Saluti da... Saluzzo

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SALUTI DA… SALUZZO

Maura Banfo e Filippo Centenari



SALUTI DA‌ SALUZZO

Maura Banfo e Filippo Centenari a cura di Alessandro Demma


Saluti da… Saluzzo Maura Banfo e Filippo Centenari 20 maggio – 15 agosto 2012

Un progetto IGAV per la Castiglia di Saluzzo Organizzazione e realizzazione Istituto Garuzzo per le Arti Visive

nell’ambito di: “Saluzzo Contemporanea - Un progetto IGAV di arte diffusa” In collaborazione con

Con il patrocinio di

Medaglia d'oro al Valore Civile

Partner ufficiale


Mostra a cura di Alessandro Demma Organizzazione IGAV

Catalogo a cura di Alessandro Demma

Presidente Rosalba Garuzzo

Testi di Alessandro Demma Martina Corgnati

Direttore artistico Martina Corgnati

Impaginazione e grafica Maura Banfo e Filippo Centenari

Curatore Alessandro Demma

Un ringraziamento particolare a Paolo Allemano Sindaco di Saluzzo Fulvia Artusio Vicesindaco di Saluzzo Roberto Pignatta Assessore alla Cultura e al Turismo Comune di Saluzzo

Direttore organizzativo Cristina CavagliĂ Coordinamento Carlotta Saracco Segreteria Alessandra Lombardi

Ringraziamenti Luca Boiero Luigi Cavallo Marco Delleani Anna Maria Faloppa Silvia Manavella Iris Motaran

Redazione web Angela Pastore Per l’allestimento ha collaborato Alessandro Falanga Ufficio Stampa Emanuela Bernascone, Torino Consulenza assicurativa Insurance Aon s.p.a Insurance Brokers Progetto grafico Maura Banfo e Filippo Centenari

Per la partecipazione al workshop si ringraziano Anna Boretto Vilma Margaria Erika Mustazzu Marco Pittatore Chiara Racca Manuela Simondi Francesca Zarattini



Indice 10 Saluti da... Saluzzo. Maura Banfo e Filippo Centenari di Alessandro Demma 12 Polaroid. Il gioco continua di Martina Corgnati 14 Maura Banfo Opere 28 Filippo Centenari Opere 42 Biografie 45 Workshop


La mostra fotografica Saluti da… Saluzzo è un altro importante risultato della consolidata collaborazione fra il Comune di Saluzzo e l’Istituto Garuzzo per le Arti Visive, che dal 2008 ha fatto sì che la Castiglia, edificio simbolo della storia antica e recente della città, diventasse anche un luogo di elezione per l’arte contemporanea. Protagonista assoluta della mostra è Saluzzo, fonte di ispirazione per gli artisti Maura Banfo e Filippo Centenari, ma anche di fotografi “speciali”, ovvero alcuni cittadini guidati dagli stessi artisti, che la svelano attraverso una interpretazione personale e inconsueta, filtrata da un mezzo anch’esso “speciale” come la Polaroid. L’allestimento della mostra è dunque il fortunato risultato di questa peculiare collaborazione fra l’IGAV , i suoi artisti, l’Amministrazione e i cittadini, che interpreta alla perfezione lo spirito del progetto comunale “La cultura incontra il territorio”, nell’ambito del Sistema urbano di valorizzazione integrata del patrimonio culturale, avviato nel 2010 e di cui l’IGAV è partner. La mostra, come le altre iniziative che l’IGAV ha curato in questi anni a Saluzzo, costituisce una ulteriore opportunità per valorizzare la Castiglia, in un felice connubio fra le vestigia del passato e l’arte contemporanea, e per impreziosire l’offerta culturale della città. Sono certo che anche Saluti da… Saluzzo avrà il meritato riconoscimento da parte del pubblico. Roberto Pignatta Assessore alla cultura – Città di Saluzzo


