ritratti romani

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Giovanni Crescenzi Roma, una selva di torri

I Crescenzi Antica famiglia baronale romana, sono originari di Marino presso i Castelli Romani, sono protagonisti della scena romana a partire dall’XI secolo. Le loro proprietà si concentrano nella zona del Pantheon, tra via delle Coppelle e Palazzo Madama, che ha origine dalla Torre dei Crescenzi. Si estinguono nei Serlupi, che prendono il loro nome a partire dal 1642.

Con il dissolvimento dell’Impero d’Occidente, Roma diventa il palcoscenico di una disputa che vede la Chiesa alla ricerca di una sempre maggiore libertà di azione nei confronti dell’imperatore. Il Papa diventa progressivamente l’unico punto di riferimento per la cittadinanza, gestisce l’amministrazione, le infrastrutture, si sostituisce agli imperatori latitanti nell’assistenza della popolazione e nella difesa dell’incolumità degli abitanti. A partire dalla fine del IX secolo il Pontefice comprende di poter essere l’ago della bilancia tra i due poteri più forti del momento, il Sacro Romano Impero e l’Impero Bizantino. L’urbanistica cittadina risponde a questi cambiamenti: si sviluppa un vero e proprio patrimonio ecclesiastico che dalla periferia penetra velocemente anche nel cuore della Roma Antica e occupa le strutture dei monumenti pagani abbandonati. Mentre la presenza degli Imperatori diventa gradualmente più simbolica che concreta, il Papa si afferma come nuovo governatore assoluto. Esistono però altri protagonisti della vita cittadina che non vanno trascurati: le famiglie baronali. Molte di loro godono di una antica e nobile tradizione, vantano capostipiti di rango senatorio e avvertono la necessità di tornare protagonisti sulla scena politica. Tenuti sempre sotto stretto controllo dai Papi, che gestiscono il potere in modo piuttosto personalistico, a 113


1. Casa dei Crescenzi 2. Torre dei Crescenzi 3. Salita dei Crescenzi


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partire dal X secolo i baroni romani sfruttano a loro vantaggio un avvenimento politico inaspettato. La Chiesa di Roma, alla ricerca di un’alleanza militare che possa difenderla dalla minaccia saracena, vede la situazione sfuggirle di mano e assiste all’ascesa di una serie di ambiziosi personaggi, che lentamente si sostituiscono al potere assoluto del Papa. Complice la presenza di pontefici di scarso spessore, i primi decenni del X secolo vedono governare la senatrice Marozia e il figlio Alberico II, due figure mitiche della nobiltà romana. Sono loro i primi protagonisti di quella nuova fase storica in cui le famiglie patrizie trameranno per la gestione del potere cittadino ed esprimeranno una nuova generazione di pontefici, per lo più deboli e dalla breve carriera. Solo nel X secolo si alternano sul soglio pontificio ben 23 Papi, che resistono una media di 4 anni ciascuno. La gestione del governo cittadino si sposta gradualmente da San Pietro all’assemblea cittadina, che sulle ceneri del Senato romano riacquista la propria autorità. Questa situazione si protrarrà per almeno due secoli. Tra queste famiglie bisogna senza dubbio annoverare i Crescenzi, protagonisti assoluti della politica e dell’urbanistica cittadina. La loro crescita economica e politica coincide con un certo risveglio e sviluppo della città. Assicurano il loro appoggio al Papato e all’Impero secondo la necessità del momento, mettono in atto tattiche spregiudicate che annoverano le azioni più cruente, sono protagonisti di un’ascesa che gli permetterà di vedere eletto un membro del loro clan, Giovanni XIII (965-972), che “governerà” sotto il diretto controllo di Giovanni Crescenzi. La scarsa attività di questo pontefice inaugura un periodo di almeno due secoli, nel quale i pontefici saranno relegati soprattutto alla gestione delle questioni religiose e l’amministrazione cittadina sarà gestita dai partiti laici, che occuperanno la città come veri e propri piccoli signori. I Crescenzi stabiliranno il loro quartier generale nel rione Sant’Eustachio, tra il Pantheon e San Luigi de’ Francesi. In una bolla pontificia viene individuata l’abitazione di Giovanni Crescenzi presso la Chiesa di San Trifone, dove si ergeva la Torre dei Crescenzi, poi inglobata da Papa Leone X all’interno di Palazzo Madama. Ne resta il ricordo nella Salita dei Crescenzi, che collega piazza della Rotonda al Senato. La presenza delle nobili famiglie romane in quartieri ben individuabili è un fenomeno piuttosto diffuso in questo periodo a Roma: da queste proprietà spesso nasceranno i grandi palazzi rinascimentali, frutto dell’unione di edifici minori già concentrati in una sola zona. Non è questa la sede per raccontare le imprese politiche dei Crescenzi, le loro alleanze e i loro scontri con le altre famiglie romane, in particolare 116


