sistema design nelle imprese di Roma e del Lazio
DESIGN FOR MADE IN ITALY
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Food Design
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The Fooders Antonello Colonna Ivana Carmen Mottola Terra madre Gentilini Molinari Il Gambero Rosso I Musei del gusto La coda alla Vaccinara
DESIGN FOR MADE IN ITALY sistema design nelle imprese di Roma e del Lazio
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Food Design
Direttore responsabile | Managing Director Tonino Paris Direttore | Director Carlo Martino Coordinamento scientifico | Scientific Coordination Committe Osservatorio scientifico sul Design del Dipartimanto DATA: Design, Tecnologia dell’Architettura, Territorio e Ambiente. Sapienza Università di Roma Redazione | Editorial Staff Luca Bradini Nicoletta Cardano Ivo Caruso Paolo Ciacci Emanuele Cucuzza Renato De Chiara Carlo Inglese Antonio Las Casas Sara Palumbo Filippo Pernisco Felice Ragazzo Chiara Ricci Clara Tosi Pamphili Monica Scanu Laura Tornese Graziano Mario Valenti Segreteria di redazione | Editorial Headquarter Via Flaminia 70-72, 00196 Roma tel/fax +39 06 49919016/15 info@disegnoindustriale.net Traduzione | Translations Claudia Vettore Progetto grafico | Graphic design Roberta Sacco Impaginazione | Production Sara Palumbo Editore | Publisher Rdesignpress Via Angelo Brunetti 42, 00186 Roma tel/fax +39 06 3225362 e-mail: info@disegnoindustriale.net Distribuzione librerie | Distribution through bookstores Joo distribution – Milano Distribuzione estero | Distribution for other countries S.i.e.s. srl – Milano 20092 Cinisello Balsamo (MI), via Bettola 18 tel. 02 66030400 – fax 02 66030269 www.siesnet.it e-mail sies@siesnet.it Stampa | Printing Tipografia Ceccarelli, Grotte di Castro - VT
DESIGN FOR MADE IN ITALY
sistema design nelle imprese di Roma e del Lazio
n°11_2011
allegato alla rivista
diid
_disegno industriale industrial design Rivista bimestrale di formazione e ricerca Bimonthly magazine of training and research
Registrazione presso il tribunale di Roma 86/2002 del 6 marzo 2002 ISSN: 1594-8528
indice
04 _ 11
Topic_Food Design Il Food Design come ricerca | Food Design as research_Tonino Paris La patata dà più forza quando è cotta con la scorza! | A healthy serving of innovation with a dash of tradition_Carlo Martino Exhibit design, creatività e cultura per un’industria che cresce | Exhibit design: creativity and culture for a growing industry_Gianluca Lo Presti
12 _ 35
Designer The Fooders Dalla cucina al palcoscenico | From the kitchen to the stage_Ivo Caruso Antonello Colonna Un bravo ragazzo del ‘56 | A fine fellow of ’56_Monica Scanu Ivana Carmen Mottola Il cibo come racconto | Food that tells stories_Ivo Caruso Le forme del cibo. Il Food Design nel Lazio dal vintage al 2.0 | Food Forms. Food Design in the Lazio region, from retro to 2.0_Luciana Squadrilli
Designer_index 36 _ 43
International Focus TerraMadre Salvaguardare le culture locali | Safeguarding local cultures_Laura Tornese
44 _ 67
Factory Gentilini Una buona storia | A good story_Domitilla Dardi Sambuca Molinari Con la mosca, grazie | Could you put a fly in it?_Renato De Chiara Gambero Rosso Il Sistema Gambero Rosso, un marchio per la cultura del gusto| The Gambero Rosso system, a brand for the culture of taste_Luca Bradini La memoria del cibo. Musei del gusto e archivi di impresa a Roma e nel Lazio | Dietary memories. Food museums and company archives in Rome and Lazio_Nicoletta Cardano
Factory_index 68 _ 77
Innovation & Tradition Innovation & Tradition – Innovation or Tradition – Innovation is Tradition_Valeria Vocaturo Food design e tutela del consumatore. L’RFID l’anello di congiunzione | RFID: the link between food design and consumer protection_Erjka Priori
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Lsd _ la sapienza design factory
Topic_Food Design Il Food Design come ricerca | Food Design as research
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Tonino Paris
Il food design è certamente un ambito applicativo della cultura del progetto di cui, solo da pochi anni, si ha piena consapevolezza. Si è compreso solo da poco che, come numerosi altri settori di pertinenza del design, anche la coltivazione, la preparazione, l’esposizione e il consumo del cibo, possono accogliere quella cultura che ha la capacità di innovare e migliorare l’esistenza dell’uomo. Questo perché per lungo tempo ha prevalso un’idea del food molto legata alla tradizione del saper fare, ligia al rispetto delle regole, rappresentate dalla legge della “ricetta” originale. Solo recentemente si è avviato un processo di valorizzazione delle materie prime – Dop, Doc. ecc. - e della capacità, prima spontanea e poi educata, di saper combinare e abbinare gli ingredienti in modo inedito, di sperimentare soluzioni fuori dagli schemi. Dalla ricetta del “Riso verde” di Bruno Munari, che l’autore prendeva in prestito proprio dal mondo della cucina per spiegare il mondo della creatività, molti anni sono passati, e l’idea del designer milanese, più che un’esemplificazione sembra essere una profezia. Oggi l’ambito del food design è ricco di promesse, ed è uno di quegli spazi interstiziali della produzione in cui Andrea Branzi, già nel 2006, intravedeva un futuro per le nuove generazioni di designer. A questo nuovo scenario del food, il mondo della formazione e della ricerca universitaria del Design guarda con attenzione, proprio per le sperimentazioni che in esso si compiono. Roma e il Lazio, come raccontiamo nel numero, mostrano in questa direzione una grande vitalità, ed un fermento creativo molto originale.
Giulio Iacchetti, Cazzuola, paletta per dolci ideata per Costruttori di Dolcezze, Eurochocolate. | Giulio Iacchetti, Cazzuola, cake shovel designed for “Costruttori di dolcezze” (Manufacturers of sweetness), Eurochocolate.
Food design is a clear example of a field which sees applied use of design culture, but people have only been aware of it for a few years. In other words, only recently have we realized that – like many other sectors which involve design – the cultivation, preparation, presentation and consumption of food can embrace a culture which innovates and improves the existence of humankind. For a long time, the prevailing concept of food was closely bound to traditional know-how and dutiful observance of the rules enforced by the original ‘recipes’. Only recently have we seen the start of initiatives to promote raw materials – with PDO, DOC and similar labels – and the growing capacity – which was initially spontaneous and subsequently cultivated – to combine and match ingredients in an unprecedented manner and try out unconventional solutions. Many years have passed since Bruno Munari discussed his recipe for ‘Green Risotto’, which he borrowed from the world of food to explain the world of creativity. Rather than an example, the Milanese designer’s idea now seems like a prophecy. The field of food design is now full of promise. It is one of those ‘gaps’ in production in which Andrea Branzi saw a future for the new generations of designers as early as 2006. The university design research and teaching scene is taking a keen interest in this new food scenario due to the experiments that are being conducted. As revealed in this issue, it is an area in which Rome and the Lazio region are showing great vibrancy and producing highly original creative output.
Carlo Martino
La patata dà più forza quando è cotta con la scorza! | A healthy serving of innovation with a dash of tradition Disegno come prefigurazione; geometrie euclidee applicate all’organico; progettazione dell’esperienza per la preparazione e per il consumo; filiera corta e approccio sostenibile; sperimentazione progettuale; attenzione ai bisogni reali e latenti dei consumatori; customizzazione o personalizzazione e reti. Sono solo alcuni dei termini o dei concetti che i protagonisti del food romano e laziale enunciano negli articoli che li raccontano, raccolti in questo numero. Una selezione non certo esaustiva, ma che delinea scenari professionali e imprenditoriali, molto colti, in pieno fermento creativo e di grande stimolo culturale. Sono concetti che, presi in astratto, attestano la piena appartenenza del mondo del Food al Design, inteso come universo progettuale, che persegue l’innovazione come missione sociale e culturale, tesa a migliorare la vita quotidiana e ad incrementare le dinamiche dell’economia. Il food design legittima in maniera forte e perentoria la pervasività della cultura del progetto in territori anche molto lontani dalle concentrazioni industriali. Tra questi, il pregiudizio per fortuna quasi superato, che associa Roma e il Lazio, alle istituzioni piuttosto che alla produzione. Ebbene, come molti degli articoli di seguito raccolti dimostrano, oggi il territorio laziale è più che mai fucina di nuove idee e di nuove sperimentazioni, proprio nell’ambito del food design.
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Luca Nichetto, Set di coltelli disegnati per Prosciutteria King’s, Salone del Mobile 2011, Milano. | Luca Nichetto, Set of knives designed for King’s Hams, Salone del Mobile 2011, Milan. Bio apertivo, eco kit, Pandora Design. Quattro pezzi della collezione Pandora (il bicchiere Sunglass con piattino Tapas, lo stuzzicadenti 2Spin e la forchettina Moscardino) creati da Daniel Fintzi, Giulio Iacchetti e Matteo Ragni. | Bio aperitif, eco kit, Pandora Design. Four pieces of Pandora collection (the Sunglass cup and Tapas saucer, the toothpick 2Spin and the fork Moscardino) designed by Daniel Fintzi, Giulio Iacchetti and Matteo Ragni. Posate in plastica DeBeauty, set di 3 posate riutilizzabili, Pandora Design. | DeBeauty plastic cutlery, set of 3 reusable cutlery, Pandora Design.
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Qui la tradizione delle ricette e dei prodotti della terra, proprio perché riconosciuti e consolidati, si prestano a nuove interpretazioni, che traggono forza proprio dal forte contrasto tra vecchio e nuovo, tra tradizione e innovazione. Qui le giovani generazioni, e non solo, stanno dimostrando che tutte le azioni che gravitano intorno al cibo possono essere ripensate, trasformate e contaminate, non per stravolgere ma per innovare. La teatralità, la messa in scena, le nuove tecnologie, l’esibizione sono tutte ben accolte nel mondo del Food romano, dove contano le materie prime, ben scelte e ricercate, contano le persone, contano le cose, gli oggetti del paesaggio del food, ma soprattutto contano le idee. In questo scenario diventano allora storie emblematiche quella di Antonello Colonna, testimone di una cultura culinaria locale, che trasforma e “ri-veste” di senso e di forma una ricetta come quella della Coda alla Vaccinara, facendone una bandiera dell’alta cucina romana. E poi le storie dei giovani Fooders o di Ivana Mottola, che integrano fortemente le esperienze della preparazione e quella del consumo del cibo, trasformandole in performance. E poi il presente e la memoria della produzione agroalimentare. Da un lato marchi dell’industria dolciaria, come Gentilini, che producono biscotti-icona della romanità e dell’italianità, e ancora brand come Sambuca Molinari, di risonanza mondiale, che fanno ricorso alle punte più avanzate della comunicazione visiva per trasformare il prodotto in tendenza. Dall’altro la tradizione, che fa del caso di una ricetta – sempre la Coda alla Vaccinara – una storia nella ristorazione di più di cent’anni ed un’ulteriore esperienza di sperimentazione, e poi i musei d’impresa, che trasferiscono in un ambito aulico e culturale le testimonianze di una ricca tradizione produttiva. E ancora il Gambero rosso, che quest’anno festeggia proprio i suoi primi 25 anni di
attività, leader editoriale e della formazione in Italia nel campo della cultura del vino e dell’enogastronomia, unico operatore multimediale del settore con una offerta di periodici, libri, guide, canale televisivo SKY 411, web e mobile. Infine le nuove tecnologie, utilizzate a tutela dell’autenticità, come quelle sperimentate dal Cattid per la tracciabilità dei prodotti agroalimentari o richiamate dai lavori della Factory Sapienza Design. Un primo racconto quindi sul mondo del Food Design nel Lazio che fa trasparire una certa vitalità, con personaggi e generazioni a confronto, con casi d’imprese consolidate e di neo imprese che ambiscono a crescere e ad affermarsi, in cui la “scorza” è la tradizione, in cui ben cuoce la patata dell’innovazione.
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Matteo Ragni, RedBar e RedSculpture, Triennale di Milano, 2011. | Matteo Ragni, RedBar and RedSculpture, Triennale of Milan, 2011.
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Design as prefiguration; Euclidean geometry applied to organic matter; experience design for preparation and consumption; short production chains and sustainable approaches; experimental design; a focus on the real and hidden needs of consumers; customization or personalization and networks. These are just a few of the terms and concepts expressed by the leading players from the Rome and Lazio food scene in the articles about them in this issue. While the selection is far from exhaustive, it gives an outline of the extremely sophisticated professional and entrepreneurial scenarios that are overflowing with creativity and cultural drive. As seen in their abstract form, these concepts underline the fact that the Food world fully deserves a place in the Design universe, which pursues innovation as a social and cultural mission, aiming to improve daily life and give a boost to the economy. Food design powerfully and peremptorily justifies the spread of the design culture to a wide range of areas, including those far from industrial zones. It gives the lie to the prejudiced idea – which is fortunately becoming a thing of the past – that Rome and Lazio are home to institutions rather than production entities. As shown by many of the articles contained herein, the Lazio area has become a hotbed of new ideas and experiments in the field of food design. The well known and well established traditional recipes and local products are ideal candidates for fresh interpretations, whose strength is built on the sharp contrast between old and new, tradition and innovation. The younger generations here, as well as some of their older counterparts, are showing that all of the actions based around food can be reconsidered, transformed and opened up to outside influences. The aim is not to turn things upside down but to innovate them. Theatricality, setting the scene, new technologies and exhibition are all well received on Rome’s food scene, where the key elements are carefully selected, as well as refined raw materials, people, things, items from the food environment, and most importantly ideas.
Marti Guixè, Sugar Cube, spargizucchero in PMMA. | Marti Guixè, Sugar Cube, Sugar castor in PMMA. Marti Guixè, Communicator Balloon, fruttiera in acciaio inossidabile 18/10 con supporto per messaggi in PMMA. | Marti Guixè, Communicator Balloon, fruit holder in 18/10 stainless steel with message board in PMMA.
An emblematic depiction of this scenario can be given by telling stories such as that of Antonello Colonna, an exponent of local culinary culture who transforms and gives a fresh meaning and appearance to recipes such as the oxtail speciality Coda alla Vaccinara, which he has made into one of the crowning glories of Roman haute cuisine. Then there are the tales of the young Fooders and Ivana Mottola, who closely intertwine the preparation and consumption of food, transforming them into a performance. There is also the present and the history of food production. In the first category, there are brands from the confectionery industry such as Gentilini, whose biscuits are famous for their typically Roman and Italian nature, and internationally renowned labels such as Sambuca Molinari, which use avant-garde visual communication to make their products fashionable. In the second category is tradition and a recipe – Coda alla Vaccinara once again – which tells the story of more than 100 years in restaurants and of further experimental experiences. This category also encompasses company museums, which tell the story of prodigious production traditions in an educational, cultural setting. Then there is Gambero Rosso, which is celebrating its 25th anniversary this year. It is the leading food and wine publisher and teaching organization in Italy and the only multimedia player in the field with a range of magazines, books, guides and a web, mobile and TV channel (SKY 411). Finally, there are the new technologies used to give guaranteed authenticity, such as the traceability techniques for food trialled by Cattid and the systems referenced in the work of the Sapienza Design Factory. This initial overview of the Lazio Food Design Scene reveals its vibrancy, with different figures and generations coming together and stories of new and established companies that are looking to grow and spread their names. The healthy serving of innovation in Lazio is perfectly complemented by a dash of tradition.
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Gianluca Lo Presti*
Il Food Design ed il sistema imprenditoriale dell’agroalimentare | Food Design and the agricultural system *Direttore Generale Sviluppo Lazio S.p.A. | Chief Executive of Sviluppo Lazio S.p.A
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Design e cultura del progetto sono gli elementi portanti di questa nuova indagine che va ad esplorare la sfera dell’agroalimentare e dell’agroindustria ed il suo sistema economico-produttivo. Un mix di ingredienti che interagiscono per soddisfare esigenze funzionali e sensoriali; attraverso l’elemento del cibo, che diviene il filo conduttore di ogni speculazione di natura scientifica, gastronomica, estetica e tecnologica, il food design mira a suscitare sensazioni e regalare emozioni. Il food design è una vera e propria disciplina, una materia di nuova introduzione a livello internazionale che va ad interessare tutti gli ambiti legati alla progettazione intorno al cibo e che vede il coinvolgimento di chef, designer, chimici, fisici e scienziati. Una disciplina trasversale, dunque, dove il binomio cibo-design diviene argomento di ricerca in vista di applicazioni in sfere ed ambienti tra i più diversi ed apparentemente imprevedibili. Cultura del progetto quindi ed innovazione tecnologica a servizio del cibo e degli alimenti per esaltare il rapporto tra contenuto e contenitore. Il design diviene così strumento di marketing in grado di riconoscere valore aggiunto al semplice prodotto e di posizionarlo, quindi, sul mercato internazionale con maggiore forza.
L’affermazione di questa nuova scienza rispecchia lo sviluppo di una vera e propria economia, attiva grazie ad un complesso di Piccole e Medie Imprese che nel Lazio rappresentano la forza motrice del sistema produttivo e che a diversi livelli investono in design. Nella regione il sistema economico è maturato anche attraverso 13 poli altamente qualificati dove coesistono una pluralità di specializzazioni produttive differenti e nei quali si concentra l’87,1% delle imprese manifatturiere, l’84,2%delle attività di artigianato industriale, il 92% delle attività di commercio all’ingrosso, logistiche e di trasporto e il 96,8% delle imprese Hi-tech e ICT. Un complesso economico che interagisce con il territorio anche attraverso la rete dei distretti industriali e dei poli tecnologici dove ricerca e produzione contribuiscono alla ricchezza della regione. Solo nei distretti del Lazio operano circa 4.600 imprese, con quasi 84mila lavoratori. La ricerca tecnologica legata al Design e alla forma di alcuni prodotti ha sicuramente assicurato l’affermazione di un sistema imprenditoriale dove la forma diventa l’elemento caratterizzante di un prodotto ed il suo elemento di distinzione più esclusivo.
Design and design culture are at the core of this new study, which explores the area of food, agriculture and agroindustry, as well as its economic and production system. A blend of ingredients comes together to meet practical and sensory requirements. Food design aims to give rise to delightful sensations and feelings, with food serving as the common theme in all of its scientific, gastronomic, aesthetic and technological ventures. Food design is a genuine discipline all of its own which has recently appeared all over the world. It sees the involvement of chefs, designers, chemists, physicists and other scientists. Research is carried out in this broad discipline in a huge range of areas and fields, some of which might seem rather surprising. The design culture and technological innovation help to enhance the relationship between the content and the container. Design thus becomes a marketing tool which gives value added to simple products and boosts their positioning on the international market. The establishment of this new discipline has mirrored the development of an economy in the true sense of the term, thanks to the efforts of small and medium companies,
which are the driving force behind the production system in Lazio and invest in design on a number of levels. The evolution of the economic system in the region is partly down to the presence of 13 centres of great expertise with a number of different production specialities. These sites are home to 87.1% of manufacturing companies, 84.2% of industrial craft firms, 92% of wholesale, logistics and transport businesses, and 96.8% of hi-tech and ICT companies. This economic grouping interacts with the local area through a network of industrial districts and technological centres where research and production contribute to the wealth of the region. There are approximately 4,600 companies with a total of almost 84,000 employees in Lazio’s districts alone. The technological research behind the design and form of certain products has without a doubt guaranteed the establishment of a business system in which the form is the identifying feature of a product and its most distinctive characteristic.
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Designer Ivo Caruso
The Fooders, biscottone di frolla decorato. | The Fooders, jumbo decorated shortbread biscuit.
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The Fooders, layout per il trattamento del calamaro. The Gastronauts Italian Project. | The Fooders, layout for treating squid. The Gastronauts Italian Project.
La cucina è un’arte capace di unire tradizione e innovazione, lavoro fisico e intellettuale, interessare il fruitore in maniera plurisensoriale con creazioni godibili in maniera sempre effimera e mai perfettamente replicabile. Il cuocodesigner progetta l’esperienza del mangiare, educa e coinvolge l’utente nella scelta delle materie prime, nella loro trasformazione e nella presentazione dei piatti. La cucina dei ristoranti si trasforma da luogo di servizio, nascosto e privato, in luogo condiviso, aperto al pubblico, palcoscenico mediatico. Il concetto stesso di “ristorante” si sta evolvendo. Grandi chef possono cucinare a domicilio, prestare lo loro opera presso scuole professionali, show televisivi o aziende del settore enogastronomico, oppure organizzare vere e proprie tournèe. Mangiare diventa così un’esperienza complessiva, che implica aspetti nutrizionali, culturali e ricreativi. The Fooders, Antonello Colonna e Ivana Carmen Mottola, trend-setter e sperimentatori, fanno dell’arte del cucinare occasione di innovazione, performance e intrattenimento.
Cooking is an art that combines tradition and innovation, physical and intellectual work, interesting the cook in a multi-sensorial manner with creations that are enjoyed in an ephemeral and never perfectly replicable manner. The cook-designer designs the experience of eating, educates and involves the user through the choice of raw materials, in their transformation and in the presentation of the dishes. A restaurant kitchen is transformed from a hidden and private serving area into a shared place, open to the public, a media stage. The very concept of ‘restaurant’ is evolving. Great chefs can cook at home, share their work at professional schools, television shows or companies in the gourmet sector, or even organise veritable tours. In this way, eating becomes a complete experience; one that includes nutritional, cultural and recreational aspects. The Fooders, Antonello Colonna and Ivana Carmen Mottola, trendsetters and experimenters, turn the art of cooking into an opportunity to innovate, perform and entertain.
