UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÁ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELL’EDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONE
NUVOLE PARLANTI Il fumetto nei progetti educativi
Relatore:
Tesi di Laurea di:
Prof. Enrico Euli
Alessandra Bernardini
ANNO ACCADEMICO 2010 - 2011
LA MIA FARFALLA Sto seguendo con lo sguardo le bellissime evoluzioni che disegni nel mio cielo il tuo battito d'ali mi ha catturato. Sei apparso come una farfalla tra i fiori del mio giardino hai portato i tuoi colori nuovi svegliando tutti i miei sensi. Dimostrami che sei reale non sparire col primo vento fatti carezzare l'anima ed ammaliare il cuore. Sarò per te la nuova strada che porta verso il sole e l'acqua chiara di sorgente che disseta il tuo essere. Io, mi affido a te dolcissima ai tuoi occhi tremuli tu, farfalla variopinta non deludermi....ti prego. (Anonimo)
UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÁ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELL’EDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONE
NUVOLE PARLANTI Il fumetto nei progetti educativi
Relatore:
Tesi di Laurea di:
Prof. Enrico Euli
Alessandra Bernardini
ANNO ACCADEMICO 2010 - 2011
INDICE GENERALE Introduzione................................................................................................................................1 PARTE PRIMA - L’EVOLUZIONE DEL FUMETTO CAPITOLO PRIMO LE ORIGINI E IL FUMETTO IN AMERICA 1. La genesi..................................................................................................................................6 2. La nascita del fumetto...........................................................................................................7 3. Dalla strada al salotto al mondo di fantasia......................................................................8 4. L’avvento dei comic book...................................................................................................10 5. Il passaggio dal fumetto per bambini a quello per gli adulti........................................11 6. La crisi del fumetto..............................................................................................................13 6.1. La svolta degli anni Settanta..............................................................................14 6.2. L’avvento della fiaba............................................................................................15
CAPITOLO SECONDO IL FUMETTO IN ITALIA 1. Stampa popolare dell’ottocento........................................................................................16 2. La stampa per ragazzi dal 1900 al 1945............................................................................17 3. Il fumetto dal 1945 agli anni Settanta..............................................................................18
CAPITOLO TERZO LA GRAMMATICA DEL FUMETTO 1. I linguaggi del fumetto........................................................................................................22 2. Gli aspetti tecnici.................................................................................................................23 2.1. La vignetta in sé.....................................................................................................24 2.2. La parola fatta immagine.....................................................................................25 3. La relazione parola-disegno...............................................................................................26 4. La relazione parole-suono-rumore e parole-emozioni-stati d’animo........................28 5. La relazione tra vignette....................................................................................................28
CAPITOLO QUARTO SCUOLA E FUMETTO 1. Il fumetto perché?...............................................................................................................31 2. Problematiche di pratica educativa..................................................................................33 3. Mente e mano.......................................................................................................................35
4. La produzione del fumetto.................................................................................................37 4.1. Nuovi rapporti fra produzione e fruizione......................................................39 4.2. I processi cognitivi...............................................................................................39 5. La didattica dell’uso dei comics.........................................................................................40 6. Una nuova pedagogia..........................................................................................................41
PARTE SECONDA - ANIMAZIONE CAPITOLO PRIMO IDENTITÀ DEI PROCESSI ANIMATIVI 1. Storia dell’animazione........................................................................................................45 2. L’Animazione in Italia.........................................................................................................46 3. Animazione come strumento di sviluppo........................................................................49 4. Funzione e contesti dell’animazione socioculturale.....................................................51 5. Le competenze dell’animatore socioculturale................................................................53 6. La funzione dell’animatore socioculturale tra produzione, facilitazione ed elaborazione........................................................................................................................54 6.1. Funzione produzione............................................................................................55 6.2. Funzione facilitazione..........................................................................................55 6.3. Funzione di elaborazione.....................................................................................56
CAPITOLO SECONDO TECNICHE E STRUMENTI 1. Aree metodologiche............................................................................................................57 1.1. Area della metodologia narrativa-autobiografica...........................................58 1.2. Area della metodologia dell’alterità..................................................................58 1.3. Area della metodologia collaborativa................................................................60 2. La funzione e l’uso delle tecniche.....................................................................................61
CAPITOLO TERZO GIOCARE CON IL FUMETTO 1. Giochi cooperativi................................................................................................................63 2. Costruire una relazione educativa efficace.....................................................................64 3. Un percorso laboratoriale di giochi su comunicazione e relazione............................67 4. Attività con il fumetto.........................................................................................................67 5. Laboratori e gioco................................................................................................................69 6. Costruire con le mani.........................................................................................................71
CAPITOLO QUARTO ANIMAZIONE E FUMETTO 1. Animare parole e immagini...............................................................................................73 2. Leggere il fumetto................................................................................................................74 2.1. Raccontare con le immagini................................................................................75 3. Animazione alla lettura......................................................................................................76 3.1. Struttura del progetto d’animazione.................................................................78 4. Educare e linguaggio...........................................................................................................81 5. Il piacere di leggere............................................................................................................82
Conclusione................................................................................................................................84 Bibliografia.................................................................................................................................86
INTRODUZIONE L’analisi del fumetto, nel contesto scolastico ed extrascolastico, nasce da un’esperienza vissuta attraverso il tirocinio in una scuola primaria, dove ho potuto osservare diverse attività compiute tramite il fumetto da bambini, intorno ad una fascia d’età tra gli otto e i dieci anni. Questi compiti riguardavano la costruzione di fumetti per diverse materie (storia, letteratura italiana, scienze) in modo da agevolare lo studio; tendenzialmente erano svolte in gruppi composti di tre membri e le operazioni che essi svolgevano consistevano nel: scegliere da parte di ogni gruppo un argomento su una materia, leggere la documentazione su di essa, disegnare una sequenza d’immagini in cui rappresentavano l’argomento che trattavano e in seguito inserire delle vignette dove all’interno scrivevano i fatti storici, antologici, oppure spiegazioni scientifiche e dopo, queste, erano presentate alla classe grazie alla collaborazione dell’insegnante. Questi progetti erano seguiti attraverso la figura dell’insegnante, che svolgeva la funzione di animatore, poiché in molti casi è egli stesso, con la partecipazione degli allievi, a presentare il progetto agli altri alunni e si riscontrava nei bambini un miglior risultato attentivo per quanto riguarda la lettura del fumetto (costruito da loro) piuttosto che del testo didattico. Attraverso questa esperienza, ho potuto osservare in questi alunni e alunne una maggior propensione verso operazioni di gruppo, dove essi cooperavano e interagivano, inoltre vivevano questo come un gioco, si divertivano a inventare e disegnare, e ciò mi ha colpito così da voler approfondire quest’argomento (soprattutto per il forte legame che io ho avuto fin dall’infanzia con il fumetto dedicandomi a creare delle storie nel tempo libero). Il mio obiettivo in questa tesi è spiegare l’evoluzione del fumetto analizzando i suoi requisiti tecnici nell’ambito animativo, sia in ambienti scolastico che extrascolastico. Nel XXI secolo, non si può considerare il fumetto come un semplice insieme di figure per bambini o un semplice passatempo, esso è, di fatto, comunicazione, 1
che utilizza diversi linguaggi e che trasmette cultura (il più delle volte popolare, ma anche alta), di cui troviamo caratteristiche in diverse manifestazioni: verbali o audiovisive, dal mondo dei mass-media alla narratività. La scuola dovrebbe presentarsi più aperta e sistematica e tale struttura deve dare spazio a nuove conoscenze, soprattutto perché le nuove generazioni si ritrovano di fronte a una quantità d’informazioni apprese casualmente grazie alle recenti scoperte tecnologiche, che necessitano di un’organizzazione ben pensata. La scuola deve aprirsi verso una pluralità di linguaggi e alla possibilità di mettere ognuno (bambini e ragazzi) nella condizione di esprimere le proprie possibilità e potenzialità con i mezzi che vi sono a disposizione. Il fumetto può assumere, in un ambiente come la scuola, un sussidio per l’educazione e l’intelligenza, poiché consente lo sviluppo di processi cognitivi garantendo una comunicazione sociale, trasmettendo sentimenti e ideologie, quindi può essere uno degli strumenti utili per suscitare, nel rapporto educativo, una visione nuova delle cose che ci circondano. Usare il fumetto con i bambini a fini didattici e di accrescimento culturale è qualcosa di necessario, è una cultura iconica, che comprende una serie di regole che hanno nell’immagine un supporto, che non sono mai state elevate a livello di materia di studio, però non si sostiene che il fumetto debba essere una materia da aggiungere alla scuola per rinnovarla, ma il fumetto è un linguaggio che appartiene, con codici propri, alla comunicazione di massa e farlo entrare a scuola consente di avvicinarsi attraverso la conoscenza, all’appropriazione e all’uso di codici espressivi in più. L’introduzione del fumetto nell’ambito scolastico può essere attuato attraverso pratiche di animazione o di gioco e fornire gli strumenti fondamentali di espressione, di comprensione, di analisi e di critica. L’animazione è, in una volta, contenuto e metodo di azioni educativo-didattiche di sviluppo della persona, e rientra nel campo della problematizzazione della didattica, che vede in questi anni, accanto ai contesti di educazione formale, anche l’educazione informale.
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L’animazione alla lettura, consente sia al sistema affettivo e cognitivo d’interagire: l’animazione lavora per accentuare il primo aspetto. Essa è progettata al fine di facilitare il processo di comprensione della narrazione in termini di ambiente, personaggi, fatti e sequenze, supportando il sistema cognitivo. Animare un fumetto consente di attivare meccanismi cognitivi ed emotivi; se si considera il contesto multimediale in cui è immerso il lettore, ed essendo un testo animato, il fumetto, è vissuto come un dono, un promemoria delle emozioni che si annidano tra le pagine, un incentivo ad acquisire il codice linguistico, quindi in definitiva è un ottimo mezzo anche per i primi accostamenti alla lettura. Il gioco, soprattutto quello cooperativo, consente di maturare un modo di stare insieme valorizzando la creatività e l’originalità; inoltre esso consente il rapporto interpersonale, la relazione reciproca tramite il gruppo, quello cooperativo, perché caratterizzato da un’interdipendenza positiva tra i membri di cui è composto e un forte sviluppo delle abilità sociali (di relazione, di comunicazione, di aiuto, d’incoraggiamento, etc). Giocare tramite il disegno, consente di passare da un disegno libero a immagini brevi disegnate, create dai ragazzi e poi arricchite di didascalie o nuvolette ed è così che nasce un fumetto, tale attività può essere utile anche per la comprensione di eventi storici o sociali, o di fatti di cronaca. Lavorare sul fumetto o con il fumetto consente di sviluppare tecniche grafiche ed espressive e consente di svolgere ricerche sia di tipo creativo sia operativo. Inoltre si possono compiere attività espressivo-comunicative attraverso corsi laboratoriali, oppure l’applicazione di tecniche manuali, che possono offrire agli alunni informazioni più approfondite sulla struttura di strumenti che si è soliti a usare senza conoscere le composizioni. Questa tesi spiega, nella prima parte, il ruolo rilevante che ha avuto il fumetto nella storia, precisando l’evoluzione iniziata nell’ambiente americano, dove già si evidenziava l’impronta pedagogica, giunto in Italia, intorno ai primi anni dell’Ottocento, dove furono introdotti dei cambiamenti strutturali collegati alla nascita di istituti che si occupano del ruolo educativo del fumetto.
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Evidenzierò lo stato ormai maturo del fumetto e il suo inquadramento grammaticale in primis e in seguito sociale-letterario, da cui analizzerò la relazione tra la diade bambino-fumetto e scuola. Nella seconda parte tratterò la teoria e la pratica dell’animazione che generano un potenziale per svolgere un ruolo sociale e culturale nei processi d’individuazione, di lettura, d’analisi delle tensioni e dei bisogni che portano ad attivare dei percorsi con cui, le persone o le organizzazioni, riconoscono e sviluppano l’empowerment. 1 Ho proposto una serie di teorie che sottendono la funzione socioculturale dell’animazione proiettandola in situazioni educative, individuando principi, funzioni e contesti di sviluppo. Progressivamente saranno mostrate le diverse tecniche e metodologie da applicare agli ambienti scolastici. Rileverò la funzione del gioco e delle tecniche animative utili, del collegamento gioco-animazione, evidenziando le attività di gruppo che consentono di sviluppare la creatività e favoriscono la socializzazione, la conoscenza e l’integrazione, per poi arrivare al contatto dell’animazione con il fumetto, in modo da progettare un vero e proprio laboratorio dove i bambini si avvicinano al fumetto attraverso tecniche d’animazione. Si giungerà alla chiusura della trattazione riscontrando l’evidenza per la quale il fumetto, attraverso i suoi codici, può essere un ottimo mezzo per avvicinare i bambini alla lettura, essendo un “racconto per immagini” che favorisce l’attivazione dei processi cognitivi.
1
Per empowerment s’intende la piena valorizzazione delle persone nelle varie situazioni d’azione, significa "sentire di avere potere" o "sentire di essere in grado di fare".