La città con la sua storia, la sua struttura e architettura, intesa come spazio urbano, antropologico e sociale, porta con sé una carica simbolica che non può restare confinata nell’ombra. Per questo motivo L’Istituto Garuzzo per le Arti Visive in collaborazione con la Città di Saluzzo ha voluto dedicare una mostra alla città che, ormai dal 2008, ospita, negli spazi della Castiglia, i suoi progetti di arte contemporanea. Saluti da… Saluzzo è, appunto, un progetto che riflette sullo spazio urbano, la sua memoria e la sua trasformazione, sulle dinamiche che attraversano il tempo passato presente e futuro di un luogo. Così, gli artisti Maura Banfo e Filippo Centenari, che da tempo collaborano con l’IGAV, hanno costruito un “diario di viaggio” utilizzando la macchina fotografica Polaroid. Attraverso la seducente immediatezza e unicità di questo strumento, gli artisti, guidati da un gruppo di cittadini saluzzesi, hanno creato i loro appunti di viaggio come cartoline illustrate che nascono dalla scoperta fisica e mentale degli spazi cittadini, con lo sguardo di due viaggiatori attratti dal nuovo e dal diverso. Il progetto è stato ideato e costruito con un intento ben preciso: da un lato di ricreare, attraverso lo sguardo dei due artisti, una nuova visione di Saluzzo, dall’altro di stabilire un rapporto sempre più efficace e intrecciato tra l’arte contemporanea e il suo pubblico. Per questa ragione si è deciso di realizzare un workshop con alcuni cittadini che, collaborando con Maura Banfo e Filippo Centenari, hanno contribuito alla realizzazione di questo progetto osmotico tra la città, i suoi abitanti e lo sguardo estraneo degli artisti. Rosalba Garuzzo Presidente IGAV




Saluti da… Saluzzo. Maura Banfo e Filippo Centenari di Alessandro Demma

“Anche le città credono d’essere opera della mente o del caso, ma né l’una né l’altra bastano a tener su le mura. D’una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda” (Marco Polo)

Interrogare la città per capire la sua essenza, la sua struttura, il suo vissuto, indagare sulle forme e sullo spazio, sul paesaggio urbano e la sua dimensione fisica e biologica, significa ridefinire la scena di un luogo che dà forma all’identità, alla materia, alla natura e alla memoria. Quello di Maura Banfo e Filippo Centenari è un viaggio per decostruire e ricostruire l’immagine concreta, corporea e al contempo ideale e illusoria di un luogo, geografico e antropologico, un percorso del pensiero e dello sguardo che sposta la visione sulla città dalla pura analisi sulla sua essenza fisica, geografica, urbanistica e sociale, verso una riflessione psicologica, immaginaria, addirittura onirica. Saluti da… Saluzzo vuole essere un momento di riflessione attorno a uno dei temi più dibattuti del presente. La città, appunto, “lo spazio critico”, per usare le parole di Paul Virilio, è indagata per effetti cromatici e sensoriali, per segni che riflettono sugli spazi dell’esistenza e sulle architetture “arrampicate” del centro storico, sulle macro e micro realtà che caratterizzano un luogo. Al centro del progetto è proprio lo strumento utilizzato, la macchina Polaroid, con il suo caratteristico linguaggio immediato, intimo e spontaneo, a scandire il tempo, lo spazio e il colore di questo racconto urbano. Il progetto nasce con l’intenzione, quindi, di costruire una “planimetria per immagini” della città, fatta di singoli frammenti (9x11 cm è la dimensione di ogni singolo film), un mosaico pensato come uno spazio semiotico e d’esplorazione visiva, come un campo in cui le procedure linguistiche e tecniche giocano un ruolo fondamentale di conoscenza. Un diario di viaggi per immagini in cui il tempo è scandito dagli scatti fotografici che ridisegnano, sotto una nuova prospettiva, i luoghi della città, portando lo spettatore a percepire “nuovi orizzonti” fisici, cromatici e spaziali. La superficie di ogni singolo film istantaneo diventa, inoltre, lo spazio dove, dopo l’impressione dell’immagine, gli artisti intervengono per creare il loro cortocircuito rappresentativo, il loro agire, in una delicata operazione di postproduzione che rende ancora più unico lo scatto fotografico. Se, infatti, la polaroid ha nella sua struttura essenziale il concetto di unicità, le metamorfosi materiche e cromatiche, segniche ed espressive ideate e realizzate da Maura Banfo e Filippo Centenari ridefiniscono 10