The Fooders Dalla cucina al palcoscenico | From the kitchen to the stage Conoscere i The Fooders è un’esperienza piacevole e coinvolgente. Sono giovani, ma con le idee ben chiare, comunicativi, con un background ricco e capaci di spaziare nei loro discorsi in vari campi: dalla musica, innata passione di Marco Baccanelli, all’illustrazione, arte in cui ama cimentarsi Francesca Barreca. Usano un linguaggio simile a quello proprio di un esperto designer: parlano di tecnica e tecnologia, tradizione e innovazione, estetica e usabilità, comunicazione e promozione, fruizione e divulgazione culturale, creatività e ricerca, formazione e sperimentazione. Barreca e Baccanelli si formano entrambi a Roma, in rinomate scuole di alta cucina. Lei presso la scuola A Tavola con lo Chef, lui presso la scuola professionale del Gambero Rosso dove segue le lezioni di chef come Alaimo, Baldassarre e Corelli. A Corelli i due restano
particolarmente legati, riuscendo anche ad affiancarlo in cucina in diverse occasioni. Altro chef che contribuisce alla crescita professionale del duo è Grazia Soncini. Da cuochi con esperienza maturata sul campo durante diversi anni di servizio in ristoranti di alta gamma, sentono però l’esigenza di provare a portare fuori dalla cucina lo spettacolo del cucinare, di cercare di innovare legando la cucina alle loro altre passioni. Nel 2006, dopo tre anni di viaggi, decidono di debuttare in proprio, iniziando un percorso che parte dalla ferma volontà di contribuire a rinfrescare l’immagine del cuoco professionista, in un’ottica lontana dal desueto concetto di “servitù”, ma più vicina alle idee di “ospitalità” e di “intrattenimento”. Il cuoco secondo i The Fooders è oggi una sorta di rockstar con seguito di groupies, uno showman, un artista capace di coinvolgere e affascinare. Da questa idea nasce il progetto The Gastronauts, che consiste in uno spettacolo di live cooking di taglio internazionale, fatto di sonorità black newyorkesi e cucina gourmet.
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Lo spettacolo, presentato in occasione del Festival di arte performativa Freeshout di Prato, si configura come un Food-set, in cui i cuochi vengono affiancati da un dj capace di selezionare la musica in funzione degli ingredienti scelti, da illustrazioni che hanno lo scopo di far previsualizzare il piatto che si sta creando e da videoproiezioni studiate ad hoc per dare uniformità e continuità al tutto. Le illustrazioni fungono da storyboard, da spartiti che rendono l’iniziativa accattivante ed avvincente. Vengono eseguiti piatti ideati con una tecnica di selezione, decostruzione e campionamento di ispirazione black, hip hop e punk. Baccanelli racconta: “siamo cresciuti in una città cosmopolita come Roma che riesce a metterci in contatto con tante tradizioni gastronomiche diverse e con continui stimoli di ogni genere. Noi cerchiamo di portare in cucina l’attitudine alla contaminazione, alla reinterpretazione, all’improvvisazione tipica di alcuni stili musicali”. L’idea riscuote un notevole successo, distinguendosi in
ambito nazionale per innovatività, freschezza e forza di coinvolgimento. Da qui nascono nuovi progetti (tra cui è doveroso menzionare l’installazione artistica Microcucina), collaborazioni, sviluppi di sinergie, esperimenti, eventi sia privati che pubblici che hanno portato all’attuale identità dei The Fooders. Un aspetto che caratterizza lo stile dei due cuochi romani è la capacità inventiva che, basandosi su una solida preparazione tecnica acquisita, permette di proporre piatti sempre nuovi, mai realizzati secondo una ricetta rigidamente eseguita. Barreca sottolinea questa filosofia dichiarando: “noi abbiamo una metodologia anti-ricetta perché ci piace adattare l’esecuzione di un piatto agli ingredienti di cui disponiamo, al nostro umore, alla nostra sensibilità. Le ricette vanno bene per chi ha poca padronanza delle tecniche culinarie e può quindi avere dei tutorial da seguire…ma niente a che fare con l’arte del cucinare. Per essere liberi dalle ricette chiaramente è indispensabile studiare e fare scelte basate sul rispetto e sulla valorizzazione della materia prima”. Nelle ricette
poi non si spiega come scegliere il supporto più idoneo alla presentazione, come “montare” un piatto, come risolvere problemi relativi alla “mangiabilità”, come onorare la stagionalità dei cibi. Altra mission che i The Fooders si sono imposti è relativa alla divulgazione culturale e all’educazione al gusto. Il mezzo comunicativo che prediligono è sicuramente il web. Grazie alla velocità di internet, alla sua internazionalità, alla economicità e alla possibilità di creare e gestire blog e social network dai contenuti attendibili, oggi è possibile avere delle mappature, dei sistemi di feedback e delle guide virtuali che riescono a sostituire le tradizionali guide gastronomiche che, seppur autorevolissime, non potranno mai avere simili capacità di aggiornamento e interattività. Il progetto a cui stanno lavorando oggi è la prossima apertura di un proprio locale a Roma; concepito come un condensato di tutte le avventure gastronomiche che hanno trasformato Marco Baccanelli e Francesca Barreca in The Fooders.
The Fooders, Marco Baccanelli e Francesca Barreca on stage al Festival della Creatività. Spettacolo realizzato in collaborazione con Francesco Quarto e Dj Sponda. Firenze, 2007. Ph: Giulia Naldini. | The Fooders, Marco Baccanelli and Francesca Barreca on stage at the Festival della Creatività. Performance in collaboration with Francesco Quarto and DJ Sponda. Florence, 2007. Photo Giulia Naldini. The Fooders, indoor picnic. Evento food&sing, Moacasa, 2010. | The Fooders, indoor picnic. Food & Sing Event, Moacasa, 2010.
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The Fooders, piccolo prato mangiabile: champignon, robiola, erbe. Evento privato, Friburgo, 2009. | The Fooders, edible lawn: mushroom, robiola cheese and herbs. Private event. Freiburg, 2009. The Fooders, layout per lo spaghetto di zucchine, con erbe fresche e pecorino. The Gastronauts Italian Project. | The Fooders, layout for courgette spaghetti, with fresh herbs and pecorino cheese. The Gastronauts Italian Project.
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Meeting The Fooders is a pleasant and exciting experience. They are young, with clear ideas, good communication skills, a rich background, and able to discuss a variety of topics: from music, Marco Baccanelli’s passion, to illustration, an art Francesca Barreca tries her hand at. They use a language similar to that of expert designers: they speak of technique and technology, tradition and innovation, aesthetics and usability, communication and promotion, fruition and cultural divulgation, creativity and research, training and experimentation. Barreca and Baccanelli both attended renowned cooking schools in Rome. Francesca studied at A Tavola con lo Chef, and Marco with the Gambero Rosso professional cooking school, where he received training from chefs like Alaimo, Baldassarre and Corelli. Both are close to Corelli, and have assisted him in the kitchen on various occasions. Grazia Soncini is another chef who has contributed to the pair’s professional growth. As cooks with several years’ experience working in high-class restaurants, Barreca and Baccanelli feel the need to bring the spectacle of cooking out of the
kitchen, and to innovate by combining cooking with their other passions. In 2006, after three years of travel, they decided to strike out on their own, beginning an adventure based on a determination to help refresh the image of professional cooks, distancing themselves from the old-fashioned vision of a ‘servant’, and moving closer to the ideas of ‘hospitality’ and ‘entertainment’. According to The Fooders, cooks are like rock stars with their own groupies, they are showmen, artists able to draw crowds and fascinate audiences. Their ‘The Gastronauts’ project was born of this. It consists in an international live cooking show, with black New York sounds and gourmet cooking. The show, presented at the Freeshout performance arts festival in Prato, is organised as a Food-set, where the cooks are flanked by a DJ who selects the music based on the ingredients, by illustrations showing the dish being created and by video projects designed to create uniformity and continuity. The illustrations serve as a storyboard, as a score that makes the initiative captivating and engaging. Dishes are chosen with a selection, deconstruction and sampling technique
with black, hip hop and punk inspiration. Baccanelli explains: ‘We grew up in Rome, a cosmopolitan city that brought us into contact with many different culinary traditions, and with all types of stimuli. We want to bring the attitude of contamination, reinterpretation and improvisation typical of certain musical styles into the kitchen’. The idea has been very successful, recognised on a national scale for its innovation, freshness and draw. New projects have been born of it (including one we must mention: the Microcucina artistic installation), collaborations, synergies, experiments, private and public events that have led to the current identity of The Fooders. One aspect that characterises the style of the two Roman cooks is their inventive ability, which, backed by solid technical preparation, leads them to propose new dishes, which are never prepared according to rigid recipes. Barreca underlines this philosophy when she says ‘We have an ‘anti-recipe’ methodology, because we love to adapt the preparation of a dish to the ingredients at hand, to our mood and to our sensitivity. Recipes are good for people who are unfamiliar with cooking
techniques and need a tutorial to follow… but they are far removed from the art of cooking. To be free from recipes, you obviously need to study and make your choices based on the respect and promotion of the raw materials’. Plus, recipes don’t explain how to choose the most suitable medium for presentation, how to ‘assemble’ a dish, how to resolve ‘eatability’ problems, or how to honour the seasonal nature of food. Another mission of The Fooders is cultural divulgation and taste education. Their favourite medium is the Web. Thanks to Internet’s speed, its international nature, cheapness and the possibility of creating and managing blogs and social networks with reliable content, today we can obtain maps, feedback systems and virtual guides that replace traditional gastronomical guides that, while highly authoritative, could never be updated as frequently or be as interactive. They are currently working on opening their own restaurant in Rome; designed as a concentrate of all the gastronomical adventures that have turned Marco Baccanelli and Francesca Barreca into The Fooders.
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Monica Scanu
Antonello Colonna Un bravo ragazzo del ‘56 (*) | A fine fellow of ’56 (*) (*) Citazione originale dell’autore che ricorda un brano del 1982, Bravi ragazzi, nella quale il cantante, Miguel Bosè, recitava “tutti poeti noi del ’56” | An original quote by the author. It refers to Miguel Bosè’s 1982 hit Bravi ragazzi (Fine fellows), which contains the line ‘we poets of ’56’.
Antonello Colonna nel suo rigoglioso“orto urbano” ospitato nel terrazzo dell’Open Colonna. Nel sorprendente orto cittadino, coltiva a seconda della stagione insalate, melanzane, erbe officinali, carote, pomodori, cipolle. | Antonello Colonna in his thriving ‘urban vegetable garden’ on the terrace of Open Colonna. In this surprising setting he grows seasonal produce, such as lettuce, aubergines, medicinal herbs, carrots, tomatoes and onions.
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Ha compiuto 55 anni lo scorso 11 aprile quest’eclettico chef romano che trasmette energia innanzi tutto con lo sguardo vivace e il piglio autoritario, e naturalmente con il sapore dei suoi piatti. Antonello Colonna nasce in pieno boom economico. La sua storia parte da Labìco, il paese all’ingresso di Roma in cui il 7 aprile 1874 suo nonno fonda la Ditta Andrea Colonna – Trattoria. È figlio d’arte ma parte da una tradizione culinaria modesta. E allora si mette a studiare: quello che ha vicino, i prodotti della terra e la tradizione culinaria romana e laziale innanzitutto, ma spazia anche al di là delle Alpi, sviluppando ad esempio una ricerca approfondita sulla cuisine du terroir francese. Negli anni ’80, quelli del secondo boom economico, Colonna si inserisce nella corrente francese, poi diventata internazionale, della Nouvelle Cuisine. La rielabora, la interpreta, la modifica e la fa rivivere grazie all’equilibrio fra gli ingredienti antichi e anche alla grande cura nella composizione dei piatti, trasformando la cucina tradizionale romana in una cucina italiana moderna che potremo definire “patriottica”. È quindi attento alla cucina europea e internazionale, ma sempre “viaggiando con la caciotta sotto il braccio” come dice lui stesso in modo metaforico, in un mondo in cui per fortuna la cucina italiana non si identifica più con gli spaghetti al pomodoro e le note del mandolino in sottofondo. Nel 2007 Colonna sbarca a Roma e occupa l’ex serra di Pio Piacentini nel Palazzo delle Esposizioni, che 100 anni fa è stato la sede della Quadriennale. Apre il suo Open Colonna nel grande spazio su due piani mirabilmente progettato dallo studio ABDR Archietti Associati. Un luogo dove mangiare, lavorare,
Colonna ha aperto il suo Open nella ex Serra di Pio Piacentini riprogettata con attenzione e sensibilità dallo studio romano ABDR Architetti Associati. Il locale dominato da trasparenze e luce naturale ha una superficie utile per l’area ristorazione di più di 500 mq e si sviluppa su due livelli. Il primo piano, più raccolto, è dedicato alla Cucina d’Autore dello chef. | Colonna’s Open is in Pio Piacentini’s old glass house, which has been carefully and sensitively redesigned by ABDR Architetti Associati of Rome. Transparency and natural light are highly prominent on the two floors of the venue, which has a restaurant area of more than 500 m². The chef’s unique creative specialities are served on the first floor, which is more compact.
prendersi un po’ di relax. I suoi prodotti sono il City Lunch, ogni giorno a pranzo dal lunedì al venerdì, la Cucina d’autore la sera, e il Brunch il sabato e la domenica. Stimolato dall’architettura del luogo in cui lavora, Colonna riesce a creare un luogo di unione di più territori, in cui architettura, arte, alta cucina si intrecciano, una sorta di sede culinario – mediatica mondiale. La cucina di Antonello Colonna è al contempo tradizionale, poiché conserva la memoria dei sapori, dei profumi e dei colori dei prodotti del territorio, e anche moderna. Per raccontarne la modernità, possiamo partire dalla forma di un oggetto di design che apprezza, il Cubo di Bruno Munari: un posacenere molto funzionale creato da un non fumatore e tuttora presente nella collezione di Danese. È infatti sulle proporzioni del cubo che sono basati non solo alcuni suoi piatti, ma anche tutta la comunicazione dell’Open Colonna (le pubblicazioni, i leaflet, le foto dei piatti), e la pianta del suo progetto più recente, l’Antonello Colonna Vallefredda Resort a Labìco. Una ricetta “cubista” è ad esempio quella della coda alla vaccinara, i Qubi di coda alla vaccinara: una ricetta che si rifà alla tradizione culinaria romana, re interpretata in chiave contemporanea sia nel procedimento che nel dosaggio dei sapori, sia anche nella presentazione sempre basata sulla figura geometrica del cubo. La cucina iperrealista di Colonna si ispira dal punto di vista della composizione dei piatti e degli accostamenti di colori alle opere del pittore iperrealista Luciano Ventrone, ed in particolare alle sue nature morte: dipinti ad olio realizzati con una precisione fotografica e una forza tali da aver fatto accostare le sue opere a quelle di Caravaggio. Antonello Colonna è anche un antesignano della filiera corta e della tracciabilità del prodotto. La sua vicinanza alla cultura agro alimentare del territorio laziale lo porta a sostenere sin dalla loro nascita iniziative come quella dei Farmers Market ideati e organizzati dalla Associazione Campagna Amica, ovvero una filiera corta che assicura ai consumatori i prodotti migliori e più freschi. Il suo ultimo progetto è la creazione di un resort nella campagna laziale, precisamente a Labico, suo paese d’origine. In un terreno dove non c’erano né casali, né ex stabilimenti industriali, Colonna e il suo architetto Francesco Aniello hanno pensato di progettare un edificio immaginando di trasformare in resort un edificio industriale, in realtà un nuovo edificio impostato su multipli di un quadrato – ancora il quadrato! - di 8 metri x 8 moltiplicato su un lato per 5 (8x40 metri). Un approccio multidisciplinare e a 360° quello di Antonello Colonna, moderno designer del cibo. Oltre al cibo, Colonna ha ridisegnato sia la figura del cuoco, se stesso, a partire dal suo aspetto fisico, asciutto e curato, e dagli abiti, sempre immacolati e dal taglio moderno, sia l’ambiente in cui opera, il suo tempio, ovvero la cucina: un ambiente molto grande, ordinatissimo, che ospita anche dei tavoli da disegno, sui quali il Cuoco può fare i suoi schizzi, sviluppare a partire da un tema o da un titolo i suoi progetti culinari. L’estro e la cura dell’architetto romano del cibo arrivano sino alla cura della tavola, tavoli quadrati nella sala del City Lunch che allestisce con erbe e con i fiori anche commestibili.
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Qubi di coda alla vaccinara
Qubi di coda alla vaccinara
Ingredienti per 4 persone 600 gr. coda di bue 1 costa sedano, 1 carota e 1 cipolla 400 gr pomodori pelati 30 gr uvetta, 30 gr pinoli e 5 gr cacao 50 ml vino rosso sale e olio extra vergine di oliva qb 1 uovo
Ingredients for 4 people 600 g of oxtail 1 stick of celery, 1 carrot and 1 onion 400 g peeled tomatoes 30 g raisins, 30 g pine kernels and 5 g cocoa 50 ml red wine Salt and extra virgin olive oil to taste 1 egg
Procedimento Rosolare la coda nell’olio, insaporire col sale quindi scolarla. Preparare un soffritto di sedano, carota e cipolla, aggiungere la coda e sfumare col vino rosso. Aggiungere i pomodori pelati passati, i pinoli, l’uvetta, il cacao e ancora un po’ di sale. Lasciare andare per circa quattro ore a fuoco lento. A cottura ultimata, spolpare la coda, frullarla nel cutter emulsionandola con olio extravergine di oliva. Formare dei cubi dal lato di circa 3 cm, passarli nell’uovo e poi nei pinoli tritati, quindi friggerli in olio extra vergine di oliva e servire con sedano croccante, pomodoro fondente e fave di cacao.
Method Brown the oxtail in the oil, season it with salt and strain it. Lightly fry the celery, carrot and onion, then add the oxtail and the red wine. Add the sieved, peeled tomatoes, the pine kernels, the raisins, the cocoa and a little more salt. Leave to simmer on a low heat for roughly four hours. When it has finished cooking, strip the meat from the tail and whisk it in a food processor with extra virgin olive oil until it emulsifies. Shape the mixture into cubes with sides of approximately 3 cm, dip them in the egg and then in some ground pine kernels, and fry them in extra virgin olive oil. Serve with crisp celery, melted tomatoes and cocoa beans.
Il quadrato è per Colonna il principio ordinatore della comunicazione, del nuovo Resort a Labìco, ma anche della presentazione dei piatti più tradizionali, re interpretati e riproposti in modo contemporaneo. | Squares play a key role in Colonna’s communication, both in the new Resort in Labìco and in the presentation of the most traditional dishes, which are reworked and given a contemporary twist. Le ricette di Colonna partono da ingredienti freschissimi e tradizionali nella cucina romana, sia per i piatti di pesce che per quelli di carne. Una grande cura è posta nella composizione delle portate, nell’accostamento dei sapori e dei colori, nel sapiente mescola di profumi diversi. | Colonna uses extremely fresh ingredients taken from traditional Roman recipes in both the fish and the meat dishes. Great care is taken over their composition, the combinations of flavours and colours, and the masterfully blended aromas.
This eclectic Roman chef turned 55 on 11 April. He conveys a sense of energy with his vibrant gaze and authoritative manner, not to mention the flavour of his dishes. Antonello Colonna was born in the middle of the economic boom. His story started in Labìco, a town outside Rome where his grandfather founded a company named ‘Andrea Colonna – Trattoria’ on 7 April 1874. Cooking runs in his family, but he comes from a humble culinary background, so he started studying. He looked close to home, at the local products and the culinary tradition of Rome and the Lazio region, but he also ventured beyond the Alps and learnt a great deal about French cuisine du terroir, among other things. In the 1980s, during Italy’s second economic boom, Colonna got involved in Nouvelle Cuisine, which became popular in France and then throughout the world. He altered, reworked and gave a fresh take on it. The balance between the ancient ingredients and the great care taken over the composition of the dishes transformed traditional Roman fare into ‘patriotic’ modern Italian cuisine. He embraces European and international food, but – as he says himself – he always ‘has some caciotta cheese close at hand’ in a world in which Italian cuisine fortunately no longer conjures up images of spaghetti in tomato sauce, with a mandolin playing in the background. In 2007 Colonna arrived in Rome and took over Pio Piacentini’s old glass house in the Palazzo delle Esposizioni, which was home to the Quadrennial 100 years ago. Open Colonna is a large venue with two floors and a marvellous design by the architect Paolo
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Ricette tratte da: Antonello Colonna “i Segreti della cucina italiana”, 2010. In ordine: blinis di patate con petto di piccione brasato; biscotto ghiacciato al pistacchio, mousse ai canditi e salsa saba; zeppole di bignè con crema di banane e salsa alle nocciole; soufflè al pistacchio. Ph: Alessandro Rabboni.
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Desideri. Guests can eat, work and take time out to relax. It offers City Lunches every day from Monday to Friday, the chef’s own creative specialities in the evening, and Brunch on Saturdays and Sundays. The surrounding architecture inspires Colonna as he combines elements from various settings in a sort of international gastronomy and media centre that blends architecture, art and haute cuisine. Antonello Colonna’s cuisine is both modern and traditional, as it keeps memories alive of the flavours, fragrances and colours of the local area. Its modernity can be depicted using the form of an object that he loves: the Cubo designed by Bruno Munari. This highly practical ash tray was created by a non-smoker and is still part of Danese’s collection. The proportions of a cube are used not only in some of his dishes but also in all of Open Colonna’s communication materials (publications, leaflets, photos of the dishes) and the plan for his latest project: the Antonello Colonna Vallefredda Resort in Labìco. One recipe that uses cubes is Qubi di coda alla vaccinara: an oxtail dish based on Roman culinary tradition that is given a contemporary twist in terms of the preparation, the quantities of the ingredients and the presentation, which features cubes. The composition of the dishes and the colour combinations in Colonna’s hyperrealist cuisine are inspired by the works of the hyperrealist painter Luciano Ventrone, and in particular his still lifes. These oil paintings are powerfully evocative and so lifelike that they resemble photographs, leading to comparisons with Caravaggio.
Recipes taken from: Antonello Colonna ‘I Segreti della cucina italiana’, 2010. In order: Potato blini with braised pigeon breast; frozen pistachio biscuit, mousse with candied fruit and saba sauce; beignet zeppole with banana cream and hazelnut sauce; pistachio soufflé. Ph: Alessandro Rabboni.
