L'effimero dei maestri italiani. Allestimenti alla Fiera Campionaria di Milano 1920-1970.

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ILARIA GOLZIO

REL. ELENA DELLAPIANA

alla Fiera Campionaria di Milano



I FacoltĂ di Architettura Corso di laurea in Design e Comunicazione Visiva Febbraio 2016

TESI DI LAUREA

L’EFFIMERO dei maestri italiani Allestimenti alla Fiera Campionaria di Milano 1920-1970

Relatrice:

Candidata:

Elena Dellapiana

Ilaria Golzio



Questa tesi nasce da un personale interesse per l’allestimento, che, a mio parere, è un potente strumento intriso di una progettualità finalizzata ad una comunicazione più complessa, un mezzo di trasmissione capace di raggiungere il visitatore su molteplici livelli, stimolando una reazione più o meno immediata. Come appassionata di teatro ed arte, mi ha sempre affascinato l’idea di poter plasmare uno spazio cangiante, che prenda vita attraverso i propri componenti (a prescindere da quanto questi siano scenografici) e sia capace di stimolare la sensorialità per attirare, immergere, coinvolgere ed affascinare il pubblico del momento, che sia esso protagonista attivo o soltanto un osservatore passivo. Inoltre, come designer, mi ispira la possibilità di ricercare, plasmare e profittare di ogni linguaggio e codice comunicativo per far permeare un messaggio, più o meno esplicito, attraverso lo spazio, narrando una storia o rivelando l’essenza di un qualcuno o di un qualcosa. Ancora, mi intriga la ricerca di una sintesi efficace alle molteplici necessità e problematiche peculiari dell’ambito, atta a comporre un’unica sinfonia con le poliedriche parti concorrenti al progetto espositivo. Infine, come studentessa, mi interessa capire come i grandi maestri del passato si siano approcciati all’universo dell’effimero, specialmente tra le mura di un polo protagonista del fermento industriale ed economico che ha caratterizzato i due periodi postbellici e, più in generale, l’Italia tra gli anni ‘20 e gli anni ‘70. La vastità dell’ambito e l’indagine storica ancora scarsa sull’argomento, richiederebbero una selezione molto meno netta ed una ricerca ancora più meticolosa; nonostante questo, il focus e l’analisi dei punti-chiave della vicenda, mi permette oggi di affermare che l’allestimento è una pratica progettuale che ammette audacia e rischio ma richiede, soprattutto, un’estrema e minuziosa attenzione al dettaglio e ad ogni più velata sfaccettatura.


Indice 1 Introduzione 6

Perchè...

7

...allestimento?

9 12 13 16

un’evoluzione graduale

...e la Fiera di Milano? L’episodio singolare

La Fiera

17

Fiere vs esposizioni

18

Tipologie di eventi fieristici

21

Un sistema complesso

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L’Allestimento Il progetto allestitivo

2 Analisi Storica 29

Nascita del sistema Fiera

38

Nascita della Campionaria

50

Tra regime e razionalismo

102

Verso il declino

120

Ricostruzione e modernità


168

Sperimentare

262 Nuovi modi di comunicare 348 Diverse prospettive

3 Casi Studio 354 Criteri di selezione 356 Taschen stand 358 3D2Real 360 Zegna stand 362 D’art stand

364 Conclusioni 366

Bibliografia - Testi e monografie

368

Bibliografia - Riviste e quotidiani

371

Sitografia



Introduzione


Perchè... Questa tesi propone un percorso attraverso la nascita e lo sviluppo dell’allestimento a fini commerciali in Italia, analizzando l’evento che ne ha occupato il principale polo fieristico, celebre a livello internazionale, dalla sua fondazione sino agli anni sessanta: La Fiera Campionaria di Milano. L’indagine condotta vuole fornire un panorama piuttosto approfondito sulla storia di un ramo produttivo che, per quanto oggi utilissimo al posizionamento delle industrie nei mercati interni ed internazionali, rimane ancora poco documentato: quella del retail design fieristico, la disciplina che si occupa della progettazione di allestimenti temporanei finalizzati a presentare e/o sponsorizzare prodotti, servizi, aziende o enti all’interno di rassegne periodiche organizzate a scopi economici ed informativi. Sin dall’alba delle prime manifestazioni, infatti, le maggiori società italiane hanno investito fiducia e denaro in numerosi progettisti ed artisti del proprio tempo, portando la Fiera a diventare non solo un luogo d’incontro commerciale, ma soprattutto il principale strumento per la sperimentazione di nuove correnti di pensiero artistiche ed architettoniche. Un teatro per la rappresentazione, in cui il carattere effimero delle circostanze legittimava ogni audace iniziativa, rendendolo uno spazio protetto ideale per lo sviluppo di concezioni progressiste, che, una volta consolidate, sarebbero state applicate nel “mondo esterno”. Sotto questo punto di vista, la cooperazione con grandi nomi dell’architettura e del design, ha dunque dato un contributo fondamentale al compimento di molte delle realizzazioni e delle vicende protagoniste della storia del progetto italiano nel corso del secolo scorso. Grazie ai contributi di pochi storici e critici, più e meno attuali, che si sono interessati a questo tema, si è cercato di offrire uno sguardo il più ampio possibile sulle tappe evolutive della Campionaria di Milano, sfruttando articoli su riviste quali Domus, Casabella, L’Architecture d’Aujourd’hui e L’architettura. Cronache e storia, monografie e scritti degli autori protagonisti e, soprattutto, materiale fotografico e bibliografico (per quanto limitato) gentilmente offerto dall’Archivio Storico della Fondazione Fiera Milano.

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...allestimento? Bruno Munari, durante una lezione tenuta a Venezia nel 19921, racconta agli studenti le basi del progetto allestitivo portando come esempio un’esposizione di libri fabbricati da bambini, realizzata a Milano l’anno precedente: “Il problema era di esporre circa centoventi libri all’interno di una sala, grande un pò più di questa, nel modo ottimale. Qual’è il modo ottimale? Se i libri fossero stati esposti su un tavolo, tutti belli in ordine, dopo un minuto sarebbe stato un gran casino di libri”.

La soluzione migliore risultò essere l’appendere ciascun libro al soffitto con un semplice filo di spago: una trovata divertente, economica ed adatta a preservare ordine e pulizia.

Il campo degli allestimenti si inserisce all’interno del complesso universo del mostrare. Mostrare significa essenzialmente comunicare, presentando al pubblico un qualcosa, che dipende innanzitutto da tre variabili: l’oggetto o il tema da proporre, il luogo ed il tempo in cui ciò deve essere fatto. Il soggetto protagonista, che sia esso un prodotto singolo, una serie di oggetti, un tema o la combinazione tra questi, tende ad assumere un nuovo carattere rispetto a quello mostrato nel proprio ambiente d’origine: esso diventa il nucleo di una percezione che, se ben combinata ad altri fattori, può esaltarne determinate caratteristiche e veicolare un preciso messaggio.

1 Video: http://www.oilproject.org/lezione/lexhibition-design-spiegato-da-bruno-munari-1982.html

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Per quanto riguarda il luogo, invece, esso può variare dal museo, alla galleria d’arte, dall’esposizione alla fiera; la sostanziale differenza è l’obiettivo perseguito da ciascun ambiente: quello didattico-divulgativo o promozionalecommerciale. In base allo scopo, cambieranno anche i fruitori: l’allestimento dovrà quindi rispettare una serie di vincoli e normative (prestando attenzione al famoso binomio contenuto-contenitore) e la progettazione dovrà mirare alla massima efficacia comunicativa del soggetto integrandosi alla location in cui si inserisce. Il fattore tempo, infine, determina gli stessi concetti alla base di ogni progetto espositivo: la temporaneità condurrà a scelte stilistiche e tecniche completamente differenti dai criteri imposti dalla lunga durata. Per il primo, ad esempio, si dovrà puntare sull’impatto visivo, per imprimersi nella mente del visitatore, ma sfruttando strutture leggere, che agevolino l’assemblaggio; il secondo, invece, potrà optare per strutture solide e protettive, che preservino nel tempo il carattere di attualità e freschezza dei pezzi esposti. “Provvisorio ed effimero, l’allestimento diventa processo interpretativo e comunicativo su frammenti: oggetti liberati dal contesto originario si mostrano come eventi, nuclei di senso nel sistema di relazioni istituito dall’allestimento che diventa medium tra oggetti e pubblico” 2.

Definiti i fattori cosa, come e dove mostrare, è compito del progettista amalgamarli ed interpretarli per realizzarne una sintesi efficace: un’espressione immediata, chiara e fruibile del messaggio, abbinata al fascino e al coinvolgimento del visitatore. “L’allestimento dovrà possedere la forza necessaria per poter divulgare efficacemente i contenuti della mostra attraverso una particolare e voluta percezione dello spazio, attraverso immagini evocative, percezioni visive e sensazioni emotive e, naturalmente, garantendo un adeguato livello di informazioni. Ogni stimolo sensoriale potrà provocare particolari reazioni da parte del visitatore e l’allestimento lo guiderà in un viaggio nel quale potrà instaurare una relazione con ciò che è esposto.” 3.

Il carattere multidisciplinare della progettazione degli allestimenti, lo rende quindi un terreno fertile ed interessante per il design: un sistema complesso fatto di una gran quantità di variabili e problematiche, che lascia tuttavia ampio spazio all’estro creativo del progettista.

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2 B. Pastor, Note a margine, in S. Polano, Mostrare. L’allestimento in Italia dagli anni Venti agli anni Ottanta, Milano, Lybra Immagine, 1988, p. 54. 3 M. Malagugini, Allestire per comunicare. Spazi divulgativi e spazi persuasivi, Milano, Francoangeli, 2008, p. 64.


Un’evoluzione graduale Partendo dal presupposto che l’allestimento esiste esclusivamente in relazione al soggetto da presentare (fisico o concettuale che sia) è possibile analizzarne il percorso evolutivo solo considerando questo rapporto e valutando dunque il cambiamento del valore delle merci provocato dall’evento stesso. “Le esposizioni mondiali trasfigurano il valore di scambio delle merci; creano un ambito in cui il loro valore d’uso passa in secondo piano; inaugurano una nuova fantasmagoria in cui l’uomo entra per lasciarsi distrarre” 4.

Se con le note Esposizioni Universali del secolo scorso, gli allestimenti fungevano da mero tramite tra la merce e l’uomo, dovendo soltanto concentrare e presentare la vasta gamma di prodotti della nascente industria (esaltandone la nazione d’origine); con l’accrescere dell’esperienza fieristica, questi divennero delle vere e proprie attrazioni, ingredienti di un mondo parallelo in cui i visitatori si immergevano per lasciarsi incantare; lasciando così in secondo piano la funzione di supporto alle ultime innovazioni tecnologiche. Il pubblico ed i partecipanti, dunque, avevano l’occasione di godere di questa magica atmosfera, che sarebbe scomparsa con la chiusura della manifestazione. Se a quel tempo il carattere effimero era proprio anche delle strutture ospitanti (basti pensare a costruzioni come il Crystal Palace, demolite al termine della manifestazione); pian piano si giunse a cercare aree dedicate in cui poter edificare in modo permanente, al fine di ospitare diverse tipologie di eventi. Dopo la prima guerra mondiale, l’esposizione veniva considerata un mezzo comunicativo capace quasi di sostituire un libro, un giornale, un manifesto o una rivista: “[...] aumentavano la risonanza e l’efficacia dell’insegnamento, dell’informazione, accrescevano la forza d’urto delle idee, divulgavano con immediatezza impareggiabile anche il pensiero più astruso, aprivano le difficili vie della persuasione.” 5.

Gli allestimenti temporanei, inoltre, offrivano la possibilità di riflettere sul valore del mostrare e su come perfezionarne l’espressività: “la temporaneità permise di esaltare il carattere sperimentale e di ricerca nel campo ostensivo: sperimentalità intesa come processo di costruzione del temporaneo.” 6.

4 W. Benjamin, Angelus Novus - Saggi e frammenti, Torino, Einaudi, 1962, pp. 145-146. 5 A. Pica, Esposizioni, in S. Polano, Mostrare... cit., p. 167. 6 B. Pastor, Note a margine, in S. Polano, Mostrare... cit., p. 134.

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Con gli anni Trenta, l’allestimento riuscì a diventare il primo campo d’azione per la diffusione dello spirito della modernità, promosso dalle correnti razionaliste e costruttiviste, che ne mutarono l’essenza; da fenomeno passivo e ricettivo ad operazione attiva, volontaria, guidata da una forza propulsiva: “Non esistono più “prodotti”, “manufatti”, “oggetti” da far vedere e, separatamente ambienti o vetrine, che in bell’ordine li contengono [...] vi è in nuce e spesso inconsapevolmente, in ogni inventore di esposizioni un oratore il quale nel proprio discorso si studierà di far entrare con graduazioni diverse e secondo un preordinato schema sintattico: oggetti, prodotti da esporre, pareti, pavimenti, soffitti, vetrine e quant’altri ingredienti o “materiali” gli occorrano, con i medesimi diritti e la medesima soggezione a quella tesi intellettuale o sentimentale che egli certamente, anche se non manifestamente, si è prefissa.” 7.

Nonostante tutte le limitazioni poste dal regime fascista, in quel periodo-chiave fu proprio questo ad offrire una svolta positiva allo sviluppo dell’esposizione, affiancando agli obiettivi promozionali e pubblicitari delle istituzioni rappresentate, un fine didattico ed informativo su ogni tipo di tematica, che portò a cercare e sperimentare nuovi espedienti tecnologici e comunicativi. Le correnti razionaliste e questa nuova prassi trovarono libero sfogo con la fine della dittatura e della seconda guerra mondiale, specialmente all’interno della Fiera di Milano, che offriva ampie possibilità. Gli anni Cinquanta spalancarono le porte ad una nuova creatività nel campo della grafica e delle arti visive; in particolare il ruolo della fotografia fu fondamentale nel rilancio della comunicazione: manifesti ed installazioni vennero inondati da forti suggestioni, contaminate dalle più sovversive realtà culturali europee. All’interno del quartiere milanese, l’allestimento divenne il più importante veicolo di propaganda aziendale e, nel contempo, il principale mezzo di sperimentazione architettonica per i progettisti contemporanei. Negli anni Sessanta, gli allestimenti cominciarono a diventare sempre meno dei contenitori, integrandosi sempre più ai prodotti esposti e fondendosi a tal punto da diventare necessari alla comprensione del soggetto e del messaggio, cio è parte integrante di questi stessi. La visibilità e la spettacolarizzazione divennero le armi per difendere la Campionaria dalla concorrenza degli innumerevoli eventi settoriali che iniziavano ad affacciarsi sul quartiere milanese e che l’avrebbero portata, alla fine, a chiudere definitivamente.

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7 A. Pica, Esposizioni, in S. Polano, Mostrare... cit., p. 166.


Nello stesso periodo, vennero sviluppate strutture componibili, modulari e flessibili, che ottimizzarono anche le fasi di trasporto e stoccaggio, mutando l’allestimento in una sorta di “sistema intelligente”, al servizio del progettista: “Flessibilità significa possibilità della struttura di adeguarsi a nuove e sempre diverse necessità comunicative e interpretative, attraverso l’impiego di un vero e proprio sistema che sia capace di interagire spazialmente e concettualmente con le opere e con la struttura stessa. In altri termini che si possa dotare di un apparato, inteso quale complesso sistema di esposizione e comunicazione capace di promuovere e trasmettere ogni conquista conoscitiva e culturale.” 8.

Grazie alla rapida evoluzione tecnologica e alla volontà di emergere tra la folla, nei decenni successivi si è assistito ad ogni sorta di sperimentazione e di contaminazione dell’allestimento con diverse tecniche comunicative e produttive, che hanno portato ad una sempre maggiore leggerezza, flessibilità ed efficienza sotto ogni prospettiva. Negli anni dei primi calcolatori elettronici e dello sviluppo del video, sono stati creati supporti in grado di fornire stimoli percettivi inediti, che hanno scavato sempre più profondamente nella capacità dell’allestimento di “determinare il rapporto che lega le persone le cose e le persone tra loro attraverso le cose.” 9. Con il nuovo millennio, la comunicazione attraverso canali altamente digitalizzati (basti pensare ad applicazioni, piattaforme virtuali e quant’altro) e la conseguente tendenza alla smaterializzazione, ha portato l’impatto dei progetti espositivi a non passare più attraverso la fisicità di forme plastiche, ma a cercare modi sempre nuovi di combinare le cosiddette smart technologies. Ecco come l’allestimento è passato dall’essere un mero supporto fisico a protesi comunicativa dell’oggetto, sino a diventarne parte integrante e fondamentale; nonchè rivestire il ruolo di biglietto da visita dell’azienda, rappresentandone tutti i valori connessi. L’esposizione commerciale è oggi uno dei mezzi di comunicazione più potenti ed efficaci al mondo, in grado di raggiungere e persuadere un pubblico molto esteso in poco tempo e con un limitato dispendio di risorse (creando un seguito utile ad intessere o rafforzare i contatti della ditta) e coinvolgendo numerosi aspetti della produzione industriale.

Il polo, che oggi costituisce il principale operatore fieristico e congressuale in 8 M. Malagugini, Allestire per comunicare... cit., p. 61. 9 L. Leonini, L’identità smarrita, Bologna, Il Mulino, 1988, p. 56.

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...e Fiera di Milano? Il polo, che oggi costituisce il principale operatore fieristico e congressuale in Italia (nonchè uno dei più importanti al mondo), ha accolto la Fiera Campionaria più redditizia e popolare del paese, che, a sua volta, è stata sia culla della cultura progettuale allestitiva sia un imprescindibile contributo alla produzione industriale, all’innovazione e al mercato del nostro paese. La Fiera Campionaria di Milano ha avuto la fortuna di accogliere i colossi aziendali durante il boom economico del dopoguerra, divenendo, come già asserito, la palestra di sperimentazione per molte celebrità del mondo del progetto, fungendo da laboratorio di studio e ricerca per tutte quelle tendenze che avrebbero tracciato la storia dell’architettura e del design italiano. Nonostante l’enorme fortuna riscossa per decenni, gli anni settanta ne segnarono la graduale scomparsa a fronte della diffusione di eventi settoriali, nati come diretta conseguenza della segmentazione dei mercati. Oggi la Fiera di Milano è l’unica società fieristica italiana quotata in Borsa10, controllata da un organo senza scopo di lucro: la Fondazione Fiera Milano. Essa gestisce due quartieri espositivi11 dotati di strutture d’avanguardia, su un’area totale di circa 450mila m2 (di cui 60mila all’aperto) che ospita annualmente un centinaio di rassegne. Il gruppo, inoltre, presidia tutti i segmenti della filiera espositivo-congressuale: dalla gestione/vendita degli spazi espositivi all’organizzazione di manifestazioni, eventi e convegni (nazionali ed internazionali); dai servizi necessari alla realizzazione di tali rassegne alle attività di comunicazione (attraverso una piattaforma multicanale di editoria specializzata e la creazione di campagne pubblicitarie). Inoltre ”non tralascia nemmeno il ruolo degli organizzatori terzi, per i quali mette a disposizione uno speciale team che li supporta dalla fase progettuale fino alla realizzazione completa della rassegna. Per i visitatori, invece, ha creato una applicazione mobile per smartphone che rappresenta un ulteriore canale di informazione e di comunicazione.” 12.

Con alcune delle principali manifestazioni, Fiera Milano Spa detiene la leadership internazionale nei settori moda e tessuti (Milano Unica), turismo (BIT), decorazioni (Macef), ottica (MIDO), calzature e pelli (MICAM e MIFUR), arte (MIART), arredamento (Salone Internazionale del Mobile), ICT (Smau), immobiliare (EIRE), architettura, design ed edilizia (MADEexpo).

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10 Da dicembre del 2012: http://www.fieramilano.it 11 Fieramilano (nell’hinterland della città) e Fieramilanocity. 12 A. Marangon, L’evoluzione del sistema fieristico italiano: sfide e strategie per i principali operatori, tesi di laurea magistrale, Università Cà Foscari di Venezia, 2012, rel. L. Buzzavo, p. 47.


L’episodio singolare Grazie ad una posizione estremamente strategica, Milano è sempre stata uno dei principali crocevia europei per i commerci e gli scambi. Con la rivoluzione industriale, un atteggiamento avanguardistico ed il crescente potere economico la portarono a diventare un punto di riferimento per l’industria nazionale, nonchè un mediatore ideale anche verso i mercati esteri. Per questa ragione, guardando ai modelli di scambio più avanzati dei maggiori centri europei, gli ambiziosi rappresentanti cittadini furono determinati a superare la frammentazione ancora esistente sul territorio italiano, importando una nuova occasione di incontro e scambio tra imprenditori, commercianti e popolazione: la Fiera Campionaria. Superata la Prima Guerra Mondiale, un’assemblea si affrettò a stabilire un piano regolatore ed uno statuto, disciplinando ogni aspetto della nascente manifestazione: così, all’alba del 12 aprile 1920 venne inaugurata la prima Campionaria italiana. Fin dalla fondazione, questa era stata concepita sia come un luogo per presentare “prototipi che successivamente venivano messi in produzione” 13, sia (e soprattutto) come una rilevante occasione per il libero scambio di conoscenze e saperi raggiunti in ogni settore industriale. Nonostante le iniziali sistemazioni arrangiate, i validi principi alla base di questo nuovo meccanismo ottennero un successo così grande che l’evento divenne, in pochi decenni, una delle principali mete d’aprile italiane per visitatori da tutto il mondo, aprendo “squarci di futuro alla nuova società italiana”14. Gli obiettivi condivisi dal comitato organizzatore, di anno in anno venivano abbracciati da un numero di aziende nazionali e straniere sempre maggiore: esse iniziavano a percepire quale potente motore economico e persuasivo fosse la manifestazione ed iniziarono ad investire sempre di più nell’immagine che veniva plasmata durante l’evento. Quali potevano essere, allora, i migliori divulgatori se non giovani e freschi artisti ed architetti cui ancora non veniva concesso di sperimentare le proprie idee in contesti “permanenti”? Malgrado l’autarchia degli anni Trenta, i giganti dell’industria italiana si trovarono ad ingaggiare coloro che sarebbero diventati i più celebri progettisti del panorama italiano, che, incoraggiati dalle risorse e dalla provvisorietà, diedero libero sfogo ai propri ideali e posero solide fondamenta a tutta la futura tradizione espositiva.

13 Enciclopedia della Trasformazione, in “Quaderni di Fondazione Fiera Milano”, V, 7, aprile, 2005. 14 L. Masia, La Fiera di Milano. Lavoro e società nei manifesti storici 1920-1990, Milano, Scheiwiller, 2005, p. 4.

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Dopo tre anni di sospensione dovuti alla Guerra, la manifestazione riaprì nel 1946, spalancando le porte ad un’era di successo e prosperità. Con l’evoluzione della mansione della fiera, che era passata da luogo di scambio a vetrina promozionale per le aziende in contesti nazionali ed internazionali, si trasformò anche l’atteggiamento delle aziende, che iniziarono a proporre la propria identità attraverso tre modalità: l’esposizione dei prodotti l’interpretazione di uno o più temi la presentazione dei prodotti attraverso lo sviluppo di uno o più temi. Se in un primo momento lo scopo era stato essenzialmente farsi conoscere, con la maturazione della Campionaria le imprese iniziarono a puntare anche su un aspetto didattico-divulgativo, abbinandolo all’intrattenimento del pubblico. Con gli anni Cinquanta e Sessanta, grazie al boom economico si stringono ulteriormente i rapporti tra progettisti e committenza: “L’industria instaurava un legame di profonda fiducia e stima nei confronti sia dei progettisti dei propri Uffici Propaganda che con i progettisti esterni, tanto che, a sottolineare il particolare clima [...] molto spesso i contratti venivano stipulati a voce con una semplice stretta di mano”15.

Ed è proprio in quest’atmosfera di libertà e fermento che porta a realizzare quelli che diverranno i migliori allestimenti della storia della Campionaria, il cui carattere multidisciplinare è testimone del naturale intrecciarsi di architettura, design, grafica, fotografia, pittura, scultura e cinema. “Se Carosello è lo spot pubblicitario delle merci, la Fiera di Milano è il luogo fisico dove allo stupore e alla meraviglia si associano la comprensione e l’approfondimento. Le nuove frontiere dello spazio, delle materie plastiche, dell’energia alternativa sono rappresentate nella Campionaria degli anni cinquanta attraverso grandi mostre monografiche, convegni internazionali, allestimenti espositivi, workshop e laboratori tematici”16.

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15 S. Polito, 1948-1965 la grande industria alla Fiera di Milano. Grafica e sperimentazione progettuale negli allestimenti di Breda, Montecatini, Pirelli, Rai, tesi di laurea, Università IUAV di Venezia, rel. C. Vinti, p. 11. 16 L. Masia, La Fiera di Milano... cit., p. 6.


È questo il periodo in cui Montecatini immerge i visitatori in un percorso narrativo fatto di forme, luci, colori e materiali che si combinano a creare un vero e proprio parco giochi per i sensi; in cui la RAI sperimenta le possibilità della radio e della televisione rinnovandosi totalmente di anno in anno; è il momento in cui la Breda propone incredibili composizioni per mano di Baldessari, in cui Pirelli promuove le proprie innovazioni materiche applicate ai più disparati settori merceologici ed Olivetti applica la filosofia del buon design anche nel contesto fieristico. La teatralità delle forme e la ricchezza degli stimoli animavano le edizioni della fiera; sfruttando le ultime tecnologie edilizie e meccaniche, i risultati delle telecomunicazioni e dei diversi rami dell’arte: ogni disciplina coinvolta nel processo espositivo stava vivendo il suo momento d’oro. “La progettazione grafica vive, passando attraverso la Fiera, un importante momento. Se infatti sino ad allora la comunicazione di marca e di prodotto aveva come supporti principali quelli bidimensionali, quelli della messa in pagina, il contesto comunicativo che con l’evento espositivo si viene a creare spinge invece fortemente verso la terza dimensione.” 17.

In questi “edifici parlanti” sorse presto l’esigenza di allestire con tempi sempre più stretti i molteplici Saloni per mostre specializzate: nacquero così, dall’esempio tedesco, i primi sistemi modulari, che apportarono notevoli benefici a tempistiche e costi e dai quali si iniziava a scorgere una ricerca di un metodo d’approccio alla progettazione più rigoroso e disciplinato. Il passaggio “dalla fiera merceologica a quella consumistica”18 fu uno dei sintomi dello sviluppo dei mercati, che portò, con gli anni Settanta, alla nascita ed al rapido sviluppo delle rassegne specializzate. Questi eventi, sostenuti dall’Ente Fiera, iniziarono ad assumere sempre più importanza per le singole aziende, fino a sostituirsi del tutto alla manifestazione d’aprile: “Si conta che nel periodo 1970-1971 oltre alla “Campionaria” in Fiera si sono tenute 42 mostre specializzate per una durata complessiva di 251 giorni”19. Ciò nonostante, la Fiera Campionaria

di Milano si trascinò miracolosamente fino al 1990, provata da un ventennio di calo continuo di espositori e visitatori.

17 G. Anceschi, V. Bucchetti, La presenza e il mercato. La messa in scena della produzione industriale nella Fiera Campionaria di Milano, in Fiera Milano 1920-1995. Un percorso tra economia e architettura, AA.VV., Electa, 1995, p. 261. 18 G. Bosoni, Architetture provvisorie alla Fiera Campionaria, in AA.VV. Fiera Milano 1920-1995... cit., p. 189. 19 Ivi, p. 194.

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La Fiera L’etimologia del termine fiera deriva dal vocabolo latino feria, ovvero “giorno di festa” o “fiera mercato”. Quest’ultimo termine, a sua volta, corrisponde al latino “feriae” che significa “festa religiosa” 20. Nel corso del XII secolo, infatti, con la crescente importanza dei raduni pubblici legati al commercio, le fiere si svolgevano prevalentemente in prossimità delle chiese, tanto che, nel linguaggio comune, i concetti di festa religiosa e fiera mercato erano pressoché sovrapponibili. Oggi l’evento fieristico è definibile come una manifestazione nazionale o internazionale a scopo commerciale e divulgativo che prevede l’esposizione di prodotti (o servizi) di uno o svariati settori merceologici e si svolge periodicamente in determinati luoghi. In un’accezione più economica, la fiera è un’occasione d’incontro tra domanda e offerta di beni e servizi, quindi tra imprese e operatori del settore, buyers, strutture commerciali, forza vendita, clienti e giornalisti. Oggi, la fiera è un valido strumento per le imprese, sotto diversi aspetti:

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il potenziamento del marketing 21, poichè permette di raggiungere un’ampio pubblico in poco tempo e con un dispendio di risorse predisposto (e quindi con un budget limitato), di ottenere visibilità e comunicare, definendo e promuovendo l’immagine dell’impresa e dei beni e/o servizi che essa offre; lo sviluppo del business 22 aziendale, consentendo in maniera diretta di raccogliere ordini, stipulare contratti d’affari, commercializzare beni e/o servizi, penetrare nuovi mercati, nazionali ed internazionali e costruire relazioni commerciali ed economiche;

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la propria produzione, poichè rappresenta un’occasione per testare il mercato per il lancio di un nuovo prodotto, attraverso il testing di un prototipo e l’ottenimento di feedbacks;

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per approfondire la conoscenza sia delle ultime innovazioni tecnologiche e delle nuove direzioni (e tendenze) di sviluppo del proprio settore, sia dei propri competitors e del loro modus operandi.

20 The Global Association of the Exhibition Industry (a cura di), Il ruolo delle fiere nel marketing mix, report di lezione on-line, p. 4: http://www.ufi.org/Medias/pdf/ufiactivities/education/online%20 course_2010_IT.pdf. 21 Il termine marketing è qui usato per definire quel settore aziendale che si occupa dello studio descrittivo del mercato e dell’analisi dell’interazione del mercato e degli utilizzatori con l’impresa. 22 Il termine business è qui usato per definire, in generale, l’attività economica di una singola impresa.


Fiere vs Esposizioni Il termine esposizione ha la medesima etimologia di mostra, che deriva dal latino expositio, cio è esporre. Esse non sono collezioni di interessanti manufatti raggruppati in un determinato luogo e periodo, ma piuttosto iniziative intraprese per ragioni precise e volte ad ottenere determinati risultati. Le esposizioni (fr. expositions), le cui radici si ritrovano nel francese antico, erano eventi molto simili alle mostre, le loro cugine inglesi (ing. exhibitions), e si svolgevano in strutture realizzate appositamente per ospitarle. Le esposizioni venivano generalmente organizzate dai dipartimenti governativi o da gruppi di imprenditori con il chiaro obiettivo di promuovere il commercio. I produttori, infatti, erano invitati ad esporre le proprie merci all’interno di un contesto protetto, con il risultato di condividere scoperte, conoscenze e pratiche e far nascere nuove idee volte al progresso del mercato e della società. Grazie a questi grandi ideali, erano in grado di generare entusiasmo e donare prestigio ai partecipanti e ai visitatori. Esse si differenziano dalle fiere sostanzialmente per quattro23 peculiarità:

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L’unicità e la durata dell’evento: le esposizioni sono eventi singolari, che non vengono riproposti ciclicamente e, di solito, si protraggono per diversi mesi. I primi esempi in questa categoria furono le Esposizioni Universali, una serie di eventi che iniziarono partendo dalla Great Exhibition, svoltasi Londra nel 1851. Una struttura ospitante permanente, spesso costruita a tale scopo. A partire dal XVIII secolo l’usanza di costruire un edificio con l’obbiettivo specifico di ospitare un’esposizione ha condotto alla nascita dell’industria fieristico-congressuale. La maggiore complessità nell’organizzazione, intesa come l’insieme delle attività necessarie alla costruzione della struttura, il numero di persone coinvolte e le tempistiche per l’allestimento. L’approccio alle vendite: le esposizioni non prevedono, di norma, attività commerciali o la vendita diretta dei beni esposti; tuttavia è implicita un’intenzione autopromozionale per incentivare le vendite future.

23 Delineate da S. Morrow, The Art of the Show, Second Edition, Dallas, IAEM, 2002, p. 10.

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Tipologie di eventi fieristici Gli eventi fieristici sono classificabili24 sotto tre diversi aspetti: il focus della rassegna, i destinatari, il format dell’evento ed il raggio di azione. Considerando il focus della rassegna, una prima distinzione va fatta tra:

Fiere Campionarie eventi periodici di durata determinata, aperte ad un’ampia gamma di settori merceologici, in cui le aziende espositrici presentano campioni dei propri assortimenti di prodotti. Esse nacquero con la rivoluzione industriale, ridefinendo il ruolo delle Esposizioni e possono essere considerate le progenitrici delle moderne rassegne settoriali.

Fiere Specializzate anch’esse eventi ricorrenti, ma generalmente di durata inferiore, contraddistinte dalla focalizzazione su un unico settore merceologico; sorsero in conseguenza alla segmentazione del mercato causata dalla specializzazione delle industrie, che portò all’ampliamento dell’offerta di prodotti diversi all’interno della medesima categoria merceologica. Passando poi al target della rassegna, si possono trovare:

Fiere B2B le manifestazioni Business to Business sono rivolte ad operatori di un determinato settore25 e ad un pubblico specializzato (specialmente nel caso dei beni di consumo). Originariamente concepite come un mero strumento comunicativo e promozionale, oggi sono spesso utilizzate per la vendita diretta, la firma di contratti o la creazione di databases di potenziali clienti da contattare dopo la conclusione dell’evento. Normalmente l’espositore è un produttore o distributore di prodotti e/o servizi specifici 26, mentre il buyer è un operatore nel settore industriale o un distributore che opera all’interno del segmento promotore dell’esposizione. La partecipazione è circoscritta a questo target e l’accesso è spesso solo su invito o fornendo le credenziali aziendali.

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24 Cfr. A. Marangon, L’evoluzione del sistema fieristico italiano...cit., pp. 10-11. 25 Per operatori, si intendono: clienti business, buyer, fornitori, commericianti, promotori e forza vendita. Sono anche frequentate da rappresentanti di aziende ed addetti stampa. 26 O comunque complementari ai comparti dell’industria autorizzati a partecipare all’evento fieristico.


La durata dell’evento varia da 1 a 7-10 giorni, con cadenza semestrale, annuale, biennale o con cadenze comprese tra i 4 e i 10 anni (nel caso di eventi di dimensioni maggiori).

In Italia, tra i principali eventi B2B vi sono Mido, il salone internazionale leader nel settore dell’ottica, optometria e oftalmologia che si svolge annualmente a Milano; o CIBUS, il salone internazionale dell’alimentazione che si svolge con cadenza biennale a Parma, di riferimento per il settore agroalimentare.

Fiere B2C Gli eventi Business to Consumer sono invece aperti ad un pubblico generico; gli espositori sono dettaglianti, cioè produttori o società di servizi che desiderano far conoscere i propri prodotti e servizi direttamente al consumatore finale. L’obiettivo principale è la vendita diretta e l’autopromozione, mentre i visitatori possono beneficiare di un’ampia offerta, della consulenza di esperti e dell’autoeducazione ed intrattenimento. La durata degli eventi può variare dai 2 ai 10 giorni, con cadenza generalemente annuale. Alcuni eventi B2C che hanno luogo in Italia sono Miart, salone annuale dedicato all’arte moderna e contemporanea27, con riferimento particolare a questo mercato dinamico e cangiante; e Lucca Comics & Games, la maggiore rassegna italiana dedicata al fumetto, all’animazione e all’illustrazione, con cadenza annuale.

Fiere miste Questi eventi sono invece aperti sia ad un pubblico specializzato che al consumatore finale, gli espositori puntano non solo ad allargare la propria rete di contatti commerciali tramite la promozione e la comunicazione, ma anche alla vendita diretta dei propri prodotti. La durata e la frequenza sono generalmente identiche a quelle degli eventi B2C. Tra i più celebri eventi misti italiani, con cadenza annuale troviamo a Milano il Salone Internazionale del Mobile e l’EICMA, esposizione mondiale del motociclismo, mentre a Bologna ha luogo CERSAIE, il Salone Internazionale della Ceramica per l’Architettura e dell’Arredobagno.

27 Miart dedica particolare attenzione al dinamico e cangiante mercato dell’arte e alle nuove frontiere del settore.

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Osservando poi il format delle manifestazioni, si possono distinguere le fiere evento, le più comuni, qualificate dalla presenza di spazi espositivi, dalle le fiere convegno, ovvero congressi. Infine, in relazione al raggio d’azione e al bacino di utenza, le fiere si suddividono in locali (circoscritte ad una provincia o città), nazionali, internazionali e fiere organizzate all’estero da operatori nazionali. Queste ultime puntano a sviluppare la presenza di operatori nazionali in un mercato straniero, catturando anche un pubblico che non si recherebbe nella nazione di origine.

Fiere e www Grazie alla diffusione di internet, negli ultimi due decenni sono nati alcuni strumenti utili all’organizzazione di questo organismo multiforme che è la fiera: piattaforme virtuali accessibili a visitatori ed espositori, atte a fornire agli utenti tutte le informazioni generiche e specifiche su eventi, prodotti ed attività commerciali coinvolte in determinati complessi fieristici. Lo sviluppo nell’utilizzo di queste preziose risorse ha contribuito alla creazione di vere e proprie fiere virtuali, che eliminano le frontiere spazio-temporali e permettono di trovare partner commerciali, scambiare informazioni e discutere di temi d’interesse comune in tempo reale ed in modo costantemente aggiornato. Alcuni esempi sono la tedesca Productpilot 28 e le italiane HyperFair 29 ed Italian Furniture Design 30. Sebbene abbiano riscontrato parecchio successo, i contatti personali restano una prerogativa importante tanto per la promozione dell’immagine e dei prodotti, quanto per la fidelizzazione dei clienti; il World Wide Web ha però inciso in maniera significativa sul risparmio di tempi e costi organizzativi e gestionali dei tradizionali eventi fieristici.

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28 La prima fiera virtuale europea. http://www.productpilot.com/home/ 29 http://www.hyperfair.com 30 http://www.ifurndesign.com/index.html


Un sistema complesso La fiera si può considerare un sistema complesso, poiché combina una serie di dinamiche:

Economiche le manifestazioni sono il principale strumento per sviluppare domanda e offerta di beni e servizi e i loro riuscita è condizionata dallo stato di salute delle economie in cui operano.

Governative poichè è necessaria una politica industriale che supporti il sistema fieristico: gli eventi, infatti, rappresentano una vetrina privilegiata per la produzione nazionale e favoriscono l’incontro tra aziende e buyer di tutto il mondo e, pertanto, il commercio internazionale.

Culturali

le rassegne mettono in relazione idee, stili di vita, abitudini e costumi proprie di diverse culture aprendo, in tal modo, lo sguardo dei partecipanti e consentendo sia una crescita personale che il prolificare di conoscenze atte a creare innovazione.

Territoriali infine, esse definiscono un territorio non solo attraverso lo spazio che occupano, ma soprattutto tramite le reti di relazioni che originano.

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L’Allestimento “Così come accade con le parole nella lingua parlata, variando la sistemazione ed il modo di esporre gli stessi oggetti […], si possono ottenere finalità espressive differenti, in relazione alle diverse interpretazioni di fondo che si possono attribuire […]. Ciò è attuabile proprio grazie all’ausilio dell’allestimento, che rappresenta la forza espressiva dell’architettura.”31.

Si potrebbe parlare dell’allestimento come un altro sistema complesso a causa della sfilza di variabili di cui il suo progetto deve tener conto. Esaminando le esposizioni a carattere commerciale, queste sono:

L’obiettivo Mostrare per convincere e coinvolgere il pubblico al fine di decretare un successo sotto il profilo delle vendite e l’apprezzamento commerciale di quanto esposto è il primo, imprescindibile, di questi fattori. Si tratta di una manovra commerciale, che mira a persuadere l’osservatore della validità della proposta.

Il soggetto L’esaltazione, con le giuste modalità, del prodotto e/o servizio da presentare è la seconda chiave dell’allestimento. Esso deve mostrarsi appetibile e, allo stesso tempo, possedere un’immediatezza ed una chiarezza che permettano al visitatore di coglierne in breve tempo i tratti salienti, le peculiarità tecniche e le modalità di utilizzo. Lo stesso discorso, naturalmente, vale per la presentazione di più oggetti.

L’apparato persuasivo Vanno inoltre considerati una serie di elementi-guida che hanno la funzione di attirare l’attenzione, accompagnare e spiegare il soggetto principale, senza sovrastarlo, ma analizzandone ed esaltandone le qualità prescelte. Bisogna ricordare che ogni oggetto ha una propria funzione comunicativa, che viene percepita e recepita anche all’interno di un insieme, con cui deve relazionarsi in maniera coerente. Inoltre, al fine di raggiungere lo scopo, è importante ricordare che “quanto minore è l’interesse suscitato dal prodotto, tanto maggiore deve essere la forza persuasiva e comunicativa dell’allestimento” 32. Infine, se si tratta di presentare un’innovazione, essa richiederà un apparato altrettanto efficace per far comprendere il valore aggiunto o, talvolta, sradicare l’idea precedente.

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31 M. Malagugini, Allestire per comunicare, Milano, FrancoAngeli, 2008, p. 59. 32 Ivi, p. 72.


