categoria Lire…8 Crostacei Lire…8 Distribuzione del pescato Venduto sul mercato chilogrammi…7000 Consumato per uso proprio chilogrammi…3000 Prodotto complessivo della pesca chilogrammi…19.100 Valore complessivo della pesca Lire…165.000 Osservazioni:…Spedito a Trieste kg 9.100 Isola, li 28 febbraio 1921 - R. Wintuz. Anche questa volta è allegata una scheda compilata a Pirano dove, per il mese di febbraio 1921, su 86.624 chilogrammi di pescato dichiarati, vi erano inclusi ben 60.728 kg di crostacei, di cui 54.000 kg di mussoli furono esportati. Stando alle dichiarazioni, Pirano in quel mese superava Isola anche con il solo pesce, senza contare i crostacei.

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SPECIFICA DEL QUANTITATIVO PESCATO DURANTE IL MESE DI MARZO 1921168 Località ove venne esercitata la pesca…Isola Numero delle giornate di pesca durante il mese…26 Numero delle barche che esercitarono la pesca…105 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…400 Quantitativo del pescato Sardelle chilogrammi…2000 I. Categoria chilogrammi…400 II. Categoria chilogrammi…1650 III. Categoria chilogrammi…11.000 Crostacei chilogrammi…200 Prezzo medio del pescato per chilogrammo I. Categoria Lire…16 II. Categoria Lire…10 III. Categoria Lire…8 Crostacei Lire…6 Distribuzione del pescato Venduto sul mercato chilogrammi…6580 Consumato per uso proprio chilogrammi…4500 Prodotto complessivo della pesca chilogrammi 15.250. [Il venduto + il consumato non corrispondono al prodotto complessivo, forse per dimenticanza di compilare nelle Osservazioni il pesce esportato]. Valore complessivo della pesca Lire…112.100 Isola li 31 – III – 1921 SPECIFICA DEL QUANTITATIVO PESCATO DURANTE IL MESE DI APRILE 1921169 Località ove venne esercitata la pesca…Isola Numero delle giornate di pesca durante il mese…20 Numero delle barche che esercitarono la pesca…105 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…400 Quantitativo del pescato Sardelle chilogrammi…45.150 (O) Scombri chilogrammi…100 (X) I. Categoria chilogrammi…120 II. Categoria chilogrammi…50 III. Categoria chilogrammi…1100 Prezzo medio del pescato per chilogrammo

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I. Categoria Lire…14 II. Categoria Lire…8 III. Categoria Lire…6 Distribuzione del pescato Venduto sul mercato chilogrammi…5050 Consumato per uso proprio chilogrammi…4040 Prodotto complessivo della pesca chilogrammi…46.520 Valore complessivo della pesca Lire…199.210 Osservazioni:…(x) scombri à L. 9 (o) sardelle à L. 4,20 spedito kg. 37.430.

Isola li 30 aprile 1921

SPECIFICA DEL QUANTITATIVO PESCATO DURANTE IL MESE DI MAGGIO 1921170 Località ove venne esercitata la pesca…Isola Numero delle giornate di pesca durante il mese…28 Numero delle barche che esercitarono la pesca…106 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…410 Quantitativo del pescato Sardelle chilogrammi…72.000 Sardoni chilogrammi…5000 Scombri chilogrammi…400 II. Categoria chilogrammi…110 III. Categoria chilogrammi…1600 Prezzo medio del pescato per chilogrammo II. Categoria Lire…7 III. Categoria Lire…5 Distribuzione del pescato Venduto sul mercato chilogrammi…6000 Consumato per uso proprio chilogrammi…5000 Confezionato al sale chilogrammi…20.000 Prodotto complessivo della pesca chilogrammi…79.110 Valore complessivo della pesca Lire…259.770 Osservazioni…scombri à L. 5, sardelle à L. 3, sardoni à L. 3, spedito 48.110 kg Isola 31 Maggio 1921 Da segnalare che nel mese di maggio furono pescate ben 72 tonnellate di sardelle.

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SPECIFICA DEL QUANTITATIVO PESCATO DURANTE IL MESE DI APRILE 1922171 Località ove venne esercitata la pesca…[non è segnata e non lo sarà nelle prossime schede]. Numero delle giornate di pesca durante il mese…18 Numero delle barche che esercitarono la pesca…115 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…460 Quantitativo del pescato Sardelle chilogrammi…200 I. Categoria chilogrammi…150 II. Categoria chilogrammi…250 III. Categoria chilogrammi…1300 Crostacei chilogrammi…20 Prezzo medio del pescato per chilogrammo I. Categoria Lire…15,00 II. Categoria Lire…9,50 III. Categoria Lire…4,00 Crostacei Lire…9,00 Distribuzione del pescato Venduto sul mercato chilogrammi…1620 Consumato per uso proprio chilogrammi…100 Prodotto complessivo della pesca chilogrammi…1920 Valore complessivo della pesca Lire…11.005 Osservazioni:…Sardelle 32 pezzi = un chg a L. 5 al chg. Isola li 30 Aprile 1922 - Dalla R. Agenzia di Porto - Gelich SPECIFICA DEL QUANTITATIVO PESCATO DURANTE IL MESE DI MAGGIO 1922172 Numero delle giornate di pesca durante il mese…26 Numero delle barche che esercitarono la pesca…119 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…476 Quantitativo del pescato Sardelle chilogrammi…3000 Sardoni chilogrammi…800 Scombri chilogrammi…200 I. Categoria chilogrammi…70 II. Categoria chilogrammi…130

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III. Categoria chilogrammi…2000 Crostacei chilogrammi…25 Prezzo medio del pescato per chilogrammo I. Categoria Lire…8,50 II. Categoria Lire…5,60 III. Categoria Lire…2,50 Crostacei Lire…10,00 Distribuzione del pescato Venduto sul mercato chilogrammi…5475 Consumato per uso proprio chilogrammi…750 Prodotto complessivo della pesca chilogrammi…6225 Valore complessivo della pesca Lire…20.173 Osservazioni:…32 pezzi sardelle = un chg. / 70 pezzi sardoni = un chg. / 8 pezzi scombri = un chg. SPECIFICA DEL QUANTITATIVO PESCATO DURANTE IL MESE DI GIUGNO 1922173 Numero delle giornate di pesca durante il mese…24 Numero delle barche che esercitarono la pesca…112 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…448 Quantitativo del pescato Sardelle chilogrammi…950 Sardoni chilogrammi…10.000 Scombri chilogrammi…50 I. Categoria chilogrammi…60 II. Categoria chilogrammi…550 III. Categoria chilogrammi…350 Prezzo medio del pescato per chilogrammo I. Categoria Lire…10 II. Categoria Lire…8 III. Categoria Lire…2,20 Distribuzione del pescato Venduto sul mercato chilogrammi…10.410 Consumato per uso proprio chilogrammi…850 Confezionato al sale chilogrammi…300 Prodotto complessivo della pesca chilogrammi…11.960 Valore complessivo della pesca Lire…38.045 Osservazioni:…Sardelle pezzi 31 = un chg. a L. 2,50. / Sardoni pezzi 70 = un chg. a L. 3. / Scombri pezzi 12 = un chg a L. 8.

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SPECIFICA DEL QUANTITATIVO PESCATO DURANTE IL MESE DI LUGLIO 1922174 Numero delle giornate di pesca durante il mese…23 Numero delle barche che esercitarono la pesca…117 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…468 Quantitativo del pescato Sardelle chilogrammi…1000 Sardoni chilogrammi…15.000 Scombri chilogrammi…200 I. Categoria chilogrammi…30 II. Categoria chilogrammi…75 III. Categoria chilogrammi…200 Crostacei chilogrammi…10 Prezzo medio del pescato per chilogrammo I. Categoria Lire…10 II. Categoria Lire…7,50 III. Categoria Lire… 3,20 Crostacei Lire…8 Distribuzione del pescato Venduto sul mercato chilogrammi…13.515 Consumato per uso proprio chilogrammi…1000 Confezionato al sale chilogrammi…2000 Prodotto complessivo della pesca chilogrammi…16.515 Valore complessivo della pesca Lire…39.702 Osservazioni:…Sardelle pezzi 32 = un chg. a L. 3 al chg./ Sardoni pezzi 70 = un chg. a L. 2,20 al chg. / Scombri pezzi 10 = un chg a L. 9 al chg. SPECIFICA DEL QUANTITATIVO PESCATO DURANTE IL MESE DI AGOSTO 1922175 Numero delle giornate di pesca durante il mese…25 Numero delle barche che esercitarono la pesca…120 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…480 Quantitativo del pescato Sardelle chilogrammi…1300 Sardoni chilogrammi…4500 Scombri chilogrammi…150 Lanzardi chilogrammi…20 I. Categoria chilogrammi…40 II. Categoria chilogrammi…80

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III. Categoria chilogrammi…150 Crostacei chilogrammi…30 Prezzo medio del pescato per chilogrammo I. Categoria Lire…10,00 II. Categoria Lire…7,60 III. Categoria Lire…3,00 Crostacei Lire…10,00 Distribuzione del pescato Venduto sul mercato chilogrammi…7220 Consumato per uso proprio chilogrammi…750 Confezionato al sale chilogrammi…1200 Prodotto complessivo della pesca chilogrammi…7970 Valore complessivo della pesca Lire…5503 Osservazioni:…Sardelle pezzi 36 = 1 chg. a L. 3,50 al chg. / Sardoni pezzi 80 = 1 chg. a L. 3.20 al chg. / Scombri pezzi 12 = 1 chg a L. 11 al chg. / Lanzardi pezzi 8 = 1 chg. a L. 8 al chg. SPECIFICA DEL QUANTITATIVO PESCATO DURANTE IL MESE DI SETTEMBRE 1922176 Località ove venne esercitata la pesca…Sottocircondario marittimo d’Isola Numero delle giornate di pesca durante il mese…22 Numero delle barche che esercitarono la pesca…114 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…456 Quantitativo del pescato Sardelle chilogrammi…1500 Sardoni chilogrammi…1700 Scombri chilogrammi…300 Lanzardi chilogrammi…10 I. Categoria chilogrammi…75 II. Categoria chilogrammi…95 III. Categoria chilogrammi…235 Prezzo medio del pescato per chilogrammo I. Categoria Lire…12.II. Categoria Lire…6,60 III. Categoria Lire…5,20 Distribuzione del pescato Venduto sul mercato chilogrammi…9355 Consumato per uso proprio chilogrammi…250 Confezionato al sale chilogrammi…300 Prodotto complessivo della pesca chilogrammi…3905

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Valore complessivo della pesca Lire…18.234 Osservazioni:…Sardelle pezzi 60 = chg. uno a Lire 4,20 il chg. / Sardoni pezzi 80 = chg. uno a Lire 4,30 il chg. / Scombri pezzi 12 = chg. uno a Lire 9 il chg. / Lanzardi pezzi 8 = chg. uno a Lire 7,50 il chg.

Barche e trabacoli ormeggiati alla diga isolana costruita dall’Italia attorno al 1930, in una cartolina edita da Gino Opassi della “Regia Privativa-Cartoleria, Isola d’Istria”. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

SPECIFICA DEL QUANTITATIVO PESCATO DURANTE IL MESE DI OTTOBRE 1922177 Località ove venne esercitata la pesca…Nelle acque di questo sottocircondario Marittimo Numero delle giornate di pesca durante il mese…18 Numero delle barche che esercitarono la pesca…96 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…384 Quantitativo del pescato Sardelle chilogrammi…800 Sardoni chilogrammi…70 Scombri chilogrammi…200 I. Categoria chilogrammi…90 II. Categoria chilogrammi…950

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III. Categoria chilogrammi…750 Prezzo medio del pescato per chilogrammo I. Categoria Lire…10.II. Categoria Lire…5,60 III. Categoria Lire…4,20 Distribuzione del pescato Venduto sul mercato chilogrammi…2360 Consumato per uso proprio chilogrammi…300 Confezionato al sale chilogrammi…200 Prodotto complessivo della pesca chilogrammi…2860 Valore complessivo della pesca Lire…12.156 Osservazioni:…Sardelle pezzi 60 = un chg. a Lire 4,20 al chg. / Sardoni pezzi 90 = un chg. a Lire 6 al chg. / Scombri pezzi 9 = un chg. a Lire 10 al chg. SPECIFICA DEL QUANTITATIVO PESCATO DURANTE IL MESE DI NOVEMBRE 1922178 Località ove venne esercitata la pesca…[non è segnata e così pure nelle prossime schede]. Numero delle giornate di pesca durante il mese…21 Numero delle barche che esercitarono la pesca…102 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…408 Quantitativo del pescato Sardoni chilogrammi…80 I. Categoria chilogrammi…16.000 II. Categoria chilogrammi…250 III. Categoria chilogrammi…1700 Prezzo medio del pescato per chilogrammo I. Categoria Lire…6,80 II. Categoria Lire…6,00 III. Categoria Lire…3,20 Distribuzione del pescato Venduto sul mercato chilogrammi…15.530 Consumato per uso proprio chilogrammi…2500 Prodotto complessivo della pesca chilogrammi…18.030 Valore complessivo della pesca Lire…116.540 Osservazioni:…Scombri pezzi 10 = un chg. a Lire 10 il chg. Evidentemente l’Agente ha commesso un’errore nel segnare 80 kg nella casella dei sardoni invece di segnarli in quella degli scombri, come risulta dalla nota nelle Osservazioni. Va notato anche il loro prezzo, che risulta superiore al pesce

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di prima categoria, a meno che in quel mese la gente preferisse gli sgombri alla prima qualità, della quale furono pescate ben 16 tonnellate. SPECIFICA DEL QUANTITATIVO PESCATO DURANTE IL MESE DI DICEMBRE 1922179 Numero delle giornate di pesca durante il mese…25 Numero delle barche che esercitarono la pesca…122 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…488 Quantitativo del pescato I. Categoria chilogrammi…5500 II. Categoria chilogrammi…12.750 III. Categoria chilogrammi…950 Crostacei chilogrammi…30 Prezzo medio del pescato per chilogrammo I. Categoria Lire…9.II. Categoria Lire…6,20 III. Categoria Lire…3,30 Crostacei Lire…10,50 Distribuzione del pescato Venduto sul mercato chilogrammi…16.950 Consumato per uso proprio chilogrammi…2300 Prodotto complessivo della pesca chilogrammi…19.250 Valore complessivo della pesca Lire…132.066 SPECIFICA DEL QUANTITATIVO PESCATO DURANTE IL MESE DI GENNAIO 1923180 Numero delle giornate di pesca durante il mese…26 Numero delle barche che esercitarono la pesca…118 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…472 Quantitativo del pescato I. Categoria chilogrammi…250 II. Categoria chilogrammi…780 III. Categoria chilogrammi…2500 Crostacei chilogrammi…75 Prezzo medio del pescato per chilogrammo I. Categoria Lire…7,50 II. Categoria Lire…5,60 III. Categoria Lire…1,20

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Crostacei Lire…7,80 Distribuzione del pescato Venduto sul mercato chilogrammi…3205 Consumato per uso proprio chilogrammi…400 Prodotto complessivo della pesca chilogrammi…3605 Valore complessivo della pesca Lire…9828 SPECIFICA DEL QUANTITATIVO PESCATO DURANTE IL MESE DI FEBBRAIO 1923181 Numero delle giornate di pesca durante il mese…22 Numero delle barche che esercitarono la pesca…118 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…472 Quantitativo del pescato I. Categoria chilogrammi…2500 II. Categoria chilogrammi…350 III. Categoria chilogrammi…13.000 Crostacei chilogrammi…150 Prezzo medio del pescato per chilogrammo I. Categoria Lire…7,60 II. Categoria Lire…7,20 III. Categoria Lire…1,30 Crostacei Lire…8,50 Distribuzione del pescato Venduto sul mercato chilogrammi…15.350 Consumato per uso proprio chilogrammi…1250 Prodotto complessivo della pesca chilogrammi…16.600 Valore complessivo della pesca Lire…41.495 Osservazioni: Pescato a Tartana [cocchia] chg. 600 a L. 3 il chg. SPECIFICA DEL QUANTITATIVO PESCATO DURANTE IL MESE DI MARZO 1923182 Numero delle giornate di pesca durante il mese…26 Numero delle barche che esercitarono la pesca…121 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…484 Quantitativo del pescato Sardelle chilogrammi…3200 I. Categoria chilogrammi…500 II. Categoria chilogrammi…330 III. Categoria chilogrammi…9500

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Crostacei chilogrammi…110 Prezzo medio del pescato per chilogrammo I. Categoria Lire…16 II. Categoria Lire…8,70 III. Categoria Lire…1,50 Crostacei Lire…9 Distribuzione del pescato Venduto sul mercato chilogrammi…12.065 Consumato per uso proprio chilogrammi…1575 Prodotto complessivo della pesca chilogrammi…13.640 Valore complessivo della pesca Lire…41.101 Osservazioni:…Sardelle 32 pezzi = un chg. a L. 5 il chg. SPECIFICA DEL QUANTITATIVO PESCATO DURANTE IL MESE DI APRILE 1923183 Numero delle giornate di pesca durante il mese…17 Numero delle barche che esercitarono la pesca…116 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…464 Quantitativo del pescato Sardelle chilogrammi…7200 I. Categoria chilogrammi…175 II. Categoria chilogrammi…320 III. Categoria chilogrammi…1500 Crostacei chilogrammi…30 Prezzo medio del pescato per chilogrammo I. Categoria Lire…9,20 II. Categoria Lire…8,50 III. Categoria Lire…2,62 Crostacei Lire…9,50 Distribuzione del pescato Venduto sul mercato chilogrammi…3925 Consumato per uso proprio chilogrammi…1250 Confezionato all’olio chilogrammi…3000 Confezionato al sale chilogrammi…2000 Prodotto complessivo della pesca chilogrammi…10.157 Valore complessivo della pesca Lire…33.565 Osservazioni:…Sardelle 32 pezzi = chg. uno a L. 3 al chg. / Pescato a tartana [cocchia] chg. 950 a L. 3,60.

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Cartolina edita da Adriano Cadel di Trieste tra il 1928 e 1945, essendo stata già demolita la chiesa di S. Andrea. La foto è stata fatta d’estate viste le tende da sole sulle barche. In primo piano si notano delle cassette di pesce vuote e stivate sulla riva, il vespasiano (WC), e il carretto di un venditore ambulante isolano, forse un gelataio locale. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

SPECIFICA DEL QUANTITATIVO PESCATO DURANTE IL MESE DI MAGGIO 1923184 Numero delle giornate di pesca durante il mese…20 Numero delle barche che esercitarono la pesca…115 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…460 Quantitativo del pescato Sardelle chilogrammi…50.000 Sardoni chilogrammi…250 Scombri chilogrammi…1350 I. Categoria chilogrammi…140 II. Categoria chilogrammi…850 III. Categoria chilogrammi…560 Crostacei chilogrammi…450 Prezzo medio del pescato per chilogrammo I. Categoria Lire…8,50 II. Categoria Lire…4,75 III. Categoria Lire…3,10

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Crostacei Lire…7,20 Distribuzione del pescato Venduto sul mercato chilogrammi…2595 Consumato per uso proprio chilogrammi…1350 Confezionato all’olio chilogrammi…45.000 Confezionato al sale chilogrammi…2500 Confezionato in altro modo chilogrammi…2500 Prodotto complessivo della pesca chilogrammi…53.945 Valore complessivo della pesca Lire…128.366,50 Osservazioni:..Sardelle 32 pezzi = un chg. a Lire 2.30 il chg. / Sardoni 60 pezzi = un chg. a Lire 2,30. / Scombri 9 pezzi = un chg. a Lire 2.30. / A tartana [cocchia] chg. 850 a Lire 4,75 il chg. SPECIFICA DEL QUANTITATIVO PESCATO DURANTE IL MESE DI GIUGNO 1923185 Numero delle giornate di pesca durante il mese…22 Numero delle barche che esercitarono la pesca…119 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…476 Quantitativo del pescato Sardelle chilogrammi…4559 Sardoni chilogrammi…30 Scombri chilogrammi…300 I. Categoria chilogrammi…235 II. Categoria chilogrammi…320 III. Categoria chilogrammi…850 Crostacei chilogrammi…30 Prezzo medio del pescato per chilogrammo I. Categoria Lire…9,50 II. Categoria Lire…7,20 III. Categoria Lire…3.Crostacei Lire…7,80 Distribuzione del pescato Venduto sul mercato chilogrammi…5159 Consumato per uso proprio chilogrammi…750 Confezionato all’olio chilogrammi…4409 Prodotto complessivo della pesca chilogrammi…7174 Valore complessivo della pesca Lire 18.988 Osservazioni: Sardelle 32 pezzi = chg. uno a Lire 2.50 il chg. / Sardoni 60 pezzi = chg. uno a Lire 3 il chg. / Scombri 10 pezzi = chg. uno a Lire 6 il chg. / Pescato a tartana [cocchia] chg. 850 a Lire 1,20 il chg.

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SPECIFICA DEL QUANTITATIVO PESCATO DURANTE IL MESE DI LUGLIO 1923186 Numero delle giornate di pesca durante il mese…25 Numero delle barche che esercitarono la pesca…119 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…476 Quantitativo del pescato Sardelle chilogrammi…4406 Sardoni chilogrammi…3500 Scombri chilogrammi…1750 Lanzardi chilogrammi…50 I. Categoria chilogrammi…150 II. Categoria chilogrammi…350 III. Categoria chilogrammi…420 Prezzo medio del pescato per chilogrammo I. Categoria Lire…8,50 II. Categoria Lire…6,50 III. Categoria Lire…5,20 Distribuzione del pescato Venduto sul mercato chilogrammi…9626 Consumato per uso proprio chilogrammi…1250 Confezionato all’olio chilogrammi…4406 Confezionato al sale chilogrammi…1500 Prodotto complessivo della pesca chilogrammi…10.876 Valore complessivo della pesca Lire…37.016,50 Osservazioni…Sardelle 32 pezzi = un chg a Lire 2 al chg. / Sardoni 60 pezzi = un chg. a Lire 5 al chg. / Scombri pezzi 10 pezzi = un chg. a Lire 6,30 al chg. / Lanzardi 6 pezzi = un chg. a Lire 6 il chg. / Pescato a tartana [cocchia] chg. 250 a Lire 3 il chg. SPECIFICA DEL QUANTITATIVO PESCATO DURANTE IL MESE DI AGOSTO 1923187 Numero delle giornate di pesca durante il mese…26 Numero delle barche che esercitarono la pesca…120 Numero dei pescatori che esercitarono la pesca…480 Quantitativo del pescato Sardelle chilogrammi…870 Sardoni chilogrammi…1850 Scombri chilogrammi…800 I. Categoria chilogrammi…170 II. Categoria chilogrammi…300

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III. Categoria chilogrammi…950 Prezzo medio del pescato per chilogrammo I. Categoria Lire…7,50 II. Categoria Lire…5,60 III. Categoria Lire…1,80 Distribuzione del pescato Venduto sul mercato chilogrammi…2790 Consumato per uso proprio chilogrammi…3000 Confezionato all’olio chilogrammi…570 Confezionato al sale chilogrammi…1200 Prodotto complessivo della pesca chilogrammi…5790 Valore complessivo della pesca Lire…19.295 Osservazioni:…Sardelle pezzi 40 = un chg. a Lire 2 il chg. / Sardoni pezzi 70 = un chg. a Lire 3 il chg. / Scombri pezzi 10 = un chg. a Lire 6 il chg. / Pescato a tartana [cocchia] chg. 850 a Lire 3 il chg. Il modulo fu compilato e spedito dall’Agente portuale Gelich il 31 agosto 1923. Concludendo con le schede del pescato di Isola, è possibile constatare che, nonostante la prevista chiusura del Governo marittimo in Trieste, decretata l’8 febbraio 1923, in questa struttura hanno continuato a confluire al Governo almeno fino ad agosto di quell’anno. Dei tre ultimi anni presi in esame, è possibile rilevare che non sempre il singolo mese era proficuo, anche se al giorno d’oggi il pescato di allora sembra relativamente abbondante, almeno per le condizioni isolane. Nei confronti con le altre località pescherecce Isola si trovava ai primi posti, se non addirittura al primo assoluto, sia per numero di imbarcazioni che di pescatori. Già a quei tempi, almeno a livello comunale, le acque a disposizione dei pescatori isolani non erano sicuramente sufficienti, tanto è vero che si inoltravano spesso abusivamente in quelle degli altri, e, pure, che il pescato era certamente superiore a quanto dichiarato, visto che anche in quei tempi era in vigore il sistema fiscale, per cui chi poteva cercava di sottrarsi all’obbligo delle tasse. È necessario aggiungere, inoltre, che una parte consistente del pescato non compariva nelle schede.

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XX.