con i conti di Tuscolo, ma è interessante analizzare il modo in cui è organizzata la loro presenza sul tessuto cittadino. Abili nell’accumulare ricchezze e nell’accattivarsi il favore di papi e imperatori, sapranno procurarsi una serie di terreni che rappresenteranno la loro fortuna. Paradossalmente, di tutte le loro proprietà oggi resta soltanto un edificio, la Casa dei Crescenzi, noto anche come la Casa di Cola di Rienzo, uno dei rari esempi di edilizia medioevale rimasto intatto fino ai nostri giorni. In realtà probabilmente il suo nome deriva dal fatto che si rtrovi proprio sul lato opposto alla Casa dei Pierleoni, una delle famiglie rivali dei Crescenzi nell’XI secolo, all’inizio di via Petroselli, nei pressi del Foro Boario. Gli edifici, risparmiati dagli sventramenti fascisti degli anni Trenta, restano tra le testimonianze più esemplari del sistema edilizio medioevale. In particolare la Casa dei Crescenzi è il risultato dell’assemblaggio di numerosi pezzi provenienti da monumenti antichi, riutilizzati in parte nella loro funzione decorativa (come la trabeazione), in parte come semplici elementi di sostegno alla struttura. Questo metodo di costruzione, piuttosto empirico, descrive in modo efficace l’atteggiamento di queste famiglie nei confronti della città: non esiste più un progetto urbanistico di ampio respiro, seppure episodico, e si afferma la necessità di difendere i propri interessi personali. Le costruzioni private di questo periodo, purtroppo per la maggior parte cancellate dai lavori dei secoli successivi, si presentano come interventi veloci, di dimensioni ridotte, intrecciate in modo così disordinato le une sulle altre, che è difficile oggi anche rintracciare la loro collocazione originale. La Casa dei Crescenzi, ad esempio, nei secoli successivi è stata individuata con tre nomi diversi: Casa di Cola di Rienzo, forse per la confusione generata dal nome del proprietario Nicolaus Crescenzi; Casa di Ponzio Pilato, perché da qui si affacciava l’attore impegnato nella rappresentazione vivente della via Crucis, che si concludeva sul Monte Testaccio; Torre del Monzone, forse da una evoluzione del termine latino mansio, dimora. Una bella confusione, che è il riflesso del disordine amministrativo e urbanistico in cui versa la città in questa epoca. L’architettura privata del tempo, veloce e grossolana, rivela come Roma si stia avviando verso uno dei periodi più bui della propria storia, che durerà almeno fino all’elezione di Niccolò III nel 1277: un lungo tunnel privo di progetti urbanistici di ampio respiro e dilaniato dalle lotte fratricide tra i casati patrizi in cerca di spazio per non soccombere sotto le ingerenze dell’imperatore e le minacce dei rivali cittadini. Il Papa sarà complice di questi scontri e per lo più incapace di produrre una politica cittadina, come bene o male erano riusciti a fare i suoi predecessori. 117



Leone Frangipane Una fortezza in ogni monumento

I Frangipane Potente clan che vanta una leggendaria origine dagli Anici, installa la propria fortezza nella zona del Circo Massimo a partire dall’XI secolo. Il primo Frangipane, che avrebbe dato il cognome alla famiglia, sarebbe stato tale Pietro, ricco mercante, che durante un’alluvione del Tevere a Roma distribuì pane ai bisognosi passando per le vie dell’Urbe con una barca.

