IL BARLUME
Anno 4 - Numero 3 - Marzo 2010
EDITORIALE Io premo il bottone, tu fai il resto. Voi fate doppio click sull'icona e si apre il Barlume di questo mese. Lo possiamo definire quindi un barlume automatico, immediato, espresso, un barlume plug and play. E' colpa vostra, non avete piĂš voglia di concentrarvi, di faticare, siete pigri, preferite che lo faccia qualcun altro, ma non nel vostro giardino. Forse non avremmo dovuto accontentarvi, forse ve lo sareste dovuti faticare di piĂš. Ma che ci volete fare, siamo buoni, troppo buoni. SarĂ per la prossima volta. Premete il bottone, e vedrete che cosa succede. Buona lettura DePiCo
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"Scusa per andare all'Osmann..." E urla di sorpresa e disperazione e sangue copioso e marcio che fiotta dalla giugulare e schizza sul vetro lercio e semiaperto del finestrino polveroso. Spruzzi fino alla mia postazione. "E' incredibile la cinetica del sangue" mi ritrovo a constatare e me ne rallegro - bene, risicherò qualche ora a questo turno inumano, speriamo che la Statale tardi ad arrivare, magari ci scappa una sigaretta". La bestiaccia lercia e rinsecchita che di colpo le ha lacerato il collo, rabbiosa e vendicativa per anni di fumo passivo e occupazioni di stabili subite, non mostra rimorsi ed è ora calmissimo. Non mi fa paura. Sono dalla sua parte. "1,20 grazie!". "Spetta che non ho spicci, se ti dò una sigaretta va bene lo stesso?". "No, sono 1,20" replico con stizza. "Si, ma... tranquillo! Ora cerco i fottuti centesimi. Eccoli stronzo!". "Arrivederci e attenta al cane". La Renault rossa riparte sgommando. Chi sarà il prossimo? A chi riserverò i miei flash sanguinari. Si, faccio il casellante, sono uno di quelli che forse anche tu, mai da solo, ma in compagnia dei tuoi amichetti froci, insulti e deridi. Ti riconosco, ho fiuto per quelli come te. Sei uno di quelli stronzetti che la domenica fanno la macchinata per andare in trasferta, nascosto dalla tua ridicola sciarpa e in vena di simpatiche battute... sei uno di loro? O lo snervato automobilista da file, legittimato a sfogarsi con chi gli chiede 1,20 da uno sportello di merda? Allora? Non c'è problema, anche a te riserverò un cortometraggio perfido e truce. E' l'unico modo per sopravvivere in questo sgabuzzino claustrofobico, è l'unico modo per difendermi dagli stronzetti come te e non pensare a lei. Ti guardo, premo il bottone e tu fai tutto il resto. Tu mi suggerisci la sceneggiatura, la carrellata, i primi piani. Di cosa ti lamenti, hai i tuoi cinque secondi di gloria nel mio cervello, sei il protagonista assoluto della mia fantasia malata. Ma solo se fai lo stronzo, hai un futuro nella mia fervida immaginazione, a meno che tu non sia davvero figa. Pensi sia un alienato, vero? provi pena o disprezzo per la mia condizione? Tranquillo, non sentirti in colpa, non sprecare i due neuroni che ti restano in simili elucubrazioni. Avrai la tua punizione. Forse morirai azzannato da un cane, se sei uno schifoso punkabbestia, o lapidato dai tuoi dipendenti incazzati per la pausa pranzo accorciata, se sei un dirigente incravattato. Non programmo le mie visioni, ma me ne compiaccio e mi servono come l'aria per tirare alla fine della giornata. Quando sono a corto di stimoli, invece, penso a lei. A lei che mi schiva perchè mi ha fatto soffrire. E immagino. Perchè è l'unica cosa che mi è concessa. L is e E r g ic a
