Il Barlume A1 N8

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IL BARLUME

Anno 1 Numero 8– Agosto 2007


EDITORIALE Ad un passo dalle beneamate ferie. Crema solare, scorta di libri (“Quintetto di Buenos Aires” di Montalban, “Il Vangelo secondo Gesù” di Saramago, “Opinioni di un Clown” di Böll, “”Summa di Maqroll il gabbiere” di Mutis, ogni poesia di Campana e di Bukowski) e di caricabatterie, meglio non abbandonare mai il contatto con (ed il controllo del) il mondo, innegabile e perentorio peccato mortale la solitudine. Un po’ di retorica, concedetecela. Qualcosa manca, il nostro editoriale, da più parti tacciato di barocchismo anacronistico, incomprensibilità, enigmatismo fuori luogo. Non ce doliamo poi troppo, invero: ascoltate “Il battito” di Fossati, perla presente nell’ultimo (e purtroppo mediocre) album in studio del nostro amatissimo. In questo luglio, col bene che vi vogliamo, scopriamo con piacere che, lentamente, iniziate a scrivere, a scriverci, a farvi vedere. Questo ci consente di raggiungere vette di piacere orgiastico, lo confessiamo. Abbiamo raccolto materiale a sufficienza per i mesi a venire, merce rara per noi piccolissimi baccellieri di carta (quasi) stampata. Due nuove entrate: "In nome del popolo sovrano", che vi condurrà nell’alienante e indecifrabile microcosmo legale, con facce riverse, trasverse, troppo riflesse, come il quadro che lo accompagna, autore un giovane di 16 anni che speriamo continui a frequentarci. A seguire la terza ed ultima parte della favolosa lettera del Beato Romoli, a dimostrazione del nostro irresistibile buon umore, nonostante l’elezione recente di un rappresentante della Fiamma Tricolore come membro dell’Istituto per la Storia della Resistenza, peraltro già condannato per istigazione all’odio razziale (sembra faccia parte di un ensamble dall’indicativo nome “Gesta Bellica”, gruppo cotale che inneggia alle virtù indomite e immarcescenti dei gerarchi nazisti). D’altronde, l’ottimista pensa che questo sia il migliore dei mondi possibili. Il pessimista sa che è vero. E poi scoprirete che gli angeli custodi esistono, e noi ne siamo la dimostrazione. Infine, questo mese sveliamo per chi il silenzio è sexy. Buone vacanze, ipocriti lettori nostri amici e simili, ci si rivede il primo di settembre. DePiCo

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IN NOME DEL POPOLO SOVRANO Vera Aquino

Odio l’odore dell’aria condizionata. Sudore rappreso, smorzato, abortito e poi congelato. La città è quasi vuota, nessuno è rimasto a godersela, solo il barbone non ha trovato un compagno con cui prendere il treno o andare a sdraiarsi su altri marciapiedi, i lidi dei disperati. Vago senza meta, caldo tetragono, ho solo voglia di attraversare velocemente questa piazza inzuppata di uomini incravattati. Un paesaggio che distrae, c’è sempre qualcuno che corre, che parla al cellulare in un’armoniosa lingua a me sconosciuta. Anche stamani, di fronte a quel collegio di uomini togati, mi sono sentita straniera nella mia terra, parole incomprensibili uscite dalla bocca di quei giudici. Il P.M. l’aveva messa giù dura: “imputazione per il delitto p. e p. all’art. 17 legge 194/78 per avere quale, ostetrico ginecologo di guardia della sala parto…”. In Via Freguglia oggi c’è poca gente, qualche passante svagato, qualche avvocato alle prese con un procedimento cautelare urgente, la solita guardia giurata annoiata e io. Avevo dato la mia disponibilità come difensore d’ufficio per i mesi estivi, il motivo mi era scoMichelangelo Di Gisi nosciuto. “L’indicazione del referto consiglia ricovero ed espletamento del parto”. Ho bisogno di aria fresca, ma che fine avrà fatto l’ossigeno in questa città? Entro in uno di quei gironi che i più sono soliti chiamare centri commerciali e proprio lì vengo accolta da quell’odore, oh no, anche qui l’aria condizionata… Anche se riuscissi a tollerarne l’odore la mia cervicale non me lo perdonerebbe mai. “Per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia, e con violazione dell’ars medica”. Tempo fa un amico, più grande ed esperto di me, ha voluto regalarmi una delle sue perle: “quando si è giovani bisogna credere che il proprio assistito sia innocente, serve ad appassionarsi al lavoro, a quel caso, poi crescendo puoi far tornare a galla il tuo senso critico.” E così avevo fatto, mesi e mesi di lavoro, di verbali, di intercettazioni, di trascrizioni, di studio, di panini divorati al volo, di manuali ancora da consultare, di audizioni di persone informate sui fatti, di capi di imputazione infiniti, di relazioni tecniche incomprensibili, a fare i conti con parole tipo “flussimetria dell’arteria ombelicale patologica del tipo reverse flow e brain sparing”. A fare i conti con la propria continua, ostinata inadeguatezza. Non ricordo più l’ultima volta che sono andata al cinema o a cena con gli amici, quand’è stata l’ultima volta che ho Il Barlume - Anno 1 - Numero 8 - Agosto 2007