l’essenza delle opere. Queste visioni prospettiche destrutturate, liberate dalla loro raffigurazione, si presentano come “cammei d’immagini” preziosi, ricamati dalle mani attente degli artisti. Il procedimento meccanico s’intreccia, così, al processo creativo del “corpo” dei due artisti, al loro intervento fisico e mentale, visivo e visuale, al loro sguardo altro sulla realtà. Le immagini si susseguono come una partitura musicale, come un pentagramma cromatico che ridisegna lo spazio urbano, che crea un “Eden metatemporale” che tiene fuori dai suoi cancelli, dal suo cerchio magico, l’ammasso informe e rumoroso dell’inferno metropolitano. Gli scatti fotografici costruiscono, così, la sceneggiatura di un “teatro urbano”, fatto di assorbimento, riflessione, trasmissione, rifrazione e diffrazione, che racconta attraverso questo “spaesamento linguistico” il viaggio, l’attraversamento fisico e mentale dei due artisti, nelle strade della città. Il viaggio è la metafora o la mise en abîme dei due artisti, capaci di rappresentare - nelle loro inesauribili scansioni fisiche e temporali – la relazione tra totalità e particolarità, significato e configurazione fenomenologica, profondità e superficie: il viaggio è un’immagine della vita sospesa tra caso e necessità, tra la molteplicità dell’esperienza e il suo senso unitario. L’occhio dell’artista, il suo “sguardo obiettivo”, insegue il “mistero” degli spazi dell’abitare che diventano, nelle sue processioni verticali e orizzontali, soggetto e, al contempo, oggetto della sua indagine, movente per disegnare nuovi luoghi possibili. Le fotografie diventano, così, strumento di analisi e di interpretazione, occasione irrinunciabile di riflessione e di rideterminazione dello spazio urbano, linguaggio per rappresentare il milieu di una città e a cui affidare l’ossimoro di una rilettura dell’abitare lo spazio in assenza della presenza umana. È, infatti, l’assenza fisica dell’essere umano a segnalare la sua indispensabile presenza, a lasciare le sue impronte sulla città, a dare la possibilità agli artisti di trasformare gli spazi in immagini, le forme e la materia di questi luoghi in eterotopie. Il processo creativo di Maura Banfo e Filippo Centenari per Saluti da… Saluzzo è quello di lavorare sul reale per riprodurre immagini mai viste e al contempo di agire sul découpage e sull’interpretazione d’immagini “già fatte” per bloccare e derimere il flusso diffuso di cui è spettatore, il flusso della città. Le opere dei due artisti vivono su un confine assai labile. La visione reale della città, del paesaggio urbano, e la sua “tonalità emotiva e spirituale” diventano, infatti, i due termini attorno ai quali Banfo e Centenari hanno costruito il loro viaggio visuale che naviga tra la sospensione del tempo e dello spazio, che vive come nel regno delle Madri goethiano in cui l’eterno gioco delle forme possibili non ha né luogo né tempo.

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Polaroid. Il gioco continua di Martina Corgnati

Tutto e subito. È questa la promessa fatta e mantenuta dalla tecnologia polaroid a innumerevoli fotografi ed artisti: offrire loro un’istantanea che, oltre a “cogliere l’attimo” con tutta la prontezza e la pregnanza richiesta dal reportage alla Cartier Bresson, fosse anche in grado di restituirlo subito, di fronte a occhi ancora memori del vissuto riflesso nell’immagine, o, in altre parole e parafrasando Barthes, di un “essere stato” appena velato dal tempo. Anzi, si può dire che la polaroid tenda ad assottigliare, a ridurre lo spessore che separa il passato dal presente fino a trasformarlo in una velina, una pellicola sottilissima tendente al nulla. “È stato” diventa così “è”, “è ancora”, e la fotografia un atto non di memoria ma di replica letterale, duplicazione dell’esistente. Forse è per questo che la polaroid ha ottenuto quasi immediatamente un successo travolgente: nata per appagare un desiderio ingenuo, in un certo senso “popolare” ma anche capriccioso (si racconta che la sua invenzione sia stata indirettamente merito di Jennifer, la figlia bambina dell’inventore, Edwin Land, che un bel giorno chiese al padre come mai non potesse vedere subito le foto che le aveva appena scattato), la polaroid già pochissimi anni dopo la sua comparsa sul mercato (la prima volta fu nel 1948, in un supermercato di Boston) attira inaspettatamente pionieri della straight photography come Ansel Adams, il cui perfezionismo estetico è rimasto leggendario e ha determinato una nuova idea del paesaggio fotografato, dominato da “forms” e non da “shapes”, cioè da forme culturali, volute e definite, e non da forme naturali, casualmente apparse di fronte all’obbiettivo. La sua cura maniacale dell’immagine, il suo gusto raffinato e limpido pongono Adams agli antipodi di quella spontaneità, facilità e, in un certo senso, precarietà dell’immagine cui naturalmente si tende ad associare la polaroid: eppure Adams ne fu un praticante entusiasta, tanto da coinvolgere nella sperimentazione e nella pratica del mezzo gli amici e i colleghi più stimati, come Dorothea Lange, Imogen Cunningham, Edward Weston, Harry Callahan e Margaret Bourke-White, creando insieme a loro una “library” di immagini polaroid, che costituiscono una pietra miliare nella storia della fotografia “classica” del Novecento. Usare la polaroid significa, infatti, non solo gustarne l’immediatezza e l’aderenza al contesto, all’atto che produce la fotografia, ma accettarne i 12