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DP, Dittatura dei Phon (al telefono con Kerpov) Dopo un mese ho sentito Kerpov. Insieme a tre complici ha fatto precipitare un aereo sull’isola di plastica in mezzo al Pacifico. Un mese di esperimenti e strane pratiche sui poveracci finiti nelle loro grinfie. “… Organizzazione Libera del Pacific Trash Vortex” scandì con enfasi. “Come ti suona?” “Benino” risposi imbarazzato. “L’acronimo è OLPTV” cambiò tono, “non vorrei ci scambiassero per palestinesi!” “Ma non era una monarchia? Quella storia del sesso, dello scettro, la fondazione di 'New Sodoma'…” “I triumvirati non funzionano.” “Mr. Wiggles e Pierre Woodman le mettono bastoni tra le ruote?” “Sì, chiamiamole ruote” il tono era eloquente. “Quindi, siete una specie di comune.” “Un’economia egualitaria basata sullo scambio e il riciclo.” “Beh, il riciclo, con tutta quella plastica posso capirlo. Ma lo scambio?” “Chiamalo ‘scambismo’, se preferisci.” Alzai gli occhi al cielo. “Prof, ma cosa state combinando? Alla fine, cosa volete dimostrare?” “Per ora nulla, ma verrà il giorno” col tono profetico dei momenti ispirati, interrotto da una specie di peto. Magari ha pestato un contenitore vuoto. “Sai qual è il problema maggiore che ci troviamo ad affrontare, figliolo?” “Il cibo… La pioggia…” “No, internet.” “Nessuno aveva il computer sull’aereo? “Sì. È questo il problema, li abbiamo requisiti.” “Ogni buona dittatura si basa sul controllo dei media. Complimenti!” “In questi discorsi sei a tuo agio come una tarma sulla naftalina. L’abbiamo fatto per il loro bene. I proprietari rischiavano il linciaggio. Tutti volevano quei maledetti portatili, per aggiornare Twitter, Facebook e quelle stronzate lì…” “I social network.” “Più social di qui!? Più net e work di qui!? No, è una malattia!” “Si chiama IAD, prof. Internet Addiction Disorder.” “E noi rispondiamo con la NaWaTreRo!” “Cos’è, roba pellerossa?” “Cinese. Sull’aereo c’era uno scienziato di Guangzhou. Porta la sua tecnologia in giro per il mondo. Al Baiyun Mental Health Hospital hanno sperimentato la 'Nanometer Wave Treatment Room': macchine a onde nanometriche, che stavano imballate nelle stiva!” “Nanometriche?…” “Sissignore, la rieducazione prevede sedute giornaliere di venti minuti. I pazienti infilano la testa in un phon che simula gli stimoli dello schermo di un computer.” “Quante ce n’erano di quelle macchine?” “Abbastanza per ficcarci sotto tutti, venti minuti al giorno. Abbiamo anche un generatore.” “E di computer quanti ce n’erano?” “Tre…” disse lui, con un filo di titubanza, “Mhm, giusto per il triumvirato” lo sgamai. “Beh, le avanguardie non possono perdere il contatto.” “Mettete gli altri sotto il phon e voi state in contatto!” m’infervorai. "Vergogna!” “Non dire così, sai che non so usare il computer. Però m'hanno detto che si vede Sanremo in strinning!”… “In streaming… Sanremo?!… Ma scherza, prof!?” Il Barlume - Anno 4 - Numero 3 - Marzo 2010
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“Per niente! Ho sempre avuto una passione malsana per le TC!" "Basta acronimi! Cosa cavolo sono?!" "Le Tette della Cler…” Cadde la linea. E anch’io, sulla poltrona del salotto, spossato. L o r e n z o C a lz a