Il linguaggio La fruibilità del messaggio che si intende trasmettere è un altro elemento ponderante; se vi sono più concetti, invece, è bene fare attenzione a comunicarli comprensibilmente ed in modo graduale, per evitare la confusione. Il linguaggio dovrà essere atto a creare un’immagine complessiva unitaria ed efficace; considerando che, nonostante la percezione coinvolta sia in primis quella visiva, lo stimolo può essere multisensiorale, sino a toccare l’emotività: più il coinvolgimento sarà profondo, più saranno spronate l’attenzione e la memoria del visitatore. È importante, per questo, non sottovalutare le potenzialità dell’interattività e della comunicazione cartacea e virtuale, che supportano i meccanismi di ricordo.

Il contesto

Questa componente determina le principali connotazioni e connessioni che si generano nello spazio espositivo. Che si tratti di un ambiente interno, esterno, urbano o paesaggistico, esso deve essere considerato ed analizzato in relazione alle problematiche e limitazioni (d’illuminazione, di spazio fisico e normative) che lo caratterizzano, rendendolo, al contempo, consonante all’allestimento.

Il budget È indispensabile fare poi una stima dei costi, prevedendo un tetto massimo raggiungibile. Questi dipendono sia dalla natura del progetto, sia (spesso in percentuale maggiore) da fattori gestionali tra i quali, ad esempio, l’affitto degli spazi, la remunerazione del personale e l’utilizzo di risorse elettriche. Infine, vista la dimunzione dei finanziamenti pubblici degli ultimi anni, è divenuto più rilevante il ruolo degli sponsor.

Le tempistiche Bisogna affrontare la limitazione temporale con la cooperazione simultanea di tutti gli attori del processo: progettisti, tecnici, grafici, espositori, addetti alle pulizie. Pur essendo solamente alcune delle figure professionali coinvolte, ciascuno di essi deve prevedere il minor impiego di energie in loco, cercando di svolgere la maggior parte delle mansioni nel proprio contesto per garantire il rispetto del timing, la consequenzialità delle fasi di montaggio e la riduzione della probabilità di imprevisti.

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Il progetto allestitivo Una volta considerate queste variabili, si potrà procedere al progetto d’allestimento, che deve confrontarsi con:

Materiali i cui parametri possono variare a seconda delle esigenze, ma che generalmente devono essere leggeri (per agevolare montaggio e trasporto) ma resistenti, ignifughi (coerentemente alla normativa prevista), facili da lavorare e tinteggiare e riciclabili o, ancora meglio, riutilizzabili.

Strutture che, oltre a rispettare le normative di sicurezza richieste, possono essere: Su misura, capaci di garantire l’espressività e la suddivisione dello spazio come desiderato, optando per l’utilizzo di singoli elementi creati ad hoc, ma spesso poco propensi a successivi adattamenti; o Modulari, reimpiegabili in occasioni successive, assicurando un buon ammortamento dei costi iniziali, a scapito di una limitazione in fase progettuale. Si tratta spesso di organismi di supporto ad altri componenti (tra cui pannelli e schermi) realizzati generalmente in alluminio o materiali leggeri e concepiti per essere posti in continuità tramite apposite giunture, sino a creare le geometrie più complesse. Tra i pannelli più comunemente utilizzati negli allestimenti fieristici, vi sono lastre in cartongesso33 o pannelli lignei in truciolare, compensato, mdf o multistrato. Quelli a base legnosa sono più diffusi grazie alla facilitazione dei processi di finitura, ma devono comunque essere sottoposti ad ignifugazione. Tra questi, in particolare, il multistrato risulta essere il più leggero, mentre il truciolare, molto elastico e dunque più propenso a superfici curve, il più economico a discapito di un maggiore peso e problemi di sgretolamento in prossimità di spigoli vivi. La regolamentazione34 e questa serie di esigenze da rispettare, “ha portato gli espositori ad affidarsi sempre più frequentemente a ditte specializzate ed altamente professionali, che sono in grado di consegnare - un allestimento - “chiavi in mano”” 35.

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33 Il cartongesso è tuttavia più complesso da gestire, poichè richiede lavorazioni quali la garzatura, stuccatura e carteggiatura. 34 Le normative di riferimento sono solitamente fornite dai singoli enti fieristici, con riferimenti a standard UNI ISO. 35 L. Vivanti, Fiere ed allestimenti per il settore dell’arredo, in M. Vaudetti, S. Canepa, S. Musso, Esporre, allestire, vendere: Exhibit e retail design, Wolters Kluwer Italia, 2014, p. 136.


Determinati tutti i precedenti parametri, l’iter progettuale segue alcuni step estremamente comuni: Stesura di bozzetti e disegni preliminari, per stabilire il possibile layout, dato da: suddivisione di aree, inserimento nel contesto, rapporti spaziali e percorsi. Questi servono generalmente a fornire una panoramica completa sugli agenti cooperanti. Realizzazione di viste tridimensionali e modelli di studio, che permettono di fare valutazioni più approfondite sull’idea generata e di confrontarsi con il committente. Questa fase prevede un confronto e l’eventuale modifica dei disegni di progetto. Il progetto esecutivo, che traduce in termini tecnici forme, dimensioni e spazi ed attribuisce materiali e tecnologie necessari alla lavorazione. La scelta di questi ultimi influenza direttamente il dimensionamento dei pezzi, condizionando anche le scelte di partenza. La realizzazione dei componenti nei laboratori, il trasporto ed il montaggio in loco. Segue poi una fase di tracciamento, in cui pareti, pavimenti ed elementi d’arredo fissi vengono usati come capisaldi ai quali ancorare i riferimenti per posizionare tutti gli altri elementi. Il montaggio di arredi e componenti, che richiede la costante presenza del progettista in caso di modifiche necessarie. Una volta composta la struttura, si procede al controllo delle finiture, quali incastri, allineamenti e percezione visiva e generale. Infine l’inserimento dei prodotti da esporre negli appositi spazi è l’ultimo passo per verificare la percezione generale ed attestare l’efficacia del progetto. Ricordando che ogni tappa richiede la cooperazione delle diverse figure professionali, insieme alla coordinazione e alla programmazione di un timing preciso, si possono sfruttare alcune piattaforme digitali che consentono di condividere, modificare, utilizzare ed aggiornare costantemente gli elaborati di progetto, agevolando nettamente i membri partecipanti. Alcuni software di workflow managing sono, ad esempio, Aproplan36, Podio 37 e Smartsheet 38.

36 Aproplan è un software di progettazione e workflow managing http://www.aproplan.com 37 Podio è invece strutturato come un social network per il controllo del processo. https://podio.com 38 Smartsheet sfrutta il diagramma di Gant, atto a pianificare le diverse fasi. https://it.smartsheet.com

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Analisi Storica



NASCITA DEL SISTEMA

FIERA

“Spesso avviene che nuovi territori di progetto si sviluppino e acquistino una grande rilevanza senza che vengano riconosciuti e identificati. Anzi, quanto più le innovazioni tendono a essere profonde e radicali, tanto più le fasi iniziali appaiono mimetizzate e inscritte in precedenti attitudini e pratiche professionali”. M. Nester Piotrowski


1000 Medieval Fair, litografia a colori di Dan Escott, collezione privata, Londra. bridgemanimages.com

La fiera, già presente nell’antichità, assunse le sue connotazioni attuali con la rinascita del basso medioevo, supportandone la ripresa economica e cominciando a porre le fondamenta per un sistema di traffici e scambi che si sarebbe sviluppato nel corso dei secoli successivi. L’evento veniva organizzato per precise ragioni economiche: Allargare una cerchia ristretta di scambi commerciali. Grazie alla concessione di franchigie ed esenzioni, infatti, un gran numero di mercanti presenziava all’evento, cadenzato secondo un preciso calendario.

Creare un contesto tutelato per l’attività economica. Essendo un’istituzione formale, la fiera era regolamentata e controllata dall’autorità statale o cittadina, garantendo la sicurezza ed il rispetto dei contratti.

Contribuire allo sviluppo del credito. Oltre ad istituire pagamenti dilazionati e nuove modalità di compensazione debiti-crediti, si sviluppavano vere e proprie operazioni di clearing1, che posero le basi di molti degli attuali meccanismi economici.

Condividere le conoscenze e le ultime scoperte. Grazie all’affluenza di professionisti di ogni settore, l’elevata concentrazione di informazioni favoriva progresso e cooperazione, permettendo anche l’osservazione ed il monitoraraggio della concorrenza.

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1 In finanza, la compensazione (clearing) è un meccanismo che permette a banche o istituzioni finanziarie di regolare tra loro i rapporti di dare e avere generati da transazioni finanziarie effettuate sui mercati, di scambio di assegni o denaro tra banche. https://it.wikipedia.org


Con l’avanzare dell’industrializzazione, questo quadro di prassi operative viene messo in discussione, a causa di:

INNOVAZIONI TECNOLOGICHE senza precedenti

Avvento della

PRODUZIONE SERIALE

AUMENTO dell’OFFERTA

1870

sulla domanda

Ricerca di

NUOVE SOLUZIONI per favorire gli scambi

1851

Nascita delle

ESPOSIZIONI UNIVERSALI

“eventi di carattere universale atti ad educare il pubblico, condividere innovazioni, promuovere il progresso e favorire la cooperazione” 2.

In alto: Agriculture Hall della Centennial Exposition, Philadephia,1876. A destra: Great Hall del Crystal Palace, Londra, 1851. The Illustrated News

London

www.bl.uk

2 Cfr. http://www.bie-paris.org/site/en/expos/about-expos e L. Massidda, Atlante delle Grandi Esposizioni Universali, Milano, FrancoAngeli, 2012

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Proprio alle Esposizioni Universali bisogna riconoscere il merito di aver posto le basi per quel sistema complesso e sfaccettato che è l’evento fieristico. Tra i caratteri generali, ad esempio: PERIODICITÁ della manifestazione

Partecipazione INTERNAZIONALE

INTERESSE del pubblico

Se consideriamo poi gli obiettivi conseguiti dagli organizzatori dell’iniziativa: Mostrare le ultime INVENZIONI

CONDIVIDERE saperi e tecniche

EDUCARE il gusto

In particolare, una delle aspirazioni espresse per la Great Exhibition, era proprio quella di “mostrare il livello di perfezionamento del gusto, della moda, delle produzioni delle altre nazioni, per educare al bello la mentalità comune della popolazione inglese e raggiungere per questa via un’elevazione morale” 3.

Infine, scendendo ancora più nello specifico, vi sono ancora tre aspetti che si possono considerare progenitori degli attuali meccanismi: Utilizzo dei MEZZI di COMUNICAZIONE di massa per pubblicizzare l’evento4

CONSAPEVOLIZZAZIONE di imprenditori e grandi industriali della concorrenza, sia interna al proprio paese che internazionale

Meccanismi di PREMIAZIONE5, per portare prestigio all’immagine degli imprenditori e delle aziende partecipanti alla rassegna. Malgrado una cornice di pacifica collaborazione tra espositori internazionali, internamente si respirava un clima di recondita competizione; non solo a causa dei divergenti interessi economici, ma anche per fattori artistici, culturali e di civiltà stessa: si trattava infatti di un’opportunità adatta ad affermare le singole identità nazionali. In questo contesto, è semplice capire come la disomogeneità portasse l’Italia (a cavallo dell’Unità) a presenziare in numeri poco significativi ad eventi di tale portata, figurarsi a competere con nazioni fortemente industrializzate quali la Germania o la Francia.

32

3 A. Pellegrino, Saggio: 2/ L’Italia alle esposizioni universali del XIX secolo: identità nazionale e strategie comunicative, p. 9. http://www.studistorici.com/wp-content/uploads/2014/06/02_PELLEGRINO.pdf 4 Particolarmente diffusi in Europa, tra il The Illustrated London News e il francese L’Illustration si creavano vere e proprie battaglie mediatiche tra i due, con conseguenti rivalità tra i partecipanti, desiderosi di apparire tra le loro pagine. , Ivi, pp. 5-6. 5 Ivi, p. 9.


L’eredità di una tradizione artigiana antica e gloriosa riuscì a giocare a favore quando, nonostante l’esclusione da ogni circuito mediatico internazionale, la qualità dei prodotti italiani veniva esaltata da riviste e giornali interni, dando alle aziende partecipanti un ruolo di legittimazione e garanzia fondamentale per il successo sul territorio nazionale. In alto a sinistra: vetrine espositive nella sezione inglese, Exposition Universelle, Parigi, 1889. In alto a destra: copertina de “L’Illustration” in occasione dell’Exposition Universelle, Parigi, 1900. A destra: Stand di mobili delle industrie carcerarie, Esposizione di Milano, 1881 J. Allwood, The Great Exhibitions, London, LTD, 1977. I. M. P. Barzaghi, Milano 1881: tanto lusso e tanta folla, Milano, Silvana Editoriale, 2009.

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Nonostante l’impossibilità di ospitare una manifestazione universale sul territorio, non mancava, in Italia la volontà di condividere progressi ed invenzioni, per solidificare l’immagine e la qualità del prodotto italiano: nacquero così le Esposizioni Nazionali, veri e propri motori per l’economia nazionale. Alcune di queste6 svolsero un ruolo considerevole per la produzione industriale e le conquiste tecnologiche:

1861 1884 1898 1906

1911

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Con la nascita del Regno d’Italia, venne organizzata a Firenze la prima Esposizione Nazionale: inaugurata da Vittorio Emanuele II il 15 settembre, durò fino all’8 dicembre e vide la partecipazione di 8533 espositori provenienti dalle arti, scienze, agricoltura ed industrie. Organizzata a Torino dalla Società promotrice dell’industria nazionale, l’Esposizione Generale Italiana fu articolata in 8 categorie7, ospitò 14.237 espositori e circa 3 milioni di visitatori. La II Esposizione Generale Italiana si svolse a Torino, per il 50o anniversario dello Statuto Albertino. Le imprese straniere erano ammesse solo nella Galleria della elettricità, al cui interno venne allestita una Mostra internazionale di elettricità. Accolse circa 8.000 espositori, 43 congressi e 3,5 milioni di visitatori. L’Esposizione internazionale del Sempione, a Milano, richiamò più di 5 milioni di visitatori in soli 6 mesi. Tra attrazioni di ogni genere, padiglioni tematici ed edifici appositamente costruiti (su un area di 1.000.000 m2, attraversata da una ferrovia elettrica sopraelevata) ospitò più di 35 mila espositori provenienti da 40 nazioni. Per il 50° anniversario dell’Unità, si tennero a Torino, Roma e Firenze le ultime Esposizioni Nazionali. In particolare, all’Esposizione internazionale dell’industria e del lavoro, o Expo Torino 1911, in sei mesi, su un’area espositiva di 1.200.000 m2, furono organizzati ogni tipo di eventi artistici, culturali e produttivi, a cui parteciparono 31 paesi e 7 milioni di visitatori.

6 S. Onger, Le esposizioni di arti e industrie, in Il Contributo italiano alla storia del Pensiero, Tecnica, 2013, in Enciclopedia Treccani, ad vocem, 2013. http://www.treccani.it/enciclopedia 7 Le categorie in cui fu suddivisa l’Esposizione erano: Belle arti, produzioni scientifiche e letterarie, didattica, previdenza e assistenza pubblica, industrie estrattive, chimiche, meccaniche, manifatturiere, agricoltura e alimentari.


In alto a sinistra: stand di ceramiche per la casa, Esposizione Universale di Milano, 1881. J. Allwood, The Great Exhibitions, London, LTD, 1977.

In alto a destra: manifesto Ufficiale dell’Esposizione Internazionale dell’Industria e del Lavoro di Torino,1911. www.arteliberty.it

A destra: galleria centrale dell’ Esposizione Nazionale di Milano, 1881. http://archiviostorico.fondazionefieramilano.com

A sinistra: manifesto ufficiale dell’ Esposizione Internazionale del Sempione, Milano, 1906. https://www.pirelli.com/ corporate/

35


1900

Il capoluogo inizia a guardare con interesse anche ad un’altra formula promozionale, resa possibile proprio dagli sviluppi dell’industrializzazione: quella della

FIERA CAMPIONARIA

Nuove OPPORTUNITÁ IMPRENDITORIALI

ruolo

RELAZIONALE dell’evento

Nuove RETI COMMERCIALI

“Un’esposizione degli interi campionari industriali sui quali stabilire in pochi giorni affari diretti tra venditore e compratore, non che un orientamento della produzione”8.

1916 1917 1919

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L’Alleanza Commerciale e Industriale avanza la prima proposta, candidando Milano come sede per l’evento: “la città ha la fortuna geografica di un collegamento con l’estero [...] è il centro bancario e finanziario, è la sede delle trattazioni con l’estero, è il punto di accentramento delle energie industriali” 9.

L’attuazione del progetto viene affidata ad un comitato esecutivo, che presenta “un progetto istitutivo per una Fiera Campionaria annuale da tenersi in città” 10, chiaramente ispirato dalle formule fieristiche adottate a Lipsia11 e Lione lo stesso anno. A causa delle vicende belliche e della conseguente crisi economica l’iniziativa non può avere seguito immediato.

Il comitato ottiene il patronato del Re d’Italia, e l’adesione delle camere di commercio nazionali: l’evento sembra essere molto promettente e genera grandi aspettative. In parallelo, viene inaugurata anche la Fiera di Padova, mentre in Europa vengono fondati o riaperti impianti fieristici stabili, a testimoniare la condivisa necessità di rianimare i commerci nazionali ed internazionali.

8 Definizione di un volantino pubblicitario dell’epoca. Archivio della Camera di Commercio di Milano, bobina 111, scatola 194. 9 Dalla prima pubblicazione a stampa a cura dell’Alleanza Industriale e Commerciale in cui si lanciava l’idea della fiera, invitando gli imprenditori locali ad aderire numerosi. 10 A. Castellano, Modelli espositivi e architetture della Fiera di Milano, in AA.VV., Fiera Milano 1920-1995... cit., p. 102. 11 Lipsia era stata la prima città a sperimentare la formula della Campionaria, nel 1894, la Messe Leipzig.


In alto: la folla si avvia verso il portale della prima Fiera Campionaria di Milano, 1920. A destra: cartolina commemorativa della prima Fiera Campionaria di Milano, 1920. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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NASCITA DELLA

CAMPIONARIA

“Pur nata in tempi rapidissimi e sotto la spinta di un’eccezionale voglia di fare, di costruire e ricostruire [...] cerca fin dalla prima edizione di offrire la panoramica più ampia e allargata possibile del lavoro partendo dai prodotti e dalle idee, limitando l’offerta delle merci esposte a un solo “campione”, evitando scenografie e sensazionalismi tipici delle Esposizioni Universali.” L. Masia


Dal 12 al 27 Aprile, a Milano, si svolge la prima Fiera Campionaria italiana. Partendo dai Bastioni di Porta Venezia, la Fiera si estende su un unico viale contornato da due file frontali di decine di padiglioni in legno12. “Tutto era stato fatto con grande entusiasmo e spirito di sacrificio e la necessità di improvvisare aveva notevolmente limitato tutte le velleità estetiche” 13

1920

Il comitato organizzativo e le aziende espositrici, con questo evento si proponevano dichiaratemente di raggiungere tre obiettivi principali:

Riattivare gli SCAMBI COMMERCIALI con l’estero

Promuovere la PRODUZIONE NAZIONALE

Aprire NUOVI MERCATI

“Un semplice arco in carpenteria lignea, accompagnato da due padiglioncini, il tutto di vago stile storicista, sarà il primo segno di architettura privvisoria espressamente disegnato per questa nascente manifestazione.”14 A destra: copertina della rivista “La fiera di Milano”, numero unico ufficiale a ricordo della Campionaria, 1920. A sinistra: portale d’ingresso della prima Fiera Campionaria di Milano, 1920. Sotto: planimetria generale della prima Fiera Campionaria, 1920. Le due file di padiglioni sono indicati in rosso. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

12 Realizzati da baracche prefabbricate che avevano ospitato i profughi di Caporetto durante la guerra. 13 AA.VV., Fiera Milano 1920-1995...cit., p. 177. 14 Ibidem.

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Nonostante non vi sia “una particolare attenzione delle istituzioni pubbliche locali e nazionali”15, l’evento riscuote un enorme successo: su un’area di 15.736 m2, 1233 aziende (di cui 265 estere) espongono i propri campionari ed in sole due settimane, la Fiera richiama ben un milione e duecento mila visitatori. L’impianto generale si rifà ad una variante del modello di distribuzione decentrata16 su vari padiglioni, destinati a vari settori merceologici, che prevede un’ulteriore frammentazione del sistema sino a giungere allo stand aziendale, quale cellula minima della manifestazione, collocata in una piccola struttura edilizia autonoma.

I settori dominanti sono: tessile, carrozzeria, ciclismo, automobile ed aeronautica.

In alto: fila di padiglioni-baracche prefabbricate della Campionaria, 1920. A sinistra: interno di uno stand di attrezzi, 1920. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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15 Carlo Tognoli, Da Porta Venezia alla ex-raffineria, in “Il Sole 24 Ore”, 29 Marzo 2005. 16 Il modello, inaugurato nel 1876 con l’Esposizione di Filadelfia, aveva sostituito lo schema a palazzo unico (adottato a Londra nel 1851) o di pochi grandi edifici (Esposizione di Parigi, 1855) ed fu utilizzato per la Campionaria per ragioni soprattutto economiche.


Gli espositori, ospitati nelle baracche lignee, consistono in stands a pianta quadrata17 di 3,5m per lato e 2,8m di altezza, con tetto a una falda, una finestra quadrata a sedici riquadri e una portafinestra a dodici pannelli vitrei; oppure a tettoia a capriate lignee di 7m di profondità e 4m di interasse tra i montanti. L’esposizione della merce avviene ancora seguendo il tradizionale principio di vendita del negozio18: su tavoli, affissa alle pareti o appoggiata al pavimento (nel caso dei macchinari). L’aspetto comunicativo è ancora primordiale: le aziende sono rappresentate da insegne che ne segnalano, all’esterno, il nome, il settore e l’ubicazione; la propaganda, invece, è affidata a locandine affisse sulle pareti esterne, lungo il viale centrale.

In alto: disegni illustrativi dei diversi tipi di stands, 1920. A destra: locandine pubblicitarie affisse sul lato di un padiglione, 1920. Fiera Milano 19201995. Un percorso tra economia e architettura, AA.VV., Electa, 1995, p. 197.

17 “Negli angusti posteggi previsti”, AA.VV, Fiera Milano 1920-1995... cit., p. 177. 18 “Gli Stands sono provvisti di ampia vetrina per la mostra esterna degli articoli”, si leggeva nel volantino esplicativo.

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A destra: Manifesto ufficiale della II Campionaria, G. Muggiani, 1921. A sinistra: Planimetria generale della Fiera, 1921. L’area si è estesa ad un secondo viale, adiacente al primo. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

‘21 ‘22 ‘23

La Fiera duplica la sua area, ospitando 1942 espositori (di cui 644 esteri) ed accogliendo 600 mila visitatori. Per i settori della meccanica, dell’oreficeria e del mobili vengono ampliate le rassegne in nuovi padiglioni. Il Re Vittorio Emanuele II inaugura l’apertura della Fiera. Il calo di visitatori alla III° edizione, non scalfisce l’entusiasmo nei confronti della manifestazione. Il 1 luglio viene emanato un decreto regio che istituisce l’Ente Autonomo Fiera di Milano19. L’Ente Fiera crea un programma per sostituire tutti i vecchi prefabbricati in legno con edifici in muratura20: sorgono i primi fabbricati destinati a mostre settoriali e a Nazioni estere e Regioni italiane, espandendo l’area sino ai 28 mila m2.

19 L’Ente, con un patrimonio di un milione di lire ed una veste giuridica più definita, controllava la fiera tramite il comitato a cui afferivano importanti nomi del mondo imprenditoriale milanese, da Raimondo Targetti ad Alberto Pirelli, ma si arginavano anche i tentativi di ingerenza del Comune di Milano nella vita dell’ente. Statuto dell’Ente: http://www.fondazionefieramilano.it/

42

20 Buona parte costruiti ricorrendo allo strumento della cessione a privati di lotti di ter- reno in uso gratuito o semigratuito per un certo numero di anni, in cambio dell’impegno a costruire su di essi padiglioni che diventavano poi proprietà della fiera.


Il 25 Aprile, a Milano, viene fondata l’Union des Foires Internationales: un’associazione internazionale per la cooperazione, sottoscritta dai venti enti fieristici dominanti nel contesto europeo. Nizhny Novgorod

‘25

Danzig

Utrecht Bruxelles

Lipsia Reichenberg

Colonia

Frankfurt

Vienna Budapest

Parigi

Accanto: principali poli fieristici europei, 1925. A destra: primo ed attuale logotipo dell’Union des Foires Internationales, 1925. Nel 2015, i membri iscritti erano 675.

Lvov

Praga

Milano

Lubiana

Zagabria

Padova

Bordeaux

Lione

Valencia

www.ufi.org

Nelle campionarie degli anni venti, all’interno dei padiglioni ogni azienda: Espone i propri prodotti su pedane rialzate delimitate da cordoni: dei primordiali stand ad isola, che delimitano un’area senza caratterizzare minimamente l’ambiente interno21. Gli espositori perimetrali, invece, sono spesso scanditi dalle colonne portanti della struttura.

Presenta il maggior numero possibile di campioni della propria produzione, senza selezionare nè esaltare alcuni esemplari, affiancando prodotti di categorie merceologiche anche distanti tra loro.

Non affida alla comunicazione visiva un ruolo primario per la promozione nè dei prodotti esposti nè della propria corporate image 22, scegliendo piuttosto il dialogo con figure professionali esperte (spesso proprietari o dirigenti stessi, sempre presenti in Fiera).

21 Per gli espositori laterali, invece, spesso l’unica suddivisione è data dalle colonne portanti dell’edificio stesso. 22 Per il concetto di corporate image si rimanda a D. Baroni, P.P. Peruccio, Design e corporate image. Per una storia dell’identità visiva nazionale, Milano, FrancoAngeli, 2012

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In alto: Panoramica dei lavori di costruzione della Fiera, 1925. Il sistema di stand a doppia fila, ideato per l’area lunga e stretta dei Bastioni, nel 1924 viene sostituito da padiglioni isolati su tutti i lati. L’ulteriore ampliamento del ‘25 porta ad una commistione dei due tipi, creando un’orditura espositiva mista tra la muratura ed il legno; con l’edizione successiva i padiglioni in legno scompariranno completamente. Al centro: Padiglione dell’industra grafica e libraria, G. Ponti ed E. Lancia, 1927. In basso: Padiglione dell’Alfa Romeo, P. Portaluppi, 1926. www.flickr.com AA.VV., Fiera Milano 1920-1995. Un percorso tra economia e architettura, Milano, Electa, 1995. www.portaluppi.org

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In alto: Padiglione dell’industra grafica e libraria, G. Ponti ed E. Lancia, 1927. A destra: interno del Padiglione dei Cicli e dei Motocicli, 1926. La disposizione a isola suddivide le aree dedicate alle singole aziende, delimitate anche da cordoni. Viene pensato anche un luogo per il confronto e la discussione di trattative, risolto con dei tavolini e delle poltrone sopra un tappeto, accanto ai prodotti. Gli stand laterali espongono le automobili al piano terreno e i cicli al primo. www.lombardiabeniculturali.com AA.VV., Fiera Milano 1920-1995. Un percorso tra economia e architettura, Milano, Electa, 1995.

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In questo processo di stabilizzazione più planimetrica che volumetrica23, si assiste alla formazione di sedi semi-permanenti delle maggiori aziende accanto ad una serie di grandi caseggiati destinati a raggruppare le rassegne di comparti merceologici24. I punti fissi restano alcuni edifici affermati, come il Palazzo dello Sport, le Palazzine degli Orefici, e, dal 1926, il Padiglione della Meccanica. In alto: stand accessori per auto Magneti Marelli nel Salone dell’Automobile all’interno del Palazzo dello sport, 1926. In basso: stand di pneumatici Pirelli nel Salone dell’Automobile all’interno del Palazzo dello sport, 1926. www.lombardiabeniculturali.com

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23 Più che l’espansione dei singoli edifici, che venivano comunque modificati ed adattati di anno in anno, la pianificazione in pianta dei padiglioni faceva evolvere anche l’organizzazione dei servizi e dei fattori logistici legati al polo stesso. 24 Questa tendenza, in parte dettata da economie di scala, è anche dovuta al proposito di ospitare, l’anno successivo, una rassegna internazionale in forma di Esposizione Universale.


Aumento superficie espositiva COPERTA

Aumento numero ESPOSITORI

4000+

Efficacia SCELTE STRATEGICHE degli amministratori

Crescente

SUCCESSO

Per il decennale della vittoria della Grande Guerra, viene organizzata la Fiera Esposizione di Milano.

‘28

Con questa edizione si conclude la prima fase di interventi massicci, che portano la superficie coperta ad 88 mila m2. I 4537 espositori, inoltre, in soli settanta giorni vedono giungere un record di oltre 1,7 milioni di visitatori. Il grande pubblico inizia ad affezionarsi sempre più all’appuntamento di aprile, che, sotto l’abile guida di Piero Puricelli, arriverà ben presto ad assumere il ruolo di vetrina privilegiata per l’economia italiana.

In alto: Manifesto ufficiale della Fiera Campionaria, A. Mazza, 1927. A destra: veduta aerea del polo, 1928. Interessante l’espansione e la ridefinizione urbanistica dell’aerea, a pianta stellata, attorno a piazzale Giulio Cesare. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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In alto: veduta esterna ed interna del Padiglione Pirelli, P. Portaluppi, 1926. Al centro: Salone dell’automobile all’interno del Palazzo dello sport, 1927. In basso: esposizione di vetture nel Salone dell’automobile, 1927. www.lombardiabeniculturali.com www.portaluppi.org

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In alto a sinistra: stand Richard-Ginori, G. Ponti, 1928. In alto a destra: stand nel padiglione dei vini d’Italia, 1929. Al centro: stand del linoleum nel padiglione del mobilio, 1929. In basso: tettoia delle macchine agricole che ospita la Breda, 1929. www.lombardiabeniculturali.com Gio Ponti. L’opera, L. Licitra Ponti, Milano, Leonardo, 1990, p. 40.

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TRA REGIME E

RAZIONALISMO

“La Fiera di Milano dovrebbe considerarsi per l’architettura, un laboratorio sperimentale. I tentativi anche azzardati, quelli che facilmente scandalizzano, qui sono meno pericolosi di altrove, perchè l’esperienza insegna che le costuzioni durano poco. [...] da qui dovrebbero partire i genuini accenti d’avanguardia.” Mario Labò


La Fiera di Milano è ormai la terza al mondo21, ma l’ascesa del regime fascista intacca fortemente l’autonomia dell’Ente, trasformandola rapidamente in un mezzo di propaganda e costringendola a rinunciare alla sua vocazione internazionale.

1930

A destra: Manifesto ufficiale della IX Campionaria, M. Nizzoli, 1931. In basso: copertina del mensile La Fiera di Milano di aprile, N. Nanni e G. Abkasi, 1932. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

Mentre il made in Italy domina sulla mappa della Fiera22, il quartiere ha raggiuto i 100 mila m2 di superficie coperta ed ogni anno presenta le ultime innovazioni ad un pubblico che supera i 2 milioni di visitatori. Oltre a macchinari per la lavorazione del latte, l’irrigazione dei campi e refrigeratori nel Padiglione dell’Agricoltura, viene inaugurata una Mostra di Fotografia; il Padiglione del Turismo, infine, offre guide e mappe per soggiornare in Italia.

21 Dopo quelle di Lipsia e Parigi. 22 Affiancato solo da prodotti dei paesi “amici”: Spagna, Germania, Romania e Bulgaria.

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La divulgazione inizia ad assumere un ruolo centrale all’interno della manifestazione e la pubblicità viene innalzata a valore di “arte” capace di influenzare la potenza di ogni iniziativa. Sperimentare è l’unica regola vigente: ogni azienda investe nella promozione della propria produzione e identità, sfruttando ogni mezzo disponibile ed ogni espediente comunicativo. Nei viali si trovano carretti promozionali ambulanti, vere e proprie sculture pubblicitarie o personificazioni di mascotte delle grandi aziende. Queste utilizzano stands e scenografiche facciate dei padiglioni come strumenti per attirare l’attenzione dei passanti: esordiscono nuovi logotipi, un’iconografia e dei cromatismi legati al messaggio che si vuole trasmettere. Ecco come, nella promozione dei prodotti, iniziano ad assumere importanza le componenti della riconoscibilità e della personalità23.

In alto: Pubblicità mobile dell’olio Sasso, 1931. Accanto: veduta panoramica su un viale della Fiera con insegne e cartelli, 1931. Pagina accanto In alto: tre Bibendum, personificazione del marchio Michelin, pubblicizzano l’azienda per i viali della Fiera, 1930. In basso: Padiglione Buitoni, ricco di elementi scenografici per comunicare la bontà della pasta casalinga, 1930. www.lombardiabeniculturali.it Archivio Storico Michelin Italiana

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23 Fondamentali per il futuro sviluppo dell’identità aziendale e dell’immagine coordinata, essenziali per il posizionamento dell’azienda sul mercato.


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A sinisra: scultura pubblicitaria per il formaggio Bel Paese, 1930. Pagina accanto Padiglione Motta, una sagoma geometrica con il logotipo dell’azienda in rilievo, 1932. Archivio Storico Fondazione Fiera MIlano

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Tra i settori predominanti24 nelle Campionarie dei primi anni ‘30, il Padiglione della Meccanica e quello dell’Aeronautica offrono un’ampia panoramica sulle ultime tecnologie industriali, attraverso stands che, eccetto qualche raro esempio d’avanguardia, sfruttano chiarmente l’eredità delle metodologie espositive del decennio precedente.

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24 Le prime tre edizioni della Campionaria degli anni ‘30 vedono predominare la meccanica e l’industria chimica, seguite dall’aeronautica e dall’industria tessile. Meno consistenti ma pur sempre trainanti, invece, sono i settori dell’automobile, industria elettrica e motonautica. Un ruolo più marginale occupano infine le industrie alimentari, il Padiglione dello Sport e quello del Turismo.


In alto: Padiglione dell’elet trotecnica, stand della Soc. An. Ing. V. Tedeschi, 1932. A destra: Padiglione della meccanica, stand degli isolatori della Richard Ginori, 1930. Pagina accanto In alto: interno del Padiglione della Meccanica, 1930. In basso: Padiglione d e l l ’A e r o n a u t i c a, 1930.In primo piano aereo Ro 5 delle IMAM (Industrie meccaniche aeronautiche meridionali). www.lombardiabeniculturali.it

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Da notare anche alcune sperimentazioni all’interno del padiglione della Nafta-Shell ed in quello delle Industrie Chimiche: un’attenzione particolare ai supporti espositivi, a forme ed accostamenti, così come ad illustrazioni e slogan che circondano e presentano i campioni selezionati.

In alto: stand all’interno della Nafta-Shell, 1930. A sinistra: stand del laboratorio farmaceutico E. Granelli & C. Padiglione delle industrie chimiche, 1932. www.lombardiabeniculturali.it

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Oltre alla selezione dei campioni e all’allestimento25, si avvia una ricerca più sottile, di una raffinatezza che sorpassa la modellazione delle componenti strutturali: è l’atmosfera, elemento fondamentale per la percezione spaziale e per il coinvolgimento del visitatore.

In alto: stand del Lysoform all’interno del Padiglione delle industrie chimiche, 1932. A destra: stand del colorificio G. Vittorini nel Padiglione dei colori e delle vernici, 1933. www.lombardiabeniculturali.it

25 Con allestimento si intende l’insieme di espositori (progettati ad hoc nelle forme, dimensioni e combinazioni), delle immagini, e delle insegne, frasi o slogan pubblicitari presenti nell’area circoscritta per lo stand della singola azienda.

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Applicando questa ricerca anche all’architettura dei padiglioni stessi, durante la XIV Campionaria, nell’ambito del tessile, viene presentato il Padiglione Vesta, progettato dall’architetto Luciano Baldessari per l’omonima azienda di moda e modelli. “Annullato il volume sul piano, questo è a sua volta annullato nel reticolo filiforme della parete esposta: schermo che non divide, ma fa comunicanti l’esterno e l’interno, pur limitando idealmente il volume d’aria con la sottile cornice” 26.

La struttura è risolta con un puro parallelipedo vetrato, rigoroso ed essenziale. L’uso estensivo del vetro è mutuato dalla cultura tedesca, con particolare riferimento alle opere di Mies van der Rohe 27. La trasparenza, garantendo una comunicazione tra l’interno e l’esterno, è funzionale non solo all’estetica, ma anche ai fini pubblicitari dell’edificio.

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In alto: Assonometria e due viste del Padiglione Vesta, L. Baldessari, 1933. Archivio digitale Luciano Baldessari baldessari. densitydesign.org/opere/ project/PV Casabella, 8-9, agosto-settembre,1933, p.13.

26 G. Veronesi, Luciano Baldessari Architetto, Trento, Collana di Artisti Trentini, 1957, p. 52. 27 Dai primi progetti espressionisti di grattacieli per Berlino, al celebre Padiglione Tedesco per l’Esposizione di Barcellona.


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‘34

La XII edizione della Campionaria è affiancata dall’Esposizione dell’Aeronautica Italiana, allestita al Palazzo dell’Arte di Milano, per la quale lavorano moltissimi nomi delle generazioni esordienti28 dell’archittetura. Progettisti come Nivola e Pintori, Figini e Pollini, BBPR, Nizzoli e Persico, Sironi, Ponti, Baldessari, Pagano si cimentano nell’allestimento delle varie Sale. In Casabella29, Giò Ponti, direttore della rivista, scrive: “Quasi sempre - in questa dell’Aeronautica - il documento perde il suo valore realistico per innestarsi all’ambiente in un superamento del dualismo di forma e contenuto, di decorazione ed architettura.”

All’interno, si ammirano la Sala delle Medaglie d’Oro, che guarda alla nettezza e alla precisione dell’espressionismo più avanzato, sfruttando sottili profili bianchi che si annullano sul bianco delle pareti, fermato dal nero di soffitto e pavimento, in un senso di estrema orizzontalità. Anche la Sala dell’Aerodinamica, affidata a Franco Albini, sfrutta un sistema modulare, come “griglie tipografiche cui sono appesi i materiali come frasi di un testo” 30. Le griglie metalliche a maglie larghe sono appoggiate ad un

telaio di legno bianco, su cui sono applicate scritte e grandi pannelli fotografici. La Sala dell’Aviazione e del Fascismo, curata da Baldessari, utilizza una plasticità e

Sotto: Sala delle Medaglie d’Oro, M. Nizzoli ed E. Persico, 1933.

spazio espositivo e sottraggono attenzione al singolo documento: un allestimento che

Giò Ponti la descrive come “un’ esplosione di documenti nello spazio imbevuto di luce irreale”.

cerca di suscitare un forte impatto emotivo, unitario nella concezione e coinvolgente

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giochi decorativi quasi violenti, inserendo tre grandi archi che abitano pienamente lo

nel linguaggio.

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28 La gestione dei prodotti architettonici del regime, infatti, non concedeva molto spazio alle nuove generazioni di architetti, i quali si ritrovavano a debuttare nelle architetture temporanee. 29 Red., Esposizione Aeronautica Italiana, in “Casabella”, 80, agosto, 1934, pp. 6-21. 30 Ibidem.


A destra: Sala dell’Aviazione e del Fascismo, L. Baldessari, 1933. Sotto: Sala dell’Aerodinamica, F. Albini, 1933. Archivio Luciano Baldessari www.toneguzzi.it

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In parallelo, la Fiera di Milano, si presenta al grande pubblico con un’edizione particolarmente innovativa: padiglioni dalle forme leggere, aerodinamiche, audaci e rigorose al tempo stesso, aprono le porte alle prime sperimentazioni di apparecchiature per trasmissioni televisive e radiofoniche mentre piccoli autotreni elettrici trasportano i visitatori attraverso i viali della fiera.

“L’approccio più avanzato tecnologicamente alle architetture, venne sperimentato nelle costruzioni temporanee dei padiglioni della Fiera di Milano, dove la ricerca di strutture leggere, colori vivi, materiali e forme nuove si manifestò anzitutto nell’uso di grandi caratteri tipografici nelle insegne che si riflettevano sulle facciate esteriori di numerosi stand fieristici.” 31

In alto: padiglione della Perugina, 1934. Al centro: area espositiva Fiat, 1934. A destra: padiglione RAS, P. Portaluppi, 1934. “L’edificio pare testimoniare l’abilità di Portaluppi nel manipolare linguaggi diversi [...] forgiando un linguaggio manierista, del tutto tipico e personale” Testimone di un cambiamento verso forme più moderne, è considerato l’episodio di maggior interesse tra quelli per la Fiera. Due ambienti sovrapposti, collegati da una scala a chiocciola a sbalzo. Il piano superiore è caratterizzato da una parete curva in vetrocemento. L. Molinari, Portaluppi. Linea Errante nell’Architettura del Novecento, p. 79.

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31 S. Bignami, P. Rusconi, Le arti ed il fascismo - Italia anni Trenta, Giunti, 2014, p. 8.

