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TRATTAME TO DEL DOLORE I PAZIE TI AFFETTI DA EOPLASIA PROSTATICA Eur Urol Guidelines Series 2007 EUROPEA ASSOCIATIO OF UROLOGY (EAU) GUIDELI ES 2007 EDITIO

PAI MA AGEME T I PROSTATE CA CER PATIE TS 2.3.1. Presentazione clinica Nel tumore della prostata il dolore può insorgere sia nella fase iniziale che avanzata della malattia; nel 77% dei casi è direttamente causato dalla malattia, nel 19 % dei casi è correlato ai trattamenti antitumorali e nel 19% dei casi ad entrambe le situazioni. Il dolore è più frequente nelle fasi avanzate della malattia e pertanto il suo trattamento è per lo più indirizzato verso il paziente sintomatico con metastasi. L’incidenza complessiva del dolore cronico nei pazienti affetti da neoplasia prostatica varia dal 30% al 50% ma nei malati in fase terminale aumenta fino al 90%. Il dolore è causato dalla metastatizzazione ossea, dall’infiltrazione dei rami nervosi e dall’invasione degli organi circostanti. 2.3.2. Dolore da invasione neoplastica locale 2.3.2.1. Invasione dei tessuti molli e degli organi cavi. Il trattamento del dolore dovuto all’invasione degli organi cavi è di dominio chirurgico e delle procedure mini-invasive ( cateteri, stent, tubi nefrostomici). Ostruzione vescicale La continua crescita tumorale prostatica può condurre a fenomeni ostruttivi. I sintomi del basso tratto urinario (LUTS) più frequenti sono la stranguria e la ritenzione d’urina. In queste situazioni di dolore acuto è necessario un immediato trattamento; i migliori metodi sono un cateterismo vescicale sovrapubico e l’inizio del trattamento ormonale nei casi avanzati di malattia. Se nei successivi tre mesi i fenomeni ostruttivi persistono una resezione transuretrale della prostata (TURP) può essere eseguita a scopo palliativo. Ostruzione ureterale L’ostruzione ureterale è per lo più causata da fenomeni compressivi od infiltrativi da parte della neoplasia; è tipicamente asimmetrica e meno comunemente prossimale da metastasi retroperitoneali. L’ostruzione progressiva bilaterale non trattata evolve in idronefrosi ed insufficienza renale. Nei pazienti in fase terminale la decisione di un drenaggio renale può essere difficile. Costituisce buona pratica drenare bilateralmente le idronefrosi sintomatiche e drenare solo il rene con la migliore funzione nei pazienti asintomatici. Per quanto riguarda il drenaggio il tubo nefrostomico risulta migliore dello stent doppia J in quanto i successivi cambi possono risultare nei mesi successivi difficoltosi a causa della crescita neoplastica; il tubo nefrostomico inoltre può essere posizionato senza alcuna anestesia. Edema linfatico Spesso nei casi di metastatizzazione linfonodale pelvica è presente edema linfatico degli arti inferiori: il trattamento prevede tecniche fisiatriche che includono l’uso di bendaggi e sistemi pneumatici che possono ridurre il dolore.


Occlusione intestinale L’invasione locale del retto è comune nelle fasi avanzate della malattia e può comportare dolore ed occlusione intestinale; la rara infiltrazione peritoneale può comportare ileo paralitico. L’ostruzione meccanica deve essere risolta chirurgicamente. L’ileo paralitico dovuto ad invasione dei plessi nervosi o secondario alla terapia analgesica con oppioidi può richiedere lassativi per aumentare la motilità intestinale e ridurre il dolore.

