Il ritorno Un sogno di Godot
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ro partito per “l' America “ fine anni novanta, avevo deciso di lasciarmi alle spalle una lunga storia familiare... pensando e immaginando di trovare, nel “Nuovomondo” uno spazio tutto mio, finalmente libero da quello che fino a quel momento mi aveva oppresso. Nei miei pensieri era un addio per sempre... avevo onorato i genitori fino alla conclusione dei loro giorni terreni... con i miei fratelli non era andata un granchè bene... Finalmente tutto quello che avevo sognato affacciandomi al belvedere.. oltre il mare, poteva essere realtà.. Carini non mi apparteneva più, sommersa dall'immondizia..non solo d'estate..il centro storico avviato ad un degrado irreversibile... con la fuga dei carinesi e l'arrivo di tanta gente di fuori..le vie, i quartieri non erano quelli di sempre..non esistevano più le botteghe della mia infanzia..le facce e i nomi familiari. E poi.. nulla all'orizzonte..nessuna speranza in vista....volti e storie di rassegnazione.... la costa..da recuperare un miraggio...i parcheggi..una originale barzelletta con le scale mobili e gli ascensori.... l'economia.. il lavoro... le solite ricette dei sussidi... un progetto, un'idea di Città inesistente. Ci si trascina lentamente spegnendo i sogni dei giovani, lasciando loro una sola alternativa valida.. la fuga. Io giovane non lo ero più, ma stanco di una vita che non sentivo ormai mia. Sono partito in gran silenzio, una mattina presto, primo volo per Roma e poi gli Usa, voltar pagina in città dove le strade si chiamano street e sono invece larghissime, venti lunghi
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imprevisto... chiamato.... Carini anni senza voltarmi in dietro per non fare la fine della moglie di Lot. Ed ora... un Avviso dal Comune di Carini... per un'adempienza burocratica... una tassa... guarda un pò non pagata... un avviso di riscossione ed eccomi mi si ripropone davanti ai miei occhi tutto il passato che avevo voluto cancellare. Un biglietto di andata e ritorno, il tempo di arrivare pagare e ripartire, nascondendomi dietro gli anni trascorsi, i chili in più messi, gli occhiali che non avevo... nulla avevo più saputo dei miei fratelli... nipoti... amici... della città di Carini. Un ansia incredibile mi stringe la gola impedendomi di deglutire.. mi manca il respiro.. siamo atterrati a Punta Raisi.., mi ero dimenticato del sole di Sicilia..dei colori di quel mare per tanti anni mio oltre che nostrum. Un taxi mi conduce velocemente per la SS 113 e con meraviglia noto priva di spazzatura... pochi cassonetti lungo la strada.. i cui bordi sono curati.. percorro quella che un tempo era la stazione e mi accorgo che è un pullulare di locali, e mi dice il conducente rappresenti uno dei luoghi della movida più frequentate della provincia. Il percorso che sale su verso Carini e tutto pieno di aiuole con i fiori sino al belvedere... lì c'e' un’area taxi perchè oltre non si può andare ,il centro è chiuso al traffico.. e gli automobilisti vengono dirottati verso i parcheggi multipiano, che sono stati costruiti nelle adiacenze il centro storico, lì dove erano case ormai abbandonate. Percorro un tratto di corso Umberto.. quello che il “Crocifisso” attraversa lentamente con il passo doble.. chiudo gli occhi.. li riapro.. tanta gente in giro, negozi aperti di ogni genere.. la fontana sempre lì al suo posto a dissetare, la Chiesa Madre con la sua autorevolezza e la pasticceria Mignano nel suo antico splendore.. non posso non assaggiare quei cannoli... i miei cannoli.. Mi reco in municipio.. chiedo a chi rivolgermi.. per quella pratica.. e una signorina cortese mi dice che il sindaco mi sta aspettando.. perchè il