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dormito con il cellulare spento, lontana dal mio ufficio, quand’è che ho sognato, quand’è che mi sono fermata a pensare alle cose futili, inutili, frivole… è finita, posso cominciare ora, in questo enorme centro commerciale. Inizierò ascoltando la canzone trasmessa in filodiffusione, lo speaker dice che il gruppo è in tour e reclamizza il delirio fanatico degli adepti (ovviamente io non ne ho mai sentito parlare). “In nome del popolo italiano”. Potrei entrare in libreria, cercare un libro, di quelli che piacciono a me, un romanzo, ma sì, un giallo, sì, sì. Ok. No, no, ancora leggere, è possibile che io non possa vagare libera? È possibile che… “Il tribunale di Milano, sezione I, penale…”. Oppure potrei passare un’intera giornata in un centro di bellezza, un massaggio rilassante, drenante, purificante, tonificante. “…composta dagli Ill. mi Sig.ri Magistrati dottori….”. Mi fermo a bere un thè freddo, il caldo da tetragono diventa interiore “…nella causa iscritta al numero RG…..” Oppure potrei chiamare Max, fare shopping compulsivo. “… promossa da…” No, saprò rimanere un pomeriggio da sola. “…ha pronunciato la seguente sentenza…” Ecco, potrei comprare un nuovo forno a microonde, forse sarebbe meglio una lavastoviglie? “… per questi motivi…” Forse, forse sarebbe meglio tornare a casa e cominciare a fare il cambio di stagione, l’estate si dilegua, potrei consolare i miei vestiti. Solo al momento della lettura della sentenza mi ero voltata, ed era stato allora che l’avevo guardato in viso, quegli occhi furbi, come avevo fatto a non accorgermene prima, il suo sorriso da ebete, quell’atteggiamento da primo della classe. “… riteniamo la condotta dell’imputato non penalmente rilevante”. Avevo finito il mio lavoro. Il mio cliente era colpevole.