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PARTE PRIMA
L’EVOLUZIONE DEL FUMETTO
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CAPITOLO PRIMO
LE ORIGINI E IL FUMETTO IN AMERICA 1. La genesi. Sulle reali origini del fumetto hanno dibattuto diversi studiosi, molti hanno ritenuto che la definizione più consona per il fumetto fosse una “narrazione per immagini” (il testo non è necessario esistendo dei fumetti “muti”) e si concluse che esso sia sempre esistito. Basandosi su degli antecedenti, si possono individuare dal “Libro dei morti” delle raffigurazioni egiziane, sia murali (all’interno delle tombe dei faraoni) che quelle nei rotoli di papiro (nelle tombe dei personaggi di famiglie non faraoniche), in queste sono raccontate, con una sequenza d’immagini incorporata con dei testi, la vita del defunto o della defunta oltre la morte.2 Nel tremila avanti Cristo tra gli Egiziani circolavano vignette con animali, disegnate e colorate su scaglie di calcare e papiri, mentre nel I secolo avanti Cristo a Roma venivano commercializzate le tabulae con vignette satiriche. Nell’epoca medievale è stato riscontrato che dagli affreschi che rappresentavano dei personaggi, la consuetudine era di raffigurarli scrivendo le parole uscenti dalle loro bocche (un caso esemplare è il fumetto di San Clemente, nella leggenda del “Sissino”, le parole pronunciate dai diversi protagonisti sono disegnate allo stesso modo).3 Inoltre, in questo contesto storico, si trovano i libri miniati che raccontano, in tempi e stili diversi, i più noti episodi biblici veterotestamentarii (dalla Genesi in poi, con preferenza per le storie favolose di Giuseppe e i suoi fratelli, l’esperienza egiziana del popolo ebraico fino all’esodo e alle battaglie successive) e neotestamentari (dai Vangeli che raccontano con immagini e testi la vita di Cristo ai più tardi libri d’Ore). 2
Cfr. A.Imbasciati, C. Castelli, Psicologia del fumetto, Rimini; Firenze, Guaraldi, 1975, p. 29.
3
http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_del_fumetto.
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In alcuni testi-miniature sono stati ritrovati alcuni esempi di proto-balloon e della stessa epoca li ritroviamo nei rotoli orizzontali cinesi dipinti e in quelli orizzontali o verticali giapponesi.
2. La nascita del fumetto. Il fumetto rappresenta la forma d’arte figurativa nata sulle pagine domenicali di quotidiani, per presentare a chi legge, in una sequenza di vignette con o senza contorni lineari, un’azione con uno o più personaggi che si muovono o parlano senza “voci”, che raccontano quel che succede nelle immagini delle vignette poste in sequenza. Gli studiosi del fumetto hanno trovato un compromesso nel fissare la data di nascita di questa nuova arte, la data risale al 1896 e si riferisce al personaggio Yellow Kid (Bambino Giallo), creato quasi due anni prima da R.F.Outcault senza un nome, in un’illustrazione a colori a pagina intera apparsa sul supplemento domenicale di un quotidiano di New York (di proprietà di J. Pulitzer nel 1883 “The New York World). I supplementi domenicali ai quotidiani erano nati suscitando una forte resistenza presso gli ambienti religiosi, i quali consideravano sacra la Domenica 4. La prima illustrazione risale al 1894 in un “cartoon” di sei vignette senza parole e intitolato “Evoluzione di una specie spiegata”, e preannunciava l’ibrido al quale avrebbe poi dato vita Outcault; in queste sei vignette viene mostrato un uomo che conduce il suo cane verso un albero, dall’albero scende un serpente che ingoia faticosamente il grosso cane, quest’ultimo, dall’interno della pancia del serpente, riesce a mettere fuori le quattro zampe e nasce la nuova specie di coccodrillo. Secondo degli studiosi di oggi, così nasce il fumetto: il disegno ha incorporato le didascalie che si trasformeranno in balloon o nuvolette contenenti parole. 5
4
Cfr. F.Restaino, Storia del fumetto. Da yellow kid ai manga, Utet Libreria, 2004, p.5.
5
Ivi, p.8.
7
Outcault proveniva da un’esperienza di “cartonisti” (autori di vignette satiriche o umoristiche), le sue illustrazioni a pagina intera o a mezza pagina si riferivano a scene di vita quotidiana dei quartieri poveri e multietnici di New York. Queste illustrazioni al tempo non erano classificate ancora come fumetto, erano immagini di una strada, prive di carattere sequenziale, al quale ne seguivano altre a cadenza settimanale. Il salto da semplice illustrazione a fumetto avviene grazie a W.R.Hearst, lancia nel 1896 sul suo quotidiano “New York Journal” con un supplemento domenicale a colori. Hearst offre una possibilità a Outcault di pubblicare, sulle pagine del supplemento, il bambino giallo, sempre più protagonista delle scene illustrate e in rarissime sequenze parlando e dialogando attraverso i “balloon”. 6. In particolare il protagonista di Outcault si rivolge con l’altoparlante di un grammofono a manovella da cui fuoriescono frasi sempre in forma di parole (si scoprirono poi che le frasi erano pronunciate da un pappagallo nascosto). Questa è considerata la prima striscia a fumetti in senso pieno: appare il 25 ottobre 1896.
3. Dalla strada al salotto al mondo di fantasia. I primi vent’anni della storia del fumetto sono caratterizzati da un’evoluzione della nuova forma d’arte che riguarda sia le tecniche usate, sia i temi trattati e i destinatari. In questi anni emergono autori che hanno in comune quasi tutti l’esperienza dei cartoon (vignetta singola, di piccolo o di grande formato, con una o più illustrazioni in bianco e nero, con didascalie) umoristico, satirico, politico o di critica del costume, nell’ambito della stampa settimanale e di quella quotidiana.
6
Il termine inglese balloon indica il segno grafico convenzionalmente usato nei fumetti (da qui il termine in italiano “fumetto”, sostituito da nuvoletta da quando è di uso comune indicare con fumetto il media stesso.) per contenere i testi pronunciati o pensati da un personaggio, o emessi da una fonte sonora.
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Negli Stati Uniti, la pratica dei cartoon satirico-politico era comune a molti quotidiani e quindi incrementò l’offerta di lavoro per disegnatori ingegnosi. Il caso di Outcault è emblematico, ha portato degli elementi di caratterizzazione stilistica e formale che resteranno per decenni, fino alla comparsa degli anni Trenta, degli stili realistici-fotografici rappresentano i tratti dominanti o esclusivi della “forma” d’arte del fumetto. La figura del bambino giallo: orecchie a sventola, testa calva, occhi stretti e piccoli, camiciola fino ai piedi, e gli altri ragazzi, gli adulti, e gli stessi animali; tutte le immagini riprendono gli schemi del realismo caricaturale tipici delle vignette satiriche, umoristiche, di critica politica e sociale, della tradizione dei cartoon. Questi elementi furono presenti anche quando Outcault ha lanciato nel 1902 il nuovo personaggio Buster Brown (Mimmo nel “Corriere dei Piccoli”), con questo si è passati al salotto medio e alto borghese.7 Questo personaggio aveva un cane deforme, è attorniato da cameriere, da genitori, da parenti, da altri bambini e bambine, tutti vestiti in modo perfetto, in ambienti con arredamenti ricchi e all’ultima moda e sia lui che suoi comprimari sono resi figurativamente secondo lo stile dei cartoon satirico-umoristici. I tratti caricaturali di queste figure non rappresentano un difetto, l’esperienza dei cartoon caricaturali suscitano un maggior interesse verso chi legge o chi guarda, questo è ciò che avviene nel fumetto di quotidiani, nel filone underground e di quello indipendente. All’inizio degli anni Trenta, dalla fantasia di Walt Disney scaturisce un personaggio universalmente conosciuto come Mickey Mouse che con il tempo si umanizza nell’aspetto, diventando un prototipo del piccolo borghese, serio, onesto e grazie a un regime democratico riusciranno a realizzare i suoi obiettivi.
7
Cfr. F.Reistano, op. cit, p.28.
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4. L’avvento dei comic book. Nei primi anni Trenta si arriva all’avvento dei comic book o albo, la data di nascita risale al 1938 che s’ispirano alla tradizione illustrativo-fotografica, inaugurata dal fumetto di avventura nei quotidiani. Nascono i supereroi, in altre parole quei personaggi che hanno caratteristiche straordinarie. La serie è aperta da Flash Gordon, biondo e atletico, impegnato in faticose imprese in giro per le galassie, in seguito apparirà il personaggio più significativo della rappresentazione fumettistica: Superman8, un neonato extra-terreste che arriva sulla terra su un razzo proveniente da un altro pianeta, Krypton, il razzo cadde nella fattoria dei coniugi Kent che l’adotteranno e lo chiameranno Clark, con gli anni scoprono la sua forza sovraumana e prima di morire gli chiedono di adoperarla al servizio dei più deboli. Infatti, dopo la loro morte, indossa la sua nota “uniforme” (calzamaglia azzurra con mantellina rossa e triangolo giallo sul petto con la scritta “S”, iniziale di Superman), nella vita reale è un giornalista e la sua vera identità rimarrà nascosta. Superman fu il primo di una lunga serie di supereroi come Batman, di Flash e di Spectre, un poliziotto assassinato che torna sulla Terra per non dare tregua ai criminali.9 I comic book, letteralmente libri o albi contenenti comic, esistevano sin dalle origini del fumetto, in particolare qualche editore raccoglieva in volumetti cartonati di dimensioni tascabili e di forma quadrangolare un personaggio popolare dei fumetti., Attraverso studi molto documentati, si è accertato che intorno al 1930, nasce il comic book nel l formato standard (per anni il loro contenuto è costituito da
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Apparirà nel numero 1 del comic book o albo Action Comics, appartenente al gruppo editoriale che si chiamerà DC Nationale, Dc deriva dalle iniziali di un’altra testata, Detective Comics. Cfr. F.Reistano, op. cit, pp. 124-127.
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ristampe di personaggi noti dei fumetti domenicali e quotidiani, con la differenza che i personaggi nei fumetti sono più di uno in ogni singolo comic book). Differentemente da quanto visto in passato, i fumetti, oggi giorno, sono destinati alle famiglie ed escludono la possibilità di turbare chi guarda o legge; le storie riguardano soprattutto fanciulli, nel rapporto adulto-bambino e con animali un po’ umoristici, che hanno lo scopo d’intrattenere, far ridere. Oggi lo scopo è quello di proporre “ramanzine” e punizioni da mostrare ai loro figli con la speranza che traggano una lezione per il loro comportamento quotidiano. Un emblema è Buster Brown dove la tavola domenicale si conclude sempre con la punizione di una birichinata e con un manifesto finale nel quale viene esposta, in modo prolisso la morale della storia, ma con il passare degli anni la morale si ricaverà dalla conclusione visiva della storia. Il meccanismo delle storielle implica l’escogitazione di una monelleria, la sua esecuzione, la sua scoperta e quindi punizione dei bambini da parte degli adulti.
5. Il passaggio dal fumetto per bambini a quello per gli adulti. Il tema principale ai dieci anni dalla nascita del fumetto era quello dei bambini. I destinatari di questi comic erano certamente i bambini stessi ma anche gli adulti, considerando in quest’ultimo caso la finalità del fumetto puramente ludica. In quel periodo non esisteva il sistema dei Syndacate 10, questi per incrementare il salario, oltre a dedicarsi ai fumetti s’impegnavano in altri tipi di disegno (cartoon) e non erano i proprietari dei personaggi. Hearst, in possesso di alcuni fumetti e degli autori più popolari, avvia la costituzione del primo Syndacate che organizza la produzione e la distribuzione dei fumetti di sua proprietà negli Stati Uniti e nel resto del mondo, quindi ciò comporterà
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Le Agenzie producevano materiale preconfezionato da inviare dietro pagamento o abbonamento soprattutto ai quotidiani di provincia che non potevano permettersi economicamente l’assunzione di personale per le pagine culturali e per i servizi non dedicati alla cronaca locale (giochi, disegni, moda e altro), istituite nella metà dell’Ottocento.
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una forte concorrenza e di conseguenza un miglioramento delle condizioni di lavoro degli autori sindacati. Il secondo decennio del secolo rappresenta l’apice nella storia del fumetto, maturano dei cambiamenti sia nelle proposte di produzione e stampa, sia nell’organizzazione del lavoro, degli autori e nel loro rapporto con i Syndacate della distribuzione e vendita. Il principale cambiamento è dato dall’affermarsi della striscia di fumetto feriale, in bianco e nero, nel 1903 nel giornale di Chicago, compare A.Piker Clerk, ma la vera striscia che ebbe successo è A.Mutt. In questo stesso formato permane lo stile caricaturale, quello dei cartoon, infatti Mutt era mingherlino, di mezza età, aveva un lungo naso e un sigaro ed era uno scommettitore delle corse di cavalli; in manicomio egli incontra Jeff, che dopo due anni diventerà il suo compagno d’avventura e disavventure. Il fumetto Mutt and Jeff rappresentava le abitudini dei maschi adulti statunitensi, in quel contesto i fumetti raffiguravano la vita normale in diretta, mostravano la vita di un normale essere umano nelle prassi quotidiane, questo rappresentò un passaggio chiave nella storia del fumetto, perché lo arricchisce, suscitando a chi legge e chi guarda attese, speranze, paure legate ad una immedesimazione al personaggio alle sue vicende.11 Il fumetto si rivolgeva a un pubblico adulto, si può segnalare la striscia quotidiana di Sterrett, Polly and Pals, poi egli si rivolgerà ai principali quotidiani di New York e nel 1922 pubblica quattro fumetti, tra i quali For this We Have Daughter? Il cui tema è il rapporto tra una coppia di sposati della media borghesia e la figlia Molly, sedicenne cha va al college. Hearst in seguito aveva assunto Sterrett, nel 1912, e lo invita a cambiare il contenuto del suo fumetto, intitolandolo Positive Polly, giovane intorno ai vent’anni
11
Cfr. F.Reistano, op. cit, pp. 36-40.
12
piena d’iniziativa (dal 1913 il titolo definitivo diventa Polly and her Pals), in queste strisce si tratta un tema molto dibattuto in quegli anni, quello della nuova generazione femminile influenzata dal movimento femminista.