Antonello Colonna was one of the first champions of short ‘farm-to-fork’ distances and product traceability. Thanks to his close ties with the food and farming culture in Lazio, he has supported initiatives such as the Associazione Campagna Amica’s Farmers’ Markets right from the start. The goal is to promote local food, so that consumers can enjoy the best and freshest products. His latest project is a resort in the Lazio countryside, and more precisely in Labìco, where he grew up. There were no farmhouses or disused industrial premises in the area, so Colonna and his architect Francesco Aniello decided to design a building and pretend that they were converting an industrial construction into a resort. In actual fact it was a new building based on a 8 metre x 8 metre square – yet again! – with a 5 metre side (8x40 metres). Antonello Colonna is a modern food designer who takes an all-round, multidisciplinary approach. In addition to his food, Colonna has redesigned the figure of ‘the chef’ – with his slim, well-groomed appearance and his modern, always immaculate clothes – and his working environment – the gastronomic temple that is his kitchen. It is very large and very tidy. It contains drawing boards, which the chef can use for sketching and developing ideas for culinary projects based on a theme or a title. The Roman food architect’s creativity and meticulousness take in everything up to and including the tables. He decorates the square tables in the City Lunch room with edible flowers and herbs.
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Ivo Caruso
Ivana Carmen Mottola Il cibo come racconto | Food that tells stories Come definisce la sua attività? I.C.M. The.sign studio Experience.event&Food.house nasce come progetto e luogo di ricerca. Si occupa di ideazione e sviluppo eventi e di design concettuale rivolto a luoghi, spazi, atmosfere, installazioni emozionali e cibo.
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Quando ha deciso di dedicarsi all’eventistica gastronomica? I.C.M. L’interesse nei confronti dell’innovazione, sia a livello di ideazione che di management, mi ha portato a partecipare ad un’avventura internazionale come quella del Supperclub di Roma, luogo visionario e di nuova concezione, di cui sono stata uno dei fondatori italiani e di cui ho curato l’eventistica. Dopo circa sette anni nuove curiosità e voglie creative mi hanno spinto ad impegnare il know-how
acquisito in nuovi progetti capaci di conciliare i vari aspetti della mia professionalità con le mie passioni parallele. Prima fra tutte la cucina intesa come esperienza, cultura e trend del cibo. Così ha avuto avvio il progetto Food.house. Come si progetta un food-event? I.C.M. Per esprimersi in maniera creativa usando il linguaggio del nutrimento bisogna partire dalle nostre forti radici culturali e dai riti legati al cibo. Proprio i riti, se reinterpretati in chiave artistica, possono dar vita a performance, a esperienze capaci di diffondersi in un orizzonte naturale e straordinario. Dall’ambientazione alla scenografia, dalla modalità di somministrazione alla composizione dei piatti; tutto può così assumere il senso di un racconto. Alla base del servizio vi sono l’alta qualità dell’offerta e la completa personalizzazione in ogni tipologia di evento, dal banqueting più classico all’unconventional fooding. La scelta dei materiali e dei prodotti utilizzati è sempre orientata dalla filosofia di diffusione della cultura ecologica e sostenibile, salutista
Food.house, evento | event Love Weekend Es Hotel Radisson sas. Food.house, ‘Cabarert Dame’ evento | event TeaBar (in Burlesque). Food.house, evento | event Talking ied with Limosani (Ied Roma).
e alimentare italiana, nell’ottica di quella che è stata definita l’economia dell’esperienza. Un’economia non basata esclusivamente sulla produzione e vendita di beni e servizi, ma piuttosto sulla produzione e fruizione culturale legata ai prodotti stessi. Il cibo… come si trasforma da semplice elemento di nutrizione a protagonista di una performance artistica? I.C.M. Disegnando la messa in scena partendo da una premessa artistica e creativa, concependo ogni avvenimento come un palcoscenico unico, ogni esperienza come espressione performativa capace di raggiungere più sensi. Tra gioco e mestiere, bisogna osservare le cose con un differente approccio, entrandoci e dando vita ad una storia. Una ricetta multisenso trasforma il cibo da bene voluttuario e voluttuoso, in un’avventura sensoriale e culturalmente viva. Quanto una particolare esperienza di fruizione può modificare la percezione di un sapore?
I.C.M. Le modalità di fruizione di un’esperienza entrano a far parte dell’opera artistica diventando così vero e proprio “ingrediente” del gusto inteso sia come sapore che come sapere e conoscenza di un prodotto. Come si sta evolvendo, da parte del pubblico, la domanda di simili servizi di hosting? I.C.M. Percorrendo le rotte del gusto, oltrepassando le mode, storture consumistiche e mediatiche, di fatto l’individuo contemporaneo ha elaborato una crescente consapevolezza alimentare del tutto inedita rispetto al passato. Le tendenze gastronomiche e di consumo parlano chiaro di un ritrovato edonismo culinario e conviviale consapevole, in cui il piacere dell’”esotico” si confonde con la riscoperta dei prodotti made in Italy. Il gusto dell’offerta classica incontra il piacere e la curiosità per il nuovo. L’intangibilità, la spiccata personalizzazione e l’alta soggettività della percezione del cliente fanno dei servizi “prodotti” a metà: cioè definiti dall’interazione fra fornitore e singolo fruitore.
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How would you describe what you do? I.C.M. The.sign studio Experience.event&Food.house came into being as a research venue and project. It creates and develops events and designs concepts for places, spaces, atmospheres, sensory installations and food.
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When did you decide to work in the field of food events? I.C.M. Thanks to my interest in innovation – both in terms of ideas and management – I became involved in the international Supperclub movement. I was one of the pioneers of these visionary new places in Italy and coordinated the events side of things. After seven years or so, my curiosity and creative desire led me to use the know-how I had acquired in new projects that brought together my various professional skills with my passions. First and foremost, this meant cuisine as a food experience, culture and trend. That was how the Food.house project began.
How does one plan a food event? I.C.M. For creative expression using the language of nourishment, it is necessary to start from our strong cultural roots and the customs associated with food. If these customs are presented artistically, they can become performances and experiences that expand towards natural, extraordinary horizons. From the location to the decoration of the setting, from the serving method to the composition of the dishes: everything can become part of a story. The cornerstones of the service are the high quality on offer and complete customization of every kind of event, from the most traditional banquets to unconventional fooding. The choice of the materials and products used is always based on the philosophy of spreading the ecological and sustainable culture of healthy Italian food, as part of the ‘experience economy’. This economy is not based solely on the production and sale of goods and services. Instead, it focuses on cultural experiences involving the products.
Food.house, evento | event per Momix in Bothanica di Moses Pendleton. Food.house, evento | event Gustovagando Macro Testaccio Roma. Food.house, evento | event Spread Out your Ideas- food. house4MoaCasa.
How is food transformed from a simple nutritional element to the star of an artistic performance? I.C.M. By building it all on artistic and creative foundations, seeing every happening as a unique stage and every experience as a performance that can appeal to more than one sense. With playful mastery, it is necessary to have a different outlook on matters, get inside them and create a story. A multisensory recipe transforms food from a luxurious, sensual good into a sensory and culturally vibrant adventure. To what extent can a singular consumption experience alter the perception of a flavour? I.C.M. The ways in which something is experienced become part of the artistic creation and are thus genuine ‘ingredients’, affecting both the flavour and the knowledge and awareness of a product. How is the public demand for hosting services of this kind evolving?
I.C.M. Following the paths of taste and going beyond fashions and consumer and media meandering, contemporary individuals have developed growing food awareness that is quite unprecedented. Gastronomic and consumption trends reveal renewed culinary hedonism and consciousness. The rampant delights of exoticism are blended with the rediscovery of Italian offerings. Traditional fare is savoured but there is also curiosity and enjoyment of new things. The intangibility, highly personal nature and extremely subjective perception of customers mean that the services are partial ‘products’: they are defined by the interaction between the suppliers and the individual users.
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Luciana Squadrilli
Le forme del cibo. Il Food Design nel Lazio dal vintage al 2.0 | Food Forms. Food Design in the Lazio region, from retro to 2.0
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Di “food design” oggi si sente parlare nelle più svariate occasioni, spesso a sproposito. Proviamo allora, prima di tutto, a darne una definizione – o meglio, alcune delle possibili definizioni – insieme a una professionista del settore: «Se design significa “dare forma a un’esigenza”, food design vuol dire “dare forma a un’esigenza alimentare”, basando i processi sulla polisensorialità e sull’applicazione di norme derivate dalle arti visive» spiega Ilaria Legato, esperta di Food Event Management, con Paolo Barichela (pioniere del food design italiano) socia fondatrice di Zona7 Communication Design and Food - società di servizi per il design e il food con sedi a Roma e Milano - e direttrice di IED Comunicazione a Roma, che all’argomento dedica anche un apposito master. Secondo la Legato e Barichella, dunque, il food design comprende tre macroaree fondamentali: la progettazione per il cibo (per esempio, ambienti o accessori che facilitino la fruizione di cibo in contesti diversi); la progettazione con il cibo, (approccio adottato da alcuni chef nell’ideazione dei propri piatti, che hanno una logica sensoriale e “culturale” alla base); e la progettazione di portata, cioè un’idea che studi il rapporto tra il contenitore e il contenuto (il cibo) alla ricerca dell’interazione tra il piatto e l’alimento, tenendo ben presente che deve essere il primo a essere messo al servizio del secondo, e non viceversa. Dunque, non basta una bella confezione per poter parlare di food design, ma sicuramente si tratta di un campo piuttosto ampio che vede coinvolti soggetti diversi, dagli architetti ai cuochi, dall’industria alimentare fino al consumatore stesso che può essere coinvolto nella fruizione attiva di alcuni alimenti. Seguendo le direttrici indicate da Ilaria Legato, è possibile individuare alcuni dei principali protagonisti del food design laziale, per ovvi motivi concentrati soprattutto nella Capitale, ma con alcune interessanti diramazioni regionali. Sono diversi i designer di stanza a Roma che hanno concentrato la loro attenzione sullo studio di luoghi e oggetti dedicati alla fruizione del cibo. Fin dagli anni ‘90, per esempio, l’architetto Roberto Liorni ha seguito la progettazione di alcuni locali che hanno
spesso avuto un ruolo importante nell’evoluzione della ristorazione cittadina introducendo, oltre che nuovi modelli architettonici, nuovi stili di consumo, dallo storico “Gusto” a “Primo” al Pigneto, fino al recente “Pastificio San Lorenzo”: si tratta di luoghi improntati ad una convivialità diffusa e modulare – dal bancone per gli aperitivi alle grandi tavolate – pur mantenendo ognuno una sua precisa personalità. Diverso ma ugualmente interessante l’approccio dello studio romano 2T_R Architettura formato da Luca Montuori e Riccardo Petrachi, il primo esperto di architettura contemporanea e il secondo specializzato in Tutela e Recupero del Patrimonio Architettonico. Insieme, hanno curato progetti legati al recupero di aree rurali - come gli Orti di Fedro di Santa Fiora, in provincia di Grosseto, che ha restituito alla originale funzione agricola un’area abbandonata altrimenti destinata a diventare parcheggio, e il Centro Ricerca Biodiversità ad Arcidosso, sempre nel Grossetano - e hanno progettato stand espositivi di enti di rappresentanza italiana basati sul racconto per immagini e sensazioni di prodotti, territori rurali e lavoro umano. Riguardo alla progettazione con il cibo, gli esempi di chef, cuochi e pasticceri capaci di trattare il cibo come materia non solo commestibile, ma “pensabile” o addirittura artistica, sono numerosi, e non sempre per forza attinenti all’alta cucina. Se lo chef Antonello Colonna ha trovato la sua giusta collocazione in cima al Palazzo delle Esposizioni, la pasticcera Rosaria Garzone – diplomata al Cordon Bleu, specializzatasi a Londra in Cake Decorating, passata al mondo della pubblicità e infine tornata alla originaria passione per la pasticceria nel suo laboratorio romano realizza torte tridimensionali e golosi mosaici le cui tessere colorate sono cupcakes e leccalecca, studiati su misura per il cliente. Si colora di una vena di romanticismo la storia di SAID a San Lorenzo dove Fabrizio de Mauro, riportando in attività la storica Società Anonima Industria Dolciumi creata nel 1923 dal nonno Aldo, ha realizzato un locale polivalente e una sorta di museo del cioccolato in cui perdersi tra gli aromi e le diverse sfumature delle tipologie di cacao. A Monti, il nuovo laboratorio Tricolore
propone “pasti e lezioni ad arte”: corsi di cucina, panini gourmet, croissant e pain au chocolat, il tutto declinato anche in kit à emporter che oltrepassano il labile confine con la progettazione di portata, come anche le attività multidisciplinari proposte da Zona 7 - vedi il progetto picnic 2.0, prototipo di nuove forme di convivialità open air nell’epoca della post digital revolution, per facilitare il passaggio dall’incontro virtuale a quello reale - dai The Fooders o da Ivana Mottola, di cui si parla nelle pagine precedenti. Qui il cibo diventa momento fondamentale di condivisione e convivialità, grazie anche al supporto di oggetti e forme pensati dal food design come il “my personal party kit” creato da Zona7 in occasione di un cocktail, per aiutare le persone a mangiare e socializzare al tempo stesso grazie a una serie di oggetti – e di cibi – appositamente studiati per lasciare libertà di movimento. Ci sembra un bell’esempio di food design “spontaneo” anche il trapizzino inventato da Stefano Callegari, ex assistente di volo che qualche anno fa ha deciso di tornare non metaforicamente con i piedi per terra e dedicarsi alla sua passione, pizze e lievitazioni, aprendo prima la pizzeria Sforno al Tuscolano, poi la pizzetteria 00100 al Testaccio: qui, volendo associare al grande classico dello street food romano – la pizza bianca – gli altrettanto classici, ma ormai rari, piatti della tradizione (garofolato, picchiapò, coda alla vaccinara…) ha iniziato a ragionare su forma e contenuto. Ne sono venuti fuori dei triangoli di pasta di pizza – lavorati in modo tale da formare delle vere e proprie “tasche” adatte a contenere il ripieno – che nella forma ricordano i tramezzini, e all’interno accolgono il più tipico comfort food romanesco. Infine, un altro aspetto importante del food design riguarda i grandi marchi dell’industria agroalimentare regionale: si tratta spesso di aziende storiche che sono riuscite a conservare inalterato il proprio appeal sui consumatori anche grazie all’attenzione alla comunicazione e agli aspetti legati al visual design: è il caso di Gentilini, leggendario marchio romano di biscotti le cui confezioni in stile vintage sono protagoniste delle colazioni di molti romani e non. Diverse le bevande made in Lazio, dalla birra Peroni (i
cui stabilimenti storici in via Reggio Emilia oggi ospitano i locali del MACRO progettati dall’architetto francese Odile Decq) alla Sambuca Molinari – creata nel 1945 da Angelo Molinari – che ha tutt’oggi due opifici, uno a Civitavecchia e uno a Colfelice, in provincia di Frosinone. E ancora, citiamo la lunga storia del marchio Pallini iniziata nel lontano 1975 ad Antrodoco (ma dal 1917 trasferitasi a Roma con il nome ILAR, Industrie Liquori Antrodoco Roma) e famosa soprattutto per il mistrà, e quella del Chinotto Neri: ancora oggi prodotto nello stabilimento di Capranica, da qualche anno – complice anche un curato restyling dello storico marchio che ne ha recuperato alcuni aspetti fortemente rappresentativi – è tornato ad essere una delle bevande analcoliche più amate dagli italiani.
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Today one frequently hears ‘food design’ mentioned on the most diverse occasions and often erroneously. First we are going to try and give it a definition – or rather some of the possible definitions – together with a professional from the sector: ‘If design means ‘giving a form to a need’, food design means ‘giving a form to a food need’, based on a multi-sensory experience and the application of principles derived from visual arts,’ explains Ilaria Legato, an expert in Food Event Management, with Paolo Barichela (a pioneer of Italian food design) and founder of Zona7 Communication Design and Food – a design and food services company with offices in Rome and Milan, who is also head of IED Communication in Rome, which has dedicated a post graduate course to the subject. According to Legato and Barichella, food design includes three fundamental macro areas: design for food (for example environments or accessories that favour the use of food in different contexts); design with food (an approach used by several chefs in preparing their dishes, based on sensory and ‘cultural’ logic); and meal course design, an idea that studies the relationship between the container and its contents (food), looking for the interaction between the dish and the food, always bearing in mind that the former must serve the latter and not vice versa. Thus a beautiful container alone cannot encapsulate food design, but this is certainly a broad field that involves a range of players, from architects to cooks and from the food industry to consumers themselves, who may be involved in the active use of several foodstuffs. Following Ilaria Legato’s guidelines, we can identify some of the leading figures in food design in Lazio. These are concentrated in the capital, for obvious regions, but there are also some interesting regional offshoots. Various designers based in Rome have devoted their attention on the study of spaces and objects dedicated to food use. For example, since the ‘90s, architect Roberto Liorni has been responsible for designing spaces that have often played an important role in the evolution of the city’s restaurant business, introducing not only new architectural models but also new styles of
consumption: from the historic ‘Gusto’ to ‘Primo’ in the Pigneto neighbourhood and the recent ‘Pastificio San Lorenzo’. These are places that focus on a widespread and modular conviviality – from a counter for aperitifs to large communal tables – while each maintaining its precise personality. A different yet equally interesting approach is that of Rome’s 2T_R Architettura, a firm founded by Luca Montuori and Riccardo Petrachi, the former an expert in contemporary architecture and the latter specialised in the conservation and development of architectural heritage. Together, they have been responsible for projects linked the development of rural areas – like the Orti di Fedro in Santa Fiora, in the province of Grosseto, which restored an abandoned area that was destined to become a car park to its original agricultural function, and the Biodiversity Research Centre in Arcidosso, also in the province of Grosseto. In addition, they have designed exhibition stands for Italian representative organisations portraying rural areas and manual labour through product images and sensations. As regards design with food, there are many examples of chefs, cooks and pastry chefs who treat food not only as material to be consumed but as something ‘imagined’ or even artistic, and not all of these are linked to the world of haute cuisine. Chef Antonello Colonna has found a home in Rome’s Palazzo delle Esposizioni, while pastry chef Rosaria Garzone – who holds a Cordon Bleu diploma and has specialised in cake decoration in London (then entered the world of advertising and finally returned to her original love of pastry) – creates customised threedimensional cakes and delicious mosaics whose elements are cupcakes and lollipops for clients in her workshop in Rome. The story of SAID in San Lorenzo is a rather romantic one. Here Fabrizio de Mauro has re-opened the historic Società Anonima Industria Dolciumi created in 1923 by his grandfather Aldo, creating a multi-functional space and a sort of chocolate museum, in which one can lose oneself amongst the aromas and various nuances of different types of cocoa. In Monti, the new Tricolore workshop offers ‘pastries and lessons ad arte’: cookery courses,
gourmet sandwiches, croissants and pain au chocolat, all available in kit à emporter which cross the ephemeral boundary with meal course design. This is also the case of the multidisciplinary activities offered by Zona 7; for example the picnic 2.0 project, a prototype of new forms of open air conviviality in the age of the post digital revolution, to make it easier to move from a virtual meeting to a real one – from The Fooders or Ivana Mottola, of whom we have spoken in previous pages. Here food becomes an essential moment of sharing and conviviality, also thanks to the aid of food design objects like ‘my personal party kit’ created by Zona7 for a cocktail party, to help people eat and socialise at the same time through a series of objects studied specially to allow freedom of movement. Another good example of ‘spontaneous’ food design is the trapizzino invented by Stefano Callegari, an ex-flight attendant who decided to literally come back down to earth a few years ago and devote himself to his passion for piazzas and dough, first opening the Sforno pizzeria in the Tuscolano area of Rome, and then the pizzetteria 00100 in the Testaccio neighbourhood. Here he wanted to associate the classic Roman street food – plain pizza bread, called ’pizza bianca’ – with other classic, but now rarely eaten, traditional Roman dishes (like garofolato, picchiapò and coda alla vaccinara) and he began to think about the form and content. He created triangles of pizza dough, shaped to form real ‘pockets’ that could contain a filling, whose form recalls a sandwich filled with the most typical Roman comfort food. Finally, another important aspect of food design concerns large brands in the regional food and agriculture industry: these are often historic companies who have managed to preserve their consumer appeal, also thanks to attention to communication and to visual design. For example, Gentilini, a legendary Roman biscuit brand whose vintage packaging takes pride of place at many breakfast tables in Rome and elsewhere. Many beverages are made in Lazio, from Peroni beer (whose historic plants in via Reggio Emilia are today home to the MACRO spaces designed by French architect Odile Decq)
to Sambuca Molinari – created in 1945 by Angelo Molinari – which still has two plants, one in Civitavecchia and one in Colfelice, in the province of Frosinone. There is also the long history of the Pallini brand, which began in far-off 1875 in Antrodoco (but relocated to Rome in 1917 under the name ILAR, Industrie Liquori Antrodoco Roma) and is famous, above all, for mistrà. There is also Chinotto Neri, which is still produced in its plant in Capranica today. For a few years – thanks partly to a careful restyling of the historic brand, which has regained some of its strongly representative features – it has once more been one of Italy’s best-loved nonalcoholic beverages.
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Antonello Colonna
The Fooders
Ivana Carmen Mottola
www.opencolonna.it
www.thefooders.it
www.foodhouse.it
Il ristorante nasce nel 1874 a Labico, cittadina non lontana da Roma, inizialmente a conduzione familiare. Nel 1985 lo chef Antonello Colonna compie una vera e propria rivoluzione gastronomica: conservare tipologia e sapore dei piatti della tradizione rivisitandoli per incontrare i più raffinati gusti ed abitudini dei giorni nostri. Nel 2007 nasce l’Open Colonna, una coinvolgente avventura in cui lo Chef riversa tutta la sua sconfinata “passione agonistica” e la sua visione rivoluzionaria del concetto di ospitalità. (C.R.)
The Fooders è un collettivo fondato da due cuochi, Marco Baccanelli e Francesca Barreca, che cura gli “aspetti collaterali” del cibo collegandolo alla musica, all’arte e alla grafica. Nato come uno spettacolo di live cooking nel 2006, si è poi trasformato in un vero e proprio progetto che si occupa di studio, produzione e presentazione di un piatto, ma anche di eventi, packaging e “mangiabilità”. Installazioni/progetti all’attivo: The Gastronauts Italian Project, Microcucina, cibo/CIBO, SoulFood. (C.R.)