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Volumi sospesi, superfici bianche, forme semplici e lineari: la pubblicitĂ e le scenografiche facciate sature di insegne, scritte ed immagini, lasciano spazio ai tratti tipici della ricerca architettonica del periodo.

In alto a sinistra: padiglione della penna Aurora, 1934. In alto a destra: padiglione della Ceramica Adriatica, 1934. Sotto: padiglione della Italrayon, E. Lancia e G. Palanti, 1934. www.lombardiabeniculturali.it

Casabella, 77, maggio, 1934.

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Tra le opere che destano maggior interesse, i primi tre della serie di Padiglioni INA realizzati da Franco Albini per l’Istituto Nazionale Assicurazioni, portano all’interno dell’effimero ambiente fieristico alcuni dei contemporanei valori architettonici sintetizzati dal Movimento Moderno. Scritte cubitali, schema compositivo rigido, contorni netti e contrasto cromatico nero-bianco delle prime due pesanti facciate, sembrano voler opporsi alla sorte provvisoria cui sono destinati; il graduale alleggerimento già profilato, giunge all’apice nel terzo edificio: una quinta in griglia metallica, che funge da scheletro espositivo32, affianca una torre cilindrica bianca. Come l’esterno, anche gli ambienti interni hanno assistito ad una graduale evoluzione: dalla scatola infestata di fotomontaggi ed elementi tipografici33 interrotta da una dinamica pellicola cinematografica sospesa34, si passa all’assoluta geometria di diaframmi in vetro opaco che modulano lo spazio in maniera rigorosa, scandendo un preciso percorso di visita. La luce rende i due interni percettivamente opposti: dal bombardamento di notizie del primo, alla discrezione più impersonale del secondo. Il terzo padiglione, infine, sembra sintetizzare i principi espositivi appena testati:

A destra: facciata del Padiglione INA, F. Albini, 1934.

il percorso libero tra pareti curve, espositori a griglia metallica e lunghi sipari neri,

F. Bucci, A. Rossari (a

si combina a pannelli rettangolari, fotomontaggi ed enormi caratteri in un’atmosfera

stimenti di Franco Albini,

illuminata dalla luce naturale delle grandi vetrate.

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A sinistra: facciata del Padiglione INA, F. Albini, 1933.

cura di), I musei e gli alleMilano, Electa, 2005, pp. 78-79.

32 La quinta, a maglia quadrata, regge le scritte e le bandiere, appese come documenti in mostra. 33 L’interno del Padiglione riprende l’intento di fondere le arti della Mostra della Rivoluzione Fascista, tenuta in quel periodo a Roma. 34 Creata con una pannellatura curvilinea sospesa.


A destra: interno del Padiglione INA, F. Albini, 1933. Sotto: due vedute sull’interno del Padiglione INA, F. Albini, 1934. Pagina seguente Facciata ed allestimenti interni del Padiglione INA, F. Albini, Fiera del Levante, Bari, 1934. F. Bucci, A. Rossari (a cura di), I musei e gli allestimenti... cit., pp. 82-85.

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Anche nei settori in cui sembra regnare una certa brutalità industriale, si inizia a prestare attenzione al modo d’esporre: piani sottili, forme sinuose e leggere presentano ed esaltano una selezione di pezzi tecnologicamente all’avanguardia. Si assiste ad un vero e proprio processo di sintesi comunicativa: il ruolo di promozione che prima era svolto da sfondi colorati e slogan, ora volge l’attenzione a forme, agli spazi che delineano il percorso e alla loro interazione con la luce.

In alto a destra: stand della ditta Lagomarsino, Padiglione delle forniture d’ufficio, 1934. In basso: panoramica nel Padiglione dell’elettrotecnica, 1934. www.lombardiabeniculturali.it

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Tra le aziende all’avanguardia, la S. A. Ercole Marelli, azienda metalmeccanica specializzata in motori ed apparecchi elettrici, non tarda a volgere lo sguardo a queste nuove metodologie. All’interno dell’omonimo padiglione, già dal 1933 vengono presentati una serie di supporti che ridefiniscono il modo di presentare motori e macchinari, spogliandoli di quella tipica brutalità che contraddistingue pezzi e componenti industriali e che, inevitabilmente, aveva sempre causato una limitatissima cura dell’esposizione. Giochi di livelli, forme geometriche sovrapposte ed utilizzo di colori che contrastano con il tono naturale dei campioni, sono i primi dettagli curati per destare stupore e trasmettere un messaggio di interesse della Società verso l’innovazione. A sinistra: stand di componenti meccaniche, Padiglione della Ercole Marelli, 1934. In basso: stand di motori, Padiglione della Ercole Marelli, 1934. www.lombardiabeniculturali.it

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“Occorre che l’emozione espositiva attiri nel suo gioco il visitatore; occorre che susciti attorno alle opere l’atmosfera più adatta a valorizzarle, senza tuttavia mai sopraffarle. L’architettura deve farsi mediatrice tra il pubblico e le cose esposte, deve dare valore all’ambiente come potente mezzo di suggestione del visitatore”35.

1935

Con la seconda metà degli anni ‘30, infatti, si avvia una fase di estrema vitalità per il polo fieristico che, ogni anno, vede l’intervento e la partecipazione di tutti i progettisti italiani emergenti. Sull’onda delle nuove teorie già ampliamente sperimentate e certi che, nell’ambito dell’effimero, ogni azzardo progettuale sarebbe stato lecito, essi collaborano con le maggiori aziende del panorama italiano36, godendo del privilegio di poter dar vita ad ogni fantasia. Non solo allestire, non solo stupire, ma anche farsi conoscere dalla concorrenza, educare ed informare il grande pubblico: lo scopo didattico subentra gradualmente e si affianca ai fini promozionali del progetto espositivo, che non deve mai perdere la componente attrattiva e l’accessibilità al messaggio e ai contenuti. A questo panorama, si aggiunge la dominanza dei settori emergenti dell’automobile, motonautica, energia elettrica ed aeronautica che riempiono i Saloni all’interno dei grandi padiglioni, attirando migliaia di visitatori da ogni dove. La natura fredda ed industriale dei settori, tuttavia, non ferma i progettisti-artisti che, grazie alle teorie razionaliste ed avanguardistiche che stanno rinfrescando l’Europa, non esitano a mettere alla prova le proprie capacità anche nei settori più disparati, favoriti dall’attuale politica dei colossi dell’economia e le possibilità elargite dalla temporaneità, trasformando pian piano il panorama della Campionaria. Stand Olivetti, L. Figini e G. Pollini, 1935. R. Astarita, Gli architetti di Olivetti. Una storia di committenza industriale, Milano, FrancoAngeli, 2012, p. 146.

35 F. Albini, Le mie esperienze di architetto nelle esposizioni in Italia e all’estero, in “Casabella”, 730, febbraio, 2005, p. 10. 36 Tra cui la già citata Montecatini, la Pirelli e la S.A. Ercole Marelli. Inoltre, come dice Sapelli, “qualsivoglia crescita è avvenuta nel nostro paese soltanto grazie al ruolo della grande impresa” in AA.VV., Fiera Milano 1920-1995...cit., p. 43.

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Con la XIII edizione della Fiera Campionaria di Milano si conclude il periodo di esplosione edilizia iniziato nel 1923: l’immagine del quartiere fieristico rimarrà sostanzialmente invariata sino alla guerra. L’evento topico dell’anno è il primo Salone internazionale dell’Aeronautica 37, che presenta nel Padiglione dello Sport le ultissime tecnologie del nascente settore.

Un pò per la natura degli oggetti da presentare, dalla mole importante e dalle fattezze inevitabilmente industriali, un pò per la necessaria compresenza tra moltissime aziende (tra cui diverse medio-piccole imprese) all’interno del grande spazio coperto, l’allestimeno viene realizzato seguendo le linee guida del decennio precedente.

In alto a sinistra: stand degli aeroplani Caproni, Salone dell’Aeronautica nel Padiglione dello Sport, 1935. In alto a destra: Manifesto ufficiale della XIII Fiera Campionaria, N. Nanni, 1935. A sinistra: Salone dell’Aeronautica nel Padiglione dello Sport, 1935. www.lombardiabeniculturali.it

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37 L’aviazione è presente in Fiera fin dalle prime edizioni con mostre di velivoli militari e civili. La situazione di grande prestigio tecnico, sportivo e militare dell’Aeronautica italiana di quegli anni ha spinto l’Ente Fiera Milano verso la creazione di un grande “Salone” su scala internazionale. Così, fra il 12 e il 28 ottobre 1935, nel Palazzo dello Sport e in altri padiglioni adiacenti si tiene il “Primo Salone Internazionale Aeronautico di Milano” con il contributo di 182 espositori italiani e 155 esteri provenienti da 15 nazioni.


Tra le proposte straniere, gli stands delle tedesche Lufthansa, Siemens ed Hirt utilizzano allestimenti rigorosi e neutrali, purificati da qualsiasi elemento scenografico; molto diverso, invece, l’approccio del Ministère Francais de l’air: una sorta di balaustra a zig zag presenta una serie di modelli di aeromobili, attirando il visitatore verso un’enorme mappa38 posta sulla parete frontale.

In alto: stand dela Deutche Lufthansa, 1935. In basso: stand del Ministère Francais de l’aire, 1935. www.lombardiabeniculturali.it

38 Su cui vengono indicate rotte effettuate dai velivoli e attuali colonie francesi.

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A sinistra: stands della Siemens e della Hirt, 1935. In basso: stand Pirelli, 1935. Un portale a griglia metallica cui sono appesi i caratteri con il nome dell’azienda incornicia dall’esterno lo stand. Sulla soglia, due pneumatici da velivolo accolgono e aprono l’ingresso ad uno spazio rettangolare su cui affaccia un espositore largo e stretto, su cui giacciono i componenti. Per rendere meno impersonale l’esposizione, una striscia di fotografie sovrasta i componenti, ed un sipario nero a sinistra dell’espositore apre l’ingresso ad uno spazio riservato per le trattative. www.lombardiabeniculturali.it

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Molto diverse tra loro anche le posizioni assunte dalle aziende italiane: Pirelli opta per forme lineari e giochi di luce dall’alto, rompendo le geometrie solo con due grandi pneumatici da velivolo che accolgono all’ingresso; la Ercole Marelli, invece, ripropone i giochi di livelli, combinando espositori curvi e piani, che ricordano le sembianze tipiche degli aeroplani. Nettamente più grafico, invece, il quadro proposto dalla MOVO, che focalizza l’attenzione su una parete scura su cui volano lettere, componenti e modellini che, in attenti rapporti di proporzioni e linee ricordano un manifesto pubblicitario.

A destra: stands della Marelli, 1935. Un supporto centrale che ricorda la sezione di un aereo, è racchiuso tra due pareti che raccontano dell’azienda. Non solo le forme, ma anche il contrasto cromatico e i caratteri ripetuti sui vari lati dello stand, rendono il tutto estremamente scenografico, rompendo completamente con la natura meccanica e ferrosa degli oggetti esposti.

In basso: stand MOVO Modelli Volanti, 1935. La parete, come un manifesto pubblicitario, presenta una serie di oggetti bianchi e grigi in precisi rapporti dimensionali e spaziali. www.lombardiabeniculturali.it

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Oltre al Padiglione dello Sport, si affacciano sui viali della Fiera una serie di inedite sperimentazioni architettoniche: dagli effetti di illuminazione notturna proposti dal Padiglione della Snia Viscosa, ideato da Eugenio Faludi, definito “una torre al neon di espressionistica bellezza” 39, all’enorme vetrata concava del Padiglione Raion di Gian Carlo Palanti, “una delle poche opere degne di una Fiera moderna” 40, secondo la critica di Persico. Anche il Padiglione della San Pellegrino, progettato da Mario Cussino, si erge tra i viali della Campionaria richiamando in maniera più evidente quello spirito propagandistico che era stato tralasciato a favore del razionalismo, discondandosi dal denominatore cemento-vetro comune tra gli altri edifici.

Sotto: due vedute del Padiglione Italviscosa, E. Faludi, 1935 e 1937. ww.flickr.com

Pagina accanto In alto: Padiglione Raion, G. C. Palanti, 1935. In basso: Padiglione S. Pellegrino e Padiglione Ina, M. Cussino e F. Albini, 1935. AA.VV., Fiera Milano 1920-1995....cit, pp. 209 ,174

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39 G. Bilancioni, Aedilitia di Piero Portaluppi, Milano, 1993, p. 54. 40 AA.VV., Fiera Milano 1920-1995...cit, p. 122. Persico, infatti, criticava duramente la nuova architettura razionalista italiana, sostenendo che le costruzioni della Fiera fossero anch’esse un mero specchio di questo degrado portato da un’architettura priva di etica morale.


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Proseguendo una ricerca personale, Albini, con il Padiglione INA del ‘35, realizza un edificio che diverrà permanente e definisce una tecnica espositiva che sintetizza e perfeziona le ricerche precedenti.

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La costruzione in mattoni e cemento armato intonacato bianco, è composta da due volumi accostati, ordinati secondo una maglia modulare quadrata di 80cm. Due grandi portali aprono le porte ad una galleria d’ingresso a due piani, alta 8 moduli e contenuta nel volumo minore, che conduce al salone principale: un piano unico alto 12 moduli, che comunica con

Sotto: veduta esterna del Padiglione INA, F. Albini, 1935.

l’esterno tramite un’ampia vetrata.

AA.VV., I musei e gli allestimenti....cit, p. 85

A sinistra: dettaglio della facciata, C. Albini, 1935. Pagina accanto In alto: portali d’ingresso del Padiglione INA, F. Albini, 1935. In basso: allestimento interno del Padiglione INA, F. Albini e C. Albini, 1935.


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All’interno il modulo è ben visibile sul pavimento, composto da lastre di marmo bianco con giunti a vista. I diaframmi in rete metallica che si estendono da terra fino al soffitto, con i pannelli di vetro retinato e vitrex bianco trasparente creano uno spazio avvolgente e dinamico, per esporre le immagini impaginate da Carla Albini. La luce entra dall’alto attraverso tre gole che attraversano tutto il salone e dalla grande vetrata a nord, posta davanti alla maglia strutturale. “È una dimostrazione di varietà di effetti che mostrano che un organismo così concepito può offrire specie quando, come qui, si faccia abbondante uso di materiali trasparenti, o semi trasparenti” scrive Saverio Muratori su Architettura41. Ma questo padiglione rappresenta anche la perfetta incarnazione delle idee e delle intenzioni dell’autore stesso, che sostiene che: “Bisogna ricorrere a soluzioni spaziali piutttosto che a soluzioni plastiche: bisogna creare spazi architettonici, o sottolineare quelli esistenti, legandoli in un’unità assoluta con le opere esposte. È mia opinione che sono proprio i vuoti che occorre costruire, essendo aria e luce i materiali da costruzione.”.

Veduta interna del Padiglione INA, F. Albini, 1935. Pagina accanto Sotto: Area espositiva Fiat, C. Scoccimarro e M. Sironi, 1935. A destra: veduta notturna della torre a traliccio del Padiglione UNPA, M. Bacciocchi e L. Pinciroli, 1936. AA.VV., I musei e gli allestimenti....cit, p. 85. Archivio Storico Fondazione Fiera MIlano

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41 S. Muratori, Padiglione dell’Istituto Nazionale Assicurazioni alla Fiera di Milano - arch. Franco Albini, in “Architettura: rivista del Sindacato nazionale fascista architetti”, Fasc. VIII, XIII, agosto, 1935, pp. 495-499.


Con l’avanzare di una politica autarchica, la Fiera si trasforma in una vetrina d’eccellenza della sola produzione nazionale, diventando una delle palestre progettuali per la sperimentazione più attive della ricerca architettonica moderna, come scrive Bosoni:

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“Tant’è che la presenza del progetto moderno in Fiera cresce di anno in anno, e quasi tutti i più importanti architetti razionalisti di area lombarda si cimentano a più riprese in questo contesto, certe volte proponendo alcuni dei loro progetti più affascinanti e compiuti”42

per sottolineare la crescente quantità di edifici e progetti di un certo spessore che animano i viali della Campionaria. Non bisogna dimenticare, tuttavia, che l’intera area del quartiere fieristico continua ad essere contenuta ed immersa nella città di Milano e la problematiche dell’urbanizzazione e dei collegamenti con i mezzi pubblici si manifestavano all’interno tanto quanto all’esterno.

42 AAVV, Fiera Milano 1920-1995...cit., p.182.

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Tralasciando la storia dell’espansione planimetrica e dei piani regolatori che hanno caratterizzato lo sviluppo del polo fieristico43, partiamo dal presupposto che questa “città nella città” rimane ancora una commistione tra il programma architettonico portato avanti dal Comitato44 fino alla fine degli anni venti e le recenti sperimentazioni. Oltre ad alcuni esempi rilevanti, definiti da Labò “quelle rondini che non fanno primavera” 45, tra i viali della Fiera sorgono diversi padiglioni settoriali inesorabilmente influenzati dalle tendenze architettoniche esterne, necessari ad ospitare un’ingente quantità di aziende espositrici. Accanto a poche esigue, superstiti e disordinate strutture regionali, nazionali o aziendali, questi grandi fabbricati iniziano ad essere concepiti, nell’ambiente interno e anche parzialmente all’esterno, con due componenti che, in futuro, saranno fondamentale per l’architettura fieristica: la neutralità e la flessibilità.

Sotto: Padiglione della Meccanica B, 1937. Pagina accanto In alto: Padiglione della radio-cine ottica e fotografia, 1937. In basso: Padiglione del linificio e canapificio nazionale, 1937. www.lombardiabeniculturali.com

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43 Tematiche sono già state ampliamente affrontate in diversi testi, come AA.VV., Fiera Milano 1920-1995... cit., pp. 63-83. 44 Caratterizzato da un “sobrio classicismo il più delle volte con forti connotazioni industriali”, A. Castellano, L’accordo di programma per il quartiere fieristico, in AA.VV., Fiera Milano 1920-1995...cit., p. 114. 45 M. Labò, LA XIX FIERA DI MILANO, in “Casabella-Costruzioni”, 128, luglio 1938, p. 14.


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Tornando ai progetti allestitivi, durante la XIV e XV edizione vengono presentati una quantitĂ enorme di stands che testimoniano le nuove direzioni progettuali. Tra questi, si possono rintracciare un paio di linee guida comuni, che hanno dato vita a strategie espositive particolarmente efficaci: la fedeltĂ ad un lineare e sobrio rigore o una ricerca scenografica giocata sul forte impatto visivo ed i cromatismi.

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Accanto: stand della Filatura di Tollegno, Padiglione delle Industrie Tessili,1936. In basso: stand della Siemens, 1937. Pagina accanto In alto: stand della Radio Lambda Olivetti, Padiglione della Radio, 1936. In alto: stand della Radio Lambda Olivetti, Padiglione della Radio, 1936. ww.lombardiabeniculturali.it

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In alto: stand di calzature della Ursus Gomma, Padiglione dei tessili e dell’abbigliamento, 1936. A sinistra: stand di tessuti con filati Albene della Rhodiaceta, Padiglione dei tessili e dell’abbigliamento, 1936. Pagina accanto Stand di coperte della ditta Sonnino, padiglione dei tessili e dell’abbigliamento, 1937. ww.lombardiabeniculturali.it

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Una piacevole sintesi delle suddette componenti si può ammirare nel padiglione Montecatini, la cui Sala dei Coloranti ACNA (Aziende Coloranti Nazionali Affini) viene affidata alla già fidata46 mano di Nizzoli. Questo didascalico allestimento ruota intorno alla rappresentazione grafica dell’elemento chimico, utilizzandone il linguaggio nei quattro diaframmi metallici paralleli che presentano immagini e campioni delle polveri coloranti per l’industria tessile, affiancati dalle applicazioni su strisce di tessuti, intrecciate a comporre delle enormi lettere. Sulle pareti, manifesti, teche ed alcuni fotomontaggi delle imprese rappresentate, incorniciano un grosso disegno costituito da geometrie colorate e connesse su uno sfondo nero, a richiamare nuovamente lo schema grafico dell’elemento chimico.

Sotto: Sala dei coloranti ACNA, M. Nizzoli, 1936. Pagina accanto Due vedute dell’allestimento della Sala dei coloranti ACNA, M. Nizzoli, 1936. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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46 Il progettista, infatti, collaborava con la Montecatini dal 1927 e di recente aveva progettato l’allestimento della Sala delle Medaglie d’Oro per l’Esposizione Aeronautica del 34 e la Sala Xantal all’interno del Padiglione Montecatini nel 1935.


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“Architettura, magari, se ne incontrerà poca, come è sempre avvenuto. [...] lo sforzo di seguire i tempi si risolve nell’applicazione di qualche formula superficiale (dissimetria, anche senza giustificazione, pareti lisce, sostegni cilindrici senza base nè capitello, ecc...)”47, scrive Labò su Casabella, criticando una certa stasi creativa che affligge le proposte della XIX edizione. Tra le opere valide, Montecatini e Fiat catturano la sua attenzione. Per la prima, sull’onda del precedente successo, Nizzoli elabora una serie di sale espositive, beneficiando della compartecipazione di Carboni e Bianchetti, anch’essi ingaggiati per l’occasione: “I collaboratori di Montecatini ci offersero anche quest’anno bellissimi spettacoli, da esperti registi”, prosegue Labò, descrivendo il viaggio surreale di cui ha fatto esperienza attraverso il percorso creato. Nella Sala dei Prodotti Chimici per l’Industria ed in quella per l’Agricoltura, Nizzoli modella l’ambiente interno con elementi geometrici, raggiungendo interessanti risultati formali come l’inflessione della parete sinistra, alternata con fasce bianche e nere. Questa presenta una serie di scaffalature in ferro e cristallo e sfocia poi nel soffitto con una grondaia prismatica. Nella Sala dei Coloranti Acna, invece, il cilindro-asse centrale, fasciato di stoffe colorate, ruota sul proprio asse inserendosi in una cupola nera sul soffitto. La spettacolarità è ricercata per celebrare un’importante conquista dell’industria italiana: la produzione nazionale dei coloranti sintetici, non più monopolizzata dall’industria straniera. Infine, nella restante parte della visita, elementi sospesi o in appoggio su piani trasparenti, contrasti cromatici, forme rigide e curve, didascalie e grafici esplicativi arricchiscono sale che sono vere e proprie opere d’arte, producendo atmosfere sensazionali.

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47 M. Labò, LA XIX FIERA DI MILANO, in “Casabella-Costruzioni”...cit., pp. 14-25.


In alto: Sala dei prodotti chimici per l’agricoltura, M. Nizzoli, Padiglione Montecatini,1938. A destra: Sala dei prodotti chimici per l’industria, M. Nizzoli, Padiglione Montecatini, 1938. Pagina accanto Sala dei coloranti ACNA, M. Nizzoli e A. Bianchetti, Padiglione Montecatini, 1938. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano M. Labò, LA XIX FIERA DI MILANO, in “Casabella-Costruzioni”...cit., pp. 14-24.

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“Non dimenticheremo la sala delle materie plastiche di Erberto Carboni”, prosegue l’articolo, in cui un affascinante cilindro-asse viene nuovamente utilizzato in una variante in celluloide e inframezzato da strisce rosse e nere. Esso si inalbera a partire da un sinuoso tavolo bianco, rosso e nero, di supporto ai prodotti, che prolunga il movimento delle pareti circostanti. A queste ultime è affidata la narrazione tecnica della chimica dei materiali: le polveri vengono presentate in una vetrina a nastro incastonata in una parete nera, classificandole con uno schema che riprende, nella rappresentazione grafica, la Sala ACNA di Nizzoli dell’anno precedente. La sensazione di plasticità e duttilità globale, rende l’ambiente un’esempio di perfetta coerenza tra spazio espositivo e messaggio.

A destra: Sala delle materie plastiche, E. Carboni, Padiglione Montecatini, 1938. Pagina accanto In alto: Sala dell’Alluminio, M. Nizzoli e A. Bianchetti, Padiglione Montecatini, 1938. In basso: Sala delle materie plastiche, E. Carboni, 1938. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano M. Labò, LA XIX FIERA DI MILANO, in “Casabella-Costruzioni”...cit., pp. 14-24.

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“Quest’anno c’è il padiglione della Fiat. Ci siamo fermati a guardarlo [...] le sue strutture si profilavano, dall’alto, come una nitida assonometria”, prosegue Labò, descrivendo l’opera di Albini e Palanti per il Padiglione della nota azienda automobilistica. “Ci sono artisti molto dotati, colti, raffinati, che sono capaci di impegnarsi a fondo con senso di responsabilità anche per una parete o una vetrina. Alla loro controllata fantasia, sensibile alle contrapposizioni geometriche non è certo stato estraneo l’influsso dell’astrattismo che a Milano è rappresentato da un attivo gruppo di artisti; uno dei quali, Luigi Veronesi, è anche presente alla Fiera.”48. La facciata si presenta come un enorme cartellone pubblicitario, risolto con una lineare composizione tipografica. Perpendicolarmente ad essa, sotto una lunga tettoia, un corridoio espositivo conduce all’ingresso presentando una sfilata di cartelloni minori, figurati e colorati, disposti obliquamente in un succedersi di quinte, concepite da Costantino Nivola. Sulla destra, invece, sotto una tettoia più alta, viene esibito il plastico del nuovo stabilimento in costruzione. Gli elementi strutturali ridotti al minimo, la giustapposizione di livelli ed l’uso delle geometrie più basilari, lo rendono uno spazio essenziale e puro.

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48 M. Labò, LA XIX FIERA DI MILANO, in “Casabella-Costruzioni”...cit., pp. 14-25. Il critico descrive minuziosamente l’atteggiamento con cui i progettisti, in diversa misura, si sono approcciati per i padiglioni di questa edizione.


In alto: veduta interna del Padiglione Fiat, F. Albini e G. Palanti, 1938. A destra: veduta panoramica dell’area espositiva Fiat, F. Albini e G. Palanti, 1938. Pagina accanto Veduta dell’ingresso al Padiglione Fiat, F. Albini e G. Palanti, 1938. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano M. Labò, LA XIX FIERA DI MILANO, in “Casabella-Costruzioni”...cit., pp. 14-24.

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Qualche riferimento astrattista, su scala minore, si può riscontrare poi nello stand Isotta Fraschini, ideato da Bianchetti e Pea in collaborazione con Buffoni. Questo “modello di fantasia e gusto”49, è incentrata su solide geometrie astratte e colorate. Da un lato, pannelli che raffigurano un paesaggio marino si compongono a creare una vela: un progetto grafico tridimensionale, un manifesto in cui il visitatore può immergersi ed attraversare. Un profilo più lineare si può infine riscontrare nello stallo della Mondadori50, le cui scaffalature, progettate da Zavanella, enfatizzano la verticalità della composizione, minimizzando lo spessore di supporti dipinti di bianco per dare maggior rilievo ai libri.

Infine, all’interno del padiglione della Italrayon, svariati allestimenti per società meno celebri testimoniano l’ampia diffusione dei principi di sintesi, neutralità e rigore: l’utilizzo di sistemi modulari per pedane e di pannelli verticali, anticipa le future logiche progettuali, indirizzando le ricerche attuali verso ulteriori direzioni.

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49 M. Labò, LA XIX FIERA DI MILANO, in “Casabella-Costruzioni”...cit., p. 20. 50 All’interno del Padiglione della Scuola, oltre ad una mostra di mobili scolastici, era stata allestita anche una Mostra della Libreria Mondadori.


In alto e a destra: due stand di tessuti nel Padiglione Italrayon, 1938. Pagina accanto In alto: stallo della Mondadori, R. Zavanella, 1938. In basso: veduta laterale dello stand Isotta Fraschini nel Salone dell’Automobile, A. Bianchetti e C. Pea con B. Buffoni, 1938. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano M. Labò, LA XIX FIERA DI MILANO, in “Casabella-Costruzioni”...cit., pp. 14-24.

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‘39 Con l’inizio della primo conflitto mondiale, la Fiera si vede costretta ad annullare la terza edizione del Salone dell’Aeronautica 51; l’entusiasmo per la Campionaria, tuttavia, non viene intaccato e si festeggia il ventennale con un’edizione che coinvolge più di 5mila espositori italiani e più di mille stranieri, accogliendo oltre due milioni di visitatori.

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51 Le prime due edizioni erano state nel 1935 e nel 1937, la primissima delle quali aveva riscosso grande successo.


A destra: intervento di camouflage sul padiglione Motta, E. Carboni, 1939. Pagina accanto In alto: Manifesto ufficiale della XX Campionaria, M. Parrini, 1939. In basso: padiglione dell’elettricità, A. e A. Zacchi, 1939. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

Le due opere che esercitano maggior attrattiva all’interno della XX edizione, si devono all’abile progettazione di Angelo Bianchetti e Cesare Pea. I due architetti, nell’articolo Architettura pubblicitaria che scrissero per Casabella52, sostenevano che “le migliori opere sono per lo più il risultato della natura versatile dei loro progettisti appunto perchè l’architettura pubblicitaria deriva più dalla plastica, dalla scultura, dalla pittura che non dall’architettura”, evidenziando l’esigenza far cooperare competenze tecniche ed artistiche. Tra i viali della Campionaria, illumina il cammino la costruzione pubblicitaria per la Società Anonima Chatillon, un gigante composto da geometrie ripetute ed inframmezzato da elementi sospesi tramite cavi d’acciaio che, in vista frontale, appare un cartellone pubblicitario tridimensionale. Per l’allestimento all’interno del padiglione del Raion, invece, al centro dell’attenzione vi è una scultura bianca a spirale, esplicitamente ispirata alla Sala d’Icaro allestita da Pagano cinque anni prima53, che risalta e contrasta con pareti e pavimento completamente neri.

52 A. Bianchetti, C. Pea, Architettura pubblicitaria, in “Casabella-Costruzioni”,159-160, marzo-aprile, 1941. 53 Allestita all’interno dell’Esposizione Aeronautica Italiana, la Sala d’Icaro, progettata da Pagano con lo scultore Marcello Mascherini ed il pittore Bruno Munari, presentava, al centro, un’enorme spirale in lamiera d’acciaio che saliva ad un’altezza di 13 metri, sospesa ad una trave per mezzo di tiranti.

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A sinistra: interno del padiglione del Raion, A. Bianchetti e C. Pea, 1939. In basso: veduta notturna della costruzione pubblicitaria per la S. A. Chatillon, A. Bianchetti e C. Pea, 1939. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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“La Fiera, con queste esposizioni parziali, raggruppate per argomento, raggiunge in modo indubbio uno de’ suoi scopi più utili che è quello di radunare in un unico luogo, evitando all’acquirente lunghe ricerche, i prodotti e i dati che interessano ad una determinata attività industriale. Le bizzarrie e le varietà, il colore e il chiasso di alcuni stands, e di alcuni padiglioni costituiscono una opportuna sosta nella rassegna, che sarebbe altrimenti faticosa...”

scriveva Carlo Emilio Gadda nell’aprile 1932 sulle pagine de L’Ambrosiano54, ben delineando la direzione settoriale che la Campionaria avrebbe preso, di lì a poco. Oltre a ciò, il cronista descrive il quartiere fieristico come una progressione di stimoli percettivi, provocati dalla considerevole produzione pubblicitaria ed architettonica. Difatti, a partire dal decennio appena analizzato prende forma il “processo delle forme dell’apparire delle merci”55, parallelamente allo sviluppo dei loro siti espositivi.

Nonostante l’eterogeneità delle proposte, si possono identificare alcuni riferimenti comuni nei linguaggi adoperati dai progettisti: Altri padiglioni settoriali affiancano e gradualmente inglobano gli edifici preesistenti56, la cui architettura viene influenzata sia dalle teorie razionaliste (e, successivamente, astrattiste) sia dalle recenti logiche promozionali. Gli stands seguono le tendenze strutturali e pubblicitarie: grazie alle possibilità offerte dagli spazi e dagli investimenti delle aziende, aumenta il riguardo verso il modo di esporre gli oggetti, affiancando il mostrare sia allo stupire con originali accorgimenti didascalici sia all’educare con itinerari didattici atti a coinvolgere il pubblico. L’oggetto dell’esposizione non è più soltanto il prodotto: la propaganda e la divulgazione si affiancano ai campioni, diventando anch’esse interpreti della narrazione.

La comunicazione diventa la protagonista della politica espositiva: oltre all’impiego di ogni eventuale strumento pubblicitario, si materializza in strutture che paiono effettivi cartelloni a tre dimensioni.

54 L’articolo, scritto da Gadda dopo una giornata trascorsa alla Campionaria in veste di cronista, esprime il fascino e lo stupore dell’autore davanti ad una gamma tanto vasta e variegata di particolari interessanti (padiglioni, prodotti esposti, espedienti pubblicitari ed ultime tecnologie). 55 C. Somajni, La presenza e il mercato. La messa in scena della produzione industriale nella Fierza Campionaria di Milano, in AA.VV., Fiera Milano 1920-1995...cit., p. 259. 56 Padiglioncini e padiglioni in muratura dai caratteri classicheggianti che avevano a loro volta sostituito le primissime costruzioni lignee.

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VERSO IL

DECLINO

“Con la guerra, quando le priorità degli italiani divennero cibarsi e vestirsi, le riviste assunsero un carattere sempre più scarno e opaco [...] I richiami alla modernità, che avevano caratterizzato gli anni precedenti, divennero enfatici appelli all’autarchia, all’arte di arrangiarsi...” Federica dal Falco


Mentre l’Italia si volge inesorabilmente verso l’entrata in guerra, la Fiera cerca di sopravvivere, nonostante il naturale calo degli espositori dovuto all’assorbimento della produzione per le esigenze belliche. Lungo i viali emergono costruzioni con il fascio littorio, la ragione sociale dell’azienda e con gagliardetti neri che riportano il nome del prodotto autarchico realizzato; a parte ciò, l’immagine del polo rimane sostanzialmente invariata.

1940

“La Fiera è l’immagine del mondo interno, nel quale le convivenze più incompatibili sono realtà” scrive

Labò su Casabella, nell’articolo1 dedicato alla Campionaria di quell’anno; l’aumento di lotti vuoti, difatti, evidenzia ulteriormente la coesistenza e il contrasto tra realtà nazionali, regionali, enti e aziende di ogni genere e dimensione. In alto: Padiglione SAFAR (Società Anonima Apparecchi Radiofonici),1940. A destra: Padiglione dell’Alfa Romeo, 1851. www.lombardiabeniculturali.com

1 M. Labò, Attualità alla Fiera di Milano, in “Casabella-Costruzioni”, 149, maggio 1940, pp. 34-37.

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Protagonista indiscussa sarà la Montecatini, che, esordendo con un avanguardistico ampliamento del proprio padiglione per mano di Franco Albini, in quest’edizione vedrà fiorire le proprie sale espositive grazie alla scelta di riaffermare il medesimo gruppo di progettisti.

In alto: veduta notturna della facciata dell’ampliamento del Padiglione Montecatini, F. Albini, 1940. A sinistra: veduta generale del Padiglione Montecatini ed ampliamento ad opera di F. Albini, 1940. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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“Andremo, secondo l’abitudine, a cercare consolazione nel palazzo della Montecatini” 2 prosegue infatti Labò, rimasto vittima del fascino dell’esposizione questa volta dominata dalla creazione di Albini e Palanti, accompagnata dai lavori di Nizzoli e del binomio Bianchetti - Pea.

In alto: veduta dall’ingresso della Sala delle leghe Zama, F. Albini e G. Palanti, Padiglione Montecatini, 1940. A destra: veduta parziale dell’allestimento interno della Sala delle leghe Zama, F. Albini, Padiglione Montecatini, 1940. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

Tra “un bel volteggiare di diframmi orizzontali,

volubili,

traforati

da

grandi occhi di luce” , la Sala 3

delle leghe Zama è un gioco di

fitti e sottili elementi verticali che contrastano con i piani espositivi e, allo stesso tempo, si combinano con le geometrie curve e quadrate di espositori, vetrine e controsoffittatura. Pilastri lasciati a vista, due lunghe vetrine a nastro, cavi incrociati e messi in tensione tra unità sospese ed differenti livelli degli arredi, si combinano con l’effetto delle luci e del bianco puro, forgiando un ambiente sbalorditivo.

2 M. Labò, Attualità alla Fiera di Milano, in “Casabella-Costruzioni”, 149, maggio 1940, p. 34. 3 Ivi, p. 36.

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In alto: espositore principale delle polveri nella Sala delle leghe Zama, F. Albini, Padiglione Montecatini, 1940. A sinistra: dettaglio dell’espositore principale delle polveri nella Sala delle leghe Zama, F. Albini, Padiglione Montecatini, 1940. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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Labò prosegue, nello stesso articolo, descrivendo il salone d’ingresso, curato invece da Nizzoli: “in alto gira un’esedra pubblicitaria a sfondo scuro. Gli schemi, i grafici, le classificazioni, discendenze di tutte le lavorazioni, che abbiamo visto tante volte e in tante forme quest’anno, ridotti francamente a una composizione tipografica, hanno forse raggiunto la più chiara lucidità” 4.

Al di sotto, vicino alle pareti, sono issati come stendardi una serie di pannelli polimaterici, che illustrano cenni tecnici ed applicativi su diversi materiali: marmo, piombo, coloranti, raion. Ciascuno di questi è definito da oggetti e simboli che ne raccontano la natura e la storia, a comporre una vera e propria enciclopedia tridimensionale.

A destra: salone d’ingresso, M. Nizzoli, Padiglione Montecatini, 1940. In basso: Sala dei coloranti ACNA, M. Nizzoli, Padiglione Montecatini, 1940. M. Labò, Attualità alla Fiera di Milano, in “Casabella-Costruzioni”, 149, maggio 1940, pp. 34-37.

Per la Sala dei Coloranti ACNA, invece, il progettista monta una vetrina girevole, avente al centro “un castello di ampolle, serpentine, tubi e provette, a cui il colore da peso. Ribollono come gli apparati del Dottor Jekyll; sogno di alchimisti”, per focalizzare

il tema saliente: la sperimentazione scentifica sui coloranti artificiali.

4 M. Labò, Attualità alla Fiera di Milano, in “Casabella-Costruzioni”...cit., p. 36.

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Lo stesso anno ma in altro contesto, Nizzoli collabora anche con Farmitalia e Ferrania. Nello stand per quest’ultima, in particolare, utilizza un approccio schematico ma in una variante meno ordinata, combinando su due livelli fotomontaggi e diapositive. Immagini, caratteri tipografici e contrasti cromatici, dialogono con la geometrica modularità dei pannelli e della struttura in tondini metallici, spigolosa e pulita. All’interno degli altri padiglioni, poche proposte riscuotono successo, in conseguenze ad una situazione di stallo: oltre alla Marelli, che “ha utilizzato bene lo schema di un normale banco da negozio”5, soltanto il Padiglione della radio-cine ottica riceve qualche considerazione.

In alto: Stand Ferrania, M. Nizzoli, 1940. A sinistra: Stand interno al Padiglione Ercole Marelli, 1940. www.lombardiabeniculturali.com

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5 M. Labò, Attualità alla Fiera di Milano, in “Casabella-Costruzioni”, 149, maggio 1940, p. 36.


Anacronismi architettonici ed esperimenti moderni continuano a coesistere in un’eterogenea gamma di proposte al pubblico che, nonostante la guerra, continua a rimanere fedele all’appuntamento con la Campionaria, mentre la rivista Casabella, diretta da Pagano e Persico, non manca di continuare a dedicarle attenzione.

‘41

“Di monumentalità modernissima e imponente la Mostra della Fiat” 6 che, organizzata dal Servizio Stampa e Pubblicità interno all’azienda, presenta l’aereo da caccia BR 20 in cima ad un’enorme parete in tubolare di 20 x 50m. Appoggiato a terra, davanti alla struttura, un bombardiere BR 20, di notevoli dimensioni presenta, dietro di sè, una serie di enormi quadri raffiguranti scene di officina e lavoro. Sulla cima, infine, una stele larga 10 metri con il motto d’ordine a caratteri cubitali “Lavoro e Armi”, curata da Sironi, manifesta i sintomi della grande guerra, sentita soprattutto dai colossi industriali che tendono a trasportarne le ideologie e lo spirito anche all’interno della manifestazione.

In alto a destra: Installazione pubblicitaria Fiat, C. Scoccimarro, 1941. Sopra: Padiglione Perugina, 1941. A destra: veduta panoramica all’interno del Padiglione dei colori e delle vernici, 1941 www.lombardiabeniculturali.com

6 M. Labò, Le novità alla Fiera di Milano, in “Casabella-Costruzioni”, 162, giugno, 1941, p. 12.

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“Uno dei laboratori più attivi dell’arte di esporre”

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rimane il padiglione dell’or-

mai nota Montecatini, in cui si riunisce l’affiatato gruppo di progettisti. La visita inizia, questa volta, a partire dal piazzale antistante, in cui Bianchetti accoglie i visitatori con “un’impaginazione di volumi”, composta da alcune stele di marmo, una grossa sfera di bardiglio ed un serbatoio, in un armonico insieme. La sala d’ingresso, ad opera di Albini, presenta un soffitto “appena truccato in una profonda strombatura” 8, ritmata dal ripetuto rilievo della parola vincere. Il salone di presentazione di Nizzoli, meno estroso del solito, è un omaggio al contributo dell’azienda all’efficienza bellica della nazione 9. Il completo giro di tabelle che paiono lavagne scolastiche, l’esposizione dei materiali su sottilissimi vassoi con i piedi infissi dentro fasce luminose e l’enfasi sulla circolarità, donano alla sala un ritmo solenne, il cui unico decorativismo è dato dal tamburo, dipinto dal pittore Giaci Mondaini, che illustra, come fossero divinità, le tre fondamentali categorie industriali: mineraria, chimica e metallurgica.