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LETTERA Denni Romoli

Un’attenta analisi del resto della sua esistenza mi ha permesso di evidenziare tre tappe fondamentali, pietre angolari che hanno costituito rilevanti punti di svolta. La prima è collocabile all’età di quindici anni, quando il Picariello riesce ad inimicarsi involontariamente sia la fazione stoica sia quell’epicurea, per opposte motivazioni che passo repente ad illustrarti: la fazione epicurea rimproverava al nostro la sua profonda aderenza ai precetti impostigli dalla religione di appartenenza, i quali tra le altre cose prescrivono ai giovani adolescenti il diniego assoluto di praticare la masturbazione, al quale il Picariello aderiva senza remore tanto che, e questo poi fu il motivo che diede adito ad infinite discussioni, resta famoso lo stratagemma da lui brevettato al fine di evitare il verificarsi di spiacevoli polluzioni notturne, il quale consisteva nell’utilizzare un nastro di nylon, le cui estremità erano fissate rispettivamente legandone un lato attorno al glande al momento di coricarsi e l’altro, grazie ad un complicato sistema di carrucole, era invece collegato ad una piccola campanella che segnalava al nostro ingegnoso amico l’eventualità di una fisiologica eccitazione, che egli prontamente provvedeva ad inibire autosomministrandosi una serie di docce fredde nonché sonore pacche sul pene al fine di avvilire e spegnere ogni ardore residuo. Al contrario, la fazione ortodossa accusò pubblicamente il Picariello di apostasia, visti i sospetti infamanti di volersi proporre quale novello messia e di adorare segretamente, nonché emulare, la figura del Cristo morente, a causa del fatto che il Picariello sembrava ricercasse in modo compulsivo di procurarsi ferite iconograficamente assimilabili alle stigmate, in un modo peraltro assai bizzarro: pare infatti che il medesimo, dopo una rincorsa di 10-15 metri, fosse solito sbattere il palmo delle mani contro le maniglie metalliche delle porte, cosa che peraltro gli comportò non pochi disagi nonché la frequente derisione della componente più insensibile del gregge degli umanoidi gabellati per compagni di classe (tra questi segnaliamo in particolare la curiosa figura della contessa Taira Mascetti Ballotti-Fantaghirò, di anni 23, di cui almeno tre spesi a fare i resti alle giostre presso il luna park Randello, uno dietro la cassa del cinema Spriz, due come commessa della pizzicheria “da Torcione” presso cui ha ricoperto la carica vitalizia di nipote del proprietario e la delega ad interim per l’affettamento del salame ungherese, tre anni di lavoro presso l’autosalone “Rigamela” come marketing-advisor, ossia addetta alle chiavi in mano ma, a prezzo di un lieve esborso aggiuntivo, chiavi anche in macchina e che lo stesso Archibald Carckhuff non si peritava di definire «a girl that nobody had ever enjoyed to fuck», ovvero che nessuno si sarebbe mai giovato di portare a letto). Possiamo rintracciare chiaramente il secondo punto di svolta nell’avvio della prima relazione sentimentale del Picariello con una rappresentante del gentil sesso (Gilda, di cui celiamo il cognome per ovvie ragioni di buona creanza, ma se la volete trovare sta sempre al quarto palo sulla circonvallazione che porta da Mensanello a Buonconvento), quasi una epifania dell’ordinario per dirla alla Joyce, in quanto buona parte dell’opinione pubblica ed anche i più accreditati mass-media (Il corriere del Dagomari, Le ore) avevano prospettato per lui una vita di eremitaggio e di solerte astinenza dai piaceri della carne, quasi a rimarcare il carattere di sistematica atarassia e di distacco dai legami con il mondo materiale che questo uomo, così gravido di future ed apotegmatiche evidenze morali per le genti a venire, dava ai più a vedere («un maledetto segaiolo» è la tesi di Manfredo Cunningham, docente di Fritto Misto al Carmignano Institute of Technology di Carrara; in maniera assai più lungimirante, il D’Ascenzi-Cerignola confidò al sottoscritto «Vedrai appena trova una che gliela mette in mano la smette con queste cazzate»). Fedele invece al suo essere contraddittorio, si lasciò coinvolgere in un turbinio sfrenato di sensi che lo portò ad abiurare, seppur momentaneamente, molti dei principi in precedenza ritenuti inviolabili, nonché a sperimentare in prima persona, ed al contempo, sia il piacere dell’appagamento pulsionale sia le terribili conseguenze morali da ciò derivanti, che non sfuggivano certo alla sua profonda attitudine introspettiva. Il Picariello, come abbiamo potuto intravedere dallo scorcio di biografia fin qui riportata, si distinse in moltissimi campi dello scibile umano ma, come tutti i geni, si rivelò assai incompetente nelle questioni amorose, tanto che è rimasto celebre un aneddoto, riguardante il primo appuntamento con la signorina suddetta, che mi accingo a vergarti in un succinto ma spero comprensibile apparato ermeneutico. La scena è quella della campagna senese, sulle rive del torrente radioattivo Phaato, l’allegro rio che costeggia la foresta OGM in località Girmi: il Picariello, rapito da quel momento d’idilliaco svago madrigalesco, s’era là portato col miraggio di trombare (oppure, scendendo giù da una sua preconfezionata scala di valori: sfranellare, strusciare, toccare inavvertitamente, chiedere che ore sono) la sua fiammante compagna, ma il nostro gargamelloso amico nient’altro seppe fare, nell’arco di ben due orette, che proporle il simpatico giuoco Il Barlume - Anno 1 - Numero 8 - Agosto 2007