6. La crisi del fumetto. Dal 1948 la produzione di fumetti tende a diminuire, soltanto una decina di fumetti sono considerati il frutto della creatività dell’epoca: Pogo (id. 1948), Garfield (id.1978), Beetle Bailey (id.1950). La vitalità del fumetto, non si è mai sopita nemmeno negli anni della strumentalizzazione politica, ma si scontrerà con un’ondata di perbenismo che faceva da eco alle persecuzioni dei maccartisti 12che segnarono gli Stati Uniti. Negli anni Quaranta non esisteva solo il fumetto come forma d’arte, ma al suo fianco comparve quella dei comic book e intorno agli anni Cinquanta subentrerà la concorrenza del medium televisivo che ha reso obsoleto il fumetto, fino a quel tempo quello più diffuso. Questa rappresenterà la prima crisi, poiché il genere avventuroso scompare dai fumetti perché le avventure sono offerte nei serial televisivi, il declino è determinato da due motivi: sia perché la riduzione di vignette e strisce nei quotidiani ostacolava la narrazione, che faceva vedere poco più dei personaggi, sia perché il genere avventuroso trovava nei comic book la sua sede naturale per chi legge, dato che i comic book contenevano storie d’avventura. Wertham 13sosteneva, nel 1954, nel testo The seduction of the innocents che la crisi sociale risiede nel disorientamento dei giovani provocato dall’eccessiva divulgazione dei comics, le grandi agenzie furono costrette ad eliminare la produzione di alcuni fumetti più critici, questa crisi durerà fino agli anni Settanta.
12
Coloro che sostenevano il maccartismo, movimento caratterizzato da un sospetto anticomunista, che prese il nome da Joseph McCarthy, senatore repubblicano del Wisconsin. http://it.wikipedia.org/wiki/Maccartismo.
13
Cfr. F.Bianchi, P.Farello, Lavorare sul fumetto.Unità didattiche e schede operative, Trento, Erickson, 1997, p.12.
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6.1. La svolta degli anni Settanta In questi anni si vede un rilancio del fumetto grazie alla nuova politica della distensione che permetterà un rilancio e il fumetto in questo periodo negli Stati Uniti tende ad avere un carattere prettamente politico. Garry Trudeau crea su un piccolo quotidiano Doonesbury, un fumetto che produce una grande svolta, perché è un fumetto realistico e politico anche se lo stile utilizzato ricorda quello dei cartoon, tale fumetto ha condotto molte campagne contro scelte del governo considerate sbagliate e sciagurate in particolare sulla guerra del Vietnam, protagonista è Michael, il fumetto riprende la vita di un ragazzo che entra come matricola all’università. Il personaggio che più ha colpito è Joanie, una donna non più giovanissima incontrata per caso mentre faceva l’autostop e sarà condotta alla comune, dove inizia una vita dedicandosi all’assistenza ai bambini e poi deciderà di entrare all’università per compiere gli studi giuridici. Il realismo di Trudeau, più che nello stile figurativo, sta nella sua capacità di mostrare una società complessa, non limitandosi a descrivere i modi di funzionamento attraverso le vicende delle persone ma criticandone le storture e le ingiustizie. In quest’atmosfera l’editore Marvel pubblicherà la serie dei Fantastici Quattro, un quartetto di eroi, costituito da un individuo elastico, una donna invisibile, una torcia umana e un uomo pietra, questi individui sono tormentati dalla consapevolezza che non potranno mai esser parte della società, poi compariranno in base a questo filone l’Uomo ragno, Hulk, X-men. Il rinnovamento dei comics americani passa anche attraverso lo humor, grazie all’inventore di Peanuts, Shultz, le cui avventure si sviluppano in brevi strisce che si finiscono con folgoranti battute.
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6.2. L’avvento della fiaba. Nel paragrafo precedente si è costatato come intorno agli anni settanta si è ritornati a temi realistici, definiti anche minimalisti, perché trattano dai problemi minimi a quelli massimi dei grandi eroi, in modo nuovo e ponendo l’accento sul vivere o convivere quotidiano, senza avventure o drammi. Queste tendenze minimaliste compaiono anche negli ottanta e novanta con l’avvento del fiabesco, dei sogni e della fantasia associato al vivere quotidiano normale. Calvin and Hobbes, disegnato da Bill Watterson e lanciato nel 1985, che deciderà d’interrompere nel 1995 con disappunto dei suoi lettori. Calvin14 È un bambino fra i cinque e i sei anni, vive una vita normale con i suoi genitori, ha sempre con sé un suo animaletto di peluche, il tigrotto Hobbes. Nelle strisce occorre che, quando Calvin è con i suoi genitori, vive una vita normale, ma quando questi non ci sono il tigrotto Hobbes prende vita e accompagna Calvin nelle avventure sognate nella realtà; in questo fumetto c’è un insieme di caricatura e realismo, precisione e deformazione. Un altro fumetto che ha avuto grande successo è stato Dilbert nel 1989 e disegnato da Scott Adams, Dilbert è un colletto bianco dell’epoca del lavoro d’ufficio, con i computer in piccoli cubicoli riservati ai singoli lavoratori ed è accompagnato dal suo cane Dogbert, le figure disegnate in modo semplice sembrano maggiormente schemi grafici che vere illustrazioni, gran parte del suo successo è dovuto al fatto che per la prima volta l’autore accetta suggerimenti per le sue gag dalla rete Internet.
14
Calvin [Calvino] è il nome del riformatore religioso del Cinquecento che ha dato origine al calvinismo, confessione religiosa più radicale rispetto al luteranesimo, in F.Restaino, op cit, p. 116.
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CAPITOLO SECONDO
IL FUMETTO IN ITALIA
1. Stampa popolare dell’ottocento. Nel 1812 compariranno le prime sperimentazioni di stampe rivolte ai ragazzi tra cui L’amico dei fanciulli e qualche giornaletto dove incominciò a emergere i periodici per ragazzi. Dal 1830 con la comparsa di alcuni fogli destinati alla gioventù, nella quale l’illustrazione fu sacrificata a fini moralistici. Per la comparsa di alcuni giornali dove siano presenti delle immagini bisognerà attendere l’ultimo quarto di secolo, come scrive Giovanni Genovesi: “i giornalini non riuscirono ad esentarsi dall'assumere quel carattere pedantesco nel quale si scivola ogni qual volta si prescinde dalla vitale transazione del dialogo, denunciando così i nostri occhi una generale insufficienza democratica e quindi educativa "15 Le testate che si distinsero in quel periodo furono Il giornale dei Bambini, nel 1881 da Ferdinando Martini e Il Novellino fondato nel 1889 da Yambo (Enrico Novelli), questi si sforzarono di presentare ai ragazzi la realtà della vita spoglia da ogni retorica e di avvicinarsi al mondo di fantasia. Con la diffusione dei comic anche in Italia, numerosi figurinai (illustratori di libri per l’infanzia), si troveranno a lavorare sul fumetto e lo influenzeranno sul piano estetico e sul contenuto con i moduli della tradizione delle stampe popolari, religiose o profane.
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Giovanni Genovesi, La stampa periodica per ragazzi (da "Cuore" a Charlie Brown) I " Guanda Editore, Parma, 1972 - "http://www.psychomedia.it/pm/culture/cartoons/storia.htm, Storia del fumetto in Italia, Daniele Gianotti, MAURICE HORN-LUCIANO SECCHI, Enciclopedia mondiale del fumetto, Editoriale Corno.
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2. La stampa per ragazzi dal 1900 al 1945. Il primo esperimento di giornalino illustrato per ragazzi è Il Novellino, creato a Roma, fu il primo a ospitare una tavola integrale a colori nel 1904 di Yellow Kid compresa di balloon e fece conoscere in Italia due dei principali fumetti americani Foxy Granpa (Nonno Volpone) e Katzenjammer Kids (Bibì e Bobò). Uno dei principali giornalini in Italia fu il Corriere dei Piccoli, questa rivista veniva convenzionalmente chiamata il Corrierino, godeva di un cospicuo appoggio finanziario e tecnico, e riscosse notevole successo per poi diventare il giornalino più letto sia dai piccoli che dai grandi. La principale fisionomia che assunse il Corrierino e che perdurò nel tempo, è quella di aver mantenuto un equilibrio tra storielle vignetatte, rubriche articolate e testi scritti. Il corrierino monopolizzò la produzione americana che verrà svirilizzata dall’eliminazione delle nuvolette sostituite da didascalie sdolcinate e melense: versi a rima baciata. Molti ritengono che l’affermazione del fumetto in Italia coincida con la nascita del Corriere dei Piccoli, perché ha monopolizzato i fumetti americani e italiani e concedendo spazio all’immaginazione e al colore e puntando su storie comiche senza alcun risvolto moralistico. Intorno agli anni Trenta del novecento, periodo dell’avvento del fascismo, compariranno anche le prime riviste a fine propagandistico: il giornale dei Ballila, la Piccola italiana, Il Cartoccio dei piccoli. Il governo fascista vedeva con preoccupazione il crescente successo di modelli comportamentali che trasmettevano i comic statunitensi nei giovani e adolescenti (e anche adulti), lontani da quelli predisposti dal regime poiché gli eroi dovevano avere caratteri spiccatamente italiani, il Duce ne vietò l’importazione, salvando gli innocui personaggi di Disney per il valore artistico e per la modernità, destinati solo ai bambini.16 16
Cfr. A.Imbasciati, C. Castelli,op. cit, p.36.
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La svolta nel contesto italiano si ha alla fine del 1932 e si sviluppa negli anni successivi fino al 1937, incrementerà l’attenzione di bambini, adolescenti e anche giovani, entrando subito in azione importanti editorie: Mondadori, Nerbini, Lotario Vecchio.17 La casa editrice Lotario Vecchio comprese che i fumetti suscitavano un notevole impatto nei lettori e diedero alla luce la prima rivista settimanale Jumbo, pubblica all’inizio storie illustrate d’inglesi con didascalie in calce, ma poi si dedicherà ai primi personaggi in vignette con ballon. La consacrazione tra i grossi editori del fumetto avvenne per Mondadori quando, rilevato il Topolino (inizialmente Topo-Lino) di Nerbini l’11 agosto 1935, garantì l’esclusività del materiale disneyniano, dando anche una svolta al fumetto: abolì le didascalie sotto le vignette e diede spazio ad una articolata posta con i lettori, inserendo interessanti rubriche.
3. Il fumetto dal 1945 agli anni Settanta. Nella fase post-bellica riprende la vita civile e politica in Italia e fu accompagnata anche da una ripresa dell’attività editoriale relativa alla produzione e diffusione del fumetto. Tra le nuove riviste, Topolino proposta da Mondadori nel 1945, dopo essere stata sospesa nel 1943, in pochi anni questa rivista si rinnoverà e pubblicherà quasi esclusivamente materiale Disney, acquistò simpatia il personaggio di Paperino eterno nato-perdente, che finì per essere contornato da una serie di primari (Qui Quo Qua, Gastone, Paperon de Paperoni). Dal 1949 per iniziativa di Mario Gentilini, il settimanale fu trasformato in un mensile tascabile contenente solo personaggi Disney.18 Gli anni dal 1950 al 1955 vedono emergere la rivista, il Vittorioso che nel corso del decennio tenterà diverse vie, per rinnovarsi pubblicando materiale esclusivamente 17
18
Cfr. F.Reistano, op. cit, p.272. http://www.psychomedia.it/pm/culture/cartoons/storia.htm.
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italiano, anche il Corriere dei Piccoli continuò a pubblicare le sue tavole a colori con le didascalie, aprendosi a qualche pagina a fumetti, continuò a proporre i vecchi personaggi (Bonaventura, Bibì e Bobò, Sor Pampurio, Mio Mao) accanto a qualche nuovo personaggi, nel 1946 cambiarono il nome in Giornale dei Piccoli. Con la direzione di Carlo Triberti, iniziata nel 1959, incominciò a sentirsi aria di novità: i vecchi personaggi verranno gradualmente eliminati e le didascalie scomparvero per dar posto ai balloon. A questi settimanali si aggiungerà Il Pioniere 19nel 1949, presentò molti punti di contatto con il Vittorioso, la qualità della produzione è modestissima e gli scopi delle storie raccontate sono esplicitamente didattici e ideologici - politici, le novità principali sono quelle rappresentati da albi poveri e modesti che presentano personaggi nuovi rispondenti a esigenze e bisogni . Nel 1957 cominciò a essere pubblicato il giorno, un inserto per i più piccoli chiamato Il Giorno dei Ragazzi, l’inserto si avvalse della collaborazione di Jacovitti che vi designò un nuovo eroe: Cocco Bill. Gli albi a fumetti rappresentano per la storia del fumetto un capitolo importante, furono prodotti in tutti i formati oltre a ripresentare storie già comparse a puntate sui i giornalini divennero il tramite editoriale per la diffusione di avventure inedite di nuovi personaggi creati da autori italiani, furono fumetti d’azione, estranei da insistenze psicologiche, descrivono vicende narrative, inoltre è comune l’utilizzazione di eroi adolescenti così che i lettori possono immedesimarsi. Intorno agli anni 60, si diffuse una saggistica che si preoccupò di cogliere gli aspetti di questi nuovi mezzi espressivi, entrando nell’ambito di discussione psicopedagogico, rappresentano anni importanti, emerge la figura del semiologo Umberto Eco e del sociologo Roberto Giammanco.
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Per iniziativa comunista, dal 1964 uscirà come supplemento del quotidiano L’Unità e chiuderà nel 1967, pubblica prevalentemente materiale italiano e quello francese proveniente dal settimanale dell’editoria di sinistra Vaillant.