Nella pagina accanto: Sala d’ingresso del Padiglione Montecatini, F. Albini, 1941 Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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7 M. Labò, Le novità alla Fiera di Milano, in “Casabella-Costruzioni”...cit., p. 12. 8 Ibidem. 9 All’interno della sala vengono spiegati genesi e tecnologia di alluminio, ghisa, esplosivi e coloranti, partendo dalle materie prime.


In alto: Salone di presentazione della Soc. Montecatini, M. Nizzoli e G. Mondaini, 1941. A destra: Esposizione di Manufatti, Sala dedicata ai metalli, Padiglione Montecatini, 1941. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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Degna di nota è anche la Sala del Piombo e dello Zinco, in cui Albini riprende ed approfondisce la ricerca cominciata l’anno precedente: una riproposizione dell’albero genealogico della tecnologia nasce dal terreno da una vaso di blenda e galena incassato nel pavimento, e, sviluppandosi con sottili diramazioni di tondini bianchi, giunge sia alle tappe della lavorazione, raccontate dai fotomontaggi di Carla Albini, sia ad una serie di frutti (sotto forma di sfere bianche) che rappresentano leghe, prodotti cobaltiferi ed altri materiali. Dando origine ad un unico organismo che prende vita e si sviluppa in tutta la sala, egli utilizza i tondini anche per i leggii, per i supporti espositivi e per i cavi di sospensione. “Abolito ogni diaframma opaco voluminoso, egli ha risolto la sua presentazione in trasparenza [...] le frasche si diramano nella zona alta della sala, non intralciano la visibilità nella parte bassa, in cui si sovrappongono tanti telai “di Albini”, i tondini bianchi sottili che formano piedistalli sostegni leggii sospensioni; e gli oggetti esposti su piani di cristallo come in aria, e le fotografie sono accenti espressivi messi abilmente al giusto posto” 10.

A sinistra: espositori sospesi con prodotti e fotomontaggi nella Sala del Piombo e dello Zinco, F. e C. Albini, Padiglione Montecatini, 1941. Pagina accanto In alto: veduta generale dall’ingresso della Sala del Piombo e dello Zinco, F. Albini, Padiglione Montecatini, 1941. In basso: dettaglio dell’espositore centrale ed albero genealogico della Sala del Piombo e dello Zinco, F. Albini, 1941. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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10 M. Labò, Le novità alla Fiera di Milano, in “Casabella-Costruzioni”...cit., p. 14.


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Proseguendo all’interno del padiglione, si incontra la Sala delle materie plastiche, assegnata a Bianchetti e Pea, che presenta una parete arcuata e rigata da listelli11 presenta una serie di vetrine contornate con l’esagono di Kekule12 per presentare i prodotti finiti. Di fronte, su una parete simmetrica, vengono illustrati i processi di lavorazione tramite diagrammi che ricordano gli espositori di Albini. Subito sotto, un nastro di vetrine quadrate presenta le materie prime e diversi macchinari poggiati al pavimento davanti alla parete.

In alto: Sala delle materie plastiche, A. Bianchetti e C. Pea, Padiglione Montecatini, 1941. In basso: dettaglio dell’espositore della Sala delle materie plastiche, A. Bianchetti e C. Pea, 1941. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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11 “così da sembrare rivestita di una lincrusta a grossi elementi”. M. Labò, Le novità alla Fiera..., in “Casabella-Costruzioni”...cit., p. 12. 12 Il più bell’esempio di struttura molecolare esagonale è il benzene, la cui forma fu proposta da Kekulé nel 1865.


Nella Sala ACNA, infine, Nizzoli evidenzia l’apporto della società all’attrezzatura militare: un basso tavolo al centro presenta un campionario di colori brillanti, circondato, sulla parete, da stoffe meno lussuose ma più attuali per manifatture dell’aviazione, della marina, delle truppe coloniali e il grigioverde classico. Le fotografie, “applicate come a caso su un cielo nuvoloso”, sembrano proiettate da una lanterna magica. Vicino alla sala vi è una mostra di materie coloranti, così descritta da Labò: “Entro due pulite vetrine gli abili accostamenti delle ampolle sono una gioia per gli occhi, e portano sulle pareti un riflesso sottilissimo di un’arcana sintesi indecifrabile”13.

Accanto: Sala ACNA, M. Nizzoli, Padiglione Montecatini, 1941. In basso a sinistra: dettaglio di un espositore di polveri coloranti, Sala ACNA, M. Nizzoli, Padiglione Montecatini, 1941. In basso a destra: dettaglio di un pannello illustrativo, Sala ACNA, M. Nizzoli, Padiglione Montecatini, 1941. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

13 M. Labò, Le novità alla Fiera..., in “Casabella-Costruzioni”...cit., p. 14.

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Gli stessi progettisti, ormai piuttosto richiesti, in quest’edizione hanno occasione di spendersi anche per altre committenze. Bianchetti e Pea, ad esempio, realizzano per l’Italviscosa un ambiente rotondo in tavolette di rovere verticali, su cui è distesa una serie di intelaiture puramente strutturali, per esibire un campionario messo in risalto da un’illuminazione perfettamente diffusa. Nizzoli, invece, la cui “esperienza non diventa mestiere; e continua a introdurre nella sua materia innovazioni attente, meditate e fresche” 14, nel padiglione Farmitalia, “sopra le vetrine e le fotografie ha fatto irresistibilmente prevalere due applicazioni di scrittura”: il marchio bianco risalta sia sulla parete di

fondo, sia sopra le vetrine che somigliano a trampoli, creando un originale gioco prospettico. In alto: veduta interna del Padiglione Italviscosa, A. Bianchetti e C. Pea, 1941. In basso: dettaglio dell’espositore della Sala delle materie plastiche, A. Bianchetti e C. Pea, 1941. Pagina accanto A destra: allestimento interno del Padiglione delle Officine Galileo, A. A., 1942. In basso: facciata del Padiglione Motta, E. Carboni, 1942. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano www.lombardiabeniculturali.com

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14 M. Labò, Le novità alla Fiera di Milano, in “Casabella-Costruzioni”...cit., p. 16.


L’edizione “risulta soffocata tra la retorica autarchica e le vere ristrettezze imposte dall’inizio della guerra”15. Il drastico calo degli espositori, tuttavia, non frena i visitatori, che giungono

in più di 2 milioni a visitare la Fiera: essa resta l’unico spiraglio di contatto, sia commerciale che culturale, con un mondo esterno dal quale l’Italia si sta drammaticamente isolando.

‘42

“Di questi anni prima della guerra rimarrebbero da approfondire molte cose”, spiega Bosoni16, come la costituzione delle prime imprese specializzate in allestimenti ed attenti studi per “qualificarle con le loro attente maestranze”17, oppure la ricchezza creativa di anonimi progettisti artefici di autentiche opere d’arte.

Pagano resta il grande vate di questa nicchia progettuale del periodo. Nel 1941, infatti, scrive su Casabella-Costruzioni: “affermazioni plastiche, esperienze spaziali, nuovissime esperienze architettoniche. Gli artisti più vivi trovano nell’arte pubblicitaria il conforto di potersi abbandonare al fantastico mondo dei sogni e della poesia...”18.

15 16 17 18

G. Bosoni, Architetture provvisorie, in AA.VV., Fiera Milano 1920-1995...cit., p. 187. Ibidem. Ibidem. G. Pagano, Parliamo un po’ di esposizioni, in “Casabella-Costruzioni”, 159-160, Marzo-Aprile, 1941.

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In alto: salone dedicato alla Cinematografia, 1942. In basso: espositore all’interno del Padiglione della Ercole Marelli, 1942. Pagina accanto In alto: Padiglione della chimica e della materie plastiche, 1942. In basso: lavori di ricostruzione di un viale distrutto dai bombardamenti, 1946. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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I bombardamenti su Milano decidono anche le sorti della Fiera: Il 12 aprile

1943, dopo ventitre anni, per la prima volta rimangono chiusi i cancelli della Campionaria. Sulla vecchia Piazza d’Armi cala un silenzio di tre anni. Oltre il 70% del patrimonio edilizio della Fiera sarà distrutto, con danni stimati di quasi 250 milioni di lire.

‘43

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RICOSTRUZIONE E

MODERNITÁ

“L’architettura è la volontà dell’epoca tradotta nello spazio.” Ludwig Mies Van der Rohe


Il paese è coperto di macerie e lacerato dalle terribili conseguenze della guerra. “Le forze democratiche dell’architettura razionalista, fino a ieri soffocate o perseguitate dal più degenerato autoritarismo fascista, sono ora chiamate a un grande e impegnativo processo di ricostruzione”19.

1946

Grazie agli sforzi dell’Ente, il 12 settembre la Fiera Campionaria riapre i battenti: su un’area20 di soli 51mila m2, 2519 espositori (di cui solamente 309 stranieri) attirano oltre un milione di visitatori. A destra: padiglioni segnati dalla guerra e folla di visitatori lungo il viale del Commercio, 1946. In basso: salone dei ricevimenti all’interno del Teatro della Moda, 1946. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

Una cerimonia di inaugurazione si svolge nel nuovo Teatro della Moda, presenziata dalle maggiori personalità del rinnovato panorama politico italiano. Inoltre, un altro storico caposaldo della ricerca architettonica, il Palazzo dell’Arte, sede della Triennale di Milano, riapre per ospitare due importanti mostre sull’arredo moderno: il vento del cambiamento soffia forte, a partire dalla necessità di un nuovo statuto 21 adeguato al quadro politico ed istituzionale dell’Italia repubblicana. 19 G. Bosoni, Architetture provvisorie alla Fiera Campionaria, in Fiera Milano 1920-1995...cit., p. 187. 20 Ancora parzialmente occupata dalle truppe anglo-americane. 21 La vita dell’ente era infatti ancora regolata da uno statuto di chiara matrice fascista.

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Nonostante questa prima edizione post bellica non mostri particolari risultati in ambito di architetture provvisorie, affiora uno stand Olivetti, dall’economico ma sofisticatissimo disegno di Figini e Pollini. Esso presenta macchine per scrivere, contabili e telescriventi su una serie di supporti modulari combinati in uno schema geometrico di bianchi tondini metallici, fotomontaggi e ripiani chiari che poggiano su una pedana scura. I pannelli di sfondo richiamano il cromatismo usato in tutto l’allestimento con un’alternanza di strisce bianche e nere. Tra le novità dell’esposizione, invece, la presentazione della Candy, prima lavatrice costruita in Italia e “matrice degli elettrodomestici made in Italy”

22

, all’interno del Padiglione 18, sulla cui volta

è appeso uno striscione con la scritta “Questo edificio venne ricostruito ex novo in 55 giorni”.

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22 In “La Fiera di Milano”, 1952, n.1, p. 34.


In alto: interno del Padiglione dei mobili, articoli casalinghi, ceramiche e cristallerie, 1946. Accanto: stand di vini dell’azienda F.lli Bolla all’interno del Padiglione degli alimentari, 1946. Pagina accanto In alto: striscione appeso alla volta del Padiglione della Meccanica A, 1946. In basso: Stand Olivetti nel Padiglione delle Forniture d’ufficio ed elettrodomestici, L. Figini e G. Pollini, 1946. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano www.lombardiabeniculturali.com

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L’articolo Rinascita a Milano 23, esordisce: “La Fiera di Milano è stata un’opera di grandissima importanza: la guerra è finita solo da un anno e qui si è visto veramente il trionfo di un lavoro tenace sopra lo spirito della distruzione”. “Ottima cosa scaturita dalla limitazione dello spazio è la sparizione di piccoli padiglioni e la suddivisione dei grandi in molti stands: questo fatto ha permesso una maggiore chiarezza di visione d’insieme e la possibilità di applicare un organico programma di visite” 24. Tra le prime opere descritte vi è la composizione pubblicitaria per la Breda, ad opera di Minoletti, ritenuta “di chiara comunicazione col pubblico” 25 poichè propone sottili giochi di luci per presentare alcune porzioni di macchine, modellini e strumenti tecnici su leggeri ripiani sostenuti da esili tubolari, scortati da una mostra di fotografie e pannelli quadrati retroilluminati.

A seguire, lo stand per l’azienda di cappelli Borsalino, realizzato da Ignazio Gardella, propone una sintetica selezione di campionario appesa ad una pannellatura in legno che circonda l’area. Sulla destra, quattro articoli sospesi vengono messi in risalto da una pittura astratta di Luigi Veronesi, che fa da sfondo ad uno spazio quasi fiabesco. Lo stand della Soc. Caffaro di Bianchetti e Pea è un componimento poliedrico: “dal fotomontaggio alla schematizzazione, alla visualizzazione astratta dei processi” 26. Per ovviare al problema del frazionamento dei soggetti da esporre, essi hanno connesso i componenti in una trama tessuta da bianchi e sottili elementi metallici, che fungono da leitmotiv.

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23 24 25 26

Red., Rinascita a Milano, in “Domus”, 213, settembre 1946, pp. 28-34. Ivi, p. 28. Ibidem Ivi, p. 30.


La vetrina per Farmitalia realizzata da Ciuti, è definita da un volume chiuso “nell’ambiente indeterminato delle strutture tubolari” 27. Insieme agli oggetti esposti, eminenti pannelli con rappresentazioni grafiche e

fotografiche ne spiegano le proprietà e l’utilizzo, completando una composizione simmetrica e rigorosa. Infine, nel pannello pubblicitario per la Svizzera, Piazzoli presenta “con giusto equilibrato gli elementi di quella propaganda turistica e industriale”28, mentre gli architetti Canella e Radici propongono una sorta di

fotografia in negativo, per la ditta Vergani S.A.

In alto: stand Borsalino nel Padiglione dei tessili e dell’abbigliamento, I. Gardella, 1946. Accanto: stand Farmitalia, E. Ciuti, 1946. Pagina accanto Spazio pubblicitario della Breda, G. Minoletti, 1946. Red., RInascita a Milano, in “Domus”, 213, settembre, 1946, pp. 28-31.

27 Ibidem 28 Red., Rinascita a Milano, in “Domus”...cit., p. 30.

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In alto: stand Soc. Caffaro, A. Bianchetti e C. Pea, 1946. Al centro: stand pubblicitario per la Svizzera, A. Piazzoli, 1946. A sinistra: stand della Vergani S.A., Canella e Radici, 1946. Red., RInascita a Milano, in “Domus�, 213, settembre, 1946, pp. 28-31.

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Con il successivo appuntamento della Campionaria, si apre una stagione di rinnovamento e nuove speranze, che verrà ricordata come la grande ricostruzione. Il ritorno dell’area espositiva a 130mila m2, la presenza di 3868 espositori italiani e 1150 esteri ed un pubblico di 2,5 milioni di visitatori che torna ad inondare i viali della XXV edizione, ne sono l’immediata dimostrazione.

‘47

Questa tendenza riformatrice si percepisce poi dalla realizzazione di edifici quali l’Emiciclo di Nervi e De Finetti 29, dall’inconfondibile copertura ondulata in ferrocemento, o la grande spina centrale del Palazzo delle Nazioni (o CISI) concepita da Bianchetti e Pea: affacciandosi sul viale centrale della Fiera, questi diverranno dei solidi segni urbanistici per il quartiere fieristico.

In alto a destra: Palazzo CISI, A. Bianchetti e C. Pea, 1947. In alto a sinistra: particolare dell’Emiciclo in notturna, P. L. Nervi, 1947. A destra: veduta generale sull’Emiciclo e sul Palazzo CISI, 1947. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

29 Realizzato soprattutto per ragioni di assetto urbanistico.

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“In un contesto nazionale che vedeva il sistema produttivo, quando non distrutto, tanto obsoleto dal punto di vista tecnologico quanto arretrato nelle logiche di gestione finanziaria, il settore metalmeccanico, di cui la Breda rappresentava la massima espressione, costituiva il perno attorno al quale, a partire dall’inverno 1947-48, ruotavano interessi economici e soprattutto politici”

30

.

Anche la Breda, infatti, dopo essere stata totalmente fagocitata dalla produzione bellica, rivendica il suo ruolo di caposaldo all’interno della produzione italiana, iniziando a proporsi in Fiera con un’immagine più definita31: un possente monolite di mattoni si erge annunciando a caratteri chiari il nome dell’azienda e presentando una selezione di locomotrici, con una ruota dentata immersa in una vasca d’acqua, metafora di purificazione e rinascita. Nel primo dopoguerra, l’azienda collabora con grafici come Pelizza, Polenta e Rognoni, Biraghi, Huber ed Araca (autore del marchio) per la ricerca di un’inedita, accattivante, immagine aziendale. In alto: dettaglio del monolite e del locomotore E 424020 in fase di allestimento per l’area espositiva Breda, 1947. A sinistra: vista dall’alto dei lavori di allestimento per l’area espositiva Breda, 1947. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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30 M. Savorra, Capolavori brevi - Luciano Baldessari, la Breda e la Fiera di Milano, Milano, Electa, 2008, p.12 31 A parte le tettoie espositive degli anni ‘20 e poche riuscite realizzazioni propgandistiche, l’azienda non aveva ancora una valida corporate image.


Un altro fabbricato che risorge dalle ceneri per sovrastare il viale centrale della Fiera, è il Padiglione Montecatini, che “sarà destinato a passare alla storia come uno dei contenitori espositivi più felicemente utilizzato come luogo della ricerca spaziale e comunicativa dell’architettura provvisoria” 32. Su progetto di Bianchetti e Pea, l’azienda riconquista il proprio ruolo ospitando la mostra La chimica per la rinascita d’Italia, presentata sulla facciata da un’illustrazione del grafico svizzero Max Huber. Insieme a loro, ricostituendo in parte il gruppo d’anteguerra, Carboni, Nizzoli, Albini ed il giovane De Carlo, si rincontrano con l’occasione di presentare nuovamente al grande pubblico il mondo Montecatini, attraverso suggestioni e mondi paralleli.

In alto: facciata del nuovo Padiglione Montecatini, con pannello di Presentazione della Mostra di M. Huber, A. Bianchetti e C. Pea, 1947. A destra: Disegno prospettico dell’ingresso del nuovo Padiglione Montecatini, A. Bianchetti e C. Pea, 1947. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

32 G. Bosoni, Architetture provvisorie alla Fiera Campionaria, in Fiera Milano 1920-1995...cit., p.187

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Con il nuovo padiglione, la circolarità degli ambienti degli anni precedenti viene abbandonata, lasciando spazio a sale dalla pianta prismatica. Nel salone di presentazione, Erberto Carboni crea un ambiente in cui i geometrismi degli espositori e dei grafici si fondono perfettamente con fotografie e testi esplicativi; una soluzione molto più schematica viene adottata invece nella Sala dell’ANIC, dove i liquidi scorrono in tubi ed ampolle trasparenti mentre i processi di lavorazione dei combustibili vengono narrati su pannelli-lavagne che corrono lungo il perimetro della sala, ricreando l’atmosfera e la scena di un laboratorio.

Boggeri: i testi esplicativi non appaiono essenziali alla comunicazione con il pubblico,

Sotto: salone di presentazione della Società Montecatini, E. Carboni, Padiglione Montecatini,1947.

sostituiti piuttosto da fotografie ed artifici grafici.

Pagina accanto

A metà tra la grafica e l’architettura, le due sale di Carboni rispecchiano la sua formazione da illustratore pubblicitario e la sua precedente collaborazione con lo Studio

In alto: sala dell’ ANIC, E. Carboni, 1947. In basso: lato d’ingresso della Sala dell’ANIC, E. Carboni, Padiglione Montecatini,1947. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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La Sala dell’ACNA, nuovamente affidata a Nizzoli, presenta i tessuti in una composizione di quadri tridimensionali che, s’intrecciano e giocano con le loro stesse cornici. Sotto di essi, le polveri colorate sfilano in una sequenza ordinatissima di contenitori vetrati, illusoriamente sospesi su una rigorosa struttura di sottili tondini bianchi. Sul lato destro, alcuni pannelli esplicativi pendono dal soffitto; dietro di essi, su una parete, un grande arcobaleno racconta la storia ed l’attività dell’azienda di coloranti.

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Al medesimo progettista, sono anche affidate la Sala delle opere assistenziali, in cui pannelli fotografici raccontano le provvidenze ai lavoratori e l’assistenza all’infanzia fornite ai dipendenti passando attraverso una metaforica struttura metallica bianca; e la Sala dell’istituto sperimentale dei metalli leggeri, in cui regnano diagrammi, schematizzazioni ed elementi sospesi. In alto: Sala delle opere assistenziali, M. Nizzoli, Padiglione Montecatini, 1947. A destra: Sala dell’istituto sperimentale dei metalli leggeri, M. Nizzoli, Padiglione Montecatini, 1947. Pagina accanto In alto: veduta parziale delle Sala dei coloranti ACNA, M. Nizzoli, Padiglione Montecatini 1947. In basso: dettaglio dell’espositore centrale della Sala ACNA, M. Nizzoli, Padiglione Montecatini,1947. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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La Sala della Duco è assegnata a Franco Albini e Giancarlo De Carlo, che illustrano la collezione di vernici e smalti su una serie di pannelli rettangolari affissi alle pareti, in corrispondenza degli oggetti cui sono applicati. Sospesi in mezzo alla sala, alcune lastre inclinate spiegano la tipologia e le caratteristiche chimiche dei prodotti; sotto di esse, un’automobile illustra l’effetto dell’asciugatura ad infrarossi dello smalto Dulox. Per concludere, la Sala della Rhodiaceta, allestita da Enrico Ciuti, utilizza le produzioni tessili dell’azienda per ricreare un tempio contornato da velature e sipari. Al suo interno, oltre ad una scultura classica che regna al centro della stanza, i campioni sono esposti in teche quadrate incastonate nel muro, ciascuna accompagnata da riproduzioni di opere di Diego Velazquez, Paolo Veronese, Andrea Mantegna e Piero della Francesca.

Sotto: Sala della Duco, F. Albini e G. De Carlo, Padiglione Montecatini,1947. Pagina accanto In alto: Sala della Rhodiaceta, E. Ciuti,1947. In basso: dettagli degli espositori, della Sala della Rhodiaceta, E. Ciuti, 1947. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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Tornando all’esterno, spostandosi tra le vie della Fiera si incontrano altri punti d’interesse, come il nuovo padiglione Raion-Italviscosa ad opera di Cesare Pea: una struttura essenziale, le cui ampie sale interne sono adattabili alle future proposte. Tra gli stands, riscuote successo anche la seconda proposta di Gardella per Borsalino, che, concepita come un’oasi verde apparentemente estranea al contesto, invita il visitatore ad accomodarsi e sostare. Per l’emergente settore della mobilità, nel Padiglione dello Sport, spopola la neonata vespa 125cc della Piaggio; mentre Cisitalia presenta una monoposto da corsa che cattura l’attenzione. Infine, il tocco riconoscibile di Albini caratterizza gli stands Duco e Litopone, sperimentando essenzialità e rigore anche in aree (e quantità d’informazioni da trasmettere) più limitate.

In alto: Padiglione Raion, C. Pea, 1947. Sotto: stand Cisitalia con automobile da corsa monoposto, 1947. Pagina accanto Stand Borsalino, I. Gardella, 1947. Pagine successive Stands Duco e Litopone, F. Albini, 1947. S. Polano, Mostrare... cit., p. 46. www.lombardiabeniculturali.com

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‘48

La XXVI edizione della Campionaria, vede finalmente il ritorno delle presenze ai numeri dell’anteguerra: 5446 aziende portano in Fiera le proprie produzioni, raggiungendo un volume di vendite di 35 miliardi di lire grazie ad un aggiuntivo record di oltre 3 milioni di visitatori.

“Per la verità le rassegne specializzate avevano preso avvio già a partire dal 1948 con il primo congresso e mostra internazionale di fisiopatologia della riproduzione animale e fecondazione artificiale”, spiega Mocarelli 33, giustificando la tendenza sia dello sviluppo urbanistico in direzione di grandi edifici asettici (spesso denominati con un numero) sia il forte interesse delle maggiori società a generare occasioni di approfondimento e dibattito con esperti di determinati settori, per aprire nuovi orizzonti alle proprie ricerche. “Nel 1948 la figura del leone spetta all’ardita pensilina della OM” 34, disegnata da Renzo Zavanella, con piloni e struttura a traliccio tensostrutturati, sotto cui viene presentata la “geniale e avveniristica” automotrice Belvedere, di cui egli stesso ha progettato gli arredi. Tettoia espositiva dell’OM nel settore delle mostre delle costruzioni meccaniche, con dell’automotrice Belvedere, R. Zavanella, 1948. www.lombardiabeniculturali.com

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33 L. Mocarelli, La fiera nell’economia lombarda dal primo dopoguerra a oggi, in E. Colombo, L. Mocarelli, L. Stanca, Il ruolo della Fiera Milano nell’economia italiana...cit., p. 11. 34 G. Bosoni, Architetture provvisorie alla Fiera Campionaria, in AA.VV., Fiera Milano 1920-1995...cit., p. 187.


Dedicata al turismo d’élite, la Belvedere vuole fornire un servizio ferroviario di qualità, con livelli di comfort ed eleganza adeguati ai migliori standard internazionali, racchiudendo “elementi confermativi dello status symbol e del livello di vita raggiunto dalle persone secondo modelli ormai ampiamente veicolati dai mass media”35. Tra questi, un compartimento panoramico sopraelevato con un salotto

dotato di poltrone girevoli d’ultima generazione ed un vagone-bar. Presentata sotto forma di prototipo in occasione della Campionaria, essa verrà inaugurata l’anno successivo con il nome di Freccia Aurelia, e rimarrà in funzione fino al 1957.

In alto: vista dal compartimento panoramico arredato all’interno dell’automotrice Belvedere, R. Zavanella, 1948. In basso: vagone-bar all’interno dell’automotrice Belvedere, R. Zavanella, 1948. www.lombardiabeniculturali.com

35 E. Petrucci, Le automotrici nell’Italia del boom, articolo di approfondimento per la Fondazione FS italiane. http://www.fondazionefs.it/ffs/La-nostra-storia/Approfondimenti/Le-automotrici-nell’Italia-del-boom

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Inoltre, per inaugurare il salone principale del nuovo padiglione Italviscosa con una sfilata di alta moda, Cesare Pea ricrea uno scenografico scenario di una via cittadina, attraversata da una scalinata che culmina in una passerella luminosa, in armonia con la mondanità dell’evento.

In alto: allestimento interno del salone principale del Padiglione Italviscosa, C. Pea, 1948. A sinistra: sfilata di alta moda all’interno del Padiglione Italviscosa, 1948. www.lombardiabeniculturali.com

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Ancora nuove proposte appaiono nel settore della mobilità: dalle ultime carrozzerie Fiat, pubblicizzate dal fondale dello stand collocato nel Padiglione della Meccanica, ai recenti ciclomotori Lambretta, Gilera e Piaggio, esposti nel Padiglione 31. Questi introducono nel modello di stand ad isola, una serie di piedistalli rettangolari su cui vengono sfoggiati i “pezzi forti” che, combinati ad un assetto regolare di vetture e spazi, valorizzano notevolmente i campioni e l’esposizione generale.

In alto: stand della Fiat all’interno del Padiglione della Meccanica, 1948. A destra: veduta panoramica sugli stands di ciclomotori all’interno del Padiglione 31, 1948. www.lombardiabeniculturali.com

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“Continua la serie di ambientazioni di grande qualità del padiglione Montecatini, caratterizzato dal segno dei soliti progettisti” 36 che presenta la mostra La chimica per una vita

migliore. Seppur non siano reperibili i riferimenti ai singoli autori 37, le sale, che raccontano i miglioramenti al settore agricolo, alimentare, tessile e meccanico apportati dalla ricerca chimica, presentano tratti stilistici riconoscibili.

A sinistra: Sala dei colori e delle Vernici, padiglione Montecatini, 1948. Pagina accanto In alto: veduta sulla sala centrale, dedicata al contributo dell’industria chimica allo sviluppo dell’agricoltura in Italia, Padiglione Montecatini, 1948. Sotto: parete nella Sala dei coloranti ACNA, dedicata ai colori bianco, nero e grigio, Padiglione Montecatini, 1948. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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36 G. Bosoni, Architetture provvisorie alla Fiera Campionaria, in AA.VV., Fiera Milano 1920-1995...cit., p. 187. 37 Nè l’archivio nè riviste consultate possiedono informazioni sui progettisti delle singole sale.


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A destra: Sala della Rhodiaceta con esposizione di tessuti, Padiglione Montecatini, 1948. Pagina accanto In alto: Sala dei prodotti chimici per l’industria, Padiglione Montecatini, 1948. Sotto: Sala “La montecatini all’estero”, Padiglione Montecatini, 1948. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

Nell’insieme, riscuotono particolare successo: gli angeli38 sospesi alla volta nera della Sala dei colori e delle vernici, gli enormi fotomontaggi ed i grafici della Sala centrale, che spiega l’apporto dell’industria chimica allo sviluppo agricolo italiano; e, infine, l’intreccio tra fotografia, tessuti e sagome nella Sala ACNA. I geometrismi della Sala dei prodotti chimici per l’industria ricordano vagamente gli stands di Albini del ‘47 e gli allestimenti di Nizzoli per Farmitalia, mentre le trovate grafiche della Sala “la Montecatini all’estero” possono essere frutto della mano di Carboni. Nuovamente permeata dalla sacralità è la Sala della Rhodiaceta, che questa volta cala i tessuti del campionario dalla cima di un espositore a parete illuminato dalla base, a richiamare i veli ed i sipari utilizzati nell’edizione precedente.

38 Due sculture eteree che sorreggono il sole e la luna, di chiari riferimenti classici.

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Proseguendo verso l’esterno del padiglione delle industrie meccaniche, si incontra l’area della Breda, che seguita a plasmare un’immagine di forza e rinnovamento, malgrado il periodo difficoltoso39. Avvalendosi nuovamente della collaborazione con Minoletti, essa si presenta attraverso un percorso espositivo guidato da bianche passerelle, che si inerpicano tra tettoie e superfici di edifici dal richiamo razionalista, trattrici, automotrici, sculture monolitiche e sottili vasche d’acqua. Sul viale principale spicca il nuovo logo, creato da Araca, che introduce ad una visita in cui le pareti intonacate bianche o nere fungono da scenografia ai macchinari.

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39 L’azienda doveva infatti riassettarsi al libero mercato internazionale, rinato con la caduta dell’autarchia, e cercare nuovi indirizzi produttivi mentre si destreggiava tra continui cambiamenti alla presidenza.


In alto: veduta generale sull’area espositiva Breda, 1948. Una folla di visitatori osservano una locomotiva elettrica; sullo sfondo, un palazzo danneggiato dai bombardamenti. A destra: Folla di visitatori davanti all’ingresso dell’area espositiva Breda, 1948. Pagina accanto Dettaglio di una scultura sferica bianca appoggiata nella vasca bianca, davanti ad uno degli edifici interni al padiglione, 1948. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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Infine, si ripropone a gonfie vele all’interno del padiglione delle materie plastiche e della Montecatini anche Pirelli, di cui “si può notare il metodo di esposizione, con la divisione degli spazi in base al prodotto presentato, il forte uso di elementi modulari per sostenere i pannelli con immagini e descrizioni.” 40.

Essa propone sia una vasta gamma di prodotti tecnologicamente avanzati, sia esclusivi logotipi ed insegne che rafforzano l’ideale di dedizione verso la ricerca e l’innovazione.

40 S. Polito, 1948-1965 la grande industria alla Fiera di Milano...cit., p. 74.

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A destra: esempio di segnaletica con i logotipi Pirelli, presenti negli stands dell’industria, 1948. Pagina accanto In alto: allestimento di oggettistica in gomma Pirelli all’interno del Padiglione delle materie plastiche, 1948. Sotto: esposizione di motocicli Pirelli all’interno del Padiglione 31 (Palazzo dello Sport), 1948. www.lombardiabeniculturali.com

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‘49

“Nel 1949 infatti un elicolttero atterrava, per la prima volta nella storia dell’aviazione italiana, sul tetto di un edificio e ciò avveniva proprio nel quartiere fieristico milanese”. Mentre la ricostruzione volge ufficialmente al termine, è l’entusiasmo per il crescente benessere economico a fare da padrone.

Gli espositori arrivano a 6.554 con un’ingente presenza straniera non solo di rappresentanze ufficiali, ma anche di imprese private, riportando la manifestazione all’internazionalità delle origini con notevole profitto per l’Italia e per Milano. “Del resto con la ripresa post bellica la fiera è ben presto diventata un appuntamento di crescente

importanza per gli stessi stranieri. Da un lato infatti gli espositori dei paesi più industrializzati hanno avuto a disposizione un’occasione per confrontarsi con una realtà come quella italiana che [...] offriva prospettive di mercato sempre più interessanti. Dall’altro invece i visitatori dei paesi in via di sviluppo hanno trovato, oltre a tecnologie avanzate nei più svariati settori, occasioni per stabilire accordi di cooperazione e attivare proficue sinergie con il Nord del mondo.” 41. A sinistra: manifesto ufficiale della Campionaria, O. Mancioli, 1949. A destra: stampato illustrativo della Fiera Campionaria, tradotto in sei lingue e diffuso in tutto il mondo, Pagina accanto In alto: Cartolina ricordo della Campionaria, 1948. In basso: veduta panoramica sul nuovo padiglione Breda, 1949. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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41 L. Mocarelli, La fiera nell’economia lombarda dal primo dopoguerra a oggi, in E. Colombo, L. Mocarelli, L. Stanca, Il ruolo della Fiera Milano nell’economia italiana...cit., p. 29.


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Nonostante la collaborazione tra la RAI ed i fratelli Castiglioni fosse cominciata l’anno precedente con uno stand nella mostra nazionale della radio 42, in occasione della XXVII Campionaria essi realizzano un intero padiglione, che presenta la prima mostra dedicata esclusivamente alle produzioni della società di radio e telediffusione sino a questo momento, allestita col contributo dei grafici Huber e Carboni. Addossato all’auditorio, per cui costituisce un nuovo accesso, l’edificio a pianta rettangolare è sorretto da una struttura pilastrata in cemento armato. Al piano terreno sono alloggiati il vestibolo d’ingresso, la cassa, il guardaroba ed una scala a due rampe (accessibile anche dal patio esterno) di collegamento con il piano superiore. Il volume sovrastante, interamente occupato dalla sala espositiva, è lievemente aggettante e connotato sulla facciata da un’ampia vetrata continua, cadenzata da serramenti metallici bianchi. “Inclinata per evitare il riflesso del sole, la vetrata si trasforma in “vetrina”, grazie all’utilizzo di sorgenti luminose fluorescenti, rendendo visibile l’esposizione a chi transita sui viali della fiera.”43 Nella sala, i sistemi d’illuminazione e di ancoraggio dei supporti espositivi sono predisposti su una maglia regolare, per consentire la massima flessibilità agli allestimenti.

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42 La XIV mostra nazionale della radio, allestita dagli stessi A. e P. G. Castiglioni fu allestita al Palazzo dell’Arte di Milano nel 1948, in concomitanza con la Campionaria. 43 S. Polano, Achille Castiglioni 1918-2002, Milano, Electa, 2006, p. 42.


In alto: veduta panoramica sul nuovo Padiglione RAI, Achille e P.G. Castiglioni, 1949. A destra: visitatori entrano al piano terreno dell’edificio, Padiglione RAI, A. e P.G. Castiglioni, 1949. Pagina accanto Veduta generale del nuovo Padiglione RAI dal viale, 1949. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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La mostra, progettata con Max Huber e supervisionata da Carboni, racconta dello sviluppo della radiodiffusione in Italia, “trasponendo in segni grafici documentazioni, statistiche e dati tecnici” 44. Già percepibile dall’esterno dietro all’insegna luminosa della facciata, un’onda herziana pende dal soffitto, campita dalle sagome dei paesi del mondo. Sulla parete di fondo, invece, una serie di scenari animati vengono presentati dentro teatrini prospettici, che narrano gli ambiti di trasmissione. Infine, proprio all’arrivo della scala, una riproduzione del corno di Alessandro Magno accoglie i visitatori, simboleggiando “il primo tentativo dell’uomo di abbattere le distanze con la propria voce” 45. A destra: Stand RAI per la mostra nazionale della radio, A. e P.G. Castiglioni, 1948. Pagina accanto In alto: veduta generale della mostra sulla RAI, A. e P. G. Castiglioni con E. Carboni e M. Huber, 1949. Sotto: dettaglio dell’espositore che mostra gli ambiti della trasmissione all’interno della mostra, A. e P. G. Castiglioni con E. Carboni e M. Huber, 1949. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

44 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 42. 45 Ibidem.

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L’articolo 7 Linguaggi alla Fiera di Milano, pubblicato quello stesso anno su Domus46, profila sette linguaggi espressivi che permeano da una selezione di allestimenti presentati in Fiera. Tra questi, è nuovamente citata la Breda, il cui padiglione-isola, curato da Minoletti e Casè, viene ammirato per la sua modernità: “una suggestione di forme [...] che si compongono con l’architettura”47. Una passerella in grigliato di ferro sopraelevata su uno specchio d’acqua guida il visitatore verso un caseggiato bianco contraddistinto da un “gioco dei piani, insieme alle pareti rettilinee e alla superficie in cristallo”48 e, più avanti, ad un “palcoscenico all’aperto”: un giardinetto erboso con sedute che invitano ad accomodarsi per osservare i macchinari, che spiccano su un fondale color blu notte.

A sinistra: esposizione di macchinari e del mulino verticale nell’area espositiva della Breda, G. Minoletti e G. Casè 1949. Pagina accanto In alto: veduta generale dell’aera espositiva, G. Minoletti e G. Casè, 1949. Sotto: padiglione-isola con passerella nell’area espositiva Breda, G. Minoletti e G. Casè, 1949. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano D., 7 Linguaggi alla Fiera di Milano, in “Domus”, IX, 240, novembre 1949, pp. 40-41.

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46 Red., 7 Linguaggi alla Fiera di Milano, in “Domus”, IX, 240, novembre 1949, pp. 39-54. 47 Ivi, p. 46. 48 Ivi, p. 41.


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Molteplici linguaggi emergono poi nel padiglione Montecatini, in primis quello astratto e tecnico che si amalgamano nella Sala della Rhodiaceta, in cui Carboni presenta “trasposizioni astratte di elementi tecnici”49 ispirate all’astrattismo di un quadro elettrico. “Oggi le produzioni hanno il linguaggio esplicito dei loro miti sostanziali: formule, numeri, apparecchi, in una parentela con espressioni d’arte che si ricollegano, dal futurismo al cubismo, all’astrattismo sino a Klee ed a Calder, alle espressioni più sensibili ed esasperate di noi, che si ricongiungono così nella storicità di un linguaggio aderente alla vita” 50.

Sull’onda di un’inclinazione astratta, le composizioni grafiche e plastiche di Carboni, Muratore, Ciuti e Nizzoli nelle altre sale, accompagnano il pubblico in un percorso mutevole e sbalorditivo: “alcune di queste figurazioni sono emblematiche e si ricollegano ad un altro linguaggio pratico d’un tempo, gli stemmi; altre si giovano del ritmo, cioè della ripetizione; altre si rifanno al gioco spaziale delle forme”51.

A sinistra: dettaglio di una colonna all’interno della Sala della Rhodiaceta, E. Carboni, 1949. A destra: dettaglio di un espositore all’interno della Sala della Rhodiaceta, E. Carboni, 1949. Pagina accanto Allestimento della Sala della società dinamite Nobel, E. Ciuti 1949. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano D., 7 Linguaggi alla Fiera di Milano, in “Domus”, IX, 240, novembre 1949, pp. 40-41.

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49 Red., 7 Linguaggi alla Fiera di Milano, in “Domus”...cit., p. 43. 50 Ivi, p. 49. 51 Ibidem.


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In alto: Sala della Duco, Padiglione Montecatini, 1949. Sotto: Sala delle centrali elettriche, Padiglione Montecatini, Pagina accanto In alto: dettaglio del soffitto della Sala della Farmitalia, A. Bianchetti, 1949. Sotto: Sala dell’ANIC, A. Bianchetti, 1949. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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L’ultima opera nel padiglione è la Sala delle materie plastiche, descritta dalle “strutture spaziali di Munari in ambienti astratti di Carboni”52: il primo, infatti, si rifà agli “errori di macchina” (più che ai macchinari) dando forma a ritagli ed intrichi, per poi appenderli al soffitto. Per concludere, l’espressività ed il linguaggio fiabesco dell’apparato scenico creato da Giaci Mondaini nel padiglione Italviscosa vengono ampliamente apprezzate dal pubblico. Nel salone centrale, per una mostra di modelli e tessuti, l’artista plasma un fiabesco bosco, in cui vivono una serie di personaggi incantati scolpiti, affiancati da modelle e modelli. Sia le sculture che le persone indossano abiti e tessuti della mostra, mentre il pubblico può addentrarsi, passeggiare e toccare ogni elemento dell’allestimento, immergendosi nella rappresentazione teatrale. “Che questo “linguaggio fiabesco”, benchè popolarmente e apertamente parlato, faccia parte ancora del dominio puro dell’estetica, lo dimostrano questi particolari del vero ambientato in mezzo alla fiaba, queste indossatrici vive che, pur belle e benissimo vestite in raion e fiocco, sono in patente distacco dall’atmosfera che le circonda. Un pregio che le scenografie vere possono invidiare a questa scenografia è appunto quello dei personaggi falsi, e perciò altrettanto fantastici delle scene in cui sono posti, e ubbidienti alle loro linee, colori, stile.” 53

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52 Red., 7 Linguaggi alla Fiera di Milano, in “Domus”...cit., p. 45. 53 Ivi, p. 54.