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dell’equilibrio sulla staccionata, divisando di tastarle il culo da dietro una volta montativi sopra, operazione che invece gli guadagnò, come meritato guiderdone invero per i suoi malevoli intenti, la perdita dell’equilibrio e il conseguente affondo nel terribile corso d’acqua. Ad onor del vero dobbiamo rimarcare il fatto che la signorina in questione suscitò aspre polemiche tra gli amici del Picariello sia per la sua condotta morale (soprattutto le amiche si sbizzarrirono nei più disparati commenti, tra i quali ci par doveroso riportare quello di Leonide Mancapo’Cinciampo che, in uno stile degno del miglior Cavalcanti, la definì “una maestosa e imponente zoccola”, epiteto che non mancava di rimarcare la stretta aderenza esistenziale all’etica veterofemminista dei primi anni ’70 e successivi) sia, soprattutto fra gli uomini, per il suo aspetto fisico («Io una botta gliela darei» era solito affermare con tronfia virilità il professor Scimone Domenico, noto critico della Nazionale di Calcio, ermeneuta del Campari soda, profondo conoscitore e praticante di risse familiari; al contrario ma altrettanto tracotante ci appare il dittico di poesie composto dal peraltro sublime Ugoberto Tombraider Arrighetti, le quali così recitavano: Arnold: Sei dolce e lieve/quando al vespertin lume il candido crin/disciogli e scoti, e/faresti di te innamorare/se soltanto/tu non fossi/alta un/metro e/venti – Gelosia: se d’empia gelosia/il cor rubello afflitto/al sol mirarti strugge/e stille d’una pena ria/colui ch’un tempo invitto/or geme, e lasso fugge/ segno è palese che/la devi smettere di/darla a tutti, brutto/budello infame). La terza tappa dell’odissea del Picariello conclude il terzo capitolo della sua saga religiosa, dalla quale il nostro illustre uscirà ben nuovo e laico: il nostro distinto amico si trasferisce nel bellunese, nel tentativo di coronare il suo stolido sogno d’amore, riuscendo a congiungersi implatonicamente con la compagna del tempo Petronilla. Della relazione con la suddetta si ricordano le madrigali interazioni tra le rispettive famiglie e l’effimera coppia d’amanti. Il padre di Petronilla, indiscusso esperto di bon ton veneto, non mancò di definire il Picariello “quel becco del mi’ genero” con sorriso d’acquiescente determinazione; al contrario, la madre del Picariello era solita affermare «La tu’ donna a desinare non fa altro che minestra sui discorsi», intendendo far notare al figlio la propria insoddisfazione e la scarsa attenzione della potenziale nuora alle faccende domestiche e alla cura del focolare, lasciando altresì sottilmente insinuare il sospetto ch’ella preferisse dedicarsi a più dilettevoli occupazioni, quali il giocare a tombola i soldi della spesa, il bere smodatamente grappe al mirtillo al bar dell’angolo e il lasciarsi apertamente corteggiare dal verduraio, tale Zaccaria Guardafori di anni 24, detto “Nocciolo” in virtù dell’eccezionale consistenza del suo membro virile. Ci sembra sia giunto il momento di sospendere il giudizio, in una sorta d’epoché di stampo cartesiano in quanto, contrari alla tesi affermata da Kierkegaard, non riteniamo possibile tornare in posti dove non si è mai stati e perciò, vista la nostra ignoranza del futuro, non possiamo far altro che augurare al Picariello un avvenire di altrettanta fulgida gloria. A questo punto dovrei tirare le fila del discorso ed interpretare, in poche e conclusive considerazioni, il senso ultimo di quanto sopra esposto e ...anzi, riformulo: devo a questo punto tirare le fila del discorso ed interpretare, in poche e conclusive considerazioni, il senso ultimo di quanto sopra esposto? Decisamente no, perché mi sono già sobbarcato l’immensa fatica di scriverti questa storica lettera (e ribadisco storica) e uno sforzo puoi farlo anche te, invece di trovare sempre pronta la pappa scodellata, razza di scansafatiche vagabondo buono a nulla smidollato spalletonde.