APPENDICI

1. Testimonianze sulla pesca e sulle fabbriche

Andrea Davanzo: Trieste - 1927 (Riportiamo alcuni brani di uno studio sulla pesca del pesce azzurro con la fonte luminosa nell’Alto Adriatico, di Andrea Davanzo, forse isolano visto il cognome, indirizzato a S. E. Tomaso Bisi, Sottosegretario di Stato al Ministero dell’Economia Nazionale in Roma. La testimonianza è datata Trieste nel novembre 1927188. L’INVENZIONE DEI FRATELLI TROIAN DI ISOLA “Tra Isola e Pirano dove la costa forma un arco di cerchio un po’ ampio, si specchia nell’azzurro dell’Adriatico un celebre santuario dedicato alla Vergine che ogni anno richiama a sé al 15 di agosto gran numero di fedeli che vi arrivano da ogni parte della Provincia. I pescatori di Isola tutti, vi si recano in corteo colle loro barche pavesate a festa e vi rimangono tutto il giorno per solenizzare, con gioia campagnola sotto gli olivi secolari, la devota ricorrenza. Quest’anno il battello dei Fratelli Troian non potè parteciparvi e i proprietari con i loro compagni di lavoro dovettero rimanere a Isola diffidati a non recarsi al Santuario di Strugnano dagli altri pescatori della laboriosa cittadina per non far nascere incidenti e disordini. Minaccie ed intimidazioni non però così clamorose ne devono subire spesso i fratelli Troian, segnalati come devastatori del mare, come depauperatori degli altri pescatori, come pericolosi innovatori nella pesca dell’Alto Adriatico. Le ragioni di questo malvolere devono essere ben gravi quando si manifesta in forma così appariscente e poiché esse sono oggetto di vasti lagni e di divisioni di animi, meritano di essere esaminate con oculatezza essendo che racchiudono in sé il nucleo di sviluppi più importanti di quello che a primo entro può sembrare. La questione esige di venir messa in discussione perché sta per diventare argomento di nuovi programmi di lavoro peschereccio e può segnare nuove vie da battere non solo nell’Adriatico ma in tutti i mari d’Italia.”

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Sul molo di Isola, i pescatori e i loro parenti e amici si imbarcano per partecipare all’annuale pellegrinaggio al Santuario della Madonna della Visione di Strugnano, qualche anno prima del 1945. (Foto da “Isola Nostra”, N. 138 [139], Trieste, 1977)

La pesca con la fonte luminosa è antica, ma nei secoli andò svanendo lungo le coste italiane e greche. Rimase invece costante fra i pescatori dalmati e del Quarnero in modo da divenire la forma preponderante per la cattura dei clupeidi e degli sgombroidi, eccettuato il tonno adulto che è estremamente fotofobo*). *) Il tonno quando ha meno di un anno di età si lascia attrarre dalla luce (Sella). Per la produzione della luce furono impiegati i più svariati materiali. Oppiano narra che alla picea, ben grassa fiamma, corrono i pesci alla barchetta intorno. Fu tentato il carbone ma le simpatie e il tornaconto furono per secoli e secoli per il pino e per il ginepro. Secondo me la principale causa della nudità delle coste dalmate e in ispecial modo delle isole, si deve ricercare nell’enorme consumo di legno nella pesca estiva. Marchesetti ha calcolato nel 1882 a un metro cubo di legname per barca illuminatrice e per notte, assegnando alla sola isola di Lissa un consumo annuo di metri cubi 2250 con sole 30 barche illuminatrici. Fino dal 1853 la Società Danese di pesca fece esperimentare sulle coste dalmate una lampada a petrolio per sostituirla al legno nella produzione della luce e più tardi si tentò di adoperare lampade elettriche anche subacquee però senza risultato. Appena con la scoperta del carburo di calcio il problema si può dire risolto sia dal lato economico che dal lato della pescosità essendo che la luce acetilene penetra in profondità maggiore di tutte le altre luci in maniera che il suo rendimento è oltremodo conveniente sotto ogni rapporto. Per ragioni di comodità si adopera talvolta la luce incandescente del petrolio e dello spirito, ma per le grandi pesche si usa soltanto il carburo.

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Fino al 1900 questo genere di pesca non oltrepassava la Punta di Promontore causa la minor limpidezza del mare sulle coste istriane, dove le acque, per lo sbocco dei fiumi dell’Alto Adriatico, hanno poche volte una perfetta trasparenza. Ma con l’uso dell’acetilene questo inconveniente fu sorpassato e le tratte si diffusero oltre Pola e dopo il 1910 arrivarono fino a Parenzo. Più su non potevano pescare perché il Quieto e gli altri fiumi intorbidano il mare e il pesce non obbedisce più nelle acque che non sono limpide. Nel 1923 arrivarono a Trieste alcune lampare napolitane, le quali iniziarono così l’uso della fonte luminosa nelle acque triestine. Prima della loro venuta tutta la pesca del pesce turchino nel Golfo di Trieste, dal Quieto a Grado, veniva fatta con reti da incetto, per lo più manaidi. Queste sostituirono le sardellere, reti basse di sole 100 maglie, che venivano adoperate con l’esca fatta da masenette triturate. L’uso dell’esca di masenette (carcinus maenas) fu iniziato dai rovignesi attorno il 1750 quando, non sapendo come impiegare una grande quantità di granzi (maia sqinado) pescati in quegli anni, pensarono di triturarli e di gettarli in mare attorno alle poste da sardelle. Il successo fu immenso e da quell’epoca quasi tutta la pesca sardellare istriana si effettuò con le masenette che venivano dall’estuario veneto e da Grado. Anche qui la combinazione e la pratica prevenirono quanto la scienza scoperse con i suoi studi di biologia marina e con l’impiego del microscopio oltre un secolo più tardi, perché le sardelle si cibano di preferenza di animaletti planctonici che d’estate popolano i nostri mari e che appartengono alla famiglia dei copepodi, parenti lontani dei granchi e delle masenette, compresi pur essi fra i crostacei. Fu attorno al 1895 che le manaidi cominciarono a imporsi per il maggior rendimento. Alte fino a 700-800 maglie sbarrano la via agli sciami migranti e li catturano. Contro le manaidi ci fu un’insurrezione dei pescatori tutti, i quali chiesero al Governo la proibizione, come oggi contro le lampare, ma una decisione ministeriale dichiarò non potersi considerare la manaide rete nociva concedendone incondizionatamente l’uso. Nel 1898 le manaidi avevano sostituito quasi ovunque le sardellere e soppresso l’esca. Prima della guerra c’erano nella Venezia Giulia 88 tratte con fonte luminosa quasi tutte pescanti nel Quarnero. Ora le tratte sono 152 fino al Quieto e 19 lampare pescano nel golfo di Trieste, fra le quali 11 della Campania. In queste cifre non si tien conto della pesca fatta pure con fonte luminosa nel golfo di Fiume, davanti ad Abbazia, dove è esercitata da singoli pescatori con piccole barche e con reti leggere che catturano alici, sarde e sgombri in quantitativi ridotti. Così non si tiene conto, in questo studio, dell’uso che è andato in questi ultimi anni diffondendosi, di adoperare la sorgente luminosa per portare il pesce turchino raccolto sotto di essa a imbroccarsi nelle manaidi distese a poca distanza. Questa pesca anche se dà risultati talvolta soddisfacenti, non può calcolarsi fra la grande pesca con fonte luminosa di cui oggi trattiamo. Così non è il caso di parlare qui della pesca con fiocina fatta a mezzo della luce di petrolio o di acetilene. Pesca che è abusiva, dannosa, fatta da tutti fuorchè dai veri pescatori che la detestano e che in tutte le marine e lungo tutte le acque interne, dovrebbe essere irremissibilmente proibita perché uccide quattro e prende uno. Quasi tutti gli esemplari presi dai fiocinini di notte lungo la costa sono animali prossimi ad emettere le uova.

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Mentre la tratta è una rete da chiusa che si tira a terra e si raccoglie in barca, la lampara è una rete di aggiramento che funziona là dove il fanale ha raccolto il pesce sotto di sé. In tal modo la lampara è molto più pescosa della tratta, essendo più leggera, di più facile maneggio non avendo bisogno di condurre il pesce dal sito di raccolta al sito dove deve esser chiuso e che così non corre l’alea di esser perduto per via per l’incontro di correnti di acqua torbida, come succede lungo tutta la costa dal Quieto al Po. Può esser calata quattro ed anche cinque volte in una notte, mentre assai raramente una tratta vi pesca due volte dovendo attendere l’arrivo del fanale che va a raccoliere il pesce al largo fino a tre miglia. Poche pesche sono così interessanti e così colorite come la pesca con la fonte luminosa. Oppiano la descrive così: E quando nera intorno Si stende la notte, accortamente Sull’agile barchetta il pescatore Una gran face accende, e i muti pesci Dall’improvviso siolgorar di quella Lucida vampa abbarbagliati, e vinti Da supremo terror, obblian le fughe, E da sé stessi incappan nelle reti. Quasi egualmente ne parla Eliano nella Natura degli animali, ma il poeta latino e il poeta greco di 1700 anni or sono, non hanno avuto la fortuna di veder il mare sotto la luce intensa dell’acetilene, che ha bagliori di sogno, in cui a mille e mille i pesci, stretti in gruppo, sostano nel loro cammino attratti dal fascio luminoso. Sono quasi tutti sarde, alici o sgombri, a seconda della stagione e del sito in cui la pesca si compie. In mezzo vi naviga qualche calamaro, elegante nei suoi colori d’opale, intento a ghermire le sarde più piccole. Quando la massa è ritenuta sufficiente a compensar la fatica, la barca maggiore, che attende un po’ al largo, mette con rapida mossa in mare la rete formando un cerchio al cui centro resta la barca illuminatrice. La rete è costruita in modo da chiudere il pesce come in un sacco che gli uomini raccolgono a bordo, lasciando cadere in mare uno scintillio di perle e di diamanti che tremolando scompaiono. Sono le scaglie perdute nella lotta per non uscire dall’acqua alla quale i moribondi consegnano la loro iridescenza mentre il fanale, ignaro di tanta mesta bellezza, continua a richiamar nuovo pesce per soddisfar nuove brame. I fratelli Troian di Isola ampliarono, studiando l’attrezzo, il suo rendimento. Lo modificarono in modo che tutto il pesce raccolto sotto la luce deve restar catturato, ciò che la lampara solita non fa, perché nell’esser tirata a bordo taglia la massa radunata. Essi portarono così il reddito a più del doppio delle lampare napolitane. Anzi quest’anno ci furono dei giorni in cui essi pescarono più che tutte le altre lampare di Isola assieme. In questa loro iniziativa, che fu portata a compimento dal nocchiero di pesca Ribarich, costruttore della rete e uomo prezioso per la pesca dell’Alto Adriatico, furono appoggiati dal Ministero dell’Economia che diede il sussidio di Lire 10.000 per la costruzione dell’attrezzo. Denari ben spesi perché hanno spinto altri all’emulazione ed hanno aperto nuova strada alla pesca sardellare. Appunto per questa ragione, tutti coloro, fra i pescatori, che non sono in grado di provvedersi della rete che chiameremo Ribarich [Sic!!!], che costa 25.000 lire,

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o per lo meno di una lampara, che costa 8000, sono nemici dichiarati della fonte luminosa e si agitano e minacciano di far rappresaglie che per fortuna ancor non sono andate più oltre dell’episodio del giorno della Madonna di Strugnano. Si va dicendo che per il prossimo anno almeno 4 nuove reti uso Troian saranno messe in funzione, come è sicuro che anche il numero delle lampare andrà aumentando. […] L’accusa maggiore è quella che la lampara disturba il pesce, lo divide, lo sparpaglia, lo prende allo stato immaturo e perciò impoverisce il mare. Su questo argomento occorre un’inchiesta accurata e l’intervento del pratico disinteressato e del biologo. È un fatto che la consuetudine antica, codificata in Dalmazia nel 1808 dal governatore di Napoleone, Dandolo, non permetteva acun genere di pesca del pesce turchino nelle notti lunari. Per venti notti in un mese era permesso di pescare le sarde sia con fonte luminosa che con le voighe, reti da incetto meno grandi delle manaidi, e ciò soltanto negli scuri di luna principali dal maggio al settembre. Gli scuri antecedenti e posteriori venivano concessi dalle autorità a seconda dei quantitativi di pesce presumibili ed erano chiamati scuri venturini. In questo caso cominciavano in marzo per finire in ottobre. Negli altri mesi la pesca era assolutamente proibita.

Il corteo di pescherecci isolani si sta avviando in colonna al Santuario di Strugnano, per il tradizionale pellegrinaggio annuale. (Foto da “Isola Nostra”, N. 138 [139], Trieste, 1977)

Oltre a ciò il regolamento Dandolo assegnava alle autorità marittime tutta la disciplina degli attrezzi sardellari e prescriveva il turno delle poste, cioè dei siti dove si tirano le tratte e che lungo la costa rocciosa, in certe località, sono inferiori di numero alle tratte esistenti sul posto. Il regolamento Dandolo funziona ancor

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oggi in Dalmazia. In Istria fu allargato specialmente per quello che riguarda la sosta della pesca nelle notti di luna. La ragione di queste disposizioni che stabiliscono regole consuetudinarie dei pescatori e disciplinano tutto il loro lavoro, hanno origine appunto sull’esperienza fatta durante i secoli che un troppo sfruttamento del mare è dannoso alla generalità. I pratici dicono che nelle notti lunari le masse si ricompongono e ritornano sulla linea migratoria modificata dalla intensità della pesca fatta durante le notti senza luna. Ora queste regole non sono da noi troppo rispettate, malgrado che le autorità marittime in Istria e a Trieste le ricordino con apposito decreto ogni anno e facciano del loro meglio per farle valere. I pescatori dell’Istria dicono che se le restrizioni erano stabilite dall’esperienza secolare in Dalmazia, dove la larghezza e la profondità del mare sono molto maggiori di quelle del Golfo di Trieste e quando le tratte erano poche e disciplinate e pescanti una e in rari casi due volte in una notte, ora esse dovrebbero esser intensificate in un mare chiuso di basso fondale come l’Alto Adriatico e con una rete che va a trovare il pesce al largo e lo prende più volte in una notte impedendogli così di spostarsi verso terra o disturbandolo in modo da allontanarlo sempre più dalla costa. […] Assolutamente bisogna seguire le discipline antiche che non permettono la pesca col chiaro di luna e che non consentono di pescare colla luce dopo l’ottobre e prima dell’aprile, epoca in cui il pesce è immaturo. Poi bisogna allargare la maglia della rete in modo che soltanto il pesce adulto sia catturato. Fa d’uopo specialmente nell’Alto Adriatico dove i fondali sono bassi e le distanze fra le coste relativamente ristrette, tener la luce più lontano che è possibile dalle rive per non intralciare l’attività dei pescatori costieri e per non disturbare le linee migratorie delle altre qualità di pesce che si avvicinano alla sponda, come i tonni ed i muggini, e che sono oltremodo sensibili alla fonte luminosa, sfuggendola. […] è necessario occuparsi immediatamente dell’importante argomento per esser preparati nella prossima stagione di pesca del pesce turchino a dire una parola competente e confortante che fino ad ora non è stata detta né in Italia né altrove. Occorre dirla presto questa parola poiché la questione locale dei pescatori di Isola d’Istria assume un’importanza nazionale. […] Per quello che riguarda Isola d’Istria si può calcolare che le 25 barche che si dedicano alla pesca del pesce turchino con le manaidi con una media di 5 uomini per barca, abbiamo avuto quest’anno un reddito di 18.000 lire per barca, reddito che corrisponde a 1500 lire per parte per un lavoro di 7 mesi; ciò che è poco perché concede soltanto un importo di 200 lire al mese per pescatore. La rete dei fratelli Troian ha concesso 3000 lire a ognuno dei 12 uomini occorrenti al suo esercizio. Ha portato a terra 300 quintali di pesce, di cui 240 di sardelle, 50 di alici, 10 di sgombri e 2 di calamari. A Isola le lampare sono 16 con 8 uomini cadauna, impiegando così 228 uomini [128!]. Anche questi pescatori ebbero una media di poco superiore a quella delle manaidi, arrivando a lire 1600-1800 per parte. A Isola gli interessati nella pesca con la sorgente luminosa sono quasi eguali di numero a coloro che sono contro la luce. […]

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Antonio Vascotto (ANTONIO VASCOTTO è nato il 4 agosto 1914 ed è morto a Cesena il 16 ottobre 1991189. Prima dell’Esodo era Capo ufficio dell’Arrigoni di Isola e dopo l’Esodo in quello della medesima industria a Cesena. Ha lasciato due importanti libri su Isola pubblicati nel 1987 e nel 1989. Suo il voluminoso “Dizionario della parlata isolana”.) L’INDUSTRIA CONSERVIERA190 […] Già agli arbori della preistoria i nostri pur selvaggi progenitori appresero gli accorgimenti per serbare frutta e radici, indi la selvaggina ed i pesci, intuendo che il sole, la luce, l’aria, l’umidità ed alcune materie erano in genere fattori sfavorevoli. Scoprirono che il freddo, l’oscurità, il sale, la procedura dell’essicazione, l’immersione nei grassi (tenuti però al buio perché la luce ne favorisce l’irrancidimento) propiziavano il mantenimento degli alimenti a tempo indeterminato senza gravi e pericolose alterazioni. Nacque quindi già allora la tecnica, ma bisognava arrivare, attraverso esperienze e accorgimenti tuttora validi e usati in varie parti del mondo, al secolo scorso [XIX] perché iniziasse l’epoca dei cibi conservati su base industriale. Se ne doveva dare gran merito agli enormi progressi della biochimica e della tecnologia in generale, in particolare quella siderurgica e meccanica, senza contare lo snellirsi dei trasporti via mare e via terra. Durante la mia lunga attività legata all’industria in argomento, ebbi modo di riflettere su questi principi che mi vennero una volta, da persona che non ricordo, enunciati: Per creare non fittiziamente un’industria occorrono i seguenti fattori (almeno uno di essi che sia validissimo e faccia da supporto, meglio se ve ne sono più insieme): a) che il luogo dove sorgerà l’industria abbia abbondanza di materia prima, o b) abbondanza di manodopera a buon mercato, o c) sia vicinissimo al centro urbano che assorbirà il prodotto. Infine d) che il prodotto abbia certamente un mercato. Vi sono altri fattori, capitali, esperienza ecc. più facili da reperire; anche quando manca qualcuno di questi l’azienda va a gambe all’aria. Mi sembra che questi principi spieghino sufficientemente il motivo per cui, nella seconda metà dell’altro secolo, sorsero nell’Istria, in particolare a Isola, attività industriali per la conservazione del pesce. La nostra cittadina offriva una nutrita casta di pescatori che, se incentivati, aiutati, avrebbero potuto assicurare gran quantità di pesci adatti alla lavorazione: sardine, alici, sgombri. Inoltre l’economia del paese era depressa, perché da secoli si viveva su base autarchica, per la modesta estensione del territorio che la sosteneva e la mancanza assoluta di un appoggio, di credito da parte di chi governava. Perciò l’impiego in fabbrica di donne ed uomini si sarebbe rivelato – come fu, infatti, nel periodo 1925-1945 – benefico, provvidenziale.

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Le notizie frammentarie che ho potuto raccogliere mi dicono che la prima fabbrica sorse nel 1882 più o meno nell’area dove esisteva prima uno Stabilimento di bagni (molti isolani ricordano l’acqua de ovi, un’acqua sulfurea che aveva delle sorgenti nella parte sinistra dello specchio di mare antistante il primo ponte; la quale venne sfruttata a scopo terapeutico per qualche decennio prima del 1882, con la costruzione di uno stabilimento termale che ebbe modesto successo), su iniziativa di una appena costituita Société Générale française de conserves alimentaires, che aveva sede a Parigi e una rappresentanza a Trieste. I francesi invero hanno una lunga tradizione nel campo della conservazione del pesce; l’oceano Atlantico, ricco di risorse ittiche, consentì loro di essere tra i primi a creare, sembra principalmente a Nantes, stabilimenti per la salagione e la preparazione dei pesci in scatola e barili. La nuova fabbrica da noi chiamata dei francesi oppure ai bagni operò sino alla fine della prima guerra (nel corso di quest’ultima lo stabilimento produsse anche carne in scatola. Ricordate el vecio masèlo, a San Pietro?). In seguito passò un periodo di crisi, indi cambiò proprietari e nomi, Conservifici e infine Ampelea Conservifici, e con questo nome dal 1935 al 1945 conobbe un lungo momento di continuo sviluppo e floridezza, favorita dal momento storico; ma non è da passare sotto silenzio la capacità delle maestranze guidate da un’efficientissima direzione, che faceva capo ad un abilissimo ed intelligente Pertot e ad un esperto del settore, anziano ma validissimo, il sig. Trevisan. Poco dopo la creazione della fabbrica ai bagni gli austriaci Warhanek costituirono uno stabilimento subito dopo la chiesetta di San Rocco (tanto che la gente parlò sempre della fabrica San Roco) sempre per la lavazione del pesce. Esso cessò nel 1918, e nel 1919 venne ceduto al triestino Giorgio Sanguinetti, che usò per la sua azienza la ragione sociale comperata in Liguria da un piccolo industriale conserviero ritiratosi: Gaspare Arrigoni (cui aggiunse un & C., trattandosi di Società Anonima). Sanguinetti potè svolgere un buon lavoro, specialmente con l’estero, e in particolare con gli Stati Uniti; tanto che nel 1927 ampliò notevolmente il complesso industriale, aggiungendo nuovi reparti, modernizzando con nuovi macchinari gli impianti, introducendo nuove lavorazioni. Infatti inizialmente (mi si perdoni se mi soffermo su quell’azienda, che conosco meglio avendovi trascorso tutta la mia vita lavorativa) le lavorazioni si limitavano alla salagione del pesce (soprattutto acciughe e sardine), collocato in barili o mastelle o scatole di latta grandi, ed avevano andamento stagionale. Subito si passò alla pulitura del pesce salato ed al suo inscatolamento (filetti di sardina o acciuga distesi, o arrotolati con cappero); in seguito si cominciò con antipasti a base di pesce e ortaggi. Un’importante lavorazione al fresco erano le sardine sott’olio, il cui ciclo lavorativo era lungo, complesso e meticoloso. Pensate che venivano scelte solo partite di pesce fresco di più grossa pezzatura: esso veniva privato della testa e delle interiora mediante una cesoia speciale, immediatamente lavato e steso ad asciugare in apposite guantiere disposte su cavalletti all’aria. Le sardine asciugate venivano messe a friggere (non infarinate, per carità!) e poi disposte in scatolette di banda stagnata con arte, nel numero previsto per ogni contenitore. Le scatole venivano poi poste su grandi vassoi e riempite d’olio, lasciate a riposare mentre il pesce si imbibiva; poi con le aggraffatrici vi si apponeva il coperchio, ripulite dell’unto esterno e lustrate con segatura e strofinacci. Ancora: immesse in una gabbia calata in un’autoclave, subivano la necessaria sterilizzazione ai gradi di calore occorenti, indi finalmente venivano stivate (allora) in casse di legno e passate al Magazzino Prodotti finiti. Perdonate se mi dilungo nella descrizione

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(nel corso della quale posso anche aver commesso qualche inesatezza lieve); volevo ricordare la cura nella lavorazione, temo che oggidì non si faccia più così, per esempio pare che il pesce venga lessato, e ciò dà minor pregio al prodotto.