Accanto: allestimento con modelli e modelle per la mostra dei modelli e dei tessuti nel Padiglione Italviscosa, G. Mondaini, 1949. Sotto a sinistra: Veduta notturna della facciata del nuovo padiglione Italviscosa, A. Bianchetti e C. Pea, 1949. Sotto a destra: allestimento con scultura di Paola Mondaini per la mostra dei modelli e dei tessuti nel Padiglione Italviscosa, G. Mondaini, 1949 Pagina accanto Sala delle Materie Plastiche all’interno del Padiglione Montecatini, E. Carboni e B. Munari,1949. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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Con la fine degli anni quaranta, si completa la ripristino postbellico, che ha visto una Fiera seriamente segnata dal conflitto mondiale rinascere dalle proprie ceneri. Grazie alla ricomparsa dei vecchi (e l’entrata in scena di neonati) colossi della produzione nazionale, si sono aperte strade che porteranno la Campionaria a diventare, con il nuovo decennio, uno dei motori dell’economia nazionale ed uno degli eventi annuali più celebri in Europa.

Per quanto riguarda la metodologia allestitiva, diversi cambiamenti hanno segnato i criteri compositivi di progettisti e committenti: L’incremento esponenziale di padiglioni settoriali, favoriti dalla ricostruzione dopo i bombardamenti, ha portato questi edifici flessibili ad ospitare ogni anno mostre e convegni di ogni settore mercelogico. In parallelo, le grandi aziende si sono fatte largo tra i viali della Fiera, con aree espositive e strutture connotati ed espressivi, risultato delle collaborazioni con i più rilevanti progettisti ed artisti del panorama italiano ed europeo.

Per quanto riguarda gli stands, si intravedono primordiali soluzioni modulari quali pannelli in legno e strutture in tubolare metallico, che tendono verso la progettazione di supporti più leggeri, flessibili e standardizzati.

Gli oggetti esposti diventano un unicum con l’espositore: non solo l’interazione con la luce, ma anche lo spazio, i percorsi e il dialogo tra soggetto e contenitore diventano campi di esplorazione.

La comunicazione, infine, si sintetizza: l’informazione passa attraverso fotomontaggi e fotografie, schemi grafici e forme affascinati ed accattivanti, che non si affiancano più ai supporti espositivi, ma vengono integrano ad essi stessi.

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Accanto: area espositiva FIAT, 1949. Sotto: Padiglione European Recovery Program, sala dedicata al Piano Marshall, 1949. www.lombardiabeniculturali.com

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SPERIMENTARE

“Un linguaggio di una architettura nello spazio dove, in comune con le altre Arti, Scultura e Pittura, si esaltano e si drammatizzano scenograficamente, e idea e espressione.� Luciano Baldessari

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La Campionaria si affaccia al nuovo decennio accompagnata da un boom economico senza precedenti, intraprendendo un’era di eccezionale fioritura che assiterà ad un costante aumento degli espositori, nazionali e stranieri, e di una folla sempre piÚ attratta dalle innumerevoli attrazioni: nuove tecnologie, congressi ed eventi pubblicitari si inseriscono in un panorama di ardite sperimentazioni architettoniche e coinvolgenti artifici espositivi.

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A destra: Area espositiva FIAT, 1950. Sotto: Padiglione Saint Gobain - CISAV, R. Menghi, 1950. www.lombardiabeniculturali.com C. Bertelli, Roberto Menghi, Milano, Electa, 2000, p. 141.

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A dominare sin da subito il panorama della Fiera, la nuova proposta di Minoletti per l’area Breda: un sobrio edificio centrale delimitato da due pareti, bianche esteriormente e nere internamente, proclama il nome dell’azienda con caratteri cubitali in rilievo; tra i due strati, come tanti coriandoli svolazzanti, un gioco di pannelli colorati a metà tra dadaismo ed astrattismo, presenta i principali prodotti, personificando la frammentazione ordinata della terza parete. Malgrado l’assenza di limpide vasche d’acqua, del vecchio padiglione persistono il fabbricato centrale dalle fiancate blu notte ed alcuni macchinari policromi esposti all’aperto, tra cui spiccano un mastodontico mulino verticale ed un’automotrice elettrica.

A sinistra: veduta generale sull’area espositiva Breda, 1950. Pagina accanto: In alto: fotografia a colori dell’area espositiva Breda, con l’esposizione dei macchinari ed il nuovo edificio, 1950. Sotto: due dettagli del nuovo edificio dietro all’automotrice e del mastodontico mulino verticale, 1950. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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La mostra della chimica nel padiglione Montecatini in questa edizione riscuote uno sconfinato successo per merito della Sala dei Prodotti Chimici per l’Industria, curata da Carboni e Bianchetti. “Il contributo particolare di Carboni al progetto d’esposizioni è il modo assolutamente personale ed originale con cui egli si serve degli elementi plastici” 1. Un ambiente surreale, una scatola nera in cui prendono vita bianche colonne fluorescenti, strutture metalliche luminose, vetrine e sagome colorate: ogni dettaglio dà l’impressione di galleggiare in una soluzione reagente, in un ribollimento di forme, cromie, bagliori e materiali. Custodite in vetrine retroilluminate, ottenute da tagli netti ed irregolari delle pareti, bobine, ampolle con polveri ed insoliti congengni, mettono in moto questo bizzarro meccanismo. L’eminente componente grafica richiama astratte forme industriali, mescolandosi a materiali particolari ed inediti espedienti per l’animazione e l’illuminazione, valutando anche il flusso e la consueta direzione di visita per agevolare la fruizione e la comprensione dell’insieme. Bayer spiega come l’originalità di Carboni derivi da una diligente processo analitico, che comincia dall’ “organizzare il soggetto, seguito subito dopo dall’organizzazione del progetto” 2: le strutture amorfe e astratte, infatti, sono soltanto l’espressone del suo bisogno “di dare la sua collaborazione all’immensa opera comune che la nostra civiltà svolge per rendere migliore la vita.” 3.

A sinistra: ingresso della Sala dei Prodotti Chimici per l’Industria, E. Carboni e A. Bianchetti, Padiglione Montecatini, 1950. Pagina accanto Due vedute generali della Sala dei Prodotti Chimici per l’Industria, E. Carboni e A. Bianchetti, Padiglione Montecatini, 1950. Pagine seguenti A sinistra: panoramica della Sala illuminata con colori fluorescenti. A destra: dettaglio della vetrina con l’applicazione dei coloranti ACNA su tessuti. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano C. Bianchi, Bianchetti e Pea. Forme creative dell’esporre 1934-1964, tesi di laurea in Disegno Industriale, Politecnico di Milano, 2010, rel. G. Bosoni.

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1 E. Carboni H. Bayer, Exhibitions and display, Milano, Silvana, 1957, p. 27. 2 Ivi, p. 26. 3 Ibidem.


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Altro notevole progetto è la Sala delle Materie Plastiche, allestita da Albini, per presentare un assortimento di tendaggi in vipla (una resina sintetica) che accompagnano una rassegna di prodotti contenuti in due file di rigorose vetrine incastonate nella parete. Ogni membro sembra rifarsi al motivo del nastro: tende, vetrine, espositori e persino l’impianto d’illuminazione. Per rompere con questa linearità, la parete di fondo propone un disegno astratto, integrando segni grafici e manufatti appesi. Il medesimo accordo tra eleganza e geometrismi è percepibile nello stand di Carboni per la profumeria Gi.Vi.Emme, in cui l’elemento di rottura con la struttura modulare è dato da una viviace scultura in gesso dalle sembianze femminili che funge da espositore a raffinate boccette di profumi.

A sinistra: veduta generale della Sala delle Materie Plastiche, F. Albini, Padiglione Montecatini, 1950. www.lombardiabeniculturali.com

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A destra: dettaglio di un espositore della Sala delle Materie Plastiche, F. Albini, Padiglione Montecatini, 1950. Sotto: Stand della profumeria Gi.Vi. Emme, E. Carboni, 1950. www.lombardiabeniculturali.com E. Carboni, Exhibitions and Displays...cit., p. 119.

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Appare più avanti anche il Padiglione RAI, con una mostra dei fratelli Castiglioni: lungo il corridoio d’ingresso uno schieramento di colonne dal profilo astratto ripropone i teatrini prospettici con gli ultimi programmi televisivi, dinanzi ad un lunga facciata di presentazione con grafici, fotografie e testi frammentati. Sulla sommità, una fascia composta da esili filamenti verticali retroilluminati viene interrotta da due spigolose onde radio che la percorrono in lunghezza. Al fondo della sala, una composizione di strumenti musicali di Carboni introduce ad un ambiente sgombro in cui le chiare pareti contrastano con il nero di pavimento e soffitto. Una composizione di quadrati bianchi che supporta collages di immagini, loghi e fotografie, narra la storia dei programmi e delle produzioni aziendali. La proposta non ottiene tuttavia l’esito dell’anno precedente, forse a causa della parellala XVII mostra della radio e della televisione, tenuta al Palazzo dell’Arte, in cui la RAI ha investito maggiormente in una realizzazione di Huber, Carboni ed i Castiglioni stessi. All’interno del Padiglione della meccanica, infine, Pirelli e Piaggio propongono soluzioni per stimolare l’interazione tra il pubblico ed i prodotti, differenziandosi al contempo dall’uniformità generale dei restanti espositori.

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A sinistra: veduta generale del corridoio introduttivo del Padiglione RAI, A. e P.G. Castiglioni con E. Carboni, 1950. In alto: dettaglio delle colonne e della parete destra del corridoio introduttivo del Padiglione RAI, A. e P.G. Castiglioni con E. Carboni, 1950. A destra: stanza espositiva del Padiglione RAI, A. e P.G. Castiglioni con E. Carboni, 1950. Pagina successiva Stands della Pirelli e della Piaggio all’interno del Padiglione della meccanica, 1950. www.lombardiabeniculturali.com E. Carboni, Exhibitions and Displays, Milano, Silvana, 1957, pp. 108109-116.

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Ulteriori costruzioni si aggiungono per soddisfare le richieste degli espositori, che diventano ogni anno più numerosi. Le nazioni aderente sono ormai cinquanta, tra cui, per la prima volta, affiora il nome dell’Unione Sovietica, che riallaccia ufficialmente i rapporti commerciali con l’Occidente.

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La Fiera si rivela sempre più il teatro della divulgazione scientifica e tecnologica, diventando protagonista del rapido progresso nei campi dell’elettronica, dell’energia, della meccanica, della chimica e della televisione. Una vera e propria finestra sul futuro, che spalanca le porte ad un crescente numero di convegni ed eventi.

A destra: Area espositiva Pirelli, L. Sinisgalli 1951. Sotto: Padiglione 19, 1951. www.lombardiabeniculturali.com

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L’esigenza della Breda “di mostrarsi nel 1951 rinata agli occhi del grande pubblico” 4, la stimola a reclutare architetti e artisti affermati ed apprezzati. Così il primo

di una serie di padiglioni, che diventeranno una delle principali attrattive della Campionaria, viene affidato all’abilità di Luciano Baldessari. In poco più di un mese, egli si trova a dover per presentare un “mammuth della tecnica”5 (un forno a rotazione per la produzione del cemento) mantenendo i due tramezzi larghi 8m ed alti 16m della precedente opera di Minoletti. Baldessari opta per una manipolazione simile al trattamento cubista dell’objet trouvé, introducendo cioè “un materiale, una forma, un contenuto diverso” 6 nell’opera.

Cogliendo la suggestione del nastro trasportatore degli altiforni delle acciaierie Breda e forte della sua mano da disegnatore-scenografo, egli accetta “il limite di un’architettura pubblicitaria come limite temporale intensificando, in qualche modo, il momento di produzione fantastica” 7: partendo da schizzi in cui scorrono e si so-

vrappongono linee dinamiche, realizza un profilo lineare, trapassato da una lunga promenade che scorta gli ospiti attraverso diversi livelli e prospettive. Infine, la difficoltà del forno viene risolta con un ulteriore percorso, per far addentrare i visitatori nelle profondità del mondo Breda e coinvolgerli in un rito collettivo di partecipazione: “vi penetrai come in un tunnel, e mi nacque allora l’idea di incanalarvi il pubblico. Rifiutai la retorica dei fotomontaggi e delle didascalie, per arrivare ad un linguaggio più immediato, capovolsi tutti i preesistenti concetti espositivi fondendo in un’unica unità espressiva scultura e scenografia, funzionalità e fantasia.” 8 Sotto: schizzi a china per il Padiglione Breda, L. Baldessari, 1951. Pagina accanto In alto: veduta panoramica del Padiglione Breda, L. Baldessari, 1951. Sotto: fila di visitatori che attraversano la passerella del Padiglione Breda, 1951. V. Fagone, Luciano Baldessari...cit, p.113 Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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4 M. Savorra, Capolavori Brevi. Luciano Baldessari, la Breda e la Fiera di Milano, Milano, Electa, 2008, p. 14. 5 Così definito dalla stampa, era un forno a rotazione per fabbricare il cemento di diametro 2m e lunghezza 60m. Ivi, p. 23. 6 Ivi, p. 29. 7 V. Fagone, Luciano Baldessari. Progetti e scenografie, Milano, Electa, 1982, p. 112. 8 Mart, Fondo Luciano Baldessari, 1951 Padiglione Breda, in copia presso il Politecnico di Milano, Arch. Luciano Baldessari.


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A sinistra: veduta dal basso del Padiglione Breda, L. Baldessari, 1951. Sotto: veduta dell’esposizione all’interno del tunnel, L. Baldessari, 1951. V. Fagone, Luciano Baldessari...cit, p.113 Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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In alto: veduta notturna del Padiglione Breda, L. Baldessari, 1951. A destra: pubblico che entra nel percorso dentro il tunnel, 1951. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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Anche il Padiglione RAI propone un apprezzabile allestimento sul programma culturale, il terzo inaugurato dalla società di radiodiffusione italiana. La mano dei fratelli Castiglioni, questa volta si ispira all’“idea di grande foglio, mutuato dal palinsesto di un regista, per illustrare il complesso piano di programmazione di un mese di trasmissione” 9 per creare una spigolosa spirale che nasce dai muri perimetrali e termina verso il soffitto. Questa figura plastica, grazie al contributo grafico di Carboni ed Huber, è immersa in un’illuminazione totalmente artificiale e si riflette sul soffitto con un’ombra complementare e fluorescente.

Sotto: dettaglio della grafica del soffitto della sala centrale del Padiglione RAI, M. Huber, 1951. A destra: veduta generale della sala centrale del Padiglione, A. e P.G. Castiglioni, 1951. Pavillon de la Radiodiffusion, in “L’Architecture d’Aujord’hui”, 48, 1953, p. 78.

9 S. Polano, Achille Castiglioni 1918-2002...cit, p. 52.

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Mentre la Montecatini ripropone al pubblico l’allestimento della Sala dei Prodotti Chimici per l’Industria dell’anno precedente, Carboni realizza, ancora per la RAI, uno scenografico atrio in occasione dei cinquant’anni della scomparsa di Giuseppe Verdi: un palcoscenico in cui pannelli raffiguranti le opere del compositore, un grande calco ed apparecchiature teatrali si mescolano suggestivamente. Per lo stand della SAVA, invece, impiega i divisori come supporti informativi, plasmando un’area controllata dal contrasto tra la linearità dei componenti e i tratti grafici. Visitando successivamente il padiglione delle forniture d’ufficio, si nota il minimalismo dello stand Olivetti, che, su progetto di Marcello Nizzoli, per presenta la nuova Summa 15 ricrea un locale lavorativo con tanto di postazioni per gli impiegati, permettendo al pubblico di testare il prodotto.

Sotto: Stand Olivetti, M. Nizzoli, 1951. Pagina accanto In alto: Stand SAVA, E. Carboni 1951. Sotto: allestimento dedicato a Giuseppe Verdi, Padiglione RAI, E. Carboni, 1951. www.lombardiabeniculturali.com E. Carboni, Exhibitions and Displays...cit., pp. 129-132.

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‘52

La Prima Mostra di Arte e di Estetica Industriale nella XXX edizione della Fiera Campionaria di Milano, è sintomo della nascente tendenza che trasformerà la metodologia progettuale da questo periodo in avanti: la certezza che “Una nuova qualità richiede il prodotto industriale perchè possa considerarsi perfetto: la bellezza della sua forma, oltre che la perfezione tecnica.” 10.

Un nuovo focus che richiede la collaborazione tra industriali e nuovi “tecnici - artisti”, per rivoluzionare non solo la produzione, ma anche le sfere della pubblicità e della vendita. A dispetto di un occhio critico verso l’arretratezza italiana in confronto ad altre realtà europee11, la rivista Domus presenta alcuni “esempi di una produzione in serie ammirevole”12, citando, come modelli di visione progressista, Olivetti, Pirelli ed Arflex, sostenendo che “è soprattutto [...] una nuova mentalità che va creata attraverso queste manifestazioni per la convinzione degli industriali e del pubblico” 13. La rassegna viene allestita con una sequenza di semplici pannelli illustrativi perimetrali che orientano il pubblico “verso la comprensione delle nuove forme del disegno industriale”14. Vengono inoltre esposti alcuni prototipi emblematici di questa ideologia sovversiva, frutto della produzione industriale contemporanea: una collezione per la moda femminile, i pavimenti in gomma Pirelli, la poltrona in gommapiuma della Arflex e le macchine da scrivere Olivetti.

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10 A. Rosselli, Disegno per l’industria: prima mostra di arte e di estetica industriale alla XXX Fiera Campionaria di Milano, in “Domus”, 270, maggio 1952, p. 56. 11 “Mostre di arte industriale consuete fuori d’Italia, dove l’interesse per questo argomento è sentito da tutti, rappresentano invece per il nostro paese solo una eccezione”. Ivi, p. 52. 12 Ivi, p. 56. 13 Ibidem. 14 Ivi, p. 60.


Nuovamente apprezzato il Padiglione RAI concepito dalla collaborazione tra i consolidati fratelli Castiglioni e Bruno Munari, che portano in scena la trasformazione dello spazio abitativo, ricostruendo alcuni locali della casa prima e dopo l’avvento della radio. “Nel padiglione del ‘52 [...] l’ente radio-televisivo italiano ricostruisce, su piattaforme rotanti, due ambienti significativamente diversi: da un lato una tradizionale casa borghese fin de siècle con grammofoni a tromba e abat-jour di cristallo colorato a forma di corolla di fiore; dall’altro una moderna abitazione “funzionale”, con quadri dadaisti, luci fluorescenti, mobili di acciaio e apparecchi radio ovunque”15. “Scaturisce da tutto ciò un continuo effetto di spettacolo, di divertimento, che indubbiamente ha una grande efficacia, e non soltanto sul grosso pubblico, cioè quello che va alla Fiera, appunto per divertirsi: come andrebbe al cinema o a fare una scampagnata. Ne scaturisce un effetto di meraviglioso Paese dei Balocchi, che i grandi ammirano con la serietà e l’interesse con cui i bambini si estasiano davanti a un trenino elettrico.”16. A sinistra: angolo di una sala della Prima Mostra di Arte e Estetica Industriale, 1952. A destra: angolo dell’allestimento interno al Padiglione RAI, A. e P.G. Castiglioni con B. Munari, 1952. A. Rosselli, Disegno per l’industria, in “Domus”... cit, p. 57. S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 59.

15 M. Savorra, Capolavori Brevi...cit., p. 19. 16 R. Guzman, La Fiera di Milano, paese delle meraviglie. Straordinari giocattoli per grandi ammirati con la serietà dei bimbi, in “Il Giornale di Sicilia”, 20 aprile 1952.

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Il capolavoro indiscusso dell’anno, che rimarrà per decenni nell’immaginario collettivo, è il “fiore sbocciato all’improvviso”17 che Baldessari realizza per la Breda. “Il Padiglione [...] approfondisce la ricerca di un organismo plastico nel quale il progetto stabilisce punti di vista, salienze, percorsi reali e e proiezioni dell’immaginazione”18.

Questa volta la promenade si sviluppa lungo un percorso nastriforme di 160m, raccontando l’attività delle società connesse alla Breda, a partire dal nucleo, identificato da una monumentale coclea centrale, costituita da un’ossatura metallica rivestita ed intonacata. Definita la “massima espressione della compiuta fusione tra spazio interno ed esterno”19, nel mezzo raggiunge i 18 metri di altezza con uno sbalzo di 8 ed è illuminata dal basso con potenti riflettori. Il nastro, spesso circa 25 centimetri, vuole trasmettere la massima leggerezza, implicando “soluzioni costruttive sorprendenti, nate dal connubio tra universo dei materiali e conoscenza del loro uso effimero.” 20. Nel 1957, Veronesi descriverà i Padiglioni della Breda (tutt’oggi considerati le realizzazioni più riuscite dell’architetto) come: “aperte “forme” modellanti un iperbolico spazio mediante la stessa visuale dinamica a cui si offrivano, così grandi, così “sproporzionate” all’uomo, quando l’uomo incantato le guardava passando e vi si lasciava attrarre, entrando docilmente nel loro giuoco, camminando sul filo fantastico di un bianco itinerario funzionalmente giustificato dal succedersi di scritte pubblicitarie lungo il percorso”. A sinistra: schizzo di progetto per il Padiglione Breda, L. Baldessari, 1952. Pagina accanto In alto e al centro: pianta e prospetto di progetto del Padiglione, L. Baldessari, 1952. Sotto: vista panoramica del Padiglione, L. Baldessari, 1952. Pagine seguenti Viste di alcuni tratti del percorso interno al Padiglione, L. Baldessari, 1952. M. Savorra, Capolavori Brevi...cit, pp. 98-126. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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17 M. Savorra, Capolavori Brevi...cit., p. 29. 18 V. Fagone, Luciano Baldessari...cit., p. 116. 19 M. Savorra, Capolavori Brevi...cit., p. 32. 20 Ivi, p. 33.


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Per la Montecatini, accanto al fedele Carboni si affiancano i nomi di Franco Grignani ed Enrico Ciuti, che rinnovano il padiglione con sale di particolare impatto. Il primo, nel salone centrale, combina profili astratti, realizzati in gesso colorato, riproponendo un’esplosione di cromatismi e fluorescenze nella “scatola nera”. In questa come nelle altre due Sale: “i mezzi astratti [...] costituiscono nel loro insieme uno strumento di notevole complessità: il linguaggio, espresso attraverso scritte leggibili o suoni intellegibili; la pittura, sotto forma di dipinti o fotografie; la scultura, i materiali plastici e le superfici tattili; il colore in sè, la luce, il movimento (delle cose esposte come pure dei visitatori), le proiezioni di film, i diagrammi, le tabelle. È tutto un insieme di effetti collettivi e dei vari mezzi di espressione del progetto.” 21. A sinistra: Particolare dell’Arlecchino, supporto dei campioni dimostrativi dei coloranti per tessuti, E. Carboni, 1952. Pagina accanto In alto: veduta generale del Salone centrale dedicato ai prodotti chimici per l’industria, E. Carboni, 1952. Sotto: dettaglio degli espositori con vetrina dei minerali nella forma di un sasso e statua della chimica in gesso colorato, E. Carboni, 1952. Pagine successive A sinistra: Sala delle materie plastiche, F. Grignani, 1952. A destra: Sala delle miniere, E. Ciuti, 1952. E. Carboni, Exhibitions and Displays...cit, pp. 153-158. www.lombardiabeniculturali.com

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21 H. Bayer, Preface, in E. Carboni, Exhibitions and Displays...cit., p. 24.


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Carboni, in aggiunta, ha l’occasione di sperimentarsi anche nel padiglione delle Distillerie Italiane e per la Radio Marelli, per i quali propone soluzioni altrettanto audaci nei colori e negli accostamenti, nonostante la limitazione spaziale. Per Borsalino, invece, Gardella realizza un terzo stand assolutamente essenziale, composto da un’area in cui aleggia una nuvola di cappelli, antistante ad una zona dotata di sedute in cui è possibile sostare e provare i modelli.

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A sinistra: un allestimento all’interno del Padiglione delle Distillerie Italiane, E. Carboni, 1952. In alto: Stand della Radio Marelli nel Padiglione della Radio, E. Carboni, 1952. A destra: Stand Borsalino nel Padiglione dei tessili e dell’abbigliamento, I. Gardella, 1952. E. Carboni, Exhibitions and Displays...cit, pp. 133-141. S. Polano, Mostrare... cit., p.136.

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‘53

Per la XXXI edizione della Campionaria, Baldessari e Grisotti propongono un ipotetico globo “pronto per essere conquistato dalla Breda con l’impulso produttivo di tutte le consociate” 22: una scelta coraggiosa, che sfrutta una struttura interamente in acciaio ancora intonacato. La passerella questa volta è risolta con una scala che culmina in un percorso pianeggiante, sino a penetrare nel “pianeta”, adibito alla proiezione di documentari sulla diffusione dell’impresa nel mondo. Un’altra volta “l’inconfondibile stile grafico comunica il senso della fantasmagoria fieristica dove tutto si trasforma in spettacolo” 23.

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22 M. Savorra, Capolavori Brevi...cit., p. 35. 23 Ivi, p. 37.


Sopra: veduta panoramica del Padiglione Breda, L. Baldessari e M. Grisotti, 1953. A destra: veduta dalla passerella del Padiglione, 1953. Pagina accanto In alto: schizzo di progetto per il Padiglione Breda, L. Baldessari e M. Grisotti, 1953. Sotto: sezione di progetto per il Padiglione Breda, L. Baldessari e M. Grisotti, 1953. M. Savorra, Capolavori Brevi...cit., pp. 142-155. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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“Manifestata nella sua nuda espressione, la stessa “tecnica” sarà la cifra distintiva del padiglione Sidercomit realizzato da Baldessari, sempre con Marcello Grisotti, alla Fiera di Milano nel 1953”24. Per questa seconda proposta, gli architetti partono da un’idea strutturale elementare, imperniata su un elemento a “V” con due ali spiegate, che evoca la “contrapposizione di due falconi metallici egualmente caricati e mutuamente reggentisi in vicendevole equilibrio”25. “Come per i pubblicitari, infatti, pure per Baldessari prima regola da tenere presente nella creazione di un messaggio in Fiera era “essere visti” e poi “convincere”, mostrare cioè – valorizzandoli – i campioni che dovevano corrispondere inequivocabilmente al livello tecnico, alla qualità e al tipo di produzione. I quattro padiglioni Breda, ma anche quelli allestiti in seguito nel corso degli anni (sempre per l’industria di Sesto San Giovanni, ma anche per la Sidercomit-Italsider), erano accomunati, oltre che da tale basilare principio, anche dalle medesime logiche che i pubblicitari stavano perfezionando in questi anni”26

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24 M. Savorra, Capolavori Brevi...cit., p. 21. 25 A. Pica, Architettura pubblicitaria per la Sidercomit alla Fiera di Milano, in “Architettura Cantiere”, 7, maggio-giugno 1955, p. 7. 26 M. Savorra, Capolavori Brevi...cit., p. 8.


A sinistra: veduta panoramica del Padiglione Sidercomit, L. Baldessari e M. Grisotti, 1953. In alto: sala interna al Padiglione Sidercomit, L. Baldessari e M. Grisotti, 1953. A destra: dettaglio della facciata del padiglione, L. Baldessari e M. Grisotti, 1953. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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Un altro felice risultato è raggiunto dai Castiglioni per la prima mostra della televisione italiana nel padiglione RAI. I geometrismi delle strutture espositive si fondono con le invenzioni grafiche di Carboni che animano le pareti ed il soffitto; “La semplificata scatola del sistema espositivo rivela la trama tridimensionale dello spazio, in un allusivo gioco di proiezioni reciproche tra i vari piani” 27; le figure e le didascalie, inoltre, scandiscono ritmicamente le pareti, alternando le consuete tonalità cromatiche.

A sinistra: veduta del Padiglione RAI, A. e P.G. Castiglioni con E. Carboni, 1953. Sotto: atrio d’ingresso del Padiglione RAI con pannello di Carboni, A. e P.G. Castiglioni con E. Carboni, 1953. Pagina accanto In alto: sala interna della mostra, A. e P.G. Castiglioni con E. Carboni, 1953. Sotto: dettaglio di un espositore della mostra, A. e P.G. Castiglioni con E. Carboni, 1953. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

27 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 66.

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Montecatini ripropone un allestimento di Carboni nel salone dedicato ai Prodotti Chimici per l’Industria, che modifica solo in parte la struttura dell’anno precedente: al centro sono posizionate due sculture in gesso, raffiguranti la Chimica e la Natura, accostate ad una serie di grafici luminescenti. Nella Sala dell’alluminio, spicca una parete dedicata al programma di disegno per l’industria dell’Istituto sperimentale metalli leggeri. Costituita da un semplice reticolato metallico a cui sono affissi disegni tecnici in scala 1:1, essa presenta alcuni oggetti calamitati, tra cui la sedia in alluminio Montecatini realizzata per Molteni da Giò Ponti, supervisore generale dell’allestimento stesso.

A sinistra: veduta dell’allestimento della Sala dei prodotti chimici per l’industria nel Padiglione Montecatini, E. Carboni,1953. Pagina accanto In alto: dettaglio della parete dedicata al disegno per l’industria nella Sala dell’alluminio, Gio Ponti, 1953. Sotto: veduta generale della mostra del disegno industriale, 1953. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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‘54

Con il quarto padiglione Breda, si conclude il “periodo d’oro” della collaborazione tra Baldessari e l’azienda. Anche stavolta egli cerca di sostituirsi alla comunicazione icastica di scritte e gigantografie degli altri padiglioni e stands della Fiera, proponendo la struttura stessa come un messaggio. L’immensa forma plastica piegata, definita “un’ala per librarsi nell’aria”, si accosta ad altri elementi architettonici, i cui livelli alludono ai periodi di crescita della Breda.

Il progetto richiede nuovamente “uno studio eccezionale sugli aspetti strutturali, sia dal punto di vista statico sia da quello del montaggio” 28. Il riutilizzo della scalinata, della passerella e del portale determina un’inversione della promenade: il percorso parte dal corpo di destra per giungere al fabbricato di sinistra, raccontando, tramite una mostra fotografica, le vicende della società. Un fianco della passerella è riparato da un guscio concavo, che si inserisce negli edifici in modo netto, senza smussi; “L’architettura pubblicitaria, per essere efficace, diventa ambiente spaziale dove penetra e si muove il visitatore” dirà Ballo nel ‘64.

28 M. Savorra, Capolavori Brevi...cit., p. 37.

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A sinistra: veduta generale del Padiglione Breda, L. Baldessari, 1954. In alto: sezione in pianta del padiglione, L. Baldessari, 1954. Sopra: vista panoramica laterale del padiglione, L. Baldessari, 1954. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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A sinistra: veduta della parte finale della passerella del Padiglione Breda, L. Baldessari, 1954. In alto: schizzo di progetto del padiglione, L. Baldessari, 1954. A destra: dettaglio della decorazione del soffitto all’interno del padiglione, L. Fontana, 1954. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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“Volendo scrivere una storia delle grandi fiere moderne, ancora in buona parte da tracciare, un capitolo molto importante dovrebbe essere dedicato a quei prestigiosi padiglioni istituzionali che per anni sono stati il fiore all’occhiello non solo delle più note industrie nazionali ed estere, che li si sono rappresentate, ma anche delle stesse fiere che spesso hanno fondato il loro successo su questi eccezionali luoghi d’attrazione” 29.

Prosegue il viaggio tra strabilianti percorsi espositivi proposti dalla Montecatini, che apre la mostra con la Sala dei Prodotti Chimici per l’Industria, curata da Erberto Carboni. L’area centrale è occupata da una scenografica foresta, in cui altissimi parallelepipedi vengono sezionati da vetrine espositive, che permettono di guardarvi attraverso e sospendono la parte superiore della struttura. Un disegno, sul fondo della sala, riprende le linee degli espositori, sovrastando un nastro di teche che si srotola lungo le quattro pareti della stanza. Infine, ad enfatizzare la surrealtà dell’ambiente, un poliedro (rappresentato nel cartellone pubblicitario dell’ingresso) ed uno stelo in alluminio pendono leggeri dal soffitto. A sinistra: veduta esterna del Padiglione Montecatini con pannello di E. Carboni, 1954. A destra: salone introduttivo del Padiglione Montecatini, E. Carboni, 1954. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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29 G. Bosoni, Padiglione Montecatini alla Fiera Campionaria di Milano, in “Progex. Design & Architetture Espositive”, 04, settembre 1990, p. 24.


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La Sala Rhodia, affidata ad Albini e Franca Helg, viene arredata con sette capanne di veli rhodia dai colori pastello, illuminate da tubi al neon e contenute in un recinto esterno dalla pianta ovale. Questo è realizzato con corde in nylon bianco, fissate al pavimento da un anello in legno ed alle pareti da un sistema di carrucole in ottone. Tanto raffinato quanto suggestivo, nell’allestimento Albini ripropone il sipario quale elemento chiave, giocando questa volta con l’impatto cromatico delle velature luminose che contrastono con il nero delle pareti ed il grigio scuro del pavimento.

A sinistra: dettaglio del recinto della Sala Rhodiatoce, F. Albini e F. Helg, 1954. A destra: dettaglio delle capanne in veli rhodia della Sala Rhodiatoce, F. Albini e F. Helg, 1954. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano F. Bucci, A. Rossari (a cura di), I musei e gli allestimenti di Franco Albini, Electa, 2005, pp.166-167, 195.

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Infine, i Castiglioni e Munari si cimentano nella Sala dei Prodotti Chimici per l’Agricoltura: un ambiente suddiviso in due porzioni sovrastanti, separate da un accostamento di leggere travi. Di sopra, “il primo impatto del visitatore è con un ambiente panoramico, una grande estensione coltivata a grano in pieno sole; l’effetto è ottenuto mediante una batteria di concentrata di riflettori” 30. Le luci, collocate in alto alle spalle

degli spettatori, illuminano direttamente le travi, che sono fissate a quote e distanze diverse ed opportunamente colorate. Scendendo poi al piano inferiore, “le stesse quinte funzionano da schermi lamellari per la luce diretta” 31 e creano un ambiente

dalla luce diffusa che espone i ritrovati chimici per l’agricoltura. “La scansione del percorso in due tempi (uno panoramico-introduttivo e uno analitico-tematico) è risolta dalla sapiente organizzazione planimetrica, a cui corrisponde la calcolata disposizione dei ventagli di travi” 32 ed una composizione grafica equilibrata, che rendono l’atmosfera

calma e controllata. A sinistra: Sala dei prodotti chimici per l’agricoltura, A. e P.G. Castiglioni con B. Munari, Padiglione Montecatini,1954. Pagina accanto In alto: dettaglio decorativo opera di B. Munari, nella Sala dei prodotti chimici per l’agricoltura, 1954. Sotto: dettaglio del piano superiore della Sala dei prodotti chimici per l’agricoltura, A. e P.G. Castiglioni con B. Munari, 1954. S. Polano, Achille Castiglioni 1918-2002... cit., pp. 74-75.

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30 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 75. 31 Ibidem. 32 Ibidem.


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Distaccandosi, per un momento, dal contesto della Campionaria, è interessante notare come in altri contesti fieristici italiani stiano prendendo piede le medesime tendenze stilistiche e concettuali che, ormai da qualche anno, venivano proposte tra i viali del polo milanese. Nonostante le grandi aziende si avvalessero spesso dei medesimi progettisti anche in occasioni meno autorevoli e su scala minore, spiccano imprese di portata inferiore con stands dai profili astratti, cromie contrastanti e vivaci, strutture plastiche ed accostamenti materici chiaramente ispirati alle opere di quei pioneri operanti alla Campionaria.

In alto: stand Montecatini alla Fiera Campionaria di Bari,1954. A sinistra: stand Vinavil alla Fiera Campionaria di Padova, 1954. Pagina accanto In alto: stand Vinavil alla Fiera Campionaria di Trieste, 1954. Sotto: stand dell’alluminio alla Fiera Campionaria di Padova , 1954. www.lombardiabeniculturali.com

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‘55

“Il pubblico della Fiera si divide in due categorie: i visitatori generici, che vengono a vedere senza scopi particolari, e per cui occorre un’attraente messa in scena; e i commercianti, a cui è necessario uno spedito contatto con la merce esposta. Uno schema urbanistico ideale per questo pubblico sarebbe costituito da spazi coperti o scoperti riservati ai prodotti, collegati tra loro da correnti viarie dove potrebbero esplicarsi le scenografie utili al richiamo pubblicitario.” 33 spiega De

Carlo in una recensione dell’edizione, sottolineando la compresenza (e, talvolta, il contrasto) tra funzione espositiva ed attrattiva in ogni angolo della Campionaria. La seconda è di certo preponderante nell’area Breda, in cui Baldessari e Grisotti ripropongono lo schema base con alcune componenti dell’anno precedente: “Ce pavillon, comme ceux des annèes précédentes, constitue une réelle réussite publicitaire et possède des qualités plastiques évidentes” 34, commenta l’articolo 33ème Foire de Milan uscito sulla rivista francese L’Architecture d’Aujourd’hui. La composizione si basa su due tramezzi verticali (uno piano e l’altro curvo) collegati da un elemento arcuato (di richiamo all’antecedente sagoma plastica, ma privata della passerella), decorato da striature scure sullo sfondo bianco. La parete di sinistra illustra graficamente le attività della società: siderurgia, fonderia, motori, materiali ferroviari ed industriali e ricerca scientifica, mentre sotto il ponte concavo vengono presentate le mastodontiche attrezzature e macchinari.

Veduta esterna dell’allestimento dell’area Breda, L. Baldessari e M. Grisotti, 1955. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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33 A. De Carlo, Padiglioni alla Fiera di Milano, in “L’architettura cronache e storia”, 2, luglio-agosto 1955, pp. 190-194. 34 “Il padiglione, come quello dell’anno precedente, è un vero successo pubblicitario e possiede evidenti qualità plastiche”. Red., 33ème Foire de Milan, in “L’Architecture d’Aujourd’hui”, 3, maggio-giugno 1955, p. 92.


Sull’attrattiva puntano anche i Castiglioni nella mostra della radio e della televisione nel padiglione RAI: una “sequenza aperta di salette caratterizzate da composizioni di profili urbani, antenne e apparecchi” 35 di invenzione di Max Huber. Il percorso sfocia in una sala di visione TV, un luogo immerso in un’atmosfera soffusa da salotto domestico in cui i visitatori possono accomodarsi a guardare gli schermi “che occhieggiano disseminati in volumi morbidamente sagomati e tinteggiati” 36.

Veduta esterna del Padiglione Rai, che ospita la mostra della radio e della televisione, A. e P.G. Castiglioni con M. Huber, 1955. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

35 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 88. 36 Ibidem.

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In alto: dettaglio dell’allestimento della sala di visione TV nel Padiglione Rai, A. e P.G. Castiglioni con M. Huber, 1955. Sotto: alcuni visitatori guardano gli schermi incastonati nell’allestimento nella sala di visione TV, A. e P.G. Castiglioni con M. Huber, 1955. S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 88.

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Nel recinto fieristico, i due fratelli si distinguono maggiormente per la Sala degli antiparassitari nel padiglione Montecatini. Studiata su un percorso a serpentina, essa è divisa da alcune “garze bianche montate su strutture portanti in legno naturale” 37. La visita inizia da uno spazio introduttivo, per giungere ad un grafico sviluppato su una lunga pannellatura per raccontare gli esiti delle ricerche scientifiche. Da qui parte una galleria in cui sono riprodotti insetti e parassiti in scala gigante, sparsi su ogni parete e moltiplicati dall’effetto dello specchio di fondo, immergendo gli spettatori nella teca stessa. Il corridoio, non percorribile longitudinalmente, è illuminato dal basso da una serie di scatole contenenti lampade fluorescenti daylight 38, la cui luce viene perfettamente diffusa da una membrana di copertura ai contenitori. In conclusione, una zona merceologica espone i prodotti confezionati su piani di cristallo, contenuti tra due listelli lignei uniti alla sommità e divaricati alla base. La merce è messa in risalto da una lampada spot che pende dalla cima, mentre titoli e didascalie sono realizzati con lettere in panno colorato applicate su schermi di garza nera, tesi tra due aste metalliche. “Il rigore espositivo si accoppia al divertito gioco scenografico, in una girandola di invenzioni: all’eccitato trompe-l’œil della scatola luminosa illusivamente continua (abitata, più che infestata, da parassiti ingigantiti che sifdano la forza di gravità) rispondono le intime capannine triangolari dei prodotti, la sequenza scattante dei pannelli e un luminoso tubolare espositivo sospeso all’ingresso”39

37 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 84. 38 La luce daylight è di una tonalità di luce bianca affine a quella diurna, molto utilizzata negli ambienti pubblici e negli uffici. 39 AA.VV., Allestimenti moderni, Milano, Görlich, 1961, p. 47.