Direttore creativo e concept designer, è specializzata in management dell’innovazione e in Experience Design. Per Supperclub Italia ha curato l’eventistica, organizzato percorsi esperenziali e formazione in ambiti internazionali e multiformi. Contributor su tendenze e percorsi intorno al gusto e al design per le riviste di tendenze Next exit, ‘NextMag for creative people’ e per il trimestrale di cultura artistica contemporanea Arteecritica. È membro dell’Osservatorio sulla creatività della provincia di Roma come esperto in food concept.
The restaurant was opened in 1874 in Labico, a small town not too far from Rome, and it was originally a family-run business. In 1985 the chef Antonello Colonna began a gastronomic revolution. He maintained the flavours of traditional dishes but overhauled them to bring them in line with today’s more refined tastes and habits. 2007 saw the debut of Open Colonna, an absorbing venture built on the chef’s boundless ‘competitive drive’ and revolutionary vision of the concept of hospitality. (C.R.)
The Fooders is a group that was founded by two chefs: Marco Baccanelli and Francesca Barreca. It deals with the ‘collateral aspects’ of food and associates it with music, art and graphic design. It started out as a live cooking show in 2006 and has become a genuine initiative with a focus on the study, production and presentation of dishes, as well as events, packaging and ‘eatability’. Its list of installations and projects includes: The Gastronauts Italian Project, Microcucina, cibo/CIBO and SoulFood. (C.R.)
This creative director and concept designer specializes in innovation management and experience design. She coordinated events for Supperclub in Italy, organizing experience routes and training in various kinds of international settings. She makes contributions on taste and design trends and directions for the magazines ‘Next Exit’ and ‘NextMag for creative people’ and the quarterly contemporary art culture review ‘Arteecritica’. She is a member of the Province of Rome’s Creativity Observatory, which benefits from her food concept expertise.
Riccardo Di Giacinto
Rosaria Garzone
Lisa Piccolo
www.rosariagarzone.com
www.stylecakes.it
Riccardo Di Giacinto è lo chef del ristorante All’oro aperto con la moglie Ramona nel 2007, con lei ne ha seguito la progettazione curata dall’architetto Gentile che è riuscito ad interpretare il messaggio di Di Giacinto in un perfetto connubio tra contenitore e contenuto. I piatti proposti da Di Giacinto non sono e non vogliono essere quinte teatrali, sono la sintesi di un percorso rigoroso articolato tra ragione e sentimento dove antichi sapori sono da ri-scoprire in nuove forme e ri-gustare in nuove consistenze. (V.V.)
Appassionata di alta cucina e sempre alla ricerca delle migliori mise en place, Rosaria Garzone si diploma pasticciere professionista e consegue il Master of Cake Decorating e il Master of Chocolate Wedding Cakes a Londra, iniziando anche ad insegnare tecniche di decorazione. Lavora sempre su misura ed ispirazione dei clienti: golose torte tridimensionali, deliziose e raffinate sculture di zucchero, cupcakes glassati e decorati, biscotti d’ogni forma e colore, lecca lecca stravaganti. (C.R.)
StyleCakes nasce dalla passione per le torte e l’interesse per il design, mondi apparentemente distanti, che trovano il loro punto di contatto nel metodo, nella cura, nell’attenzione per il dettaglio e la ricerca dei materiali necessari per dar vita a “dolci creazioni”. Lisa Piccolo, con un passato professionale da avvocato, è oggi cake designer per passione.
Riccardo Di Giacinto is chef at All’oro, a restaurant he opened with his wife Ramona in 2007. With her, he oversaw the design of architect Gentile who successfully interpreted Di Giacinto’s message in a perfect marriage between container and content. The dishes Di Giacinto proposes are not and are not intended to be theatre, rather they are the synthesis of a rigorous path negotiated between sense and sentiment where old flavours can be rediscovered in new forms and re-tasted in new textures. (V.V.)
Rosaria Garzone is a fine cuisine enthusiast and is constantly searching for the very best mise en place. She is a qualified confectioner and has followed Master of Cake Decorating and Master of Chocolate Wedding Cakes courses in London, as well as teaching decoration techniques. She always caters to the desires and ideas of her customers, making mouthwatering three-dimensional cakes, delicious and refined sugar sculptures, iced and decorated cupcakes, biscuits of every shape and colour, and bizzarre lollipops. (C.R.)
StyleCakes was born of a passion for cakes and an interest in design, worlds apparently far apart, but which find a meeting place in the method, care, attention to detail and search for materials needed to bring ‘sweet creations’ to life. Lisa Piccolo, formerly an attorney, is now a cake designer for the love of the job.
Ilaria Legato
Esperta di marketing e comunicazione nel settore HoReCa, si laurea specializza in Food Beverage Management. Docente in “Marketing nei luoghi consumo della Ristorazione” nel Master di Food Design, presso lo IED di Roma, attualmente si occupa di Food Event Management: analisi, pianificazione, implementazione e controllo di eventi legati al mondo del cibo in tutte le sue declinazioni. dal 2009 è socio fondatore di Zona7 Communication Design and Food. This expert of marketing and communication in the HoReCa sector graduated with a specialization in Food and Beverage Management. She teaches ‘Marketing in the restaurant consumption areas’ as part of the Master of Food Design course at IED in Rome and currently works in the field of Food Event Management: analysis, planning, implementation and supervision of events associated with the world of food in all of its forms. She is one of the founding members of Zona7 Communication Design and Food, which was launched in 2009.
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designer_index Erika Farroni
Food on the road
Pina Fioretto
farroni.erika@libero.it
www.foodontheroad.eu
www.ilpanedipina.wordpress.com
Designer, nel 2008 menzione d’onore Lucky Strike Young Designer Award. Svolge attività professionale e di ricerca nel settore del food design su differenti scale. Sviluppa, nello scenario del food design, ricerca per stimolare le molteplici potenzialità dei materiali: dalla sperimentazione sensoriale, fisica e chimica, alle possibilità d’innovazione legate in senso stretto al food e più in generale all’allestimento degli eventi.
Daniela Bellisario, romana, imprenditrice per caso, da sempre impegnata nell’organizzazione di eventi. Tra un’impresa e l’altra, però, coltiva e alimenta la sua passione per l’enogastronomia. Nel 2011 fonda, con Barbara Vecchietti, ex manager e dirigente di multinazionali americane, la società Food On The Road srl, azienda al femminile nata dalla passione per l’enogastronomia, dall’esperienza nell’organizzazione di eventi e dalla conoscenza delle realtà aziendali. Boutique del cibo che utilizza tecniche di alta cucina applicate alla ristorazione fuori dal “regno” dei ristoranti con un’offerta innovativa e di alta qualità.
Giuseppina Fioretto, ex imprenditrice tessile, organizza corsi e laboratori di cucina per aiutare ad accrescere nelle persone la consapevolezza nei confronti del cibo che quotidianamente mettiamo sulle nostre tavole. La sua è un’attenta ricerca sugli ingredienti che compongono i cibi, partita per una personale esigenza alimentare e trasformata in un laboratorio creativo rivolto ad educare e a sorprendere con la sua semplicità chiunque si trovi a conoscerlo e a gustarlo. (C.R.)
Erika Farrone, designer, received an honourable mention from the Lucky Strike Young Designer Award in 2008. She works and does research in the food design sector on different scales. In food design, she conducts research to stimulate the many potentials of materials: from sensory, physical and chemical experimentation to innovation linked to food in the strict sense and more generally in designing events.
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Daniela Bellisario, Roman, an accidental entrepreneur, has always been involved in organising events. Between one project and another, however, she cultivates and feeds her passion for food and wine. In 2011, with Barbara Vecchietti, former manager and director of American multinationals, she founded Food on the Road s.r.l., a women’s company born of their passion for food and wine, of their experience in organising events and of their knowledge of the corporate world. It’s a food boutique that applies techniques taken from fine cuisine to catering outside the ‘realm’ of restaurants, with a very high quality and innovative offering.
Giuseppina Fioretto used to run a business in the textiles industry and now organizes cookery courses and workshops to raise people’s awareness about the food that we eat every day. She carries out meticulous research into the ingredients of food. What started out because of a personal dietary requirement has become a creative workshop which aims to educate and surprise the people who try it and savour it with its simplicity. (C.R.)
Stefano Callegari
Stefano Callegari sforna idee nuove di continuo ed è uno dei più bravi pizzaioli di Roma. Gestisce la famosa pizzeria Sforno in zona Cinecittà, dove esprime la sua creatività in pizze incredibili e di grande successo, e la pizzeria a taglio 00100 al Testaccio dove ha lanciato la sua nuova idea, “il Trapizzino”, per valorizzare la cucina romana. Un incrocio fra una pizza bianca ed un tramezzino, cotto al forno e farcito con le specialità della gastronomia del territorio. (C.R.) Stefano Callegari is always coming up with new ideas and is one of the best pizza chefs in Rome. He runs the famous Sforno pizzeria in the Cinecittà area, where he expresses his creativity by making superb, extremely popular pizzas. He also sells pizza by the slice at 00100 in the Testaccio area, where he has recently launched a new product called the ‘Trapizzino’ to promote Roman cuisine. It is a cross between a pizza base and a sandwich which is cooked in the oven and filled with the local gastronomic specialities. (C.R.)
Sigrid Verbert
Roberto Liorni
Giampietro Preziosa
www.sigridverbert.com
www.robertoliorni.it
www.giampietropreziosa.com
Fotografa ed autrice di ricette, Sigrid Verbert è belga e vive a Roma dal 2003. Lavora per diverse testate giornalistiche del settore gastronomico, per aziende agroalimentari, privati e ristoratori. I suoi lavori sono stati pubblicati sulla stampa nazionale, in libri e inserti pubblicitari. Autrice dell’amatissimo blog www.cavolettodibruxelles.it, ha scritto anche un libro in cui raccoglie ricette, idee, consigli e suggerimenti per confezionare con gusto ed originalità le proprie creazioni golose. (C.R.)
Architetto cui si deve la realizzazione di alcuni importanti locali (Il Frantoio, ‘Gusto, ‘Gusto Osteria, Momò, Pastificio San Lorenzo) che da subito si sono affermati come punti d’incontro e modelli architettonici. Fin dagli anni ‘80 il suo interesse professionale si indirizza verso la progettazione di locali di ristoro e alberghi. Nel progettare una casa, un ufficio, un locale, la sua priorità è sempre porre l’individuo al centro dello spazio sollecitandolo a nuovi modi di rapportarsi con se e con gli altri. (C.R.)
Giampietro Preziosa nasce a Bari ed attualmente vive e lavora tra Roma e Parigi, dove ha aperto due studi di design occupandosi di progettazione d’interni e ristoranti. Sua la realizzazione a Roma di locali quali Caffè Emporio, Dueseiotto, House. Nei suoi progetti il designer stilizza gli aspetti della natura e degli oggetti d’uso quotidiano, traendone oggetti funzionali mai scontati. Su una sedia di Preziosa l’utente sente di stabilire con l’oggetto una relazione al tempo stesso ludica, surreale, allegorica. (C.R.)
This architect has designed a number of significant premises (Il Frantoio, ‘Gusto, ‘Gusto Osteria, Momò and Pastificio San Lorenzo) which have immediately established themselves as social venues and architectural models. Since the 1980s, he has taken a particular interest in the design of restaurants and hotels. Whether he is designing a house, an office or a restaurant, his priority is always to put the individual at the centre of the space and promote new ways for people to relate to themselves and other people. (C.R.)
Giampietro Preziosa was born in Bari and currently lives and works in Rome and Paris. He has an interior and restaurant design firm in each of the two cities. In Rome he is behind premises such as Caffè Emporio, Dueseiotto and House. He uses stylized elements from nature and everyday objects in his designs and comes up with some highly original practical items. Anyone who sits on one of Preziosa’s chairs will feel that they have established a playful, surreal and allegorical relationship with it. (C.R.)
Sigrid Verbert is a Belgian photographer and author of recipes who has been living in Rome since 2003. She works for a number of food publications, agricultural and food companies, private individuals and restaurateurs. She has had work published in the national press, books and advertising inserts. She also writes the extremely popular blog www. cavolettodibruxelles.it and she has written a book of recipes, ideas, tips and suggestions for delicious and original ways to present culinary delights. (C.R.)
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International Focus Terra Madre Salvaguardare le culture locali | Safeguarding local cultures
Laura Tornese
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Terra Madre è una rete internazionale che riunisce tutti coloro che fanno parte della filiera alimentare per difendere agricoltura, pesca e allevamento e per preservare, incoraggiare e promuovere metodi di produzione alimentare sostenibili, in armonia con la natura e la tradizione. La rete di Terra Madre è stata lanciata nella riunione inaugurale del 2004 a Torino, incontro che ha radunato 5000 produttori provenienti da 130 paesi ed ha attirato l’attenzione dei media sulle problematiche correlate alla loro attività. Terra Madre è un progetto concepito da Slow Food che ha sempre difeso le culture locali rispetto alle grandi distribuzioni. Nasce per dare voce e visibilità alle piccole comunità di produttori, con l’obiettivo di continuare ad avere persone che custodiscano terre fertili, dove possano crescere piante e animali adatti a quei particolari ambienti, e non trattati e stimolati con sostanze chimiche, per poter mantenere cibi e culture con gusti e sapori originali.
Incontro Terramadre, Torino, 20-23 ottobre 2008. Ph credits: Archivio Slow Food. | Meeting Terramadre, Turin, 20-23 october 2008. Ph credits: Slow Food Archive.
Terra Madre is an international network for people in the food chain. Its goal is to protect agriculture, fishing and animal rearing and preserve, encourage and promote sustainable methods of food production that are in harmony with nature and tradition. Terra Madre was launched in 2004 at an inaugural meeting in Turin which was attended by 5,000 producers from 130 countries. With this gathering, they managed to direct the media’s attention to the issues related to their work. Terra Madre is a project by the Slow Food organization, which has always sought to defend local culture from large retail chains. It was founded to raise the profile and provide a voice to small communities of producers. It wants people to continue farming fertile land where plants and animals that are suited to the local environment can grow without the use of chemical substances, so that food and cultures with original tastes and flavours are able to survive.
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Le comunità del cibo di Terra Madre, giorno dopo giorno, si espandono, organizzandosi sempre più per un’attenta tutela dei prodotti e delle culture locali e quotidianamente danno concretezza al concetto di qualità di Slow Food: buono, per la qualità e il gusto degli alimenti; pulito, per metodi di produzione rispettosi dell’ambiente; giusto, alla dignità e alla corretta remunerazione dei produttori e all’equo prezzo dovuto dai consumatori. I primi nodi di questa rete sono state le comunità del cibo a cui si sono poi aggiunti i cuochi e i rappresentanti del mondo accademico. Le comunità del cibo di Terra Madre sono composte da tutti coloro che operano nel settore agro-alimentare, dalla produzione delle materie prime alla promozione dei prodotti finiti, e che si caratterizzano per la qualità e la sostenibilità delle loro produzioni. Le comunità del cibo sono gruppi di persone che producono, trasformano e distribuiscono cibo di qualità in maniera sostenibile e sono fortemente legate dal punto di vista storico, sociale e culturale al proprio territorio. Sono di due tipi: di territorio, in cui si producono più prodotti legati a un’area geografica delimitata o ad una etnia indigena; di prodotto, in cui la comunità è composta da tutti gli agricoltori/ allevatori, trasformatori e distributori che concorrono allo sviluppo di uno stesso prodotto su un preciso territorio e in questo caso la comunità del cibo coincide con la filiera produttiva. I cuochi, che hanno un ruolo fondamentale, sono gli interpreti di un territorio, che valorizzano attraverso la loro creatività. Essi ritengono giusto non dividere il piacere dalla responsabilità verso i produttori, senza i quali non esisterebbe una cucina di successo. I luoghi ideali per trasmettere tale filosofia ai consumatori sono i ristoranti. I cuochi si impegnano quotidianamente a rafforzare le comunità del cibo in collaborazione con tutti i produttori, per non abbandonare ognuna delle culture tradizionali. Della rete di Terra Madre fanno parte, come rappresentanti del mondo accademico, 250 università e centri di ricerca in tutto il mondo, che si impegnano insieme a favorire la conservazione e il rafforzamento di una produzione di cibo sostenibile, attraverso
l’educazione della società civile e la formazione degli operatori del settore agroalimentare. Inoltre si cerca di coltivare un rapporto di reciprocità con la produzione, mettendo a disposizione le proprie conoscenze scientifiche per favorire scambi tra tutte le comunità locali, valutando le loro diverse esperienze, per elaborare soluzioni migliori. Dopo la prima edizione di Terra Madre, l’attività di Slow Food prosegue insieme con le comunità del cibo. La Fondazione Slow Food per la Biodiversità è una onlus che finanzia numerosi presìdi ai fini di salvaguardare e valorizzare i prodotti tradizionali e a rischio di estinzione delle comunità, dal Motal, formaggio armeno con le erbe, alla bottarga delle donne Imraguen, in Mauritania. Un importante strumento, sperimentato a partire dal primo anno di fondazione di Terra Madre, sono gli scambi di formazione fra produttori. Le problematiche delle comunità hanno diversi elementi in comune, nonostante le differenze geografiche ed economiche. L’obiettivo degli scambi è creare dei confronti fra le esperienze delle differenti comunità, in modo tale da poter conoscere metodi di produzione e percorsi di valorizzazione e controllo replicabili nel proprio paese. La seconda edizione di Terra Madre a Torino nel 2010 ha visto come protagoniste con un grande bagaglio di esperienze da confrontare e condividere le donne, che possiedono una cultura gastronomica antica e generalmente sono loro a tramandare saperi e sapori legati alla terra e alle tradizioni. Alla “cultura della molteplicità” connotativa del mondo femminile è stato dedicato il Laboratorio della terra dal titolo Donne e agricoltura: conoscenza e trasmissione. Le donne che hanno partecipato all’evento torinese sono oltre 1700, delegate delle comunità del cibo, cuoche e docenti universitarie non rassegnate della loro tradizione, ma moderne leader di piccole comunità di resistenza, dal Mediterraneo all’Estremo Oriente, dalle Americhe all’Africa fino all’Oceania. Nel 2010 la novità di Terra Madre è stata la centralità delle diversità culturali e linguistiche, e dunque la salvaguardia delle etnie, delle lingue autoctone, la valorizzazione dei valori dell’oralità e della memoria.
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I protagonisti della giornata di apertura hanno rappresentato alcune tra le più significative comunità indigene del mondo, quali americane, asiatiche, africane ed europee, e i discorsi della cerimonia sono stati pronunciati nella loro lingua madre. Durante i giorni dell’evento sono stati presentati i progetti legati all’educazione del gusto, alla biodiversità e il Terra Madre Day; i delegati hanno seguito i Laboratori della Terra; sono stati approfonditi otto temi cruciali per il futuro dell’agricoltura e del pianeta, dalla biodiversità alle energie rinnovabili all’educazione, alle conoscenze tradizionali e si sono svolti gli incontri regionali delle
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comunità. In occasione della chiusura ufficiale di Terra Madre è stato presentato il documento sulle politiche alimentari e la sostenibilità, con le proposte della rete per un futuro sostenibile.
Day after day, the Terra Madre food communities are growing and becoming more and more organized, as they carefully protect local food and cultures. Every day, they put into practice the Slow Food concept of quality: good, in terms of the quality and the flavour of the food; clean, in reference to the environmentally friendly production methods; fair, in the sense of guaranteeing dignity and adequate payment for producers and ensuring that consumers pay the right price. The first members of the network were the food communities. They were subsequently joined by chefs and people from the academic world.
Incontro Terramadre, Torino, 20-23 ottobre 2008. Ph credits: Archivio Slow Food. | Meeting Terramadre, Turin, 20-23 October 2008. Ph credits: Archivio Slow Food.
The Terra Madre food communities are made up of all the people from the food and agriculture sector, from those who produce the raw materials to those who promote the finished products. Their distinguishing characteristics
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Iniziativa March of the Chefs, Ph credits: Archivio Slow Food.| March of the Chefs, Ph credits: Archivio Slow Food.
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are the quality and sustainability of their output. The food communities are groups of people who produce, process and distribute high quality food in a sustainable manner. They have strong historical, social and cultural ties to their local area. There are two types of community. The first is local groups, which produce a number of goods that are related to a well defined geographical area or an indigenous ethnic group. The second is product groups, which include all of the arable and livestock farmers, processors and distributors who have joined together to promote a single product in a specific area. In this case, the members of the food community will be the same people that are in the production chain. The chefs play a key role. They give a public face to areas and help to enhance their reputations with their creativity. They feel that it is important for pleasure to go hand in hand with responsibility towards producers, without whom it would be impossible to be a successful chef. Restaurants are the ideal place to convey this philosophy to consumers. The chefs work with the producers on a daily basis to strengthen the food communities and ensure that none of the traditional cultures are abandoned. As representatives of the academic world, 250 universities and research centres worldwide are members of the Terra Madre network. Together they strive to preserve and boost the production of sustainable food, by educating society and training people who work in the food and agriculture sector. They also attempt to develop relationships with people from the production field. They offer their scientific know-how and encourage interaction between all of the local communities, so that they can assess their various experiences and come up with better solutions. After the first Terra Madre gathering, the Slow Food movement continued working alongside the food communities. The Slow Food Foundation for Biodiversity is a non-profit organization that finances numerous presidia so as to safeguard and promote traditional community products that are at risk of extinction, from the herby Armenian cheese ‘Motal’ to the bottarga of the Imraguen women in Mauritania. One important technique which has been used ever
since the year in which Terra Madre was founded is to organize training exchanges between producers. The communities have a lot of issues in common, despite the geographical and economic differences. The goal of the exchanges is for people from different communities to discuss their experiences with each other, so that they can find out about production methods and promotion and control approaches which can also be used in their own countries. Women were in centre stage at the second Terra Madre event. They have vast experience to share and compare, as well as knowledge of longstanding gastronomic culture. They are generally the ones who pass on local and traditional know-how and culinary techniques. An ‘Earth Workshop’ called ‘Women and Agriculture: Knowledge and Communication’ was held to explore the wealth of female know-how. More than 1,700 women took part in the event in Turin: representatives of the food communities, chefs and university lecturers who have not given up on their traditions. These modern leaders of small pockets of resistance came from the Mediterranean, the Far East, the Americas, Africa and Oceania. The new feature for Terra Madre in 2010 was the central role of cultural and linguistic diversity, and the protection of ethnic groups and indigenous languages, not to mention the promotion of oral communication and memories. The starring role on the opening day went to some of the world’s most significant indigenous communities, from the Americas, Asia, Africa and Europe. They made speeches in their mother tongues during the ceremony. The following days saw the presentation of projects involving taste education and biodiversity and Terra Madre Day. The representatives took part in ‘Earth Workshops’ and there was an in-depth look at eight crucial issues for the future of agriculture and the planet, including biodiversity, renewable energy, education and traditional know-how. The communities also held regional meetings. A document was presented at the official Terra Madre closing ceremony with information about the food policies, sustainability and the network’s proposals for a sustainable future.
