Via San Gaetano n°16 82100 Benevento , Italy Dal lunedÏ al sabato dalle 16:00 alle 20:30 mattina e domenica su appuntamento
Direzione: Sara Cancellieri Progetto: Igor Verrilli A cura di: Mario Francesco Simeone Allestimento: La casa di Schiele
Cell: 3040551665 Cell: 3339211909 lacasadischiele@libero.it La casa di Schiele lacasadischiele.blogspot.it
Si ringrazia:
13X18 A cura di
Mario Francesco Simeone
Il limite della rappresentazione e lo spazio dell’interpretazione in 13x18 centimetri.
Riunire quarantaquattro artisti in 13x18 centimetri è possibile. Non si pensi a trovate clownesche o trucchi illusionistici, perché la soluzione al problema dello spazio è pane quotidiano della pratica e della teoria artistica, della filosofia estetica e della psicoanalisi cognitiva. L’arte, in particolare, è il campo di applicazione immediatamente visibile del rapporto dell’uomo con gli spazi, una relazione che condiziona sistemi, espressioni e linguaggi. Attraverso la resa delle dimensioni di elementi inseriti in un ambiente, dallo sfondo dorato bizantino alla camera di Van Gogh, l’opera racconta la sua storia. In fondo, è uno dei modi in cui una cosa difficile da comprendere viene spiegata attraverso l’immagine di un’altra, fenomenologicamente più immediata. È il lavoro che, nella linguistica, compie la figura retorica. Le figure retoriche e i rapporti con gli spazi, cambiano con le epoche, come un processo biologico continuamente produttivo, vivificato dall’avvicendamento delle culture, delle società, delle economie e degli strumenti, tra ispirazioni estemporanee e ricerche scientifiche. Anche per questo è difficile, per l’uomo contemporaneo, leggere la sintassi stilnovista e, sicuramente, anche Dante avrebbe qualche difficoltà a interpretare la pagina di un blog. In ogni caso, è vero che le vie della rappresentazione sono virtualmente infinite ma l’arte, per la sua intrinseca connotazione tecnica, pragmatica già nell’etimologia, basa tutte le sue funzioni sull’esistenza concreta del supporto. Una tela, un cartoncino, una parete, un vetro, sono spazi creati da materiali, caratterizzati da porosità e imperfezioni calcolate che agiscono come resistenze creative, entro le quali inserire una narrazione. Ogni ambiente, ogni elemento, dal più figurativo al più astratto, dalle forme di Vasilij Kandinskij agli “impacchettamenti” di Christo e Jeanne Claude, estende la sua superficie narrativa su una superficie materiale. Questo scambio tra spazio e racconto è un dato certo, forse l’unico, che aiuta molto nella lettura della grammatica dell’opera.