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IO PREMO IL BOTTONE, E TU FAI ESPLODERE IL RESTO L’accordo era chiaro - tacito ma chiaro: la mia presenza bastava a pagare la tua efficienza. Che dopotutto ti è innata, non ti costa nulla. Un dono da condividere. Per me era una svolta, un angolo girato, mi stupisco ancora di me stessa a quel tempo là. Sceglievo la via facile, mai visto. Io premo il bottone, a esagerare ci metto la corrente, il resto degli ingranaggi gireranno con la tua mitica forza vapore! Uah! Mitica un tubo. Mitologica e priva di fondamento. Il minotauro che compie le dodici fatiche su atlantide. Pubblicità ingannevole, materiale sufficiente per una vertenza dell’adiconsum. E io favoleggiavo di risoluzione alla radici dei miei problemi di sociopatia, di apatia, di prolalia, di letterar bulimia, di telepatia. E invece niente, come diceva quello là, per certe cose, ciascuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un mac scassato e buonanotte ai suonatori. E allora parte il ritornello in CM (chiave di do per chi chiama da fuori new orleans) dell’aiuto pratico nella risoluzione dei Seri Problemi della Sopravvivenza. Tipo ieri no, che mi dici, fiero, sistemo il frigo! Tre mesi che te lo chiedo e la fai passare per una tua idea – come se tra l’altro si potessero ignorare le forme di vita prodotte dalle zucchine ancor dentro la loro bella busta trasparente annodata et etichettata dalle mie adorabili ditine. Ecco, comunque, stanotte il frigo suonava. Molto dada come cosa, ma simpatica niente in piena notte. E non ti si può neanche cazziare in pace mentre russi, chè poverino ti sei tanto impegnato e soprattutto se ti si cazzia stavolta, la prossima volta che fai? Invece di tre mesi mi ci vogliono quattro. E allora mi domando e mi chiedo. Ce li abbiamo gli estremi per farti causa. Eh? Chiamo il mio avvocato, premo il bottone verde del cellulare e lui farà il resto. G ia d a B a tis tin i
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Le scivolava addosso come seta, era emozionata ed eccitata. Erano mesi che aspettava quel delizioso sapore di trionfo, e adesso sperava davvero che si compisse la sua vittoria. Aveva masticato amaro per quattro lunghissimi, invivibili mesi. Ma aveva mantenuto la sua promessa. Un barlume di fierezza le illuminò lo sguardo. Stava iniziando a sudare, la tensione saliva, la paura del fallimento rendeva goffi tutti i suoi movimenti, i riccioli bruni le ricadevano disordinatamente sulla fronte sudata, mentre le mani si stringevano sempre di più intorno alla vita. Doveva continuare a crederci, era stata attenta oltre ogni immaginazione. La pelle d’oca le invadeva le gambe arrossate e intanto loro continuavano a salire, sempre più su, fino alla meta. Bene, adesso non rimaneva che dar voce al verdetto. Pensò tra sé, io premo il bottone, tu fai il resto pancia mia. E così fece, abbottonò i suoi favolosi e desideratissimi jeans, sulla pancia quasi piatta, e mentre un urlo di vittoria squarciava l’asettico silenzio del camerino, la commessa sorrideva condividendo la femminile esultanza! C h ia r a G u ttilla
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Eco-fobie a km ZERO Trovo che i bidoni per la raccolta differenziata siano magnifici: non parlo di quelli comuni, che sono semplicemente dei bidoni. Sono affascinato, da quelli di ultima generazione, che spuntano dalle viscere della terra, come infernali teste di cerbero dall’alito fetido, trangugiano spazzatura assortita e precipitano nell’Ade. Un amico mi ha detto che suo cugino ha il terrore di questi cosi. Non è che abbia sempre avuto questo tipo di fobia, è stata una casualità, un