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sindaco, mi chiedo. Vengo accompagnato presso il suo ufficio.. si apre la porta e mi viene incontro con un sorriso grande... non lo conosco è piu' giovane di me.. mi fa accomodare e mi comincia a raccontare a chiedere..comincio a domandare e ad ascoltare.. Il vecchio paese è tornato ai carinesi perchè utilizzando le leggi urbanistiche è stato possibile costruire, coinvolgendo le imprese edili, su interi isolati con le vecchie case a torre, dei comodi appartamenti su un piano dotandoli perfino di garage. Il centro storico era stato chiuso al traffico perchè erano stati costruiti dei parcheggi multipiano al posto di case vecchie e fatiscenti.. dati in concessione a privati. Tutto ciò mi spiega il sindaco ha determinato un forte sviluppo economico legato all'edilizia e all'indotto. E il mare... si il mare, la costa recuperata era stata ripulita, data in gestione ad operatori del settore, e il mare era riornato ad essere balneabile garantendo un notevole movimento turistico. Mi sembrava di sognare... ma non era finito lì.. Carini vantava itinerari culturali di forte richiamo con guide bus navette che spaziavano dal castello alle chiese, dalle catacombe ai recenti reperti archeologici della zona di San Nicola. La zona industriale era stata recuperata come zona fieristica ed era un polo importante per tutta la Sicilia. Ero stupito..non credevo ai miei occhi... ma quel volto gioviale e rassicurante del sindaco mi confermava che era tutto vero. Come è stato possibile domando... semplice... mi risponde... è bastato amare questo nostro paese... e accendere una speranza in tutti coloro che lo avevano e lo continuavano ad amare.
Sportivamente
Il calcio a Carini negli anni Ottanta.... di Gianfranco Lo Piccolo
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gni società piccola o grande che sia ha i suoi miti e come tali questi vengono venerati. Oggi a Carini potrebbe capitarvi di imbattervi in uomini semplici che svolgono lavori altrettanto semplici: dipendenti comunali, installatori di zanzariere; anche il tizio che vi porta la bombola a casa o il pizzaiolo all'angolo potrebbe avere una storia tutta da raccontare, fatta di cuori che sussultano, di tensione per la vittoria e di gioie incontenibili. Sono i calciatori del Carini negli anni '80, atleti talentuosi che ci hanno fatto vivere emozioni forti e indimenticabili. Il Carini negli anni '80 alternava la sua presenza tra i campionati di Prima Categoria e quello superiore della Promozione. Va detto che il livello generale delle squadre presenti in quei tornei era ben superiore a quello dei nostri giorni, vuoi perché le società professionisti hanno triplicato la rosa per via dei turnover dettati dai ritmi frenetici del calcio moderno, vuoi anche per un motivo ancora più importante: a quei tempi pur di giocare a calcio lo si faceva anche con pochi soldi o per nulla, e molto spesso entrare in una squadra significava anche trovare impiego nell'azienda dei dirigenti della società. Le velleità erano ridotte e così poteva anche succedere che in una squadra di provincia come il Carini giocassero autentici fuoriclasse che avrebbero potuto tranquillamente volare sull'erba degli stadi di Serie A. Vi sembra esagerato? Credetemi, a dire queste cose non è solo il ragazzino sognatore come potevo essere io, ma gli addetti ai lavori dell'epoca.
Il rito domenicale pre partita prevedeva un veloce pranzo in famiglia a base di pasta con la salsa e melenzane fritte accompagnato da un secondo piatto a base di costata panata. Il nostro corpo era li seduto, ma la nostra testa era già al Comunale Agliastrelli, dove la squadra ospite a quell’ora era già arrivata per assaporare quella terra battuta che da li a poco si sarebbe trasformata in una bolgia.
Tra gli spalti al fischio d'inizio molti avevano sulla mano sinistra la radiolina sintonizzata su “Tutto il calcio minuto per minuto”, e sulla destra la schedina del totocalcio, pronti a vivere 90 minuti in cui eri un potenziale miliardario e un vincitore col tuo Carini. La seconda però, era l'unica che quasi sempre si realizzava! Durante la partita spesso piccoli nuclei di tifosi juventini interrotti dalla voce roca di Sandro Ciotti esultavano per i gol di Bettega, poco dopo toccava ad Enrico Ameri segnalare il gol di Van Basten e fare saltare in aria i milanisti, così come gli interisti saltavano in aria per i gol di Altobelli. Ma tutto lo stadio indistintamente esplodeva per il gol dei nostri, che venivano a festeggiare sotto le tribune dove i tifosi più esaltati aggrappati alla rete sembravano litigare con essa quasi a volerla strappare. Ma andiamo a conoscere meglio i nostri beniamini.