Lo Stabilimento Arrigoni già Sanguinetti e prima ancora Warhanek, in una cartolina edita da Adriano Cadel di Trieste. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

Nel 1927 si cominciarono a produrre estratti e dadi a base di carne e verdure; fu potenziato il reparto antipasto, il magazzino, l’officina, che con le sue prestazioni rendeva quasi del tutto autosufficiente lo stabilimento. Credo che venisse costruita anche una nuova caldaia e l’impianto per il generatore elettrico. In seguito la Soc. Arrigoni costituì una Società collegata che armava navi dotate di frigoriferi; ciò consentì un costante rifornimento, per molti anni, di tonno e tonnetto (palamita) allo stabilimento d’Isola (credo che il pesce provenisse prevalentemente dal Mar Nero). La nuova lavorazione di questi pesci, all’olio o al naturale, cioè in salamoia, significò l’immissione di nuova e numerosa manodopera soprattutto femminile, che era costretta a fare tre turni giornalieri, per smaltire le partite di pesce in continuo arrivo (le navi nere approdavano alla diga, da poco ultimata, essendo il pontile della fabbrica inadatto all’attracco. Eppoi c’era la fila ininterrotta dei camion che in fretta recavano ai reparti di lavorazione i preziosi pesci). In quei periodi le maestranze dell’Arrigoni raggiunsero cifre elevate; e siccome il paese non poteva fornirne in numero sufficiente, ecco accorrere dalle campagne circostanti, da Capodistria e Pirano, dalle frazioni al di là della cinta di colline, donne e uomini che impiegavano fino a due ore per raggiungere il posto di lavoro, ma ne erano contenti, per il sicuro guadagno. Isola non si inorgoglì di questa modesta rivincita sulle due vicine consorelle, più titolate, ma in quell’epoca

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in maggiori difficoltà economiche. A Isola invece dal ’35 al ’45 era disoccupato solo chi voleva esserlo. Mi piace narrare un’esperienza bizzarra, per quel tempo, il 1942 credo: il brillante ed estroso proprietario fece arrivare dall’Albania, allora annessa all’Italia, un grosso carico di testuggini terrestri (sembra che colà abbondassero, almeno nelle sue vaste zone semipaludose). Intendeva utilizzarne la carne, da lessare e poi mettere in scatola. Ricordo che una vastissima sala era strapiena di quei rettili che, inquieti, si muovevano goffamente mangiucchiando gli ortaggi loro offerti. Il primo problema era: come aprire il carapace ed estrarre la carne? Pensa e ripensa, i tecnici non seppero far di meglio che piantare delle tavole con seghe circolari, mediante le quali venivano mozzate le teste e separato lo scudo piatto inferiore da quello convesso superiore. Faceva senso vedere i becchi buttati da parte con il pezzo di collo troncato che si aprivano e chiudevano ritmicamente. Per la cronaca, ricordo che ragioni tecniche impedirono di produrre carne di tartaruga in scatola, mentre se ne potè utilizzare il brodo saporito e nutriente per arricchire i dadi che producevamo; ed erano squisiti (ho letto che la carne di tartaruga offre un piatto prelibato). Le guerre che si susseguirono (praticamente dal ’35 al ’45) furono una tremenda calamità per la nazione, ma una manna – purtroppo il destino opera questi contrasti sempre ed ovunque – per i due stabilimenti, dell’Ampelea e dell’Arrigoni; una richiesta di cibi conservati, specialmente per gli uomini sotto le armi, era ingente e costante. Indi prosperità indiretta anche per il paese, che la pagò amaramente dopo il 30-4-1945. La creazione, il 20-1-1881, della fabbrica Ai Bagni, ebbe un seguito di iniziative analoghe: sullo scoglio di San Pietro sorse, poco tempo dopo, un piccolo stabilimento per opera di certi Nordlinger (pare fossero ebrei, giacchè la fabbrichetta era detta dei ebrei). Ebbe vita breve e difficile, finchè negli anni 30, penso, fu acquistato dall’Ampelea che lo usò come magazzino. Significativa la creazione, nell’ultimo scorcio del XIX° secolo, di una fabbrica di pesce conservato in un’area tra la Fontana Fora e il mare lasciata libera dalla cessazione delle saline. Fu un’idea dell’abile commerciante isolano Degrassi, che dopo i primi successi dovette chiudere per lo scoppio della prima guerra. Riaperta dal nuovo proprietario – marchese romano Luigi Torrigiani – già nel 1919, lavorò pesce fresco per alcuni anni. Chiusa, divenne una succursale dell’Ampelea. Fonte di grande prestigio morale per Isola fù l’apertura, in via A. Volta, di un minuscolo stabilimento, nel 1924, per opera di un intelligente artigiano: Nicolò Delise (lustro), che si era fatto una buona esperienza Ai Bagni ed era pieno di idee ed iniziative. A conduzione famigliare, la fabbrichetta si distinse subito per l’eccellenza dei prodotti (sardine sott’olio e filetti di pesce salato) preparati con gran cura e amore. Non ebbe bisogno di molto tempo per affermarsi, ottenendo riconoscimenti alle esposizioni nazionali e molte commesse dal Centro Europa, dal Sud America; tanto che aveva difficoltà a tener dietro al susseguirsi di ordinativi. La famiglia continuò l’attività anche dopo la morte del fondatore, finchè non cominciarono le prime difficoltà, soprattutto per il reperimento di certe materie prime indispensabili. L’azienda venne così assorbita dal vicino gigante Ampelea, che assunse il personale espertissimo e, se non erro, continuò ad usare il marchio apprezzato N. Delise & Figli, per alcuni raffinati clienti. È noto che i due grossi stabilimenti passarono dal 1° maggio 1945 sotto gestione jugoslava.[…]

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L’avvento delle fabbriche significò un rivolo continuo di denaro liquido (nonostante le paghe basse) che si riversava nel paese fino allora abituato a vivere stentamente con i propri scarsi mezzi derivanti dall’agricoltura e dalla pesca; una graduale preparazione di molti giovani donne ed uomini a lavori e mestieri e professioni prima sconosciute (sorsero soprattutto meccanici eccelenti e ricercati, ma anche altri artigiani di vaglia); si formò una classe operaia che – lasciati da parte gli estremismi – acquistò coscienza del proprio valore e dignità (e quegli isolani si affermarono in ogni luogo dove l’esodo li abbia portati). Si può dire che, dal ’30 al ’45, la presenza delle industrie avesse arrecato una nuova vitalità all’intera comunità, espansione al commercio e all’artigianato, alle comunicazioni, e incentivo indiretto all’inculturazione. Nel 1926 vi erano a Isola una dozzina di studenti, otto anni dopo cinquanta, nel 1940 un centinaio, e non per l’incremento demografico. Qualcuno all’inizio vide con apprensione, timore, l’avanzare nel paese della civiltà industriale, che avrebbe pian piano allentato i costumi, allontanato dalla fede. Fortunatamente questi guasti non si ebbero, non più di quelli che si verificarono – questo è un parere personale – in altre località italiane per la ferrea legge del progresso, in positivo ed in negativo. Grazie dunque alle industrie! Antonio Vascotto

Operaie e operai davanti all’ingresso dello stabilimento conserviero centrale di Isola, di Luigi Torrigiani di Roma, in località “Fontana fora”, già fabbrica dell’isolano Giovanni Degrassi dal 1882 al 1918. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

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Lo stabilimento del romano Luigi Torrigiani ex fabbrica dell’isolano Giovanni Degrassi, visto dal mare, con il gasometro cittadino e il fabbricato dell’officina del gas alla sua sinistra. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

Arrivo delle portolate con il prezioso pesce azzurro, al pontile del Conservificio centrale Torrigiani di Isola. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

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Dalle portolate viene scaricato il pesce azzurro in gran quantitĂ , sul pontile dello stabilimento centrale di Luigi Torrigiani in Isola. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

Le sardelle vengono sottoposte alle prime lavorazioni nella fabbrica Torrigiani di Isola. (collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

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Dopo essere state decapitate e sviscerate, le sardelle vengono messe ad asciugare in appositi contenitori, all’esterno dello stabilimento Torrigiani di Isola. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

Operaie isolane intente alla lavorazione del pesce, nella fabbrica del romano Luigi Torrigiani a Isola. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

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Gli stagnini della Torrigiani di Isola preparano le scatole per il pesce nel vecchio laboratorio della fabbrica. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

Inscatolamento del pesce azzurro alla fabbrica centrale della Torrigiani di Isola. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

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Le scatole del pesce confezionato vengono pulite e stivate nelle cassette al magazzino della Luigi Torrigiani di Isola. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

I bottai dello stabilimento Torrigiani al lavoro nel loro reparto, per costruire i barili necessari per la salagione delle sardelle e delle alici. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

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I barili del pesce salato e stivato accuratamente dalle operaie della Torrigiani, vengono immagazzinati per la stagionatura. Sopra di essi viene posto un peso di pietra sagomata all’uopo, mentre nel grande recipiente di pietra (“orna”) vi è la necessaria salamoia per il rimbocco. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

Il pesce salato e stagionato viene pulito, deliscato, ed inscatolato nella fabbrica della Torrigiani di Isola. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

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Nicolò Delise detto “Lustro” Se per le prime quattro fabbriche conserviere sorte a Isola, avevamo trovato alcuni documenti, delle belle fotografie e cartoline, poco era stato trovato per la benemerita piccola fabbrica di Nicolò Delise, detto Lustro. Di conseguenza, dai locali dell’Archivio di Stato di Trieste, le ricerche si trasferirono presso degli amici isolani: infatti, la fabbrica del Delise venne fondata nel 1924, pertanto nel Fondo del Governo marittimo in Trieste, Ente che fu soppresso nel 1923, non si poteva trovare alcunchè. La fortuna si fece viva tramite l’isolano Fabio Vascotto detto Nadal, che mi mise in contatto con Pietro Delise dei Lustro, nato a Isola: ovvero il figlio di Antonio, che era figlio di quel Nicolò, e pertanto nipote dell’intraprendente industriale isolano. A casa sua si sono potuti esaminare alcuni documenti e prendere degli appunti, avere in prestito una foto del nonno assieme ad una pianta della fabbrica, fotografare le medaglie d’oro e le croci al merito guadagnate da Nicolò alle Fiere internazionali del 1925 a Roma e a Montecatini. Riconoscimenti che gli sono stati conferiti ad un solo anno dalla fondazione della sua piccola industria a Isola, proprio nei pressi della fabbrica dei Francesi, poi Ampelea.

L’industriale Nicolò Delise fu Pietro, nato a Isola il 18 ottobre 1871 e morto nella medesima città il 9 aprile 1944. (Proprietà della famiglia Delise, Muggia)

Lo stabilimento del Delise era a conduzione familiare e vi lavoravano anche i figli Emilio, Pietro, Antonio, Maria e Rosalia, mentre Leonilde lavorava all’Arrigoni. Producevano principalmente filetti di acciughe e di sardine sott’olio, molto rinomati ed esportati in particolare nell’Europa centrale e nell’America del sud, ma lavoravano anche le carni, come le trippe al parmigiano e il goulash. Iniziò a lavorare sin da giovane nella fabbrica dei Francesi e, per le sue capacità e l’intelligenza, venne inviato anche in Dalmazia, in Austria e in Portogallo a fondare delle fabbriche o ad istruire le maestranze. Le vicissitudini dell’uomo Nicolò nella sua veste di dipendente sono state dedotte dal suo Libretto di lavoro e

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da altri documenti. Da questi sono state ricavate anche altre notizie riguardanti la fabbrica dei Francesi, come per esempio il cambiamento del nome. Il libretto di lavoro, formato da 40 pagine in lingua tedesca e in italiana, è stato emesso a Isola dal Podestà Fanganel, porta il timbro comunale e la sua firma, ma non porta la data. È intestato a Nicolò Delise fu Pietro, nato a Isola nel 1871, di occupazione bandaio, e risulta aver frequentato la seconda classe elementare. Pertanto, valutando questo grado di istruzione e la splendida carriera che raggiunse nel corso della vita, si può ben dire che Isola aveva dato i natali anche ad un Genio dell’industria, figlio del popolo. Nel libretto risulta essere stato assunto all’età di 9 anni, il primo di novembre del 1880, dalla Società Generale francese di conserve alimentari di Isola: una . ragioni per cui non frequentò le scuole dopo la seconda elementare. Tra delle le notizie interessanti da rilevare anche il fatto che il Delise venne assunto dalla Società francese proprio l’1 novembre 1880, mentre secondo le notizie pubblicate dallo storico prof. Morteani, la fabbrica sarebbe stata aperta nel 1881. Salvatore Perentin, invece, scrisse che questa industria ebbe inizio il 2 febbraio 1881, ma che una commissione di Francesi arrivò ad Isola già il 30 ottobre 1880. Di conseguenza, è probabile che il Delise sia stato assunto già un giorno dopo il loro arrivo in città. In un passaporto austriaco per espatriare in Portogallo, provvisto della fotografia di Nicolò Delise, stampato nella sola lingua tedesca e rilasciato a Capodistria il 15 settembre 1886, vi è segnato in lingua italiana: Visto del Imp. Reale Consolato Generale in Lisbona il 26 luglio 1887. Ne consegue che il Delise, all’età di soli 15-16 anni, si trovava in Portogallo per conto della Società francese di Isola. A quest’ultima ne subentrò un’altra, anch’essa francese, per cui egli terminò il suo rapporto con la prima (data della sortita) il 13 luglio 1889 mentre nel Libretto di lavoro sono state scritte le seguenti poche e modeste righe di referenze: Attestato. / Si comportò durante questo tempo onestamente come lavorante per chiudere le scattole di sardine e conserve. Isola 24 luglio 1889. Emile Roullet junior. Vi è impresso anche il seguente timbro: Société Générale française de Conserves alimentaires. Nella pagina successiva, risulta essere stato assunto, come dal timbro, dalla Usines de l’ancienne Société Générale française de conserves alimentaires, l’1 ottobre 1890, pertanto non si spiega cosa fece e dove lavorò per i mancanti 15 mesi. Alla pagina 13 del libretto vi è segnato che l’11 aprile 1895 il Delise è partito per conto della Società per Comisa, nell’isola di Lissa in Dalmazia. Nella stessa pagina sta pure scritto: Partito per conto della Società per Isola 6 luglio 1895, seguito dal timbro Usines de l’ancienne Société Generale française de conserves alimentaires Fabrica di Comisa. Anche a pagina 4 vi è una nota: Visto per la partenza a Comisa /Dalmazia, Isola 11 aprile 1895. Il Podestà Degrassi. Pertanto ci risulta che all’età di 24 anni, Nicolò Delise si trovò per un periodo di quasi tre mesi a Comisa in Dalmazia sempre per conto della sua ditta.

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Da una cartolina illustrata che gli fu spedita nel 1903 da Isola a Verbosca, nell’isola di Lesina in Dalmazia, e che lo informava dell’arrivo di un cassone con del materiale, si apprende che si trovava anche in quella località, di certo nuovamente per conto della Società che possedeva una succursale in quella città. A pagina 14 del libretto di lavoro vi sono due note: Partito il 22 agosto 1915 seguita da Partito da Linz il 31 dic. 1915. E da ciò si ha notizia di una sua presenza a Linz in Austria, all’età di 44 anni, mentre era in corso la Prima guerra mondiale, sempre per conto della sua Società e per un periodo di quattro mesi. Questi due dati sono autentificati da due timbri identici: FABRIKEN DER EHEMALIGEN ALLGEMEINEN CONSERVEN-FABRIKS-GESELLSCHAFT IN ISOLA BER FILIALEN DER ANGLO-OESTERR. BANK IN TRIESTE. Questa sua presenza a Linz, viene confermata anche da un lasciapassare in lingua tedesca, rilasciato in quella città il 16 dicembre 1915, forse necessario per far ritorno a Isola. Stando a quanto letto da più parti, compreso in un articolo pubblicato sul Piccolo di Trieste nel 1944 quando morì, Nicolò Delise aveva avviato la sua fabbrica nel 1924, dopo aver lavorato come dipendente per 35 anni. Sempre inerente ai Delise di Isola, va ancora posto in evidenza che dopo la fine della guerra, in un rapporto del 25 agosto 1921, inviato al Regio Governo marittimo in Trieste dall’Agente portuale di Isola, Gelich, all’elenco delle Industrie pescherecce e affini di quella città, alla voce Apparecchi luminosi per la pesca, vi figura un Nicolò Delise fu Pietro, che dovrebbe essere il Pietro di cui si è parlato all’inizio, perché difficilmente vi poteva essere a Isola un omonimo con il fu Pietro, che oltre al nome avesse uguale anche il cognome. L’ingresso della fabbrica di Nicolò Delise si trovava in Via Alessandro Volta N. 13, già N. 803, e la facciata dello stabilimento era larga 12,2 metri. Il lato sud era lungo 34,3 metri e confinava con la casa e l’orto di proprietà di Vigilio Gottardis (il maestro Gottardi era dirigente della banda musicale cittadina). Il lato nord era lungo 27,5 metri e confinava con la casa e l’orto di proprietà degli eredi di Damiano Degrassi. Il lato obliquo ad est era bagnato dal Mare Adriatico. La superficie della fabbrica, costruita su progetto del perito edile isolano Ettore Longo, era di 376,98 metri quadrati. Nel disegno sono segnati due Laboratori, un Cortile, un Magazzino Doganale, e due servizi sanitari. La fabbrica e il personale furono assorbiti dall’Ampelea durante la seconda guerra mondiale soprattutto per le difficoltà riscontrate nell’assicurare il materiale necessario alla produzione. Nicolò Delise, nato a Isola il 18 ottobre 1871, morì in questa città il 9 aprile 1944. Grazie alla loro specializzazione ed accuratezza, nella piccola fabbrica venivano eseguite anche le campionature per l’Ampelea, che poi venivano spedite in giro per il mondo con il loro marchio e non quello del Delise. Oltre al pesce, nello stabilimento di Nicolò Delise venivano lavorate anche le carni e le trippe come risulta anche da un ricettario.

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Carta intestata della fabbrica conserviera di Nicolò Delise detto “Lustro”. (Proprietà di Pietro Delise, Muggia)

Dritto e rovescio della medaglia d’oro ottenuta nel 1925 a Montecatini da Nicolò Delise di Isola. Segue quella della Fiera Internazionale, ottenuta a Roma nel 1925. In fondo le rispettive Croci al Merito. (Proprietà di Pietro Delise, Muggia, foto di Ferruccio Delise, Trieste)

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Bruno Delise (Il ragionier BRUNO DELISE è nato l’8 febbraio 1922 ed è morto a Roma il 2 maggio 2001. A Isola era Dirigente della flotta dei pescherecci dell’Arrigoni. Dopo l’esodo fu Dirigente dell’Arrigoni di Trieste e della Michelin di Napoli e di Roma.) ISOLA PESCHERECCIA191 Si può ritenere che tra il 1938 ed il 1940 Isola raggiunse il massimo potenziale della sua attività peschereccia. Vediamo un po’ di evoluzione storica: certamente Isola, rispetto agli altri paesi rivieraschi istriani, ha avuto sempre una forte componente economica nella pesca ma forse, a mio avviso, non è certo da sottovalutare, sebbene meno Cantata, quella agricola. Isola era terra e mare. Vi è un dato di fatto: fino al 1930 nel piccolo porticciolo locale (la rada non era ancora protetta dalla diga) potevano essere ricoverati, in caso di maltempo. tutti i natanti, compresi i trabacoli delle linee commerciali con Trieste. In genere le unità erano di piccola stazza salvo pochi battelli padronali appartenenti a famiglie di tradizione peschereccia molto antica (Marchesan, Troian, Degrassi, ecc.). Le fabbriche conserviere, sorte paradossalmente su un lontano richiamo turistico delle acque sulfuree presenti a Isola sin dall’antichità, privilegiavano – ovviamente – la richiesta di pesce azzurro (acciughe, sardine, sgombri) per cui restava complementare la pesca delle altre specialità. I parangai, le nase, le paselere, le musolere, le panole, servivano quindi per la cattura del prodotto (anche pregiato) destinato al consumo diretto locale oppure al commercio verso il mercato di Trieste. Isola, ad esempio, non ha mai praticato la cosidetta pesca a strascico (la cocia) ampiamente seguita allora dai pescatori chioggiotti, anche davanti il nostro golfo, ma sempre considerata una pesca distruttiva. Se l’estate diventava pesante per le lunghe vogate fatte per rientrare in porto, l’inverno diventava molto duro per i pescatori: lavorare con il freddo sul banco dei mùsoli al largo di Punta Salvore, liberarli dal fango ad uno ad uno, oppure trasferirsi sulle coste dell’Istria, per restare sottovento alla bora, per la pesca delle sogliole e vivere per settimane in barche umide, senza comfort e con l’unico riscaldamento dato dalla foghera a carbon dolce; sono disagi oggi impensabili. Non vi erano forme di conservazione del pescato all’infuori di quella antica del sale o quella più recente ma non sempre praticabile del ghiaccio tritato. Quindi bisognava regolarsi attentamente sui periodi di rientro in porto per non far finire in mare tutta la fatica di molti giorni di lavoro. Le nostre barche, a differenza di quelle di altri porti istriani, erano tutte di spiccata derivazione veneziana cioè con fondo piatto e con vela al terzo. Centro velico all’estrema poppa dove il grande timone (estraibile e regolabile) fungeva da direzionale e da deriva. Cattive boliniere, buone nelle andature con vento portante e molto docili ai remi. Credo sia stata proprio questa qualità per farle durare nel tempo nella preferenza degli isolani perché da noi non vi era proprio una giustificazione legata ai bassi fondali o a situazioni lagunari. Gli alberi erano facilmente estraibili, senza sartie, e quindi adatte per il passaggio sotto i ponti: ma da noi i ponti non c’erano proprio.

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Docili ai remi, ho detto, perché nel nostro golfo il vento è o tutto o niente. Ed in assenza di vento i nostri pescatori di vogate ne hanno fatte! Più che per la bora, il cui arrivo è prevedibile per molti segni premonitori, il nostro golfo è conosciuto anche dai meteorologi per gli improvvisi cicloni estivi (neverini). Colpi di vento fortissimi con trombe d’aria. Infatti diversi ex-voto della Madonna di Strugnano mostrano proprio questa capricciosità del nostro golfo. In genere lo stratempo veniva da ponente per cui il pericolo era sempre rappresentato dalla costa sottovento. I fondali, costituiti dai riporti fluviali, sono cattivi tenitori di ancore per cui era proprio indispensabile affidarsi alla Madonna di Strugnano per aver salva la vita. All’infuori di questi eventi, il golfo d’estate è una tavola, increspata leggermente dal maestralino pomeridiano e dal venticello di ritorno di notte. Lo spostamento dei pescatori era dunque limitato in un raggio di azione contenuto e calcolato quasi sempre sul rientro giornaliero. Interessantissime e sempre coperte da un cospirato segreto erano le coordinate per individuare in mare i cosidetti cali, cioè i punti ove si trovava più copiosamente quel determinato tipo di pesce. I traguardi erano, costituiti dal solito fumaiolo dell’Arrigoni con qualche altra particolarità delle colline, dagli angeli della chiesetta di S. Pietro, dal culmine del monte S. Marco. Ognuno trovava la propria nasa, il proprio parangal, la propria rete con una precisione incredibile. La ricerca del pesce azzurro andava invece per fiuto: i gabbiani, il ribollire della superficie, la presenza dei delfini, ecc. Difficile mettere per iscritto questa sensibilità. Oggi abbiamo l’ecoscandaglio che scruta e rileva i banchi di pesce, abbiamo le temperature medie delle acque, le carte delle correnti e delle maree. In quel tempo solo l’acutezza delle osservazioni personali ed il bagaglio delle esperienze dei predecessori costituivano la fonte primaria per procurarsi il pane quotidiano. Le reti venivano confezionate a mano e ricordo il veloce scorrere della agusela e del morolo (un pezzo di canna di diametro prestabilito, usato come campione per ottenere le maglie della rete tutte uguali) nelle mani dei pescatori o delle giovani che avevano seguito l’apprendimento nella scuola di S. Andrea. Si partiva dal cotone ritorto e si finiva poi con l’armamento della rete, cioè il suo rinforzo con cavi di canapa e l’aggiunta di sugheri e dei piombi per il corretto bilanciamento sul fondo del mare. La veleria più rinomata era quella di Contesini e la famosa tela Olona veniva tagliata con maestria in sferzi prestabiliti. Ogni vela veniva poi tinta con una speciale terra di Siena, per aumentare la durata. Ogni armatore poi faceva eseguire particolari disegni di riconoscimento. I cantieri (gli squeri veneziani) lavoravano sia sul nuovo che sulla manutenzione, con una maestria artigianale tramandata da generazione in generazione. Vedevo sagomare, piegare, modellare dei tavoloni di quercia come fossero degli impasti di pane. I lavori di carpenteria in ferro, partendo dalle feminele del timone ai oci de prova ai ferifondo, erano opere d’arte. Attorno e dopo il 1930 tutta questa tradizione cominciava a risentire di una influenza modernizzante e si cominciò con le prime motorizzazioni delle barche, con l’acquistare reti già confezionate a macchina e con il sentire se vi erano novità anche nei metodi di pesca. In quel periodo deve essere arrivato a Isola un metodo rivoluzionario di pesca perché si cantava Ciaci che la gaveva – i ghe ga dito rovina mondo – la sacaleva

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te ga comprà. Il buon Marchesan veniva bollato di distruttore ecologico perché sarebbe stato il precursore di quel metodo di pesca che cambiava proprio una mentalità tradizionale e conservatrice in una spinta imprenditoriale notevole. Una rivoluzione nella cattura del pesce azzurro. Il rendimento aumentava da 1 a 100. Per quei tempi la saccaleva era un mostro rispetto alle piccole melaidi (reti da posta per la cattura del pesce azzurro). Basta pensare che era una rete di 200 metri di lunghezza (come la nostra diga!) per 40 metri di profondità. Né le piccole melaidi né le lampare napoletane potevano più competere con la potenzialità di quella rete. Si doveva calare rapidamente attorno al banco di pesce raccolto e richiamato dalle fonti luminose. Occorrevano ancora altri ingredienti per passare al moderno: il motore, i capitali, l’organizzazione imprenditoriale. Eppure il calo ed il recupero della saccaleva si effettuava anche con la sola forza dei remi: uno spettacolo di forza e di sincronismo! Altro importante passo avanti veniva fatto dai metodi delle fonti luminose adoperate per il richiamo del pesce, che poi veniva imprigionato nella saccaleva. Credo che non si conoscano ancora esattamente le qualità fotosensibili del pesce azzurro. È richiamato direttamente dalla luce oppure è richiamato il suo pasto (plancton, microrganismi, ecc)? È una specie di problema se è nato prima l’uovo o la gallina. Secondo i nostri pescatori, il pesce non seguiva la luce ma il risvegliarsi, sotto la luce, della sua pastura. Infatti per anticipare le probabilità di pesca notavano in superficie una specie di ribollire e vedevano salire dei piccoli granchiolini. Significava che sotto il pesce c’era. Se non vi erano questi segni premonitori dopo alcune ore di illuminazione, bisognava cambiare posto. L’evoluzione della fonte luminosa è stata anche una rivoluzione al passo coi tempi: in vecchi dipinti napoletani si vede che le modeste lampare non erano altro che delle barche con dei bracieri accesi su apposite mensole della prua. Io ricordo invece l’illuminazione a carburo di calcio. Le barche erano munite di un piccolo gasometro dove si produceva e si immagazzinava il gas necessario per le fiamme di illuminazione. Ogni tanto qualcuno di questi gasometri saltava in aria, senza far male a nessuno perché si trattava di una specie di sicurezza sulle sovrapressioni. Poi venne l’illuminazione a gas di petrolio; chi non ricorda quei lampioni neri o con serbatoio incorporato oppure, più moderni, con il serbatoio a parte collegato con una lampada con un sottile tubetto di rame? Il povero fanalista doveva ripristinare tutta la notte la pressione pompando quasi continuamente. In seguito venne l’illuminazione perfetta, quella che dura tutt’ora: l’elettrica, prima ad accumulatori poi con gruppo elettrogeno proprio installato sulla barcarichiamo. Purtroppo intanto le tensioni politiche crescevano e se da una parte stimolavano il progresso tecnico, dall’altra preparavano molte nubi temporalesche sull’orizzonte. Le sanzioni del 1936 fecero incrementare notevolmente la richiesta del pescato e la preparazione bellica come anticamera del 1939 consigliava agli Stati europei di costituire notevoli scorte alimentari. Il grosso di queste scorte era proprio lo scatolame delle diverse conserve alimentari. Le industrie incalzavano per ottenere sempre maggiore quantitativo di pesce azzurro. Il prodotto istriano era di una qualità eccezionale. In quei tempi – come da sempre – quel pesce veniva pescato sia sulle coste atlantiche della Spagna e del Portrogallo, sia su quelle del Nord Africa, ma il pesce istriano conservava però una indiscussa supremazia sulla qualità sia per il consumo diretto che per la conservazione.