2.3.3. Dolore dovuto a metastasi 2.3.3.1 Metastasi ossee Considerazioni generali: • Le metastasi ossee sono la causa più comune di dolore cronico nei pazienti con neoplasia prostatica. • Le metastasi ossee diffuse che provocano dolore multifocale sono frequenti. • Più del 25% dei pazienti con metastasi ossee non avvertono dolore. • Pazienti con metastasi ossee diffuse spesso riferiscono dolore solo in alcuni siti • Non si conoscono i motivi che convertono le lesioni senza dolore in dolorose. • Le metastasi ossee potrebbero causare dolore da attivazione dei nocicettori periostali od endostali. • Le metastasi ossee possono provocare dolore per invasione dei tessuti molli e delle fibre nervose adiacenti o con altri complessi meccanismi. La scelta del trattamento dipenderà dalla sede, dall’istotipo e dalle condizioni fisiche ed emozionali del paziente. Sebbene dirette verso le cellule neoplastiche le terapie comportano comunque danni anche ai tessuti sani con conseguenti effetti collaterali: in ciascun caso devono essere considerati i benefici e gli effetti collaterali impiegando per primi i trattamenti associati a minor tossicità.. Le opzioni terapeutiche sono la terapia ormonale, la radioterapia, gli isotopi, e la terapia analgesica farmacologica; altri metodi nel trattamento del dolore quali i blocchi nervosi sono raramente impiegati. Terapia ormonale Le terapie ormonali additive o soppressive impiegate comprendono gli estrogeni, gli antiandrogeni (ciproterone acetato, flutamide), l’estramustina, i progestinici, l’aminoglutetimide, gli agonisti LHRH, l’orchiectomia, l’ipofisectomia e l’asportazione surrenalica: Gli steroidi sono usati nella terapia antalgica specialmente nelle metastasi ossee. Effetti collaterali La terapia ormonale è molto più tollerata della chemioterapia anche se può causare una momentanea esacerbazione del dolore indice però di una buona risposta terapeutica. Gli effetti collaterali degli agonisti LH-RH e dell’orchiectomia comprendono perdita di capelli, atrofia testicolare, ginecomastia, impotenza, perdita della libido, morbilità psichiatrica; quelli legati agli antiandrogeni comprendono ginecomastia, alterazioni epatiche e disturbi della sfera sessuale. Il ciproterone acetato presenta rispetto agli estrogeni minori effetti collaterali ed un minor rischio di eventi cardiovascolari. Gli estrogeni oltre a comportare perdita di capelli, atrofia testicolare, ginecomastia, riduzione della libido ed impotenza, provocano un aumento della mortalità cardiovascolare se assunti a lungo termine. L’ipofisectomia e l’asportazione surrenalica comportano importanti procedure chirurgiche e terapia sostitutiva.

Risultati


Da una serie di protocolli la stima del miglioramento della sintomatologia dolorosa varia dal 35% al 70%; la differenza delle percentuali può derivare dalla differente selezione dei pazienti e dalla diversa valutazione del dolore. Gli schemi terapeutici che includono la somministrazione di steroidi sembrano avere un miglior effetto analgesico. Problemi Il dolore associato con una neoplasia ormonoresistente in progressione necessita di trattamenti diversi da quelli ormonali. Radioterapia La radioterapia esterna nel trattamento del dolore da metastasi ossee risulta efficace nella maggior parte dei pazienti. La percentuale dei pazienti che riceve un sollievo completo dal dolore risulta dell’80%. • Il ruolo della radioterapia nella terapia antalgica nelle metastasi ossee è fuori discussione. • Le tecniche radioterapiche variano da una singola dose massiccia a 20 trattamenti suddivisi in più di quattro settimane. • Gli effetti biologici del trattamento radioterapico dipendono dalle dose totale ricevuta, dal numero dei trattamenti e dal tempo totale di irradiazione. • Il trattamento standard palliativo è di 20 Gy somministrato in più di cinque giorni per piccoli volumi neoplastici mentre per situazioni più estese sono stati usati fino a 30 Gy frazionati in 10 trattamenti in più di 12 giorni. Irradiazione di metà corpo Metodica impiegata in caso di malattia metastatica diffusa con aree dolorose ossee e viscerali multiple. Molti Autori riferiscono un immediato sollievo dal dolore in più dell’80% dei pazienti. La mortalità e la morbilità sono correlate alle dosi ricevute; malattia acuta da radiazioni, polmoniti attiniche, distruzione del midollo osseo sono situazioni frequenti. Se si usano dosaggi maggiori di 10 Gy per l’emisoma superiore si è verificata a 100 giorni di distanza una mortalità del 70% per polmonite attinica.; la riduzione del dosaggio a 6 Gy riduce nettamente questa percentuale mantenendo nell’82% dei casi effetto analgesico. Chirurgia ortopedica. Se più del 50% dello spessore della corticale di un osso lungo è eroso da metastasi, la fissazione chirurgica piuttosto che la sola radioterapia deve essere considerata per evitare fratture patologiche. Radioisotopi La metastatizzazione multipla ossea è stata trattata con successo con uso di stronzio 89, renio 186 e samario 153. Il sollievo dal dolore valutato a tre mesi è risultato simile a quello ottenuto con l’irradiazione di metà corpo con gli stessi effetti negativi sul midollo osseo. Lo stronzio radioattivo ha il vantaggio di poter essere somministrato agevolmente, di non possedere tossicità gastrointestinale ma è molto costoso. Bifosfonati I bifosfonati costituiscono parte dl trattamento standard dei pazienti con metastasi ossee. L’acido zoledronico è efficace nel trattamento delle metastasi ossee e la sua efficacia e sicurezza è stata dimostrata in tre importanti studi coinvolgenti più di 3000 pazienti. Le complicanze delle metastasi ossee comprendono oltre al dolore fratture patologiche e compressioni spinali. Sebbene radiograficamente molte metastasi ossee appaiono osteocondensanti, sono caratterizzate da un aumento dell’attività osteoclastica che comporta un aumento di complicanze. L’acido zoledronico, un potente inibitore dell’attività e della differenziazione degli osteoclasti, riduce il rischio di complicanze scheletriche in pazienti con carcinoma prostatico ormonoresistente e con metastasi ossee. Gli altri bifosfonati sembrano possedere minore attività.