Su quelle stesse tavole di legno che rappresentavano gli spalti al fischio d'inizio sbattevamo forte i piedi per incoraggiare la nostra squadra e impressionare gli avversari, che sicuramente ingoiavano parecchia saliva nel sentire il boato, amplificato in maniera assordante dal contatto con i tubi di ferro. Quella era la nostra Haka, il nostro rito tribale per terrorizzare gli avversari.. Prima di parlare dei calciatori, occorre menzionare colui, che questi uomini sapeva dirigere con grande carisma e competenza tecnica: Salvatore Conigliaro, uomo che anche in altri ambiti della vita ha saputo lasciare il segno. Per i calciatori vi parlerò di quelli che si sono distinti e delle loro caratteristiche, secondo il mio modesto punto di vista. L'ordine di seguito non è assolutamente una classifica, anche se il primo di cui parlo viene riconosciuto universalmente come il calciatore carinese più forte di quel periodo.
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Totò 'u gelataro, al secolo Salvatore Ferranti; chiamato così per via del lavoro del padre. Totò era un fuoriclasse autentico. La sua fama andava ben oltre la nostra cittadina e la sua era una presenza pesante in campo. Era abilissimo nelle punizioni dal limite che puntualmente venivano indirizzate nello specchio della porta e il più delle volte, mentre noi esultavamo sugli spalti, il portiere della squadra avversaria raccoglieva la palla dietro di sé. Era in grado di fare goal anche direttamente dal calcio d'angolo. Pino Lo Cricchio; uomo in grado di dare geometria al gioco, che riusciva ad unire assieme due caratteristiche che difficilmente vanno a braccetto: tecnica e potenza. Memorabile una sua punizione da 40 metri dove fatichiamo per la sua velocità a ricordare il momento in cui il pallone corre ad insaccarsi nella porta avversaria. Enzo Migliore; lo chiamavo il tedesco per via dei lunghi capelli biondi, che si muovevano al ritmo elegante dei suoi numerosi e sempre efficaci dribbling, mai fini a se stessi. Sembrava un direttore d'orchestra che si divertiva nel suo ruolo. Mimmo Amato, meglio conosciuto come Mumminieddu, il leader nascosto, poco appariscente ma assolutamente indispensabile all'economia del gioco.
Pino Mannino, detto u “vaccarieddu”, fisico tarchiato, che però non gli impediva di saltare fino in cielo per andare a togliere la palla dalla testa dell'avversario, gli attaccanti trovavano in lui un muro insuperabile di grinta, cattiveria e potenza. Angelo Mannino, anche lui “vaccarieddu”, perché fratello di Pino. Mediano dal fisico longilineo dotato di grande tecnica. Emigrato come tanti negli Stati Uniti quando ancora aveva parecchio da dire nei campi di calcio. Come lui tanti altri giovani… mi vengono in mente Tanino Bua e Giovanni Balsamo. Onofrio Failla, un uomo che di kilometri sul campo ne ha macinati parecchi, sia con palla al piede che senza, perché col suo movimento e con la sua classe t r a s p o r t a v a t u t t a l a s q u a d r a . Giacomo Failla, fratello più piccolo di Onofrio, ha terrorizzato intere difese che non riuscivano a bloccare i suoi cross dal fondo sempre pericolosi e mai alla portata del portiere avversario, sulla fascia destra era esplosivo. Giovanni La Fata, lo Scirea dell'Agliastrelli , incarnava il ruolo di libero con infinita eleganza e precisione, e una volta bloccata l'azione d'attacco degli avversari, sganciava dei lanci precisi per i suoi compagni, mentre lui continuava ad essere il regista del reparto difensivo. Franco Purpura, detto “il predicatore” per via dell'impegno religioso che