Il giro di boa dell’anno 1000 riserva ai Romani eventi di grande portata, frutto di quella incertezza politica e istituzionale che si risolverà soltanto a partire dal XIV secolo con la netta affermazione dei pontefici. Fino ad allora l’autorità cittadina non sarà gestita da un potere centrale definito, ma oscillerà tra la supremazia del Papa, l’influente attività della famiglie nobili che lavorano per la continuità dell’antico Senato, l’impero bizantino e quello degli eredi di Carlo Magno (gli Ottoni, i Normanni, gli Svevi). Per un breve periodo Roma godrà anche dello statuto di Comune, tra il 1143 e il 1144, un’esperienza che finirà sotto i cruenti scontri dei baroni, incapaci di creare un’alleanza laica che possa contrastare la più netta e ferma presa di posizione della Chiesa. L’assetto urbanistico della città risente ovviamente di questa particolare condizione, che vede la nascita di una serie di comunità strette intorno al potere delle famiglie patrizie, animate da quel carattere fondamentalmente locale e campanilistico che Roma non perderà mai più. L’assenza di un programma urbanistico centrale e di un’autorità suprema che sappia affermare dei princìpi e delle regole, permette ad alcune famiglie di occupare intere zone dell’Urbe, che diventano i propri quartier generali. All’interno dei rioni, che 119


1. Fortezza Frangipane 2. Torre della Moletta 3. Torre della Scimmia

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gradualmente dai sette dell’epoca di Gregorio Magno sono tornati da essere dodici, grazie ad un progressivo aumento della popolazione, si organizzano dei veri e propri microcosmi, che girano intorno alle torri dei signori, minacciosi baluardi e segnali di autorità. La torre assume una duplice funzione: da una parte rappresenta la difesa più efficace contro gli scontri tra clan che sono sempre più frequenti e accesi, dall’altra costituisce un vero e proprio segnale dell’appartenenza di un territorio ad un gruppo preciso. Leone Frangipane è una delle figure più influenti del partito che nel XII secolo anima la politica cittadina in opposizione alla famiglia dei Pierleoni. Tra le numerose dispute che vedono protagonisti le due fazioni, vale la pena raccontare l’elezione di papa Gelasio II nel 1118. Da ormai alcuni decenni la nomina di un nuovo Pontefice scatena scontri di piazza e dure prese di posizione da parte dei baroni, che cercano di affermare i propri candidati per mettere le mani sulla città. Gelasio II è sostenuto dai Pierleoni, che riescono a metterlo sulla cattedra di Pietro con il consenso dei cardinali bruciando sul tempo i propri oppositori. La reazione dei Frangipane non si fa aspettare: Leone (per altri Cencio) trascina il Papa fuori dalla chiesa in cui sta avvenendo la sua consacrazione, lo malmena e lo rinchiude in una delle torri di famiglia, forse quella all’incrocio tra via del Cardello e via Cavour (oggi è inglobata in un palazzo e intonacata). Il trattamento riservato al pontefice la dice lunga sulla libertà di azione riservata a queste famiglie nella città. Il Papa viene trattato come un delinquente qualsiasi, trovato a commettere un reato… Il suo errore fatale è stato quello di aver scelto di celebrare la propria elezione nella chiesa di Santa Prassede, proprio nel cuore del Rione Monti, territorio sotto la “giurisdizione” dei Frangipane, senza chiedere loro il permesso. Un affronto che scatena la spedizione punitiva di Leone e provoca l’allontanamento di Gelasio II. La vicenda si risolverà con l’intervento dell’imperatore Enrico V, ma a tutti sarà chiaro che esiste un controllo ben preciso del territorio. Quello dei Frangipane si estende dal Rione Monti fino al Circo Massimo, con una serie di proprietà satellite in Campo Marzio, nei pressi dell’attuale via dei Portoghesi. In pratica gestiscono tutti i punti di passaggio principali della città da Nord a Sud, tra via Lata e il Laterano. Si tratta di posizione strategica davvero invidiabile, che conferisce ai Frangipane un ruolo di assoluto primato nell’amministrazione cittadina. Dopo i grandiosi progetti degli imperatori romani e quelli dei papi dedicati essenzialmente alla costruzione del tessuto ecclesiastico della città, sono gli interventi urbanistici di famiglie come questa che si 121