19
La nascita della rivista Linus nel 1965, fondata da Giovanni Gandini e la collaborazione di Vittorini e altre figure, fu la prima rivista specializzata nel campo dei comics Italiani.20 Linus presenterà dei tipi di fumetti che occorre leggere e rileggere se si vogliono individuare i segnali e significati più profondi. Linus propone riflessioni sul fumetto e sul genere narrativi anche per le loro implicazioni pedagogiche e critico-letterarie. Oreste del Buono dichiarava di essere un convertito a Charlie Brown, egli affermava: “Trovavo persone che ridevano leggendo Charlie Brown e cercavo questa parte di comico senza trovarla Però a un certo punto è avvenuta proprio una specie di rivelazione: ho scoperto che i fumetti di Charlie Brown sono assolutamente realistici. E’ avvenuta addirittura un’identificazione: Charlie Brown sono io. Da questo punto ho cominciato a capirlo. Altro che comico, era tragico, una tragedia continua. Ed ecco che ho cominciato a ridere. Un fumetto come diagnosi, prognosi ed esorcismo”21. La rivista Linus di fianco ai contenuti disegnati, pubblicò decine di articoli di storia e critica del fumetto contribuendo all’affermazione di questo modo narrativo, grazie a questo contributo anche la cultura ufficiale prese in considerazione il fumetto facendola oggetto di studio di diverse discipline: politico, psicologico, estetica, semiologica e pedagogica. Nasceranno degli istituti che s’interesseranno con una certa assiduità al fumetto: • “Centro di Sociologia della Comunicazione di Massa e Archivio Internazionale della Stampa a Fumetti dell'Istituto di Pedagogia dell'Università di Roma (che nel 1969 realizzò AZ Comics la prima enciclopedia alfabetica mondiale sui personaggi a fumetti),
20
Cfr. E.Detti, op.cit, p.10.
21
Charlie Brown e i fumetti. Umberto Eco intervista Elio Vittorini e Oreste del Buono, in Linus, n.1 , 1965.
20
• L'Istituto "Agostino Gemelli" per lo Studio Sperimentale dei Problemi Sociali dell'Informazione (I.S.P.S.I.V.) che si focalizzò sugli aspetti psicologici e sociali dei fumetti con studi pubblicati sulle riviste Ikon e I Quaderni di Ikon, • L'Istituto di Pedagogia di Roma che ha dedicato numerose pagine della rivista I Problemi della Pedagogia ai risvolti educativo-pedagogici del fumetto analizzandone i meccanismi di significazione, • L'Istituto di Pedagogia di Parma che ha svolto un lavoro analogo a quello di Roma pubblicando molti lavori sulla rivista Ricerche Pedagogiche. • L'Istituto di Storia dell'Arte dell'Università di Parma, che ha svolto " negli anni 1969-1970 " una ricerca sul fumetto sotto l'angolatura psicosociologica e semiologica.”22
22
http://www.psychomedia.it/pm/culture/cartoons/storia.htm.
21
CAPITOLO TERZO
LA GRAMMATICA DEL FUMETTO 1. I linguaggi del fumetto. Il fumetto si basa su un’idea molto semplice: disporre un’immagine dopo l’altra per indicare il trascorrere del tempo. I linguaggi non hanno solo la funzione di comunicare qualcosa, ma sono anche ambiente per produrre idee in diversi formati: linguistico, visivo, musicale, ecc. Il fumetto rappresenta un modo di raccontare ed è un testo che combina insieme parole e immagini declinate secondo una specifica sintassi, è un linguaggio che può essere utilizzato sia per comunicare che per produrre idee. All’interno del fumetto si possono individuare quattro tipi di relazione: • Inclusione: il linguaggio del fumetto è parte della narratività e si possono individuare caratteristici comuni a vari linguaggi; • Generazione: la forma del fumetto è tale perché è generata da altri linguaggi come l’illustrazione, la caricatura, la letteratura illustrata, ma anche dalle intuizioni che provengono dal cinema; • Convergenza: si trova a condividere con altri una comune radice o area d’espressione. • Adeguamento: inteso come la incorporazione di un altro linguaggio nel proprio ambiente, per mostrarne le potenzialità. Una delle specificità del fumetto è la molteplicità dei codici che, in quanto combinazione di parole e immagini, può offrire la complessità della situazione rappresentata.
22
Il fumetto essendo un linguaggio, comprende un suo vocabolario ed è costituito da una gamma di simboli visivi, tra cui il potere del cartone e il realismo, che si presentano sia separatamente che combinati. Lo spazio tra le vignette rappresenta il cuore del fumetto, dove l’immaginazione del lettore dà vita a delle immagini fisse, questo processo può essere sottoposto a quantificazione, classificazione e misurazione, ma rimane il mistero di come ogni lettore raffigura le sue immagini mentali, affidandosi alla sequenza visiva, il fumetto sostituisce lo spazio e il tempo.23
2. Gli aspetti tecnici. Tra i diversi aspetti tecnici che consentono di creare un fumetto, entrano in gioco le tecniche del disegno con le diverse impressioni che possono derivare dall’utilizzo di strumenti particolari (penne, pastelli, pennelli) e di colori (bianco, nero, tratteggi). Tali tecniche devono essere esercitate applicando delle regole di trascrizione che si basano sui modelli della prospettiva quattrocentesca che simula lo spazio nel modo naturale della percezione visiva. Per creare delle vignette di piccole dimensioni, principale caratteristica del fumetto, devono essere utilizzati dei criteri di semplificazione, intesi come selezione di elementi necessari per rendere l’immagine chiara. Il fumetto, si avvale di testi inseriti in nuvolette (balloons) che presentano delle differenziazioni in conformità a regole specifiche con riferimento anche alle caratteristiche del loro contorno che si leggono secondo le convenzioni della scrittura (dall’alto in basso e da sinistra a destra)24.
23
Cfr. S.McClound, Reinventare il fumetto. Immaginazione e Tecnologia rivoluzionano una forma artistica, Torino, Vittorio Pavesio Productions, 2001, pp.5-8.
24
Cfr. F.Bianchi, P.Farrello, op. cit, p.16.
23
2.1. La vignetta in sé. Il fumetto è un sistema di dipendenze interne (vignetta-testo, vignetta-vignetta), aprendo un albo a fumetti, in una pagina qualsiasi, è possibile individuare una successione di vignette separate da spazi bianchi e circondate da una linea nera continua, di forma rettangolare, ad ogni rettangolo corrisponde una vignetta in esso contenuta, la linea del rettangolo ne diviene la cornice, che consente di concentrare l’attenzione su quanto racchiude. Il contenuto all’interno della vignetta si presenta come un riassunto o come una sintesi coerente e rappresentativa della realtà, la vignetta è, infatti, una costruzione e il fumetto, che è un concatenarsi di vignette, in sostanza è un montaggio. Osservando una vignetta si percepisce una figura indivisibile, dove nell’icona rappresentata significati e significanti siano un tutt’uno,la vignetta non è un segno (nel senso denotativo), ma può funzionare come indizio a livello simbolico. Il disegnare un oggetto implica un cambiamento radicale della sua natura, esso diventa immagine di quell’oggetto, quindi avviene una trasformazione da cui è possibile una lettura coerente, e rende necessario il ricorso ad un codice perché la trasformazione abbia luogo (con codice si intende uno stile). La stilizzazione si può presentare in tre livelli: 1. “L’apprendimento: non si parla di tutto in un colpo solo, non è possibile improvvisarsi disegnatori. 2. La riproduzione delle scene e degli oggetti si compie attraverso determinate regole di trascrizione: l’inquadratura (l’arte di far cantare lo spazio) viene scelta dal disegnatore in funzione del suo soggetto, al fine di cambiare la composizione della pagina, la dimensione delle vignette corrisponde al tema trattato:
grandi
le
vignette
decorative,
piccoli
i
primi
piani.
Lo spazio è utilizzato anche nella profondità del campo, creando un effetto drammatico, nell’opposizione tra un personaggio vicino e uno relativamente lontano; la profondità di campo può essere utilizzata come supporto d’espressione alla separazione, della rottura e dell’avvicinamento pericoloso.
24
3. La semplificazione, si congiunge col desiderio di chiarezza cui si vuole tendere, il sistema di gesti dei personaggi del fumetto non genera equivoci. La totalità delle mimiche ed espressioni fisiognomiche, la maggior parte di atteggiamenti e gesti si riferiscono o a sentimenti elementari o a rapporti interpersonali (aggressione, inganno, soccorso), oppure ad azione banali (camminare, nuotare, leggere) o infine a comportamenti stereotipati.”25
2.2. La parola fatta immagine. I balloons, in italiano corrisponderebbe a fumetto, saranno sostituiti dal termine “nuvoletta”, quando si considera dalla cultura comune il fumetto come media. Le sue origini risalgono ai filatteri 26, nell’ambito della raffigurazione sacra indicavano cartigli o pergamene dipinte sulla scena e contenenti le parole pronunciate dai personaggi. La presenza dei filatteri risale al 1400, e pur avendo una forma di pergamena srotolata, una delle due estremità indicava la bocca dei personaggi, simile alla moderna pipetta. All’interno di un fumetto, si ritrova un rettangolo, dove si distingue un messaggio iconico e dall’altro un messaggio linguistico (testo e balloons). I balloons sono collegati a dei disegni secondo leggi di organizzazione specifiche ed esplicite, hanno una funzione semantica ed espressiva ed è importante in base al valore che l’autore ne dà all’interno della vignetta, essi contribuiscono alla forza comunicativa e alla comprensione di un’opera a fumetti La localizzazione dei balloons nello spazio indica la successione delle repliche, quindi la loro cronologia, e proprio essi rafforzano la nozione di tempo (il tempo che
25
Pierre Fresnault-Deuruelle, Il linguaggio dei fumetti, prefazione di Mario Giacomarra, Palermo, Sellerio, 1977, pp 41-42.
26
Dal greco phulakterion. Striscia di pergamena, contenente passi della Bibbia, che gli Ebrei tengono in due contenitori di cuoio legati alla fronte o al braccio durante la preghiera.
25
scorre è materializzato dalla sovrapposizione dei balloons, le ultime parole coprono le precedenti, quindi esiste un’analogia tra i balloons e la realtà che essi evocano). La motivazione contenuta nel segno, trova conferma dal fatto che i balloons, si presentano come la conversione grafica di un volume fonico-temporale. I filatteri, perfettamente chiusi, contengono la parola e gli trasmettono un carattere di sicurezza, però esistono balloon che escono dalla norma: •
Balloons che contengono molti punti esclamativi o interrogativi, servono ad indicare paura, perplessità, sorpresa, quindi compaiono emozioni in genere;
•
Balloons contengono una interiezione o un grido di meraviglia o di dolore, di solito si presentano in forma ovale, più o meno regolare;
•
Balloons zero, consente loro di essere assenti, si presentano come un testo non racchiuso.27
3. La relazione parola-disegno. Il fumetto è caratterizzato dall’associazione dei disegni e delle parole ed è definito dall’elemento centrale del suo stesso essere: il disegno. La vignetta non accompagnata da parole è rara e ubbidisce a precise funzioni: presentare il protagonista, descrivere l’ambiente, mostrare dettagli, rappresentare un movimento o il silenzio. Il disegno nel fumetto si presenta come autosufficiente, ma nel caso della parola si comporta diversamente, si conosce un’unica vignetta che contiene solo parole: •
Il Cartiglio28, ha lo scopo di riassumere o introdurre un nuovo avvenimento;
27
Cfr. P. Fresnault-Deuruelle, op. cit, pp.50-53.
28
È un elemento decorativo scolpito o dipinto racchiuso nell'immagine di un rotolo cartaceo, è il luogo del foglio, dove risiede il disegno (in genere in basso a destra) nel quale sono racchiuse tutte le informazioni necessarie a comprendere in miglior modo il complessivo raffigurato.
26
•
Onomatopeica29, in cui gli aspetti grafici hanno un ruolo descrittivo, come nel disegno.
Nella vignetta, le parole non sono illustrate da disegni, perché il disegno è fondamentale per rappresentare l’azione, quindi esso rappresenta un supporto essenziale a questo genere di storie. Parola e disegno concorrono a creare il racconto basandosi su un rapporto che, di volta in volta, può essere di selezione, quando le parole orientano i lettori sugli aspetti rilevanti della scena raffigurata, o di compensare ciò che le parole trattano ciò che non è rappresentato. Il modo in cui si relazionano parola e disegno nel testo avviene tramite la figura della ridondanza, che assume i significati di interazione, quando le parole ribadiscono ciò che il disegno già presenta, e quando lo scarto tra parole e immagine è notevole. Queste relazioni, conseguentemente portano nel racconto un’eccedenza d’informazioni che riduce l’ambiguità e rende il fumetto, un messaggio facile e ricco; il secondo aspetto riguarda la specificità dei due codici, digitale quello linguistico e analogico quello grafico, l’uso delle parole permette di sezionare il disegno producendo una sequenza di vignette.30
4. La relazione parole-suono-rumore e parole-emozioni-stati d’animo. Il fumetto fa uso di rumori e suoni visualizzati, tale linguaggio che non si ritrova in altre forme di comunicazione. Queste parole-suono-rumore sono collocate fuori dai balloons (riguarda la realtà che gli sta intorno o comunque un rapporto sonoro fra i personaggi e realtà); la grafica delle parole rende figurativo il rumore (le lettere sono scritte a caratteri grandi, molto distanti o addossate le une alle altre, con colori vivaci, e sono disposta 29
L'onomatopea è una figura retorica che riproduce, attraverso i suoni linguistici di una determinata lingua, il rumore o il suono associato a un oggetto o a un soggetto cui si vuole fare riferimento, mediante un procedimento iconico tipico del fonosimbolismo.
30
Cfr. P. Fresnault-Deuruelle, op. cit, pp.62-64.
27
così da occupare parte dell’inquadratura 31.Dal punto di vista semantico, il fumetto tende a dare alle parole un carattere onomatopeico, il più delle volte quest’uso è riservato ai termini inglesi già onomatopeici e del linguaggio comune. Altro linguaggio è la sonorizzazione visiva degli stati d’animo dei personaggi (emozioni, paure, stupore), sia nelle parole-suono-rumore e sia parole-emozioni-stati d’animo si nota la mancanza di descrizioni di tipo letterario per questi fenomeni. Il fumetto, per comunicare gli stati d’animo dei personaggi, tende a dar loro un’immagine, raffigurandoli visivamente con un’operazione di sintesi semantica, attraverso parole (gulp!, grrr!), questi termini si ritrovano inseriti nei balloons, poiché si riferiscono a personaggi particolari, ma graficamente sono esposti diversamente (il segno è più grosso, le lettere possono essere colorate), la decodificazione avviene attraverso un rapporto con l’immagine. Attraverso una percezione tipo gestaltico del fumetto si può dare un significato a ogni particolare presente nell’inquadratura.