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Il pesce ha diversa pastura? Ha influenza la minor salinità dell’Adriatico? I fondali più bassi? Il nostro pesce ha una carne più dolce ed è meno squamoso. Le industrie si assicuravano in anticipo il rifornimento della materia prima per le loro attività stipulando, anno per anno, dei contratti con i pescatori privati per il conferimento del pescato alle società. Il prezzo era prefissato ma il pescatore poteva ottenere anche degli anticipi in denaro in conto dell’attività futura. Questo non era poco se si pensa alla scarsità di circolante liquido di quei tempi, quando le famiglie – quasi tutte – compravano a credito presso i negozi di alimentari per cui i famosi libri dei negozianti elencavano mezza Isola. In un certo momento le industrie conserviere constatarono la fragilità del sistema contrattuale, perché non vi era santo di vigilanza che potesse evitare di far dirottare il pescato al mercato libero, per il consumo diretto, quando i prezzi di collocazione registravano forti differenze con quelli pattuiti con le fabbriche. Ecco perché le due Ditte maggiori italiane, Arrigoni e Ampelea, decisero di costruire e gestire in proprio delle flotte pescherecce per assicurarsi sia una stabilità nei prezzi dei prodotti, sia una certa regolarità nei rifornimenti. Le due Ditte armarono una trentina di pescherecci proprio attrezzati per la cattura del pesce azzurro. Queste flotte pescherecce rappresentarono anche una svolta storica sociale. I mezzi disponibili erano non comuni e si passava di colpo da una organizzazione piccolo-padronale a quella di grande azienda organizzata. I natanti e le attrezzature erano di prim’ordine per allora. Abbandonati gli scafi veneziani, le barche vennero costruite per i motori e la velocità. Si cominciò ad installare i verriceli motorizzati, luce elettrica in coperta e sottocoperta, timoneria a ruota, piattaforma girevole a poppa per il calo ed il recupero della rete. Ogni unità era dotata di due lance, di cui una anche motorizzata, per la raccolta luminosa del pesce. L’equipaggio normale era sulle 8-10 persone guidate da un capobarca di prestigio e scelto diciamo per… acclamazione. A terra vi era una organizzazione di supporto notevole: officina meccanica, cantiere navale, magazzino ricambi e rifornimenti, uffici amministrativi per la gestione dell’attività e per le necessità sociali del personale. Ed è stato notevole il salto qualitativo sia del sistema retributivo per gli equipaggi sia di quello assicurativo-sociale. Ed infatti credo siano stati proprio questi pescatori delle aziende a godere per primi della paga fissa mensile e delle previdenze sociali allora riservate ai soli dipendenti dell’industria oppure delle grandi compagnie armatoriali. Gli equipaggi venivano retribuiti con due forme tra loro complementari: – Con una paga fissa mensile commisurata al grado rivestito a bordo – Con una compartecipazione sul prodotto pescato. Quest’ultima forma era il risultato dell’attività svolta: sul controvalore del pescato di un determinato periodo, al netto delle spese vive di gestione, venivano fatte tre parti: – Una parte per l’armatore – Due parti da dividere in parti uguali tra l’equipaggio. L’armatore non traeva un gran guadagno perché con la sua parte doveva: – rimunerare il capitale investito – pagare le spese di amministrazione – pagare le mensilità fisse all’equipaggio – pagare gli oneri sociali e le spese di assicurazione – provvedere per le grandi manutenzioni.

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Ma ripeto, le aziende conserviere avevano in quel momento più interesse di assicurarsi il flusso della materia prima che di speculare su di un conteggio di costi e ricavi. L’Arrigoni addiritura rilevò nel 1938 una flottiglia di pescherecci atlantici per assicurarsi il rifornimento del tonnetto. Questa flottiglia (la S.A.I.P.A.) era costituita da una decina di robusti pescherecci a vapore (400 tonn. di stazza) costruiti proprio per la pesca di altura. Chi non ricorda i loro nomi quando attraccavano alla nostra diga per la discarica del pesce? Grongo, Scorfano, Cernia, Dentice, ecc.

Operai isolani scaricano un’enorme palamito (“palamida”) dell’Oceano Atlantico, per essere lavorato nelle industrie conserviere di Isola prima del 1945. (Foto da “Isola Nostra”, n. 150, Trieste, 1978)

Nel 1940-1941 eravamo all’apice. Le fabbriche lavoravano al massimo della potenzialità e tra i due stabilimenti locali, senza contare il lavoro autonomo indotto, si registrava una punta massima di occupazione di circa 3.000 dipendenti. Isola da sola non avrebbe potuto soddisfare una così massiccia richiesta di mano d’opera per cui vi era un notevole flusso di lavoratori pendolari dai paesi vicini ed un cospicuo movimento immigratorio. Col 1943 cominciarono i guai anche nella pesca: da una parte la pressione tedesca per far mantenere i livelli di produttività, dall’altra il crescente rischio che gli equipaggi cominciarono a correre sul mare. Il fronte alleato si avvicinava sempre di più per cui aumentarono sia le incursioni aeree che quelle di naviglio leggero lungo le coste istriane. La propaganda partigiana era poi diretta, sul piano ideologico e su quello pratico, nel frenare ad ogni costo ogni attività che servisse ai tedeschi.

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Furono proibite le lampade di richiamo in superficie per cui si dovette ricorrere a quelle immerse con notevole calo di rendimento. Cominciarono le requisizioni di natanti per adibirli a guardacoste armati. Il gasolio, la benzina ed il petrolio cominciarono a scarseggiare e le stesse reti non si trovavano più dai soliti fornitori. Introvabili i pezzi di ricambio per i motori per cui occorreva ricorrere a dei procacciatori che risultavano poco adatti per trattare con grosse Aziende.

Il porto di Isola durante l’occupazione tedesca del 1943-1945. Nel Mandracchio si notano due barche segnate Ampelea, ed una requisita dai Tedeschi e portante la svastica. (Foto di Giovanni Delise detto “Nino Pissimol”, archivio di “Isola Nostra”, Trieste)

Il mitragliamento diurno del REX, alla fonda presso Isola, scoraggiò tutti perché vi era un chiaro avvertimento sul dominio alleato dei cieli. Una mattina del 1945 un tremendo boato svegliò tutto il paese: i tedeschi in ritirata avevano fatto saltare la diga. E con la diga finirono in fondo al mare anche diversi nostri pescherecci. Purtroppo con quel boato, che doveva significare la fine dei nostri guai, ne cominciarono altri e ben più imprevedibili. L’amministrazione jugoslava, subentrata nel territorio, non era sicura di rimanervi perché gli alleati pressavano per altre soluzioni dei confini. Quindi si mise a trasferire nei propri territori più sicuri pescherecci, attrezzature, scorte, macchinari. Insomma una spogliazione bella e buona. Diversi equipaggi, con i propri pescherecci, sia aziendali che privati ripararono nottetempo a Grado, a Caorle, a Marano. Ho perso di vista tutti ma sento che hanno continuato con quello spirito imprenditoriale che li distingueva ad Isola e che si fanno onore anche in altre attività. Buona razza!! La storia finisce qui e devo dire che la ho rammentata con amarezza perché le radici sono radici ed ancora adesso, a distanza di tanti anni, quando vedo quello scoglio mi si stringe il cuore e mi sovviene dei tanti sacrifici fatti dai miei concittadini. Bruno Delise

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don Attilio Delise (don ATTILIO DELISE, che per gli isolani è sempre stato don Attilio, è nato nel 1915, ed è morto a Trieste il 25 gennaio 1992. Fù il fondatore e Direttore del periodico degli isolani “Isola nostra” che diresse dal 1965 fino alla sua morte. LA DURA VITA DEI NOSTRI PESCATORI (1967)191 Se la pesca non era come abbiamo visto un mestiere tanto invidiabile per l’incerta situaziuone economica di quanti ad essa si dedicavano, non era nemmeno un lavoro facile e sicuro in quanto richiedeva fatica e più di una volta metteva in pericolo la stessa vita dei pescatori date le improvvise bizzarie del mare. Quante difficoltà per essi e quante apprensioni per i familiari allo scatenarsi improvviso ed imprevisto alle volte, di certi fortunali tempeste che rendevano così orribile quel mare che per natura sua è così bello e fonte di sostentamento per gli uomini, quel mare che alle volte richiedeva un suo contributo di vite umane quando in modo speciale, l’invenzione del motore per le barche, non dava quella sicurezza che dà oggi. Ricordiamo noi quei maltempi come ricordiamo qualche sua vittima. Solamente l’esperienza di questa gente rotta ad ogni fatica e conoscitrice dell’arte del navigare, poteva ed evitava il peggio. Quando non erano in mare per la pesca erano ancora occupati nella manutenzione delle barche e delle reti; c’era sempre qualche cosa da fare. Le reti infatti dovevano esser spesso rattoppate e allora nelle ore libere dalla pesca, a tarda mattina e nel primo pomeriggio, si poteva vedere a bordo delle barche, sotto le caratteristiche tende, o in piazza sotto i muri del Consorzio o lungo quelli della scuola di S. Andrea e lungo la Riva de Porta i pescatori intenti alla rammenda delle reti.

Un pescatore rammenda (“consa”) le reti sulla banchina del Mandracchio di Isola. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

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Adoperavano in questo lavoro un grosso ago di legno chiamato agusela che passavano attraverso le maglie delle reti mentre col dito pollice del piede tenevano teso il filo; all’orecchio tenevano spesso una agusela di riserva, seduti il più delle volte sulla nuda terra con in bocca la pipa carica sempre di tabacco molto forte ed un tempo portanti il berretto alla capitano la rascheta e i calzoni sostenuti in vita da una larga fascia con accanto dei sandali speciali di legno i moloti. In questa faccenda alle volte erano aiutati dalle loro donne anch’esse abilissime in questo lavoro. Il filo che serviva per giustare le reti era avvolto in un arcolaio che si chiamava el disvoltor. Le reti venivano spesso scialacquate per liberarle dalle squame che il pesce intrappolato nelle sue maglie aveva lasciato, e per questa operazione che poteva esser fatta anche al largo, i pescatori adoperavano delle traverse di tela cerata; le reti intinte in un liquido speciale che era prodotto dalla corteccia del pino mescolata nell’acqua bollente. Ciò veniva fatto per colorare le reti e per rinforzarle, si diceva fare l’intenta. Venivano quindi messe ad asciugare lungo la riva e sulla Punta de Gallo sopra dei pali legati gli uni agli altri e sostenuti da altri pali più piccoli incrociati: erano questi i sparsori. Le barche nei momenti di sosta e per essere al sicuro venivano ormeggiate nel bel porto prospiciente la Piazza Grande, lungo la Riva de Porta qualche volta al molo e più recentemente alla diga. Questo nostro posto è molto antico unitamente a quello che era il primo molo d’Isola e che noi ricordiamo all’imboccatura del porto stesso al quale poi è stata aggiunta la diga; sappiamo che il 21 maggio 1536 il consiglio comunale di Isola elesse Pietro Coppo e Nicolò Manzuoli soprastanti ai lavori dello scavo del porto e della riparazione del molo con 57 voti favorevoli e 8 contrari. (Allora si votava con le palline chiamate balote). Le barche che spesso avevano un nome proprio accanto al numero matricolare e dipinte con colori vivaci, a seconda la loro grandezza e uso, prendevano un nome speciale. Si avevano così: la batela, barchetta lunga fino a tre metri per una o due persone; el batel barca da 7 o 8 metri di lunghezza; venivano chiamate portolate ed erano più grandi, se servivano per il trasporto del pesce, raccolto dalle singole barche in mare aperto, al mercato. Le brazzere servivano per il trasporto di ghiaia o sabbia ed erano di formato più tozzo con l’albero verso poppa; i bragozzi servivano per il trasporto delle merci in genere, erano più grandi e a due alberi. L’arredamento delle barche da pesca era il seguente: i remi, l’ancora (el ferro) il buiol con la siessola (secchio di legno con la patumiera per raccogliere il pesce) la volega, i paioi (delle tavole che venivano messe sul fondo della barca per tenere i piedi all’asciutto), i mancoli che sostenevano i remi. Le barche di solito avevano un albero, che spesso era in mezzo, su esso veniva alzata la vela che a secondo del vento veniva ingrandita o rimpicciolita e questa operazione era detta far una mano o più di tazzarioi; per darle il vento giusto si adoperava la scota (corda che attaccata alla vela le dava quell’ampiezza voluta dal vento). Siccome la barca doveva camminare anche con vento contrario, era necessario saper dare la vela al vento e allora bisognava far fare alla barca dei giri speciali che in gergo pescareccio si diceva: bordisar. Le barche da pesca di solito venivano fatte a Isola in due piccoli arsenali i squeri da valenti carpentieri i calafai che pure le riparavano; andar in squero voleva dire far fare delle riparazioni alle barche. Se nuove, le barche venivano varate facendole scivolare lungo due grosse travi chiamate vasi, se da riparare venivano tratte su da un vericello a forza di braccia. I due squeri si trovavano uno dietro la pescheria ed esisteva fino a non molti anni fa, l’altro in Riva dove in seguito fu fatto il campo di pallone.

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In una cittadina come Isola, non poteva mancare la pescheria con le sue bancarelle gestite dai pescivendoli e dove a scelta si poteva comperare il pesce per uso domestico, decantato a viva voce dai venditori per attrarre i compratori. Non posso dimenticare una bella nota caratteristica data della vendita del pesce dai pescatori ai pescivendoli. Coi carretti le cassette di pesce venivano portate nel retro della pescheria dove si trovavano i vari compratori che potevano formare anche una piccola società (compagnia) e allora aveva luogo una specie di asta segreta: il primo compratore, dopo aver osservato il pesce, avvicinava il venditore, e portando le mani alla bocca gli faceva all’orecchio il prezzo; al primo si sostituiva il secondo, sempre allo stesso modo e poi gli altri, il maggior offerente si aggiudicava la merce, il più delle volte solo per aver promesso pochi centesimi più degli altri. Patroni dei pescatori erano i santi Andrea e Nicolò dei quali esistevano anche la confraternita, con attrezzi propri; avevano un altare loro dedicato nella chiesa della Madonna [in Piazza Alieto ora Manzioli, in gergo Piasséta] mentre un tempo c’era una chiesa ad essi dedicata e in mezzo quasi alla piazza [Piassa Grande] un edificio quale magazzino per gli attrezzi che venivano portati dai pescatori stessi nelle processioni. I pescatori venivano arruolati nella Marina e molti di essi facevano i marinai a bordo le navi da carico o da passeggeri gestite dalle varie società marittime di Trieste. Una tonalità folcloristica che facilmente non dimenticheremo, la davano di sera quelle varie luci accese e tremolanti ad intervalli quasi uguali, all’orizzonte, che erano costituite dalle saccaleve; quante volte non ci siamo fermati lungo la Riva de Porta a guardare uno spettacolo simile! L’ introduzione della saccaleva questa nuova rete da pesca o arte, come veniva chiamata, apparsa subito dopo il 1920, portò un notevole cambiamento nella vita dei nostri pescatori, almeno per i paroni de barca, cioè quei pescatori che avevano la fortuna di poter possedere una barca alquanto grande e quindi la possibilità di affrontare le maggiori spese dovute alla nuova rete, al suo impiego dovendo assumere più uomini per l’equipaggio e alla manutenzione di essa. Sappiamo come la vita del pescatore è stata sempre dura per i vari motivi che l’hanno sempre caratterizzata: l’insidiosità del mare, l’incertezza del pescato, il modo di retribuire la paga ai dipendenti, cose tutte queste che si complicavano con l’introduzione della saccaleva. Nonostante la durezza del lavoro e il suo scarso rendimento, ai nostri pescatori non è mancato mai il buonumore, grazie anche al buon bicchiere di vino che con tanta abbondanza il nostro territorio poteva offrire e, allora da essi stessi nella semplicità della forma e sulla falsa riga di musichette in voga in quei tempi, di tanto in tanto usciva qualche canto che così bene faceva rispecchiare la loro gioia, i loro risentimenti e le loro acute osservazioni. Ecco pertanto uno di questi canti che ha vista la luce all’apparire delle saccaleve e che noi stessi tante volte abbiamo canticchiato o fischiettato apprezzandone la sua popolare originalità; da esso veniamo a conoscere i nomi dei primi possessori di questa arte, il funzionamento allora a carburo dei farai, la retribuzione per la opera prestata e tutta la loro indignazione per i magri e tirati guadagni che si potevano avere, magri guadagni perché il ricavato del pescato andava diviso in tante parti molte delle quali poi logicamente andavano ai paroni de barca che alla propria fatica aggiungevano il capitale cioè tutto l’occorrente per la pesca.

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LE SACALEVE Sona le sinque de sera... oilà Duti i batei va fora... oilà, E se ghe ciapa una man de bora Duti quanti coi farai fora I cori in porto a luminar Apena arivai in porto... oilà, i distuda i farai... oilà; gnente se ga ciapà, se ga roto sete becuci e quatro lastre de pagar. Primi xe stai i Palmeti... oilà Secondi xe stai i Milochi... oilà, tersi xe stai i Gargioni, lori credeva de farse siori e propio el luni de san Dona, Sorvoli e Segadissi... oilà Con Nicoleto Spanghe... oilà, pusadi sulle stanghe i se faseva dei bei comploti Chè le do parte i ne ghe voi dar. Do parte i ghe da al batel... oilà Do parte alla sacaleva... oilà meza parte i ghe da ai farai meza parte i ghe da al carburo; Xe un osso duro da rosegar. E noi faremo i busi... oilà noi non li cusìremo... oilà, Le done ciameremo E co le do parte della sacaleva, anca i busi sarà consai. E anche i siciliani... oilà i ga la sacaleva... oilà E Ciaci che la gaveva ga dito: “Rovina mondo, e la sacaleva ne ga rovinà”. D.A.

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Lino Dudine (L’insegnante LINO DUDINE è nato il 31 agosto 1899, ed è morto a Padova il 25 gennaio 1972. Fù collaboratore di Isola Nostra dal 1966 al 1972.) TRISTI E LIETI RICORDI DELLA VITA DEI NOSTRI BRAVI PESCATORI (1969)193 Al principio del 1900 Isola era una cittadina veramente povera e le condizioni di vita erano molto basse: possiamo affermare che i nostri concittadini erano divisi in tre principali categorie: pescatori, agricoltori ed artisti. Desidero parlare prima di quest’ultimi; però non posso paragonare questa classe ai famosi, per la satira paesana, settanta letterati de Portole; premetto quindi che la parola artista non deve esser presa nel vero senso letterale, perché era usata per indicare qualsiasi persona che esercitava anche il più umile mestiere e comprendeva perciò: spazzini, impissaferai, artigiani, negozianti, operai, impiegati ed in genere tutti coloro che svolgevano qualsiasi lavoro manuale o mentale. La classe degli artisti era considerata la privilegiata, perché quasi tutti avevano un lavoro sicuro e quindi non temevano né la pioggia né i venti né il freddo ed avevano una paga o giornaliera o settimanale o quindicinale, solo gli impiegati avevano uno stipendio mensile. Gli agricoltori facevano parte della classe media, perché, tranne che negli anni di forte siccità o di altre calamità, avevano assicurato il pane quotidiano e il companatico per tutto l’anno; inoltre un buon guadagno con la vendita del vino, se la vendemmia era stata buona e se le loro vigne non erano state colpite dalla tempesta. È dunque mia intenzione di trascurare queste due categorie d’isolani, per parlare soltanto dei pescatori, che allora erano considerati i paria della società, perché, durante la stagione invernale, quando la bora o gli stratempi, impedivano loro di uscire dal porto e quindi di guadagnare, dovevano lottare con la miseria e, senza vergognarci di dire, molte volte conoscevano anche gli stimoli della fame. La vita dei pescatori era dunque veramente dura, per vari motivi: non avevano le barche attrezzate per la pesca di alto mare e non conoscevano né i mezzi né i metodi attuali di pesca, grazie ai quali poi i nostri pescatori si sono messi in condizioni di fare ottime pescate e quindi di avere lauti guadagni, anche senza lavorare troppo, senza sopportare né il freddo intenso né l’eccessiva fatica. Il lavoro odierno dei pescatori confrontato con quello di 70 o 60 anni fa, può esser considerato un gioco; infatti allora c’era il pescatore solitario, che aveva una batela, di lunghezza inferiore ai sei metri, fornita di una brasera per usare contemporaneamente due remi, e di una piccola vela; potevano andare alla pesca soltanto nelle belle giornate e non troppo distanti dalla costa. Si andava a panola per gli sgombri, a pus’cia per calamari e branzini oppure con la togna per guati, menole e sarati; per andar col parangal si doveva avere un aiuto, di solito un ragazzo, perchè non ce la faceva da solo. Di notte poi andavano con la separiola o con la fosena, stavano vicino alle rive con una profondità d’acqua di circa un metro; accendevano sulla prora un piccolo fuocherello di legna per poter illuminare il fondo e vedere il pesce; solo più tardi si cominciò ad usare il lume a petrolio. Questa pesca poteva esser proficua, perché potevano prendere scarpene, sepe, bisati, passere e caramai; parecchie volte però

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la pesca veniva interrotta, perché bastava un falso movimento od una improvvisa leggera onda per far perdere l’equilibrio ed allora c’era il bagno involontario per l’uomo, che era costretto a ritornare a casa per cambiare i vestiti. I pescatori più fortunati possedevano un batelin, lungo meno di nove metri, oppure un batel, se la lunghezza superava i dieci metri; allora non si vedeva più il pescatore solitario, ma un equipaggio di tre o più uomini e con una migliore attrezzatura, cioè varie reti oppure el calo per la pesca degli sgombri. Il pescato veniva venduto ed il ricavato, dopo aver pagate le spese, veniva diviso in parti uguali: al padrone, oltre alla parte per il suo lavoro, spettava una parte per la barca e una o due parti per le reti, a seconda il valore di queste. Si guadagnava di più, ma il lavoro richiedeva maggior fatica: ci si poteva allontanare molto di più dalla riva con l’aiuto della vela, ma, quando soffiava soltanto una leggera brezza oppure c’era bonasa come l’oio era necessario, come si diceva allora, solo sugo de brasi cioè l’uso dei remi se si voleva giungere al posto di pesca o rientrare in porto. Soltanto nella primavera del 1920 incominciò l’uso dei motori; il primo ad esser usato fu il setimin, che aveva pochi cavalli di potenza e consentiva una velocità massima oraria di tre miglia. Quando poi furono acquistate le lampare e le saccaleve si dovettero costruire i barchini, con lunghezza superiore ai dodici metri, e col relativo caicio. Quali erano i metodi di pesca e quali mezzi venivano usati? Voglio incominciare dal peggiore, che forse non a torto era definito la morte civile: era dunque il faticoso e detestato gripo, che era odiato da tutti i pescatori, sebbene qualche volta procurava dei buoni guadagni. Veniva usato nella stagione invernale e, quasi sempre, di notte: era una piccola rete a strascico; tale pesca richiedeva molta fatica, sacrificio e sofferenze fisiche, perché i poveri pescatori avevano le mani nude, sempre bagnate e, quantunque usassero delle buone inserade sopra i vestiti, alla mattina ritornavano a riva con buona parte dei vestiti umidi dall’acqua marina. Il più usuale mezzo di pesca era la togna, costruita dagli stessi pescatori con crine di cavallo oppure di bue (queste costavano di meno e servivano solo per il pesce piccolo); seguivano le panole e le pus’ce; le prime per gli sgombri e le altre per calamari, branzini e qualche altro pesce. Della separiola e della fossena ho già detto prima; però devo inoltre ricordare che d’inverno, quando non si poteva uscire dal porto, molti andavano a raccogliere cape e capelonghe lungo le rive o nelle sabbie del Primo Ponte e di San Simon. Per le menole – i sarati – i scombri venivano usate apposite togne; verso la fine dell’inverno, venivano preparati i posti fissi, chiamati cali: parecchie volte alla settimana, venivano gettati, nel posto scelto, gli avanzi delle sardelle salate, lavorate nei due stabilimenti, e poi quelli delle sardelle fresche; l’odore ed il cibo attiravano i pesci, che poi si fermavano nelle vicinanze ed erano pescati. Seguivano i parangai, che spesso erano molto lunghi ed avevano anche due o tremila ami, di varia forma e di differente grandezza a seconda che servivano per guati, moli, cani, rase, asiai, lanserne, angusigoli od altro pesce. A seconda poi delle stagioni e della varietà di pesce, venivano usate differenti reti: le passelere, servivano in tutte le stagioni ed erano calate tanto di giorno quanto di notte, e procuravano sepe, passere, sfoie, canocie e poche altre varietà di pesce; i angoneri venivano adoperati per i sardoni, con esca per la pesca diurna e senza esca per quella notturna; le sardellere erano quasi uguali agli angoneri, però avevano maglie più larghe e servivano solo per le sardelle; con le

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melaide si pescavano sardelle, sardoni ed altro pesce azzurro, queste reti venivano calate solo nella notte; i scombreri, usati senza esca, dovevano toccare il fondo marino, con l’aiuto di piombi, mentre erano tenuti ad una certa altezza per mezzo di suri e venivano gettati soltanto per la pesca notturna; con i squaneri, usati soltanto d’inverno, si andava alla pesca di rombi, rase, bavosi, astisi e gransi, quest’ultimi erano subito messi nelle nasse de corda e lasciati sempre a rimorchio della barca, perché potevano esser venduti solo se erano vivi. Solo d’estate si calavano le trate per il pesce azzurro; mentre d’inverno, quando, come si diceva no se podeva andar a altro mestier si trascinavano sul fondo le pesanti mussolere per prendere i gustosi mussoli; vicino poi allo scoglio di San Pietro, alla Punta Vilisan e in qualche altra posizione era in permanente attività el saltarel, che dava ottimi pescati, orade, volpine, sievoli, riboni ed altro pesce pregiato. Secondo poi le stagioni ed il passaggio del pesce, venivano pure calate le nasse per vario pesce. Nelle giornate invernali o quando lo stratempo impediva di uscire dal porto, i pescatori si facevano le reti oppure le riparavano i le consava; ogni due settimane, certe volte anche prima, si doveva fare l’intenta: per circa due ore, in apposite caldaie di rame, venivano fatte bollire scorze di pino, quando l’intruglio era tiepido venivano immerse, per pochi minuti, le reti, che poi erano poste ad asciugare all’aperto; riacquistavano così quel colore marrone rossiccio; il bagno serviva per aumentare la resistenza del filo alla corrosione dell’acqua marina.