innestano in modo violento e audace sull’antica struttura urbana. Basti pensare che parte del Colosseo nel XII secolo viene sfruttato dai Frangipane come propria fortezza. Tredici arcate sul lato che guarda al Laterano vengono tamponate e rinforzate per diventare una delle postazioni di guardia più temute della città. Da qui i Frangipane “bombarderanno” gli Annibaldi, per evitare che costruiscano una propria torre sul Colle Oppio. Da questo improvvisato castello potranno controllare tutto il versante sud della città e gestire una delle cave di calce più importanti di Roma. Anche se le peggiori spoliazioni del Colosseo si verificheranno a partire dal Quattrocento, quelle scarse parti del monumento che affiorano sono subito intaccate dall’attività edilizia dei Romani: le grappe di piombo che saldano i blocchi di marmo vengono staccate e fuse (per questo oggi l’edificio è costellato di buchi) mentre il travertino viene utilizzato per realizzare una calce finissima. Dopo secoli in cui i Romani hanno perso qualsiasi interesse per questo luogo, si fa avanti una concezione più utilitaristica dell’Antichità. La Valle del Colosseo verrà più prosaicamente chiamata Calcarium e al posto dei gladiatori sarà abitata dai produttori di prezioso materiale edile. I Frangipane ovviamente gestiscono questo mercato, assieme a quello della produzione della farina, grazie ad un’altra interessante loro proprietà all’interno del Circo Massimo. Questa struttura è ben visibile ancora oggi sul lato sud dell’ippodromo dove si trovano le uniche strutture murarie ancora in vita dell’antico circo: il merito della loro conservazione va tutto ai Frangipane, che le hanno occupate e trasformate nell’ultimo baluardo che doveva sorvegliare sia gli arrivi dalla via Ostiense sia quelli dalla via Appia. Gli spalti sono diventati abitazioni e botteghe, connesse in particolare alla piccola torre eretta in questo punto. Ancora oggi la chiamiamo Torre della Moletta, perché si trovava proprio sopra un canale dell’Aniene deviato nel 1122 da Papa Callisto II. La sua corrente viene sfruttata per animare la ruota di un mulino, la “Moletta”, prima che si getti nel Tevere. Una tradizione vuole che proprio in questo edificio Iacopa dei Normanni, vedova di Graziano Frangipane, abbia ospitato San Francesco. Come era solito accadere, alcune nobili vedove prendevano i voti dopo la morte del consorte: la dama si fa francescana e si procura proprio dal Santo di Assisi il soprannome di “frate Iacoba”, per il suo carattere forte e deciso. Una caratteristica che ha sicuramente ereditato dalla famiglia del marito. La tradizione ci ha restituito però anche un altro soprannome della donna: “Jacopa dei Settesoli”. L’origine di questo strano nomignolo è legata ad un’architettura: si riferirebbe 122


addirittura al Septizonio, che l’Imperatore Settimio Severo aveva costruito nel 203 tra il Palatino e il Celio vicino al Circo Massimo. Un ninfeo a tre livelli e sette ambienti che, ovviamente, nel Medioevo ricade sotto il controllo dei Frangipane. Dopo essere stato un monastero, nel 1198 ospiterà il primo conclave della storia e successivamente i parenti di Jacopa lo trasformeranno in una prigione. Resterà in piedi fino a quando Sisto V non deciderà di raderlo al suolo, perché ormai pericolante. Nel XII secolo questi edifici costituiscono i confini di una fortificazione molto estesa che sale sul Palatino, raggiunge quasi l’attuale piazza Vittorio e gira sul Colle Oppio per attraversare poi il Celio. Di questo immensa struttura oggi rimangono poche tracce, abbattute soprattutto dagli scavi archeologici iniziati negli anni Trenta del Novecento, quando il Medioevo rappresenta un’epoca da cancellare, per fare spazio alla gloria dei monumenti antichi. Restano a testimoniare la cittadella dei Frangipane le due torri che ancora oggi si fronteggiano lungo via Giovanni Lanza, poco oltre largo Brancaccio. La presenza di questo potente clan riaffiora anche in alcune aree del Campo Marzio, dove ancora oggi si nascondono piccole torri. Una delle più famose è quella della Scimmia, a cui è legata una curiosa leggenda. Una scimmia che abita nel palazzo pare che un giorno salga in cima alla torre portando con sé la figlia del Frangipane, ancora in fasce. Forse per gelosia nei confronti della nuova arrivata, l’animale rimane per un giorno intero sulla terrazza, senza dare ascolto alle suppliche del padre e dei numerosi curiosi che si sono assiepati ai piedi della torre. Soltanto dopo una preghiera collettiva della folla alla Madonna, il primate decide di scendere e riportare, incolume, la bimba nel suo letto. Per lungo tempo, un lume di ringraziamento alla Vergine ha brillato sulla torre… Doveva di sicuro distinguersi in mezzo alla selva di torri, oltre quattrocento, che si ergevano in tutta la città. Roma nel XII secolo doveva presentarsi come oggi appaiono San Gimignano o Tarquinia, ma ovviamente su una scala molto più larga. Come già accennato, intorno alle torri si estendono veri e propri borghi, in cui abitano artigiani, commercianti e operai affiliati ai clan di riferimento nel territorio. Corrispondono a quei “famigli” che si stabiliranno intorno ai palazzi rinascimentali e costituiranno vere e proprie isole autosufficienti all’interno della città. In questo sistema di potere e gestione degli affari ricadono anche le chiese, che vivono delle donazioni dei nobili. Non è un caso se Mario Frangipane decide di aprire la cappella di famiglia nel Cinquecento 123