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Factory Domitilla Dardi
Nella storia del cibo esiste un passaggio delicato e fondamentale per la definizione di quello che oggi è definito ‘Food Design’. Ci riferiamo al passaggio dal cibo della mamma a quello della macchina, ovvero da quello cucinato con pazienza e amore artigianale al nuovo cibo prodotto industrialmente. Per diverso tempo gli alimenti industriali hanno avuto una sorta di debito, quasi un complesso di ‘genuinità’ nei confronti della maniera spontanea di lavorare gli alimenti per la trasformazione “dal crudo al cotto”, secondo tutte le implicazioni che l’antropologia, a partire da Lévi Strauss, ha rilevato. Il primo istinto è stato quello di non negare il dato psicologico di questo migrare dai fornelli casalinghi alle industrie e poi da queste ai packaging dei prodotti per poi tornare prontamente nelle nostre dispense. Il territorio laziale è stato luogo di alcune eccellenze che hanno ben documentato questa vicenda. Il caso di Gentilini, Molinari, Peroni è proprio quello di una località che ha saputo inventarsi una dimensione sempre più di ampio respiro, varcando i limiti regionali di provenienza. Ma, al tempo stesso, sono tutte realtà che non mancano di documentare e conservare la loro origine, attraverso gli archivi e quei miracolosi piccoli grandi musei aziendali che sono l’ultimo baluardo di fronte all’ingerenza delle multinazionali, a volte indifferenti alla salvaguardia delle località. Non a caso è a Roma che trova la sua sede principale la Città del Gusto di Gambero Rosso, che da anni si occupa di dare voce alla tipicità non solo di prodotti artigianali, ma anche al serio lavoro di testimonianza della cultura aziendale che alcune grandi case alimentari mantengono nel tempo col giusto grado di orgoglio e grande impegno.
Biscotti Gentilini, Osvego.
At a certain stage in the history of food, there was a delicate change which was essential for the creation of what we now call ‘Food Design’: the switch from food by mothers to food by machines. We have gone from meals cooked at home with patience and loving care to factory-made food. For some time now, industrially produced food has had a sort of black mark against its name. It almost has a ‘wholesomeness complex’ when compared to the spontaneous methods for taking food from a ‘raw’ to a ‘cooked’ state, with all of the implications noted by anthropologists from Lévi-Strauss onwards. Indeed, the initial instinct was to acknowledge the psychological aspect of this move from household hobs to factories and from there to product packaging, which then promptly appeared back in our pantries. The Lazio area has produced some excellent output which has documented these happenings well. Gentilini, Molinari and Peroni perfectly exemplify the capacity to create an ever larger market for oneself and expand beyond the regional borders. However, at the same time these businesses have all recorded and preserved traces of their origins in their archives and in wonderful little company museums that are the last bastion of defence against the encroaching multinationals, which frequently show no interest in protecting locations. It is no coincidence that Rome is home to Gambero Rosso’s central Città del Gusto (City of Taste). For years the Gambero Rosso organization has been promoting the typical qualities of products made on a small scale, but also the cultures at certain large food companies, which have been preserved over time with a suitable level of pride and great commitment.
Biscotti Gentilini, Biscottiera Tricolore per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. | Biscotti Gentilini, Biscuit box Tricolore for the 150th anniversary of the Unification of Italy.
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Gentilini Una buona storia | A good story Quella della Gentilini è un’emblematica storia di piccolamedia imprenditoria italiana, una di quelle che portano avanti l’economia nel nostro paese. È un’avventura produttiva intrisa di quella capacità autoctona di adattamento alle circostanze e dell’intuito nel saper quando usare l’innovazione senza però rinnegare la radice tradizionale. È, inoltre, uno di quei casi in cui il prodotto nasce in una dimensione locale per poi viaggiare nel mondo, portando sempre con sé tracce della sua “romanità” e “italianità”. Merito principale di questo percorso va agli uomini che fecero l’impresa, primo fra tutto Pietro Gentilini che nel 1890, di ritorno dall’America, decide di aprire il suo primo laboratorio-pasticceria in Corso Umberto n.66 (l’attuale Via del Corso) a Roma. È qui che nel 1893 nasce l’Osvego, il mitico biscotto secco dal gusto vanigliato che accompagnerà l’infanzia (e non solo)
di tanti italiani. Da subito Pietro intuisce una strategia fondamentale: progettare, pensare e produrre la comunicazione attraverso la quale il successo di quei prodotti da forno verrà veicolato è importante tanto quanto la fragranza del più gustoso dei biscotti. Accanto quindi al progetto del prodotto alimentare - per il quale si testano le consistenze dei biscotti, il mix tra ingredienti, la fondamentale texture per avere il giusto grado di porosità e quindi di impregnabilità di liquido - da subito si affianca quello del pack attraverso il quale verrà materialmente trasportato, ma soprattutto percepito, riconosciuto e identificato. Nascono quindi le mitiche latte parallelepipede per la distribuzione dei biscotti. Inizialmente sono contenitori per i negozianti e hanno una parte trasparente a vetro per poter avere sempre a vista il prodotto. Poi passano nelle case degli acquirenti e diventano la ‘scatola dei biscotti’ agognata da grandi e
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piccini. Le latte si arricchiscono di paesaggi, figure, storie e monumenti. Nel 1919, ad esempio, le scatole litografate Gentilini ripercorrono gli eventi più significativi della storia d’Italia; anche in occasione della visita del Presidente Americano Wilson a Roma ne viene prodotta una in cui spicca su ogni lato la bandiera americana alternata ad alcuni dei monumenti più importanti della Capitale. Durante la prima Guerra Mondiale l’azienda si impegna per dare sostegno ai soldati al fronte inviando pacchi di dolci vari; nell’archivio aziendale si trovano ancora le
Accanto al packaging Pietro Gentilini comprende il potenziale di fidelizzazione di un altro efficace attore della strategia di marketing: il gadget. Sin dal 1910 lui e la moglie Matilde regalano ditali da cucito, salvadanai, vassoi, yo-yo, ma in seguito anche una serie di cartoline illustrate da raccogliere per le quali i bambini dell’epoca vanno matti. Ovviamente durante il periodo fascista questi si aggiornano con l’iconografia dell’epoca. Nel 1936 viene depositato il nuovo marchio che, con opportune modifiche arriva fino ai giorni nostri, quello del trenino fatto di biscotti, come una specie di
commoventi cartoline ricevute dai militari che lontano da casa trovavano un pezzo di Italia attraverso quelle scatole e soprattutto quei sapori, ricordo della patria per cui combattevano. Parallelamente la serie dei prodotti si arricchisce di nuove tipologie: dolci per le festività tra cui spiccano il Panettone e la Pizza Romana. Ma anche nuovi biscotti quali Umberto, Margherita e Vittorio, ideati nel 1931 quando Gentilini diventa fornitore ufficiale della Real Casa, e omaggia la famiglia Savoia.
Arcimboldo dove ai vegetali si sono sostituiti i prodotti dolciari industriali. Il logo si ispira evidentemente al mito della modernità e alla fiducia nel progresso macchinistico. Durante la Grande Guerra la fabbrica, passata dopo la morte di Pietro nelle mani del figlio Ettore, vive un nuovo periodo di adattamento alle difficoltà belliche e, ancora una volta, l’inventiva non manca. Si impasta con fichi e vegetina, un derivato della farina d’orzo, per supplire al razionamento delle materie prime. Queste poi verranno fornite alle soglie della liberazione
dagli alleati che in cambio chiederanno biscotti lavorati e ice-cream americano. Anche le scatole subiscono un ridimensionamento estetico e si adeguano al clima di austerità con un fondo monocromo sul quale si staglia il solo logo. Oggi la fabbrica si è spostata nella periferia romana e i suoi stabilimenti sono tecnologicamente avanzati. Negli anni Ottanta la ventata “salutista” - quella nella quale nascerà anche il Mulino Bianco, per intenderci - porta alla formulazione di prodotti e immagini che inneggiano alla genuinità: fette biscottate integrali, Osvego ai cinque
Biscotti Gentilini, Novellini, packaging. Dalle confezioni da 250 gr. a quelle in cartone da 500 gr. e ancora le nuove scatole in latta “Roma”: Colosseo, SanPietro e Piazza di Spagna. | Biscotti Gentilini, Novellini, packaging. From packs of 250 grams to cardboard boxes of 500 grams. New biscuit tins “Roma”: Colosseo, SanPietro e Piazza di Spagna.
cereali, ma anche lo stesso trenino del logo si arricchisce di spighe, fiori di campo e cielo blu che richiamano la natura e la semplicità. Le materie prime sono il fiore all’occhiello: i Gentilini sono tra i pochi prodotti da forno industriali che usano burro puro o margarina vegetale rifiutando categoricamente i generici grassi vegetali dietro i quali si nascondono sostanze non sempre sane. E le latte, in periodo di riscoperta del vintage, tornano accanto alle più pratiche confezioni in cartone, come veri oggetti da collezione e pezzi di ‘arredo’ della cucina.
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The Gentilini story is an emblematic one of small to medium-sized companies in Italy, one of those that bear up our country’s economy. It is a productive adventure drenched with that home-grown ability to adapt to circumstances and with that intuition of knowing when to use innovation without betraying one’s traditional roots. It is also one of those cases in which the product is born locally, then travels the world, taking with it a trace of its ‘Roman-ness’ and ‘Italian-ness’. The main credit for this story goes to those men who founded the company, first of whom Pietro Gentilini, who, after returning from America in 1890, decided to open his first bakery at number 66 Corso Umberto (now Via del Corso) in Rome. It was here that in 1893 the Osvego was born, the famous vanilla-flavoured dry biscuit that was
designed the packaging in which the biscuits would be transported, but above all perceived, recognised and identified. And this is how the famous square tins were born to distribute the biscuits. Initially, they were containers for shopkeepers and had a transparent glass window to display the product. Then they moved into customers’ homes, becoming the ‘biscuit box’ coveted by young and old alike. The tins were decorated with landscapes, figures, stories and monuments. In 1919, for example, Gentilin’s lithographed boxes reviewed the most significant events in Italian history; and for the visit of American President Wilson to Rome, one was produced displaying the American flag on each side alternating with some of the capital’s most important monuments.
an integral part of the childhood (and not only) of so many Italians. Right from the start, Pietro became aware an essential strategy: designing, devising and producing the communication through which the success of his baked products would be expressed was as important as the fragrance of the most delicious biscuit. So, alongside the design of his food products — of which the biscuits’ consistency, the combination of ingredients, and the fundamental texture for just the right degree of porosity in order to soak up liquid must be tested — he
During the First World War, the company supported its soldiers on the front by sending packs of baked goods; the company’s archives still contain moving postcards from soldiers far from home who found a piece of Italy through these boxes and especially through the flavours, reminding them of the homeland they were fighting for. At the same time, the series of products was expanded: baked goods for holidays including the Panettone and the Pizza Romana. But also new biscuits including Umberto, Margherita and Vittorio, created in 1931 when
Gentilini became the official supplier to the Royal Family, and as a tribute to the House of Savoy. In addition to the packaging, Pietro Gentilini understood the potential of building loyalty through another effective element of his marketing strategy: gadgets. Already in 1910, he and his wife Matilde offered thimbles, money boxes, trays and yoyos, and later a series of illustrated postcards collected by children of the period who were mad about them. Naturally, during the fascist period, these were updated with icons of the time. In 1936, the new brand was registered, which, with appropriate modifications, has arrived to our time, that of the little train made of biscuits, in a sort of Arcimboldo-style, where industrially produced sweets are used instead of vegetables. Clearly, the logo was inspired by the myth of modernity and faith in the progress of the machine age. During the Great War, the factory, which had passed from father Pietro to his son Ettore upon his death, was forced to adapt to the trials of war time, and once again, inventiveness was a constant. To make up for the rationing of raw materials, figs and vegetina (derived from barley flour) were used. At the liberation, these were provided to the Allies who asked for biscuits and gave American ice cream in exchange. Even the boxes’ look was changed, adapting to the climate of austerity with a monochrome background against which only the logo stands out. Today, the factory is located in the Roman suburbs, and its plant is technologically advanced. In the 1980s, the ‘health’ wave - during which the Mulino Bianco bakery was born - led to changes to the products’ formulation and to their images, extolling authenticity: whole grain rusks, five-grain Osvego. At the same time, spikes of wheat, wild flowers and a blue sky were added to the train in the logo, reminiscent of nature and simplicity. The raw materials are the company’s pride and joy: Gentilini are among the few industrial oven-baked products to contain pure butter or margarine, instead of the generic vegetable oil behind which hide substances that are not always healthy. And the biscuit tins are back, at a time when we are rediscovering vintage items, alongside the practical cardboard packages, as true collectors’ items and ‘accessories’ for the kitchen.
Biscotti Gentilini, il marchio Gentilini nel tempo. | Biscotti Gentilini, the Gentilini logo over time. Biscotti Gentilini, scatole in latta. | Biscotti Gentilini, biscuit tins. Biscotti Gentilini, Pizza Romana.
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Renato De Chiara
Sambuca Molinari Con la mosca, grazie | Could you put a fly in it?
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“Con la mosca, grazie”. Nei bar è capitato a tutti di sentire questa strana richiesta dove la mosca altro non è che un chicco di caffè che, con il suo gusto amaro, compensa la dolcezza e la morbidezza di un liquore tutto italiano, la sambuca. E quando si parla di sambuca viene naturale parlare di Sambuca Extra Molinari e del suo inventore, il commendatore Angelo Molinari che inizia la sua attività di imprenditore producendo liquori e profumi e che negli anni venti si trasferisce ad Addis Abeba (in Etiopia, allora colonia italiana) dove gestisce il “Bar del Capo”. Nel 1936 Molinari torna in Italia, a Civitavecchia, dove la sambuca è di casa grazie a Luigi Manzi, inventore di questa bevanda alcolica a base di anice verde. Molinari stravolge la ricetta del suo liquore (che non ha alcun ingrediente in comune con la sambuca di Luigi Manzi) e nel 1945 inizia a produrre in maniera artigianale la sua bevanda, con circa 300 bottiglie al mese di Sambuca Extra Molinari, bevanda con 42° alcolici a base di anice stellato. Interessante il dibattito sull’etimologia della parola “sambuca”: Luigi Manzi, ischitano, collega il nome ai “sambuchelli”, gli acquaioli che sull’isola d’Ischia vendevano acqua e anice ai contadini; la Treccani e il Devoto-Oli invece rimandano l’etimo alla pianta di sambuco. Ma la famiglia Molinari (attualmente l’azienda è in mano alla terza generazione, quindi ai nipoti del commendator Molinari) spiega che la bevanda non contiene affatto essenze di sambuco e che il termine “sambuchelli” non è menzionato in alcun vocabolario dialettale dell’800; trovano invece un collegamento ancor più affascinante: la parola araba zammut, che esprime il concetto di “profumo gradevole”, che ben si lega alle qualità della bevanda. Nonostante il dibattito etimologico la famiglia Molinari, da una condizione produttiva pionieristica, apre un opificio semi-industriale nel 1959, a cui ne seguirà un secondo nel 1964 e un terzo nel 1975, quello di Colfelice (Frosinone), fiore all’occhiello dell’azienda per l’alto livello di automazione produttiva (60.000 bottiglie al giorno). La Sambuca Molinari conquista gli italiani: dalle 300
bottiglie al mese del 1945 circa 3 milioni di bottiglie vendute nel 1971 (quando prende il timone Antonio, figlio di Angelo) che diventeranno circa 7 milioni intorno al 2006, non considerando i 3 milioni di bottiglie esportate all’estero, con un fatturato attorno ai 60 milioni di euro. La produzione di Molinari non si limita alla Sambuca ma comprende la Sambuca Molinari Caffè, il Limoncello di Capri e il Limen, oltre all’Absenta Xenta, il Gin MG e la Vodka Tovaritch, questi ultimi distribuiti dall’azienda. Il boom dell’azienda avviene nel periodo della Dolce Vita, negli anni ‘50/’60, quando lo stesso Angelo Molinari consigliò ai migliori bar di via Veneto di mettere tre chicchi di caffè nella sambuca (da qui la famosa “mosca”); la bevanda conquista il pubblico sia grazie all’attenzione alla qualità e alle innovazioni produttive, che ai forti investimenti dedicati alla pubblicità e all’estensione della rete commerciale. Memorabili le campagne pubblicitarie dell’azienda che si avvale di noti testimonial come Walter Chiari, Paolo Stoppa, Adriano Panatta, Verushka, Sidney Rome e Giovanni Trapattoni. Ancor più incisive sono le pubblicità televisive dell’ultimo decennio dove affida la promozione ad artisti visivi del calibro di Gianluigi Toccafondo (ricordiamo l’occhialuto protagonista che vive in un mondo in cui i disegni si rincorrono, si aggrovigliano e diventano “altro”) o ad agenzie come la CD’I e Armando Testa, dove il protagonista diventa invisibile, trasparente come la Sambuca Extra Molinari, un prodotto che bada alla qualità, alla sostanza, in un mondo che invece punta sulla forma. La storia e le cifre menzionate dimostrano che l’azienda Molinari ha creato la categoria “sambuca”, diventando icona di qualità, innovazione e determinazione sia in Lazio, che in Italia e nel mondo.
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‘Could you put a fly in it?’ This strange request is frequently heard in Italian bars. The ‘fly’ in question is actually a coffee bean and its bitter taste is the perfect complement for the sweetness and softness of a quintessentially Italian spirit: sambuca. When you are talking about sambuca, it comes naturally to mention ‘Sambuca Extra Molinari’ and its inventor, Commendatore Angelo Molinari. He started out in business making spirits and fragrances. In the 1920s he moved to Addis Ababa in Ethiopia, which was an Italian colony at the time. There he ran the ‘Bar del Capo’. In 1936 Molinari returned to Italy and moved to Civitavecchia, one of the spiritual homes of sambuca.
There is an interesting debate regarding the etymology of the word ‘sambuca’. Luigi Manzi was from Ischia and associated the name with the ‘sambuchelli’: people who used to sell water and anise to the peasants on the island. The Treccani Encyclopaedia and the Devoto-Oli Dictionary on the other hand claim that the root word is ‘sambuco’, which is the Italian name for the elder plant. However, the Molinari family (the company is currently run by the third generation: the grandchildren of Commendatore Molinari) have explained that the drink contains no trace of elderberry and that the term ‘sambuchelli’ does not appear in any 19th century dialect dictionaries. They have come up with an even
This is where Luigi Manzi invented his alcoholic drink made with green anise. Molinari radically changed the recipe for his spirit, which does not contain any of the ingredients from Luigi Manzi’s sambuca. In 1945 he started manufacturing his drink on a small scale. He produced approximately 300 bottles a month of ‘Sambuca Extra Molinari’, a 42% spirit made with star anise.
more fascinating connection: the Arabic word zammut. It expresses the concept of a ‘pleasant fragrance’, so there is a clear link with the characteristics of the drink. Leaving aside the etymological debate, the pioneering Molinari family went on to open a semi-industrial production plant in 1959. This was followed by a second one in 1964 and a third in 1975, which is located in Colfelice near Frosinone.
This last plant is the jewel in the company’s crown with its high level of automatic production (60,000 bottles a day). Molinari Sambuca has proved a big hit with the Italians. The monthly output of 300 bottles a month in 1945 increased steadily and by the time Angelo’s son Antonio took over the company in 1971 it was selling roughly 3 million bottles a year. By 2006 this figure was up to 7 million, and a further 3 million bottles are sold abroad each year. The turnover was around €60mn. As well as Sambuca, Molinari makes the coffeeflavoured ‘Sambuca Molinari Caffè’, ‘Limoncello di Capri’ and ‘Limen’, not to mention ‘Absenta Xenta’,
the significant investments made in advertising and expanding the sales network. The company has put together some memorable advertising campaigns and used famous ambassadors such as Walter Chiari, Paolo Stoppa, Adriano Panatta, Veruschka, Sydne Rome and Giovanni Trapattoni. In the last decade some even more effective television advertising has been produced by visual artists of the calibre of Gianluigi Toccafondo (the bespectacled star lived in a world where Toccafondo’s pictures chased each other, got tangled up and became other things) and agencies such as CD’I and Armando Testa, whose protagonist was invisible and transparent like ‘Sambuca
‘MG Gin’ and ‘Tovaritch Vodka’, which are distributed by the company. The company experienced a boom during the Dolce Vita years in the 1950s and 1960s, when Angelo Molinari himself advised the best bars on Via Veneto to put three coffee beans in the sambuca (hence the ‘fly’). The drink proved popular with the public due to the focus on quality and innovation in production and
Extra Molinari’, a product that concentrates on quality and substance in a world that is more interested in appearances. The story and the figures above show that Molinari has helped to create the concept of ‘sambuca’. The company has come to represent quality, innovation and determination in the Lazio region, in Italy and throughout the world.