Alcuni pescatori intenti alla manutenzione delle reti, nella piazza principale di Isola davanti al Mandracchio, nel secondo dopoguerra. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

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Nei periodi delle forti bassemaree, al Primo Ponte e a San Simone si faceva el seraio: con stuoie di canne veniva chiuso un tratto di mare, con l’arrivo della bassa marea il pesce rimaneva all’asciutto e quindi il pesce, rimasto nella trappola, veniva preso con le mani. Nella primavera del 1920 giunsero nell’Alto Adriatico le prime lampare dei pescatori napoletani: i Marchesan (Ciaci) e (Dovacio) compresero subito il grande vantaggio di questo metodo di pesca e furono i primi ad adoperarlo; non passò molto che il bravo concittadino Troian Giacomo (Segadisi) intuì la maggiore utilità della saccaleva: la nuova rete costava molto e per usarla era necessario un altro tipo di barca; per interessamento delle locali autorità, il Governo italiano, al quale era stata prospettata la grande importanza del nuovo sistema di pesca, concesse al nostro pescatore un notevole sussidio e così Isola potè avere la sua prima saccaleva. Anche ad altri pescatori furono concessi dei contributi e, in poco più di un anno, vennero acquistate varie saccaleve; le direzioni dell’Arrigoni e dell’Ampelea costituirono una propria flotta peschereccia, con pescatori isolani, tanto che verso la fine della seconda guerra mondiale, a Isola, erano in attività oltre una ventina di saccaleve. I nuovi metodi di pesca portarono un notevolissimo miglioramento ai pescatori; molti agricoltori, senza trascurare le loro campagne, andavano di notte a saccaleva; in tal modo venne a beneficiare economicamente tutta la nostra cittadina, perché anche i due stabilimenti ebbero un intenso lavoro, che richiese una maggior mano d’opera sia femminile che maschile. Nei due stabilimenti si dovettero costruire due grandi celle frigorifere, per la conservazione del pesce fresco. Ai pescatori venne, in tal modo, assicurato un notevole benessere economico, che fece ben presto dimenticare la miseria ed i disagi sopportati da loro, dai padri e dai nonni. Vorrei nominare tutti i nostri pescatori, che veramente intelligenti, laboriosi e previdenti, seppero uscire dalla loro indigenza e conquistare meritatamente un posto nella vita, da non esser più considerati i paria della società, da non esser più obbligati ad andare scalzi e malvestiti e da non stentare, durante le pessime invernate, il tozzo di pane e il bicchier di vino. Ricorderò quindi le principali famiglie, elencandole per ordine alfabetico e, chiedo scusa a qualcuno degli interessati, citando anche dei soprannomi (trascurando però i triviali o quelli che potessero recare la minima offesa); eccoli dunque: BENVENUTI (Garbo); BRESSAN (Palmeta e Beti); BELTRAME (Matalon); CHICCO; DEGRASSI (Mansueto, Cafieta, Cavala, Gini); DRIOLI (Crai); DUDINE (Spadaro); LANZA; LORENZUTTI (Momi); MARCHESAN (Ciaci, Dovacio, Brovetusso, Cuco); MORATTO (Celai); ORLINI (Pipeta, Gargione); PALADIN; RAGAÚ; SPANGHER (Isidori); TROIAN (Segadisi, Trata); VASCOTTO (Tuboli); VIEZZOLI ed altri che non ricordo. I nostri pescatori hanno, come gli altri concittadini, abbandonate le loro case ed ora si trovano in varie cittadine dell’Alto Adriatico, come Trieste, Muggia, Santa Croce, Villaggio del pescatore, Monfalcone, Grado, Marano, Lignano ed altre; alcuni hanno anche cambiato mestiere; ma dobbiamo ricordare che fanno onore alla loro amata e cara Isola d’Istria, il cui ricordo rimarrà sempre fisso nei loro cuori. Dudine Lino

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Una tipica barca di pescatori isolani nel periodo asburgico.

Olivo (Ivo) Contesini (L’ingegner OLIVO (IVO) CONTESINI era nato il 9 aprile 1911, è morto il 30 settembre 1977. Fù collaboratore di Isola Nostra dal 1973 al 1978, avendo lasciato ulteriori scritti nella redazione del periodico prima della sua scomparsa.) LA PESCA IERI (1973)194 Quando poi la pesca era professione, allora l’armamento era più completo; dal più semplice come la pus’cia, le panole, i parangai, molinelli con specio tutti armati di agni o ami, le fossine, le nasse; si giungeva a tutti i tipi di arte (reti): voleghe, lansarél, bobine, angodelere, passalere, angoneri, sinei, milaide, sardoneri, squaneri, gripo, tartane, coccia, saltarel, seraglio, per finire alla pesca più organizzata delle saccaleve coi farai con le quali si usciva dall’artigianato alla semindustria. Ogni tipo di pesca aveva le sue proprie caratteristiche, che dipendevano dai mezzi, dalla qualità di pesce, dalla stagione, luogo, tempo e dalla intraprendenza e carattere dei pescatori. Alcuni dei più singolari vivono nella memoria come se fosse accaduto ieri.

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La pus’cia Melanconica, scolorita e compassata era la pesca dei calamari con la pus’cia. Nelle lunghe serate di autunno, a cominciare dall’imbrunire, con mare calmo a volte lisso come oio, si vedevano vagare silenziose delle battelline con un automa, che vogava e sciava con una mano e con l’altra dava ogni tanto uno strappone alla pus’cia, per invitare o meglio invogliare il calamaro ad afferrare con i suoi tentacoli il pesce infilato nell’insidia legnosa armata di pungenti aghi. Senza luce apparivano verso riva o il molo e sparivano nella notte pesta come fantasmi, quasi anime in pena, condannate a zigzagare il mare all’infinito. Era una pesca magra, riservata ai vecchi pescatori, che avrebbero dovuto essere in pensione e che cercavano con quel piccolo provento di essere di minor peso alle loro famiglie. Come borbottavano!! quando incontravano sul loro cammino gli artisti o i campagnoi, che per arrotondamento di ripiego, invadevano il campo dei pescatori, riserva naturale degli uomini di mare. La pànola Quanto diversa e allegra invece era la pesca degli sgombri con la pànola. Nei solleggiati pomeriggi d’estate con una bella bava de maistro a vela, spumeggiante la prova della battella contro i flutti azzurri, sollevando ogni tanto spruzzi d’acqua polverizzata piena di sale e iodio, che investiva la faccia e le braccia nude, provocando dei piccoli brividi di freddo e un senso di sano benessere. Come panorama di fondo, si protendeva in mare tranquilla quasi sonnolente, cullandosi sulle onde del mare leggermente increspato, Isola. Allegre vele dai colori variopinti con i disegni caratteristici, che erano la loro carta di identità, si incrociavano bordesando in mille rotte distinte nel golfo azzurro, a cui faceva corona a sinistra Capodistria-oro ed a destra, nella sembianza di un treno che entra in mare, Piràn-oro. L’improvviso vibrare della panola richiamava alla realtà, e dalla contemplazione estatica delle bellezze naturali si passava a tirare a bordo il refe vibrante, cercando di indovinare mentalmente dall’intensità del tremolio, la quantità degli sgombri che avevano abboccato con l’amo le bianche striscie di seppia, saltellanti sulle creste bianche dell’onda apparivano le forme affusolate azzurrine e zebrate, che in un santiamen disinescate finivano lanciate in un criel o sopra i paioi ad aumentare la schiera delle vittime precedenti. El gripo Lenta, faticosa, ritmica e filosofica era la pesca con il gripo. Normalmente l’equipaggio era composto da due pescatori taciturni e in certo modo rassegnati. Nelle notti senza luna a decine di metri dalla costa tiravano il fero [l’ancora] e allontanandosi dalla riva, percorrendo la zona da rastrellare buttavano a mare il gripo, fissato ai pali di poppa e di prua. Seduti uno a fianco dell’altro, parlando a monosillabi, consolandosi ogni tanto con una bottiglia di vino di struco, con una pazienza da certosini si aggrappavano ai pioli, alternati e lucidi per l’uso, dell’arganello, che con ritmo sonnolento tirava la corda, mentre nella parte posteriore il gripo scopava il fondo liscio del mare, inclinando tutte le seleghe o sture che si opponevano alla travolgente avanzata. Quando si arrivava al gropo segno di fine corsa, un risveglio improvviso animava i due pazienti dal forzato e sonnolento tira-tira e con agilità sorprendente si lanciavano ai posti di combattimento, uno a prora e l’altro a poppa per tirare velocemente il gripo a bordo.

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Nell’imbutiforme e lungo sacco, bello e gonfio più di alghe e baro del fondo, mescolati apparivano i guati, la menudaia composta da schile, spareti, lepi, noni, bisatini, angodele, qualche giral e nei casi più fortunati qualche seppia, folpo o calamaro; nel mettere le mani in tale mescolanza bisognava stare attenti a non afferrare sbadatamente le velenose scarpene o i ragni o farsi sorprendere dalla scarica elettrica dei tremoli; ben accetti erano i rospi, ma non tanto gli immancabili pisacùi.

Il Mandracchio di Isola e la piazza principale, tra il 1919 e il 1945. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

L’industria del drépang A proposito dell’oloturia (pisacùl), per inciso, è doveroso ricordare che a Isola abbiamo avuto pure l’industria del drépang di salgariana memoria. Un simpatico cinese, mezzo capitalista, ai tempi in cui Mao era ancora un giovinotto, era caduto a Isola, importando dal paese natìo l’arte di seccare al sole le oloturie, che prima venivano squartate, pulite, ben lavate, ridotte a lunghe striscie e salate. Credo che i suoi maggiori clienti fossero i cinesi e giapponesi, sparsi in quei tempi un po’ per tutta l’Italia. Il sapore del drépang (oloturia secca) in minestra era qualcosa che stava tra il gusto della crodega de porco [cotica di maiale] ben cotta e la buseca [trippa]; fatto in umido si avvicinava al gusto del bisato in sesame [anguilla fritta, con pomodoro, aglio, lauro, vino e aceto]. L’industria fallì per mancanza di materia prima, per il repulisti generale delle spiagge, che ne seguì, e per il tempo lento di riproduzione di questi echinodermi.

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Eh Cin-Ci, la bella Cin-Ci el povero cinesin, de no poder far el crodeghin, el ga ciapà le forbici e ga taià el codin! E così il nostro sfortunato impresario orientale disse addio alla bella Isola, che l’aveva accolto con cortesia e sorrisi bonari per la strana industria. El parangàl El parangal era l’arma più delicata e nello stesso tempo più insidiosa di tutti gli artefatti per la pesca, era un congegno semplice come struttura, ma da trattare con le massime cure e attenzione nel maneggio. La lunghissima teoria di ami, che poteva allungarsi a due o tre chilometri, quando era riunita dentro dei criei [cesti rotondi di vimini] era considerata più che una reliquia; non si poteva avvicinare, toccare e peggio ancora muovere, pena i più solenni scapaccioni. Era un oggetto odiato dai bambini; e qual godimento un giorno, quando un gatto, entrato di soppiatto nel sacro recinto, famelico, non trattato come quelli d’oggi col Kitekat, aveva pensato di farsi una bella scorpacciata con le striscie di seppia appese artisticamente agli ami. La baraonda che ne seguì mi fa sorridere ancora oggi, pur compiangendo il povero micio per la spiacente e dolorosa disavventura. Ma bisognerebbe compiangere ancora di più i gatti della società del consumo, a cui si atrofizzavano le unghie, contestano lo studio dei topi, hanno perso la gioia di vivere e la fede nella vita, e magari sono drogati. La caduta degli ami dentro il criel era il groviglio più imbrogliato che Arianna potesse districare, per uscire dal labirinto di una matassa con gli ami agganciati in tutti i sensi, e poter così riordinare la incessante processione degli uncini. Sbrogliare un parangal intrigà, senza tagliare gli ami era un’abilità di molto superiore a qualsiasi rompitesta cinese [e lo posso confermare anch’io, avendolo fatto in Dalmazia per mio cognato, ma fortunatamente solo un paio di volte]. Grande era l’abilità dei nostri pescatori nel maneggiare, inescare, calare, e ripescare, pur con mare mosso nel freddo inverno, questo lungo ordigno dalle mille code pungenti, ma quale strazio per le nude mani assoggettate per ore al tormento di inevitabili punture e al freddo corrosivo dell’acqua salata. Secondo la stagione i pesci che si pescavano variavano dai guati, spari, orade, ai moli, dai cagnolini, asiai, rase, alle lanserne, tutti pescati sul fondo e come variante in superficie gli angusieri con il parangal coi suri. Le nasse Le nasse, cestelle a ritroso o meglio scatole composte da una armatura di tondino, rivestita con maglia di ferro, avevano su un fianco un misterioso imbuto d’entrata a senso unico, inesplicabile alla mentalità infantile. Sul fondo si fissava l’esca e si chiudevano con una portella nella parte superiore, che veniva mimetizzata con la flora del fondo del mare, per renderla invisibile ai pescatori di frodo e forse per creare fiducia agli innocenti pesci a passare lo stretto di una via senza ritorno. Si calavano specialmente tra San Simon, Canè e Punta Ronco ad una profondità di cinque o sei metri, dove l’acqua era di una limpidezza meravigliosa. Per molti, che non fossero a conoscenza, è doveroso ricordare, che, come si poteva desumere

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dai libri di geografia dell’epoca, avevamo l’acqua più limpida e trasparente di tutto il Mediterraneo nella zona che va da Punta Ronco fino a Pirano. In certi giorni di mare particolarmente calmo e riposato si poteva vedere il fondo sino ad una profondità di venti e venticinque metri. In questo giardino sottomarino, dove il fondo era meno regolare, dove c’erano delle anfrattuosità, scalini, piccole fosse si calavano le nasse, annotando, quasi mentalmente, il segno, ossia le coordinate di incrocio (una casa in linea con un albero, una sorgente d’acqua con una roccia, la cima di un monte con un campanile), per poterle ripescare con la grampinela, nel caso l’acqua si fosse intorbidita per il movimento ondoso del mare e nei giorni di pioggia. Le nasse non erano arnesi selettivi, non avevano preferenze, ci si potevano intrappolare tutte le specie di pesci curiosi ed affamati che si aggiravano nelle sue vicinanze. La orata era l’uccello dorato, che si preferiva veder apparire nella gabbia al ripescarla, odiati i lepi, che consumata rapidamente l’esca, la rendevano sterile; malviste le cepe, perché simili ai branzini, ne creavano la passeggiera illusione ed erano rigettate in mare con disprezzo, perché erano inoltre incommestibili per sapore e quantità di spine; non frequente era l’apparizione del grongo specialmente apprezzato alla vigilia di Natale. La milaida195 Prima della comparsa della saccaleva, l’arte (rete) più importante dell’arte ittica dei nostri pescatori era certamente la milaida. Milaida si chiamava, così affermano i vecchi pescatori, perché per confezionare le sue maie (maglie) erano necessari un milione e passa di gropi (nodi), equivalenti alla quantità di nodi di un tappeto persiano fatto a mano, per la cui esecuzione sono necessari quattro o cinque mesi di lavoro a tempo pieno. Le nostre nonne, con una costanza ed abnegazione, che oggi ha sapore di leggenda, rubando il tempo ai lavori domestici e al riposo, maneggiando madasse di finissimo filo di cotone a braccia e col disvoltor avvolgevano innumerevoli giomi e riempivano infinite gusele; e consa che te consa, accompagnandosi con le necessarie e congenite ciacolade per sei o più mesi, maglia dopo maglia, giro su giro, riuscivano a portare a compimento una milaida completa. Un vero capolavoro di pazienza, un merletto gigante di centinaia di metri quadrati, da spaventare e lasciare ammirate le più famose ricamatrici del tombolo, vanto e gloria della scuola dei merletti di Isola, decantata nella tradizione per la perfezione di meravigliosi capolavori. Per questo immane e non apprezzato travaglio è giusto segnalare queste nostre ignorate nonne e sentire per loro un senso di orgoglio e un postumo riconoscimento alla instancabile laboriosità. Secondo il parere competente dei veci pescadori, la milaida fatta in casa, a mano, era più pescatrice, perché le maglie, fabbricate per il lungo e non per il largo come nelle meccaniche, in mare rimanevano più aperte e trasparenti facilitando così l’impirarse, meglio l’accalappiarsi, delle sardelle all’imbattersi contro la rete fatale. Che intenso e variopinto viavai e fervente lavorio, in una splendida e soleggiata mattinata d’estate, lungo le rive e il porto, si presentava agli occhi di chi osservava le barche, che arrivavano dalla pesca, calavano le vele e si accostavano nei posti preferiti; mentre una parte dell’equipaggio procedeva a lavare le reti, sbattendole vigorosamente in mare liberandole dalle squame e dalla fanghiglia, un’altra parte si preoccupava a sbarcare le cassette ricolme di sardelle, per consegnarle contate e ordinate alle fabbriche.

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Il Mandracchio di Isola nell’immediato secondo dopoguerra. La barca con la vela in primo piano è registrata IZ-238. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

Altri pescatori con le silviere portavano ad asciugare le reti sugli sparsori, tralicci di pali di pino, che erano già serviti come alberi e penoni delle vele, si avviavano verso So’scoio, geograficamente Punta del Gallo, e lungo la riva della pescheria fino al Casoto, capannone in legno, che si erigeva vicino alla bocca del porto. Tutto in mezzo ad cicaleccio continuo, con i commenti sulla pesca del giorno, sulle miere (migliaia) di sardelle ciapade da compare Toni o da la giornata, sugli sbreghi causati dagli ingordi delfini, sui segni dove sarebbe stato meglio pescare. E non mancava mai la parte sindacale: su come era giusto dividere le parti del provento della pesca, che i paroni erano esosi, che non era giusto che la barca prendesse una parte e un’altra le reti, perché così i paroni si facevano siori, che mesa parte ai fioi era eccessivo, perché tutti loro avevano cominciato con una quarta parte. Dopo un meritato riposo, nel pomeriggio, ricuperate le cassette e fatte sù le reti, si riprendeva il mare, le barche salivano in ordine sparso, ma tenendo d’occhio, con tutta indifferenza, i batei dei paroni più avveduti e intraprendenti, che guidati da un’istinto atavico e da un radar innato, sapevano dirigersi e scovare le zone più frequentate dalle sardelle. Senza essere invitata, nella loro scia, procedeva gran parte della flottiglia, sino a che la vela pilota e vedetta, riconosciuto il segno più favorevole, tirava a mare il gavitello o la mastela. Con quasi certezza era il punto dove era maggiore la densità dei branchi di sardelle, che in continuo e secolare movimento salivano dalle coste italiane verso Trieste e scendevano per la costa istriana e dalmata verso lo Jonio. Preso possesso del predio da sfruttare da parte dell’ammiraglia, con la stessa legge con cui i cercatori d’oro piantano il palo o la bandiera sul terreno aurifero, avveniva la conversione, la flottiglia si apriva a ventaglio e con la velocità e perspicacia del caso correva a conquistarsi il posto,

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mantenendo le distanze d’uso, e cadùn equipaggio lanciava a mare il fero con la mastela, simbolo di indiscussa conquista. Quel giorno l’ultimo sole splendeva nel segno: Montarò in aguer (Monte Re in linea con il ruscello) e Salvori oro (la punta Salvore in linea con la punta di Pirano), il mare tranquillo e la naturale quiete e silenzio del luogo rendeva, per un momento, taciturni e pensosi gli uomini in quella dolce calma, che purificava la mente e dava allegrezza e sicurezza all’animo, forse per pochi istanti in riposo. Era un momento di stasi e di osservazioni, prima di riprendere con lena, la fatica quotidiana. Sondata la profondità del segno, si graduava la lunghezza delle sagole dei segnai (grandi sugheri che sostenevano le milaide, che altrimenti si sarebbero appoggiate sul fondo per il peso proprio dei piombi, a mezza acqua, dove presumibilmente era più intenso il movimento dei pesci). Constatata la direzione della corrente marina, si procedeva a calare le reti, lanciando ogni tanto i segnai lontani dal bordo. Un’allegria improvvisa illuminava i volti, ogni qualvolta si vedevano raddrizzarsi ed affondare i segnai, era il segnale che le reti erano state investite da una miriade di sardelle e le reti, pesanti per il carico ricevuto, tiravano verso il fondo le sagole. Non poche volte quest’allegria era offuscata dall’apparizione dei delfini, che famelici si lanciavano sulle prede immobilizzate, provocando degli enormi squarci nella debole ragnatela. E quali grida e urla provocavano, e batter di legni sul fondo e sui bordi delle barche per spaventarli e metterli in fuga; inutilmente, i cetacei continuavano il loro banchetto e una volta satolli, venivano a fior d’acqua a fare meravigliose capriole ed emettere certi rumori, che per decenza chiaramente pernacchie, molto spesso erano accompagnati in questo festino dai loro s’gionfeti (piccoli delfini); amaramente e per la verità le reti non erano state calate ad usum delphini (ad uso e consumo del delfino). Ivo Contesini

Salvatore Perentin (L’orefice SALVATORE PERENTIN era nato il 10 luglio 1915, è morto a Trieste il 5 maggio 1987. Era collaboratore di Isola Nostra dal 1967 al 1983, del quale alcuni suoi scritti sono stati pubblicati anche dopo la sua morte.) L’ASTA DEL PESCE196 Quando si viveva felici e uniti nella nostra cara cittadina, trovandosi anche per puro caso nella vicinanza della pescheria all’ora del rientro delle barche dalla pesca, e ciò avveniva di prima mattina, si poteva assistere alla pubblica asta del pesce; era come assistere ad una cerimonia resa più bella dalla coreografia che la circondava. Il pesce ben disposto nelle cassette, veniva dalle barche caricato sul carro, proprietà della pescheria e trasportato davanti ad essa, dove scaricato sul selciato, veniva subito osservato ed esaminato dal di sotto in su, per accertarsi che non vi fosse la covertina, quell’astuzia che poteva esser stata escogitata dai venditori, coprendo col pesce più grosso el minù, il più piccolo. In questo momento si faceva avanti il padrone della pescata proferendo la parola:

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Vendo. La vendita era segreta ed il prezzo era uno solo per tutto il pesce: bon per scarto, come si usava dire. I pescivendoli ad uno ad uno si avvicinavano al proprietario del pesce e parlottandogli sotto voce, con la mano all’orecchio per non essere sentiti, gli annunciavano il prezzo. Il pescatore doveva ricordare tutte le promesse che poi non erano troppo differenti, trattandosi forse di centesimi, essendo diversi i pesseri, i compratori che qui voglio ricordare: i fratelli Tognon Pepi, Giacomo e Romano (bacan), Benvenuti Emilio (tataica), Benvenuti Francesco e Fernando, papà e figlio (sisoti), Degrassi Francesco (Checo Pea) e Degrassi Cesare (schivo) e qualche altro che eventualmente posso aver omesso. Se le offerte al venditore non erano soddisfacenti, questi poteva farsi ripetere una seconda offerta. Ancora non troppo contento, senza palesare le singole offerte, poteva aggiungere: chi alsa ancora calcos(s)a, butè su calcos(s)a, ara che vendo, e alla piccola offerta che veniva fatta aggiungere alla segreta, rispondeva: Vendù, la pescada xe vostra, ‘ndemo a pesar. Le cassette allora venivano portate nella pescheria, pesate sul decimal dall’addetto alla pesatura che ultimamente era Viezzoli Giuseppe (campane), il quale rilasciava regolare ricevuta, dietro la quale subito veniva pagato l’importo, sempre in base al peso e all’offerta. [...]