5. La relazione tra vignette. La vignetta quando viene introdotta da sola, ha un significato, pur presentando un significato povero dal punto vista denotativo che sarà precisato dalle vignette precedenti e dalla vignette seguenti, il valore di una vignetta dipende proprio dalla sequenza ordinata a cui appartiene. La prima vignetta può avere un valore descrittivo, aperto a tutte le significazioni, le successive vignette sono gli sviluppi che l’autore del fumetto ritiene, connessi secondo due tipi di relazione discontinua: totale o parziale. La discontinuità totale si riscontra quando l’autore realizza una vignetta in cui la preoccupazione è la qualità del disegno, una pausa pittoresca nel racconto, con il quale esiste una relazione estrinseca32. 31
M.Dallari, R.Farné, Scuola e fumetto. Proposte per l’introduzione nella scuola del linguaggio dei comics, Milano, Emme, 1977, p. 92.
32
Cfr. F.Bianchi, P.Farello, op. cit, p. 17.
28
La discontinuità parziale è essenziale nel racconto, perché gli spazi che delimitano e distaccano fanno progredire il racconto, realizzando una continuità. Queste separazioni svolgono funzioni diverse tra le vignette scelte in funzione della loro tipicità, si possono trovare salti: “Temporali, se individuano due scene in momenti diversi; Spazio-temporale, quando a un salto temporale si accompagna un salto spaziale; Spaziale, se in forma d’inserzioni indicano la contemporaneità; Tecnici, le inquadrature giocano un ruolo dissociativo, secondo cui due vignette possono avere un carattere oggettivo o soggettivo (la vignetta è creata nel modo in cui viene vista dal personaggio) e dall’altro possono collegarsi secondo un rapporto interno o esterno (si vede la scena che vede il personaggio e successivamente si vede il protagonista da un’altra angolatura)”.33 I salti che collegano una vignetta all’altra nella discontinuità parziale corrispondono alla necessità di produrre un continuum ideale. Il collegamento in senso forte nasce però dal testo, che s’incarica di selezionare i significati e di concatenare gli eventi descritti nelle vignette, e dal disegno, che crea contiguità tra due vignette secondo rapporti d’identità o di consequenzialità.
33
Ibid.
29
CAPITOLO QUARTO
SCUOLA E FUMETTO 1. Il fumetto perché? Introdurre il fumetto nell’ambito scolastico ha destato diverse preoccupazioni, per quanto riguarda il modo in cui questo inserimento può essere realizzato, in diversi professionisti, i quali hanno sentito la necessità di rinnovamento che non ha coinvolto solo le insegnanti ma anche i diversi operatori. Da qui deriva la necessità di una scuola che tende a formare una struttura culturale aperta e sistematica; tale struttura è in grado di dare spazio alle nuove conoscenze e inquadrarle in un contesto entro il quale si devono operare delle scelte prioritarie di conoscenze (conoscenze comuni) che si ritengono fondamentali per tutti. La questione del fumetto, come quella degli altri media, diviene questione di rinnovamento dei contenuti. Roberto Maragliano, in un libro34 che tratta i problemi dell’attuale dibattito pedagogico, sottolinea come il tema di nuovi contenuti travalichi sotto certi aspetti la scuola stessa; ne deriva secondo lo studioso: “Non si tratta, a livello di macrosistema politico, di ipotizzare un nuovo catalogo delle
scibile, astrattamente, con un’operazione illuministica; né, a livello di macrosistema didattico, di trovare una soluzione tecnica per dare maggiore attualità e lucentezza alla proposte formative. Il problema è più ampio e riflette l’esigenza di definire ed innalzare gli obbiettivi formativi della scuola, facendo di questo compito un’occasione per un confronto sia ad un tempo socio-politico, storico-scientifico, pedagogico, e che sappia misurarsi con il quadro economico.”
34
A. Visalberghi, R.Maragliano, B.Vertecchi, Pedagogia e scienze dell’educazione, Milano, Mondadori, 1978, pp.151-152.
30
Questo è l’unico modo per aprire le strade alle improvvisazioni didattiche. La domanda che si sono posti diversi studiosi è: ” Perché il fumetto dovrebbe far parte delle conoscenze dei giovani?” In una tavola di Sergio Staino si trae spunto per rispondere ai problemi pedagogici. In questa tavola il protagonista è Bobo, è rappresentato in estrema difficoltà a causa della propria bambina, che in occasione del festival dell’Unità nello spazio dedicato alle menzioni di storia, disegna un gigantesco robot simile a quello dei serial televisivi. Di fronte all’evidente disappunto dei presenti cerca di trovare una giustificazione dicendo “Eppure vi assicuro che io ogni sera le leggo brani di Rodari e Italo Calvino”.
Per la verità Bobo non ha nulla da rimproverarsi e la sua
giustificazione denuncia l’ignoranza dell’adulto rispetto al rapporto che ha il bambino con i media. 35 Bisogna vedere le implicazioni e le conseguenze, senza trascurare gli aspetti che consentono interventi educativi adeguati. Le nuove generazioni, grazie ai media possiedono un bagaglio di conoscenze, ma privo di punti di riferimento, apprese casualmente, quindi ci troviamo di fronte al paradosso di giovani più ricchi di informazioni e conoscenze, ma privi di una reale cultura, perché la scuola non ha saputo organizzare quelle conoscenze. A tal proposito, Galli afferma: “Non può essere produttiva senza la conoscenza e la comprensione del ruolo giocato dalle esperienze extrascolastiche sull’istruzione fornita dalla scuola, e senza la capacità di giudicare il peso e la portata di queste influenze, senza prevederle e senza programmare-eventualmenteun antidoto scolastico alla loro azione.”36
35
Cfr. E.Detti, op. cit, pp. 145-146.
36
M.Callari Galli, Antropologia e educazione, L'antropologia culturale e i processi educativi, Firenze, La nuova Italia, 1975, p.15.
31
Importante è per la scuola ciò che avviene fuori, per riconoscere che cinema, televisione e fumetto hanno un peso nelle esperienze extrascolastiche dei giovani.
2. Problematiche di pratica educativa. Introdurre nuovi contenuti nei procedimenti formativi comporta dei problemi di metodo e di ricerca degli strumenti più adatti. A livello pedagogico, l’idea che la ricerca possa essere davvero un valido strumento per i procedimenti formativi si sta ormai affermando; Visalberghi, un pedagogista, definisce “via regia” il metodo della ricerca. Egli fa riferimento a studenti di pedagogia e insegnanti in fase di aggiornamento, ma individua come la ricerca può essere inserita anche nella scuola elementare, purché si tenga conto della realtà psicologica del bambino. Prendendo spunto da Piaget, mostra come la capacità e il pensiero del bambino cambi nell’arco di cinque anni di scuola elementare (soprattutto tra i sette e otto anni) che comincia a giustificare le sue asserzioni. Analogamente, Visalberghi afferma che intorno a quest’età che il bambino può cominciare a ricercare prove empiriche per ciò che è fatto di pensare sulla natura esterna, sull’interpretazione di determinate cose che vede, ma ciò non vuol dire che la ricerca debba essere introdotta a questa età ma può essere introdotta anche dalla prima elementare37. Un altro pedagogista Francesco De Bartolomeis, in due opere, dà rilievo a dei momenti diversi rispetto alla ricerca: intuizione, impulso, emozione e quello dell’avvertimento. Egli affermava: “La produzione culturale è la risposta a un impulso di realizzazione di origine interattiva; risposta in cui elementi critici e problematici sono frammisti a intuizioni e a irrazionalità,
37
A.Visalberghi, op. cit., p.286 Tale livello è raggiunto dal bambino nella nostra società. In altre, infatti, può essere diverso perché capacità e pensiero mutano a seconda del tipo di esperienze e di stimoli culturali che il bambino vive nella propria comunità.
32
rapporti necessari non escludono coesistenze accidentali, il dominio cosciente non si contrappone a influssi inconsci a emozioni e a vitalità fisica.C’è dunque insieme disegno netto e perdita dei suoi confronti, ambigua definitezza (precisazione, vincoli, esclusione), senso di raggiungimento e di compiacimento, sicurezza e disorientamento. C’è una concentrazione per scavare intenzionalmente in direzione di qualcosa di determinato, ma c’è anche associazione improvvisa, coatta che, inspiegabile al suo nascere, ha potere di spiegare se riusciamo a usarla. L’ipotesi nega evidenze che sono assuefazioni nei comportamenti e nelle valutazioni. A volte sono la premeditazione e la programmazione a dare frutti; altre volte, invece, l’insorgenza produttiva prorompe dalle note zone d’incubazione, ci sorprende, quasi che non ci appartenesse”.38 Questa citazione mostra, come la rivalutazione di aspetti irrazionali porti al ritorno dell’intuizionismo e all’irrazionalismo. De Bartolomeis, riteneva che bisognasse riconoscere che nei processi d’apprendimento di ricerca, vi sono anche aspetti extralogici alla ricerca stessa: i processi di apprendimento procedono per salti, infatti, dal momento della formulazione del problema alla fase della soluzione e poi successivamente dell’approfondimento, si inserisce un periodo di latenza di ristrutturazione inconscia. La visione di De Bartolomeis, porta a rivalutare i processi dell’apprendimento, considerando aspetti che la cultura odierna ha sempre rifiutato; prima di tutto il piacere in contrapposizione a processi di apprendimento. Egli riteneva che si possa apprezzare un libro o un film, immergendosi in esso, c’è concentrazione con l’immediatezza delle emozioni, che spingono l’intelletto a sintesi di significati, si sollecitano le capacità intuitive, si prova un’emozione nel partecipare in esperienze importanti, e quindi ciò porterà al fumetto intenso come uno dei tanti mezzi di lettura.39
38
F. De Bartolomeis, Produrre a scuola, Milano, Feltrinelli, 1983; Le attività educative – Organizzazione, strumenti, metodi, Firenze, La nuova italia, cit. p. 25.
39
Ivi, p. 39.
33
Nel sistema scolastico la popolazione studentesca è in crescita e il fatto che non siano aumentati i lettori fa sorgere in diversi studiosi dei dubbi sul sistema formativo e in particolare sul modo in cui lettori sono avvicinati alla carta.
3. Mente e mano. Bruner ha sempre mostrato una forte attenzione al rapporto tra il fare e il conoscere, nelle sue opere sui processi cognitivi, emerge quest’aspetto, ma in un’intervista del 1988 e gli sosteneva: “[…]La mente sta nella mani del conducente, nelle dite dell’operaio, nelle braccia dell’atleta, sta dove c’è azione e non semplicemente nella testa. Non ci può essere intelligenza completa se accanto al “saper come” non c’è anche il “saper cosa”, accanto alla nozione non c’è anche l’abilità psicomotoria. Sapere significa agire e solo attraverso il fare qualcosa che si pensa, si conosce ciò che fa la mano: la mano corregge la mente, la mente corregge la mano”.40 L’asse educativo sta nel rapporto fra sensorialità e razionalità, fra il conoscere e il fare, questo non significa che nell’ambito scolastico i momenti cognitivi e operativi non possano essere distinti, anzi fruizione e produzione si presentano spesso come momenti distinti, ma l’importante è che fra i due momenti intercorra un legame che li renda interdipendenti. Bruner insiste sul recupero dei due momenti e indica fra le attività formative anche la produzione e le abilità manuali; sotto quest’asse, lo psicologo vede una nuova educazione, ritenendo che fosse fondamentale assicurare ai bambini l’opportunità di compiere attività costruttive, gioco e produzione artistica, egli riteneva rilevante uno sviluppo più approfondito piuttosto che sviluppo cognitivo accelerato.Amleto
Bassi
in
collaborazione
con
Antonio
Santoni
Rugiu 41
argomentavano il nesso che esiste tra attività costruttive ed artistiche e sviluppo cognitivo, dimostrano
come la mancanza
di momenti produttivi impedisca lo
sviluppo di tutte le altre facoltà, comprese quelle intellettive, logiche e razionali. 40
L’opera a cui viene fatto riferimento è J.S.Bruner, Il conoscere. Saggi per la mano sinistra, Roma, Armando, 1976.
41
A.Bassi, A. Santoni Rugiu, Creatività e deprivazione artistica, Firenze, La nuova Italia, 1969, p.96.
34
L’aspetto linguistico-letterario restò predominante e ha comportato una diffidenza verso ogni discorso sulle immagini permettendo una fruizione in cui emotività, passione e irrazionalità sono fondamentali, perché potrebbe sovvertire l’educazione tradizionale. Colui che ha creduto nel campo produttivo espressivo e ha mostrato un’attenzione alla produzione-fruizione è Gianni Rodari 42; nella sua “Grammatica della fantasia” introduce l’arte dell’inventare storie, e che quindi vuole rendere gli uomini artisti, ma soprattutto
sviluppare
nell’uomo,
attraverso
l’invenzione,
le
capacità
creative(utilizzate poi in qualsiasi momento della vita). Egli cerca di formare un uomo completo, capace di comprendere il mondo nella sua totalità, di immaginare e di cercare una vita migliore. Egli tende a dare altre delucidazioni sulla produzione artistica nelle storie e nei fumetti inventati nella scuola, ritenendo che non bisognasse esprimere dei giudizi estetici su queste produzioni perché sminuiscono il loro valore, che è quello dell’esercitazione. Le produzioni scolastiche, sono esercitazioni che hanno lo scopo di fornire gli strumenti fondamentali di espressione, di comprensione, di analisi e di critica. Inventare e disegnare un fumetto sono un esercizio utile, comporta: l’ideazione di una storia, il suo trattamento, la sua strutturazione e organizzazione in vignette, invenzione di dialoghi e caratterizzazione fisica dei personaggi, cosa che i bambini si dilettano a fare da soli.