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Luca Bradini
Gambero Rosso Il Sistema Gambero Rosso, un marchio per la cultura del gusto | The Gambero Rosso system, a brand for the culture of taste
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Nella contemporaneità culturale e sociale i concetti di rete, collegamento, sistema, connessione, sono tra i più significativi a rappresentarla. Un sistema, una rete, definiscono una appartenenza tra le parti mediante dei legami che possono essere fisicamente e concettualmente forti, cioè capaci di formare una influenza virtuosa, sulle singole parti. Nelle realtà commerciali il marchio svolge spesso la funzione di collegamento, la crescita di un marchio è direttamente influenzata non esclusivamente alla qualità intrinseca dei prodotti che questo sottende, ma anche a come il marchio riesca ad associare un sistema di prodotti e quindi a rappresentarne un contesto specifico. Molteplici sono gli esempi dove la presenza di un determinato marchio è in grado di promuovere un sistema di prodotti che, nella loro singola valenza, non potrebbero mantenere lo stesso livello se scollegati al marchio che li connota. Il sistema “Gambero Rosso” , in questo caso, è caratterizzato da una serie di peculiarità che trasferiscono alcuni dei concetti consolidati nel mercato dei prodotti ad un mercato che è definito dal servizio e dalla cultura del servizio, specificatamente alla cultura del gusto. Il Gambero Rosso è un fenomeno prima culturale che commerciale e si è affermato in maniera determinante proprio grazie ad uno sviluppo di una contemporaneità che ha nel sistema multimediale uno dei suoi caratteri più significativi. La storia del Gambero Rosso inizia circa 25 anni fa come inserto del Manifesto, il nome prendeva spunto dall’osteria di Collodiana memoria (luogo dove il gatto e la volpe mangiano abbondantemente a spese di un ingenuo Pinocchio). La rivista è stata per alcuni aspetti rivoluzionaria per la cultura di quel tempo, perché, oltre ad affrontare dei temi insoliti per un certo tipo di cultura, si proponeva come strumento informativo con una forte connotazione a tutela dei consumatori. Per molti anni il “Gambero Rosso” ha costituito nello scenario della gastronomia italiana il punto di riferimento crescendo poi anche come guida autonoma, pur rimanendo tutt’ora ancora sotto forma di rivista, per tracciare degli itinerari
enogastronomici nel ricco e variegato mondo della cucina italiana. Le guide del Gambero Rosso hanno negli anni saputo porsi come eccellenza italiana strutturando quel volano virtuoso di sana competizione tra i diversi operatori del settore per poter acquisire una sempre più significativa credibilità agli occhi di una utenza sofisticata. Ma l’elemento caratterizzante è stato quello di una capacità di strutturare una serie di collegamenti che hanno, nel tempo, messo sinergicamente in moto un circuito legato da una parte alle differenti realtà enogastronomiche e territoriali e dall’altro ad un sistema mediatico di amplificazione di queste realtà messe sostanzialmente a sistema. Il Gambero Rosso è attualmente un operatore multimediale che ha costruito una serie di scenari di comunicazione e di stimolo allo sviluppo della cultura del cibo e del gusto con diversi ambiti di impiego. Tra questi scenari, i più caratterizzanti sono: il “Gambero Rosso Channel”, un canale satellitare specialistico sul mondo del gusto; una ricca editoria di settore che con diverse tipologie di guide e manuali continua a rappresentare il riferimento storico dell’azienda; un sistema di promozione e sviluppo turistico legato alla valorizzazione delle differenti culture gastronomiche nazionali ed internazionali; l’attivazione e la sponsorizzazione di alcune attività formative (scuole e master) legate sempre al mondo del Gusto; e, in ultimo, l’organizzazione di eventi e promozioni tutte legate al medesimo ambiente. A concludere, il Gambero Rosso si è dotato di una concreta presenza sul territorio con diverse sedi (tra cui Napoli e Roma) per sviluppare anche attività localizzate e dare all’organizzazione una maggiore visibilità in termini fisici. Nel tempo l’azienda è diventata quindi un sistema dove l’affidabilità del prodotto è sostanzialmente garantita da un metodo e quindi da una riconosciuta professionalità critica da parte degli operatori del Gambero Rosso. Il marchio, in questo caso quindi, è stato caratterizzante non tanto di una capacità di realizzare prodotti o sistemi di prodotti e servizi, bensì di una capacità progettuale e
strategica di selezione critica di peculiarità significative in un campo specifico legato al mondo del gusto, con la conseguente capacità e necessità di immetterle in una rete comunicativa qualificata e qualificante, qualità fortemente rappresentata dalla rete stessa.
Gambero Rosso, logo. Città del Gusto, Roma. | Città del Gusto (City of Taste), Rome.
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The concepts of network, connection and system are among the most significant to describe our contemporary culture and society. Systems and networks define a connection between their parts through links that can be physically and conceptually strong, capable of having a virtuous influence on the individual parts. In commercial sectors, the brand often serves as a connection. A brand’s growth is directly influenced not just by the intrinsic quality of the products it designates, but also by how well the brand succeeds in associating a system of products, and therefore in representing a specific context. There are many examples where the presence of a specific brand promotes a system of products which, individually, would not be able to maintain the same level if they were separated from the brand connoting them. In this case, the ‘Gambero Rosso’ system has a number of unique characteristics which transfer certain consolidated concepts of the product market to a market which is defined by the service and the service culture, and specifically the culture of taste. Gambero Rosso is first of all a cultural phenomenon,
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then a commercial one, which has grown strongly thanks to the development of a contemporary approach having the multimedia system as one of its most important characteristics. Gambero Rosso’s story began some 25 years ago as an insert to the newspaper Manifesto. It was named after the tavern in the story of Pinocchio, where the fox and cat ate their fill at poor Pinocchio’s expense. In some ways, the magazine was revolutionary for the culture of the time, because, in addition to covering unusual topics for a certain type of culture, it also set itself up as an information tool with a strong focus on protecting consumers. For many years, ‘Gambero Rosso’ was a growing reference point in the Italian gastronomical world, then as an independent guide, while retaining its magazine format, outlining fine food and wine itineraries in the rich and diverse world of Italian cuisine. Over the years, Gambero Rosso guides established themselves as examples of Italian excellence, structuring that virtuous engine of healthy competition among various sector players, and acquiring increasing credibility in the eyes of sophisticated users.
However, the key element has been its ability to establish a series of connections whose synergies have, over time, created a circuit of the many regional food and wine realities, and a media system amplifying these realities that have been linked together in a system. Today, Gambero Rosso is a multimedia operator that has built a series of communication scenarios stimulating the development of the culture of food and taste with various uses. The most characteristic of these scenarios are: ‘Gambero Rosso Channel’, a specialist satellite channel focussing on the world of taste; a wealth of publications which, through a variety of types of guides and manuals, continues to be the company’s historic reference; a tourism promotion and development system linked to endorsing national and international gastronomical cultures; creating and sponsoring certain educational activities (schools and master’s degrees) related to the world of taste; and organising events and promotions in the same sector. To conclude, Gambero Rosso has created a solid presence for itself in Italy with several offices (including Naples and Rome) to develop its local activities and give its organisation greater visibility in physical terms. Therefore, over time, the company has become a system where the product’s reliability is basically guaranteed by a method, and therefore by the renowned critical professionalism of Gambero Rosso operators. So, in this case, the brand has been characterised not only by an ability to create products or systems of products and services, but rather by a design and a strategic ability to critically select significant characteristics in a specific field related to the world of taste, with a resulting ability and need to insert it in a high-quality and qualifying network, two qualities that are highly represented by the network itself.
Gambero Rosso, scuola di cucina. | Gambero Rosso, cooking school. Gambero Rosso, teatro della cucina. | Gambero Rosso, cooking theatre.
Gambero Rosso, la Rivista e le Guide | Gambero Rosso, the magazine and guides. Gambero Rosso, scuola di cucina di Napoli. | Gambero Rosso, cooking school of Napoles.
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Nicoletta Cardano
La memoria del cibo. Musei del gusto e archivi di impresa a Roma e nel Lazio | Dietary memories. Food museums and company archives in Rome and Lazio
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La mappa dei luoghi che documentano nel Lazio la memoria del cibo, o più in generale conservano materiali e testimonianze attinenti alla dimensione dell’alimentazione, si è andata delineando nella sua specificità negli ultimi anni: numerose le iniziative di istituzioni, enti ed aziende che vanno dalla realizzazione di musei dedicati alla cultura del cibo e alla sua produzione, inclusi nel genere recente dei “musei del gusto”, alla costituzione di archivi di impresa, significativi della produzione alimentare anche a livello nazionale, all’attivazione di processi dinamici di valorizzazione sul territorio di percorsi enogastronomici, come le strade del vino e dell’olio che si pongono come musei diffusi delle tradizioni gastronomiche. Si tratta di un fenomeno in continua trasformazione, originato dall’acquisizione ormai consolidata nel corso degli anni Novanta delle molteplici relazioni tra cibo e patrimonio culturale, e sviluppatosi grazie anche all’attenzione delle potenzialità innovative in termini di conoscenza e di sviluppo dei «giacimenti gastronomici», e al crescente interesse delle industrie per la costituzione di archivi e musei destinati a conservare la loro memoria. Il primo museo specificatamente dedicato alla cultura del cibo è stata realizzato nel 1993 nel pieno centro di Roma, a piazza Scandenberg, tra Fontana di Trevi e il Quirinale, quando la Fondazione Agnesi, dopo la cessione dell’industria, uno dei più antichi pastifici italiani, ha trasferito la propria collezione da Pontedassio di Imperia, istituendo il Museo Nazionale delle Paste Alimentari. La scelta della capitale come sede del museo è significativa della portata dell’obiettivo individuato dalla Fondazione, di promozione del primo piatto nazionale, espressione indiscussa del Made in Italy. Il progetto museale, partendo dall’iniziale e preziosa documentazione sulla storia della pasta raccolta da Vincenzo Agnesi, è stato sviluppato come valorizzazione del prodotto e della sua produzione. Concepito come una narrazione sulla storia del consumo e della fabbricazione della pasta, l’allestimento, originariamente realizzato da Enrico Valeriani, si articola sui due piani della sede attraverso macchinari e strumenti come la gramola - un’antica
monumentale mola in pietra, usata nel pastificio -, importanti documenti datati a partire dall’XI secolo e relativi al primato italiano delle invenzioni tecniche per la creazione e la conservazione, e un’ampia raccolta di stampe, dipinti e fotografie attraverso la quale si sviluppa il racconto della tradizione e del consumo della pasta, integrato agli episodi più significativi e di trasformazione del costume nazionale. Finalità della Fondazione inoltre è quella di promuovere la ricerca sui diversi aspetti storici, dietetici, nutrizionali e produttivi della pasta e di realizzare progetti di aiuto e sviluppo alimentare per i paesi in via di sviluppo. Attualmente il museo è chiuso, in corso di riallestimento. Ad una più attenta ed articolata valutazione della storia dell’industria e degli aspetti della vita economica a Roma ha certamente contribuito la sistemazione dei documenti e materiali relativi alla azienda della Birra Peroni, industria alimentare nazionale e leader nel settore già dagli inizi del Novecento, la cui attività è strettamente legata alla capitale, anche sotto il profilo dello sviluppo edilizio e della storia urbana. L’Archivio e il Museo Birra Peroni sono stati aperti al pubblico rispettivamente nel 1996 e 2001, in una sede appositamente costruita nel nuovo stabilimento della azienda, trasferito negli anni ‘70 dalla storica sede nei pressi di Porta Pia a Tor Sapienza. L’iniziativa di costituzione dell’archivio e del museo ha interpretato la volontà, espressa dalla famiglia proprietaria e condivisa da tutta l’azienda, di rappresentazione di identità e di conservazione della memoria storica; dipendenti ed ex dipendenti hanno contribuito in vario modo ad un progetto complessivo di valorizzazione che ha incluso, oltre al censimento e al riordino delle carte dei diversi archivi della direzione e delle sedi in altre città, il recupero e la sistemazione in raccolta di oggetti, precedentemente depositati in magazzini dismessi della fabbrica. L’Archivio conserva la documentazione cartacea relativa a circa 130 anni di attività dell’azienda, dalla sua istituzione a Vigevano nel 1846, al trasferimento a Roma nel 1864, alle successive fasi di sviluppo nel corso del Novecento, con l’acquisizione di varie società birrarie e l’affermazione sul territorio nazionale.
I.L.A.R. - Pallini, liquori mignon. | I.L.A.R. - Pallini, miniature liquor. I.L.A.R. - Pallini, interno della fabbrica. | I.L.A.R. - Pallini, inside the factory.
Il patrimonio iconografico, con un fondo fotografico e di filmati, costituisce una banca dati di rilievo che, oltre a documentare la storia degli stabilimenti e della produzione, rappresenta con la raccolta di immagini relative alla storia del marchio e alla sua diffusione la premessa fondante dell’identità aziendale. Il percorso espositivo del museo ricompone in un unico racconto articolato su più piani la storia della Peroni legando le vicende dell’azienda agli aspetti della distribuzione e produzione del prodotto, alla comunicazione pubblicitaria. Progetti ed iniziative per preservare il proprio passato storico hanno coinvolto anche altre imprese del Lazio del settore alimentare. A Formia il pastificio Paone, nato prima del 1870, ha in programma la risistemazione di materiali documentari, dopo il recente trasferimento dallo storico stabilimento di Ponte di Mola. La raccolta e l’ordinamento di documenti d’impresa relativi alla produzione e alla comunicazione pubblicitaria di liquori è in progetto anche da parte della I.L.A.R. Pallini, fondata nel 1875 ad Antrodoco, e trasferita dal 1920 a Roma con una distilleria nei pressi del Pantheon. Gestita dalla famiglia Pallini, la I.L.A.R. continua nello stabilimento sulla via Tiburtina, aperto negli anni Sessanta, la produzione di liquori storici tra cui il Mistrà Pallini. A Norma la fabbrica Antica Norba, che produce cioccolato dal 1977, ha istituito al suo interno nel 1995 il Museo del Cioccolato, affiancando all’attività produttiva una iniziativa didattico promozionale sulle origini e la storia del cioccolato, e sulla sua diffusione. Nella “mappa della memoria enogastronomica” dei “Musei del Gusto”, volume pubblicato nel 2007 nell’ambito del progetto di Cultura Gastronomica Italiana vengono censite altre situazioni, come quella del Museo Diffuso del Vino a Monte Porzio Catone e del Museo dell’Olio della Sabina a Castelnuovo di Farfa, che propongono modi diversi di documentazione e di conoscenza, in un nuovo rapporto tra oggetto della memoria e contesto, tra tradizione rurale, cultura materiale e territorio.“L’olio e l’arte alimentano i lumi” scrive Maria Lai con la sua grafia infantile incisa
nell’intonaco del muro di ingresso del Museo dell’Olio, sintetizzando le finalità di un progetto che coinvolge l’arte di oggi per spiegare tradizioni e simboli della nostra storia intorno al nucleo tematico “ulivo, oliva, olio”. Le testimonianze concrete della cultura dell’olio (l’antico frantoio, i resti delle giare murate, usate originariamente per la decantazione del vino) all’interno della sede del museo si rafforzano di senso tramite gli interventi degli artisti (Lai, Cavaliere, Nagasawa, Gazzola) e si integrano in un itinerario reale e mentale che coinvolge l’intero centro storico e il paesaggio.
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In recent years, things have become increasingly specialized in the places in Lazio that record memories of food, or that more generally store materials and accounts regarding such matters. There have been numerous initiatives by institutions, bodies and companies, including museums about the culture of food and its production, the creation of company archives – which contain records of food production of national significance – and dynamic procedures to promote areas with food and wine routes, which tend to focus on specific products such as wine or oil and serve as extensive museums for gastronomic traditions. It is a constantly evolving phenomenon which has its origins in the 1990s, when the numerous relationships between food and cultural heritage – which are now well established – were first acknowledged. Part of the reason for the expansion is the realization that these ‘gastronomic goldmines’ offer huge innovative potential in terms of know-how and development. There is also growing interest among businesses in setting up museums and archives to store their memories. The first museum to be entirely devoted to the food culture was opened in 1993 on Piazza Scanderbeg in the heart of Rome, between the Trevi Fountain and the Quirinal Palace. Agnesi was one of the oldest pasta factories in Italy. After it closed, the Agnesi Foundation moved its collection from Pontedassio in Imperia and opened the National Pasta Museum. The choice of the capital city as the home of the museum reveals the importance of the Foundation’s mission to promote the country’s favourite first course dish, which is an undisputed symbol of Italian products. The museum project started out initially with highly valuable research into the history of pasta put together by Vincenzo Agnesi and it unfolded with promotion of the product and its manufacturing. Enrico Valeriani was behind the original museum design. It tells the story of the consumption and making of pasta and takes shape across the two floors of the premises. It features machinery and tools such as a monumental
old grinding stone used in the factory, important documents dating back as far as the 11th century that show Italy’s pre-eminence in technical inventions for creation and preservation, and a vast selection of prints, paintings and photographs that give an overview of the tradition and consumption of pasta, as well as the most significant changes to national habits. The Foundation also promotes research into various pasta-related historical, dietary, nutritional and production matters, and conducts aid and food enhancement schemes for developing countries. The museum is currently closed for rearrangement of the exhibition. An important contribution to more meticulous and structured assessment of the history of industry and the aspects of economic life in Rome has been made by the organization of documents and materials about Peroni. It is one of Italy’s top breweries and has been a leading player on the market ever since the early 20th century. It has close ties to Italy’s capital and has played an important role in its building development and urban history. Peroni’s Archive and Museum were opened to the public in 1996 and 2001 respectively, in specially built premises in the company’s new plant. It moved to Tor Sapienza in the 1970s from its longstanding headquarters near Porta Pia. The family that owns Peroni came up with the idea to create the archive and the museum and it proved popular throughout the company. They wanted to portray its identity and preserve its historical memories. Past and present employees contributed in various ways to a complex promotion scheme. In addition to classification and rearrangement of the papers from the management’s archives and the branches in other cities, the initiative involved salvaging and systematically gathering together items that had been stored in disused warehouses in the factory. The archive contains paper documents from around 130 years of the company’s history, from its founding in Vigevano in 1846 and the relocation to Rome in 1864, to the subsequent development in the 20th century, as Peroni took over a number of breweries and established
Museo dell’Olio della Sabina a Castelnuovo di Farfa. | Oil Museum of Castelnuovo di Farfa in Sabina. Museo Diffuso del Vino a Monte Porzio Catone. | Wine Museum of Monte Porzio Catone.
itself nationwide. The impressive collection of photographs and films not only tells the story of the plants and production, but also reveals the foundations of Peroni’s corporate identity with the pictures showing the history of the brand and its diffusion. The museum’s exhibition route gives a non-stop account across the different floors of the history of Peroni and associates the events at the company with matters regarding brewing, distribution and advertising. There have also been projects and initiatives by other food companies in Lazio who wanted to preserve memories of their pasts. The Paone pasta company in Formia was founded before 1870. It plans to reorganize its documentary materials after it recently relocated from its historic Ponte di Mola plant. I.L.A.R. - Pallini is gathering together and putting in order company documents regarding liqueur production and advertising. The company was founded in 1875 in Antrodoco and moved to Rome in 1920, opening a distillery near the Pantheon. It is run by the Pallini family and continues to produce renowned liqueurs such as Mistrà Pallini in its plant on Via Tiburtina, which it opened in the 1960s. The Antica Norba factory in Norma has been making chocolate since 1977. In 1995 it opened a Chocolate Museum in its premises, so alongside its production business it now runs an educational and promotional initiative about the origins, history and diffusion of chocolate. In the ‘map of food and wine memories’ included in the ‘Musei del Gusto’ (‘Taste Museums’) book published in 2007 as part of an Italian Gastronomic Culture project, other examples are listed. They include the Multi-Centre Wine Museum in Monte Porzio Catone and the Sabina Oil Museum in Castelnuovo di Farfa, which take alternative approaches to documentation and knowledge, in a new relationship between memories and settings, and between rural traditions, material culture and local areas. Maria Lai has carved ‘Oil and art light up the dark’ with
her childlike handwriting in the plaster of the entrance wall of the Oil Museum, summing up the aims of a project that uses contemporary art to explain traditions and symbols from our history based around the core theme of ‘olive tree, olive, oil’. The meaning of concrete signs of the oil culture inside the museum building (such as an old oil mill and the remnants in the walls of jars that were originally used to decant wine) is reinforced by the work of artists (Lai, Cavaliere, Nagasawa, Gazzola) and they become part of a real and mental route that encompasses the entire old town centre and the landscape as a whole.
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factory_index 62
Chinotto Neri
Peroni
Birra del borgo
www.chin8neri.it
www.peroni.it
www.birradelborgo.it
La Neri, oggi Chinotto Neri è una storica azienda italiana, con sede a Capranica (VT) fondata nel ‘49 da Pietro Neri, trentenne lungimirante che decise di produrre e lanciare una bevanda dissetante che somigliasse per colore alle bibite statunitensi che giungevano nel dopoguerra in Italia ma con un sapore originale. Questa bevanda, distribuita in una bottiglia di vetro con il marchio in rilievo ma senza etichetta, era il chinotto (marchio aziendale: Chin8), derivato dalla pianta di chinotto. L’azienda venne rilevata e nel 2000 la Chinotto Neri s.r.l. ha rilanciato lo storico marchio.
Il gruppo Birra Peroni è oggi uno dei player principali nel settore dell’industria birraria ed opera da oltre 160 anni con impegno e passione: fin dal 1846, rispettando le esigenze di consumatori e clienti, si rinnova quotidianamente attraverso prodotti di altissima qualità per un impegno che è alla base della reputazione aziendale. I suoi marchi principali sono: Peroni, Nastro Azzurro e Pilsner Urquell. La Peroni è la birra più venduta in Italia ed è sinonimo di gusto e tradizione. (C.R.)
La Birra del Borgo nasce nel maggio 2005 a Borgorose, un piccolo paese in provincia di Rieti, al confine tra Lazio ed Abruzzo. Inizialmente “la birra in casa” nasce come hobby e con il passar del tempo diventa sempre più un lavoro. Le birre risentono dell’influenza della cultura inglese e di quella belga, cercando il più possibile di rendere italiano un prodotto che normalmente non lo è. Altre produzioni sono dettate dall’estro del momento e legate alla stagionalità dell’ingrediente principale. (C.R.)
The Birra Peroni group is currently one of the main players in the beer industry and has been operating with commitment and passion for over 160 years. Since 1846, respecting the needs of consumers and clients, it has continually updated itself through top quality products and commitment that are the basis of the company reputation. Its main brands are Peroni, Nastro Azzurro and Pilsner Urquell. Peroni is the best-selling beer in Italy and is synonymous with taste and tradition (C.R.)