formati: il piccolo, per molti riduttivo 5 x 4 oppure, in alcuni casi ma non molti (per esempio Chuck Close, William Wegman, David Levinthal) 50,8 x 61. Contro ogni aspettativa Adams, amante di immagini magniloquenti e perfette, che amava ammirare in formati grandi o grandissimi, vi si adatta e in essi rivela una creatività inaspettata, differente. E come lui, dopo di lui, moltissimi altri pionieri della fotografia americana, anche con implicazioni “sociali” (Lange) oppure di reportage (Bourke-White, Robert Frank). È questo inizio, forse, ciò che sorprende di più. Il seguito infatti, o almeno parte di esso, è più prevedibile, così come è prevedibile l’immenso successo commerciale della tecnologia polaroid dagli anni Sessanta in avanti (fino a che, con l’avvento del digitale, cessa la produzione di macchine e pellicole per il pubblico di massa che aveva finalmente trovato un sostituto ancora più immediato, economico e “facile” della polaroid), strumento capace di appagare meglio di ogni altro il bisogno di fruizione immediata dell’utente populista. Si comprende anche come i Pop Artists quali l’immancabile Andy Warhol o David Hockney, innamorati dell’immagine americana e del suo paesaggio, utilizzassero la polaroid per produrre opere autonome o tracce di vissuto “sintetico”, di paesaggio o di personaggi artificiali (l’autoritratto dell’artista truccato da donna, per esempio), talvolta sezionati e ricomposti in mosaici di immagini. Anche Robert Mapplethorpe, perfezionista non meno di Adams, seppure di diverso genere, era un patito della polaroid, cui affidava istanti irripetibili e che però voleva condividere non solo con spettatori anonimi e sconosciuti del “dopo” ma proprio con i suoi modelli, subito. E Lucas Samaras ricorre alla polaroid nella “Photo-Transformations”, atto finale del suo insistente lavoro di forzatura, manipolazione e distorsione del corpo e dell’identità del sé. In questo caso, la polaroid, opportunamente trattata come questo tipo di pellicola infatti permette, consente all’artista di far coincidere il tempo e la visione del fotografo con il tempo e la visione del soggetto, di azzerare concettualmente la distanza psichica e temporale fino a un’implosione drammatica, fortemente esotermica. Si rivela quindi uno strumento specialmente versatile non solo per la “presa diretta” ma per la reattività chimica (Emulsion lifting e vari tipi di manipolazione) che offre una varietà di effetti estetici e visivi diversi. Anche le limitazioni del formato sono state superate da molti artisti (dal già citato Hockney a Gordon Muehle e altri) attraverso la scomposizione del soggetto in decine di immagini in scala uno a uno e la ricomposizione delle stesse in veri e propri mosaici, ricostruzioni paradossali della “scala” del reale, vere e proprie “mappe” del corpo, del volto, della circostanza. Così hanno lavorato anche molti ritrattisti, per esempio Maurizio Galimberti, testimonial dell’azienda negli anni Novanta, e autore anch’egli di “mosaici-ritratti” dal forte dinamismo boccioniano. E adesso, nonostante la decretata morte della polaroid, avvenuta quasi subito la sua resurrezione, il gioco continua... 13