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svolgeva nella sua vita privata i cui valori erano ben visibili anche sul campo. Questo però non gli impediva di produrre una quantità enorme di gioco tutto di estrema qualità. Giuseppe Grigoli; se Giovanni La Fata era il libero perfetto, Giuseppe era lo stopper, uomo di estrema regolarità, dotato di un fisico molto alto che lo rendeva padrone dello "spazio aereo" soprastante il Comunale Agliastrelli. Lorenzo e Pino Randazzo; di loro ne parlo assieme perché fratelli gemelli, terzino desto e sinistro come Djialma e Nilton Santos, anche se i due fuoriclasse brasiliani non erano nemmeno fratelli. Ma ci piaceva da matti quest'accostamento. Un mastino, Pino, che non mollava l'avversario, elegante Lorenzo di cui ricordo una sforbiciata a stoppare perfettamente un pallone che viaggiava a tre metri da terra. Vito Buzzetta, u panillaru, per via del mestiere che svolgeva fuori dal campo di calcio, grande gregario e instancabile corridore. Ciccio Mannino. Uomo polivalente, ha infatti ricoperti più ruoli tra i quali anche quello di portiere. Di lui ricordo un'incredibile parata plastica degna delle figurine Panini. L'elenco dovrebbe allungarsi ancora per molto, ma vanno comunque menzionati Totò Lo Cricchio, Nino Giambanco, Pino Cardinale, Vito Sansone, Tanino Pistone, Vito Armetta, e non ultimi due calciatori che hanno militato con grandi risultati in squadre fuori provincia concludendo la carriera nel loro paese: Mimmo Lo Piccolo che giocò con la Folgore di Castelvetrano e Rosario Amato che giocò nel Trapani. Poi c'erano gli “stranieri”, ovvero i calciatori non carinesi che nel nostro calcio hanno lasciato un segno indelebile. Renato Conigliaro, palermitano di nascita ma figlio di carinesi, come il suo cognome tradisce.
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Renato era uno dei nostri e lo associavo ad una libellula per l'eleganza mostrata nel muoversi sul campo, questo però non gli impediva di sganciare terribili bordate che spesso andavano a rigonfiare la rete avversaria. Come non parlare di Di Matteo, uomo dalla classe pura, che prima di Carini militò in squadre semi-professionistiche. Biondo, uomo che fondeva in sé il genio e la sregolatezza. Umberto Prestigiacomo, un autentico trascinatore in grado di centrare la porta da qualsiasi lato della tre quarti. Luigi Basile, un muro in difesa ma sempre con eleganza. Gigi Rotondi, il cecchino implacabile. Aristide Tamajo, leader dal grande carisma. Elio Dell'Utri, l'uomo della provvidenza. Molti di questi giocatori militarono sia nel Carini che nell'altra squadra locale, la Termojolly Villagrazia, sempre guidata da Totò Conigliaro che lasciò il posto sulla panchina del Carini a Luciano Mica. Le due squadre diedero vita a derby memorabili che riempivano all'inverosimile gli spalti e tutti i balconi dei palazzi attorno allo stadio, un autentico spettacolo che coinvolgeva la nostra città. Uomini, donne, bimbi e anziani presenziavano quelle partite, dove non ricordo mai siano avvenuti episodi di aggressioni dei tifosi ospiti, dando un segnale di civiltà che non sempre era presente in altri stadi siciliani. Altre partite memorabili furono contro le quotatissime Juve Sicilia, Mazara, Termitana, Pro Bagheria, Partinicaudace, Canicattì e Alcamo. Chi non ha vissuto quei momenti potrà pensare che l'enfasi in quanto ho scritto possa essere eccessiva. Ma voglio dichiarare pubblicamente che anche fra trenta anni, quando incontrerò per strada quegli ottantenni, dal mio volto verrà fuori un sorriso e un plauso per quelle uniche emozioni che hanno saputo regalare a un ragazzino sognatore. Grazie infinite, ragazzi !
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