fortuito, o meglio “sfortuito” errore di ostinazione. Un giorno è sceso sottocasa con i suoi sacchettini sigillati, divisi scrupolosamente per contenuto e ha riempito le fauci della prima bestia coprofaga. Si è acceso una sigaretta e ha osservato rapito l’ascensore “Plastica, vetro, lattine” inabissarsi diretto al proprio girone. Poi ha guardato di fianco. Il vuoto. Si è allontanato un attimo perplesso in modo da avere una panoramica dello sguarnito plotone di bidoni. Ce n’era uno che doveva essersi attardato al piano di sotto. Pensò divertito a una piccola squadra di gnomi netturbini indaffarati a svuotare e rendere agibile il recipiente, imprecando per qualche contrattempo che, evidentemente, aveva rallentato la marcia. Chiamò ripetutamente la bestia, ma dal ventre della terra, questa si negava disubbidiente, con un singhiozzo di ingranaggi. Chiamò ancora. CLAN! E ancora. SCLAN! SBLAM! Niente. Indispettito si voltò per sparare via la cicca, incastrata tra pollice e medio. Tornando a occuparsi del suo problema di smaltimento, vide improvvisamente materializzata al suo cospetto, la minacciosa bocca di metallo che lasciava dondolare al suo interno un’altra piccola bocca paffuta spalancata e lo sguardo vitreo di un signore, apparentemente ben vestito con una cravatta rossa che si srotolava all’esterno e inequivocabilmente, morto. Non fu la presenza di un cadavere ficcato a forza, con la spina dorsale spezzata, in un contenitore per “l’organico”, a turbarlo. Di questi tempi è cosa abbastanza comune. Fu piuttosto la vista dei piedi nudi dell’uomo uscire ai lati della testa, con unghie lunghe, palline nere minuscole tra le dita e orribili calli gialli, duri come conchiglie. Da quel giorno dicono che si rifiuti di utilizzare i grossi bachi robotici e non riesce neanche più a succhiare l’alluce di sua moglie mentre fanno sesso. Che per un feticista dei piedi è un contrappasso bello e buono. Adesso preferisce farsi un chilometro senza macchina e raggiungere i vecchi cassonetti obsoleti. Io continuo comunque a utilizzare quelli che spariscono sottoterra. Sono pigro. A le s s a n d r o P a g n i
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HOW TO BE A CASUAL SMART ASS buonasera buongiorno benvenuti ben trovati è un privilegio essere qui con voi abbiamo un’esclusiva uno scoop mandiamo in onda uno speciale grazie mille di averci seguito ci vediamo domani sera saremo in diretta buon proseguimento secondo la classifica di gradimento abbiamo sforato non seguiamo la scaletta adesso facciamo una pausa non è finita qui buon pomeriggio a tutti ancora un pomeriggio insieme grazie per seguirci così numerosi anche oggi ci aspettano incredibili rivelazioni vi presentiamo i nostri ospiti buonasera buongiorno a tutti una battuta per chiudere grazie prima di dare il via voglio salutarvi un bacio grazie a tutti devo chiudere devo chiudere perdonatemi restate con noi abbiamo un sacco di cose tra poco torneremo al più presto guardate e poi ne parliamo con i nostri ospiti buongiorno buonasera benvenuti ci vediamo domani passiamo la linea eccoci qui di nuovo insieme come tutti i giorni L a u r a B u c c ia r e lli