MAURA BANFO foto di Filippo Centenari 14















FILIPPO CENTENARI foto di Maura Banfo 28















Maura Banfo

Maura Banfo, 1969, vive e lavora a Torino. Dopo anni d’irrequietezza “vagabonda” ad esplorare il mondo, trova nella sua città natale il proprio “nido” dove inizia alla fine degli anni novanta una ricerca attraverso la fotografia come linguaggio predominante. Inquadrature irregolari ed eccentriche sono le caratteristiche dei suoi soggetti: immagini evocative per la sua capacità di raccontare le storie delle quali gli oggetti sono silenziosi testimoni. Ciò che di regola riconosciamo diventa qui una chimera, un tuffo emozionale nel mistero della forma. Oggi la sua ricerca guarda a 360° gradi, lasciandosi trasportare dalle proprie sensazioni attraverso non solo la fotografia e il video, ma la scultura e l’installazione. Il suo lavoro è presente in molte collezioni private e pubbliche (per citarne qualcuna, la Gam di Torino, l’Unicredit Private Banking, il Museo della Fotografia di Cinisello Balsamo, l’Istituto Garuzzo, ecc) e ha partecipato a varie mostre collettive sia in Italia che all’Estero. Tra le sue mostre personali si ricordano: 2011 Torino, Marena Rooms Gallery, “In un palmo di mano”, a cura di Gabriella Serusi. Torino, Palazzo Birago, “MADE IN TURIN”, con il sostegno di Camera di Commercio di Torino, Regione Piemonte, Fondazione Crt, testo in catalogo A.Demma. 2010 Salerno, Galleria LeggermenteFuoriFuoco, City Specific, “Saluti da…Salerno”, a cura di A. Demma. 2008 Firenze, Galleria Alessandro Bagnai, “HOME”. 2007 Firenze, Ex Chiesa dei Barnabiti, site specific project, Festival Oltrarno, a cura di P. Gaglianò/V. Sieni. Cremona, CRAC, “round trip”, a cura di/curated by D. Ferruzzi, testo O. Gambari 2006 Torino, Palazzo Bricherasio, OUT SIDE, site specific project, a cura di O. Gambari. Napoli, Galleria MimmoScognamiglio, Maura Banfo/Brunella Longo. 2005 Ginevra (Svizzera), Galleria AP4-ART “Maura Banfo”, a cura di B. Magrini. 2003 Prato, Galleria NicolaFornello, “al di là dei pieni”, a cura di S. Risaliti. Torino,Pragelato, Eco-museo del costume, “Eco e Narciso”, site specific project, a cura di S. Risaliti/R. De Marchi. Chambéry (Francia), Musee Espace Malraux, “Maura Banfo”, a cura di V. Deulin/D. Jambon. 2002 Arezzo, Note Arte Contemporanea, “amor sacro amor profano”, a cura di P.Magni. 2000 Torino, Galleria Antonella Nicola, “A Perfect Day”, testo M.Perosino, G. Maraniello. 42


Filippo Centenari

La ricerca di Filippo Centenari affonda le sue radici nel campo multimediale dove pittura, video, meccanica ed elettronica coesistono e si intrecciano in progetti di natura “altra” , creando interazione e rovesciando le regole tecniciste dei singoli mezzi scelti. Centenari lavora costantemente con la pittura e il video, alla ricerca di una sintesi mediale e collage, dalla Polaroid alla stampa digitale, dal video all’installazione e l’interazione dei mezzi espressivi. Un lavoro che procede frammentando e ricostruendo continuamente immagini e mezzi provenienti dalla storia e dai nuovi spazi digitali, dei minimi frammenti che diventano nuova – ma sarebbe meglio dire - diversa armonia. Sue opere sono state esposte in importanti rassegne e Gallerie, dalla “Biennale di Arte Sacra di Teramo” presso il Museo della Fondazione Stauros a “Mediterraneo D’arte” presso l’archivio centrale dello Stato, EUR, Roma. Ha partecipato a numerosi progetti e mostre internazionali tra cui: 2012 “Materia di Luce“ – Galleria Spazio Testoni – Bologna. 2011 “Collisioni. Un gruppo di artisti tra scultura e architettura.“ – Galleria Duemila&Novecento - Reggio Emilia . “Cross Currents“ – Civic Center - Lagos. 2010 “Contemporary Energy. Italian Attitudes” presso il Museo Supec (Shanghai Urban Planning Center). 2009 “Solo Project“ – Basilea. 2008 “Energie Sottili della Materia” (Shanghai, Beijing, Shenzhen, Seoul). Biennale Internazionale di Arte Giovane di Mosca : “Qui Vive?” – “Oltre i confini del corpo”, Fabrika Project, Mosca. “Collezione Farnesina: Experimenta” – Ministero degli Affari Esteri. 2007 Partecipa alla manifestazione internazionale en plen air “Cowparade” - Milano, con l’opera “Anima” sponsorizzata da Microsoft. 2006 In occasione della “Notte dei Musei” a Cremona, firma insieme al maestro Nino Migliori, l’installazione “Stradivari dalla Tradizione al Sogno”. 2005 Vincitore del XIX Premio Internazionale per l’arte elettronica “Guglielmo Marconi” , Bologna. 2004 “Periplo del Mediterraneo” - Genova “Radiance & Resonance/ Signals of time” Dashanzi Art District 798 - space, Beijing “Isola di Pasqua Project”, Isola di Pasqua. 43



WORKSHOP 20/27 aprile - 4/19 maggio 2012 - Saluzzo 45






Finito di stampare Maggio 2012




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