Birra del Borgo was created in May 2005 in Borgorose, a small village in the province of Rieti, on the border between Lazio and Abruzzo. Initially the ‘home brew’ began as a hobby and over time increasingly became a job. The beers are influenced by British and Belgian culture, while trying as much as possible to make it an Italian product (despite beer not being typically Italian). Other products are the result of the creativity of the moment and are linked to the seasonal availability of the main ingredient. (C.R.)
Neri, which is now known as Chinotto Neri, is an old Italian company based in Capranica, near Viterbo. It was founded in 1949 by Pietro Neri, a forward-thinking 30-year-old who decided to launch and produce a thirst-quenching soft drink which was a similar colour to the American drinks that arrived in Italy after the war, but with an original taste. This drink was called ‘Chinotto’ and the trademark was ‘Chin8’ (reflecting the Italian pronunciation of the number 8, Translator’s Note). It was sold in glass bottles with a relief logo but no label. The drink is made with the chinotto plant. The company was taken over and in 2000 Chinotto Neri s.r.l. relaunched the historical product on the market.
‘na biretta
Pallini
Roscioli
Panella
www.nabiretta.it
www.pallini.com
www.salumeriaroscioli.com
www.panella-artedelpane.it
La filosofia della Birradamare è “Amore e Passione”: produrre birre di qualità senza compromessi, cioè produrre solo birre integrali non pastorizzate. Oltre ai sentimenti e le buone intenzioni, l’azienda ha prodotti di qualità, macchinari d’avanguardia, esperienza e processi produttivi rigorosi e controllati. La risultante ‘na biretta è quindi fatta con il cuore e secondo la norma: una birra artigianale buona e genuina, leggera e rinfrescante, senza additivi chimici e conservanti. (C.R.)
L’azienda Pallini è la più antica distilleria di Roma, leader in Italia con il Mistrà. Fondata da Nicola Pallini nel 1875 ad Antrodoco, viene trasferita a Roma negli anni 20 dove ha attualmente gli stabilimenti sulla via Tiburtina. Oggi i prodotti Pallini vengono venduti nei Duty-Free del mondo ed esportati tra l’altro negli USA dove il Limoncello Pallini è il leader del mercato. Tra i vari prodotti il Mistrà, liquore a base d’anice, il Limoncello Pallini, la Sambuca 313 e sciroppi a base di frutta. (C.R.)
Il forno di via dei Chiavari è uno dei più antichi, in funzione almeno dal 17 agosto 1824, che sforna ininterrottamente pizza calda a tutte le ore del giorno, seguendo la genuina ricetta della migliore tradizione romana. La famiglia Roscioli da ben tre generazioni seleziona accuratamente le materia prime alle quali si aggiunge semplicemente il rispetto per i tempi di lievitazione e delle temperature di cottura. Una delle specialità è il Pane di Lariano cotto a legna nelle varianti con uvetta, noci e olive. (C.R.)
Panella da quasi cento anni sveglia il suo quartiere con profumi ed aromi che sanno di buono, che vengono da lontano, da un tempo in cui ogni cosa veniva fatta a mano, da artigiani del mestiere. Ogni giorno, come un tempo si rinnova la tradizione e si incontrano semplicità e artigianalità. Panella unisce tutta l’Italia offrendo i pani tipici di ogni regione fatti secondo tradizione ed il rispetto per la ricetta originale: tutte le proposte dolci e salate sono fatte con le ricette originali di ogni luogo. (C.R.)
The via dei Chiavari bakery is one of the oldest, working at least since 17th August 1824, and it produces hot pizzas uninterruptedly at all hours of the day, according to the genuine recipe of the best Roman tradition. Three generations of the Roscioli family have been carefully selecting the raw materials, to which they simply add compliance with leavening and coking times. One of its specialities is the Pane di Lariano baked in a wood oven and available with raisins, nuts or olives. (C.R.)
For almost a hundred years Panella has woken up its district with wonderful scents and aromas that come from far away, from a time in which everything was handmade by artisan craftsmen. Every day, as in the past, tradition is renewed and combined with simplicity and artisan skill. Panella includes the whole of Italy, offering typical bread from every region made according to tradition and to original recipes. All of its sweet and savoury products are made with original local recipes. (C.R.)
Birradamare’s philosophy is ‘Love and Passion’: it produces quality beers without comprises, i.e. only unrefined, non-pasteurised beer. As well as having its heart in the right place and good intentions, the company offers quality products, avant-garde machinery, experience and strictly controlled production processes. The resulting beer is made with love and according to regulations: a great, wholesome artisanal beer that is light and refreshing, without chemical additives or preservatives. (C.R.)
The Pallini company is Rome’s oldest distillery and an Italian leader with its Mistrà. Founded by Nicola Pallini in 1875 at Antrodoco, it moved to Rome in the ‘20s where its plant is currently located on via Tiburtina. Today Pallini products are sold in Duty-Free shops worldwide and exported to countries including the USA, where Pallini Limoncello is a market leader. Its products include Mistrà, an aniseed based liqueur, Pallini Limoncello, Sambuca 313 and fruit syrups. (C.R.)
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factory_index Il mondo di Laura
Said
Bocca di dama
www.mondodilaura.com
www.said.it
www.boccadidama.it
Il mondo di Laura rappresenta un mondo pieno di dolcezze e fantasia per chi ama i biscotti artigianali preparati con ingredienti ricercati e di qualità. I prodotti utilizzano ingredienti selezionati, biologici, presidi Slow Food e nessuno contiene latte e suoi derivati, ne grassi di origine animale. La combinazione di queste scelte rende i prodotti unici per qualità e gusto: un viaggio alla scoperta del sale dell’Himalaya, del the verde, dello sciroppo d’acero e di molti altri gusti. (C.R.)
La fabbrica di cioccolata (Società Anonima Industria Dolciumi: SAID) nasce nel quartiere di San Lorenzo nel 1923 con Aldo de Mauro che inizia a produrre cioccolato insieme ad uno stabilimento svizzero con il marchio Zurich. L’azienda ha resistito ai bombardamenti della seconda guerra mondiale ed all’avvento del cioccolato industriale da supermercato. Ma la voglia di continuare ha fatto si che cinque anni fa Fabrizio e Carla hanno iniziato i lavori di ristrutturazione e recupero rispettoso della fabbrica. (C.R.)
A un passo dalle mura aureliane che delimitano parte di San Lorenzo c’è una pasticceria che non ti aspetteresti di trovare in questo quartiere. Torte e paste del bancone, ricoperto da plexiglass bianco, si vedono grazie ad oblò ad altezza bambino. Qui la forma è importante e il servizio studiato. Il locale è molto attivo nel catering e organizza eventi e anche mini-corsi di pasticceria. Alla guida di questa bottega del gusto ci sono due donne che provengono dal mondo dell’architettura e della comunicazione che hanno scelto per la pasticceria uno slogan che non lascia spazio a dubbi interpretativi: “dolci per comunicare”.
Il mondo di Laura is a world full of sweetness and imagination for those who love artisan biscuits prepared with carefully sourced, quality ingredients. The products include selected organic ingredients, Slow Food protected products and no milk, milk derivates or animal fats. This combination of choices makes the products unique in quality and taste: a journey on a discovery of Himalayan salt, green tea, maple syrup and many other flavours. (C.R.)
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The chocolate factory (Società Anonima Industria Dolciumi: SAID) was born in the district of San Lorenzo in 1923 with Aldo de Mauro, who began to produce chocolate with a Swiss plant under the Zurich trademark. The company has withstood Second World War bombings and the rise of industrially produced supermarket chocolate. The desire to continue meant that five years ago Fabrizio and Carla began work to thoughtfully restore and renovate the factory. (C.R.)
Just a short distance from the Aurelian Walls that partially mark the boundaries of the San Lorenzo area is a confectioner’s that you would quite simply not expect to find in this district. The cakes and pastries on the counter can be seen through portholes at a child’s eye-level in the white Perspex cover. Form is a key factor here and great care is taken over the service. The business is heavily involved in the catering field and it organizes events and short confectionery courses. This treasure trove of confectionary delights is run by two women with a background in the world of architecture and communication. They have chosen a slogan for the store that leaves no room for doubts over its meaning: ‘confectionary that communicates’.
Gelateria Fassi
Dol_di origine laziale
‘Gusto
www.palazzodelfreddo.it
www.dioriginelaziale.it
www.gusto.it
Fondatore della dinastia è stato Giacomo Fassi che aprì alla fine del 1800 una piccola bottega di ghiaccio e mescita di birra al centro di Roma. Nel 1928 fondò il Palazzo del Freddo, unico punto vendita dell’azienda Fassi. L’attività si distingue per la qualità e correttezza nei confronti della clientela. La collaborazione familiare si è ampliata con la strutturazione di un settore di franchising: in continua evoluzione, si proietta così in un futuro di successi grazie ad un passato che ha reso il marchio protagonista del settore. (C.R.)
Dol (Di Origine Laziale) nasce nel 2006 nella zona di Centocelle a Roma con lo scopo di portare la qualità dell’enogastronomia del Lazio alla portata di tutti, anche e soprattutto in aree periferiche metropolitane. Il progetto punta a diffondere il concetto di filiera corta, favorendo la conoscenza e la fruizione dei prodotti del territorio, la tutela di tutte le aziende tradizionali e degli artigiani dell’enogastronomia, fino allo sviluppo di forme di agricoltura ecocompatibile. (C.R.)
Evoluzione di un originale foodstyle, il sistema ‘Gusto conferisce la parte da protagonista al cibo ed al vino, senza mai trascurare la cura degli interni, la musica, l’arte e lo shopping. A distanza di 10 anni dall’apertura del primo locale, la volontà di costruire un sistema gastronomico può dirsi realizzata. Oggi ‘Gusto è un vero e proprio modello di concept food, strutturato su uno dei siti storici più importanti di Roma, Piazza Augusto Imperatore: pizzeria, wine bar, emporio libreria, negozio di vini, osteria, bar à fromage, bar e ristorante di pesce e ortaggi. Divisi in tre locali, con tre indirizzi sulla stessa piazza.
The founder of the dynasty was Giacomo Fassi who opened a little store selling ice and draught beer in the centre of Rome in the late 1800s. In 1928 he opened the Palazzo del Freddo, the Fassi family’s only store. This family business has always been centred on quality and customer satisfaction, and has expanded with a franchising structure. It is continually developing and a successful future is forecast, based on a past that has made it a leading sector brand. (C.R.)
Dol (Di Origine Laziale) was created in 2006 in the Centocelle area in Rome. It aims to bring quality food and wine in Lazio to all, especially to suburban city areas. The project aims to promote the concept of a short production chain, focussed on an awareness and use of local produce, protecting all traditional companies and artisans in the food and wine sector and developing environmentally compatible forms of agriculture. (C.R.)
The ‘Gusto system has developed an original food style and places food and wine in the spotlight, without neglecting interior design, music, art and shopping. 10 years after the first location opened, it can be said that the goal of creating a gastronomic system has been achieved. ‘Gusto is now a genuine concept food model based in one of the most important historical sites in Rome: Piazza Augusto Imperatore. It is a pizzeria, wine bar, book store, wine shop, inn, cheese bar, café, and fish and vegetable restaurant. It is spread across three premises on the same square, with three different addresses.
Palatium
Segnalata da Slowfood tra le novità delle Osterie d’Italia 2006, Palatium è un grazioso locale, riferimento per la valorizzazione dei prodotti tipici del Lazio, ospitato all’interno dell’Enoteca Regionale, nel cuore di Roma. Si presenta come un luogo polifunzionale in grado di ospitare ogni tipo di evento promozionale con spazi diversificati dedicati tanto al lunch veloce (mescita, bar, snack, aperitivo) quanto alla ristorazione di altissima qualità. Named by Slow Food as one of the most interesting new restaurants in Italy in 2006, Palatium is a charming place that sets the benchmark for the promotion of traditional products from Lazio. It is located inside the ‘Enoteca Regionale’ in the heart of Rome. It is a multi-purpose venue that can host promotional events of all kinds in its varied premises, which offer everything from quick lunches (drinks, snacks, aperitifs) to high quality dining.
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Urbana 47
Tricolore
Cuochepercaso
www.urbana47.it
www.tricoloremonti.it
www.cuochepercaso.it
Urbana 47: comfort food in stile retrò. Prendi un ristorante nello storico rione monti di Roma, ad un passo dalle lasagne precotte nei pressi del Colosseo, e fai del prodotto enogastronomico a chilometro zero la filosofia alla base del gustoso comfort food offerto in carta. Inventa un locale di design, giocato sul fascino retrò dei materiali di recupero, in cui mobili e complementi di modernariato sono frutto di una ricerca tutta personale - quella dell’appassionato proprietario Angelo Belli - e pronti per essere acquistati alla fine del pasto. Ecco come è nato Urbana 47.
Cibi che si assaggiano con la vista e si lasciano assaporare con il palato. Ingredienti selezionati con passione, frutto di una costante ricerca alla scoperta di quanto di meglio possa offrire il panorama nazionale e internazionale, con un’attenzione particolare per le materie prime e le produzioni di origine protetta e certificata. Cucina creativa e sorprendente per servizi di food event design che assicurano la cura di ogni dettaglio. Questo e tanto altro è la ricetta del trio tutto al femminile di Tricolore, appetibile laboratorio di architettura alimentare e food design nel cuore di Roma.
Un’associazione culturale e un’atipica scuola di cucina da 10 anni a Roma. Tante attività e una sola regia: Valeria Vocaturo; tante idee e una sola passione: la cucina; tanti programmi e una sola matrice: Gastrosofia. Gastroletteratura: presentazione di libri golosi. Gastrostoria: lezioni sulla storia della cucina. Gastrologando: week end alla scoperta delle cose buone e belle. Gastrovagando: workshop sul food design, mostre fotografiche, ricerche con enti culturali. Gastroinsegnando: lezioni di cucina per tutti i gusti, tutte le età e tutte le stagioni.
Food that you savour with your eyes before you devour it with your mouth. Ingredients that are selected with enthusiasm, in a constant quest to discover the very best on the national and international scene, with a special focus on raw materials and output of certified and protected origin. Creative, surprising cuisine for food event design services with attention to every single detail. This is a small part of the recipe used by the three women who run Tricolore, a delightful food architecture and design workshop in the heart of Rome.
A cultural association and unusual cooking school established in Rome ten years ago. Lots of activities but a single director: Valeria Vocaturo; plenty of ideas and a single passion: cooking; many programs and a single matrix: Gastrosophy. Gastroliterature: presentation of tempting books. Gastro-history: lessons on the history of cooking. Gastrology: weekends to discover beautiful and delicious things. Gastro-voyages: workshops on food design, photograph exhibits, research with cultural bodies. Gastro-education: cookery lessons for all tastes, all ages and all seasons.
Urbana 47: Comfort food with retro style. Take a restaurant in the historical Monti area of Rome, just a stone’s throw from the reheated lasagne on sale outside the Colosseum, and make the zero mile diet the philosophy behind the tasty comfort food on the menu. Create premises with impressive interior design featuring the retro charm of vintage furniture personally selected by the owner Angelo Belli, who is an enthusiast of such things and is prepared to sell the furniture and accessories to diners. The result of all this is Urbana 47.
Laurenzi consulting
Papero giallo
c.u.c.i.n.a.
Silan
www.laurenziconsulting.it
www.blog.paperogiallo.net
www.cucinastore.com
www.silanforniture.it
Laurenzi Consulting nasce nel 2004 come società di consulenza per il mondo della ristorazione, dell’ospitalità e del retail specializzata nell’ideazione di concept per attività legate al food & beverage. Composta da un team di giovani professionisti che da anni operano in questo settore e presente in Italia, con sviluppi e collaborazioni anche all’estero, oggi Laurenzi Consulting è un partner indispensabile per ideare, sviluppare, gestire ed ottimizzare qualunque attività enogastronomica.
Il Papero Giallo è un quaderno di pensieri e appunti che Stefano Bonilli, il suo fondatore, scrive quasi ogni giorno dal settembre del 2004. È il blog di uno che sta dentro al mondo del cibo e del vino da sempre, anche perché è ormai uno dei senatori del settore.
C.u.c.i.n.a (“come una cucina ispira nuovi appetiti”) nasce nel 1983 come una boutique di cucina in cui si potessero trovare oggetti unici e curiosi provenienti da tutto il mondo: un concept store che dietro la vendita dell’oggetto di cucina trasmette uno stile di vita. Gli stores C.u.c.i.n.a hanno infatti contribuito al cambiamento culturale del modo di concepire la vita domestica: qualità, unicità, design e tradizione di ricerca della funzionalità che non lascia spazio a decori superflui. (C.R.)
Situato al numero 34 di Via Riserva del Fontanile a Roma, Silan si occupa da oltre un decennio di distribuzione di prodotti per la ristorazione, il catering e gli alberghi. Vanta serietà ed esperienza nel settore, avvalendosi esclusivamente di fornitori affidabili e di qualità. La politica adottata è quella di seguire il cliente nelle proprie scelte, fornendo assistenza nelle decisioni importanti quanto in quelle quotidiane.
Laurenzi Consulting was established in 2004 as a consulting firm for the restaurant, hospitality and retail sector, specialising in creating concepts for food and beverage-related activities. Composed of a team of young professionals who have been working in this sector for years, it is present in Italy but also has projects abroad. Today Laurenzi Consulting is a key partner for devising, developing, managing and optimising all types of food and wine activity.
The Papero Giallo is a blog that Stefano Bonilli started up in September 2004. Ever since, he has used it to publish his thoughts and comments almost every day. The blogger has been part of the food and wine world for a lifetime and is now one of its leading authorities.
C.u.c.i.n.a (‘come una cucina ispira nuovi appetiti’ – how a kitchen inspires new appetites) was created in 1983 as a kitchen boutique in which one can find unique and fascinating products from all over the world: a concept store that promotes a lifestyle through its sale of kitchen items. C.u.c.i.n.a stores have contributed to cultural changes in understanding domestic life, offering quality, uniqueness, design and a tradition of research into functionality, without superfluous decoration. (C.R.)
Located at number 34 Via Riserva del Fontanile in Rome, for over a decade Silan has been distributing products for restaurants, catering services and hotels. It has an excellent reputation and great experience in the sector, and it only uses reliable, top quality suppliers. Its policy is to support clients in the decision-making process, helping them to make both important choices and everyday ones.
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Innovation & Tradition Valeria Vocaturo
Cantina della Trattoria “Checchino dal 1887”, Roma. | Winery of the Tavern “Checchino dal 1887”, Rome.
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Elio Mariani, Chef della Trattoria “Checchino dal 1887”, Roma. | Elio Mariani, Chef of the Tavern “Checchino dal 1887”, Rome.
Capita spesso nell’universo globale e, in particolare, nell’universo del Food di usare e abusare di questi termini; forse conviene, prima di ogni cosa, fare chiarezza e indagarne il vero significato. Tradizione: ‘Il complesso delle memorie, notizie e testimonianze trasmesse da una generazione all’altra’ Devoto Oli ‘Dizionario della lingua Italiana’ Firenze 1971. Tradizione, o di Tradizione può essere, quindi, anche una ricetta, il tempo di consumarla, il modo di consumarla, il luogo e le persone con cui consumarla, il modo di prepararla, ecc… ma legate alla ricetta di tradizione vi sono anche le tecniche di cottura, i materiali usati, le tecnologie utilizzate, i nuovi modi e i nuovi luoghi di fare la spesa, le nuove frontiere del gusto, le contaminazioni culturali, le modalità di consumare il cibo, e, quindi la necessità di Innovazione o, meglio, l’implicita Innovazione. Innovazione: ‘Innovazione di sistemi e criteri nuovi’ Devoto Oli op.cit. Altra cosa è, invece, la Creazione o la Creatività che spesso viene confusa e sovrapposta all’Innovazione. Creatività: ‘Essere creativi vuol dire non copiare’ Ferran Adrià ‘Un giorno a El Bulli’ Barcellona 2009. Ma anche lo chef più creativo al mondo, Ferran Adrià, quando svela i segreti della creatività al primo posto mette la Cucina locale e tradizionale, uno spunto, io credo, di riflessione per tutti.
These terms are often used and abused in the global world, and in the food world in particular; so, perhaps, before we do anything else, we ought to clear up some confusion and examine their true meaning. Tradition: ‘the handing down of information, beliefs, and customs by word of mouth or by example from one generation to another’ Merriam-Webster Dictionary. So, a recipe, the time taken to consume it, the way in which it is consumed, the place and people with whom one consumes it, the way in which it is prepared, etc can be Traditions, or Traditional. However, traditional recipes are also related to cooking techniques, the materials and technologies used, new ways and places to purchase ingredients, new taste frontiers, cultural contaminations, ways of consuming food, and therefore the need for Innovation or, rather, implicit Innovation. Innovation: ‘Innovation of systems and new criteria’ (translation of a definition found in: Devoto Oli ‘Dizionario della lingua Italiana’ Firenze 1971) Creation or Creativity is something different all together, and is often confused with and superimposed on Innovation. Creativity: ‘Being creative means not copying’ Ferran Adrià ‘Un giorno a El Bulli’ Barcelona 2009. Yet, when revealing the secrets of creativity, even Ferran Adrià, the most creative chef in the world, puts local and traditional cooking first and foremost: food for thought, I believe, for all of us.
Innovation & Tradition – Innovation or Tradition – Innovation is Tradition. La Coda alla vaccinara e il Rocher di coda alla vaccinara La famiglia Mariani e Riccardo Di Giacinto | Coda alla Vaccinara and Coda alla Vaccinara ‘Rocher’ – Oxtail dishes by the Mariani family and Riccardo Di Giacinto.