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3:21 NOTTE PLUMBEA A PRAGA River… sette! Strana cosa essere entrambi contenti nel veder scivolare, una regina nera, dalle mie dita… Anche la signora di quadri cadde ma era coperta. Le mie mani erano piene di ambrosia e solo io avevo il diritto di sapere cosa si nascondesse dietro quella carta, benché fosse ininfluente ai nostri fini. Una delle due volle sfidarmi ancora e cercò di girarla; strano caso, non vi riuscì. Il non mostrare era solo un puro piacere. Brama ed alcool sempre più si impadronivano delle mie vene, sentii l’ultimo “sbagliato” salirmi alla testa e ciò mi provocò una satisfazione aulica; fui sottomesso. In fin dei conti ero un uomo, umano infatti è il cercare ciò che è direttamente proporzionale nell’inverso. Era un vecchio palazzo che dava sul giallino, c’era un soffitto molto alto. Dentro si respirava un’aria sterile, un odore secco di quelli che sai già che, nel momento in cui uscirai, si sarà impossessato irreversibilmente della tua pelle. Il paradiso solo al primo piano. Luce, luce spenta, poca luce, luce ocra, luce più calda. La stanza con due finestre, chiuse. Barlume, vidi una donna appesa al muro di spalle, aveva una maschera, i suoi occhi sembrarono penetrarmi nell’anima ed il sorriso colmo di cupidigia mi provocò un malessere diffuso. Un bel quadro anche se fuori posto. Le mie richieste vennero esaudite. Un caldo soffuso scivolò su di me e fui sempre più in alto, anche se materialmente era lei ad essere sopra di me. La sorella aveva sul volto una maschera veneziana e teneva ferma la lama del coltello sopra la sua schiena. Rivoli di sangue caldo scendevano insieme ai suoi gemiti. Fine. Dovevo impossessarmi di quel piacere destinato solo a me. Tutto ha un termine pensai e questa volta comando io la dea bendata. Mandai via l’angelo e trattenni con me la sorella mascherata. Fumai una sigaretta che lei mi aveva acceso e intanto sentivo svanire l’effetto dell’alcool ed il piacere effimero di quegli attimi eterni. Scendemmo giù e la portai sul ponte del diavolo, si dice che li vivesse una vecchia pazza e proprio da lei deriva il nome di quel posto. Con le dita della mano sinistra presi la carta, con quelle della destra la mia Tanfolio. Si mise nuda ,in piedi, sull’estremità del ponte. Sulla sua schiena non c’erano segni come del resto sulla mia, conservava solo la maschera mentre stringeva forte la carta tra le mani. Immaginavo di vederla cadere nell’acqua, con un grande vuoto dietro la schiena come del resto nella mia. Giro di carta, giro di tamburo. Silenzio assordante. Era ancora viva… donna di quadri, pensai mentre la vedevo ridere; ora tocca a me. La vedi ancora in piedi, di spalle, ma con la testa girata all’indietro; non potevo sbagliarmi, guardava me. Mi sono sparato in bocca ed ora sono più pesante. G a s p a r e D ' E lia
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E' POLEMICA Debborah entrò nella stanza, con la pipetta annaffiava il cactus. Kevin si tirò più su nel letto e si appoggiò sulle mani intrecciate dietro la nuca. Con aria saputa. -Insomma devi distruggere sempre tutto quello che faccio. Disse lei. -Così lo affogherai. -Sei solo invidioso. -Ti ho detto di metterne meno. Te l’ho detto. -Per me è un successo. Lo è ti dico. -Ok compreremo un altro cactus. Fece lui rassegnato. -Ora cerchi di sminuirmi? -No certo no. Si fece serio. Lei fece due passi e si portò ai piedi del letto. -Tu premi letterari non ne hai mai vinti! -Io non so scrivere. -Questo per me è importante. Disse lei scandendo. -E 50 euro non sono pochi. -Certo. -Tu non… -Io non so scrivere. La interruppe lui. Poi continuò tirandosi su e poggiando le palme sulle ginocchia.