Fin Il Barlume - Anno 1 - Numero 8 - Agosto 2007

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ICARO

Alessandro Baglione

Non a me. Non a me. Gli angeli che mi mandano mi arrivano in mutande fiatone, e ali di cera cartonate. Uno si fa chiamare Icaro deve essere il comico del gruppo, il suo volo, lo coglionano i mosconi di certo piĂš silenziosi. L’inverno prima, addirittura non mi arrivò in una sera di pioggia dovetti io andarlo a recuperare lo trovai appoggiato sopra il bancone di un bar ubriaco, parlava male di me.

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PRIMO: NON RECENSIRE Costanza Maremmi

Schiena eretta, mani sulle ginocchia. Rasatura impeccabile, i capelli sono in perfetto ordine. A sedere immobile su un divano lo sguardo fisso sulla musica e il contrasto è netto. Non parla. Schon wieder dieser

Idiot!

Un altro uomo, anche lui immobile, ma disteso su un letto, sul bordo di un letto e i suoi colori sono sbiaditi, vagamente retrò. Baffi, barba, i capelli all’altezza delle orecchie e scomposti. Di lui si riesce a intuire anche il colore degli occhi. Non una parola, mai. Persone sedute intorno allo stesso tavolo. Occhi bassi. Tacciono. Persone sedute sempre allo stesso tavolo, sempre i soliti posti, i soliti gesti, ma senza parlare. Gesti della durata precisa di minuti. Gli occhi dal basso si sollevano e guardano fuori. Basterebbe il loro sale a dare sapore alle pietanze nei piatti. Ho il sapore del sale. Orgasmi di sale. Le finestre come compagne, la luce al loro esterno richiama esposizioni che non vengono assecondate. Il buio al loro interno è avvolgente.

It is as black as Malevitch's square The cold furnace in which we stare Just your silence is not sexy at all.

Il resto, come lui, è un capolavoro. Il Barlume - Anno 1 - Numero 8 - Agosto 2007

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Giorni interi all’interno di un perimetro a farsi fumare le sigarette dal vento. Fughe dai volti. Da oggi c’è chi calcola bene come costruire un edificio. Qua dentro li facciamo cadere. Ci lasciamo seppellire. Lasciamo che ci seppelliscano.

Mela, Mela, Mela, Mela, Melancholia Melancholia, mon cher Mela, Mela, Mela, Mela, Melancholia schwebt über der neuen Stadt und über dem Land

Einstürzende Neubauten “Silence is Sexy”, 2000.

Le foto di questo numero sono state scattate da Costanza Maremmi

Il Barlume

info@barlumismo.org

Mensile fondato e diretto da Costanza Maremmi

c.maremmi@barlumismo.org Denni Romoli

Anno 1 Numero 8 Agosto 2007

Il Barlume - Anno 1 - Numero 8 - Agosto 2007

d.romoli@barlumismo.org Emidio Picariello

e.picariello@barlumismo.org

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