Coda alla vaccinara della famiglia Mariani Ingredienti per 6 persone: 2,5 Kg di coda di bue sgrassata, 3 cucchiai di olio extra vergine di oliva, 1 cipolla piccola, 2 spicchi di aglio, 2 o 3 chiodi di garofano, sale e pepe, 1 bicchiere di vino bianco secco dei Castelli romani, 2 kg di pomodori pelati, 1 sedano; 1 pugnetto di uva sultanina, una diecina di pinoli, una grattugiata di cioccolato amaro. Come si procede: Lavare la coda e tagliarla a tocchi lungo le articolazioni, in un tegame dal fondo pesante mettere un pesto di lardo e olio, fare soffriggere e unire la coda, quando la coda sarà rosolata aggiungere la cipolla tritata, l’aglio, i chiodi di garofano, il sale e il pepe; dopo qualche minuto bagnare con un po’ di vino e cuocere con coperchio per circa 15 minuti, aggiungere il pomodoro pelato e continuare la cottura per circa 5-6 ore fino a quando la carne non si distacchi bene dall’osso. Per la salsa: sbollentare le coste di sedano in acqua bollente salata, scolarle e completare la cottura
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Coda alla vaccinara della famiglia Mariani. | Coda alla vaccinara of Mariani family. Trattoria “Checchino dal 1887”, interni. | Tavern “Checchino dal 1887”, interiors.
con qualche cucchiaio di sugo della coda, i pinoli, il cioccolato e l’uva passa facendo cuocere per circa 10 minuti. Nel 1887 Ferminia Mariani inaugura la cucina nell’Osteria dei genitori e quando, nel 1890, apre proprio di fronte alla sua osteria il Mattatoio, Ferminia inventa la Coda alla vaccinara; piatto diventato di eccellenza nella cucina del quinto quarto e, in generale, nella cucina romanesca. Dal 1887 sempre nello stesso locale, sempre la stessa famiglia, sempre la stessa ricetta per un unico Ristorante, ‘Checchino dal 1887’; 5 generazioni che hanno sempre vissuto per il ristorante e nel ristorante. Una cucina ‘di terra’ fortemente legata al territorio e alle sue tradizioni, tradizioni familiari che non sono state scoraggiate neanche dal fenomeno di ‘mucca pazza’ che ha costretto a rivedere alcuni degli ingredienti fondamentali nella cucina del quinto
quarto ma non ha mai messo in discussione la validità della buona proposta della famiglia Mariani, e così ora la pajata si fa con l’intestino di agnello! Solo 2 donne, Ferminia e la nuora Chiara, hanno tentato di introdurre il pesce, l’anguilla (del Tevere, bei tempi!) alla cacciatora e successivamente il palombo con i piselli e la minestra di broccolo e arzilla (quindi sempre di forte tradizione romanesca), ma i tentativi sono stati subito accantonati continuando con la cucina di ‘famiglia’! Eletto a Bottega Storica dal Comune di Roma, con la cantina situata in un vano con vincolo archeologico ambientata alle pendici del Monte de’ cocci, è l’unico ristorante della Capitale con più di cento anni appartenuto sempre alla stessa famiglia. Un locale, ristrutturato in modo sobrio ed elegante negli anni ’90 ed arredato con i mobili di famiglia, che interpreta alla perfezione il messaggio che i fratelli Mariani vogliono trasmettere: TRADIZIONE SEMPRE.
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‘Rocher’ di coda alla vaccinara con gelée di sedano di Riccardo Di Giacinto Ingredienti per 4 persone: 1 Kg di coda, 120 g di lardo, 2 spicchi d’aglio, 1 cipolla, 1 bicchiere di vino bianco secco, 1 foglia di alloro, peperoncino rosso (fresco o in polvere), 200g di polpa di pomodoro, 6 coste di sedano, sale, cacao in polvere e pinoli. Come si procede: Soffriggere la coda tagliata a pezzi in una casseruola con il lardo battuto e la cipolla tritata, aggiungere l’aglio schiacciato, l’alloro e il peperoncino; regolare di sale e cuocere per circa mezz’ora; aggiungere il vino bianco e farlo evaporare, unire la polpa di pomodoro ed il sedano a pezzetti. Continuare la cottura per almeno 3 ore, diluendo se necessario con un po’ di brodo. Quando la carne sarà ben cotta disossare la coda e, con la carne ricavata e l’aiuto di un po’ di salsa, formare delle palline da pralinarle con il cacao ed i pinoli tritati.
Rocher di coda alla vaccinara di Riccardo Di Giacinto. | Coda alla vaccinara rocher of Riccardo Di Giacinto. Ristorante “All’oro”, interni. | Restaurant “All’oro”, interiors.
Riccardo Di Giacinto ha poco più di 35 anni e sta in cucina da quando ne aveva 14. Grande gavetta a Roma e poi le cucine internazionali: Londra, Ferran Adrià, Don Alfonso. Nel 2007 apre il ristorante All’oro con la moglie Ramona con un back ground di tutto rispetto e una sua identità che non tarda ad esprimere. Ma come è la cucina di Di Giacinto? decisamente molto legata ai sapori e al territorio (quello laziale) con qualche contaminazione ‘spumosa’ (come nel magnifico tiramisù di baccalà) e degli azzardi ben riusciti in una fusion carnepesce molto interessante. Cosa dice Di Giacinto del suo ‘Rocher’ di coda alla vaccinara? ‘Questo è uno dei nostri piatti di eccellenza, uno dei piatti che più rappresenta la mia idea di cucina che definisco tradizionalcontemporanea. La coda alla vaccinara è una tra le più antiche ricette romane e l’utilizzo del cacao e dei pinoli mi hanno fatto pensare di presentare la mia coda come un cioccolatino, come un ‘rocher’ appunto’. Un piccolo locale, bello, moderno ed elegante, disegnato e progettato in simbiosi con i piatti di tradizione in veste moderna, con i sapori antichi in nuove consistenze, con il messaggio che i Di Giacinto vogliono trasmettere: INNOVATION is TRADITION.
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Copertina del menù della Trattoria “Checchino dal 1887”. | Menu cover of Tavern” Checchino dal 1887”.
The Mariani family’s Coda alla Vaccinara Ingredients for 6 people: 2.5 kg of lean oxtail, 3 spoons of extra virgin olive oil, 1 small onion, 2 cloves of garlic, 2 or 3 cloves, salt and pepper, 1 glass of dry white wine from the Castelli Romani area, 2 kg of peeled tomatoes, 1 head of celery, 1 small handful of raisins, 10 pine kernels, a little grated baking chocolate. Method: Clean the oxtail and cut it into pieces by going along the joints. Put a ground mixture of lard and oil in a heavy-bottomed pan, heat it up and add the oxtail. Lightly fry the oxtail until it is brown, then slice the onion and add it along with the garlic, the cloves, the salt and the pepper. After a few minutes, soak in a little wine and cook with the lid on for around 15 minutes. Add the peeled tomatoes and leave to cook for 5 or 6 hours, until the meat comes away from the bone nicely. For the sauce: blanch the sticks of celery in salted boiling water, drain them and add a few spoonfuls of the sauce from the oxtail, the pine kernels, the chocolate and the raisins, then leave it for around 10 minutes until it has finished cooking. In 1887 Ferminia Mariani opened the kitchen of her parents’ Osteria. In 1890 a slaughterhouse opened right opposite and Ferminia invented Coda alla Vaccinara: an oxtail dish which has become a quintessential part of Roman offal menus and the city’s cuisine in general. The same family has been in the same premises since 1887 and still uses the same recipe. 5 generations have lived for and in this unique restaurant, which is called ‘Checchino dal 1887’. Their meat-based cuisine has strong ties to the local area and its traditions. The family’s customs were not even affected by the problems with ‘mad cow’ disease, which forced them to make changes to some of the essential offal ingredients in their recipes but never led to any doubts about the quality of the Mariani family’s offerings, although pajata is now made with lamb’s intestine instead of calf’s intestine! Only 2 women – Ferminia and her daughter-in-law Chiara – have tried to introduce fish into the menu, firstly with eel chasseur (which it was still possible to fish from the Tiber in those good old days!) and later with smooth hound with peas and with broccoli and skate soup (another very traditional Roman dish). However, these attempts were short-lived and they decided to stick to the ‘family’ cuisine! The restaurant has been officially named as a Historical Business by Rome City Council and its cellar is on the slopes of Monte Testaccio, in a room which is on the listed buildings register. It is the only restaurant in the city which has belonged to the same family for more than 100 years. It was given a simple, elegant look during renovation work in the 1990s and filled with family furniture. This décor perfectly embodies the message that the Mariani brothers want to get across: ENDURING TRADITION.
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Coda alla Vaccinara ‘Rocher’ with Celery Gelée by Riccardo Di Giacinto Ingredients for 4 people: 1 kg of oxtail, 120 g of lard, 2 cloves of garlic, 1 onion, 1 glass of dry white wine, 1 bay leaf, red chilli pepper (fresh or powdered), 200 g of tomato pulp, 6 celery sticks, salt, cocoa powder and pine kernels. Method: Beat the lard, chop the onions and cut the oxtail into pieces, then lightly fry them in a saucepan. Crush the garlic and add it along with the bay leaf and the chilli pepper. Add salt to taste and cook for around half an hour. Add the white wine and let it evaporate, then chop the celery into small pieces and add it along with the tomato pulp. Leave for at least another 3 hours until it is fully cooked. If necessary, dilute with a little broth. Remove the bone once the meat is well cooked. Use the meat and a little sauce to make small balls, then coat them with the cocoa and finely chopped pine kernels.
Ramona e Riccardo Di Giacinto.
Riccardo Di Giacinto recently turned 35 and has been cooking since he was 14. He learnt his trade in Rome and then in international kitchens: London, Ferran Adrià, Don Alfonso. Having built up an impressive amount of experience, in 2007 he opened the All’oro restaurant with his wife Ramona and immediately began to express his identity. Di Giacinto’s cuisine focuses a great deal on flavour and the local area (Lazio), with a few ‘foamy’ influences (such as the marvellous salt cod tiramisu) and some successful gambles, in a very interesting blend of meat and fish. What does Di Giacinto have to say about his Coda alla Vaccinara ‘Rocher’? ‘This is one of our outstanding dishes and it is among those that best represent what I like to call my traditional-contemporary outlook on cuisine. Coda alla Vaccinara is one of the oldest Roman recipes and the fact that it contains cocoa and pine kernels made me think that I could present my oxtail like a ‘rocher’ chocolate.’ Di Giacinto’s restaurant is small, beautiful, modern and refined. It is designed to match his modern take on traditional dishes, with new consistencies for ancient flavours. The message that the Di Giacinto family want to convey is: INNOVATION is TRADITION.
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Erjka Priori
Food design e tutela del consumatore. L’RFID l’anello di congiunzione | RFID: the link between food design and consumer protection
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Quella del Food design è una disciplina sviluppatasi a livello internazionale ed importata in Italia soltanto negli ultimi anni con notevoli successi. Celebri stilisti, università, ricercatori, chef, designer ma anche tecnologi e chimici, stanno investendo le loro risorse per esplorare il mondo del cibo e dell’alimentazione in tutti i suoi aspetti. La tecnologia legata al design ha sicuramente garantito una rapida affermazione ed il successo di questa disciplina, che promuove idee innovative in cui il cibo è la materia prima da trasformare in opere d’arte ed oggetti di utilità. Tuttavia proprio a partire dall’attenzione che si presta al design degli alimenti, non dobbiamo mai perdere di vista due elementi fondamentali: il consumatore finale, che è il diretto destinatario degli alimenti, opera d’arte di artisti e chef, e la qualità e l’originalità del prodotto che subisce nel tempo un naturale processo di deterioramento. In Italia l’agro-alimentare è un settore strategico del nostro sistema e motivo di vanto del Made in Italy. Questo rende necessario, a livello di competizione globale, non solo la sua protezione e tutela, ma anche il suo potenziamento e valorizzazione. Proprio sulla scia di questa tradizione, l’innovazione tecnologica è entrata di diritto lungo la filiera produttiva, con l’obiettivo di proporre soluzioni in grado di garantire al consumatore finale l’originalità e la qualità del prodotto che sta consumando, con evidenti ripercussioni sul benessere e sulla formazione alimentare delle persone. Secondo un’indagine Censis il mercato del falso in Italia è pari a 7,1 miliardi di euro. Al primo posto tra le merci contraffatte troviamo abbigliamento ed accessori (37,7%), seguite dai prodotti alimentari con alcolici e bevande (16,2%). All’estero - stima la Coldiretti - tre prodotti italiani su quattro sono falsi. Un fenomeno questo che frena sensibilmente la diffusione del Made in Italy causando ingenti danni, economici e di immagine. Il rischio è inoltre legato al radicamento di un falso Made in Italy sulle tavole internazionali, che tolga spazio al prodotto originale e banalizzi le specialità nostrane frutto di tecniche, tradizioni e territori unici e inimitabili. Analizzando lo scenario del settore agroalimentare, una tecnologia che bene interpreta le necessità e le esigenze di produttori e consumatori è l’RFID. Le tecnologie di identificazione a radiofrequenza, proprio per la loro pervasività e per le caratteristiche che le contraddistinguono, sono in grado di ottimizzare i flussi logistici, ridurre i tempi morti incrementando l’efficienza, monitorare costantemente la produzione ma anche e soprattutto tracciare e monitorare il ciclo di produzione in tempo reale, riducendo i rischi legati alla contraffazione. Nel 2002 è stato pubblicato il regolamento CE 178/2002 del Parlamento Europeo e del Consiglio, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA: European Food Safety Authority) e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare. La tracciabilità è un tema importante in questo contesto e denota la capacità di ricostruire il percorso dei prodotti a partire dalle scelta delle materie prime, fino alla produzione e distribuzione di un prodotto. Nel processamento degli alimenti, si registrano dunque tutti i movimenti del prodotto e
le singole tappe del processo di lavorazione. Sempre più aziende si stanno dotando di sistemi informativi in grado di ottimizzare il flusso delle informazioni che sono alla base delle garanzie di rintracciabilità nelle filiere agroalimentari attraverso standard comuni, condivisi ed efficaci, con un obiettivo concreto, quello cioè di definire un modello omogeneo, sicuro ed affidabile di raccolta e gestione dei dati di base per dare una risposta completa al mercato sulla storia di ogni lotto di produzione. Dall’estrazione e dall’elaborazione dei dati si potranno inoltre ricavare informazioni ad alto valore aggiunto, che potranno essere utilizzate tanto per il miglioramento dei processi produttivi, quanto per studiare ed attuare nuove strategie di marketing, volte principalmente alla valorizzazione del prodotto Made in Italy, coinvolgendo dunque anche quella branca che si occupa di ricercare nuove soluzione di design innovativo per la presentazione del prodotto. I consumatori sempre più attenti e orientati all’assunzione di cibi sicuri, convenienti e di alta qualità, in particolare nelle due filiere di riferimento quali le produzioni biologiche e le carni bovine, potranno essere tutelati, senza tuttavia dover rinunciare a quella che è l’esperienza sensoriale legata al tema del “Food Design”.
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Utlizzo della Tecnologia RFID lungo tutta la filiera produttiva. | Use of RFID technology throughout the production chain. Esempio di prodotto tipicamente italiano. | Two examples of typical Italian products. Etichette RFID adottate in ambito agro-alimentare. | RFID tags used in the food and agriculture field.
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The Food Design field has built up internationally and has only been imported to Italy in recent years, but it has enjoyed considerable success. Famous designers, universities, researchers and chefs – not to mention technology experts and chemists – are investing their resources in exploration of the various sides of the food world. There is no doubt that the technology behind the design has been one of the main reasons for the rapid establishment and success of this discipline. It promotes innovative ideas for food, which is used as the raw material and transformed into works of art and useful items. When looking at the design of food, there are two essential elements that must never be neglected: the end consumer, who is the direct recipient of the food put together by artists and chefs, and the quality and originality of the products, which naturally deteriorate over time. The food and agriculture industry is a strategic part of Italy’s economy and the country
is justifiably proud of its output. In order for it to be competitive on a global scale, the sector must not only be protected and safeguarded, but also enhanced and promoted. Technological innovation can play a part in this and it makes contributions throughout
the production chain. The objective is to give the end consumers guaranteed originality and quality, which are clearly reflected in the wellbeing and the dietary awareness of people. According to a Censis investigation, the market for counterfeit goods in Italy is worth €7.1 bn. Leading the rankings for fake items are clothing and accessories (37.7%), followed by food products, including soft and alcoholic drinks (16.2%). Coldiretti estimates that three out of four Italian products in other countries are fakes. This situation significantly holds back the expansion of Italian products and causes considerable damage to the country’s economy and image. Another risk is that counterfeit Italian goods may solidly establish themselves on international shelves, leaving less room free for original products and harming the reputation of the country’s specialities, which are built on technique and tradition, and come from unique, inimitable locations. One form of technology that meets the needs and requirements of producers and consumers in the food and agriculture sector is RFID. Due to its widespread nature and distinguishing characteristics, radio-frequency identification technology is capable of optimizing logistical flows, reducing down-time, increasing efficiency, constantly monitoring production and above all tracking and monitoring the production cycle in real time, thus cutting down on the risks of forgery. In 2002, Regulation (EC) No. 178/2002 of the European Parliament and of the Council was published, laying down the general principles and requirements of food law, establishing the European Food Safety Authority (EFSA) and laying down procedures in matters of food safety. Traceability is an important part of this. The idea is to be able to track the journey of products, from the choice of the raw materials to production and distribution. When food is handled, all of its movements and the individual steps in the working process are recorded. More and more companies are investing in computer systems in order to optimize the flow of information which is essential for traceability in the food production chain. Effective joint standards are used, with the concrete goal of establishing a safe, uniform and reliable data collection and management model, so that comprehensive details of the history of every production batch can be provided on the market. Information with high value added can be obtained by analysing the data. They can be used to improve production processes and to put together and implement new marketing strategies, which mainly aim to enhance the reputation of Italian goods. As a result, these efforts also involve people who look for innovative new design solutions for product presentation. Consumers – who are increasingly watchful and demand high quality food which is safe and reasonably priced, especially when it comes to organic goods and beef – can be protected without missing out on the sensory experiences associated with ‘Food Design’.
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LSD_la sapienza design factory Appetito Divino_Antonio Marinelli, Aurora Ruffini, Giovanni Venditti, Michele Visconti Tutor: Paolo D’Arrigo Progetto sperimentale | Experimental project Appetito divino nasce dalla volontà di creare un oggetto per l’aperitivo che ricordasse la tradizione romana, sia nella forma che nei sapori, con la possibilità di consumarlo comodamente anche passeggiando. Prende ispirazione dal tipico fiasco da vino ed è composto da due elementi che si incastrano tra loro: la parte superiore, capovolta, ricorda la forma del calice e contiene il vino, quella inferiore è suddivisa in due cavità che contengono gli stuzzichini. Le quantità contenute sono state pensate per una sola persona, per cercare di mantenere minima la dimensione e massima la comodità. È sufficiente separare il calice dalla base e togliere la pellicola di alluminio per bere il vino ed è possibile poi incastrarlo nel foro centrale della parte inferiore per mangiare gli stuzzichini, aiutandosi con la forchettina riposta nello stesso foro. Realizzato interamente in BIOGRADE, una plastica compostabile e biodegradabile, può essere facilmente dismesso nel pieno rispetto dell’ambiente. Rivolgendosi ad un pubblico dinamico ed eterogeneo che non vuole rinunciare al piacere, Appetito divino conferisce una nuova dignità a prodotti enogastronomici fieramente popolari senza rinunciare alla raffinatezza e al buon gusto.
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Appetito divino was born of a desire to create an object for pre-dinner drinks that is reminiscent of a Roman tradition, both in its form and its flavours. Users also should to be able to consume it conveniently, even when walking. It was inspired by the traditional wine flask and is composed of two elements that snap together: the upper part, turned upside down, is shaped like a wine glass and contains the wine; the bottom part is divided into two compartments which contain the snacks. The single serving size is intended to keep size low and convenience high. To use, consumers simply remove the glass from the base and remove the aluminium foil to drink the wine, then insert the glass in the central hole of the bottom half to eat the snacks, with the aid of the little fork placed in the same hole. Made entirely of BIOGRADE, a compostable and biodegradable plastic, it can be disposed of with a clear conscience. Intended for a dynamic and diverse target who doesn’t want to give up their pleasures, Appetito divino gives new dignity to proudly traditional food and wine products without sacrificing refinement or good taste.
Design per la cucina molecolare |
Fried Experience Design. Unto non è poi così male |
Design for molecular cuisine
Fried Experience Design. Grease is not so bad
Erika Farroni
Marco La Fiandra
Tutor: Luca Bradini, Sabrina Lucibello Progetto sperimentale | Experimental project
Tutor: Carlo Martino Progetto sperimentale | Experimental project
La sperimentazione di nuove forme espressive nello scenario della cucina molecolare costituisce l’ambito di ricerca della designer Erika Farroni. In coordinamento con la biologa nutrizionista Maria Luisa Zangh l’obiettivo del lavoro della Farroni è quello di indagare il carattere seduttivo ed evocativo della cucina molecolare attribuendo a questa una afferenza formale autonoma e contigua alla naturale scala per questo tipo di alimenti. La dimensione del gioiello appare quindi una associazione immediata e logica come primo punto di riferimento al lavoro di costruzione di un ambito formale di riferimento.
Questo concept vuole rielaborare quello sgradevole effetto rilasciato sul packaging di uno dei più tradizionali street food, legittimando una reazione sgradevole ma inevitabile per garantire la freschezza del prodotto. Una parziale impermeabilizzazione permette di poter controllare una reazione altrimenti casuale, il packaging infatti si trasforma in veicolo di comunicazione, stimolando l’interazione con l’utente. La fruizione del cibo passa attraverso due gustosi spiedini intrisi di aromi, che richiamano le tradizionali chopsticks (bacchette). Il packaging “attivo” riflette la volontà di creare un sistema di nuovi linguaggi al fine di valorizzare e promuovere la tradizione.
Designer Erika Farroni’s research involves experimenting with new expressions of molecular cuisine. Working with biologist and nutritionist Maria Luisa Zangh, Farroni seeks to examine the seductive and evocative nature of molecular cuisine, assigning it a formal afferent that is both independent of and contiguous to the natural scale of this type of food. The ‘jewel’ aspect appears to be an immediate and logical association as an initial reference point in constructing a formal scope of reference.
This concept hopes to rework the repellent effect released on the packaging of one of the most traditional street foods, justifying a pleasant reaction, but inevitable to guarantee the freshness of the product. A partial waterproofing allows the control of a natural reaction. The packaging becomes a vehicle of communication, stimulating an interaction with the user. Two tasty skewers, soaked of spices that recall traditional chopsticks,come with the packaging. The “active” packaging reflects the purpose of creating a system of communication to enhance and promote these traditional “comfort” foods.
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