La pescheria di Isola con le arcate dove nei paraggi, almeno fino al 1945, si teneva la tradizionale asta del pesce. La cartolina edita da Vittorio Stein di Trieste, fu spedita nel 1903 a Nicolò Delise, futuro proprietario dell’omonima e rinomata fabbrica di sardine, il quale si trovava allora a Verbosca sull’isola dalmata di Lesina per motivi di lavoro, per conto della fabbrica dei Francesi in Isola. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

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Il pesce veniva quindi portato al magazzino e da qui inviato a destinazione. In gran parte finiva sul mercato di Trieste; il resto passava direttamente o alle osterie locali o alla pescheria perché era giusto che anche gli Isolani avessero ad avere del pesce fresco, quantunque quello fino cioè quello di primissima qualità non poteva essere acquisibile dato l’alto prezzo. La scena descritta più sopra si ripeteva ogni qualvolta arrivava un nuovo venditore al quale si faceva una nuova impromes(s)a a seconda della qualità del pescato. Questo era il sistema di vendita, diretto, comodo e onesto col quale la merce era assegnata a chi la pagava meglio e tutti erano contenti; sistema che si rispettava pure sul mercato ortofrutticolo alle Porte. I NOSTRI SQUERI197 Sin dalla notte dei tempi Isola è stata definita la popolana del mare per le sue nobilissime tradizioni marinare e perché attraverso il lento fluire dei secoli, essa seppe vivere con il mare e da esso trarre fonte di guadagno e di vita. Anticamente Isola si chiamava Alieto: questo nome ci viene tramandato dall’antichità e, sembra, che derivi dal greco ALIEUO che significa io pesco, in riferimento al fatto che l’occupazione principale dei suoi abitanti è sempre stata la pesca. [...] Il mare dà molto generosamente, ma quand’è arrabbiato sa riprendere allo stesso modo, ed esporre alle più impreviste insidie e pericoli senza possibilità di aiuto tempestivo ed efficace. Per questo motivo, per il duro lavoro sul mare bisogna avere delle solide e resistenti barche per poter affrontare burrasche e tempeste impreviste; per tale motivo Isola ha avuto pure il vanto di avere dei piccoli ma ottimi squeri con dei valenti artigiani: calafai. Squero: strana parola che nel suono ricorda il caratteristico profumo di catrame, di nera pegola fumosa, di stoppa bruciata, di vernice e di acqua stagnante nelle sentine. Ricorda inoltre il gorgoglio dell’onda morente tra gli anfratti della scogliera e il dolce scorrere della barca lungo i vasi che la fanno scivolare docilmente in mare, cataste di assi di legno duro, ben stagionato, grossi tronchi di rovere di ogni spessore e lunghezza. I calafai si muovevano in mezzo a quella baraonda, sapendo con precisione dove mettere piedi e mani per trovare l’attrezzo occorrente, là dove nessun estraneo si sarebbe sognato che potesse trovarsi. Uomini neri, affumicati come aringhe per il costante contatto con il ferro, con il fuoco e con la salsedine. A questa attività di squeraioi si dedicarono coloro che spesero la propria vita fra i tronchi di rovere, in sforzi che talvolta avevano del sovrumano. Nel secolo scorso i nostri vecchi calafai, lavorando intorno alle barche in costruzione, usavano mormorare, allo scopo di premunirsi, lo scongiuro: Che te possi incontrar… contro i strighi e contro el mar questa barca navegar…

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Infatti, Sant’Andrea e San Pietro, pescatori essi stessi al tempo di Gesù non avrebbero potuto non attrarre la generale devozione, tanto che per tale devozione, ad Isola le località più antiche furono denominate per onorare i santi Simone, Pietro, Andrea ed a essi furono innalzate chiese e capitelli, venerati ed invocati anche durante i temporali, salmodiando: San Simon libereme de sto ton – Santa Barbara benedetta, libereme de sta saetta, mentre si usava bruciare nel fuoco l’ulivo benedetto conservato sin dalla Settimana Santa, precedente la Pasqua, per invocare il ritorno della calma dopo le folgori e la tempesta (a fulgore et tempestate Libera nos Domine). Dei squeraioi facevano parte pure i segadori in questo duro lavoro in cui occorreva forza ed occhio, per ricavare dal grosso tronco i fettoni per l’ossatura, i madieri per il fasciame, i paramezai per il centro scafo ed i contraforti. Ricordiamo sul piazzale dietro la pescheria un grosso tronco di rovere saldamente fermato con le catene su due alti cavalletti, mentre in alto, quasi in equilibrio, c’era il buon Carlo Degrassi (placa), specialista in carpenteria, e sotto un operaio per guida, con una grande sega telaio a mano; tagliavano essi il grosso tronco, riducendolo in bei tavoloni dela grossezza occorrente per rivestire l’imboscada che si trovava sotto la tettoia dello squero. Quando la barca era finita si cominciava la vera e propria rifinitura, arrivava il pittore per stuccare e dipingere la nuova barca, e decorare i oci de prova con qualche bel motivo, come lo stemma comunale d’Isola, la bianca colombella con il ramoscello d’ulivo in bocca, il leone di San Marco, la rosa dei venti, o altri significativi simboli marinareschi. I filetti del bordo erano sempre nei colori nazionali. Infine arrivava il sacerdote per la cerimonia della benedizione e poi c’erano i preparativi per il varo, la dolce scivolava in mare tutto finiva poi con l’immancabile incofo a base di baccalà in bianco, brodetto di pesce e tante altre buone specialità nostre, abbondantemente inaffiate da buon refosco isolano, che metteva in cuore un senso di allegria e finiva con i bei canti che ricordavano il mare, con l’immancabile barcarola isolana: Sona le sinque de sera oilà Duti i batei va fora oilà e se ghe ciapa una man de bora duti quanti coi farai fora i cori in porto a luminar… Come ancora ricordiamo [...], a Isola erano due gli squeri: quello dei Deste dietro la pescheria e quello in Riva de Porta dei Dagri. Salvatore Perentin

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Il cantiere (“squero”) dei Deste era situato tra la pescheria e la Punta del Gallo di Isola, dove sul suo bagnasciuga sgorgava ancora l’acqua sulfurea (“acqua de ovi” in isolano) almeno fino ai primi anni Cinquanta del XX secolo. Ora è sparito ed è stato sostituito da una bella passeggiata lungo il mare. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

Giovanni Russignan detto Manasse (GIOVANNI RUSSIGNAN è nato nel 1921, abita a Muggia presso Trieste. È autore di diversi libri e testimonianze, collabora con Isola Nostra dal 1968.) NEI PESCATORI LE RADICI PIÙ AUTENTICHE DEGLI ISOLANI198 [...] Senza lasciarci prendere dalla tentazione di ricostruire immagini di gente vissuta a Isola in tempi remoti, che ci porterebbe a risultati errati, ci sembra buona cosa limitarci ad osservare attentamente (e con prudenza!) l’aspetto ed il carattere della popolazione isolana attuale. […] La categoria dei pescatori si dimostrava diversa da quella degli agricoltori, e questa diversa da quella degli operai. I pescatori presentavano, in genere, particolari doti di vivacità sia fisica che mentale. I loro volti, bruni e ruvidi, attraversati da qualche solco, erano quelli di gente avvezza a vita dura e di sacrifici.

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Venezia 18 agosto 1928. La signorina Adelina Degrassi (Barcaricio) e Pini Drioli (de Vittoria) vestiti da pescatori isolani, al “Raduno dell’antico costume italico” organizzato dall’ “Opera Nazionale Dopolavoro” della provincia di Venezia. In Piazza S. Marco vi parteciparono anche tutti i gruppi delle cittadine istriane, alla presenza di Mussolini e di oltre 25.000 spettatori. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste. Ved. anche “Isola Nostra” N. 73, Trieste, 1971)

Nello svolgere il loro lavoro erano svelti, sicuri e scattanti, se occorreva. Con un colpo d’occhio, in mare, calcolavano le distanze. Individuavano, come il segugio la tana della volpe, il tratto di mare buono per calare le reti. La loro mente, sveglia e attiva, li spronava sempre a cercare il modo migliore per catturare il pesce. Avevano la battuta facile e spiritosa, spesso piccante, intercalata, purtroppo, con qualche bestemmia. I coretti che improvvisavano, quasi sempre nelle osterie del porto, manifestavano la loro indole allegra e bonaria. Non disdegnavano, come tutta la gente di mare un buon goto de vin, bevuto anche fuori dei pasti. Nelle loro interminabili chiaccherate, mentre si davano da fare per rattoppare le reti (consar), sovente finivano, per un banale motivo, in focose discussioni, e chi faceva la voce più grossa aveva sempre ragione. I pescatori isolani erano maestri nell’inventare parole e frasi che poi venivano ripetute abitualmente. Il loro gergo, oltre a essere divertente, arricchiva la fantasia del folklore isolano. Non erano assidui frequentatori della Chiesa, come lo erano gli agricoltori, ma le loro preghiere le dicevano lo stesso, se non altro quando si trovavano in mare durante un furioso temporale estivo. Bravi padri, amavano le loro famiglie e provvedevano a mantenerle come meglio potevano. [...] Giovanni Russignan

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L’osteria “Mira l’Onda” al fianco destro della pescheria di Isola, era una meta preferita anche dei pescatori per bersi un buon bicchiere di vino dopo il duro lavoro, e in particolare nelle ore libere e nelle feste. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

Salvatore Perentin ARRIVA DA NOI L’INDUSTRIA DEL PESCE199 […] La prima forma di lavorazione del pesce conservato a lunga durata in scatola, sott’olio d’oliva, ha iniziato il suo cammino oltre un secolo fa. Così i primi esperimenti li si ebbero in Norvegia, seguita poi dalla Francia; questi esperimenti si dimostrarono subito positivi da farli applicare su grande scala industriale. E proprio da Parigi, un lungimirante gruppo di industriali francesi puntarono sulla nostra cittadina (la popolana del mare) scegliendola come centro per una prova tecnica, per questo nuovo sistema di lavorazione del pesce in scatola. Era il mercoledì 30 ottobre 1880, quando giunse direttamente da Parigi, a Isola, una allegra comitiva di Francesi, entusiasti subito della nostra cittadina e del suo bel mare, ricco di pesce azzurro: sardine, sardoni, sgomberi. Il posto fu ritenuto ideale; non per niente la nostra cittadina aveva avuto l’appellativo di famosa, tale cioè per l’eccelente suo spirito intraprendente dovuto all’attività dei suoi cittadini in tutti i campi del lavoro.

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Per 20 giorni i tecnici francesi furono graditi ospiti, ed essi ebbero tutto il tempo per esperimentare il nostro pesce inscatolandolo col nostro olio di oliva oltre alla gioviale ospitalità degli Isolani. Le prove riuscirono le migliori, sotto ogni punto di vista e con piena soddisfazione per tutti, come si legge nel rapporto finale rilasciato in data 12 novembre 1880 e presentato alla Società Generale Francaise de Conserves Alimentaires con sede in Parigi, in Rue d’Hanteville 38, della banca Anglo-Austriaca, la mandataria di questa commissione incaricata di trovare il posto migliore per questa nuova industria. Ben presto fu trovata l’ubicazione per il primo impianto di questa prima fabbrica isolana e logicamente la scelta cadde sul preesistente vecchio stabilimento di Bagni di acque sulfuree, cosicchè oltre ad essere chiamata da noi la fabbrica dei francesi, fu chiamata pure ai bagni. Il primo stabilimento isolano per la lavorazione del pesce fresco ebbe inizio il 2 febbraio 1881 e assunse formalmente il nome e la ragione giuridica di Società francaise de Conserves Alimentaires con sede a Parigi. L’iniziativa ebbe ben presto largo sviluppo non solo per il carattere di grande novità, corrispondente del resto alle naturali risorse locali, ma anche per la praticità e la serietà dei suoi criteri tecnici e di mezzi finanziari che la imposero alla considerazione del pubblico commercio. Da questa prima partenza, ben presto l’idea della lunga conservazione del pesce in scatola, si allargò tanto presto che, già nel 1882 si diede vita ad un secondo stabilimento, questa volta per conto della ditta C. Warhanek di Vienna sostenuta dalla Banca Centrale delle Casse di Risparmio tedesche, in località S. Rocco, accanto alla piccola chiesa dedicata a questo Santo. Da un inizio di modeste proporzioni ben presto anche questo secondo stabilimento si ingrandì tanto, da formare un complesso di cinque grandi fabbricati che occuparono un’area di 10.000 mq. Ogni fabbricato fu destinato ad usi diversi; si ebbe così i reparti: salazione del pesce, lavorazione di esso sott’olio, il reparto caldaie e macchine, autoclavi, ventilazione ad aria calda, quello per i magazzini di materie prime e spedizione, nonché e questa fu una novità, un fabbricato per la lavorazione delle prugne. Questa fabbrica la chiamammo subito Saroco. Dalla lavorazione completamente manuale e antiquata, in breve volger di tempo si passerà ai più perfezionati sistemi della moderna meccanica come al primo impianto completo per la produzione dell’energia elettrica per l’azionamento dei macchinari e l’illuminazione dello stabilimento. Per avere un’idea della potenzialità di questo stabilimento nella sua attività, riporto qui i dati statistici principali riferenti la produzione dell’anno 1912. Sardine all’olio 1.000.000 di scatole. Sardine salate e filetti 2.000.000 di scatole. Prugne dissecate 100.000 casse. Quasi contemporaneamente allo stabilimento di Warhanek si darà vita nel 1883 ad un terzo con proprietari isolani, in località fontana fora; infatti questa fabbrica di Giovanni Degrassi (candeleta) sempre con alle spalle la Banca delle Casse di Risparmio tedesche con sede a Vienna. Già in questo stesso anno approderà al pontile a mare, la prima portolata con le cassette ricolme di sardelle appena pescate, mentre sotto l’adiacente tettoia, le donne inizieranno le prime manipolazioni di quel pesce che poi completamente lavorato arriverà nei vari paesi del vasto impero austro-ungarico. I reparti si affolleranno di lavoratori

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d’ambo i sessi, e i reparti si animeranno, come d’incanto, di una febbrile e vivace attività di lavoro. Farà seguito a queste tre una quarta fabbrica in località S. Pietro: la Noerdlinger e Fratello con sede a Trieste. Questa sarà di proporzioni più modeste, ma darà lavoro a molti operai; sarà chiamata la fabbrica de S. Piero, la fabbrica degli ebrei essendo i proprietari di religione ebraica. Altra fabbrica ancor più modesta sarà quella di Giovanni Troian e Comp. sempre della Banca delle Casse di Risparmio tedesche. Un’altra fabbrica tutta isolana a gestione familiare sarà la Fabbrica Conserve Nicolò Delise – Isola d’Istria. Una fabbrichetta, questa, modesta e linda, che seppe subito imporsi sul mercato del pesce conservato, padrone un ex operaio della prima fabbrica d’Isola, che si distinse per la sua capacità tecnica e per la sua serietà da essere inviato come tecnico a Fasana, in Portogallo e poi in Dalmazia a fondare nuovi conservifici e ad ammaestrare le nuove leve per essi. Nicolò Delise (lustro) dopo 35 anni di continuo servizio, si ritirò, per realizzare un suo sogno da sempre accarezzato: l’apertura di un piccolo stabilimento, ma tutto suo. Il sogno diventò realtà nel 1924, quando finalmente in Vier, quasi adiacente alla fabbrica dei Francesi, aprì la sua fabbrichetta, ben attrezzata, con poche ma ben preparate maestranze. In breve tempo questo piccolo stabilimento divenne famoso ricevendo 2 medaglie d’oro, una all’Esposizione Campionaria di Montecatini, l’altra a quella di Roma già nel 1925. I suoi prodotti si piazzarono nel Centro Europa e nel Sud Africa; i suoi figli furono sempre suoi collaboratori accorti. Una grande novità per quel tempo lanciata da Delise fu la Trippa al Parmiggiano; bastava riscaldare la scatoletta a bagnomaria per 5 minuti, aprirla e si aveva subito una buonissima e profumata trippa al formaggio, pronta ad essere servita in piatto. Le scatole portavano per emblema la bianca colomba con il ramoscello d’olivo nel becco, l’arma comunale isolana. Non dimentichiamo che durante la prima guerra mondiale nella fabbrica dei francesi si confezionò la carne in scatola per l’esercito austro-ungarico e che fu allora che si costruì il macello ai piedi del colle di S. Pietro. Questa è la cronistoria in succinto delle fabbriche di conserve di prodotti alimentari conservati in scatola della nostra cittadina. Ora tutte queste fabbriche, due adibite a magazzini, quella di Delise è sparita, sono riunite in una sola, che vende sul mercato i suoi prodotti sotto una etichetta con marca: DELAMARIS equivalente a: Del: De Langlade (Capodistria) Am: Ampelea Ar: Arrigoni Is: Isola. I prodotti attuali non hanno però niente a che fare coi prodotti dei nostri tempi, quando i nostri vecchi operai ed operaie, oltre che all’esperienza mettevano nel loro lavoro tanto amore e tanta gioia. Mi chiedo solamente, per curiosità si intende, se ancora oggi le operaie accompagnano il loro lavoro con canti e se sciamano con tanta allegria lungo la Grisa o per il Vier, al termine dei turni di lavoro, come una volta. S. Perentin

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L’ex Ampelea Conservifici S. A. con il camino ancora fumante e che recentemente è stato demolito, ripresa dall’isolano Italo Franza l’1 luglio 1972. (Collezione di Ferruccio Delise, Trieste)

Aldo Colocci (L’impiegato Capo spedizioni dell’Arrigoni ALDO COLOCCI era nato l’1 settembre 1911, è morto a Trieste nel gennaio del 1992. Ci offre un’ampia panoramica di quella fabbrica nella sua testimonianza del 1968.) ORIGINI, INQUADRAMENTO E ATTIVITÀ DELLO STABILIMENTO ARRIGONI (1968)200 L’ARRIGONI era una grande industria con sede sociale a Trieste e stabilimenti a: CESENA, Cattolica, Piacenza, Sesto Fiorentino, Grado, ISOLA, Umago, Fasana, Pola, Lussinpiccolo e Sansego. Tutti disposti secondo le esigenze del luogo con la propria specifica mansione di lavoro, per i prodotti della terra, del mare per la conservazione di altri generi alimentari. L’origine risale a Isola d’Istria il primo gennaio 1920 con l’assorbimento dello stabilimento Warhanech da parte del Signor Giorgio Sanguinetti che impose il suo nome fino al 1926 per poi continuare con il pseudonimo di Arrigoni S. A. Ben presto questo nome dai caratteri cubitali guadagnò i mercati mondiali, tanto da primeggiare con tutti i suoi prodotti. Sanguinetti era il cervello dell’azienda, vedeva le necessità sapeva le difficoltà e con spirito battagliero le superava con

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la certezza di raggiungere la meta prestabilita e precisamente il potenziamento e la modernizzazione dei suoi stabilimenti. Varie migliaia di operai e centinaia d’impiegati erano occupati in questa industria che lo stesso Sanguinetti spesso la descriveva come la sua famiglia arrigoniana. L’inquadramento era studiato sotto tutti gli aspetti tecnico-produttivi; nella sede di Trieste oltre ai numerosi uffici di direzione, amministrazione e tecnici generali, vi erano anche gli uffici stampa, propaganda, concorso premi e tipografia del giornalino La Voce di Arrigo che mensilmente usciva con fotografie e notizie dei dipendenti e dell’azienda. Cesena e Isola erano gli stabilimenti centrali, con relative direzioni, uffici tecnici, movimento entrate, uscite, contabilità, cassa, spedizioni e tutti i reparti di produzione con capo responsabile e sostituti per ogni reparto o ufficio e relativi impiegati. A Isola i reparti erano: pesce fresco, pesce salato, antipasto, estratto carne, sala macchine, officina meccanica, falegnameria, arrivi merci, spedizioni, nonché i sottoreparti o sezioni: braccianti, fuochisti, elettricisti, muratori, bottai, salatori, guardiani assistenti di depositi olii, pesce, verdure, scatolame vuoto e materiale vario. Inoltre un laboratorio chimico attrezzatissimo, un’infermeria con sala maternità (villa), una mensa con relativa cucina, spaccio viveri ed un dopolavoro completo di tutte le attrezzature sportive, sale da gioco, di ritrovo ed il teatro dove spesso gli operai venivano intrattenuti per lavori o festeggiamenti con l’orchestrina Arrigo.

Isola d’Istria 2 dicembre 1937. La sezione maternità e allattamento della fabbrica di conserve Arrigoni, con le operaie madri e i loro figli, che posano per questa foto. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

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L’attività dello stabilimento era talmente intensa, che alle volte non veniva nemmeno notato il breve periodo di crisi di qualche anno, in quanto la direzione sapeva sfruttare questi momenti per la riutilizzazzione di tutte le scorte, per poi riprendere con materia prima nuova, al ritmo di tre turni giornalieri in certi reparti, mentre gli altri un po’ forzati purchè raggiungere o superare il guadagno previsto per l’annata. Per vari anni si sono alternati sulla baia d’Isola, prospiciente al molo dello stabilimento, piroscafi provenienti dalla Turchia o dai nostri mari, portanti tonnellate innumerevoli di tonno fresco per essere conservato in scatole di latta la parte buona, mentre lo scarto di questo veniva posto nella grandiosa macchina essicatrice per la estrazione dell’olio e della farina di pesce. Inoltre l’Arrigoni possedeva un cantiere con la propria flotta peschereccia per il pesce turchino (sardelle e sardoni) e nei periodi prescritti per la pesca, era un vero spettacolo assistere all’indescrivibile arrivo, che di solito era di enorme portata, in quanto le reti di tutti i pescatori venivano calate in mare, soltanto se le lampare incaricate alla raccolta del pesce segnalavano un non indifferente quantitativo di esse. Questo pesce una volta in stabilimento veniva parte salato in barili per le lavorazioni di filetti sott’olio per l’anno prossimo, ed una parte delle sardelle venivano inscatolate per la vendita immediata. Tutti i prodotti dei reparti di produzione convergevano in magazzino di spedizione per essere posti nei rispettivi imballaggi e quindi inoltrati a destinazione tramite autotreni diretti, oppure con traghetti fino a Trieste per l’inoltro sui treni o piroscafi destinati in tutte le parti del mondo. I filetti di sardine e gli antipasti si confezionavano in scatole di latta che lo stesso stabilimento preparava tranne la litografia, in quanto la latta arrivava già litografata, mentre i dadi e gli estratti venivano posti nei più svariati recipienti: vetro, scatole e pentole di alluminio in tutti i formati riutilizzabili nelle famiglie una volta consumati i dadi e l’estratto. A. Colocci

Nella Sodomaco (NELLA SODOMACO vedova FORAUS, era nata il 23 dicembre 1927, è morta a Trieste il 20 maggio 2002. Collaborò alla rivista “Isola Nostra” dal 1982, dove aveva anche una sua rubrica dialettale Me ricordo.) I FIS’CI DELE FABRICHE201 Do fabriche cussi grande in una citadina cussì picia iera sai roba…L’Ampelea e l’Arigoni ghe dava lavor a tante anime. I vegniva anca dai dintorni. Mi stavo de casa propio in contrada de l’Ampelea. Sete e quaranta de matina fis’ciava la sirena: el primo fis’cio. E scominsiava a rivar la gente: prime iera le capodistriane, con calma, in bicicleta. Iera rivà el vapor de l’Istria-Trieste, che portava le piranese. Dopo, qualche omo, pian perché iera bonora; muli, co’la marenda in man e, come passava i minuti, sempre più se infissiva de gente. Eco, le zovane coi siai neri, i labri piturai col rosseto, le done de famea un poco dopo, un poco più svelte. Done de la Corte, de Malìo, Monte de Capodistria, Maresego, Saredo. Ste cristiane le caminava ore per andar e tornar. Meno mal d’estate, ma d’inverno! Le rivava a Isola che iera ancora scuro, per far più presto le se calava zo pai grembani, poco vistide, qualcheduna no gaveva gnanca calse, perché le iera sai povere e a casa ocoreva tante robe…(Me ricordo de una che la iera sempre incinta

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e la iera sempre de corsa). Ma se fasseva tardi e duti oramai i se manisava. Sinque ale oto, secondo fis’cio: zo, duti i ritardatari a corer prima che i serassi el porton! Oto in punto se doveva scominsiar a lavorar. Fis’cio de mesogiorno: via, duti fora a pransar svelti, che iera poco tempo! Quei che stava in paese coreva a casa, i altri magnava in mensa. Ai “quaranta” de novo el primo fis’cio: persone che ciacolava e schersava e i se ciamava un co’l’altro, i tornava verso la fabrica. Sinque ala una, secondo fis’cio. Una in broca, terso fis’cio, se lavorava. Per dir la verità, non ciapava gnanca fiaca dopo magnà, anca se no se beveva el cafè, perché el pranso iera un piato de minestra e un toco de pan: cussì nissun gaveva colesterolo! Sinque e un quarto: ultimo fis’cio. El quarto d’ora iera el ricupero dei minuti de marenda dela matina ale diese. E consegnada la marca col numero, in porton (ogi se timbra), via, fora, duti liberi. Le capodistriane sule biciclete, le piranese ciapava el vapor, le done dei altri posti le se ingrumava in tante insieme per farse compagnia caminando verso i monti. Le done de famea isolane le se manisava verso casa a far de sena, a lavar le strasse, a stirar. I zoveni, omi e done, se i caminava con premura iera solo per andarse a lavar e cambiar, per andar al cine o a far una caminada. Al sabato le maestranse lavorava fina a mesogiorno e un quarto: se ciamava “sabato fascista”. Adesso invese fassemo el “week end”! P. S. Parlando con Jolanda [Pozzetto], la ga dito che ghe pareva la fotocopia de quel che la vedeva e la sentiva ela che la stava su per l’Arigoni. Nella Sodomaco