La somministrazione di acido zoledronico in pazienti in terapia ormonale ormonosoppressiva e con metastasi ossee è in grado di prevenire fenomeni osteoporotici come dimostrato dalla densità minerale ossea e dai markers biochimici di turnover osseo. L’acido zoledronico alla dose di 4 mg, somministrato per via venosa in più di 15 minuti per volta, ogni tre o quattro settimane, riduce la frequenza di eventi scheletrici, ritarda la loro comparsa e riduce significativamente il dolore. Il punteggio della scala Analogica Visuale risulta migliorato e correlato con la riduzione dei livelli ematici del telopeptide C e della fosfatasi alcalina. Sono necessari ulteriori studi per stabilire schemi standard di trattamento compresa la durata in pazienti con metastasi ossee e per definire il ruolo preventivo nella metastatizzazione ossea. Chemioterapia In circa l’80% degli pazienti con tumore prostatico metastatico la terapia ormonale ormonosoppressiva comporta miglioramenti sintomatologici e riduzione del PSA ma la malattia può divenire ormonorefrattaria. La chemioterapia dovrebbe essere riservata a questo gruppo di pazienti. Gli schemi terapeutici nella malattia avanzata se composti da un solo agente chemioterapica hanno fornito scarsi risultati e recenti studi dimostrano che una polichemioterapia risulta più efficace. Un trial randomizzato ha dimostrato che il trattamento con mitoxantrone associato a basse dosi di cortisone risulta più efficace nel sollievo dal dolore e nel miglioramento della qualità della vita rispetto al solo cortisone senza però influire sulla sopravvivenza. Riduzione del PSA e della sintomatologia dolorosa sono state riportate con altri schemi di polichemioterapia ma associate anche con vari effetti collaterali senza modificare la sopravvivenza. Nel 2004 due studi randomizzati hanno comparato gli effetti del doxacetel e del mitoxantrone dimostrando che il trattamento con doxacetel è risultato molto più efficace del mitoxantrone nel controllo della sintomatologia dolorosa e nel miglioramento della sopravvivenza. Il trattamento con doxacetel costituisce attualmente il trattamento standard nella malattia avanzata ormonorefrattaria. Le lesioni dei tessuti molli risultano più sensibili a questo trattamento rispetto alle localizzazioni ossee. Il sollievo dal dolore apportato dalla chemioterapia è molto più oneroso dal punto di vista economico rispetto alla somministrazione di oppioidi. Farmacoterapia analgesica sistemica In caso di mancato controllo del dolore con i trattamenti descritti deve essere somministrata terapia analgesica secondo lo schema WHO. 2.3.3.2 Compressione del midollo spinale Può essere causata da crolli vertebrali o da invasione di lesioni extradurali attraverso il canale spinale. L’incidenza complessiva è inferiore al 10% e la sede più frequente è a livello toracico (70%) e nel 18% dei casi è in più distretti spinali. Trattamenti elettivi sono l’intervento di decompressione anteriore con stabilizzazione vertebrale e la radioterapia. Dal punto di vista sintomatologico oltre al dolore possono essere presenti disturbi sensitivi e motori. L’uso di steroidi, per lo più desametazone alla dose di 16 mg/die, per ridurre l’edema midollare è temporaneo. 2.3.3.3. Invasione epatica Le localizzazioni epatiche sono causa di severo dolore all’ipocondrio spesso irradiato posteriormente dovuto a distensione della capsula epatica, irritazione diaframmatica o ad emorragie intratumorali. Il dolore in sede epatica può essere controllato dalla terapia analgesica convenzionale, dagli steroidi e dalla radioterapia, dalla chemioterapia e dall’embolizzazione selettiva nei casi resistenti. Il dolore addominale diminuisce con l’irradiazione nella metà di pazienti.. 2.3.4. Dolore dovuto a trattamenti antitumorali