4. La produzione del fumetto. Il momento della produzione serve all’acquisizione di nuovi strumenti, finalizzati alla formazione di uomini capaci di modificare la comprensione e la presa di coscienza di un problema fondamentale: per produrre fumetti occorre attuare operazioni complesse, seppur i bambini riescano a realizzarli con disinvoltura.
42
G.Rodari, Grammatica della fantasia : introduzione all'arte di inventare storie, Torino, Einaudi, 1973, p.6.
35
Inventare un fumetto, inventare una storia è un momento marginale rispetto a tutto il lavoro, occorre frazionare la storia in unità narrative e stabilire le vignette necessarie a rappresentarle; riflettere e decidere se si vogliono aggiungere o meno altre vignette di carattere descrittivo; scrivere i testi, i balloons e sceneggiare le vignette in maniera che testo e disegno diano un’informazione sufficientemente chiara al messaggio che si vuol comunicare; infine, studiare i personaggi anche fisicamente. Molti studiosi hanno rivendicato nel disegno un’espressione libera e spontanea in contrapposizione al disegno che imponeva modelli, tecniche e codici. Tonucci riteneva che: “Credo che sia più vera quella creatività che non è una tecnica, né una materia, ma un modo di insegnare, un atteggiamento, una disponibilità che si fonda sulla fiducia verso gli altri. Sarà creativo l’insegnante nella misura in cui crede che il bambino sa fare certe cose e lo aiuta a trovarle, a svilupparle; sarà invece repressivo l’insegnante che vuole insegnare, dare, imporre. Educare al disegno significa rispettare, aiutare, scoprire insieme: il bambino farà delle cose stupende. Basta essere un po’ disponibili da pensare che il bambino ragiona ovviamente con la sua testa e non con la nostra”.43 Tonucci afferma che per insegnare il disegno occorre una preparazione professionale dell’insegnante, che invece in passato considerava il disegno, una materia di poco conto, e, infatti, questo si evidenzia come nel disegno si è molto poco indicativi, si preferisce lasciare il bambino libero di disegnare. La spontaneità è una fase importante per lo sviluppo della fantasia, come per altre abilità, occorre passare da una fase spontanea a una progettuale, cioè in qualche modo controllata razionalmente, è ormai ripetuto da più parti (ciò significa rispettare la spontaneità e la creatività, senza fornire materiali, tecniche e stimoli che aiutino l’allievo a superare proprio le stereotipie classiche). Munari scrive che i bambini non devono essere abbandonati a loro stessi senza alcun aiuto, perché se a questi non è allargata la conoscenza con giochi creativi, essi non potranno fare quelle relazioni tra 43
F.Tonucci, La ricerca come alternativa all’insegnamento, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1975, p. 12.
36
le cose conosciute, o ne potranno fare in modo molto limitato, cosicché la loro fantasia non si svilupperà. I bambini dipingono quello che vedono e quello che sanno: un prato, una casa, delle montagne, quindi la creatività va stimolata con giochi, attraverso la quale i bambini possano imparare qualcosa di nuovo, ovvero possano impadronirsi di tecniche nuove e quindi capire le regole del linguaggio visivo. Ogni disegno contiene un messaggio, ma se non è costruito con le tecniche del linguaggio visivo, il messaggio non è ricevuto e così non ha comunicazione visiva, quindi bisogna conciliare la libera espressione con l’intervento educativo 44. Bisogna insegnare le regole del linguaggio visivo e avvicinarsi alle attività ludiche, perché incrementa la passione, la partecipazione emotiva e all’operatività, quindi per un ottimo intervento educativo, si deve garantire la spontaneità, fornire le conoscenze utili per migliorare le capacità, il gusto dell’inventiva, della progettazione e, infine, proporre tecniche e cognizioni per operare meglio. Alcune ricerche sul disegno infantile hanno dimostrato che quando un insegnante o educatore evita di imporre dei modelli, soprattutto nei bambini si verificano due condizioni contraddittorie: •
da una parte ricalcano nozioni tradizionali a loro note;
•
dall’altra tendono a inventare nuove regole, quest’atteggiamento deriva dal fatto che la creatività utilizza dei modelli convenzionali, non esclude la possibilità di inventare ex-novo, sulla base di specifiche esigenze. 45
4.1. Nuovi rapporti fra produzione e fruizione. La fruizione e produzione sono due momenti interdipendenti, dove la mente si serve di conoscenze uguali. Nella fruizione le conoscenze vengono usate in entrata, mentre nella produzione in uscita.
44
B.Munari, Fantasia, Bari, Laterza, 1977, pp. 122-123.
45
Cfr. E.Detti, op. cit, p. 175.
37
Educazione della mano e della mente sono aspetti rilevanti, soprattutto in questa epoca è analizzato il loro rapporto dal punto di vista pedagogico. Nella pratica educativa, si favorisce il momento della fruizione soprattutto nelle discipline in cui la produzione e l’espressività sarebbero fondamentali.
4.2. I processi cognitivi. Il fumetto attiva una serie di variabili cognitive che riguardano le conoscenze preesistenti o preconoscenze, l’elaborazione d’informazioni, come: •
Traduzione sensoriale dei segni e dei grafemi per immagini e fonemi;
•
Memoria
di
lavoro
che
elabora
parole
e
immagini,
costruendo
un’interpretazione sulla base delle informazioni che il testo offre; •
Memoria a lungo termine che ha la funzione di conservare l’informazione elaborata dopo guidato dall’alto la comprensione.46
E infine la metacognizione, intesa come una serie di conoscenze del soggetto sul funzionamento della mente. In fase di comprensione, la sensibilità metacognitiva richiede che il soggetto conosca le regole di costruzione di un testo che rendano fruibili i racconti e definiscano i ritmi di lettura, di controllare il processo di comprensione, l’utilità di accedere a diverse e opportune strategie di comprensione e un atteggiamento attivo di fronte al testo. In fase di produzione, oltre a mantenere attive le funzioni, il soggetto deve saper attivare le abilità:
46
Cfr. F.Bianchi, P. Farello, op. cit, p. 20.
38
•
“Previsione: formulazione sintetica dello scopo del racconto, individuazione di percorsi paralleli o trasversali;
•
Progettazione: recupero dalla memoria a lungo termine di contenuti, scelta di strategie; espressive-sintattiche, organizzazione testuale del racconto, applicazione della sintassi;
•
Monitoraggio: controllo delle diverse fasi esecutive rispetto a regole e scopi;
•
Valutazione: revisione del testo, analisi dei risultati parziali e globali e correttezza della fasi precedenti.”47
La metodologia produttiva-creativa consente alla scuola di stimolare la comunicazione e la comprensione tramite il fumetto; produrre da parte dei bambini e ragazzi sia individualmente o in gruppo dei fumetti, sia in rapporto alla vita culturale della classe o della scuola sia a livello di un testo libero.
5. La didattica dell’uso dei comics. Introdurre nella scuola dei linguaggi non verbali e dei mezzi di comunicazione di massa, può portare ad affrontare un problema: quello dell’uguaglianza, nel senso di parità di tutti i linguaggi tradizionali. In realtà dal punto di vista pedagogico, questa principio d’uguaglianza è visto come errore di analisi, poiché nella socio-cultura odierna non tutti i linguaggi hanno lo stesso riconoscimento. Il linguaggio scritto-verbale rimane quello maggiormente presente e più usato, perché consente una maggiore simbolizzazione e una ricchezza quantitativa
47
Ibid.
39
nell’elaborazione dei concetti. Questo ha comportato nella scuola un assolutismo linguistico, e sulla base di conoscenze e capacità d’uso delle regole formali del linguaggio scritto-verbale. La scuola deve aprirsi verso una pluralità di linguaggi e nella possibilità di mettere ognuno (bambini e ragazzi) nella condizione di esprimere le proprie possibilità e potenzialità con i mezzi che vi sono a disposizione. La società si presenta come una realtà segnica di cui si viene sempre a contatto, definita anche civiltà dell’immagine.48 L’immagine visiva senza l’integrazione del linguaggio verbale è inconcepibile, le immagini subiscono una codificazione a contatto con alcune formazioni del linguaggio verbale, quello che l’immagine esprime spontaneamente è indicato dalle parole che lo accompagnano e ne restringono il senso a una o più significazioni, come afferma Bettetini 49. Il linguaggio scritto-verbale interviene a definire il campo d’interpretazione dell’immagine e a coglierne il significato. Il fumetto si pone come risultato linguistico ed espressivo dove la parte verbale non solo spiega il significato da attribuire all’immagine, ma è parte completante all’immagine, quindi la lingua scritta e parlata subisce nelle sue potenzialità comunicative del rapporto con l’immagine nuovi significati.
6. Una nuova pedagogia. Antonio Faeti 50ha compiuto una serie di ricerche che si avvicinano a prendere in esame dei materiali (dalla narratività per l’infanzia, dagli illustratori ai mezzi di comunicazione di massa), studiandoli nella loro evoluzione e nei loro rapporti e ricondotti all’interno di un contesto in modo da formare un tessuto nuovo, così da arrivare a diverse implicazione pedagogiche. 48
Cfr. M.Dallari, R.Farné, op. cit., pp.55-57.
49
Si fa riferimento all’opera Bettetini, saggio Cinema: Lingua e scrittura.
50
A.Faeti, Guardare le figure,Torino Einaudi, 1972. p.7.
40
Nel testo “Guardare le Figure”, analizza le opere degli illustratori dei libri d’infanzia evidenziando come questi riescono a inserire nella letteratura per l’infanzia istanze pedagogiche, e rifacendosi ai primi figurinai, realizzavano opere che sembrano adatte a perseguire un particolare scopo. Questi disegnavano spesso feuilletons 51 italiani, ma quando illustravano i libri per l’infanzia, interrompevano la coerente esattezza del progetto pedagogico che vorrebbe vietare ai bambini la conoscenza di tutto ciò che è diverso, così il lettore si avvicina ai simboli che la tradizione iconografica ha conservato dal Novecento, riproponendo un’eredità che sarebbe stata perduta. Questo fu possibile poiché la cultura ufficiale aveva nei confronti dell’immagine un atteggiamento di sottovalutazione. Il figurinaio scomparirà quando, con il fumetto e il cartone animato, egli sarà coinvolto nel progetto produttivo. Faeti sosteneva che la scuola ha perso l’occasione di una promozione culturale nel campo della comunicazione di massa, passando (per quanto riguarda il fumetto) da una posizione di rifiuto a una d’accettazione passiva: la nascita di un fumetto sempre più sofisticato o di buona qualità. L’autore ritiene che un approccio al fumetto richieda conoscenze e informazioni specifiche che gli insegnanti non hanno, e per non cadere in questo errore si può considerare il fumetto come un sussidio per l’educazione e l’intelligenza, quindi bisogna partire dal presupposto che bisogna evitare di muoversi sulla base di giudizi preordinati, ma ricercare nei dati oggettivi i presupposti di ogni riflessione. Delinea un progetto educativo integrando una migliore definizione del fumetto, il dialogo che il fumetto intrattiene con gli altri media che compongono l’insieme degli strumenti di comunicazione in uso attualmente. Va usato per conoscere i comics e collocarli entro una dimensione socialmente definita dove possono essere comprese le funzioni di cui un educatore deve tener conto. Il fumetto consente una comunicazione sociale, trasmettere sentimenti e ideologie, come teatro di miti superstiti o rinnovati. 51
Si trattava di un romanzo che usciva su un quotidiano o una rivista, a episodi pubblicati in genere la domenica.
41
Un altro pedagogista s’interessò del fumetto, Giovanni Genevosi, i cui studi si basarono su due punti essenziali: •
Rivalutazione non priva di critiche della stampa per ragazzi, come un patrimonio di esperienze che si può migliorare.
•
La convinzione che occorre un intervento educativo, in primo luogo nella scuola, affinchè vi sia una fruizione più consapevole, critica e spontanea.
In suo studio scrive: “La risoluzione di una tale impasse sta, secondo noi, nell’opera educativa, cioè nell’utilizzazione intelligente di qualsiasi strumento che mostri le sue possibilità di instaurare un rapporto umano con l’altro. E a noi, qui, premeva soprattutto evidenziare come il fumetto possa essere uno di tali strumenti utili per suscitare nel rapporto educativo, una visione nuova delle cose che ci circondano,”52 Il fumetto può essere uno degli strumenti utili per suscitare, nel rapporto educativo, una visione nuova delle cose che ci circondano. L’aspetto più importante della pedagogia di Genovesi è individuare dei valori impliciti al fumetto e alla lettura, assegnare un grande valore educativo dei generi narrativi perché offrono possibilità distensive e compensazioni psichiche utili per scaricare tensioni.
52
G.Genovesi, Linguaggio e struttura del fumetto, in <<Ricerche pedaogiche>>, n27-28 aprile-settembre 1973.