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In alto: dettaglio dei pannelli esplicativi nella Sala degli antiparassitari del Padiglione Montecatini, A. e P.G. Castiglioni, 1955. A sinistra: veduta della galleria degli insetti nella Sala degli antiparassitari nel Padiglione Montecatini, A. e P.G. Castiglioni, 1955. Pagina precedente Veduta esterna del padiglione Montecatini che presenta la mostra “La chimica ha fatto dell’agricoltura la più grande industria”, 1955. A. De Carlo, Padiglioni alla Fiera di Milano, in “L’architettura cronache e storia”, 2, luglio-agosto 1955, p. 190. S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 84.

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In alto: dettaglio dell’area di esposizione dei prodotti nella Sala degli antiparassitari del Padiglione Montecatini, A. e P.G. Castiglioni, 1955. A destra: dettaglio dell’allestimento nella Sala degli antiparassitari nel Padiglione Montecatini, A. e P.G. Castiglioni, 1955. S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 86.

227


“La Montecatini presenta anche quest’anno la consueta “parata di successi” [...] La sala Rhodiatoce, degli arch. Albini e Helg, è senza dubbio il pezzo più valido del complesso” 40: in un ambiente estremamente leggero ed arioso, quattro elementi spiraliformi formati da una serie di tralicci in faggio naturale, convergono al centro e sostengono i veli Rhodia e le stoffe Nailon a comporre pareti, plafoni e piani di una delicatezza ed eleganza straordinarie. Il visitatore, addentrandosi nel “labirinto elicoidale”41, giunge al fulcro dell’esposizione, sottolineato da un grappolo sospeso di marchi rosso-oro della fabbrica. L’illuminazione è ottenuta mediante alcune nude lampadine fissate sulla sommità dei ritti degli espositori. Sopra: pianta dell’allestimento della Sala Rhodiatoce nel Padiglione Montecatini, F. Albini e F. Helg, 1955. A sinistra: dettaglio dell’allestimento della Sala Rhodiatoce, F. Albini e F. Helg, 1955. A destra: dettaglio dell’allestimento perimetrale nella Sala Rhodiatoce, F. Albini e F. Helg, 1955. A. De Carlo, Padiglioni alla Fiera di Milano, in “L’architettura cronache e storia”...cit., p. 193. I musei e gli allestimenti di Franco Albini, a cura di F. Bucci e A. Rossari, Milano, Electa, 2005, pp. 174-175.

228

40 A. De Carlo, Padiglioni alla Fiera di Milano, in “L’architettura cronache e storia”...cit., pp.190-192. 41 Ibidem.


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Anche la Sala dei coloronti ACNA, “dove i colori costituiscono il motivo predominante dell’impostazione architettonica”42, riscuote parecchio successo: Nizzoli infatti, propone una tridimensionalizzazione della grafica, attraverso nastri colorati che si svolgono e si intrecciano tra bobine sospese. Infine, la proposta di Carboni nel padiglione Agip-Snam: tra due sale, riscuote maggior successo quella di presentazione dei grafici di produzione, in cui lo spazio immerso in un colore rosso vivo presenta i manufatti in strutture che ricordano i classici lampadari da salone per i ricevimenti, in cui “le campane d’illuminazione determinano un “tono” di esaltazione”43. I pannelli divisori dello spazio riproducono grafici e loghi dell’ente, mentre sui tavoli rotondi vengono esposte alcune bombole dell’agipgas. Dopo pesanti critiche alle proposte degli architetti stranieri, la recensione si conclude con un elogio alle esposizioni del settore meccanico, che abbandonano ogni ricerca reclamistica e lasciano libero spazio ad una “fiera industriale”: “Meritano ancora menzione le “trovate” pubblicitarie lungo il percorso [...] Ma la parte più suggestiva della Fiera è costituita dai reparti della meccanica, in cui la scenografia è minimizzata e gli attrezzi, esposti in “serragli meccanici”, come animali nello zoo, si agitano e rumoreggiano.”44.

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Sotto: dettaglio dell’allestimento della Sala ACNA nel Padiglione Montecatini, M. Nizzoli, 1955. G. Bosoni, Padiglione Montecatini alla Fiera Campionaria di Milano, in “Progex. Design & Architetture Espositive”, 04, settembre 1990, p. 25.

42 A. De Carlo, Padiglioni alla Fiera di Milano, in “L’architettura cronache e storia”...cit., p.192. 43 Ibidem. 44 Ibidem.


A destra: dettaglio della sala di presentazione del Padiglione Agip-Snam, E. Carboni, 1955. Sotto: veduta generale dell’allestimento della sala di presentazione del Padiglione Agip-Snam, E. Carboni, 1955. D. Deschermeier, Impero ENI. L’architettura aziendale e l’urbanistica di Enrico Mattei, Bologna, Grafiche Damiani, 2008, p. 130.

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‘56

“L’apertura della XXXIV Fiera è caratterizzata dalla curiosa fontana con gigantesca caffettiera Bialetti sospesa che manifesta emblematicamente la dimensione del Kitsch, quanto Pop, delle fiere del boom economico”45 spiega Bosoni, rendendo l’idea dell’atmosfera che si poteva respirare tra i viali della Campionaria.

In questa edizione, ottengono il maggior successo i fratelli Castiglioni, che vengono apprezzati in vari settori. In primis, la realizzazione, per Montecatini, della Sala delle provvidenze per i dipendenti, in collaborazione con Provinciali ed Elda Torreani, presenta una “curiosa scenografia teatrale con tanto di attori-manichini”46. Dopo un’entrata in penombra, i visitatori vengono catapultati su un vasto palcoscenico inclinato in cui diversi gruppi di figurini47 a grandezza naturale che “intendono trasmettere un piacevole senso plastico e coloristico, grazie all’uso dei materiali eterogenei”48 e sono ancorati ad un grande piano praticabile a tre inclinazioni. All’interno della scena evidentemente ironica, non compare alcun segno del tempo (televisori, automobili nè qualsiasi prodotto industriale) poichè, secondo Polano: “La risposta data al tema dai progettisti, intellettuali forse non ancora impegnati ma già irridenti, [...] ha avuto il senso di una sprezzante parodia del reale, preludio solo apparentemente giocoso delle critiche di fondo che pochi anni più tardi porteranno alla contestazione del sistema.”.

Due viste interne del palcoscenico della Sala delle provvidenze per i dipendenti nel Padiglione Montecatini, A. e P.G. Castiglioni con E. Torreani e M. Provinciali, 1956. S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 107.

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45 G. Bosoni, Architetture provvisorie alla Fiera Campionaria, in Fiera Milano 1920-1995...cit. p. 192. 46 Ibidem. 47 Questi personaggi sono stati “oggetto di un attento studio tecnico e psicologico in relazione alle precise attività sociali che ogni gruppo rappresenta”. S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 107. 48 Ibidem.


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Notevole anche la “bassa e anonima struttura rettangolare porticata, coperta con soletta piana, che cela una galleria sotterranea, accessibile alle estremità mediante rampe”49, realizzata dai medesimi architetti,

in cui la Rai sposta la propria sede. Grazie al tocco di Waibl ed Illiprandi, la mostra parte da un’antenna da cui si snoda una lunga catena di programmi dell’azienda, che attira i visitatori percorrendo entrambi i piani della struttura. In un articolo per L’Architecture d’Aujourd’Hui50, viene spiegato come questa sia stata realizzata utilizzando uno studiato giunto metallico, che permette l’inclinazione secondo diverse angolazioni in una poetica di “meccanica tecnologica”. I pannelli, alcuni con didascalie e spiegazioni ed altri vuoti, supportano anche gli apparecchi illuminanti; il percorso è una “macchinazione ininterrotta”, che interagisce con un pubblico che scorre senza soffermarsi a lungo, ma rimane affascinato dal gioco che gli elementi creano intorno a sè. A sinistra: veduta esterna del nuovo Padiglione RAI, A. e P.G. Castiglioni con H. Waibl e G. Illiprandi, 1956. Pagina accanto In alto: rampa del padiglione che conduce alla mostra, A. e P.G. Castiglioni, 1956. Sotto: veduta di una sala interna della mostra nel padiglione RAI, A. e P.G. Castiglioni con H. Waibl e G. Illiprandi, 1956. S. Polano, Achille Castiglioni...cit., pp. 102104.

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49 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 102. 50 Red., Pavillon RAI, in “L’Architecture d’Aujourd’hui”, 9, settembre 1956, pp. 98-99.


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Proseguendo nella rassegna sulle proposte dei Castiglioni, la Sala dell’imballaggio nel padiglione dell’Associazione Italiana delle Industrie Grafiche risolve l’esposizione con un gioco di carte e pannelli, in cui gli articoli vengono presentati su pannelli di legno naturale di 120x180cm con le composizioni grafiche di Huber, mentre l’atmosfera viene illuminata da “grandi diffusori formati da un anello di carta bianca teso agli estremi da due tubi fluorescenti”51. Le pareti scure risaltano l’effetto suggestivo dei pannelli, dei colori e del sobrio geometrismo che accomunano i dettagli. Nello stand dell’Istituto italiano del marchio di qualità (Imq) essi sfruttano un’enorme bobina appesa al soffitto per dimostrare una delle possibili applicazioni dei cavi certificati, da cui dipartono a raggiera le sorgenti luminose. Gli stessi cavi vengono poi riproposti sia avvolti nelle rispettive bobine collocate in prossimità della vetrina sia nel lungo espositore a parete, in cui “semplicità di mezzi e concisa efficacia puntualizzano la comunicazione delle funzioni”52.

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51 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 105. 52 Ivi, p. 109.


A destra: due vedute dello stand Imq, A. e P.G. Castiglioni, 1956. Pagina accanto vedute interne della Sala dell’imballaggio nel padiglione aniigct, A. e P.G. Castiglioni con M. Huber, 1956. S. Polano, Achille Castiglioni...cit., pp.105, 106 e 109

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La perla è tuttavia il progetto per il padiglione Agip-Eni, in cui i progettisti sviluppano una rassegna didattico-documentaria “lungo un percorso obbligato che simula il processo di trasformazione delle materie prime”53. Il visitatore viene guidato da una serie di punti luminosi sospesi a luce intermittente, partendo dal sotterraneo (dedicato alle ricerche nel sottosuolo) per passare poi ad un soppalco e concludere, tornando al piano terreno, con una sezione dedicate alle raffinerie e ai derivati del petrolio. L’adozione dello stesso modulo per le tavole grafiche esplicative di Huber, e per il disegno delle pareti che delimitano l’intero percorso, combinati al geometrismo dell’incastellatura di legno del soppalco ed alle costellazioni di lampadine, danno la sensazione di essere immersi in un cantiere di estrema chiarezza. La facciata del padiglione, curata da Carboni, è composta da “pannelli bianchi animati animati qua e là con tocchi di colore a forma di rettangoli gialli e rosso mattone”54 combinati con fotografie di strumenti tecnici usati per perforare la terra durante la ricerca del petrolio. Nella parte centrale è stilizzata una torre di trivellazione, su cui si arrampicano uomini-pupazzi in tuta e casco, impegnati nell’estrazione. Una mappa, leitmotiv di molti dei padiglioni, si presenta all’ingresso, accanto ad una piccola stazione di servizio. L’eccezionale pullman pubblicitario Nube d’argento progettato per la Agip Gas da Mollino, Campo e Graffi staziona nel piazzale antistante per attirare l’attenzione del pubblico.

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53 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 100. 54 D. Deschermeier, Impero ENI. L’architettura aziendale e l’urbanistica di Enrico Mattei, Bologna, Grafiche Damiani, 2008, p.132.


Sotto: veduta interna del Padiglione Agip-Eni, A. e P.G. Castiglioni con M. Huber, 1956. Pagina accanto Veduta della facciata del Padiglione e pullman pubblicitario per la Agip Gas, A. e P.G. Castiglioni con M. Huber, 1956. S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 101. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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‘57

“E non è certo un caso che si siano scelte le “Giornate della chimica”,

tradizionale appuntamento della campionaria, per presentare ufficialmente il Moplen, la rivoluzionaria scoperta di Natta che avrebbe fruttato di lì a poco al suo autore il premio nobel” 55.

È proprio Montecatini che presenta al grande pubblico un’innovazione che, oltre a destare grande entusiasmo, rivoluzionerà completamente l’industria dei materiali termoplastici: il polipropilene isotattico, detto Moplen56, un polimero dall’eccellente resistenza meccanica ed economicità di lavorazione. Grazie alle sue eccellenti proprietà, esso verrà utilizzato in un’ampia gamma di settori, rivoluzionando soprattutto il mondo dell’utensileria domestica (esso rimane infatti tutt’oggi il materiale più utilizzato per tubi di scarico, sifoni, vasche, secchi e scolapasta). La mostra spiega le caratteristiche tecniche del materiale e propone numerosissime applicazioni su manufatti all’interno di una vetrina continua a sfondo scuro scavata nelle pareti del salone. I semilavorati voluminosi occupano invece la parte centrale, mentre l’illuminazione generale dell’ambiente è affidata a lampade a stelo 57. Nel padiglione, l’unico altro allestimento che desta interessa è la Sala dei coloranti ACNA, questa volta affidata alla mano di Carboni, che propone uno dei suoi giochi di forme geometriche e colori utilizzando l’esagono come motivo principale.

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55 L. Mocarelli, La fiera nell’economia lombarda dal primo dopoguerra a oggi, in E. Colombo , L. Mocarelli , L. Stanca, Il ruolo della Fiera di Milano... cit, p. 36. 56 Il Moplen o polipropilene isotattico (PP-H), è ottenuto dalla reazione di polimerizzazione del propilene. it.wikipedia.org/wiki/Moplen 57 Le lampade erano state utilizzate nel salone dei congressi della XI Triennale. S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p.116


Tre vedute di espositori all’interno della mostra del Moplen nel Padiglione Montecatini, A. e P.G. Castiglioni, 1957. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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Veduta generale della Sala dei coloranti ACNA allestita da E. Carboni nel Padiglione Montecatini, 1957. Pagina accanto Facciata del Padiglione Eni, BBPR, 1957. G. Bosoni, Padiglione Montecatini alla Fiera Campionaria di Milano, in “Progex. Design & Architetture Espositive�... cit., p. 27. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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La facciata del padiglione Eni, viene stavolta affidata al gruppo BBPR, che propone una “concentrazione di elementi altamente allusivi”58, attribuendole una singolare forza simbolica. Costituita da un piano bidimensionale, essa è ritmata soltanto da strette lesene merlate sulla sommità che, alternandosi con una fila di circonferenze, creano una sorta di fregio. Gli ingressi sono costituiti da due semplici rettangoli ritagliati nella parete, raggiungibili passando sotto due tettoie ondulate tirantate alla facciata, come due ponti levatoi. Per sottolineare ulteriormente la “fortificazione”, la mappa viene questa volta posta in alto, quasi al centro della facciata, “a guisa di stendardo dell’eni”59.

58 D. Deschermeier, Impero ENI. L’architettura aziendale e l’urbanistica di Enrico Mattei...cit., p. 133. 59 Ibidem

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“Per rendersi visibile, fra gli altri che lo sovrastano in altezza, sia di giorno che di notte, il padiglione esibisce una sistemazione esterna di forte impatto visivo”60: sopra il tetto, infatti, il padiglione Rai presenta una leggera struttura metallica controventata da cavi, a cui sono sono appesi quattro file di luminarie in flexa (un materiale plastico) che ricordano le lanterne cinesi, zavorrate e stabilizzate da contrappesi contenenti sabbia. I Castiglioni optano questa volta per l’abolizione di qualsiasi rappresentazione grafica o fotografica, a favore di testi parlati e sonorizzazioni, affidando ad essi la pubblicizzazione delle trasmissioni. Questa scelta conduce ad una differente soluzione architettonica: il piano rialzato, chiuso da vetrate, è costituito da cinque cabine ottagonali isolate acusticamente, in cui il visitatore può scegliere l’ascolto a seconda del proprio interesse.

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60 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 116.


A destra: dettaglio di una cabina interna del Padiglione RAI, A. e P.G. Castiglioni, 1957. Sotto: dettaglio delle lanterne sul tetto del Padiglione RAI, A. e P.G. Castiglioni, 1957. Pagina accanto Veduta generale esterna del Padiglione RAI, A. e P.G. Castiglioni, 1957. S. Polano, Achille Castiglioni...cit., pp. 117118.

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‘58

“Un evento questo 61 che dovrebbe indurre a valorizzare, più di quanto non

si sia sinora fatto, il ruolo svolto nella diffusione delle conoscenze e nella promozione di nuove tematiche dai numerosi congressi e convegni che si tenevano in Fiera, in gran parte dedicati ad argomenti di carattere tecnico-scientifico. [...] Basti qui richiamare, oltre al pionieristico interesse per le nuove fonti di energia, la mostra “Primi passi nello spazio”, svoltasi nel 1958 e giunta a prefigurare la conquista della luna” 62.

La mostra fornisce, per la prima volta in Europa, una visione completa del settore spaziale ed una previsione dei suoi futuri sviluppi. Lo stesso anno, inoltre, riscuotono smisurato successo anche gli elettrodomestici, la nuova frontiera63 dell’abitare, presentati soprattutto nella rassegna La FIAT per la casa. Con le nuove tecnologie portate dal boom economico, infatti, la Campionaria sta diventando protagonista ed artefice della diffusione delle informazioni, riconfermando il proprio ruolo per la cultura e la vita economica del paese. A sinistra: pannello espositivo della mostra “Primi passi nello spazio”, 1958. Pagina accanto In alto: stand di elettrodomestici all’interno della mostra “La Fiat per la casa”, 1958. In basso: stand della Kartell, con oggettistica in moplen, 1958. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

61 L. Mocarelli, La fiera nell’economia lombarsa, in E. Colombo , L. Mocarelli, L. Stanca, Il ruolo della Fiera di Milano... cit, p. 74. 62 Ivi, p. 36. 63 “La popolazione statunitense aveva già fatto la conoscenza di questi nuovi strumenti prima della seconda guerra mon-

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diale, in Europa e in particolare in Italia la loro diffusione sarà invece graduale dai primi anni Cinquanta in avanti”. http:// archiviostorico.fondazionefieramilano.com/la-nostra-storia/1951-60.html


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“Dell’edizione del 1958 vale la pena di menzionare [...] la magnifica rielaborazione del Padiglione ENI fatta dai Castiglioni con Huber”64, costituita da un’imponente copertura a gradoni sostenuta da un’intelaiatura metallica, che sovrasta l’ingresso in tutta la sua altezza ed amplia la superficie espositiva. Un effetto ottico fa sì che i due logotipi aziendali siano leggibili solo da una distanza di 4 metri sull’asse dell’accesso, variando la percezione al mutare del punto di vista. Ogni gradone è illuminato da una serie di 30 riflettori da 150 watt, che rendono la facciata completamente bianca anche con il cielo notturno. L’ambiente sottostante i gradoni è praticamente vuoto ed “affida il forte effetto suggestivo ad una regia di luci e suoni”65. Esso conduce ad un ”imponente pozzo centrale, in cui si alternano 4 dischi rotanti che illustrano il tema della mostra [...] sincronizzati con un commento sonoro”66. All’interno del pozzo la luce è

diretta sulla superficie dei dischi, colorando ciascuno di essi in rosso, verde o giallo e provocando cangianti e ritmati giochi di luce sul soffitto.

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64 G. Bosoni, Architetture provvisorie alla Fiera Campionaria, in AA.VV., Fiera Milano 1920-1995...cit, p. 193. 65 D. Deschermeier, Impero ENI...cit., p. 134. 66 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 133.


A destra: dettaglio della sala espositiva con il pozzo, A. e P.G. Castiglioni con M. Huber, 1958. Sopra: veduta notturna del Padiglione RAI, A. e P.G. Castiglioni con M. Huber, 1958. Pagina accanto In basso: veduta generale esterna del Padiglione RAI, A. e P.G. Castiglioni con M. Huber, 1958. In alto: due sezioni di progetto del padiglione, A. e P.G. Castiglioni con M. Huber, 1958. S. Polano, Achille Castiglioni...cit., pp. 133135 Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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Montecatini collabora quest’anno con grafici-artisti di alto livello tra i quali Heinz Waibl, Giancarlo Illiprandi, Pino Tovaglia e Max Huber, insieme agli architetti Castiglioni e Cesare Pea. Al suo interno, di particolare impatto è la Sala delle materie plastiche, in cui vengono illustrati gli sviluppi nell’utilizzo industriale del Moplen all’interno di una rigorosa composizione grafica tridimensionalizzata, in cui si incastrano prismi per l’illuminazione che evidenziando il contrasto tra bianco e nero, le due cromie dominanti.

A sinistra: Sala dei coloranti ACNA, Padiglione Montecatini, 1958. Pagina accanto Sala delle materie plastiche, esposizione dei prodotti in Moplen, 1958. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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Un originale padiglione RAI conferma poi il medesimo team di progettisti, tra cui Huber che, questa volta “si diverte con un enorme “affresco” pop che gioca con l’idea di un gigantesco pannello da flipper” 67. Il tema centrale dell’anno è “un richiamo giocoso ma efficace al tema dell’edizione, risolto come scultura segnaletica sul tetto del padiglione” 68 che ospita tre alte antenne trasmittenti, circondate da un gruppo di riceventi, vistosamente variopinte ed illuminate nella notte. Sulle vetrate esterne una rassegna di riproduzioni fotografiche a forma di schermo televisivo riuniscono le sigle di ogni stazione collegata in eurovisione, le cui storie ed iniziative vengono narrate nella mostra interna. A sinistra: veduta notturna del padiglione RAI, A. e P.G. Castiglioni con M. Huber, 1958. Pagina accanto veduta diurna del padiglione RAI, 1958. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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67 G. Bosoni, Architetture provvisorie alla Fiera Campionaria, in AA.VV., Fiera Milano 1920-1995...cit, p. 193. 68 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 136.


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‘59

“Dal 57 in poi [...] è il trionfo della grafica pura. Sono gli anni, del resto, in cui sembra che la grafica diventi, a Milano, la vera lingua della città. Come il design. È la lingua, questa, della Milano della ricostruzione, dell’espansione.” 69

Questa edizione continua sull’entusiasmo delle precedenti, presentando, tra le novità di livello internazionale, la prima (e l’unica al mondo) Esposizione sulle applicazioni pacifiche dell’energia nucleare. Tra le nuove tecnologie per il lavoro, spicca nuovamente Olivetti, che continua a coltivare le proprie concezioni avanguardistiche della produzione industriale e presenta i brillanti risultati alla Campionaria: tra questi, ad esempio, il primo elaboratore italiano ELEA.

In alto: manifesto ufficiale della Campionaria, E. Bonini, 1959. A sinistra: stand Olivetti e consociata Bull, 1959. Pagina accanto Veduta generale e due dettagli della facciata del Padiglione ENI, E. Ascione e L. Sinisgalli, 1959. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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69 E. Tadini, Una cronaca in figure, in AA.VV., Fiera Milano 1920-1995...cit., pp. 272-278.


La facciata del padiglione ENI passa invece nelle mani di Sinisgalli ed Ascione, che propongono un pannello sorretto da una struttura tubolare, su cui “25 mila tasselli di legno incollati riproducono il grafico tecnico di una sezione geologica”70creando una scultura astratta. Interamente “i tramezzi sono in cemento gettato fuori opera, alleggerito da un’anima di plastica espansa. Le pareti, già esistenti, sono rivestite di listoni di compensato. La plafonatura è in compensato, sospesa con tiranti al soffitto. Il pavimento è in gomma di colore uniforme” 71.

70 D. Deschermeier, Impero ENI... cit., p. 132. 71 Red., Padiglione ENI, in “l’architettura”, 5, 6, ottobre, 1959, p. 404.

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In alto: dettaglio interno del padiglione ENI con pavimento in gomma Pirelli, 1959. A sinistra: sala interna del padiglione con mappa delle centrali ENI, 1959. Pagina accanto Veduta esterna del padiglione RAI con la mostra “Telescuola�, A. e P.G. Castiglioni con P. Tovaglia, 1959. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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Il padiglione Rai, presenta con esito positivo la mostra Telescuola, per la quale i Castiglioni mantengono il tetto dell’anno precedente, ma rinnovano completamente l’interno, avvalendosi della collaborazione di Pino Tovaglia. “A simboleggiare i programmi Rai destinati all’istruzione, dalla scolarizzazione alla formazione professionale, grandi silhouettes di attrezzi da lavoro sono applicate alle vetrate, mentre modelli fuori-scala di pennini da inchiostro sono ancorati, mediante elementi di interposizione, al serramento metallico” 72. I modelli sono utilizzati anche per diffondere la luce (proveniente da spot appoggiati alle vetrate) che crea un gioco di sovrapposizione tra sagome chiare e scure, che risaltano agli occhi dei passanti sul viale. L’unico espositore che occupa lo spazio al piano rialzato è un tronco di cono, sezionato orizzontalmente da una fessura piuttosto alta, a formare un piano d’appoggio e contenente anche le sorgenti luminose. Infine, in una “galleria gradonata ipogea”73 viene presentata una selezione di manifesti di Illiprandi, Steiner, Huber e Munari, sul tema ”invito alla radio”, appesi a pareti totalmente rivestite con tavole di legno grezzo.

72 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 150. 73 Ibidem.

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Due dettagli dell’interno del padiglione RAI, con l’espositore a tronco di cono sezionato e le sagome scure, A. e P.G. Castiglioni con P. Tovaglia, 1959. Pagina 258 Chiosco-birreria Splügen Braü, A. e P.G. Castiglioni, 1959. S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 150. Red., Un chiosco-birreria, in “Domus”, 358, settembre, 1959, pp. 5-7.

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In questa edizione, ad Achille e Pier Giacomo Castiglioni, con il contributo grafico di Huber, vengono assegnati altri due allestimenti: la Sala delle vernici Duco nel padiglione Montecatini ed il chiosco-birreria Splügen Bräu per il noto birrificio Poretti. Nel primo caso, i progettisti focalizzano lo spettatore sulla varietà del campionario, illustrandone i possibili legami con l’industria italiana. Nella relazione del progetto, essi stessi affermano: “L’allestimento è stato realizzato senza ricorrere a preponderanti composizioni volumetriche e plastiche, con un solo colore (bianco), per mettere in massimo risalto il materiale d’esposizione tutto imperniato sui propri colori” 74. Una sequenza di sei quinte formate ciascuna da quattro lastre in cristallo temprato Vis-Securit di 2x2m (e spessore 10mm), poggiate su ridotte basi a paimento e tenute in equilibrio da cavi metallici ancorati alle pareti, presentano “come in una grande immagine technicolor”75 i campioni dei prodotti ed esempi delle loro applicazioni: le vernici Duco per la casa, per le navi, per le carrozzerie, per le superfici legnose e i pigmenti per l’industria delle vernici. L’illuminazione è risolta con spot sostenuti da 6 catenarie parallele, i cui i giunti in ferro verniciato bianco, infine, donano una sensazione di smaterializzazione.

Il chiosco, invece, è posizionato al centro del viale centrale, soggetto dunque ad un ingente transito del pubblico. La struttura si distingue per la copertura: 8 falde displuviate 76 con soffittatura a liste di legno douglas sono sorrette da 4 travi di profilato di ferro su due ordini di sostegni ferrosi. L’accesso avviene dai lati minori (lungo i lati maggiori il pavimento è rialzato di tre gradini) e conduce a pedane in mattoni su cui sono collocati 20 tavolini e 36 panche del medesimo legno, con cuscini in vinilpelle color rosso vermiglione. Al centro del padiglione è collocato il locale dei frigoriferi, “un grande volume delimitato da pareti rivestite di specchi che - riflettendo le infilate dei sedili, il soffitto e le facciate sul viale - riescono ad annullarlo visivamente” 77. Due grandi banconi sono posti alle estremità, rivestiti lateralmente del medesimo legno, con un piano d’appoggio in formica nero lucido e tubo poggiapiede in ottone lucidato (come i corrimano e le finiture). Il ruolo della cassa è svolto da un distributore automatico di scontrini, che, inserendo una moneta da 100 lire, rilascia la ricevuta per la consumazione. “Un piccolo edificio ammirevole, e classico, vorremmo dire: per la chiarezza della concezione e del disegno, per le proporzioni, per la leggerezza della struttura, per i molti accorgimenti, e tutti semplici: piccolo di dimensioni, appare vasto per gioco di prospettiva; tutto aperto e trasparente, appare accogliente e protetto per la forma della copertura [...] E ciò senza nessuna aggiunta allusiva, o di ornamento: sola decorazione sono i marchi e i nomi delle diverse birre (dipinti sugli specchi e nel soffitto, su progetto di Max Huber” 78.

74 Red., La Sala delle Vernici, in “Rassegna pubblicitaria”, 1, maggio, 1959, p. 11. 75 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., pp. 146-147. 76 Falde displuviate, fatte cioè a due spioventi. 77 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 145. 78 Red., Un chiosco-birreria, in “Domus”, 358, settembre, 1959, pp. 5-7.

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I fattori progettuali che hanno caratterizzato lo sviluppo del progetto allestitivo nell’ambito della Campionaria durante il decennio appena analizzato, sono:

Un consolidamento della collaborazione tra grandi nomi dell’architettura e del design italiano e le aziende che frutta padiglioni definibili “opere d’arte totali”, tanto all’esterno quanto nell’interno. Il boom economico incentiva le possibilità degli autori, che si servono di nuovi materiali e delle nuove tecniche di lavorazione per plasmare non solamente incredibili strutture atte a destare meraviglia agli occhi del pubblico, ma anche percorsi didattico-illustrativi che spiegano ed approfondiscono vicende ed attività aziendali, immergendo i visitatori in incredibili realtà parallele.

Nella composizione degli stands, si assiste all’utilizzo di sagome, luci e colori che riflettono la progettazione grafica, tridimensionalizzandola attraverso espositori e dettagli con sembianze plastiche simili a sculture. I supporti si allineano all’idea di ”attenzione al contenitore, oltre che al contenuto” rivendicata dai progettisti del periodo, talvolta sormontando gli stessi oggetti presentati.

I prodotti sono frutto delle ultime tecnologie industriali e di materiali innovativi. È in questo periodo che nascono molte icone del design pop che entreranno nella storia del progetto, per le quali la Fiera è un ottimo trampolino di lancio.

La comunicazione è la componente che assiste all’evoluzione più radicale: mentre la grafica è ormai parte integrante di insegne, manifesti, cataloghi e logotipi e fornisce indicazioni icastiche e simboliche, la trasmissione del messaggio attraverso la struttura diventa il focus della ricerca progettuale, portando spesso a padiglioni che sussurrano e lasciano semplicemente intuire la propria essenza, chiedendo al visitatore di lasciarsi guidare dalla narrazione,

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NUOVI MODI DI

COMUNICARE

“L’architettura si abita mentre l’arte si guarda; questa è una differenza fondamentale. L’architettura è un’esperienza fisica e sensoriale perchè ci si va dentro.” Ettore Sottsass


Una Fiera di Milano che ha raggiunto un incommensurabile successo a livello mondiale apre il decennio ospitando quasi 14 mila espositori (di cui circa 4 mila stranieri), 4,5 milioni di visitatori e diverse rassegne specializzate, tra cui spicca il MIFED, la Mostra internazionale del Film, Telefilm e Documentario.

1960

Considerando infatti che il settore della produzione cinematografica mondiale era dominato dagli Studios di Hollywood e, in Italia, dagli stabilimenti di Cinecittà, la Fiera vedeva in questo evento l’opportunità concreta di trasformare Milano nella capitale della gestione dei diritti e distribuzione di pellicole dell’industria cinematografica.

Interno del padiglione del MIFED, galleria dedicata alle pellicole cinematografiche, 1960. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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“Del 1960 conosciamo solo la sistemazione interna del padiglione Montecatini fatta dai Castiglioni”1 la cui Sala delle materie plastiche, in effetti, merita di essere ricordata per la straordinaria volta contraddistinta da scie regolari di piccole sfere bianche in cloruro di polivinile espanso, sospese da fili invisibili, che “annullano la profondità dello spazio e immergono il visitatore in un vertiginoso cielo artificiale”2. Lungo il perimetro si presentano gli espositori realizzati da Illiprandi: vetrine bianche Sotto: espositori nella Sala delle materie plastiche nel padiglione Montecatini, G. Illiprandi, 1960. Pagina accanto

dai profili sagomati che illustrano la produzione ricavata dai materiali promossi, riflessa sul piano verticale da specchi inclinati ed illuminate dall’alto. Sul fondale, scritte riassuntive ne esplicano le caratteristiche tecniche, utilizzando sobri caratteri sans serif in una griglia rigorosa.

In alto: stand all’interno del MIFED, ricostruzione di un set domestico, 1960. Sotto: volta della Sala delle matere plastiche nel padiglione Montecatini, A. e P.G. Castiglioni, 1960. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

1 G. Bosoni, Architetture provvisorie alla Fiera Campionaria, in Fiera Milano 1920-1995...cit, p. 193. 2 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., pp. 168-169.

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Mentre la “febbre delle materie plastiche” contagia rapidamente il mercato causando la nascita di nuove imprese (tra cui la nota Kartell), i Castiglioni ripensano il padiglione RAI lasciando al centro dell’estradosso della copertura un’unica grande antenna e sospendendo, dalla mezzeria della parte aggettante della pensilina, una fila di luminarie. All’interno, l’area è divisa in volumi cubici contornati da snelli profilati metallici, che creano una controsoffittatura pannellata con le bandiere degli stati partecipanti alla XVII olimpiade, in programma a Roma quello stesso anno. Alla struttura vengono agganciate gigantografie raffiguranti diverse attività sportive, che accompagnano “vistosi totem che inglobano schermi quadrati”. Una simile pannellatura è utilizzata per lo stand Pirelli per le vacanze, realizzato da Pino Tovaglia, che propone le applicazioni della gomma su prodotti per il mare. La maglia metallica modulare sostiene luminari cilindrici una successione di fotografie che scandiscono il percorso, accompagnato da una pedana in parquet attraverso chiare griglie metalliche leggermente rialzate, su cui sono poggiati materassini gonfiabili, gommoni e salvagenti, ricreando l’ambiente di una baracca da spiaggia tipica delle località marittime di villeggiatura. Grazie a questa installazione, un vastissimo pubblico può “esplorare le qualità estetico-comunicative del material design di Pirelli, in cui il sapere tecnico-produttivo si confronta con quello artistico-umanistico contribuendo all’evoluzione della cultura materiale”3.

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Sotto: veduta esterna del padiglione RAI, A. e P.G. Castiglioni, 1960. Pagina accanto In alto: stand all’interno del padiglione dell’elettronica, radio, televisione, illuminazione e lampadari, 1960. Sotto: stand Kartell all’interno del padiglione 26 ( pad. delle materie prime, semilavorati e prodotti finiti in materia plastica), F.lli Lana, 1960. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

3 M. Ferrara, “Rising matter”. Pirelli, rubber, design and the polytechnic dimension in the second post woldwar, AIS/Design Storia e Ricerche, 4, novembre, 2014. http://www.aisdesign.org/aisd/lievitare-la-materia-pirelli-la-gomma-il-design-e-la-dimensione-politecnica-nel-secondo-dopoguerra


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“All’inizio degli anni Sessanta la Fiera si dà due priorità: sviluppare ancora di più la propria internazionalità e potenziare la funzione di “mercato”. Per tale ragione, viene istituito nel 1961 il “Centro internazionale degli scambi” (CIS), un complesso di servizi per facilitare l’incontro del produttore con l’operatore economico: una vera e propria “cittadella degli affari”. Con l’istituzione del CIS la Fiera aiuta soprattutto quei paesi che non dispongono di una rete di rappresentanze commerciali all’estero, un’opportunità praticamente unica di poter intraprendere un dialogo con tutti i possibili partner economici.”4

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Il potenziamento della funzione commerciale della Fiera incoraggia i progettisti a perseguire la ricerca e l’elaborazione di uno “stile industriale”, per “umanizzare” l’industria “attraverso l’integrazione fra cultura tecnica ed umanistica”5. Proprio in quest’ottica, Montecatini propone una serie di allestimenti che promuovono il fondamentale contributo della ricerca scientifica, illustrando minuziosamente tutte le possibilità che ciascuna branca può offrire. A questo scopo, la società si avvale della collaborazione della coppia Albini-Helg, di Gardella, dei BBPR, di Minoletti, Ponti, Munari, Donatelli ed, immancabilmente, dei fratelli Castiglioni. A questi ultimi è affidata la Sala delle ricerche scientifiche, di cui illustrano il processo ed i risultati ottenuti dividendo lo spazio in due settori: uno d’ingresso, ampliato da una parete a specchio, in cui la narrazione è affidata ad lungo fotomontaggio; ed uno per l’esposizione dei progressi scientifici, descritti da pannelli luminosi disposti a formare un labirinto.

A destra: sala delle ricerche scientifiche all’interno del padiglione Montecatini, A. e P.G. Castiglioni, 1960. Pagina accanto In alto: veduta interna dello stand “Pirelli per le vacanze”, P. Tovaglia, 1960. Sotto: veduta generale dello stand “Pirelli per le vacanze”, 1960. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

4 Sez. 1961-1972 a cura della Fondazione Fiera Milano: http://archiviostorico.fondazionefieramilano.com/ la-nostra-storia/1961-72.html 5 F. Bulegato, E. Dellapiana, Il design degli architetti italiani 1920-2000, Milano, Electa, 2014, p. 43.

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“Una parecipazione molto più estesa e di grande valore viene portata, nel 1961, all’interno del padiglione Montecatini da Gardella con la grafica di Vignelli, dai BBPR con la grafica di Waibl, da Carboni, da Ponti con Corsini e la grafica di Tovaglia, da Albini e Helg con la grafica di Helg”6 L’apporto di questi progettisti, infatti, porta il padiglione a diventare, una volta in più, uno dei principali poli attrattivi, destando l’attenzione del pubblico e di numerossi quotidiani e riviste. La Sala “La Montecatini nel mondo”, allestita da Ponti e Corsini, con l’apporto grafico di Tovaglia, presenta una serie di cilindri dalle diverse sezioni in alluminio anodizzato, in tonalità naturale ed azzurro, interrotti da vetrine espositive che alleggeriscono la composizione: “a luci accese appaiono sospesi, distaccati dal soffitto (l’attacco conico col soffitto in tela illuminandosi scompare)”7. La Sala dedicata agli elastomeri, invece, è assegnata al gruppo BBPR8 e a Waibl: altissimi parallelipedi in legno e vetro che, “come stalattiti e stalgmiti, nascono alternati dal pavimento e dal soffitto” 9 vengono sezionati allo stesso livello (l’altezza ottimale per il visitatore) da vetrine espositive. La Sala delle materie plastiche è affidata a Gardella che, coadiuvato da Vignelli, realizza un gigante lampadario centrale aggregando policromi parallelepipedi in vedril: mentre alcuni contengono le fonti luminose, altri “prendono luce per trasparenza”10, ponendosi in continuità con i listelli colorati del soffitto. Infine, la Sala dedicata alla Montecatini nel Sud d’Italia, allestita da Albini ed Helg con il grafico olandese Noorda, è “caratterizzata da due profili orizzontali neri contenenti gli elementi d’illuminazione, appesi a sottili tondini di ferro verniciati di rosso”11. Immersi in un ambiente etereo, essi disegnano un grande volume vuoto: “il profilo più basso, all’altezza dell’occhio del visitatore, gli si presenta come una linea sempre uguale: solo nel disegno più alto si può leggere il disegno del volume: un gioco ottico.”

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6 G. Bosoni, Architetture provissorie alla Fiera Campionaria, in Fiera di Milano 1920-1995...cit., p. 193. 7 Red., Allestimenti: alcuni aspetti degli allestimenti realizzati, quest’anno, nel padiglione Montecatini alla fiera di Milano, in “Domus”, 382 , settembre, 1961, p. 39-42. 8 Il gruppo BBPR è formato dagli architetti Lodovico B. Belgioioso, Enrico Peressutti ed Ernesto N. Rogers. 9 Red., Allestimenti, in “Domus”...cit., p. 41. 10 Ivi, p. 40. 11 F. Bucci, A. Rossari (a cura di), I musei e gli allestimenti di Franco Albini, Milano, Electa, 2005, pp. 180181.


A destra: Sala “La Montecatini nel Mondo”, G. Ponti e C. Corsini con P. Tovaglia, 1961. In basso: Sala degli elastomeri, BBPR con H. Waibl, 1961. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano G. Bosoni, Padiglione Montecatini, in “Progex. Design & Architetture Espositive”...cit, p. 39.