Arrivo del pesce azzurro all’Ampelea di Isola, dove viene messo nelle cassette per le successive lavorazioni. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

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Le operaie dell’Ampelea decapitano le sardelle che verranno conservate all’olio dopo ulteriori lavorazioni. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

Le fabbrichine dell’Ampelea puliscono e preparano le sardelle che furono state già decapitate. Sulle casse in primo piano a destra e a sinistra, con la lente d’ingrandimento, nella foto originale si nota la scritta “Made in Italy”. (Collezione di Lida Goina Ved. Perentin, Trieste)

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Nella sala macchine dell’Ampelea di Isola, vengono stampate le scatole per la conservazione del pesce. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

Le sardelle dopo aver subito la decapitazione, pulizia, asciugatura e friggitura, vengono inscatolate per il successivo riempimento di olio d’oliva, l’applicazione del coperchio e la sterilizzazione nelle autoclave. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

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Le scatole già confezionate e provviste del coperchio, vengono strofinate e pulite dalle operaie dell’Ampelea, mentre gli operai trasportano le cassette. (ollezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

Nella sala filetti dell’Ampelea di Isola, le numerose operaie sono intente a pulire accuratamente il pesce salato e togliergli le lische, per metterlo nelle scatole sotto forma di filetti o rotolini di filetti con capperi, che poi saranno coperti dall’immancabile buon olio di oliva e sigillate con il coperchio dalle macchine. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

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SACALEVE A CACCIA D’ “ARGENTO”202 Sona le sinque de sera, ohilà! Duti i batei va fora, ohilà! Se buta una man de bora, Duti quanti coi farai fora, I torna el porto a iluminar! Le prime ore de un dopopranso tiepido de primavera o caldo d’estate. El porto dormi. I tanti alberi se movi apena, apena, seguendo el dondolar pigro dele barche sul mar calmo. Anca fora el xe lisso come l’oio. Se vedi solo qualche batelina, qua e là, no tanto lontan. Man man che passa le ore osservemo qualche picio movimento, un pescador che se vissina ala banchina, el tira la sima de una barca per farla vignir più rente e el ghe salta sora, de là su de un’altra, un’altra ancora, fina ch’el riva a la sua che xe proprio in meso. Riva un altro omo, qualche altro, sempre de più: del Fontego, de una canisela, de zò de Zanon, de la Puia. Ogni pescador tien soto el brasso una cassetina con qualcossa de magnar e una fiascheta de vin perché el devi passar la note sul mar. Su le barche xe za ben sistemade le rede e ogniduna ga i farai picai drìo pupa, perché quele xe le sacaleve. Intanto sula piassa e sul porto l’atività se ga fato quasi frenetica, perché ormai bisogna manisarse per partir. El scopio del motor de una barca, quela più vissin a l’ussita; pian, pian, la se movi; un’altra meti in moto, un’altra, e pò dute. La prima barca se lontana lentamente fin che la riva oltra la boca del porto e dopo la acelera per farghe posto ale altre. El rumor se ga fato sordante e ancora el diventa più forte, quasi insoportabile. El volume de la confusion scominsia a calar quasi sensa che se acorsemo in un primo momento. Man man che ogni barca ciapa el mar, resta un posto svodo in porto, tanti posti, fin che no resta più nissun. Su la riva, qua e là, qualche dona che iera vignuda a portarghe al marì qualcossa ch’el se gaveva scordà; qualche mula che ga portà un saludin al proprio moroseto: mularìa, che no mancava mai in nissun posto, come al solito in gran movimento. Le sacaleve se lontana sempre de più e le vardemo provando un senso de svodo, de malinconia, quasi de nostalgia. No fa niente pensar che domani matina le barche sarà de ritorno. A ogni partensa se prova questi sentimenti. Intanto cala la sera. El ciel se scurissi, ven la note. Note scura, sensa luna e devi esser cussì, perché le sacaleve impissa i farai in mar verto per riciamar i pessi sotto la luce. Se sarìa ciaro de luna, i se sparpagliaria e no i li podarìa pescar. Chi no ricorda le lusi lontan, lontan quasi a formar una colana de brilanti. E la matina dopo, bonora, le barche torna e se la pesca xe stada bona le brila de tanto argento; sardoni, sardele, scombri vivi. I camion de le fabriche pronti per carigar quel ben de Dio! Sto argento val oro: vol dir lavor per tanta gente, operai, impiegati, mecanici, dute le maestranse insoma oltre i pescadori. No xe però che fili cussì lisso: xe note che i pesca poco, note che el mar diventa bruto, note che scopia burasche! Le barche torna in porto svode o quasi. Solo a vardarle le meti tristessa. Eh si, el mar xe belissimo, maestoso e teribile! Vardemo el pescador: el mar ga scolpì sto omo. Viso brustolà dal sol e da le intemperie; vose rauca per le trope volte che el vento e la salsedine ghe ga sugà la

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gola. El colo, come una carta geografica, solcà de tanti canai. Sguardo profondo, che sa vardar lontan, che conossi meio dei meteorologi el tempo che farà, perché scrutando orisonte, mar, ciel, luna e stele, el capta ogni segnal de cambiamento che se verificherà. El pescador riva a tera stanco ma orgoglioso e sodisfà dopo un pesca abondante. Ancora più stanco ma tanto avilì e triste quando el ga batù el mar per poco o per niente. Perché sicuramente no se pol programar la pesca al computer! Nella Sodomaco

Barche di pescatori nel Mandracchio di Isola nell’immediato secondo dopoguerra: sulla tettoia dell’ingresso dell’ex “Trattoria Bressan” nell’arco vi è la scritta “Živio Tito” con la sua immagine al centro; le barche sono state già segnate con “IZ”. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

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2. Album fotografico dei Dopolavoro dell’Arrigoni e dell’Ampelea

Riteniamo interessante riportare un documento del 1938 trovato in un mastodontico volume di 1410 pagine e illustrato con centinaia di illustrazioni, scritto in italiano, tedesco, francese ed inglese, che interessa buona parte delle più grandi industrie italiane e i relativi Dopolavoro. Tra queste è ricordata la Società Arrigoni e in particolare il Dopolavoro di Isola da cui apprendiamo che fu fondato nel 1933, e al quale, e solamente a questo, è dedicata metà della testimonianza203. Fondata nell’anno 1855, la Società Arrigoni, con Sede Centrale in Trieste, Via Giorgio Galatti 24, è specializzata nella produzione delle conserve alimentari e la sua attività industriale ha per oggetto la lavorazione tanto dei prodotti del mare quanto quelli del suolo in tipi diversi e tali da soddisfare ad ogni esigenza e richiesta. Necessiterebbe troppo spazio per poter dare un’idea della cospicua varietà dei suoi prodotti, l’esportazione dei quali si dirige, non soltanto da oggi, su tutti i grandi mercati d’Europa, dell’Africa, delle due Americhe, e va conquistando quelli delle Indie, dell’Estremo Oriente e dell’Australia. Ovunque la Società Arrigoni tiene agenzie, rappresentanze e depositi. La complessa e vasta organizzazione della Società comprende dodici stabilimenti modernamente attrezzati, che occupano circa 7000 operai e svolgono in proprio un lavoro che dall’origine giunge al prodotto finito. Oltre a questi stabilimenti, tra i quali hanno particolare rilievo quello di Cesena per la produzione delle marmellate, degli ortaggi al naturale ed evaporati, quello di Isola d’Istria specialmente attrezzato per le conserve di pesce e per gli estratti di carne, quello di Sesto Fiorentino in cui avviene principalmente la lavorazione di sott’aceti, del pesce inscatolato, della mostarda di senape e quelli di Grado specializzati per l’anguilla marinata e il pesce affumicato, sono da ricordarsi quelle fabbriche che, dislocate per gran parte nell’Alta Italia, lavorano sotto il diretto controllo della Società durante il periodo del raccolto, annullando in tal modo le incognite sull’esito di questo in una singola zona. Giova fermar l’attenzione sui modernissimi impianti dei due stabilimenti di Grado per l’affumicazione del pesce in quanto si tratta di un sistema di lavorazione usato per la prima volta in Italia e che darà un prodotto d’esportazione finora mai creato nel nostro paese. Ulteriore iniziativa infine degna di essere particolarmente rilevata è la produzione degli ortaggi evaporati, alimento specialmente adatto per ranci e mense militari e che ebbe il suo miglior collaudo durante la campagna in A. O. I. [Africa Orientale Italiana] ove incontrò il massimo favore e diede il massimo rendimento. La Società Arrigoni ha sempre curato con particolare amore l’attività dopolavoristica dei suoi addetti, organizzando gite e viaggi in comitiva nonché manifestazioni di carattere artistico e culturale. Ultimamente infatti acquistò

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[siamo nel 1938], proprio nei pressi dello Stabilimento d’Isola d’Istria, la zona di Porto Apollo, ove su una estensione di 16.000 mq. vanno sorgendo edifici e campi per l’attività culturale, ricreativa, sportiva ed assistenziale dell’azienda. È da ricordare come un dopolavoro particolarmente bene attrezzato quello d’Isola d’Istria che, fondato nel 1933, iniziava in pieno fin dal momento della sua costituzione, l’attività sia nel campo turistico che in quello sportivo culturale. L’attività turistica ebbe maggior sviluppo per la massa dei dopolavoristi che partecipò a gite ed a viaggi in comitiva sia per esercizio fisico che per diletto ed istruzione. Furono organizzate visite ai campi di battaglia, a molte mostre in Roma (Maternità ed Infanzia, Rivoluzione Fascista, Colonie estive, Tessile), nonché gite a Cesena, Fiume, Zara, Gorizia e Postumia. A quest’ultimo raduno il dopolavoro ottenne pure un ambito premio. Nel campo dell’attività artistica culturale, il Dopolavoro d’Isola d’Istria organizzò, tra i primi della Venezia Giulia, un concerto di fabbrica che ebbe luogo con esito brillante in una sala di lavoro dello stabilimento il 4 settembre 1937-XV ed il cui ricavato fu devoluto pro Colonia Elioterapica. La sezione filodrammatica portò sulle scene vari lavori teatrali interpretati da dilettanti dopolavoristi e che si svolsero sempre nello stabilimento. Lo sport più largamente praticato è il canottaggio ed alcuni dopolavoristi fanno parte dei migliori armi della S. N. Pullino ed hanno avuto l’onore di rappresentare l’Italia in gare all’estero. Notevoli affermazioni ottenne pure questo dopolavoro nel campo dell’atletica femminile: nella palla a volo la squadra conquistò il terzo posto nel campionato provinciale 1936 e al primo concorso nazionale femminile, svoltosi nello Stadio Guardabassi in Roma, si piazzò tredicesima fra centinaia di squadre rappresentanti le città di tutta Italia. Con la zona di Porto Apollo, che diventerà in breve un centro ricreativo sportivo e culturale di primo ordine per impiegati ed operai della Società, oltre che una stazione climatica balneare per i funzionari di ogni sede e per i rappresentanti dell’Italia e dell’Estero, questo Dopolavoro verrà ad assumere un maggiore potenzialità e potrà sempre più rispondere alle esigenze organizzative seguendo ancor più strettamente di quanto fatto sinora, i concetti che informano l’educazione collettiva delle maestranze impiegatizie ed operaie in Regime Fascista.

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La squadra di calcio dell’Ampelea negli anni Trenta del XX secolo.

Isola 30 gennaio 1936, un’immagine di “Foto Moderna-Isola” in Via Pietro Coppo 131. Veglione della Società Nautica “Giacinto Pullino” per il X Anniversario della sua fondazione (1925), nella sala del Dopolavoro Ampelea. (Collezione di Omera Colocci ved. Degrassi, Trieste)

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Isola 1937, Campo ginnico del Dopolavoro Arrigoni nel Parco di “Porto Apollo”. Esercizi delle ginnaste del Sodalizio con gli istruttori Malvino Stolfa e Alceste Stefanutti. (Collezione di Omera Colocci ved. Degrassi, Trieste)

Isola 1938. La spiaggia del Dopolavoro Arrigoni con le sue belle “sirene” isolane, tra le quali Omera Colocci in piedi sul muretto. (Collezione di Omera Colocci ved. Degrassi, Trieste)

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Isola 28 maggio 1939, interno dello Stabilimento Arrigoni. Atlete del Dopolavoro con l’istruttore Malvino Stolfa, terzo in piedi da destra, e Omera Colocci seconda nell’ultima fila a terra. (Collezione di Omera Colocci ved. Degrassi, Trieste)

Isola agosto 1939. Allenamento alla voga con Omera Colocci del Dopolavoro Arrigoni, davanti a sinistra, e al timone Libero Colomban (Bibo). (Collezione di Omera Colocci ved. Degrassi, Trieste. Ved. anche “Isola Nostra”, N. 167, Trieste, 1979)

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Spettacolo ad Isola con attrici e orchestra del Dopolavoro Ampelea. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

Attori del Dopolavoro Ampelea di Isola, in uno spettacolo ripreso da “Foto Pizzarello�. (Collezione di Lida Goina ved. Perentin, Trieste)

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La squadra di calcio dell’Ampelea nel 1940, quando giocava in Serie C 1: in alto, Dudine D., Fontegher, Mocchi, Menis G., Giorda, Parola, Ciuffarin, Parovel; in basso, Lanzi, Bitesni, Milloch, Ispiro. (Da “Isola Nostra”, N. 313, Trieste, 1994)

Isola settembre 1941. Alcune ginnaste del Dopolavoro Arrigoni, intente con degli esercizi nella “Rotonda” del parco di “Porto Apollo”. (Collezione di Omera Colocci ved. Degrassi, Trieste)

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Isola ottobre 1941, “Foto Pietro Genova-Trieste”. Spettacolo in tre atti del Dopolavoro Arrigoni: “Una lampada alla finestra”, con gli attori Remigio Carboni, Concetto Prelaz, Mario Tamaro, Omera Colocci e Ada Derossi. (Collezione di Omera Colocci ved. Degrassi, Trieste)

Trieste 2 marzo 1941, Teatro del Dopolavoro ferroviario “Tergesteo”. Commedia “In città è un’altra cosa” del Dopolavoro Arrigoni di Isola. Posano per la foto nei costumi di scena da sinistra: Antonio Vascotto (rammentatore), Giovanni Vascotto, Concetto Prelaz, Antonio Felluga, Bruno Steffè, Franco Ravalico. Da destra seduti: Romano Carrari, Vittoria Carboni, Ada Derossi, Omera Colocci, Gilda Bertetti, Carmen Benvenuti. (Collezione di Omera Colocci ved. Degrassi, Trieste)

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IL PERIODICO “LA VOCE DI ARRIGO” La Voce di Arrigo era un periodico dedicato ai Dopolavoristi degli Stabilimenti della Società Arrigoni che aveva la sua Direzione a Trieste. Faceva parte delle Stampe propagandistiche Arrigoni, a cura dell’Ufficio Propaganda di Trieste in Via Giorgio Galatti N. 24. Direttore responsabile era il cav. Manlio Cappellato ed era stampato da La Modernografica. Veniva dato gratuitamente e ciò avveniva anche a Isola, che era sede dello stabilimento conserviero principale, per la conservazione del pesce e di altri prodotti della Società in argomento, sino alla fine della seconda guerra mondiale. In questo periodico, tra l’altro, venivano pubblicati fatti e notizie che interessavano anche lo stabilimento e le maestranze di Isola, in particolare quelle dei Dopolavoristi dediti allo sport, al teatro, alla musica e al tempo libero. L’amico dott. Franco Stener, mi ha gentilmente messo a disposizione la sua collezione, per poter trarre da essa ciò che interessa Isola in particolare, e dalla quale tra l’altro, vengono ulteriormente affermate delle testimonianze viste più addietro204. Per saperne di più sulla Voce di Arrigo, abbiamo tratto alcuni brani di un’ampia ed interessante ricerca fatta dall’amico Franco Stener, e pubblicata nel 2002 nella prefazione del libro Isola Nostra. Indici: 1965-1999205. […] Uscì a Trieste alla fine degli anni Trenta (sec. XX) un mensile d’alto livello per contenuti e per resa grafica, che portava questo nome [“La Voce di Arrigo”]. Edito dalla Società Arrigoni, esso era dedicato ai suoi dopolavoristi. Questa rivista, che sin dal primo impatto ho considerato subito come “isolana”, in effetti è “triestina”. Io comunque, la continuo a considerare seguendo le prime sensazioni avute sfogliandola, in quanto una buona parte di essa parla d’Isola. L’industriale triestino comm. Giorgio Sanguinetti (nato a Padova, li 21 dicembre 1881 da famiglia triestina e deceduto il 9 maggio 1943) rilevò al 1 gennaio 1920 lo stabilimento Warhanek di Isola, cui diede il suo nome, mantenuto fino al 1926 per continuare con il marchio ligure dell’Arrigoni S. A., presente nel settore alimentare italiano sin dal 1855. La sede era ubicata in Via Scala dei lauri 2; essa venne trasferita alla metà degli anni Trenta in via Giorgio Galatti e qui rimase fino al trasferimento da Trieste. L’edificio di Via Scala dei lauri 2, donato nel 1961 alla Fondazione culto e religione piccolo rifugio per persone disabili, porta il nome di Domus Lucis, Gina e Giorgio Sanguinetti. Il comm. Sanguinetti, che fu pure presidente dell’Unione Industriale e Fascista della Venezia Giulia (così veniva chiamata allora l’Associazione degli Industriali) era affiancato dai fratelli Merk (in seguito Ricordi); il cognato ing. Giorgio, direttore a Cesena (padre del cantante Teddy Reno) ed il cav. Gastone, dal 1928 direttore dello stabilimento di Isola. La ditta possedette nel corso degli anni numerose agenzie e succursali, grandi e piccole, alcune delle quali con attività stagionale: a Cattolica, Piacenza, Venturina, Orbetello, Scafati, Pescia, Sesto Fiorentino, Grado ed a Umago, Fasana, Unie, Sansego oggi Croazia. Ma lo stabilimento principale, fino alla seconda guerra mondiale, motivo di grande soddisfazione per il comm. Sanguinetti, fu sempre quello di Isola d’Istria, per la collaudata

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dedizione e per la capacità delle maestranze assimilata e tramandata in decenni di lavoro nello specifico settore. Alla fabbrica di Isola si affiancò, già prima della guerra, il vasto stabilimento di Cesena, che costituì l’anima gemella del precedente e ne prese il posto a conflitto concluso (oggi la piazza della stazione di Cesena è intitolata a G. Sanguinetti) (Giorgio Sanguinetti in “Creatori di lavoro”, edizione speciale della Gazzetta per i lavoratori, Roma 1954 con prefazione di Angelo Costa). […] L’opera del comm. Sanguinetti venne continuata per pochi mesi dal figlio Bruno (coniugatosi con l’on. Teresa Mattei), ma già alla fine del secondo conflitto mondiale la società subì un sostanziale cambiamento gestionale. La direzione generale rimase a Trieste fino al 25 aprile 1961 con Direttore Generale il comm. Carlo Padoa, genero del comm. Sangunetti, per poi essere trasferita a Cesena nonostante l’occupazione degli uffici fino al 15 settembre 1961 da parte del personale che, solo parzialmente, accettò di trasferirsi nella città romagnola. Il 29 settembre 1967, alla presenza dell’on. Giulio Andreotti, venne inaugurato a Cesena il nuovo stabilimento (il più moderno d’Europa) che occupò 235.000 m2 di cui 80.000 m2 coperti, comprendenti i reparti di lavorazione ed i servizi generali (10.000 m2) ed i rimanenti destinati a campi sperimentali per ricerche agrarie. Nel 1969 venne trasferita a Milano la Direzione Generale. In seguito alla nazionalizzazione del settore dell’energia elettrica da parte dell’ENEL (legge 6 dicembre 1962, n. 1643) la finanziaria La Centrale acquistò vari marchi tra cui l’Arrigoni (che fu la prima ad introdurre la badgettatura, bilancio di previsione mensile con stato d’avanzamento lavori). In seguito, una parte dello stabilimento di Cesena passò sotto le Italcoop (oggi Orogel surgelati) ed il resto fu venduto a lotti. Il periodico […] “La Voce di Arrigo” non può essere che quella che è, vale a dire una indovinatissima rivista che corrisponde pienamente allo scopo per cui è stata ideata. Diffatti tale risulta veramente dalla lettura di queste pagine che vado scorrendo via via con sempre crescente curiosità. Non vi manca proprio nulla di quanto può interessare i bravi Arrigoniani del nostro dinamico tempo fascista. […] Così fu scritto sul numero del 1 marzo 1941 e senza dubbio così è stato. Ma rileggendolo dopo sessant’anni e toltagli la nera epidermica pellicola di retorica del Ventennio, che l’avvolge e senza la quale, dobbiamo ammetterlo obiettivamente, non sarebbe uscito, non possiamo che rimanere colpiti di fronte a tante modernità d’impostazione e ricchezza di contenuti. Fu una rivista riservata ai dipendenti degli stabilimenti della società Arrigoni e quindi in essa distribuita gratuitamente. Ad Isola aveva una diffusione limitata ai dipendenti ed ai frequentatori del dopolavoro diretto da Francesco Ravalico d’origine piranese; sovrintendeva l’attività della sezione filodrammatica il triestino Enrico Grandi (capo del locale Ufficio costi e statistica). Fu una rivista pensata con largo respiro e di raffinata signorilità che, pur toccando, coinvolgendo e premiando le fasce più basse dell’utenza, non dimenticava argomenti d’alto livello, scritti con capacità critica e chiarezza espositiva da nomi autorevoli, si da accontentare anche il lettore più esigente, facendosi comunque capire da tutti. Alle lettere dei lettori seguivano pagine educative di cultura varia (arredamento, critica d’arte, ambiente, attualità, economia domestica, moda, puericoltura, storia, cinema), brevi racconti, la cronaca dell’attività svolta dai vari dopolavori (quella di Isola appare sempre nutrita e fotograficamente ben documentata), brevi comunicati;

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non mancano gli spazi dedicati ai giochi- concorso (ai vincitori veniva regalata una macchina fotografica Box 45 Agfa), ai fumetti, alle foto dei giovanissimi figli dei dipendenti, alle foto hobbistiche d’ambiente inviate dai lettori. Non posso tralasciare il ricordo delle qualificate recensioni di Umbro Apollonio, vice capo dell’Ufficio Pubblicità ed in seguito docente all’Università di Padova e la preziosa collaborazione grafica della prof. Renata Piccolo Sofianopulo. […] In finale val la pena dedicare ancora un commento a questa bella pubblicazione, che inizia ufficialmente con il numero uno al 21 maggio 1940 come supplemento mensile delle Stampe Propagandistiche Arrigoni ma che forse era iniziato in maniera dimessa e senza pretese qualche tempo prima a livello di semplice ciclostilato informativo a distribuzione interna del quale però, per il momento, non ho conferma. L’artefice era il cav. Manlio Cappellato, buon artista dilettante e convinto pubblicista, che dirigeva in via G. Galatti a Trieste l’Ufficio Propagana Arrigoni. […] La Voce di Arrigo si mimetizza nel più vasto intento delle Stampe Propagandistiche Arrigoni per poi associarsi, con una parziale autonomia, alla rivista Le Tre Venezie e continuare così, forse, per qualche numero ancora oltre a quello in nostro possesso. E qui, con la fine della seconda guerra mondiale, si ferma la nostra ricerca in merito. […] Franco Stener

Parte del gruppo folcloristico del Dopolavoro Arrigoni di Isola d’Istria, destinato a partecipare alla “Sagra della canzone” di Pola, nel mese di giugno 1940, come da pagina 11 del Supplemento N. 1 de “La Voce di Arrigo” del 21 maggio 1940. (Collezione del dott. Franco Stener di Muggia, Trieste)

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Piantina dell’Istria con segnati il palazzo della Direzione dell’ “Arrigoni” di Trieste, e le sue fabbriche con i nomi di Grado, Isola d’Istria, Umago, Fasana, Pola e Lussinpiccolo, come da pagina 8 del Supplemento N. 2 de “La Voce di Arrigo” del 10 luglio 1940. (Collezione del dott. Franco Stener di Muggia, Trieste)

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Due aspetti della sede del Dopolavoro Arrigoni di Isola, pubblicati a pagina 5 del Supplemento N. 3 de “La Voce di Arrigo� del 24 agosto 1940. (Collezione del dott. Franco Stener di Muggia, Trieste)

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Sopra: Livia Pugliese, Omera Colocci, Bruno Derossi, Giacomo Carboni con Tullio Bearzotti, campioni di nuoto del Dopolavoro Arrigoni di Isola. Sotto: una partita di bocce nel campo del Sodalizio isolano, come da pagina 6 del Supplemento N. 4 de “La Voce di Arrigo� del 10 ottobre 1940. (Collezione di Franco Stener di Muggia, Trieste)

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Reparti dello Stabilimento Arrigoni di Isola, fotografati da “Fotoradiottica” e riportati a pagina 3 del Supplemento N. 5 de “La Voce di Arrigo” del 20 novembre 1940. (Collezione del dott. Franco Stener di Muggia, Trieste)

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Pagina 3 del Supplemento N. 8 de “La Voce di Arrigo” del 10 aprile 1941. Nella “Foto Janitti” ripresa nel campo sportivo del Dopolavoro Arrigoni di Isola, vediamo da sinistra: Nerina Ferfoglia, Libera Ulcigrai, Jole Zuliani, Dorina Benvenuti, prof. Malvino Stolfa, Nerina Zaro, Pierina Ramani, Isolina Dagri, Nerea Degrassi. Sotto: Carmen Benvenuto con Vilma Gaspard e Omera Colocci con Assunta Vascotto. (Collezione del dott. Franco Stener di Muggia, Trieste)

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Uno scorcio del ristorante del Dopolavoro aziendale Arrigoni di Isola, a pagina 14 del Supplemento N. 8 de “La Voce di Arrigo” del 10 aprile 1941. (Collezione del dott. Franco Stener di Muggia, Trieste)

Veduta dal palcoscenico della sala del Dopolavoro Arrigoni di Isola, durante uno spettacolo filodrammatico dei Dopolavoristi locali, come pubblicato a pagina 15 del Supplemento N. 8 de “La Voce di Arrigo” del 10 aprile 1941. (Collezione del dott. Franco Stener di Muggia, Trieste)

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Un’altra veduta di “Fotoradiottica” della sala del Dopolavoro Arrigoni di Isola, con uno spettacolo filodrammatico in corso, come da pagina 15 del Supplemento N. 8 de “La Voce di Arrigo” del 10 aprile 1941. (Collezione del dott. Franco Stener di Muggia, Trieste)

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Due copertine de “La voce di Arrigo”:

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ABBREVIAZIONI a.