42
PARTE SECONDA
ANIMAZIONE
43
CAPITOLO PRIMO
IDENTITÀ DEI PROCESSI ANIMATIVI. 1. Storia dell’animazione. Il termine animazione sociale e identità dell’animatore risale al contesto della “Maison de la culture”, nata in Francia intorno al 1930, grazie a una iniziativa di partiti e intellettuali di sinistra che, in seguito fu istituzionalizzata e diffusa in tutto il paese. La Maison svolse un ruolo di rilievo nel garantire una cultura gratuita a disposizione delle masse. L’operazione consisteva nel creare dei progetti con la presenza attiva nel territorio di centri culturali, dove intervenivano degli animatori culturali. Questi specialisti si occupavano di progetti animativo-educativi che culminavano in eventi esemplari: mostre, conferenze, rappresentazioni teatralicinematografiche, dibattiti e musei etc. L’animazione era un’educazione popolare alla ricerca di azioni di qualità e creò un grande successo sociale suscitando, a livello di massa, bisogni culturali. Le Maison, erano luoghi dove l’animazione era progettata come strategia capace di creare un clima emozionale verso la cultura, in controtendenza alla trasmissività del metodo scolastico, permeato dall’intenzionalità educativa. 53 Nel corso della storia diversi teorici hanno dato una definizione di animazione socioculturale, una prima tipologia tratteggiata da Pujol e ripresa da Besnard, 54fu quella di individuare tre filoni teorici che rappresentano il campo d’analisi dell’animazione come fenomeno sociale: 53
Cfr. M.De Rossi, Didattica dell’animazione.Contesti, metodi, tecniche, Roma, Carocci, 2008, pp 15-17.
54
P.Besnard, Problematica dell’animazione socio-culturale, in M.Debesse, G.Mialaret (a cura di), Trattato delle scienze pedagogiche:storia, teoria e pratica dell’animazione socio-culturale, Armando, Roma 1980, vol. X, pp.89-143; Pjoul, La formazione degli animatori, in Debesse, Mialaret (a cura di), Trattato delle scienze pedagogiche,cit, vol.X pp. 70-151.
44
1. “L’animazione come “sistema” con funzione di socializzazione, ludica e ricreativa, educativa e culturale, di sostegno in situazione di difficoltà (detta ortopedica) e trasformativa. 2. L’animazione come “nuovo controllo sociale liberatore e regolatore”: il quale l’animazione è il risultato della comparsa del tempo libero, accresciuto dal fatto che il tempo sociale dominante dipende dal tempo liberato. 3. L’animazione come “progetto ideologico”, in cui si trovano idee di partecipazione, di azione collettiva, di rivendicazione socioculturale, di lavoro contro le ineguaglianze. Tale prospettiva che trova fondamento dalla corrente di pensiero rogersiana degli anni cinquanta, trasforma il concetto di animazione in progettualità pedagogica”.55 La funzione dell’animazione, si articolava in due aree fondamentali: la prima commerciale, dove le pratiche rispondono all’esigenza di contatto tra gli individui e di padronanza nella vita quotidiana utilizzando e consumando prodotti di massa; la seconda di natura socioculturale, costituita da azioni a carattere educativo a innalzare e diffondere il livello di cultura generale.
2. L’Animazione in Italia. Lo sviluppo dell’animazione in Italia ha avuto un diverso percorso, suddiviso in varie fasi legate alle specifiche trasformazioni sociali e politiche. Secondo Pollo56, gli anni del decollo dell’industria culturale e dell’avvento della scuola di massa costituiscono il primo periodo di sviluppo di questa prassi, intorno ai temi della creatività, rispondendo alla crisi della scuola tradizionale e, quella prodotta dalle trasformazioni dei modelli e dei processi di elaborazione e di trasmissione della cultura sociale.
55
Cfr. M.De Rossi, op. cit, p. 19.
56
M.Pollo, La storia dell’animazione, in Verso un documento base dell’animazione, in “ Animazione Sociale”, n.5, 1998 pp. 30-43.
45
Il termine dell’animazione e dell’animatore, nel corso degli anni sessanta e settanta, fu utilizzato nel dibattito politico e scientifico relativo ai temi delle riforme. L’animazione ha esplorato sia i territori della ricerca pedagogica attraverso la sperimentazione di modelli definiti come esperienza pedagogica attiva, sia nell’espressività nelle varie forme artistiche e sociali. All’inizio della storia dell’animazione, la scuola rappresentò uno dei luoghi privilegiati di sviluppo delle azioni animative, sorretta anche dall’interpretazione della normativa, caratterizzata da un’apertura ai cambiamenti e consentendo delle innovazioni didattiche e delle “ libere attività creative”, sollecitate nel doposcuola e stabilite nei programmi della scuola elementare nel 1955, nella scuola divennero potenziali sperimentazioni curricolari, grazie alla legge 24 Settembre 1971, n.820. L’iniziativa autorizzava l’assunzione in ruolo di nuovo insegnanti così da poter realizzare
progetti
di
tempo
pieno
come
qualificazione
d’innovazioni
metodologico-didattica progettata per mettere l’alunno e i suoi processi di apprendimento al centro dei processi d’istruzione. Nell’ordinanza del 1975 entrava ufficialmente in vigore il termine dell’animazione a sostegno di una serie di “libere attività”che andavano svolte, animate, da una figura di insegnante o animatore con particolari competenze psicopedagogiche e conoscenze tecniche specifiche. In quegli anni si attuano delle innovazioni sotto il profilo metodologicodidattico, favorendo le attività sperimentali nelle aree curricolari. L’animazione si consolida nel sessantotto, costituendo il momento in cui l’attenzione si amplia, nell’ambito della scuola dell’obbligo già indirizzata verso l’innovazione, si sposta nel territorio basandosi sulle esigenze di dare nuove risposte ai problemi e alle complessità emergenti. Sono gli anni in cui le amministrazioni locali cominciano a ideare attività socioculturali diffuse e progettate verso situazioni formali, come le scuole, e non formali che stanno diventando realtà concrete che si materializzano in centri 46
sociali di quartiere, agenzie educativo-formative e ricreative per il tempo libero, le organizzazioni ludiche e sportive rivolte ai bambini per ragazzi o adulti. In Italia, si affermano i diversi filoni dell’animazione: quello di carattere sociale e quello ludico-espressivo.57 Nel corso del tempo e con l’esperienza quasi tutte le correnti teoriche dell’animazione hanno selezionato finalità e movimenti che promuovono l’animazione prevedendo azioni all’interno di agenzie aggregative, in funzione di obiettivi generali di promozione di socializzazione, inculturazione, educazione, controllo-riduzione della marginalità e devianza, promuovere l’agio. Negli anni ottanta, quasi tutte le giunte comunali che vedevano l’animazione come servizio s’impegnarono con ingenti somme, che purtroppo finirono per finanziare migliaia di gruppi d’animazione, di teatro, di spettacolo e, successivamente gli anni novanta, furono caratterizzati da un’attenta valutazione dei cambiamenti, delle teorie e delle diversificazioni che si erano create, rendendo la prassi animativa come ricerca. Si avrà un’evoluzione determinata dalla professionalizzazione dell’animazione attraverso il suo inserimento nei servizi 58 nonchè attuare un tentativo di qualificare gli animatori come professionisti nell’ambito animativo. L’animazione si configura come una pratica professionale che nasce da un bisogno sociale, ma per essere all’altezza del compito deve essere alimentata da contenuti, metodi, strumenti e da una didattica che ne garantisca competenze ed expertise nelle prassi.
57
Cfr. M.De Rossi, op. cit., pp. 19-24.
58
In questo periodo si moltiplicano le esperienze animative che operano nei centri urbani per l’aggregazione e la diffusione dei servizi nel territorio: nei Progetti giovani e Informagiovani; nelle ludoteche; nelle biblioteche pubbliche; nei centri culturali polivalenti; nei servizi per soggetti; nei servizi per soggetti in situazione di rischio o disagio (ospedali, comunità per l’assistenza e il recupero, centri per disabili. Si diffonde l’animazione sportiva e si aprono spazi per l’animazione al volontariato. Si sviluppa il settore relativo allo sviluppo equosolidale, alla salute e alla pace.
47
3. Animazione come strumento di sviluppo. L’animazione si configura come un’azione che attiva e favorisce dei processi di autentificazione dell’esistenza della persona e delle persone, attraverso pratiche volte alla lettura di tensioni che confluiscono in movimenti organizzati, dentro e fuori le istituzionalità, orientati al riconoscere e valorizzare il singolo in relazione al contesto. Da questa prospettiva, l’animazione, può essere un buon territorio di ricerca di significati che conducono alla realizzazione di una cultura pedagogica del possibile, dove entrino in gioco paradigmi dell’esplorazione, della crescita, dell’arrichimento-cambiamento esistenziale. L’animazione contribuisce allo sviluppo di percorsi identitari, individuali e sociali che consentono di rifondare il senso e il valore della comunità, divenendo strumento di azione umana e sociale, che designa intenzionalità di promozione e di coscientizzazione personale e comunitaria. Oltre ciò essa si orienta ad accrescere un ruolo consapevole e attivo dei soggetti attraverso attività peculiari, mirate allo sviluppo del coinvolgimento per un impegno efficace di potenzialità umane. Nella prospettiva dell’agire animativo, interagiscono tre piani correlati che sostengono i presupposti della relazionalità e della partecipazione 59: 1. Il primo relativo alla dimensione interiore dell’essere umano, trovano spazio l’azione e la riflessione, in una prospettiva autopoietica 60 di movimento interno teso alla ricerca continua di costruzione di senso e di identità personale; 2. Il secondo piano definibile all’apertura alla reciprocità, in cui la volontà di relazione corrisponde a un movimento verso l’incontro con l’altro, estraneo e diverso da sé;
59
Il discorso sui percorsi di animazione centrati sul valore educativo in M.Fabbri, La competenza pedagogica. Il lavoro educativo fra paradosso e intenzionalità, CLUEB, Bologna 1996.
60
Il termine è stato coniato nel 1972 da Humberto Maturana a partire dalla parola greca auto, ovvero “se stesso”, e poiesis, ovvero “creazione”.H.Maturana, F.Varela; Autopoiesi e cognizione, Marsilio; Venezia 1985.
48
3. La terza dimensione è quella esteriore, verso la quale è proiettata la possibilità di compimento personale a cui corrisponde un movimento verso l’esterno.61 Questa tridimensionalità dell’atto animativo mira a creare contesti il cui fine sia quello di coinvolgere le persone verso realtà significative utilizzando metodi relazionali, attraverso la condivisione di gruppo, infine tramite una sintesi dell’interazione tra dimensione individuale e la realtà, la finalità riconduce all’intenzionalità di incentivare delle potenzialità dei soggetti, favorendo atteggiamenti di creatività, libertà di espressione ed empowerment. Lo sviluppo delle potenzialità soggettive non si orienta solo verso circuiti individuali, ma devono essere rivolte a gruppi, alla collettività, addirittura al mondo intero. L’animazione, in previsione dello sviluppo, diviene azione di sviluppo di emporwement, ciò si riconduce alla costruzione di una identità culturale e sociale della persona attraverso input e output finalizzati al cambiamento, che poi portano a processi di coscientizzazione verso una dimensione di reciprocità, relazione di gruppo, fino ad attribuire significati nella dimensione della collettività del contesto sociale. Per quanto riguarda l’aspetto spaziale, la prassi animativa è rinvenibile nella quotidianità socioculturale vista nell’accezione interculturale (relazione tra le differenze) e nell’ambito extraquotidiano, ossia in quelli che sono termini dell’intrattenimento e della fruizione, consiste nella capacità di abitare il tempo che si vive, vendendolo dal punto di vista qualitativo ricostruendo e ricreando la personalità del soggetto, in funzione esistenziale. L’animazione può essere il contesto in cui si originano percorsi di conoscenza e di rielaborazione dei linguaggi, ma non solo, può essere dimensione
per un
impiego consapevole che fa sì che si privilegi lo sviluppo del senso critico e del confronto, favorendo il contatto con esperienze ricche di significato che inducono alla trasformazione e al cambiamento.
61
L. Cadei, Prospettive di animazione in un orizzonte educativo, in “ Animazione Sociale”, n.2, 2011, p. 13.
49
4. Funzione e contesti dell’animazione socioculturale. Il concetto d’animazione è sottoposto a una pluralità di significazioni ed è limitato in rapporto a diversi ambiti d’intervento, diversi oggetti di lavoro, diversi scopi e tradizioni culturali. Alcuni punti sono accettati dalle riflessioni teoriche e sono accezioni dell’animazione in rapporto al termine “educazione” considerato nelle sue diverse interpretazioni in relazione al termine “formazione”.62 Quando si parla di azione educativa, si fa riferimento a quelle azioni umane che concorrono alla formazione della persona nella sua dimensione evolutiva e trasformativa, per la quale è possibile individuare un primo livello d’animazione in cui il valore educativo è rintracciato implicitamente: l’azione animativa, realizza operazioni di vitalizzazione, espressività e partecipazione (aggregazione ludica, ricreativa). Un secondo livello si realizza quando l’azione animativa, mette in atto le sue operazioni proiettive, cioè da sviluppare in senso educativo (l’aggregare, il giocare, finalizzato a costruire significati sociali e culturali: far socializzare, far integrare, far attivare e comunicare), si rientra nell’area dell’intenzionalità educativa. La prassi animativa consiste in una pratica sociale specifica, può variare nell’esplicazione della sua caratteristica educativa a seconda dei contesti e della progettualità. Secondo la Contessa63, le finalità dell’animazione si riconducono a istanze generiche come il costruire “benessere”, nel senso di crescita e, sviluppare opportunità; riconoscere diverse declinazioni educative dell’animazione, la prima è che l’animazione, grazie alla sua flessibilità e alle sue potenzialità didattiche è una metodologia utilizzabile per funzioni diverse e si propone sia in progetti
62
Il termine animazione, da più parti, viene visto direttamente in relazione al termine “ educazione”, ma anche trasversalmente al termine “formazione”, come affermano studiosi sia dell’area italiana, sia della scuola francese con grande tradizione nell’esperienza in questo campo.
63
G.Contessa, L’animazione. Manuale per animatori professionali o volontari, Torino, Città Studi Edizioni, Torino 2004, p.64.