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Due vedute della Sala Montecatini nel Sud d’Italia, F. Albini e F. Helg con B. Noorda, 1961. Pagina 270 In alto: veduta a colori della Sala degli elastomeri, BBPR con H. Waibl, 1961. In basso: Sala delle materie plastiche, I. Gardella con M. Vignelli, 1961. Pagina 271 Dettaglio del lampadario della Sala delle materie plastiche, I. Gardella con M. Vignelli, 1961. G. Bosoni, Padiglione Montecatini alla Fiera Campionaria di Milano, in “Progex. Design & Architetture Espositive�, 04, settembre 1990, pp. 39-42.

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Tornando al panorama della fiera, un segnale a grande scala che cattura l’occhio dei passanti è il tetto dei fratelli Castiglioni per il padiglione Rai: “un’ingombrante gradonata, illuminata dal basso, con lo slogan della rassegna” 12 sovrasta la struttura, conservando la posizione degli spot d’illuminazione ma variandone la tipologia. L’apertura del secondo canale, tema centrale dell’esposizione annuale, viene annunciata con una scritta a caratteri cubitali curata da Huber, che risalta in bianco sulle alzate dei gradoni. Alle vetrine si appoggiano i pannelli espositivi, che presentano una sagoma dell’Italia in cui vengono indicati gli impianti di trasmissione televisiva, rapportati alla percentuale di popolazione servita a partire dal 195413. La permeabilità allo sguardo dall’esterno e la successione cronologica dei pannelli catturano immediatamente l’occhio dei passanti.

Veduta esterna del padiglione RAI, A. e P.G. Castiglioni con M. Huber, 1961. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

12 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 180. 13 Il 1954 è l’anno dell’inizio ufficiale delle trasmissioni televisive.

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“È importante ricordare che, fra le tante fiere specializzate che ormai riempiono il recinto fieristico in altri periodi dell’anno, il 24 settembre 1961 apre i battenti il Salone del Mobile, certo la più significativa manifestazione del mondo del design italiano e pertanto destinato a diventare uno dei luoghi più interessanti sul piano dell’architettura provvisoria”14. In un periodo di grande fermento per la ricostruzione edilizia post-bellica, l’Italia, come la Germania, affronta la necessità di ricostruire anche le abitazioni per i cittadini. Data la grande richiesta di mobili e complementi d’arredo, le industrie italiane (numerose aziende di dimensioni ridotte) e tedesche (in una situazione inversa rispetto a quella italiana) avanzano la necessità di mettersi in contatto con i consumatori: nel 1960, a Colonia, la Germania aveva riaperto la Koelnmesse, una storica esposizione nel settore della casa e dell’arredamento. Visto il successo riscontrato, un gruppo di imprenditori italiani del settore (il futuro Cosmit15) decise di importare il modello nella Fiera di Milano, inaugurando l’evento due anni dopo con 328 espositori su un’area di quasi 12 mila m2 e richiamando un pubblico di 12.100 visitatori.

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14 G. Bosoni, Architetture provissorie alla Fiera Campionaria, in Fiera di Milano 1920-1995...cit., p. 193. 15 Il Cosmit era ed è tuttora il Comitato organizzatore del Salone del Mobile.


A sinistra: Manifesto ufficiale del primo salone del mobile, 1961. In alto: veduta di una sala all’interno del primo Salone del Mobile, 1961. A destra: veduta dello stand Pirelli Sapsa nel primo Salone del Mobile, 1961. Un operaio specializzato durante la fase di incollaggio della gommapiuma ad una seduta. Archivio Storico Pirelli fondazionepirelli.org Blog Ballarini: http:// blog.ballarini-interni. com/eventi/salone-del-mobile-2015/

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Con la quarantesima edizione, il polo stabilisce ulteriori records: una superficie occupata di 344.900 m2, che ospita più di 14mila espositori, di cui quasi 4mila esteri. Il trionfo ottenuto nonostante il concomitante aumento di manifestazioni settoriali desta entusiasmo; dall’anno successivo, tuttavia, inizierà a registrarsi un calo di presenze che porterà la Campionaria a veder tramontare il “periodo d’oro” con la fine del decennio.

“Alla Fiera di Milano del 1962 siamo di fronte al caso di una progettazione di carattere istituzionale, quella per la Montecatini che presentava il polipropilene come nuovo materiale del futuro”16. I Castiglioni, con i grafici Huber e Waibl, utilizzano un reticolo di cavi tesi tra le pareti che sostengono un “singolare sistema d’illuminazione a luce diretta”17: un diffusore realizzato con un sottile foglio rettangolare in polipropilene arrotolato forma un cono che contiene le lampadine, dimostrando le poliedriche risorse di questo polimero. La fluttuante distesa di sorgenti luminose genera un forte impatto visivo, mentre i prodotti vengono esposti in tavoli-vetrine, suddivisi in quattro settori a seconda della materia prima impiegata: il moplen, il merakrin, il meraklon ed il moplefan; in onore di questi, infatti, la sala sarà presto ribattezzata come “la sala delle 4 M”. A completare l’insieme, i muri, interamente coperte da fotomontaggi, illustrano gli impianti di produzione dell’azienda mentre un futuristico grafico retroilluminato spiega le proprietà dei suddetti materiali.

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16 P. Ferrari, Architettura d’interni per esporre. Progetti di Achille Castiglioni, in AA.VV., Progettare mostre: dieci lezioni di allestimento, Milano, Lybra, 1992, p. 22. 17 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 187.


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Nella Sala dei grandi progetti, realizzata da Corsini e Wiskemann si entra

veduta dall’ingresso della Sala delle 4 M nel padiglione Montecatini, A. e P. G. Castiglioni con M. Huber e H. Waibl, 1962.

invece in una rete metallica circolare, che ingloba il visitatore mostrando una serie

Pagina 277 veduta generale dell’allestimento della Sala delle 4 M nel padiglione Montecatini, A. e P. G. Castiglioni con M. Huber e H. Waibl, 1962. Pagina accanto In alto: Sala dei grandi progetti nel padiglione Montecatini, C. Corsini e G. Wiskemann, 1962. In basso: veduta esterna del nuovo padiglione RAI, A. e P. G. Castiglioni con F. Biaconi, 1962. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano P. Ferrari, Architettura d’interni per esporre. Progetti di Achille Castiglioni, in AA.VV., Progettare mostre: dieci lezioni di allestimento, Milano, Lybra, 1992, p. 22.

di fotomontaggi rettangolari retroilluminati. Il focus è però un grande plastico centrale, in cui vengono mostrati i siti dei progetti esplicati lungo la struttura circostante. Una totale trasformazione della sede della Rai, che verrà così descritta da Achille Castiglioni, nel 1985: “Il padiglione è stato trasformato in un altro tipo di architettura [...] nelle Fiere in quell’epoca si interveniva con le solite pannellature, con le solite coloriture; invece, in un certo momento si capì che il muro non costava poi tanto, bastava farlo e poi demolirlo.”18. Occupando lo stesso sito delle strutture precedenti, gli architetti pongono quattro lunghe pareti parallele a sostegno di una copertura piana, “formando due gallerie laterali passanti e un ambiente centrale sopraelevato, con percorso a U indicato da una ringhiera metallica”19. Questo originale artificio è utilizzato per comunicare in modo inedito il tema centrale della rassegna: “la radio e la televisione per lo sport”. I tramezzi esterni ostentano giganteschi dipinti realizzati da Bianconi, simili a graffiti sull’intonaco grezzo che raffigurano le varie discipline sportive. Internamente, nel corridoio centrale, schermi televisivi incastonati in lunghe feritoie (a richiamare l’allestimento del ‘55) trasmettono ininterrottamente una retrospettiva sulle principali prestazioni agonistiche degli ultimi anni, con particolare riferimento alle olimpiadi di Roma. Dalle stesse aperture si possono ammirare, dalla parete interna dei muri perimetrali delle gallerie, pannelli fotografici alternati a didascalie dipinte, la cui composizione è curata da Tovaglia. Il locale ipogeo, accessibile da una sola scalinata, viene adibito a teatro. “Un rapporto “abitativo” singolarmente felice [...] fra il padiglione [...] ed i visitatori indifferenziati. Essi hanno evidentemente gradito[...] la modestia dei materiali impiegati e la totale assenza di strutture leggere d’allestimento. Potevano servirsi di questo tunnel come di un portico che non imponeva sussiego: e lo hanno fatto in completa libertà, secondo quel clima che è tipico delle fiere popolari”20.

18 A. Castiglioni, La funzione della triennale nello sviluppo delle teorie e delle tecniche espositive, in “Quaderni di documentazione dell’Uia”, vol. 2, Uia, Venezia, 1985, p. 21. 19 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 186. 20 Red., Un padiglione interamente dedicato allo sport, in “Notizie Rai”, 4, aprile, 1962, pp. 2-3.

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Da ricordare, infine, una curiosa proposta di Joe Colombo per lo stand della ditta del padre Cesare, produttrice di materiale elettrico. Oltre all’impatto del rosso, egli utilizza un espediente formale che gli consente di amplificare lo spazio utile: il raccordo curvo tra la pavimentazione e gli schermi verticali o le bacheche espositive; queste ultime, in particolare, “sembrano sorgere da terra come grandi funghi su una parete continua”21. Realizzate in perspex22, esse sembrano galleggiare tra le superfici monocromatiche, esaltando i campioni di cavi elettrici risaltati da una base bianca di contrasto. I campioni vengono inoltre utilizzati per schermare scenograficamente lo spazio di accoglienza dei clienti dall’area più esposta al passaggio: i cavi, rigidi e colorati, vengono vincolati solamente alla base ed ondeggiano come canne al vento plasmando, insieme alle bolle espositive, una sorta di paesaggio “spaziale”. Consapevole dell’approccio fuggevole e veloce dei visitatori in fiera, il progettista decide di incorporare le didascalie nei componenti della struttura, facendo uso di un lettering estreamente innovativo: le parole scivolano dal verticale all’orizzontale, raccontando i contenuti ed accentuando il senso di ondeggiante dinamicità dell’intera composizione. A sinistra: stand della ditta di materiale elettrico Cesare Colombo, Joe Colombo, 1962. Pagina accanto In alto: pianta del padiglione Montecatini, A. e P. G. Castiglioni con E. Carboni, 1963. Sotto: schizzo di progetto per l’allestimento del padiglione Montecatini, A. Castiglioni, 1963. http://www.exposizioni.com/opere/stand-fieristico-per-la-ditta-cesare-colombo-1962/ S. Polano, Achille Castiglioni...cit., pp. 196197.

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21 I. Favata, E. Borgatti, Stand fieristico per la Ditta Cesare Colombo, 1962, articolo per Exposizioni: http:// www.exposizioni.com/opere/stand-fieristico-per-la-ditta-cesare-colombo-1962/ 22 Polimetilmetacrilato.


“Quest’anno alla Fiera di Milano il padiglione Montecatini era dedicato alla celebrazione dei settantacinque anni di vita della Società - «settantacinque anni di ricerche e di lavoro». Un tema unico, quindi - non temi di settori separati, come nelle precedenti edizioni della mostra - che è stato risolto con un disegno unico e continuo, spettacolare nell’idea e nelle dimensioni”23.

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Uno spazioso ingresso accoglie i visitatori su un piano rialzato “per permettere di abbracciare con lo sguardo l’andamento labirintico”24 e per guidarli, subito dopo, attraverso una sequenza di quinte su cui ampie vetrine illustrano sia la storia delle attività aziendali (impaginata da Waibl), sia le vicende italiane dal 1888 al 1963, realizzate da Carboni “in fotografie di costume e ambiente”25. Il percorso è intervallato da spazi di riposo in vani appartati, in cui vengono proiettati corti cinematografici, che interrompono la linearità della visita. Le pareti espositive sono rivestite con listoni lignei di colore bianco; l’illuminazione delle vetrine si combina invece con il soffitto scuro e con un costante commento sonoro proveniente da fonti diverse, che “funge da suggestivo elemento connettivo”26. La visita termina con la sala dedicata al futuro realizzata da Carboni: una scatola nera contenente una composizione centrale di basse vetrine orizzontali con diapositive retroilluminate ed una singolare scultura in legno bianco. I 7 metri di altezza della stanza vengono dinamicamente trasformati da una sagoma fantastica, leggera e sconfinata, sorretta da un perno centrale che la fa apparire sospesa sulle vetrine e vivacizzata da una proiezione di colori che ruotano lentamente accompagnati da una musica elettronica. “L’effetto è quello di una cascata di enormi listelli luminosi, una sorta di “duomo rovesciato”, che scendendo dal soffitto con il vertice puntato verso le composizioni fotografiche, guida l’attenzione dell’osservatore”27.

23 Red., Allestimenti: il padiglione Montecatini alla Fiera di Milano, in “Domus”, 407, ottobre, 1963, pp. 17-21. 24 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., pp. 196-197. 25 Red., Allestimenti, in “Domus”...cit., p. 19. 26 Ibidem 27 Ivi, p. 20.

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In alto e a sinistra: due vedute del percorso interno nel padiglione Montecatini, A. e P. G. Castiglioni con H. Waibl e E. Carboni, 1963. Pagina accanto Dettaglio del lampadario della sala dedicata al futuro con la scultura illuminata di E. Carboni, 1963. Sotto: schizzo di progetto per l’allestimento del padiglione Montecatini, A. Castiglioni, 1963. Red., Allestimenti: il padiglione Montecatini alla Fiera di Milano, in “Domus�...cit., pp. 1721.

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“Portando alle estreme conseguenze il tentativo dell’anno precedente, in cui per evitare ai visitatori un’aggressione di elementi architettonici, pannelli e grafici, era stato proposto un padiglione schematico e dall’aspetto rustico, i Castiglioni abbattono la costruzione e trasformano il padiglione in un giardino”28 Nuovamente con Pino Tovaglia “in una collaborazione che ha già dato bellissime soluzioni agli astratti e diffici temi delle mostre RAI degli anni scorsi”29, i fratelli Castiglioni propongono un ulteriore ribaltamento, con un’esposizione totalmente all’aperto giocata sul carattere sintetico dei monumenti. Su una piattaforma a più livelli, il pubblico passa attraverso cinque grandi elementi plastici in ferro, che rappresentano “trascrizioni moderne di simboli cristiani antichi”30: l’Uomo, la Terra, l’Energia, la Tecnica ed il Cosmo. Su sei schermi protetti da involucri metallici, vengono ininterrottamente trasmesse registrazioni di programmi di divulgazione scientifica. A sinistra: veduta esterna del padiglione RAI, A. e P. G. Castiglioni con P. Tovaglia, 1963. Pagina accanto Dettaglio della scalinata d’ingresso alla sala ipogea del padiglione RAI, A. e P. G. Castiglioni, 1963. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano Red., Allestimenti: la mostra R.A.I. alla Fiera di Milano, in “Domus”... cit., pp. 22-23.

28 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., pp. 200-201. 29 Red., Allestimenti: la mostra della R.A.I. alla Fiera di Milano, in “Domus”, 407, ottobre, 1963, pp. 22-23. 30 Ivi, p. 22.

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A sinistra: veduta esterna del padiglione RAI, A. e P. G. Castiglioni con P. Tovaglia, 1962. In basso: allestimento interno della sala ipogea del padiglione RAI, A. e P. G. Castiglioni con P. Tovaglia, 1963. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano Red., Allestimenti: la mostra R.A.I. alla Fiera di Milano, in “Domus�... cit., pp. 22-23.

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Nonostante la forte presenza in Fiera data dal padiglione, Montecatini non può rinunciare a prendere parte anche alla prima Rassegna Internazionale della Chimica, ospitata dal palazzo della meccanica. Per questo progetto l’azienda si affida a Corsini, Wiskemann e Noorda, che possono sfruttare solamente una lunga area rettangolare di 17x42,6m, aperta al passaggio del pubblico su tutti e quattro i lati e “all’interno, tagliata per il lungo da pilastri”31. Essi risolvono lo stand schermando il perimetro per creare un percorso interno, ed Veduta delle quinte dello stand Montecatini alla Rassegna Internazionale della Chimica, C. Corsini e G. Wiskemann con B. Noorda, 1963. Pagina successiva

incorporano gli 8 pilastri in altrettante quinte divisorie che definiscono nello spazio sette zone, sfalsate tra loro e fluenti l’una nell’altra. Le quinte, cadenzate da grandi fori concentrici, consentono di percepire, in infilata, la profondità dell’intero stand; le pareti di chiusura, realizzate invece con pannelli di legno verticali disposti a semicerchio e lievemente distanziati, viste dall’interno, paiono un’unica superficie continua, mentre

In alto: veduta esterna dello stand Montecatini, C. Corsini e G. Wiskemann con B. Noorda, 1963.

dall’esterno offrono “delle sottili vedute di taglio sull’interno”32.

In basso: dettaglio dei dischi in vedril colorati, C. Corsini e G. Wiskemann con B. Noorda, 1963.

di guardare la catena molecolare di un elemento chimico.

Del grafico Noorda è l’idea di schermare i grandi fori prospettici con dischi in vedril variopinti, che si sovrappongono, in trasparenza, l’uno sull’altro, dando l’impressione I prodotti, infine, vengono presentati su piani di forme diverse e sostenuti da supporti cilindrici contenenti le fonti luminose e le scritte esplicative.

Red., Allestimenti: lo stand Montecatini alla Rassegna della Chimica. Milano, 1963, in “Domus”, 407, ottobre, 1963, pp. 24-26

31 Red., Allestimenti: lo stand Montecatini alla Rassegna della Chimica. Milano, 1963, in “Domus”, 407, ottobre, 1963, pp. 24-26. 32 Ivi, p. 25.

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In alto: dettaglio dell’allestimento interno dello stand Montecatini, C. Corsini e G. Wiskemann con B. Noorda, 1963. A destra: pianta dello stand Montecatini, con aree cadenzate dalle quinte, sfalsate e fluenti l’una nell’altra, C. Corsini e G. Wiskemann con B. Noorda, 1963. Red., Allestimenti: lo stand Montecatini alla Rassegna della Chimica. Milano, 1963, in “Domus”...cit., p.26.

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“Anno d’oro per il mondo degli allestimenti è il 1964” 33 che vede Milano ospitare anche l’Esposizione del tempo libero, allestita alla Triennale da “un gruppo di giovani e valenti architetti e intellettuali guidati da Gregotti ed Eco” 34 e la mostra “Le vie d’acqua” presentata a palazzo reale dai fratelli Castiglioni.

Questi ultimi, ancora protagonisti alla Campionaria, creano per Montecatini “un percorso che è un vero e proprio catalogo d’invenzioni” 35, in omaggio alla lunga esperienza espositiva di questo centro di sperimentazione, tramite la loro tipica trasversalità. La mostra illustra gli sviluppi dell’industria petrolchimica per mezzo di fantastiche rappresentazioni della storia della goccia di petrolio. Ogni tappa è sintetizzata in pochissimi elementi, come uno slogan, composto da stimoli visivi, sonori e spaziali condensati “fino ad assumere espressività immediata per il visitatore” 36. Il padiglione è suddiviso in 14 sale collegate da lunghi corridoi della medesima lunghezza ed in leggera pendenza: percorsi bui e rettilinei atti a creare una sorta di attesa, che regolano il passo dei visitatori, ripetendo la formula del petrolio come leitmotiv al fondo di ogni passerella: “Il “tempo” - durata e movimento, diventa un fattore fondamentale per la esposizone” 37.

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33 G. Bosoni, Architetture provissorie alla Fiera Campionaria, in Fiera di Milano 1920-1995...cit., p. 193. 34 Ivi, p. 194. 35 Ibidem. 36 S. Polano, Achille Castiglioni... cit., p. 205 37 Red., Il linguaggio delle esposizioni, in “Domus”, 423, febbraio, 1965, pp. 38-41.


A destra: Sala delle materie plastiche nel padiglione Montecatini, A. e P. G. Castiglioni, 1964. Pagina accanto Sala dei colori e delle vernici, nel padiglione Montecatini, A. e P. G. Castiglioni, 1964. Pagina successiva Sala della chimica e del petrolio nel padiglione Montecatini, A. e P. G. Castiglioni, 1964. Red., Il linguaggio delle esposizioni, in “Domus”, 423, febbraio, 1965, pp. 38-41

Queste pause di diversa intensità, consentono di passare da un ambiente all’altro cambiando non soltanto il tema, ma anche il linguaggio: dalla scenografica sala delle origini (che tratta della civiltà assiro-babilonese), al surrealismo delle sale agricole, con lapidi “in memoria del povero scarafaggio” e pali della luce che germogliano rami; dal “fragore abbagliante della sala degli esplosivi” 38 alle sensazioni di quella degli elastomeri, in cui un pavimento di gomma molle cede al passaggio. Proseguendo, si incontrano la sala della chimica del petrolio, attraversata da giganteschi ed infiniti tubi d’argento immersi in un purissimo bianco, e la sala delle materie plastiche, in cui una serie di carrozzerie vuote su una parete inclinata (come una pista in curva) sono accompagnate dal suono dei motori in movimento; la sala delle vernici, infine, presenta un’unica enorme parete bombardata da “minime proiezioni”39. Un viaggio in cui dominano l’imprevedibilità insieme ad un “attento divertimento”40, in cui il visitatore può lasciarsi trasportare e comprendere, partecipando, a questo “spettacolo automatico in movimento”. “[...] al visitatore l’idea trasmessa non è più per comunicazioni scritte, ma attraverso i riflessi immediati suscitati da impressioni globali - visive, sonore, spaziali - più veloci e più intense del discorso; i linguaggi - visivo, sonoro, spaziale - si sovrappongono, si sommano, si completano (creando un altro gioco, poi, nel ritmo stesso delle sovrapposizioni): una macchina di spettacolo perfetta e programmata, che regola anche la durata degli intervalli fra una sensazione e l’altra, fra un’idea e l’altra, trasmesse al visitatore (secondo il pulse-system, come lo definisce Eames) con un tracciato obbligato dei percorsi e con un alternarsi ritmico di luce e oscurità, di suono e di silenzio.”41

38 39 40 41

Red., Il linguaggio delle esposizioni, in “Domus”...cit., p. 39. S. Polano, Achille Castiglioni... cit., p. 206 Ibidem Red., Il linguaggio delle esposizioni, in “Domus”...cit., p. 40.

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In alto: dettaglio di un pannello nella sala dei colori e delle vernici nel padiglione Montecatini, A. e P. G. Castiglioni, 1964. A destra: sala dell’agricoltura con le lapidi, A. e P. G. Castiglioni, 1964. Pagina accanto In alto: Sala sull’evoluzione dell’ agricoltura nel padiglione Montecatini, A. e P. G. Castiglioni, 1964. In basso: sala degli elastomeri con pavimento in gomma molle nel padiglione Montecatini, A. e P. G. Castiglioni, 1964. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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Per la Rai, analogamente al precedente padiglione, i Castiglioni elaborano “un apparato espositivo disposto in uno spazio aperto rialzato”42, pensato come un’oasi di tranquillità all’interno del caos dei viali del quartiere. Dalle sembianze che ricordano un giardino pensile, il fabbricato è delimitato da pareti bianche prive d’illuminazione o insegne vivaci, caratterizzate solo da cubitali lettere grigie dipinte a calce, ideate da Huber. Il tema dell’esposizione, “10 anni di televisione”, viene celebrato anche con ottanta murales di Illiprandi, che si susseguono all’interno raccontando la storia dell’azienda “dal primo trasmettitore televisivo di monte Mario all’uomo nello spazio, memoria della ripresa in diretta del recupero della capsula spaziale dell’astronauta John Glenn”43. Tra questi emergono volti noti del mondo dello spettacolo, tra cui De Filippo e le gemelle Kessler, che raccontano i programmi contrapponendosi ad altre figure (come la guardia svizzera, simbolo del concilio ecumenico) che richiamano l’impegno dell’azienda nell’informazione. Le illustrazioni dal sapore pop, trasfigurate attraverso l’uso del colore e di tonalità accese, sono prive di testi didascalici, risultando esse stesse un efficace mezzo di comunicazione. Durante il percorso, un commento sonoro trasmesso da una serie di altoparlanti accompagna i visitatori con le sigle di apertura e chiusura dei programmi di maggior successo.

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42 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 210. 43 Ibidem.


La visita prosegue nella medesima sala sotterranea, in cui vengono presentate le ricerche nel settore tecnico, presupposto fondamentale per le realizzazioni televisive: i progressi dell’elettronica, il primo esperimento di trasmissione d’immagini (effettuato a Roma nel 1929) fino alla nuova mondovisione. Huber opta nuovamente per una composizione grafica di pannelli con scritte a diversi caratteri. In alto: ingresso del padiglione RAI, A. e P. G. Castiglioni con M. Huber, 1964.

Il percorso termina nell’atrio del teatro della Fiera, che ha ospitato diverse trasmissioni di successo, in cui una piccola galleria espone dieci quadri di altrettanti artisti in omaggio ai primi dieci anni della televisione italiana.

A destra: modellino del padiglione RAI, A. e P. G. Castiglioni con M. Huber, 1964. Pagina accanto Dettaglio della scalinata che conduce alla sala espositiva sotterranea, A. e P. G. Castiglioni con M. Huber, 1964. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 210.

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Infine, nel padiglione dell’abbigliamento, si riconosce nuovamente il tocco di Gardella che, con uno spazio per Borsalino, attira i visitatori in un piccolo ambiente magico, in cui si intrecciano cappelli sospesi su diversi livelli, risaltati dai contrasti cromatici tra i componenti architettonici e da lunghe quinte bianche riportanti il logo dell’azienda. I pezzi del campionario sono in parte poggiati su lineari tavolini in legno oppure appesi a strutture in tubolare create ad hoc, che si diramano a diverse altezze e fungeo da appendiabiti, dando alla composizione un tono più divertente ed informale.

Stand per l’azienda Borsalino nel padiglione dell’abbigliamento, I. Gardella, 1964.

L’illuminazione, infine, è risolta con faretti incassati nella controsoffittatura, coa-

Pagina accanto

diuvata dalla presenza di componenti bianchi e dalla pavimentazione chiara.

Veduta esterna del nuovo padiglione RAI, E. Mari con A. e P. G. Castiglioni, 1965 S. Polano, Mostrare... cit., p. 214. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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“Il progetto per allestimenti è uno di quei luoghi di ricerca in cui Enzo Mari ha potuto esprimere al meglio quella particolare attitudine a condurre le forme alla sintesi di una proposizione linguistica (nella certezza dell’equivalenza tra forma e significato) che ricorre in tutto il suo lavoro. I suoi allestimenti si realizzano in forma di percorsi dove gli oggetti sono “inscritti in un ragionamento” ed è l’allestimento stesso a fornire quei giunti linguistici che stabiliscono le relazioni tra i termini (gli oggetti esposti).”44

1965

L’opera che indubbiamente ottiene il maggior successo, è il padiglione RAI commissionato dai fratelli Castiglioni proprio ad Enzo Mari. Dopo le scorse soluzioni en plein air, infatti, l’azienda incarica i progettisti di creare un contenitore trasformabile in cui ospitare le proprie vetrine fieristiche. Sul medesimo lotto di 11x36m nasce così una struttura modulare a pilastri perimetrali e travi reticolari in ferro, chiusa da una copertura piana a 10m di altezza. I pannelli di tamponamento, rimovibili e ricombinabili, cosentono una gamma di soluzioni possibili ampissima: dalla struttura completamente chiusa ad un’esposizione totalmente aperta, che si adatta flessibilmente ad ogni esigenza.

44 F. Burkhardt, J. Cappella, F. Picchi, Perchè un libro su Enzo Mari, Milano, Motta, 1997, p. 88.

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“Il tema dell’allestimento come intervento che mira a isolare dal rumore percettivo gli oggetti da esporre (siano essi immagini fotografiche come opere d’arte) è particolarmente chiaro in un gruppo di progetti di cui fa parte lo straordinario progetto per la Rai...”45 Gli architetti, per il primo allestimento in questo nuovo impianto, optano per una promenade che attraversa una forma plastica (composta dai pannelli di tamponamento) sospesa con cavi metallici fissati alla struttura esterna. L’elemento principale è composto da un canale orizzontale a sezione quadrata da cui dipartono cinque “cannocchiali” paralleli, di medesima sezione e di altezza uguale a due a due (eccetto quello centrale, il più corto), la cui cima è schermata con pannelli vetrati che permettono il passaggio della luce naturale, l’unica utilizzata per l’illuminazione. Il tunnel mostra esternamente lo slogan “Collegamenti perfetti e complessi mezzi tecnici portano in ogni casa gli avvenimenti di ogni giorno” per esplicarlo, internamente, con grafici, didascalie e rappresentazioni contenute nei cannocchiali ed accompagnate da un commento sonoro pertinente. Il flusso di visitatori è così veicolato in una fila che, vista dagli occhi dei passanti, “sembra una specie di millepiedi: c’è il piacere [...] di adoperare il pubblico come attore e vedere queste gambette che passando attiravano la gente”46.

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Sotto: ingresso del tunnel del padiglione RAI, E. Mari con A. e P. G. Castiglioni, 1965 Pagina accanto Dettaglio dell’esposizione interna del padiglione RAI, E. Mari con A. e P. G. Castiglioni, 1965 Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

45 F. Burkhardt, J. Cappella, F. Picchi, Perchè un libro...cit., p. 94. 46 A. Castiglioni, La funzione della Triennale, in “Quaderni di documentazione dell’Uia”...cit., p. 22.


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“Uno spettacolare allestimento per il padiglione Montecatini”47 viene realizzato da Corsini e Wiskemann, con grafica e vetrine di Illiprandi ed illuminazione di Magister. Il tema annuale, Una casa tutta di chimica, è sviluppato attraverso un percorso “che fa da paesaggio a sè stesso”48: un ambiente luminoso e cangiante Sotto: veduta della mostra “Una casa tutta di chimica” all’interno del padiglione Montecatini, C. Corsini e G. Wiskemann, 1965. Pagina accanto

dalle proporzioni giganti immerso nel buio. La visita inizia con una spirale in salita, a richiamare quella scansione dei tempi dell’edizione precedente, creando un’occasione di rallentamento e, di conseguenza, raccoglimento, in cui il pubblico può godere del panorama sulla sezione successiva: un “labirinto di incastellature”49 fluorescenti, immerse nell’oscurità più

Due vedute esterne, con la folla e dello slogan, del padiglione RAI, E. Mari con A. e P. G. Castiglioni, 1965

totale.

Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

Per concludere, i visitatori superano una serie di ambienti di gusto futuristico, in

Red., Uno Spettacolare allestimento per il Padiglione Montecatini alla 43° Fiera di Milano, in “Domus”, 442, settembre, 1966, pp. 36-37

La promenade prosegue attraverso questa “città” vuota, formata da da strutture reticolari in acciaio modulare, in cui appaiono soltanto, come in una radiografia, gli oggetti chimici che riempiono i vuoti come fossero piccole surreali abitazioni. parte creati in parte proiettati, arredati con elementi e profili decisamente avveniristici (tra cui la poltrona Sanluca dei Castiglioni per Gavina e la sedia Tulip Arms di Saarinen per Knoll).

47 Red., Uno Spettacolare allestimento per il Padiglione Montecatini alla 43° Fiera di Milano, in “Domus”, 442, settembre, 1966, pp. 36-37. 48 Ibidem. 49 Ibidem.

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Sopra: veduta di una stanza futuristica della mostra “Una casa tutta di chimica” all’interno del padiglione Montecatini, C. Corsini e G. Wiskemann, 1965. A destra: modellino di progetto per l’allestimento del padiglione Montecatini, C. Corsini e G. Wiskemann, 1965. Pagina accanto Due vedute interne del padiglione Montecatini, C. Corsini e G. Wiskemann, 1965. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano Red., Uno Spettacolare allestimento per il Padiglione Montecatini alla 43° Fiera di Milano, in “Domus”, 442, settembre, 1966, pp. 36-37

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Per il Salone del Mobile, invece, il 1965 segna una svolta: per la prima volta, infatti, si riesce a radunare in un’unica area espositiva “quasi tutte le grandi aziende d’arredo diventando osservatorio, vetrina, teatro delle oscillazioni del gusto e motore propulsivo del settore”50. Vengono qui presentate le creazioni made in Italy di Cassina, Arflex, Bernini, Boffi, Kartell, Molteni, Poltronova, Poltrona Frau, Tecno e diverse altre ditte del settore. Tra gli allestimenti, in particolare, emerge un sistema disegnato da Enzo Mari per Danese, che interpreta in modo inedito i concetti di modularità compositiva e di flessibilità. Egli realizza un piano “costruito per frammenti, con possibilità di espansione pressochè illimitate su cui disporre liberamente gli oggetti”51: un modulo base, in cartone cannettato di 20x70x100cm, a forma di T, che si combina in sequenza per creare un supporto espositivo a serpentina. “Negli allestimenti a struttura lineare, la messa a punto di moduli da aggregare nasce dall’idea del bancone come struttura elementare di esposizione [...] Un modulo tubolare di cartone si allunga in serpentine, in linea retta, si dispone in cerchio: nascono liberi e imprevisti allestimenti in cui gli oggetti cambiano di posizione come gli attori su una ribalta”52

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50 L. Lazzaroni, L. Molinari, The art of display, Milano, Skira, 2006, p. 22. 51 F. Burkhardt, J. Cappella, F. Picchi, Perchè un libro...cit., p. 88. 52 Ivi, p. 92.

Sotto: sistema espositivo in cartone cannettato per Danese, E. Mari, 1965. Pagina accanto Sala sulla diminuzione della fertilità del terreno all’interno del padiglione Montecatini, A. e P. G. Castiglioni con M. Huber, 1965. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano F. Burkhardt, J. Cappella, F. Picchi, Perchè un libro...cit., p. 88.


I festeggiamenti per la XX edizione postbellica sono accompagnati da dati ottimistici, quali l’aumento di 12 volte del numero degli espositori e di 15 per l’area espositiva, con una media di oltre 4 milioni di visitatori l’anno.

‘66

Per quanto riguarda le creazioni presentate, “i lavori dei Castiglioni spiccano come al solito nei padiglioni Montecatini e RAI, entrambi naturalmente con la collaborazione di Huber per la grafica”.53 Montecatini, che presenta stavolta la mostra Chimica agricoltura più ricca articola l’esposizione in cinque ambienti che “mettono a fuoco altrettanti aspetti del problema”54, ricorrendo agli strumenti tipici dello spettacolo: suoni, luci ed artifici scenografici. Data la scarsità di veri e propri oggetti da esporre, le ambientazioni vengono pensate per toccare in profondità il visitatore e stimolarne la percezione emotiva. Il percorso inizia da una rampa che conduce alla prima sala, dedicata alla continua diminuzione della fertilità del terreno: una distesa di terra arida, un macchina agricola abbandonata ed un teschio di bue si intravedono dall’oscurità, mentre, in sottofondo, rintocchi di campane completano un quadro atto a crear sgomento ed inquietudine.

53 G. Bosoni, Architetture provvisorie, in Fiera di Milano 1920-1995...cit., p. 194. 54 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 228.

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Il secondo ambiente, raggiungibile scendendo uno scalone, denuncia l’esponenziale aumento della popolazione. I visitatori si affacciano su una sala completamente bianca, raddoppiata in profondità per effetto del rivestimento specchiante della parete di fondo, costellata da una rete di nastri rosa e azzurri appesi a fili invisibili. L’illuminazione della vetrina passa attraverso la parete traslucida, insieme ad un sottofondo sonoro di voci che annunciano le nascite scandite dal ritmo del segnale orario. Proseguendo, si supera un locale buio che trasmette costantemente brevi filmati riassuntivi delle tematiche sinora trattate, per giungere ad “una distesa di colline verdeggianti, trattate a colture diverse, tra le quali si muove, portato dal vento, un aquilone”55. L’effetto di vastità e serenità è ottenuto inserendo semplici volumi in uno spazio lungo circa 60m accompagnati da una melodia di sottofondo; la fertilità dovuta alle cure ricostituenti per il terreno è infatti il tema centrale, che coinvolge il pubblico rendendolo protagonista della scena. Nel quarto salone sono poi illustrati i nuovi mezzi e le sostanze per fertilizzare il suolo, per mezzo di diapositive raffiguranti antichi e recenti strumenti agricoli proiettate alternativamente su più schermi. Esse illuminano la penombra generale e si associano a motivetti agresti di armoniche e fisarmoniche. Il passaggio è recintato da paletti di legno, affiancati una distesa di fieno, che diffonde il proprio profumo nell’atmosfera. Prima di giungere all’ultima tappa, un filmato che annuncia l’intervento dell’industria chimica offre una pausa didascalica, per poi arrivare ad uno spazio soppalcato che simula, con elementi architettonici di colore rosso vivo, un grande complesso industriale. Una sinfonia di orchestra e macchine in movimento accompagna il pubblico su un percorso obbligato che presenta ordinari vani espositivi. “Lavoro di èquipe, coerenza cromatica, niente grafica fine a se stessa, intervento calibrato, attenzione solo all’inserzione precisa, insopprimibile. [...] scartati i consueti pannelli didascalici, ho preferito che i titoli delle varie sale venissero scritti sulle pareti stesse [...] Gli stessi criteri ho adottato per l’impaginazione delle vetrine delle esposizioni, il cosiddetto ‘display’. Nessuna enfasi, quindi, anche nelle didascalie esplicative richieste da ogni mostrina”56.

Pagina accanto In alto: sala dedicata al continuo aumento della popolazione, A. e P. G. Castiglioni con M. Huber, 1966. In basso: sala dedicata alla fertilità del terreno grazie alle cure ricostituenti, A. e P. G. Castiglioni con M. Huber, 1966. Pagina successiva Due viste della sala che annuncia l’intervento dell’industria chimica, A. e P. G. Castiglioni con M. Huber, 1966. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 228.

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55 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 228. 56 M. Huber in red., Un racconto per immagini in movimento, in “Design Italia”, 1966, pp. 34-38.


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Il padiglione RAI, ospita la mostra Il romanzo sceneggiato alla televisione dal 1954 al 1966, all’interno di una scatola bianca, che i fratelli Castiglioni ottengono dal tamponamento completo della struttura dell’anno precedente, resa accessibile soltanto da una piccola apertura. Dentro, tra un soffitto nero ed un pavimento lucido a riquadri bianchi e neri, “si affollano enormi figure appese, illuminate da sorgenti poste sulle pareti, la cui luce è diffusa da velari bianchi”57. Le sagome raffigurano i personaggi interpreti dei Veduta esterna del padiglione RAI, A. e P. G. Castiglioni, 1966.

romanzi sceneggiati e sono realizzate con ingrandimenti fotografici incollati su

Pagina seguente

“I lillipuziani visitatori - aggirandosi, spersi, tra i colossali personaggi”58 possono

Veduta interna dell’allestimento del padiglione RAI, A. e P. G: Castiglioni, 1966.

osservare le sequenze di diapositive a colori incastonate nei personaggi stessi (che

Pagina 314 Due vedute dallo spazio sopraelevato dedicato allo sceneggiato “I promessi sposi”, A. e P. G: Castiglioni, 1966.

entrambe le facce di pannelli sagomati.

raccontano la storia a cui appartengono) mentre il loro passeggiare ricrea l’effetto delle “gambette” della precedente edizione. Il percorso termina in uno spazio sopraelevato dedicato alla promozione dello sceneggiato I Promessi Sposi, ancora in preparazione, da cui si può ammirare il contrasto di altezze nel salone sottostante.

Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

57 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 229. 58 Ibidem.

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Intanto, quello stesso anno, la rivista Domus denuncia la mancanza di una produzione “veramente industriale” al Salone del Mobile: “Una ricchezza di idee e di proposte, quasi sempre intese per una produzione artigianale. [...] Avviene che ad ogni Salone, come ad ogni défilé, si presentino solo nuove collezioni, bruciando le ricerche passate. E bene? Sarebbe necessario che almeno qualche industria si concentrasse su una produzione sperimentata, sì da potere, perfezionandola nel tempo, proporla a prezzi più accessibili ad interessare nuovo pubblico e nuovi centri di vendita”59.

Tra i risultati interessanti, tuttavia, lo stand della ditta Saporiti propone un ambiente Sotto: sistema espositivo in cartone cannettato per Danese, E. Mari, 1966. Pagina successiva Due vedute dello stand della ditta Saporiti, 1966. F. Burkhardt, J. Cappella, F. Picchi, Perchè un libro...cit., p. 90.

“imbottito” tramite una pannellatura in feltro modulare cadenzata da diaframmi ed oblò che, al passaggio, offrono scorci sull’interno. Inoltre, Mari sviluppa per Danese un ulteriore sistema modulare, in cui “le celle cubiche, o i prismi, realizzando la progressione in altezza dei piani di presentazione degli oggetti, introducono il tema della trama di lettura lungo direzioni simultanee”60: i moduli in cartone cannettato hanno stavolta sezione quadrata, di lato 20cm.

www.lombardiabeniculturali.com.

59 Red., New Italian Furniture. Mobili al sesto Salone di Milano, in “Domus”, 444, novembre, 1966, pp. 21-60. 60 F. Burkhardt, J. Cappella, F. Picchi, Perchè un libro...cit., p. 92.

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Per concludere, tornando ad una visione generale del polo, una notevole soluzione espositiva modulare viene proposta anche da Ponzio e Waibl per l’azienda MI-VAR:

Sotto: sistema modulare per lo stand MIVAR, E. Ponzio e H. Waibl, 1966. Red., Uno stand componibile, in “Domus”, 442, settembre, 1966, p. 38.