Tale ibridazione di superficie e materia, narrazione e oggetto, dunque, impone un bivio all’immagine da rappresentare. Parafrasando Erwin Panofsky, lo spazio sul quale si estende l’immagine diventa forma simbolica. La Basilica di Sant’Apollinare, a Ravenna, o la Cattedrale di Santa Maria, a Monreale, sono state costruite in epoche e contesti diversi ma entrambe si configurano come narrazioni esplicite. Gli imponenti cicli musivi che le decorano, raccontano una storia dai contorni definiti. L’architettura è supporto aperto, le navate scandiscono uno spazio totale della rappresentazione, che materializza immediatamente il concetto. In entrambi i casi, si tratta di storie morali ed encomiastiche, quindi, l’atto dell’interpretazione è invalidato, perché il rapporto tra la rappresentazione e la percezione non deve essere affatto interpretativo ma univoco, edificante e didascalico. L’autorità totalizzante, incarnata dai grandi sistemi del potere temporale e spirituale, proponeva visioni statiche che, concedendo lo sgomento del bello, lo stupore per quel nuovo mondo fatto di linee, annullavano la critica del rapporto dialogico. Per capire meglio, si può compiere un enorme salto strumentale, verso un periodo prossimo alla nostra realtà. La città orwelliana del mondo distopico di 1984, è tappezzata da enormi immagini dell’occhio sempre aperto del Big Brother. Il fruitore non è il soggetto con un punto di vista esterno e senziente ma l’immagine stessa, diventata messaggio dinamico e diffuso. Non è il segno a incombere nello spazio del reale da una superficie materiale, è lo spazio stesso che, non più reale, è diventato estensione totalmente simbolica, latente e omogena. Al contrario, la rappresentazione estesa su una superficie estremamente concentrata, segue un ritmo discontinuo, perché crea un moto percettivo perpetuo e incostante, oscillante tra apertura e chiusura del senso. Infatti, le informazioni veicolate dallo spazio minimo suscitano, con naturalezza e discrezione, la curiosità del fruitore, chiamato ad agire nella profondità dell’immagine per completarne il senso. Si delinea un percorso tortuoso verso tutto ciò che non è compreso nello spazio rappresentato. Questa forma di narrazione è etimologicamente simile al dialogo, come un qualcosa di indefinibile che è tra (dià) le parole (lògos). Un discorso alternato tra elementi taciuti e inflessioni del tono, che
alimenta perennemente la riflessione, l’interpretazione, il fraintendimento, principi basilari della comunicazione. Il senso si completa nel non detto, in ciò che si lascia cadere dopo i puntini sospensivi, oltre la cornice del discorso. In questo caso, la sospensione avviene dopo 13x18 centimetri. 13x18 è un racconto collettivo, una composizione dissonante che gioca sul limite tra organicità del formato e asimmetria dei tratti. Fulcro tematico dell’esposizione, infatti, sono le possibilità comunicative, i modi della rappresentazione, i materiali, i percorsi eterogenei, peculiari del piccolo formato. Immagine e supporto, come sovrapposizione di spazio fisico e ideale, esprimono un’estetica del segno minimale che limita l’eccesso d’informazione vincolante e apre la strada al processo cognitivo, alle possibilità interpretative. Il rapporto tra opera e fruitore è dialogico, non gerarchico ma orizzontale. Così, sulle pareti bianche, si delinea una cartografia complessa, di tecniche e segni, simboli e colori, scandita dall’alternanza netta degli spazi, in fitte sequenze di 13x18 centimetri. La narrazione visiva, diffusa ritmicamente sulla superficie architettonica, diventa un codice da definire, secondo le infinite e imprevedibili enciclopedie di chi crea e di chi osserva. Mario Francesco Simeone