2.3.4.1. Dolore acuto associato a terapia ormonale Riacutizzazione da LHRH L’inizio della terapia con LHRH produce riacutizzazione transitoria del dolore nel 5%- 25% dei pazienti presumibilmente per un’iniziale stimolazione del rilascio dello LH prima che venga raggiunta la soppressione del suo rilascio. Tele situazione si presenta tipicamente con un’esacerbazione del dolore osseo o con ritenzione urinaria; sono stati riportati anche casi di compressione spinale e morte improvvisa. Il peggioramento dei sintomi si verifica per lo più tra la prima e la terza settimana di terapia in assenza di associazione con antagonisti degli androgeni che previene tale situazione. 2.3.4.2 Dolore cronico associato a terapia ormonale Ginecomastia Ginecomastia e fastidi mammari sono comuni complicanze della terapia antiandrogena e la loro incidenza varia tra i vari farmaci; sono più frequenti con il dietilstilbestrolo, meno comuni con flutamide e ciproterone, rari con LHRH. La ginecomastia deve essere distinta da quadri neoplastici mammari primitivi o secondari. 2.3.5 Conclusioni Radioterapia, chemioterapia ed ormonoterapia costituiscono validi presidi per il trattamento del dolore; i loro effetti collaterali possono essere notevoli ed in tutti i casi gli svantaggi devono essere bilanciati da idoneo effetto antalgico. In molti casi il miglior approccio al dolore deve essere multidisciplinare. Sono necessari ulteriori studi per individuare i migliori schemi terapeutici per il sollievo dal dolore. Rilevanza per la Medicina Generale L’alta incidenza e prevalenza delle neoplasie prostatiche rendono il MMG direttamente coinvolto in tutte le fasi della malattia, dalla diagnosi alla terapia sino alla gestione del dolore. Anche se molte informazioni contenute nell’articolo possono apparire prettamente specialistiche, saperne di più sulla patologia, sulle opzioni terapeutiche e sugli effetti collaterali aiuta il medico di medicina generale a rispondere con chiarezza ai bisogni del paziente, a indirizzarlo, a renderlo partecipe delle decisioni da prendere, e a facilitare la necessaria integrazione con le varie figure specialistiche. Il dolore anche qui è protagonista, specie nelle fasi avanzate. Conoscere le diverse opzioni terapeutiche e saper utilizzare i farmaci analgesici costituisce un dovere per il MMG. Commento Queste linee guida sono state ideate e realizzate per un utilizzo esclusivo da parte degli specialisti. La figura del Medico di Medicina Generale non è presa in alcuna considerazione. La terapia farmacologica analgesica con oppioidi viene solo marginalmente indicata è questo è un ulteriore motivo del suo uso purtroppo poco diffuso.


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