”Si desiderava uno stand che potesse ricomporsi di volta in volta, che si adattasse alle diverse disponibilità di spazio, che fosse di poco ingombro per il trasporto e di facile montaggio e manutenzione”61. Componenti componibili (pedana, montanti, pareti, cielino) semplici e leggere ripartiscono lo spazio senza soverchiare gli oggetti esposti, offrendo una grafica e colori piuttosto neutri (senape per il pavimento, bianco e nero per i pannelli) modificabile a seconda della pubblicità e della forma dello stand.

61 Red., Uno stand componibile, in “Domus”, 442, settembre, 1966, p. 38.

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‘67

“Il 1967 è un altro anno di punta della ricerca dei Castiglioni e Huber”62, soprattutto all’interno del padiglione Montecatini: la mostra Chimica = un domani + sicuro, sarà ricordata come un fiore all’occhiello della storia espositiva della società.

“È sempre sorprendente, con loro, vedere come ogni volta essi innovino non solo le soluzioni formali della presentazione ma, vorremmo dire, la forma del comunicare (disorientando ogni volta i seguaci). [...] Anche questa volta il procedimento è diverso, non solo nel disegno ma nel rapporto spettacolo-spettatore, in cui le influenze sono reciproche.”63 L’idea del labirinto viene ribaltata in una successione di sale totalmente libere da diaframmi verticali, dilatando ancora la superficie tramite una controsoffittatura che si abbassa a toccare i 2m dal suolo. “Lo spettatore - uno, pochi, una folla - è l’unico elemento verticale fra i due piani paralleli, fuggenti all’infinito, del pavimento e del soffitto”64 che tende a muoversi tra le sale, attirato anche dalla presenza di altri visitatori. Sei grandi cannocchiali luminosi tagliati nello spessore del soffitto, “come pozzi capovolti”65, profondi sino a 5 metri, raccolgono le illustrazioni della mostra: una gigantesca anatomia sospesa, ad esempio, esprime la concezione dell’uomo del futuro come una macchina perfetta, mentre una serie di frecce e colori inducono all’osservazione dei progetti dei trasporti innovati grazie alla chimica oppure un enorme baccello simboleggia l’alimentazione sana. E ancora, la casa vista come un’aggregazione di celle seriali, i vestiti come nuovi oggetti ed il mare come una preziosa risorsa: le luci, talvolta alogene, sono fondamentali nel risaltare porzioni di disegni, affinchè questi esprimano efficacemente il messaggio. “Ma il tema generale della mostra [...] è già poeticamente espresso in questa conformazione dello spazio e in questi moti degli spettatori: uno spazio grandissimo e vuoto entro cui figure minuscole (gli uomini nel tempo, gli uomini nell’universo) e vagamente erranti, si raccolgono insieme a guardare in su, come si guarda al cielo, per scoprire ciò che si avvicina”66. Come è iniziata, così la rassegna finisce, ma al contrario: nell’ultima sala i visitatori si affacciano su un enorme pozzo scavato nel pavimento, dal fondale a specchio che a sua volta si riflette in un ribassato soffitto specchiante. Questo gioco di riverberi genera due profondità opposte e quasi infinite, in cui ogni dettaglio fisso o mobile si moltiplica innumerevoli volte; “Con un doppio piano espositivo [...], [Castiglioni] crea una serie di dimensioni, in cui lo spazio ha la funzione di commentare e ricordare l’ampiezza, la vastità d’implicazioni fra il singolo prodotto e l’orizzonte in cui questo interviene”67.

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62 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 236. 63 L. L. Ponti, In attesa del Duemila, in “Domus”, 461, aprile, 1968, pp. 26-29. 64 Red., La chimica del duemila, in “Avanti”, 12 aprile 1967, p. 7. 65 Ibidem 66 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., pp. 236-237. 67 Ivi, p. 237.


In alto: sala dei prodotti chimici per l’agricoltura, A. e P. G. Castiglioni con M. Huber, 1967. In basso: sala dei prodotti chimici per l’industria, A. e P. G. Castiglioni con M. Huber, 1967. Pagina successiva In alto: sala conclusiva della mostra, A. e P. G. Castiglioni con M. Huber, 1967. In basso: sala delle centrali elettriche, A. e P. G. Castiglioni con M. Huber, 1967. Pagina 321 Sala della fertilità del terreno, A. e P. G. Castiglioni con M. Huber, 1967. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano G. Bosoni, Padiglione Montecatini alla Fiera Campionaria di Milano, in “Progex. Design & Architetture Espositive”, 04, settembre 1990, p. 34.

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Come nell’edizione precedente, i Castiglioni sfruttano, per la Rai, la configurazione totalmente schermata dai tamponamenti bianchi, riportando lo slogan “Il pubblico della radio e della televisione” e lasciando due aperture, sui lati minori, per l’entrata e l’uscita. L’interno, totalmente rivestito in acciaio inossidabile, articola un unico percorso segnato da un divisorio continuo dello stesso materiale, che funge da seduta. Lungo le pareti (alte appena 2 metri) vengono presentati illustrazioni, testi didascalici e manufatti che raccontano “i metodi d’indagine adottati nelle inchieste sull’ascolto e sul gradimento della programmazione Rai”68. Il basso soffitto nero è ritmato da una fitta maglia di fili d’acciaio; l’illuminazione è affidata a sorgenti a cupola argentata, fissate tramite aste rigide alle pareti mentre riflettori in movimento “investono con fasci di luce “il pallottoliere””69. Infine, l’immancabile suono di macchine calcolatrici che si diffonde in tutta la sala, sottolinea l’abilità nello scrivere, segnare e registrare che i progettisti desiderano trasmettere, riferendosi idealmente ai dipendenti dell’azienda.

Veduta dell’allestimento interno del padiglione RAI, A. e P. G. Castiglioni con M. Huber, 1967. S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p.234.

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68 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., pp. 234-235. 69 Ivi, p. 235.


Un’altra novità dell’anno è la tensostruttura progettata da Achille, Pier Giacomo e Livio Castiglioni per una mostra itinerante della Rai, presentata proprio in occasione della Campionaria: “Una sorta di disco volante in materiale traslucido, in parte gonfiabile, in grado di diventare, una volta illuminato internamente, un segnale architettonico temporaneo nel paesaggio urbano”70. I progettisti, con la collaborazione di Boriani per l’elettronica e l’acustica e dell’artista Grazia Varisco, realizzano una tensostruttura in acciaio e polivinile che “gira per la penisola propagandando i programmi radiofanici della Rai-Tv”71. Essa è costituita da montanti tubolari (tenuti da tiranti metallici fissati alla base su una struttura radiale di putrelle di acciaio zincato) che sorregono l’anello reticolare metallico che porta la copertura. “La copertura è una lente pneumatica”72, creata con due fogli di di cloruro di polivinile traslucido rinforzato con fibra poliammidica, gonfiati con aria a pressione costante. La schermatura perimetrale è fatta del medesimo materiale plastico e viene tesa da tiranti inclinati, attaccati alla struttura di base. “La spettacolarizzazione dell’interno era sviluppata da una soluzione tesa a enfatizzare l’unità tra spazio e luce dell’ambiente proposto ai visitatori”73: su una pianta poligonale a 16 lati, il pavimento in acciaio inox alloggia i proiettori, le luci ed i diffusori sonori. Il soffitto è costituito da 864 moduli in resina acrilica opalescente, utilizzati come schermi su cui vengono proiettatate ritmicamente i 2763 fasci di luce a ritmo della colonna sonora, appositamente composta da Sanguigni, che sintetizza i programmi di una giornata radiofonica. Il complesso sistema di stimoli audiovisivi in cui si trova immerso il visitatore “vuole costituire un equivalente visivo della colonna sonora, rovesciando il tipico rapporto cinematografico tra suono ed immagine”74. La vera innovazione, però, sta nell’efficienza dei tempi di montaggio e smontaggio di un’opera di tale portata: essa può essere assemblata in sole 16 ore da 5 uomini e necessita di un solo camion per il trasporto.

70 M. Vercelloni, Achille e Pier Giacomo Castiglioni, Milano, 24 ore cultura, 2011, pp. 102-103. 71 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., pp. 238-239. 72 Ivi, p. 238. 73 M. Vercelloni, Achille...cit., pp. 102-. 74 Red., Un padiglione per la Rai, in “Domus”, 455, ottobre, 1967, p. 22 (intero articolo pp. 21-25).

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In alto: veduta della tensostruttura per la mostra itinerante RAI, A., P. G. ed L. Castiglioni con D. Boriani e G. Varisco, 1967. A sinistra: allestimento interno della mostra itinerante Rai, A., P. G. ed L. Castiglioni con D. Boriani e G. Varisco, 1967. Pagina precedente Disegno di progetto del padiglione itinerante, A., P. G. ed L. Castiglioni, 1967. Red., Un padiglione per la Rai, in “Domus�, 455, ottobre, 1967, p. 22 (intero articolo pp. 21-25).

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Interessante anche l’ingresso del padiglione Italsider, firmato da Albini, in collaborazione con Gentili Tedeschi. Il tema della sala iniziale, Ieri, oggi, domani, è trattato attraverso una serie di stratagemmi ottici e grafici in un lungo corridoio che ricreano uno spazio senza tempo. Tramite un enorme buco della serratura si entra in un tunnel in cui un vortice bianco e squadrato avvolge il visitatore sezionando il nero del pavimento, del soffitto e delle pareti. In mezzo alla sala, in bilico su sottili ripiani scuri, alcuni schermi sono sovrastati da una fila di sottili luci che richiamano la segnaletica stradale. Un percorso bidirezionale attraverso il senso di instabilità dovuto all’effetto ottico, Veduta dell’interno del padiglione Italsider, F. Albini con E. Gentili Tedeschi, 1967.

che culmina in una simmetrica porta-serratura, che fa sentire minuscolo colui che la varca.

Red., Padiglione Italsider, in “Domus”, 455, ottobre, 1967, p. 26.

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‘68

Uno spettacolo di dischi rotanti, è il titolo dato dalla rivista Domus ad un articolo che elogia l’opera dell’ormai affermatissimo team Castiglioni - Huber per la Rai. “Per la mostra di quest’anno (tema: «lo spettacolo alla televisione e alla radio») il padiglione era tutto chiuso fino a due metri dal suolo”75: l’apertura perimetrale inferiore ospita infatti una tamponatura scura rientrante con il logo.

“La macchina espositiva di questo allestimento si sviluppa in maniera autonoma” 76: il percorso inizia salendo due scale parallele ai lati maggiori e si snoda poi in due direzioni opposte, su due corsie simmetriche sopraelevate a 3,5m dal suolo ed immerse nell’oscurità. Da questa emergono solamente una serie di dischi rotanti psichedelici, sospesi e colorati, accompagnati da effetti sonori e luminosi che ruotano velocissimi, si fermano qualche istante per lasciarsi leggere e poi riprendono il loro girare vorticoso, trasmettendo l’idea della dinamicità del messaggio televisivo. Un grande meccanismo, per raccontare il moto senza fine del mondo dello spettacolo e della televisione: “Le «12.300 ore di divertimento» offerte dalla Rai in un anno al pubblico, erano riassunte in un divertimento nuovo, altrettanto «automatico» e altrettanto popolare: un enorme gioco ottico che non era lontano dalla festosità immediata della giostra, del tiro a segno, delle girandole, del baraccone da fiera.” 77.

A sinistra: veduta esterna del padiglione RAI, A. e P. G. Castiglioni con M. Huber, 1968. Pagina accanto Dischi rotanti psichedelici e pianta del padiglione che illustra i percorsi della mostra, A. e P. G. Castiglioni con M. Huber, 1968. Red., Uno spettacolo di dischi rotanti, in “Domus”, 467, ottobre, 1968, pp. 20-21.

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75 Red., Uno spettacolo di dischi rotanti, in “Domus”, 467, ottobre, 1968, pp. 20-21. 76 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 249. 77 Ivi (nota 63), p. 20.


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Montecatini presenta La chimica ci veste, il tema annunciato all’esterno da un pannello di Huber, che raffigura “un’enorme e allegra spirale policroma che trasporta con sè il testo”78. L’argomento, di richiamo alla quotidianità, vuole spiegare le applicazioni dei prodotti chimici ed i cambiamenti sociali da questi innescati. Una larga scalinata bianca introduce all’esposizione, che si sviluppa su diversi livelli, collegati tra loro da un sistema di passerelle da cui i visitatori possono ammirare “lunghe pareti in cui, senza soluzione di continuità, grandi superfici didascaliche retroilluminate sono protette e separate dai percorsi da una grande lastra continua”79. I pannelli fotografici ed esplicativi affrontano le solite tematiche, senza creare distacco tra i diversi ambienti. L’unico distacco da questo tipo di lettura, avviene con un ambiente etereo, totalmente bianco, in cui alcuni manichini con vestiti d’epoca creano uno sceneggiato che richiama il palcoscenico del padiglione del ‘56, (con la differenza che il pubblico, questa volta, può solo ammirare la scena dall’alto) mentre, dietro di loro, una folla di personaggi su una superficie traslucida arricchisce la scena.

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78 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 248. 79 Ibidem.


A destra: pannello di presentazione sulla facciata del padiglione Montecatini, M. Huber, 1968. In basso: interno del padiglione Italsider, F. Albini e E. Gentili Tedeschi, 1968. Pagina accanto Due vedute interne del padiglione Montecatini, A. e P. G. Castiglioni con M. Huber, 1968. S. Polano, Achille Castiglioni...cit., pp. 248249. www.lombardiabeniculturali.com

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L’interno del padiglione Italsider è nuovamente frutto della collaborazione tra Albini e e Gentili Tedeschi: l’industria siderurgica viene raccontata attraverso ambienti “impacchettati” da uno strato argentato-traslucido, che dà la sensazione di trapassare un enorme profilato. Il percorso si snoda attraverso pannelli e riproduzioni di macchinari che richiamano i processi produttivi dell’azienda, caratterizzati anch’essi dalle medesime velature ed una sottile eleganza tipica di Albini. Una ricerca altrettanto sottile si può trovare nella stanza centrale del padiglione Dalmine: profili lineari si avvolgono in una spirale a livelli che sale verso il soffitto, da cui si diffonde una luce eterea, come fosse un luogo sacro. Al centro, una piramide appuntita riprende il motivo della spirale, accompagnata da due poltrone Blow in pvc trasparente (icona del design, progettata da De Pas, D’Urbino, Lomazzi e Scolari l’anno precedente per Zanotta.)

A sinistra: dettaglio interno del padiglione Italsider, F. Albini e E. Gentili Tedeschi, 1968. Pagina accanto Veduta interna del padiglione Dalmine, 1968. www.lombardiabeniculturali.com

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Per l’ottava edizione del Salone del Mobile, infine, “una proposta molto attraente - per l’idea, per il disegno, e per l’esecuzione impeccabile”80 è l’area della ditta modenese Stillwood, che espone il proprio soggiorno-pranzo (composto da due soli mobili con componenti estraibili, cioè un tavolo, un divano ed una credenza - parti fondamentali dei due ambienti) in una galleria rivestita da lunghi pannelli ricurvi in frassino, stessa essenza del prodotto presentato, creando un’atmosfera moderna ed accogliente. “Fantastico il grande stand buio della C & B di Novedrate (Como)”81, che presenta invece alcune icone del design come le poltrone di Scarpa, Zanuso e Bellini sommerse nel pavimento, “sotto lastre trasparenti illuminate da luce di Wood” 82. Infine, un semplice ma raffinato accompagnamento per la cucina Lady, disegnata da Vico Magistretti per Schiffini: sottili pannelli “in legno bianco a vena scoperta”83 riprendono la texture del mobile, distaccandosi solamente con profili-maniglie in plastica colorata che percorrono gli spessori dei componenti.

A sinistra: stand Stillwood, 1968. Pagina accanto In alto: stand Schiffini, 1968. In basso: due vedute dello stand buio della C & B, 1968. Red., Milano: Mobili all’ottavo salone, in “Domus”, 468, novembre, 1968, pp. 19-36.

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80 Red., Milano: Mobili all’ottavo salone, in “Domus”, 468, novembre, 1968, p. 21. 81 Ivi, p. 34. 82 Ibidem. La lampada di Wood è una lampada ad emissione ultravioletta, comunemente detta UV, che provoca effetti di fluorescenza o fosforescenza. 83 Ivi, p. 24.


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‘69

“Dal 1965 al 1969 il padiglione Rai alla Fiera di Milano, [...] ha già dato cinque diverse versioni di sè: da tutto aperto a tutto chiuso, con le varianti intermedie, secondo le esigenze delle diverse mostre. Non ha cessato di trasformarsi e di sorprendere. Come le mostre interne, sempre diverse, non cessano di sorprendere e di divertire”84

Il progetto per il padiglione Rai è quest’anno affidato ad Achille Castiglioni che, in collaborazione con Pino Tovaglia, tampona integralmente la struttura con un colore scuro, dipingendo il tema dell’anno, Tv 15 anni: ieri e oggi, in rosso e bianco sui lati maggiori del padiglione (mentre il logo, nei medesimi colori, appare sopra le aperture dei lati corti). Il contrasto cromatico si ripropone all’interno, suddiviso in due “grandi scatole geometriche, vuote, rivestite in materiale plastico lucido”85. Il messaggio è concentrato su due enormi pareti-schermo simmetriche (una in ciascuna sala), che fungono da supporto a proiezioni intermittenti su una base sonora. In mezzo alle due sale e contenuta tra le due pareti, vi è “una zona neutra intermedia che ospita le apparecchiature necessarie a graduare le sensazioni acustico-visive”86. La sala dell’ieri, completamente nera, presenta sulla parete-schermo una selezione di immagini fisse di antichi personaggi e spettacoli tv attraverso delle fotografie in bianco e nero su lastre in plexiglass, che si illuminano alternandosi, in sincronia con le musiche. Nella pausa ritmica della base, queste scompaiono lasciando emergere la scritta “TV” stampata su una garza e sovrapposta all’immagine stessa, che emerge al buio grazie ad una lampada UV. Nel secondo ambiente, che rappresenta l’oggi, il visitatore viene immerso in un bianco puro mentre sulla parete-schermo transitano costantemente diciotti proiezioni di spezzoni, trasmessi da altrettanti proiettori. “Un perfetto sincronismo delle apparecchiature visive e sonore crea un alternarsi di spettacoli nello spettacolo: questa è una vera parete audiovisiva in movimento, con effetti scenografici a tutto schermo: la sonorizzazione stereofonica alterna voci e musiche”87. Il consueto momento di riflessione viene offerto da due lunghi corridoi che collegano rispettivamente le due sale e ciascuna con le uscite: durante il passaggio una fila di altoparlanti posti all’altezza dell’orecchio continua a trasmettere il messaggio della mostra; un altro allestimento esemplare “per immediatezza di comunicazione, con mezzi dai più semplici ai più complessi”88.

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84 Red., Bianco e nero, in “Domus”, 478, settembre, 1969, pp. 19-21. 85 Ibidem. 86 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 263. 87 Ivi (nota 73), p. 21. 88 Ivi, p. 19.


A destra: sezione laterale del padiglione RAI, A. Castiglioni e P. Tovaglia, 1969. Al centro: veduta esterna del padiglione RAI, A. Castiglioni e P. Tovaglia, 1969. In basso: veduta esterna dal polo opposto del padiglione RAI, A. Castiglioni e P. Tovaglia, 1969. Pagina accanto Modellino del padiglione RAI, A. Castiglioni e P. Tovaglia, 1969. Red., Bianco e nero, in “Domus�, 478, settembre, 1969, pp. 19-21 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 263.

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In alto: sala dell’”ieri” all’interno del padiglione RAI, A. Castiglioni e P. Tovaglia, 1969. A sinistra: sala dell’”oggi” all’interno del padiglione RAI, A. Castiglioni e P. Tovaglia, 1969. Pagina accanto Rappresentazione delle diverse configurazioni assunte dal Padiglione Rai dal 1965 al 1968. Red., Bianco e nero, in “Domus”, 478, settembre, 1969, pp. 19-21 S. Polano, Achille Castiglioni...cit., p. 263.

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“I progetti d’illuminazione di Livio Castiglioni nascono innanzitutto dall’interesse per la luce intesa come fenomeno visibile di manifestazione dell’energia: l’uso è sempre in tensione tra funzionalità e effetto sorpresa, stupore, gioco con la materia visiva” 89. Nel padiglione Montecatini, ad esempio, il progettista realizza, in collaborazione con Huber, una scultura luminosa che attraversa verticalmente lo spazio centrale di una sala, formata da lampade al neon sagomate ed aggregate in serie su cavi, richiamando i grafici e le rappresentazioni degli elementi chimici già viste in precedenti allestimenti. Per Italsider, invece, richiama una galleria sfruttando la luce naturale ed il gioco di ombre che essa crea penetrando in un ambiente dominato dal bianco e dal nero. L’esposizione si sviluppa lungo una parete a C, anticipata da una pavimentazione in gomma, cedevole al passaggio; sopra la passerella centrale, la cui lunghezza è enfatizzata dalle strisce, pendono cornette bianche da cui si possono ascoltare commenti sonori. Un’aggiuntiva riprova che per i Castiglioni “la questione della luce, del suo trattamento e ancor più dell’elettricità e delle sue tecniche possibili di conduzione e diffusione, possiede un fascino simbolico oltrechè di suggestione formale [...] si potrebbe dire che il loro è un interesse di radice futurista non negli elementi formali, ma per la luce come miracolo tecnico duttile e splendente della modernità” 90. A sinistra: Padiglione Italsider, L. Castiglioni, 1969. Pagina accanto Scultura luminosa di L. Castiglioni e M. Huber all’interno del padiglione Montecatini, 1969. D. Scodeller, Livio e Piero Castiglioni. Il progetto della luce, Milano, Electa, 2003, p. 103.

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89 D. Scodeller, Livio e Piero Castiglioni. Il progetto della luce, Milano, Electa, 2003, p. 95. 90 V. Gregotti, Traviamenti interpretativi, in P. Ferrari, Achille Castiglioni, Milano, Electa, 1984.


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“Sempre in aumento il successo del Salone del Mobile di Milano, sia per il numero di partecipanti che per il numero degli operatori che lo visitano” 91: la nona edizione propone non solo una serie di arredi, ma anche di allestimenti che riscuotono enorme successo, contribuendo ad aumentare la visibilità dell’evento sul panorama internazionale. Cassina, ad esempio, presenta “la prestigiosa serie di Le Corbusier in un ambiente fantastico, realizzato da Gaetano Pesce”: tre livelli d’appoggio per i prodotti, circondati da lampade colorate incastonate in una parete composta da moduli quadrati e da un soffitto altrettanto modulare rivestito a specchio. Pendenti da questo ma poggiate al pavimento, tre grosse sfere rosse, si muovono attratte dalle calamite incastonate nel pavimento. “Un environment animato dalla contraddizione fra l’atmosfera lampeggiante e dinamica e i rigorosi mobili”92, caratterizzato dai soli colori bianco, rosso e giallo. “Presentate in una scatola bianchissima, anche da Zanotta diverse novità”93: una selezione di sedute ed arredi iconici (come la poltrona Sacco, il tavolo da gioco Poker di Colombo e la sedia Castiglia dei Castiglioni) sono esibiti al’interno di uno spazio puro e luminoso, che si propone come un punto di sosta nella frenesia della visita. “Chiusa fra mura di nastri elastici”94, infine, si presenta Kartell, che espone campioni in versione rosso della propria collezione di lampade ed oggetti, all’interno di uno spazio completamente rosso, creando un’atmosfera particolarmente vivace.

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91 Red., Al nono Salone del Mobile di Milano, in “Domus”, 480, novembre, 1969, pp. 8-46. 92 Ivi, p. 8. 93 Ivi, p. 15. 94 Ivi, p. 30.


In alto: stand Kartell all’interno del Salone del Mobile, 1969. A destra: stand Cassina all’interno del Salone del Mobile, 1969. Pagina accanto Stand Zanotta all’interno del Salone del Mobile, 1969. Red., Al nono Salone del Mobile di Milano, in “Domus”, 480, novembre, 1969, pp. 8, 15, 30.

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Per concludere, sull’onda dei pezzi presentati al Salone, Eni sceglie di arredare il proprio padiglione con il sistema modulare di poltrone Safari, progettato dagli Archizoom per Poltronova due anni prima, creando delle isole di sedute al centro del salone principale (una scatola creata dall’accostamento di un modulo quadrato). Le celle delle pareti contengono talvolta fotografie talvolta le fonti luminose, mentre il soffitto alterna le luci a superfici specchianti; in entrambi i casi, i moduli sono accostati a creare una sorta di texture. In tema di modularità, Olivetti presenta Jukebox, creato da Ettore Sottsass e Hans von Klier: un sistema audiovisivo itinerante, “progettato per esposizioni di affari o di rappresentanza”95. Esso è realizzato con elementi prefabbricati in poliestere rinforzato, montati su un telaio metallico, che sorregge l’intera struttura con tanto di schermi ed altoparlanti.

A sinistra: interno del padiglione ENI, 1969. Pagina accanto In alto: sistema di sedute Safari, Archizoom, 1967. In basso: sistema audiovisivo itinerante Jukebox, E. Sottsass e H. von Klier per Olivetti, 1969. S. Polano, Mostrare...p. 358. www.lombardiabeniculturali.com

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95 S. Polano, Mostrare...cit., p. 358.


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Nonostante la presenza di personalità singolari e sempre più mature all’interno delle manifestazioni, questo decennio ha assistito a notevoli cambiamenti nel modo di approcciarsi al progetto allestitivo:

I padiglioni non sono più “opere d’arte totali”, quanto strumenti per la sperimentazione di nuovi linguaggi e tecnologie, un laboratorio di ricerca privilegiato per la diffusione didattico-divulgativa o la celebrazione dei meriti aziendali.

Gli stands assistono al miglioramento di sistemi modulari in acciaio e alluminio, flessibili ed adattabili a diversi contesti, ma senza rinunciare alla componente attrattiva: la spettacolarità è ricercata attraverso artifici tecnologici e combinazione di componenti, tralasciando le forme plastiche sagomate ad hoc.

I prodotti riflettono la contemporanea concezione del Made in Italy applicato alla produzione industriale, diventando il simbolo di una società in fermento che cambia il proprio modo di abitare, comportarsi ed approcciarsi alla realtà. Elettrodomestici, mezzi di trasporto ed ogni tipo di innovazione si presenta al pubblico affermando la propria qualità ed il proprio messaggio.

La grafica è parte integrante di ogni componente dell’allestimento, valorizzando e comunicando grazie alla propria forza intrinseca ed al contributo delle ultime tecnologie. Visitare non è solo guardare, è anche ascoltare, toccare e percepire la totalità di un ambiente in cui regnano racconti, materiali, luci, suoni e spazi, e stimoli visivi in continuo movimento. Le indicazioni sono sintetiche, i messaggi spesso sottointesi e l’attenzione ed il coinvolgimento del visitatore diventano il principale fine dei progettisti, che puntano a far vivere esperienze totali e memorabili.

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In alto: prima rassegna Mido - mostra internazionale di ottica, optometria e oftalmologia, Fiera Campionaria di Milano, 1969. A destra: presentazione della sedia Superleggera di Gio Ponti al primo Salone del Mobile, 1961. Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

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DIVERSE

PROSPETTIVE

“La Campionaria si è sempre più configurata come punto di confronto e di scambio tra i cinque continenti, riservando un crescente spazio alle realtà che, con esiti diversi, si stavano avviando sul sentiero dello sviluppo” Luca Masia


La crescita esponenziale verificatasi a partire dagli anni ‘60 degli eventi specializzati ospitati dal polo milanese, determina un inarrestabile calo degli espositori alla Campionaria.

1970

Le manifestazioni settoriali, infatti, permettono alle aziende non solo di risparmiare risorse (considerata la minore durata), ma anche di raggiungere un pubblico molto più mirato, che, d’altra parte, è attratto dalla specificità dell’ambiente: nel corso di soli due decenni, la Campionaria verrà totalmente sostituita dalle fiere specializzate, anche se, miracolosamente, chiuderà i battenti in via ufficiale solo nel 1990. Uno dei sintomi principali di questo cambiamento di rotta, è la perdita di tutte quei capolavori espositivi degli abili progettisti di cui le ditte si erano avvalse. Molti di loro, tuttavia, continueranno a collaborare con i medesimi committenti, continuando a sperimentarsi e a crescere sparsi tra le fiere di settore. Nonostante l’infelice destino cui stava andando incontro, la Campionaria, durante gli anni ‘70, si adatta comunque agli sviluppi del mercato, favorendo l’apertura del macrosettore emergente del “terziario”: accanto a campioni, prodotti e macchinari, vengono esibite attrezzature, infrastrutture e servizi che hanno lo scopo di agevolare la conduzione degli affari, facilitare i contatti commerciali ed accorciare le distanze. Nei primi anni ‘80 la Fiera ospita più di settanta mostre specializzate all’anno, che richiamano oltre 40 mila espositori: nasce così il ciclo espositivo chiamato “La Grande Fiera”, che ingloba tutti gli eventi in un unicum di cui la Campionaria è solo un piccolo tassello. Inoltre, il boom delle tecnologie informatiche e delle energie alternative ha un grosso impatto sull’evento, che si fa promotore di mostre-convegni e, tra tutto, del MESP 96, un piano quinquennale finalizzato all’adozione di energie alternative per i consumi del quartiere fieristico. Nel 1986 la Campionaria viene denominata “Grande Fiera d’aprile”, per poi tramontare definitivamente dopo quattro anni. Malgrado la fine della Campionaria, l’attività della Fiera di Milano si espande esponenzialmente, tanto da necessitare di ulteriori spazi per la moltitudine di eventi ospitati. Nel 1997, Mario Bellini termina la sua opera per il Portello, il primo reale ampliamento del polo, che aprirà le porte al grande progetto di una nuova fiera, contigua ma esterna alla rete urbana milanese, e alla riqualificazione di gran parte del quartiere storico. Nel 2000, dopo una serie di trasformazioni amministrative, nasce la Fondazione Fiera Milano “per sostenere, promuovere ed indirizzare lo sviluppo del sistema fieristico e guidare la trasformazione del sistema espositivo milanese verso assetti sempre più moderni ed attuali, nonchè competitivi a livello mondiale” 97, che attualmente gestisce e supervisiona i poli e le manfestazioni. Nelle pagine seguenti lo schema illustra nella fascia alta gli sviluppi della Fiera Campionaria di Milano nel corso del tempo. Nella parte sottostante, i primi decenni elencano le fiere campionarie sorte in altre città italiane, dal 1950, invece, sono delineate le principali manifestazioni settoriali nate ed ospitate nel recinto del polo milanese. 96 Milan Energy Saving Plan 97 www.fondazionefieramilano.it/profilo

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Casi Studio


Criteri di selezione Il patrimonio di ricerche e sperimentazioni (di cui abbiamo analizzato una limitata ma importante porzione), con l’internazionalizzazione e l’esportazione dei progetti fieristici verso l’estero, ha portato la cultura dell’allestimento a diffondersi, evolvere, rielaborarsi e lasciarsi contaminare. La ricchezza di soluzioni possibili che oggi possiamo ammirare nelle fiere di tutto il mondo, è frutto del continuo perfezionamento di ogni sfacettatura facente parte di quel sistema complesso che oggi, comunemente, viene definito allestimento fieristico. Il processo, dal progetto all’opera compiuta, di ogni stand o padiglione che sia, è ancora oggi il risultato di un’esperienza sul campo, che risente dunque di una forte artigianalità. Tuttavia, grazie al contributo della digitalizzazione, si stanno sviluppando nuove tecnologie comunicative, che permettono non solo di smaterializzare il contenuto fisico di questi protipi (che, di fatto, è ciò che gli allestimenti temporanei sono), ma anche di efficientare diversi step del percorso. Qui di seguito vengono brevemente esaminati alcune proposte che, a mio avviso, rappresentano una sintesi fruttuosa dal punto di vista comunicativo e percettivo; ciascuno di essi è stato valutato, su una scala da 1 a 51, sulla base delle seguenti caratteristiche:

Efficacia Comunicativa con cui si intende la chiarezza, l’immediatezza e la fruibilità della gamma di espedienti utilizzati per trasmettere al pubblico il messaggio chiave, il soggetto protagonista, l’immagine o la mission aziendale.

Modularitá del sistema, che permette di ottimizzare soprattutto tempi e risorse per la produzione dei componenti e le fasi di montaggio e smontaggio.

Efficienza cioè le soluzioni per agevolare la fasi di stoccaggio e trasporto, la fruibilità generale dell’allestimento (spazi, illuminazione ed esposizione) ed il dispendio di materiali ed energia.

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1 Dove 1 equivale a “poco”, e 5 a “completamente”.


Interattivitá ovvero la presenza di accorgimenti multisensoriali o proposte di partecipazione attiva che permettano di coinvolgere il visitatore non solo dal punto di vista visivo.

Contestualizzazione all’interno del contesto fieristico, non solo come struttura (poichè generalmente le architetture dei padiglioni ospitanti risultano piuttosto “asettiche”) ma anche del tema e dell’immagine globale dell’evento.

Sostenibilitá dei materiali utilizzati, dei processi produttivi (dagli sfridi all’eventuale utilizzo di materiale di scarto, dai collanti necessari al numero dei componenti) e delle scelte per l’illuminazione e la comunicazione (tecniche per la decorazione, eventuali supporti aggiuntivi o schermi).

Flessibilitá ossia la capacità di modificarsi parzialmente o riconfigurarsi con i medesimi componenti per essere sfruttato in successive manifestazioni fieristiche. In questo concetto è compreso anche l’eventuale riutilizzo, da parte del committente, per altri scopi.

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TASCHEN STAND SHIGERU BAN FRANKFURT BOOK FAIR 2010 www.taschen.com

Progettato appositamente per l’occasione ed ispirato alle forme del tetto del Centre Pompidou-Metz, lo stand si compone sulla base di due figure geometriche, il triangolo e l’esagono, montate per creare una superficie continua ad ”U” che funge da pavimento, parete e soffitto, lasciando l’area aperta su tre dei quattro lati. Questo enorme foglio di legno, formato da pieni e vuoti, è ridimensionabile a seconda dello spazio a disposizione, grazie alla ripetizione del medesimo modulo; sulla parte posteriore, inoltre, una scatola rettangolare dalle pareti “sfogliabili” ospita 24 postazioni di lettura ed un contenitore per le scorte.

EFFICACIA COMUNICATIVA MODULARITÁ EFFICIENZA INTERATTIVITÁ CONTESTUALIZZAZIONE SOSTENIBILITÁ FLESSIBILITÁ

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3D2REAL ILEK University STUUTTGART DESIGN FAIR 2009 www.dezeen.com

Pensato per presentare cinque prodotti di giovani designers, lo stand è composto da cinque schermi a core di honeycomb che fungono da filtro tra i passanti e gli oggetti esposti. Ciascun sistema è composto da celle inclinate in modo tale che dall’esterno si possa vedere solamente il soggetto desiderato e dall’interno tutto il panorama. Ogni elemento, infatti, è stato generato virtualmente da algoritmi basati sulle posizioni sia dei pannelli divisori che degli oggetti esposti. Gli schermi sono composti da 2.142 pezzi uniti da 1.376 coppie di componenti di connessione, tutti realizzati in MDF da 3 e 10mm di spessore, tagliati a laser ed uniti insieme senza l’utilizzo di collanti (e sfrido di lavorazione inferiore al 25%).

EFFICACIA COMUNICATIVA MODULARITÁ EFFICIENZA INTERATTIVITÁ CONTESTUALIZZAZIONE SOSTENIBILITÁ FLESSIBILITÁ

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ZEGNA STAND MIGLIORE + SERVETTO ARCHITECTS FIRENZE PITTI IMMAGINE UOMO 2014 www.architettimiglioreservetto.it

Un paesaggio urbano ricreato per presentare le nuove creazioni di Ermenegildo Zegna, composto da una parete a struttura modulare schermata, su cui vengono proiettati skyline e video promozionali per ricreare luci e suoni della città. Davanti a questa, cinque alte torri pentagonali presentano in alto il logo dell’azienda col medesimo sistema di proiezioni; nella parte inferiore, i modelli esposti sono circondati da sottili membrane trasparenti, che si sollevano quando una sfilata attraversa longitudinalmente lo stand.

EFFICACIA COMUNICATIVA MODULARITÁ EFFICIENZA INTERATTIVITÁ CONTESTUALIZZAZIONE SOSTENIBILITÁ FLESSIBILITÁ

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D’ART STAND D’ART DESIGN GROUPPE DUSSELDORF EUROSHOP 2014 www.dart-design.info

“Annulla” è il tema scelto dal team di progettisti che, con una struttura monumentale in legno, vuole mostrare come il design sia un processo in continuo rinnovamento. All’interno, un tavolo con mattoncini caratterizzati da singole parole (cambiare, ripensare, modificare), permettono al pubblico di cimentarsi nel costruire, distruggere e rifare, avendo a disposizione postazioni e tablets per ammirare il portfolio del gruppo e ricevere informazioni e spiegazioni sulla loro filosofia e sulle didascalie pirografate sull’interno delle pareti. Una musica di sottofondo, il legno e l’illuminazione, rendono l’ambiente accogliente ed interessante.

EFFICACIA COMUNICATIVA MODULARITÁ EFFICIENZA INTERATTIVITÁ CONTESTUALIZZAZIONE SOSTENIBILITÁ FLESSIBILITÁ

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Conclusioni Dall’analisi effettuata emerge quanto la Fiera Campionaria di Milano sia stata una pietra miliare ed abbia svolto un ruolo essenziale per la nascita e la formazione del progetto espositivo italiano; dando anche ai maggiori progettisti del nostro paese l’importante possibilità di sperimentare idee e principi avanguardistici che avrebbero contribuito a creare la storia del progetto architettonico del secolo scorso. L’idea di realizzare strutture e ambienti che potessero comunicare con ogni tipo di pubblico, ha portato questi protagonisti a doversi confrontare con circostanze, scenari, materiali e tecnologie inconsueti e sempre diversi, e a dover rispondere in modo efficace e rapido al complesso di queste esigenze. I risultati raggiunti ed i principi fondanti delle creazioni di questi maestri, sono ancora oggi alla base della cultura del progetto espositivo italiano, benchè supportati da mezzi e strumenti tecnologicamente più avanzati. Il coinvolgimento sensoriale che punta a raggiungere l’emotività del visitatore, la ricerca di espedienti per destare interesse e stupore, l’utilizzo delle tecnologie a servizio di una trasmissione incisiva del messaggio, sono sicuramente parte dell’eredità che essi hanno lasciato. Nella realtà odierna, il connubio exhibit - retail design fieristico si è arricchito di moltissime componenti pubblicitarie capaci di leva su aspetti psicologici più sottili, come si è anche ampliata la gamma di possibilità offerte da materiali, strutture e processi. Questo percorso di crescita costante, l’ha portato a diventare un sistema talmente complesso da richiedere, come addotto in precedenza, la cooperazione di molte figure professionali. Le aziende, inoltre, tendono a non affidare più le proprie commesse a singoli progettisti, ma ad avvalersi piuttosto di imprese specializzate nell’esposizione, formate da team operativi che, confrontandosi costantemente con la realtà imprenditoriale, si occupano di fornire un servizio completo, gestendo ogni step del procedimento. La contaminazione dovuta all’estrema internazionalizzazione, inoltre, ha spalancato nuove possibilità ad architetti, designers e progettisti italiani, portandoli a collaborare con committenti provenienti da ogni parte del mondo.

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Nonostante sul panorama europeo il primato per la tradizione fieristica più radicata ed i mezzi più sviluppati, sia detenuto dalla Germania, la qualità italiana resta celebre e riconosciuta anche nell’ambito dell’allestimento. Il sistema tedesco, tuttavia, vanta oggi una produzione estremamente efficiente e più sostenibile, con sistemi modulari altamente sviluppati ed una gestione del processo digitalizzata ed efficiente. Per concludere, infine, si può dire che oltre al prezioso contributo al progetto allestitivo ed archiettonico, l’esperienza della Campionaria ha dato alla nazione una forte spinta, generando condivisione e rinnovamento e confermandosi uno dei più potenti motori per l’industria e l’economia del nostro paese.

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GRA ZIE soprattutto

Alla mia relatrice, Elena Dellapiana, per la pazienza e la passione che mi ha trasmesso Ad Andrea Lovati dell’Archivio Storico Fondazione Fiera Milano, per la gratuità con cui mi ha dedicato tempo ed energie Ai borsisti ed alle bibliotecarie del Castello del Valentino, per le ricerche negli angoli più remoti dell’archivio.

A mia mamma, per la fiducia che ripone in me sempre e comunque A mio papà, perchè sarebbe fiero di questo traguardo Ai miei zii, per la presenza ed il sostegno costanti A Stefano, per la serenità e la sicurezza che mi trasmette Alle mie amiche, per l’affetto che mi dimostrano da sempre Alla danza, per avermi insegnato a spendermi senza riserve per ciò a cui tengo A tutte le persone con cui ho condiviso un percorso e che mi hanno dato la possibilità di crescere e di sviluppare i miei talenti


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