proprio all’interno della chiesa di San Marcello al Corso, non lontano dalle proprietà che il casato ha gestito per secoli nella città. Tra le altre famiglie che si contendono il primato edilizio di Roma in questi secoli possiamo annoverare i già citati Pierleoni, acerrimi rivali dei Frangipane, dei quali oggi rimane una torre lungo via del Teatro di Marcello, proprio di fronte alla Chiesa di San Nicola in Carcere. L’edificio è una delle poche tracce del quartiere medioevale che ancora stava in piedi negli anni Trenta del Novecento, quando il progetto di aprire una larga via che collegasse il Campidoglio all’Ostiense, spinge il Duce ad abbattere le case. Oggi costituisce una sorta di propileo che dà l’avvio alla strada, assieme all’altro alto edificio coevo che è stato inglobato nel campanile della chiesa. Le proprietà dei Pierleoni dovevano estendersi proprio in questa zona, se è a loro attribuita la massiccia ristrutturazione del Teatro di Marcello in palazzo residenziale. I primi a decidere di abitare sugli spalti del teatro sono i Fabi, che ancora oggi danno il nome ad un palazzo in via del Portico d’Ottavia, ma nel 1086 la struttura passa ai Pierleoni, all’epoca in decisa e inarrestabile ascesa. Saranno loro a porre le basi del palazzo che poi i Savelli completeranno nel Cinquecento ad opera di Baldassarre Peruzzi. Le strutture giunte fino a noi risalgono però all’intervento degli Orsini nel Settecento, quando l’indirizzo diventa di assoluto prestigio. Nel Medioevo l’idea di abitare su un monumento antico così complesso non è legata affatto all’eleganza della struttura: piuttosto i clan considerano la sua sicurezza e la naturale difesa che offre contro gli avversari. La posizione del Teatro di Marcello è piuttosto strategica, perché si trova al confine con il territorio dei Frangipane e, soprattutto, affaccia sul Tevere, dove si possono controllare traffici e attacchi nemici. L’imponente frammento dell’antico edificio, seppure all’epoca molto più interrato di quanto non sia ora, presenta le caratteristiche migliori per ospitare in totale sicurezza i propri abitanti. Da qui i Pierleoni controllano anche l’isola Tiberina, dove si erge un’altra loro fortezza che poi passerà ai Caetani. La piccola torre che spunta all’estremità di Ponte Fabricio (quello verso la riva sinistra) testimonia la presenza di un ingresso fortificato all’isola, che all’epoca è organizzata come un vero e proprio castello con cortile interno. La famiglia Colonna è invece registrata in tutta la zona nord della città, da Porta del Popolo ai Mercati di Traiano, lungo la via Lata. Sono loro a controllare l’altura del Mausoleo di Augusto, che domina l’approdo di Ripetta, e a gestire una torre nei pressi di Monte Citorio, in posizione assolutamente strategica. La vera e propria roccaforte 124


Colonna, con tanto di torre, si trova però nei pressi di piazza SS. Apostoli, dove si registra ancora la presenza di un’altra torre in via IV Novembre, nei pressi dell’area dove successivamente sorgerà il loro palazzo. A loro è attribuita la fondazione del monastero di San Silvestro in Capite e di quello dedicato a San Lorenzo in Panisperna, due ottime posizioni che disegnano un territorio molto esteso. Papa Innocenzo III, al secolo Lotario dei Conti di Segni, promuove la costruzione della Torre dei Conti, “superiore per altezza e larghezza a tutte le altre torri”, come notarono i contemporanei. Per farsi perdonare di una simile manifestazione di orgoglio, il Papa realizzerà l’ospedale di S. Spirito. A questa famiglia è legata anche la nascita della torre forse più famosa di Roma, la Torre delle Milizie. Anche se la leggenda vuole che sia stato il punto da dove Nerone abbia assistito all’incendio dell’Urbe, l’origine di questo edificio risale al XIII secolo. Dopo pochi anni sarà venduta dalla famiglia a Papa Bonifacio VIII, il primo pontefice che parteciperà da protagonista agli scontri tra le famiglie baronali e riporterà la Chiesa di Roma ad una posizione di assoluto primato nella città.

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