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-Io non so scrivere, te l’ho detto. Sono laureato, ma non ho la specialistica, lo sai. -Lo so. Ghignò lei. -Ho dato 21 esami sull’alfabeto (A, B, C, D eccetera) e le appendici sui puntini sulle “i” e l’apostrofo. Per via della mia tesi sulla parola “coso” ho preso solo 3612 e 25 lodi 2 anelli e un bacio. Sono abilitato alla lettura, ma non ho potuto accedere alla specialistica, quindi non so scrivere…. E lo sai! Concluse stizzito. -Lo so. Fece lei -Con l’ultima riforma del governo Savoia… E così dicendo si fece il segno della croce, si sputò su un dito e agitò tre volte le mani verso terra nel segno delle corna (come previsto dalla 42° riforma costituzionale della IX repubblica). -… i programmi sono diventati molto complessi… -Lo so. Lo interruppe lei. E cadde un silenzio imbarazzato e duplicemente colpevole. Parcheggiarono nel sotterraneo dell’ipercoop. Carrello, scala mobile. Dopo una lunga e faticosa sessione di shopping furono finalmente in cassa. -Che hai preso per festeggiare? Disse lui con aria pacificatrice. -Un bottone. -Ventisette euro e cinquanta! Annunciò trionfalmente la cassiera. -Allora… dovresti dire: “Il bottone”! Sghignazzo Kevin. -Ecco. Disse Debborah allungando un foglio da 50. -Ecco. Disse la cassiera allungandone uno da 10. -Guardi che si sbaglia. Replicò Debborah evitando accuratamente di accettare il deca. -Guardi che si sbaglia lei. Fece la cassiera. -Lo vede questo grembiule celeste, lo vede? Che c’è scritto qui? E indicò il taschino. -C’è scritto ipercoppe! Continuò. -E io che fo qui? Socchiuse gli occhi, poi li spalancò. -Io faccio la cassiera! Io sono la cassiera! E quindi al resto… Roteando il dito in aria. -… ci penso io! Il resto non la riguarda. Lei non è la cassiera, sono io la cassiera! Debborah non sapeva più che dire. Kevin si era messo le mani nei capelli e mormorava tra se, poi la guardò. -Ma lo vedi cosa stai scrivendo? E’ fuori controllo! E’ fuori controllo! -Ma cosa dice, cosa dici? Fece Debborah disperata, e l’uomo con il carrello pieno di cibo per gatti sbuffando cambiò fila -Lo vedi? Non hai il controllo della storia! E poi che c’entrava quello col carrello pieno di cibo per gatti, dimmi che c’entrava! Il Barlume - Anno 4 - Numero 3 - Marzo 2010
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-Ma io… Balbettò Debborah -Ma io, ma io… Potevi metterci un cliente normale no? Che ti costava! -Ma… il Master in scrittura creativa al Serpe Regolo… -Non ti autorizza a scrivere cose a caso! Il tipo che era dietro a quello del cibo per gatti si avvicinò. Biondiccio, barbetta, giubbotto di pelle. Intanto Kevin faceva polemica. -E poi la cassiera che da il resto inventato, dai! Ma che storia è? -Inventato un corno! Io sono la cassiera, al resto ci penso io e poi…e poi… -E poi? Fece Debborah. -E poi qui è scritto così. -Appunto… Riprese Kevin. -…e di chi è la colpa secondo lei? -Insomma qui no bar. Qui cassa. Qui coppe! Qui si fa’ spesa, no parlare! -E questo chi cazzo è? Disse Kevin indicando il tipo con la barbetta a Debborah. -Uno normale non ce lo potevi mettere in questa storia? -Vaffanculo! Gridò Debborah inviperita. -E vaffanculo anche te albanese di merda! -Ecco hai proprio perso il controllo. Fece Kevin scuotendo la testa e facendosi da parte. Il tipo con la barbetta fece polemica. -Tu italiana extracomunitaria non può stare in stessa fila di me, vai in tua cassa apposta. Legge Bossi! A questo punto Kevin non si trattenne. -Ecco, così impari a scrivere le storie a tema. I tu’ premi, il bottone, e al resto ci penso io. Era polemica pesa. M ic h e le B o r g o g n i
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Le foto di questo mese sono stills tratti dal film di Arturo Rondini "Cavallomannaro" (1967)
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Mensile fondato e diretto da: Costanza Maremmi c.maremmi@barlumismo.org Denni Romoli d.romoli@barlusmismo.org Emidio Picariello e.picariello@barlumismo.org
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