Anno, segnato sulla busta e nei protocolli citati.

AST Archivio di Stato di Trieste. b.

Busta.

c.

Carta (il numero progressivo della carta è segnato in matita su ogni foglio contenuto nelle buste).

cc. Carte (vedi c.). Gov. Fondo del Governo Marittimo in Trieste. prot. Protocollo.

NOTE 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17

AST, I fondi documentari dell’Archivio di Stato di Trieste, Versione aggiornata al 31 dicembre 2003 della voce Trieste compresa nella Guida generale degli Archivi di Stato italiani (Volume IV, Roma, 1994. MORTEANI LUIGI [prof.], Isola, Stab. Tip. Gaetano Coana, Parenzo 1888, Copia fotostatica realizzata dalla redazione de “Il Mandracchio”, a cura di Silvano Sau, Isola, 1998. AST, Gov, b. 887. prot. 7047, a. 1903. 1903. Guida generale Goriziano, Istria, Dalmazia, Vol. II, annata X, Luigi Mora fondatore, compilatore ed editore, Trieste. AST, Gov, b. 887, prot. 67, a. 1903. AST, Gov, b. 888, prot. 18352, a. 1903. AST, Gov, b. 892, prot. 16630, a. 1905. AST, Gov, b. 901, prot. 6875, a. 1909. AST, Gov, b. 888, prot. 18931, a. 1903. AST, Gov, b. 908, prot. 14218, a. 1911. AST, Gov, b. 891, prot. 4266, a. 1905. AST, Gov, b. 892, prot. 14702, a. 1905. AST, Gov, b. 893, prot. 9351, a. 1906. AST, Gov, b. 893, prot. 8748, a. 1906. AST, Gov, b. 894, prot. 9853, a. 1906. AST, Gov, b. 899, prot. 12624, a. 1908. AST, Gov, b. 916, prot. 7767, a. 1913.

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18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52

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AST, Gov, b. 892, prot. 16266, a. 1905. AST, Gov, b. 894, prot. 16146, a. 1906. AST, Gov, b. 605, a. 1914, cc. 759-763. AST, Gov, b. 906, prot. 21134, a. 1910. AST, Gov, b. 907, prot. 1904, a. 1911. AST, Gov, b. 911, prot. 6441, a. 1912. AST, Gov, b. 912, prot. 13491, a. 1912. AST, Gov, b. 913, prot. 20404, a. 1912. AST, Gov, b. 918, prot. 25801, a. 1913. AST, Gov, b. 919, prot. 33210, a. 1913. AST, Gov, b. 919, prot. 36518, a. 1913. AST, Gov, b. 920, prot. 2036, a. 1914. AST, Gov, b. 897, prot. 23420, a. 1907. AST, Gov, b. 929, prot. (non porta il numero, si trova dopo il protocollo 15954, a. 1917. AST, Gov, b. 926, prot. 18237, a. 1915. AST, Gov, b. 892, prot. 15841, a. 1905. AST, Gov, b. 892, prot. 17342, a. 1905. AST, Gov, b. 902, prot. 14597, a. 1909. AST, Gov, b. 902, prot. 16290, a. 1909. AST, Gov, b. 903, prot. 27011, a. 1909. AST, Gov, b. 903, prot. 27011, a. 1909. AST, Gov, b. 904, prot. 3448, a. 1910. AST, Gov, b. 905, prot. 9815, a. 1910. AST, Gov, b. 904, prot. 5032, a. 1910. AST, Gov, b. 905, prot. 14712, a. 1910. AST, Gov, b. 906, prot. 33735, a. 1910. AST, Gov, b. 910, prot. 28397, a. 1911. AST, Gov, b. 909, prot. 26786, a. 1911. AST, Gov, b. 918, prot. 19814, a. 1913. AST, Gov, b. 918, prot. 22095, a. 1913. AST, Gov, b. 918, prot. 22100, a. 1913. AST, Gov, b. 919, prot. 33210, a. 1913. AST, Gov, b. 921, prot. 11159, a. 1914. TROIAN ALBINO, Il mio mare. Sessant’anni di pesca nell’Alto Adriatico, Pordenone, 2001. AST, Gov, b. 893, prot. 6425, a. 1906.


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AST, Gov, b. 899, prot. 12854, a. 1908. AST, Gov, b. 899, prot. 12854, a. 1908. AST, Gov, b. 903, prot. 19152, a. 1909. AST, Gov, b. 905, prot. 9675, a. 1910. AST, Gov, b. 907, prot. 1659, a. 1911. AST, Gov, b. 907, prot. 3471, a. 1911. AST, Gov, b. 907, prot. 7069, a. 1911. AST, Gov, b. 907, prot. 8647, a. 1911. AST, Gov, b. 911, prot. 2179, a. 1912. AST, Gov, b. 912, prot. 10196, a. 1912. AST, Gov, b. 912, prot. 13492, a. 1912. AST, Gov, b. 911, prot. 9180, a. 1912. AST, Gov, b. 916, prot. 8350, a. 1913. AST, Gov, b. 910, prot. 32995, a. 1911. AST, Gov, b. 605, a. 1914, cc. 754-758. AST, Gov, b. 904, prot. 2279, a. 1910. AST, Gov, b. 902, prot. 13878, a. 1909. AST, Gov, b. 906, prot. 26579, a. 1910. AST, Gov, b. 910, prot. 32995, a. 1911. AST, Gov, b. 905, prot. 15929, a. 1910. AST, Gov, b. 906, prot. 23428, a. 1910. AST, Gov, b. 906, prot. 26579, a. 1910. AST, Gov, b. 910, prot. 32995, a. 1911. AST, Gov, b. 915, prot. 32516, a. 1912. AST, Gov, b. 899, prot. 17413, a. 1908. AST, Gov, b. 902, prot. 10023, a. 1909. AST, Gov, b. 902, prot. 12068, a. 1909. AST, Gov, b. 905, prot. 10656, a. 1910. AST, Gov, b. 907, prot. 1000, a. 1911. AST, Gov, b. 908, prot. 11239, a. 1911. AST, Gov, b. 910, prot. 33747, a. 1911. AST, Gov, b. 911, prot. 3118, a. 1912. AST, Gov, b. 911, prot. 3770, a. 1912. AST, Gov, b. 914, prot. 22087, a. 1912. AST, Gov, b. 917, prot. 12600, a. 1913. AST, Gov, b. 920, prot. 2314, a. 1914. AST, Gov, b. 929, prot. 12846, a. 1917.

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AST, Gov, b. 929, prot. 15252, a. 1917. AST, Gov, b. 901, prot. (non segnato), a. 1909. AST, Gov, b. 904, prot. 3110, a. 1910. AST, Gov, b. 908, prot. 9592, a. 1911. AST, Gov, b. 915, prot. 33669, a. 1912. AST, Gov, b. 886, prot. 10395, a. 1898. AST, Gov, b. 906, prot. 29214, a. 1910. AST, Gov, b. 912, prot. 11387, a. 1912. AST, Gov, b. 913, prot. 19958, a. 1912. AST, Gov, b. 914, prot. 22328, a. 1912. AST, Gov, b. 914, prot. 29062, a. 1912. AST, Gov, b. 914, prot. 25793, a. 1912. AST, Gov, b. 916, prot. 546, a. 1913. AST, Gov, b. 916, prot. 9283, a. 1913. AST, Gov, b. 916, prot. 9630, a. 1913. AST, Gov, b. 918, prot. 19366, a. 1913. AST, Gov, b. 921, prot. 9761, a. 1914. AST, Gov, b. 922, prot. 16491, a. 1914. AST, Gov, b. 924, prot. 29400, a. 1914. AST, Gov, b. 925, prot. 3108, a. 1915. AST, Gov, b. 915, prot. 30599, a. 1912. AA. VV., Isola d’Istria dalle origini all’esilio, Edizioni “Isola Nostra”, Trieste, 2000. AST, Gov, b. 917, prot. 11580, a. 1913. AST, Gov, b. 926, prot. 18237, a. 1915. AST, Gov, b. 926, prot. 18250, a. 1915. AST, Gov, b. 927, prot. 6543, a. 1916. AST, Gov, b. 927, prot. 13967, a. 1916. AST, Gov, b. 930, prot. 10427, a. 1918. AST, Gov, b. 930, prot. 15649, a. 1918. AST, Gov, b. 931, prot. 17770, a. 1918. AST, Gov, b. 933, prot. 4796, a. 1919. Dizionario Motta della lingua italiana, Terza edizione, Federico Motta Editore, Milano, 1973. AST, Gov, b. 932, prot. 1365, a. 1919. Universo. La grande enciclopedia per tutti, Volume ottavo, Istituto Geografico De Agostini, Novara, 1974. AST, Gov, b. 932, prot. 1442, a. 1919.


125 126 127 128 129 130 131 132 133 134 135 136 137 138 139 140 141 142 143 144 145 146 147 148 149 150 151 152 153 154 155 156 157 158

AST, Gov, b. 935, prot. 8094, a. 1920. AST, Gov, b. 932, prot. 1887, a. 1919. AST, Gov, b. 932, prot. 2744, a. 1919. AST, Gov, b. 933, prot. 3998, a. 1919. AST, Gov, b. 934, prot. 218, a. 1920. AST, Gov, b. 934, prot. 6089, a. 1920. DELISE FERRUCCIO, Le sardelle ricchezza di Isola, “Isola Nostra”, N. 324, Trieste, 1996. AST, Gov, b. 935, prot. 7301, a. 1920. AST, Gov, b. 935, prot. 7616, a. 1920. AST, Gov, b. 935, prot. 7685, a. 1920. AST, Gov, b. 937, prot. 4831, a. 1921. AST, Gov, b. 937, prot. 4218, a. 1921. AST, Gov, b. 938, prot. 4934, a. 1922. AST, Gov, b. 937, prot. 8600, a. 1921. AST, Gov, b. 938, prot. 688, a. 1922. AST, Gov, b. 938, prot. 4641, a. 1922. 1922. Guida della Venezia Giulia di Zara e Fiume, Annata XXIV, Parte seconda, [allegata alla Guida di Trieste], Editori Vitoppi, Wilhelm & C.i , Trieste. AST, Gov, b. 939, prot. 454, a. 1923. AST, Gov, b. 939, prot. 1014, a. 1923. AST, Gov, b. 934, prot. 2645, a. 1920. AST, Gov, b. 936, prot. 594, a. 1921. AST, Gov, b. 938, prot. 924, a. 1922. AST, Gov, b. 939, prot. 357, a. 1923. AST, Gov, b. 939, prot. 1014, a. 1923. AST, Gov, b. 939, prot. 357, a. 1923. AST, Gov, b. 934, prot. 2640, a. 1920. AST, Gov, b. 934, prot. 1153, a. 1920. AST, Gov, b. 934, prot. 1277, a. 1920. AST, Gov, b. 934, prot. 1508, a. 1920. AST, Gov, b. 934, prot. 2248, a. 1920. AST, Gov, b. 934, prot. 2948, a. 1920. AST, Gov, b. 934, prot. 4542, a. 1920. AST, Gov, b. 935, prot. 7402, a. 1920. AST, Gov, b. 935, prot. 9018, a. 1920.

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159 160 161 162 163 164 165 166 167 168 169 170 171 172 173 174 175 176 177 178 179 180 181 182 183 184 185 186 187 188

AST, Gov, b. 935, prot. 9018, a. 1920. AST, Gov, b. 935, prot. 9018, a. 1920. AST, Gov, b. 935, prot. 9166, a. 1920. AST, Gov, b. 936, prot. 1378, a. 1921. AST, Gov, b. 937, prot. 4110, a. 1921. AST, Gov, b. 935, prot. 10989, a. 1920. AST, Gov, b. 936, prot. 594, a. 1921. AST, Gov, b. 936, prot. 1726, a. 1921. AST, Gov, b. 937, prot. 2529, a. 1921. AST, Gov, b. 937, prot. 2529, a. 1921. AST, Gov, b. 937, prot. 2529, a. 1921. AST, Gov, b. 937, prot. 2529, a. 1921. AST, Gov, b. 938, prot. 924, a. 1922. AST, Gov, b. 938, prot. 924, a. 1922. AST, Gov, b. 938, prot. 924, a. 1922. AST, Gov, b. 938, prot. 924, a. 1922. AST, Gov, b. 938, prot. 924, a. 1922. AST, Gov, b. 938, prot. 924, a. 1922. AST, Gov, b. 938, prot. 924, a. 1922. AST, Gov, b. 938, prot. 924, a. 1922. AST, Gov, b. 938, prot. 924, a. 1922. AST, Gov, b. 939, prot. 1014, a. 1923. AST, Gov, b. 939, prot. 1014, a. 1923. AST, Gov, b. 939, prot. 1014, a. 1923. AST, Gov, b. 939, prot. 1014, a. 1923. AST, Gov, b. 939, prot. 1014, a. 1923. AST, Gov, b. 939, prot. 1014, a. 1923. AST, Gov, b. 939, prot. 1038, a. 1923. AST, Gov, b. 939, prot. 1014, a. 1923. DAVANZO ANDREA, La fonte luminosa nella Pesca dell’Alto Adriatico e l’Economia Nazionale, “Società di Pesca e Piscicoltura Trieste”, Stab. Art. Tip. G. Caprin, Trieste, 1927. 189 DELISE FERRUCCIO, Isola Nostra. Indici: 1965-1999, CRS Rovigno, Cataloghi di fonti per la storia dell’Istria e di Fiume, Vol IV [da questo testo sono stati ricavati tutti i dati degli Autori Isolani nelle Appendici], TriesteRovigno, 2002. 190 VASCOTTO ANTONIO [prof.], Ricordando Isola. Testimonianze e scritti, Imola, 1989.

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191 DELISE BRUNO [rag.] Isola peschereccia, sta in: Antonio Vascotto, Ricordando Isola, Testimonianze e scritti, Imola, 1989 192 D. A., La dura vita dei nostri pescatori, “Isola Nostra”, N. 15, Trieste, 1967. 193 DUDINE LINO [maestro], Tristi e lieti ricordi della vita dei nostri bravi pescatori, “Isola Nostra”, N. 43, Trieste, 1969. 194 CONTESINI IVO [ing. Olivo], La pesca ieri, “Isola Nostra”, N. 94, Trieste, 1973. 195 CONTESINI IVO, Alla pesca con la “Milaida”, “Isola Nostra”, N. 95, Trieste, 1973. 196 PERENTIN SALVATORE [orefice], L’asta del pesce, “Isola Nostra”, N. 77, Trieste, 1972. 197 PERENTIN SALVATORE, I nostri squeri, “Isola Nostra”, N. 39, Trieste, 1969. 198 RUSSIGNAN GIOVANNI [scrittore], Radiografia della popolazione d’Isola dalla preistoria ai tempi nostri, all’esodo. Nei pescatori le radici più autentiche degli isolani, “Isola Nostra”, N. 307, Trieste, 1992. 199 PERENTIN SALVATORE, Arriva da noi l’industria del pesce, “Isola Nostra”, N. 197, Trieste, 1982. 200 COLOCCI ALDO [impiegato e capo all’Arrigoni di Isola], Origini, inquadramento e attività dello stabilimento Arrigoni, “Isola Nostra”, N. 31, Trieste, 1968. 201 SODOMACO NELLA, Me ricordo… I fis’ci dele fabriche, “Isola Nostra”, N. 315, Trieste, 1994. 202 SODOMACO NELLA, Me ricordo… Sacaleve a caccia d’“argento”, “Isola Nostra”, N. 323, Trieste, 1996. 203 I dopolavoro aziendali in Italia, edito dalla Direzione generale dell’O.N.D. in occasione del Congresso mondiale del Dopolavoro, Roma XVI, Istituto Geografico De Agostini, Novara, giugno XVI, Ia edizione 204 La Voce di Arrigo, Supplementi NN. 1-9, Stampe propagandistiche Arrigoni, Trieste, maggio 1940 - maggio 1941; N. 1, Estratto dalla rivista “Le Tre Venezie”, gennaio - febbraio - marzo 1942, Padova, marzo 1942 - XX. 205 STENER FRANCO, La voce di Arrigo, sta in: Delise Ferruccio, Isola nostra. Indici 1965-1999, Centro di Ricerche Storiche - Rovigno, Cataloghi di fonti per la Storia dell’Istria e di Fiume, Vol. IV, Rovigno - Trieste, 2002.

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BIBLIOGRAFIA - Anagrafe della Serenissima del 1766 - DEGRASSI FRANCO, La fine della Serenissima, in Gli ultimi giorni della Serenissima in Istria, Edizioni “Il Mandracchio”, Isola 2010 - CAPRIN GIUSEPPE, Lagune di Grado, Trieste1890 - I fondi documentari dell’Archivio di Stato di Trieste, versione aggiornata al 31 dicembre 2003 della voce Trieste compresa nella Guida generale degli Archivi di Stato italiani (Volume IV, Roma, 1994). - MORTEANI LUIGI [prof.], Isola, Stab. Tip. Gaetano Coana, Parenzo, 1888, Copia fotostatica realizzata dalla redazione de “Il Mandracchio”, a cura di Silvano Sau, Isola, 1998. - ROSSANA VESNAVER e GIULIANO OREL, Golfo di Trieste e dintorni: pesca, acquacultura e curiosità dei tempi andati, Progetto Pilota sulla gestione delle zone di produzione ittica del Golfo di Trieste, Trieste 2001 - 1903. Guida generale Goriziano, Istria, Dalmazia, Vol. II, annata X, Luigi Mora fondatore, compilatore ed editore, Trieste. - TROIAN ALBINO, Il mio mare. Sessant’anni di pesca nell’Alto Adriatico, Pordenone, 2001. - AA. VV., Isola d’Istria dalle origini all’esilio, Edizioni “Isola Nostra”, Trieste, 2000. - Dizionario Motta della lingua italiana, Terza edizione, Federico Motta Editore, Milano, 1973. - Universo. La grande enciclopedia per tutti, Volume ottavo, Istituto Geografico De Agostini, Novara, 1974. - DELISE FERRUCCIO, Le sardelle ricchezza di Isola, “Isola Nostra”, N. 324, Trieste, 1996. - 1922. Guida della Venezia Giulia di Zara e Fiume, Annata XXIV, Parte seconda [allegata alla Guida di Trieste], Editori Vitoppi, Wilhelm & C.i, Trieste. - DAVANZO ANDREA, La fonte luminosa nella Pesca dell’Alto Adriatico e l’Economia Nazionale, “Società di Pesca e Piscicoltura Trieste”, Stab. Art. Tip. G. Caprin, Trieste, 1927. - DELISE BRUNO [rag.], Isola peschereccia, sta in: Vascotto Antonio, Ricordando Isola. Testimonianze e scritti, Imola, 1989.

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- DELISE FERRUCCIO, Isola Nostra. Indici: 1965-1999, Cataloghi di fonti per la storia dell’Istria e di Fiume, Vol. IV, CRSR, Trieste-Rovigno, 2002. - VASCOTTO ANTONIO [prof.], Ricordando Isola. Testimonianze e scritti, Imola 1989. - D. A., La dura vita dei nostri pescatori, “Isola Nostra”, N. 15, Trieste, 1967. - DUDINE LINO [maestro], Tristi e lieti ricordi della vita dei nostri bravi pescatori, “Isola Nostra”, N. 43, Trieste, 1969. - CONTESINI IVO [ing. Olivo], La pesca ieri, “Isola Nostra”, N. 94, Trieste, 1973. - CONTESINI IVO, Alla pesca con la “Milaida”, “Isola Nostra”, N. 95, Trieste, 1973. - PERENTIN SALVATORE, L’asta del pesce, “Isola Nostra”, N. 77, Trieste, 1972. - PERENTIN SALVATORE, I nostri squeri, “Isola Nostra”, N. 39, Trieste, 1969. - RUSSIGNAN GIOVANNI [scrittore], Radiografia della popolazione d’Isola dalla preistoria ai tempi nostri, all’esodo, “Isola Nostra”, N. 307, Trieste, 1992. - PERENTIN SALVATORE, Arriva da noi l’industria del pesce, “Isola Nostra”, N. 35, Trieste, 1968. - COLOCCI ALDO [impiegato e capo dell’Arrigoni di Isola], Origini, inquadramento e attività dello stabilimento Arrigoni, “Isola Nostra”, N. 31, Trieste, 1968. - SODOMACO NELLA, Me ricordo… I fis’ci dele fabriche, “Isola Nostra”, N. 315, Trieste, 1994. - SODOMACO NELLA, Me ricordo… Sacaleve a caccia d’“argento”, “Isola Nostra”, N. 323, Trieste, 1996. - I dopolavoro aziendali in Italia, edito dalla Direzione generale dell’O.N.D. in occasione del Congresso mondiale del Dopolavoro, Roma XVI, Istituto Geografico De Agostini, Novara, giugno XVI, Ia edizione. - STENER FRANCO, La voce di Arrigo, sta in: Delise Ferruccio, Isola nostra. Indici 1965-1999, Centro di Ricerche Storiche - Rovigno, Cataloghi di fonti per la Storia dell’Istria e di Fiume, Vol. IV, Rovigno - Trieste, 2002.

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- La Voce di Arrigo, Supplementi NN. 1-9, Stampe propagandistiche Arrigoni – Direttore respons.: Manlio Cappellato – Coi tipi de “La Modernografica” a cura dell’Ufficio propaganda Arrigoni – Trieste, via Giorgio Galatti N. 24 – 21 maggio 1940 – XVIII - 31 maggio 1941 - XIX. - La Voce di Arrigo, N. 1, Estratto dalla rivista “Le Tre Venezie” – Numeri di gennaio – febbraio – marzo 1942 – XX – a cura di Manlio Cappellato. Finito di stampare dalla Tipografia Antoniana di Padova, il 14 marzo 1942 – XX.

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INDICE INTRODUZIONE di Silvano Sau I. LA PESCA A ISOLA NEL 1886 E NEL 1903 II. LE COMMISSIONI PER LA PESCA III. LA PRODUZIONE DELLE FABBRICHE ISOLANE IV. CENTO ANNI FA I “PIRATI” ISOLANI “SCORAZZAVANO” NELLE ACQUE DI PIRANO V. SUSSIDI AI PESCATORI VI. PESCATORI ISOLANI E CAPODISTRIANI CONTRO I CHIOGGIOTI VII. LA “SOCIETÀ AUSTRIACA DI PESCA E PISCICULTURA MARINA” VIII. I PREMI PER LA CATTURA DI DELFINI E PESCECANI IX. LA PESCA CON IL GRIPPO X. IL CONSORZIO “UNIONE DEI PESCATORI DI ISOLA” XI. I CONTROLLI DEL PESCATO XII. L’ESPORTAZIONE DEL PESCE SALATO XIII. I PILOTI GUARDIA PESCA XIV. 1912: AFFONDA IL “BARBANO” XV. 1914: LA GRANDE GUERRA XVI. 1918: ARRIVA L’ITALIA XVII.1919-1923: LA RIPRESA DELLA PESCA XVIII.CENSIMENTO DEI PESCATORI 1920 – 1923 XIX. LA PESCA DAL 1920 AL 1923 XX. APPENDICI 1. Testimonianze sulla pesca e sulle fabbriche 2. Album fotografico dei Dopolavoro dell’Arrigoni e dell’Ampelea ABBREVIAZIONI e NOTE BIBLIOGRAFIA

5 15 50 67 73 82 102 106 114 134 142 174 186 193 210 217 226 235 258 266 294 353 373 380

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Editore / Izdajatelj Comunità Autogestita della Nazionalità Italiana - Isola Italijanska samoupravna narodna skupnost - Izola Casa Editrice / Založnik Il Mandracchio - Isola Titolo / Naslov L’Isola dei Pescatori Contributi per una storia della pesca a Isola Autore / Avtor Ferruccio Delise Introduzione e Cura / Uvod in Ureditev Silvano Sau Impaginazione / Prelom Andrea Šumenjak Riproduzione Documenti / Reprodukcija Dokumentov Autorizzazione/Avtorizacija MBAC-AS-TS RESP_PROT 0003920 05/10/2010 CI. 28.28.00/1.5 Stampa / Tisk Birografika - Bori d.o.o. Tiratura / Naklada 500 copie / izvodov Isola / Izola, novembre / november 2010 La pubblicazione del volume è stata possibile grazie al supporto finanziario del Ministero per la cultura della Slovenia e del Comune di Isola Izdajo knjige so finančno omogočili Ministrstvo za kulturo Slovenije In Občina Izola

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