ARTISTI
Antonio Barbagallo Angelo Barile Paul Beel Silvia Beltrami Valentina Biasetti Gabriela Bodin Barbara Bonfilio Simona Bramati Sara Cancellieri Gianluca Capozzi Antonella Casazza Vito Centonze Adele Ceraudo Pierluca Cetera Gabriella Crisci Vincenzo Last22 D'argenio Salvatore Daddi Fabrizio De Cunto Mario Edoardo Dominguez Roberta Feoli Clare Galloway Cristina Iotti
Arianna Lion Savina Lombardo Mario Loprete Anna Madia Pietro Marchese Jara Marzulli Klaus Mehrkens Sagan Newman Ferruccio Orioli Alessandro Papari Samuele Papiro Francesca Romana Pinzari Jerome Pouwels Dora Romano Giuliano Sale Lele Sgambati Milena Sgambato Tina Sgrò Vania Elettra Tam Elisabetta Trevisan Giuseppe Vaccaro Valentina Zummo
Antonio Barbagallo
“SPAZI APERTI DALLE VIRTÙ DEL VENTO” inchiostri su carta
Angelo Barile
“FRIDUZZA” Grafite su cartoncino
Silvia Beltrami
“RAGAZZA INCUBO” Collage su faesite
Paul Beel
“PICCOLISSIMA ALICE” Olio su tela
Valentina Biasetti
“TESTAMENTO FORMIDABILE” Collage su faesite
Gabriela Bodin
“PROFILO” Tecnica mista su tela
Barbara Bonfilio
“SENZA TITOLO” Penna su carta
Simona Bramati
“DANIZA” Olio e carta su tela
Sara Cancellieri
“SE CHIUDO GLI OCCHI TI VEDO” Acquerello su carta
Gianluca Capozzi
“SENZA TITOLO” Tecnica mista su carta
Antonella Casazza
“UN DIAVOLO PER CAPELLO” Acrilico su tela
Vito Centonze
“SENZA TITOLO” Vino su carta
Adele Ceraudo
“SENZA TITOLO” Tecnica mista su carta
Pierluca Cetera
“DALLA SERIE RIMOZIONI: IL DENTISTA” Olio e calamite su zinco
Gabriella Crisci
“SENZA TITOLO” Matita su cartoncino
Vincenzo Last22 D’Argenio
“TRIBUTE TO GAUSS” Carta millimetrata, stencil tagliato a mano, spray su acetato
Salvatore Daddi
“SOSPESO” Olio su cartone
Fabrizio De cunto
“BENINO” Matite colorate su carta
Mario Edoardo Dominguez
“ANGELI E GOBBI” Puntasecca e incisione stampato su carta
Roberta Feoli
“SANTE DONNE” Acquaforte su zinco morso in acido less-toxic, stampa inchiostro a base acqua
Clare Galloway
“WINTER SENTIENCE” Acrilico e matita su carta
Cristina Iotti
“AM(B)ITI PERSONALI” Matita, matite colorate su carta
Arianna Lion
“LA PICCOLA PAPESSA DEL TEMPO” Matita su foglio lucido
Savina Lombardo
“BLA FORETSA DEI SIMBOLI” Penna su carta
Mario Loprete
“FRANCESCO” Olio su cemento armato
Anna Madia
“CIRCE” Inchiostro e biro su carta
Pietro Marchese
“DAGHERROTIPO EQUINO” Tecnica mista su carta
Jara Marzulli
“FIUME” Acrilico su mdf
Klaus Mehrkens
“SENZA TITOLO” Olio su tela
Sagan Newman
“THE FIVE MEN” Charcoal on board
Ferruccio Orioli
“37° 08' N 12° 46' E” acquarello, vinavil diluito, sabbia nera dello stromboli
Alessandro Papari
“SENZA TITOLO” Olio su carta telata
Samuele Papiro
"IL SILENZIO NON È IL CONTRARIO DEL DISCORSO, LO PERMETTE" vetro fumè inciso a mano
Francesca Romana Pinzari
“NUDO CON COLPO DI VENTO” capelli su carta
Jerome Pouwels
“DYSFUNCTIONAL SYSTEMS:GLOBAL WATER” Inchiostro su carta
Dora Romano
“PIAZZA NAVONA-ROMA” Olio su tela
Giuliano Sale
“SENZA TITOLO” Olio su carta
Lele Sgambati
“POSTCARD” Grafos e pastelli su busta airmail
Milena Sgambato
“BOROTALCO” Olio su tel
Tina Sgrò
“MINUSCOLO” Acrilico su tela
Vania Elettra Tam
“RIFLESSIONI NOTTURNE” Tecnica mista su cotone
Elisabetta Trevisan
“DUBBIO” Tempera e matite acquerellabile su cartoncino Schoeller
Giuseppe Vaccaro
“LUCE DEL MONDO” Acrilico su tavola
Valentina Zummo
“AMANTI IN NERO” Acrilico su legno
13X18
2 NOVEMBRE - 8 DICEMBRE 2014
Via San Gaetano n째16 82100 Benevento , Italy dal lunedi al sabato dalle 16:00 alle 20:30 mattina e domenica su appuntamento