50
sul territorio a livello istituzionale (servizi) o fuori dalle istituzioni (associazioni, cooperative, gruppi organizzati). La seconda è che le funzioni animative, afferiscono alla sfera dell’agio e del benessere, mantenendo obiettivi centrati sui processi educativi di prevenzione e promozione, anche dove l’animatore/educatore opera in contesti di disagio, come un centro per disabili o una comunità e la sua funzione riguarda un’azione d’equipe con altri specialisti per la terapia o la riabilitazione. L’animazione educativa è quell’insieme organizzato e progettuale co-costruito d’azioni, che hanno come finalità la promozione del significato della vita delle persone, accresce la vitalità, l’espressione delle persone, la partecipazione del gruppo, attraverso una serie d’interventi di carattere espressivo, ludico, ricreativo e in questa ottica si può ravvisare l’importanza della pratica animativa in tutti i contesti educativi(formale e non formale) e la valenza trasformativa dei processi può essere un mezzo di formazione dove la scuola ne rappresenta un contesto fondamentale. Galliani sosteneva che la metodologia dell’animazione ha senso anche: In progetto politico-pedagogico di rinnovamento della scuola, dei suoi metodi, dei suoi contenuti e in un progetto educativo che preveda tra gli obiettivi da raggiungere non solo capacità cognitive, abilità psico-motorie e comportamenti affettivi, attraverso differenti linguaggi.64 Secondo Gonguelin
65
la relazione formazione e animazione si connota di
significato nel momento in cui le competenze animative fanno parte del bagaglio professionale e culturale del formatore/animatore, le azioni dell’educare e del formare sono in linea con l’animazione. Egli sostiene che chi opera l’animazione (da “animare” che deriva dal greco anemos, il vento che diventa in latino anima e animus che significa animare) è colui che si assume la responsabilità sia educativa che formativa dove l’anima è il respiro vero e proprio, animus è il principio pensante, la sede del pensiero, della 64
L.Galliani, Animazione culturale, in G.Flores d’Arcais (a cura di), Nuovo dizionario di pedagogia, Edizioni Paoline, Milano 1987, p.72.
65
P.Gonguelin, La formazione/animazione. Strategie, tecniche, modelli, ISEDI-Petrini, Torino, pp 7-65.
51
volontà, dei sentimenti e dei desideri. Essere un vero animatore significa infondere la vita a un gruppo, e dopo avergliela data, aiutarlo a pensare, a riflettere, a dominare i proprio sentimenti. I luoghi del fare animazione sono diversi, dalla scuola ai centri di aggregazione sociale, dalle comunità comunicanti e terapeutiche alle comunità locali, dai luoghi di aggregazione culturale (biblioteche, musei), dallo sport alle attività ludiche, dai servizi pubblici all’associazionismo e al volontariato.
5. Le competenze dell’animatore socioculturale. Il ruolo dell’animatore è legato al modello di animazione che egli sostiene attraverso obiettivi e metodologie precise, l’idea di flessibilità è presente nell’agire normativo; al variare della realtà possono mutare gli obiettivi specifici, poiché nelle situazioni di sviluppo dell’animazione coesistono diverse razionalità. La progettazione e la riprogettazione sono tappe di un percorso che non è caratterizzato da tracciati certi e precostruiti, la progettualità richiama all’assunzione di responsabilità e all’individuazione di competenze professionali, per affrontare le problematiche dell’interazione e dell’indecidibilità dell’animazione. Parlare d’interazione nel modello significa che esiste un’influenza reciproca, mentre l’indecidibilità sta a indicare la prassi situata al centro delle sfide di una democrazia indefinibile, nel senso che il risultato finale non è mai determinato a priori. Gilett66 sosteneva che animatori e attori socioculturali attraverso compromessi e astuzie, colorano il senso della democrazia (o cercano di farlo). I metodi o il metodo dell’animatore costituiscono la traccia e il sentiero per raggiungere obiettivi che rappresentano la scelta verso un modo di operare basato su un’elaborazione, quindi le abilità che il professionista deve avere nella pratica animativa sono:
66
•
”La partecipazione dei soggetti;
•
La ricerca di relazioni dirette tra gli attori;
J.C.Gillet. La strategia dell’animazione nel tessere legami sociali, in “Animazione Sociale”, n8-9, 2000, p.25.
52
•
Le strategie di sviluppo delle solidarietà e del progresso sociale;
•
L’azione mirata nei contesti analizzati preventivamente per valutare la portata delle sfide che l’animazione propone.”67
È una pratica che si rifà all’esperienza sociale, ossia attraverso l’arte di tre logiche correlate che agiscono a diversi livelli: l’integrazione nei confronti di una comunità, ossia le azioni di valutazione iniziale del contesto, di pianificazione delle azioni in base alla realtà; l’adozione di una strategia, frutto non solo di osservazione e scelte dell’animatore, ma risultato dell’interdipendenza degli attori e infine la soggettivazione, intesa come finalità di modificare dei rapporti di dominio.
6. La funzione dell’animatore socioculturale tra produzione, facilitazione ed elaborazione. Il ruolo dell’animatore si colloca nella dimensione del gruppo e del lavoro che s’identifica come la figura di leadership istituzionale. I processi d’animazione si sviluppano in base al paradigma del costruttivismo sociale, e quindi non possono essere nè trasmessi nè indotti, l’animazione è una funzione collettiva, è l’insieme di articolazioni dei ruoli giocati dall’insieme dei partecipanti del gruppo che consente la piena realizzazione della funzione dell’animazione. L’animatore, essendo una figura esperta, deve porsi in posizione meta rispetto al gruppo, ossia dentro i processi come attivatore di azioni e di riflessione proiettiva, generativa di cambiamento. Secondo gli studi di Anzieu e Martin 68, la nozione di funzione di animazione, a cui l’animatore socioculturale deve far riferimento, viene suddivisa in tre sottofunzioni: 1. La funzione produzione; 2. La funzione di facilitazione; 3. La funzione di elaborazione. 67
E. Limbos, L’animatore socioculturale, Roma, Armando, 2001, pp.7-81.
68
D.Anzieu, J.-YMartin, Dinamica dei piccoli gruppi.,edizione italiana a cura di Francesca Ortu. Roma, Borla, 1997, p.16.
53
Sono elementi interdipendenti e legati tra loro, nel senso che sono interattive e il blocco di ciascuna condiziona lo sviluppo delle altre.
6.1. Funzione produzione. Riguarda il progetto, l’azione che si prevede di realizzare riguardo all’obiettivo iniziale che emerge dagli orientamenti dell’animatore insieme ai membri del gruppo. Avviene in rapporto alle finalità e i valori che contraddistinguono il gruppo, l’azione che segue è l’espressione di questo progetto e rappresenta il luogo della
esplicazione,
dello
scambio
informazioni,
della
comunicazione,
cioè teorizzazioni alle attività e alle tecniche che daranno luogo all’assunzione di decisioni relative al fare animativo. Attraverso questa sottofunzione, l’animatore svolge diverse azioni: esercitare le abilità fisiche e intellettuali dei membri, favorire l’espressione di ciascuno, abilitare competenze relazionali e sociali, educare la volontà e responsabilità sociale collettiva, sviluppare la creatività, proporre tecniche e strumenti specifici69 Gli animatori sono agenti di produzione, perché consentono di progettare, realizzare, elaborare, fabbricare e costruire.
6.2. Funzione facilitazione. Intesa come facilitazione della produzione, definendo le modalità organizzative e di conduzione del gruppo, si determinano i fattori sociali operativi che consentono di realizzare dei processi secondo procedure più idonee e favorevoli. Bisogna consentire un mantenimento del sistema interno, importante per elaborare gli obiettivi, il piano di lavoro, il monitoraggio, la partecipazione, la riflessione, gli elementi che consentono tale evoluzione della situazione riguardano la funzione facilitazione che l’animatore promuove: la proposta metodi; La chiarificazione degli obiettivi e delle problematiche che derivano; 69
Cfr. M. De rossi, op.cit., p.64.
54
La distribuzione di compiti; La struttura delle comunicazioni all’interno del gruppo; la scelta delle procedure di discussione e riflessione.70
6.3. Funzione di elaborazione. Questa funzione si situa sull’espressione del sé in area affettiva, attraverso la ricerca di trasparenza comunicative e riflette sulle emozioni sentimenti propri, rimasti impliciti nello svolgimento delle attività. Assumono rilievo i fattori socioaffettivi come la motivazione verso uno scopo comune e il senso di appartenenza di ognuno al gruppo. La comunicazione, come strumento di espressione e di esplicitazione delle proprie posizioni personali, diviene l’elemento centrale per la definizione di una buona produzione e rappresenta il mezzo di realizzazione della funzione dell’elaborazione. La promozione del dialogo e della narrazione sono procedure elaborative che consentono la riflessione e l’autoregolazione. 71
70
Ibid, p. 65.
71
Ibid.
55
CAPITOLO SECONDO
TECNICHE E STRUMENTI 1. Aree metodologiche. Nei progetti d’animazione socioculturale, come ogni progettazione educativadidattica, l’area metodologica è quella dove più si sviluppano i potenziali di realizzazione degli obiettivi: una scelta e un uso inadeguato e/o incompetente dei mezzi, delle tecniche, degli strumenti possono danneggiare gli esiti previsti, ossia, con strumenti adeguati, con una buona predisposizione del setting e una conduzione delle attività corretta. Tutti questi elementi costituiscono le competenze che deve adottare un professionista dell’animazione. Le tecniche sono diverse e variabili a seconda dei contesti di utilizzo ed è possibile individuare delle macroaree strettamente legate ai processi di sviluppo. Le aree d’intervento della metodologia animativa riprendono l’andamento concentrico, seguono la circolarità dell’azione che, dalla dimensione interiore del soggetto, gradualmente include gli elementi di reciprocità, fino a giungere a una dimensione di collettività. Si possono prendere in considerazioni tre obiettivi educativi generali che contraddistinguono tre aree d’azione animativa(intesa in base alle sue componenti tecnologiche e strumentali). Bisogna precisare, però, che nella progettualità e nella prassi tali aree si presentano in continuità, queste tre aree sono:
72
•
Dimensione del sé: area metodologica narrativo-autobiografico.
•
Dimensione della relazionalità: area della metodologia dell’alterità.
•
Dimensione collettività: area metodologia collaborativa.72
Ivi, pp. 123-124.
56
1.1. Area della metodologia narrativa-autobiografica. I metodi narrativi e autobiografici nella formazione tendenzialmente sono in riferimento all’età adulta, come una lettura della propria vita in cui vengono sviluppate abilità e competenze. Si può associare il paradigma della narrazione
73
come prospettiva per
interpretare l’esperienza, secondo alcuni studi. La narrazione si contestualizza in un’area ludica (cioè spazio di virtualità), di metacomunicazione e interpretazione della realtà, dando la possibilità di comprendere punti di vista esterni al sé. Le tecniche narrative, grazie a spunti e strumenti consentono di percorrere una lunga strada, attraverso l’ascolto, il racconto e la riflessione su storie di altri per poi riflettere su di sé e raccontare. Le componenti essenziali del discorso narrativo-autobiografico basandosi su una scelta metodologica sono: la componente ermeneutica (interpretare eventi); la componente emancipatoria (acquisizione di punti di vista oltre quelli personali); la componente esperienziale (riflessine sull’esperienza in termini proiettivi). Le tecniche suggerite per quest’area sono le diverse varianti di gioco di ruolo e di simulazione, l’espressione corporea, tecniche narrative (storytelling, animazione alla lettura, scrittura creativa, narrativa multimediale) e le tecniche di trainig affermativo74.
1.2. Area della metodologia dell’alterità. La seconda area riguarda il passaggio verso la relazione dell’altro. Essa comprende uno dei bisogni fondamentali e spontanei ai fini della maturazione, per comprendere le dinamiche personali e interpersonali.
73
La narrazione in generale, Bruner definisce una rappresentazione al congiuntivo, comprende invece in maniera più ampia esplicitazioni soggettive su elementi oggettivi della realtà percepita.
74
Cfr. M.De Rossi, op. cit., p. 125.
57
I contesti di sviluppo dell’azione animativa divengono luogo plurivalente di osservazione, conoscenza, incontro tra persone, tra contesti culturali e tra soggettività. Gli obiettivi del lavoro dell’area dell’alterità75 si configurano: •
Nello sviluppo di processi di conoscenza reciproca;
•
Nell’attuazione di procedimenti integranti di empatia (partecipazione emotiva) ed extopia (distanziamento); nel riconoscimento della legittimità dell’esistenza dell’altro come persona
•
diversa da sé. L’empatia è un’operazione esistenziale e cognitiva, grazie a dei filtri che si possiedono si tende sempre ad entrare nell’altro, cioè leggere l’altro e il suo mondo, attraverso i valori che si riesce a capire, e in seguito subentra il processo l’exotopico, produce una tensione dialogica data dal distanziamento dall’altro e dalla sua ricostruzione in prospettiva di autonomia, nella quale si riconosce un senso. Lavorare per sviluppare il senso di alterità presuppone lo sviluppo di strategie che coinvolgono la messa in gioco delle persone attraverso tecniche come i giochi di conoscenza, d’interazione, i giochi per la gestione delle aggressività e dei conflitti, i giochi di simulazione e lo storytelling. In quest’area si attua un processo continuo di avvicinamento e di distanziamento che consente di riconoscere la legittimità delle posizioni di chi è estraneo, anche quando non risulta consono alle aspettative, ma in questo movimento circolare il senso diviene doppio, poiché nell’avvicinarsi all’altro si verifica un ritorno verso se stessi che sviluppa nuove prospettive e cambiamenti.76
75
76
Il termine alterità, M.Bachtin, L’autore e l’eroe. Teoria letteraria e scienze umane, Torino, Einaudi 1988; Marinella Sclavi nella sua opera Arte di ascoltare e mondi possibili, introduce anche il concetto di “umorismo”, inteso come non rigidità, capacità di sorridere dei propri e degli altrui sbagli e delle incongruenze della vita, ossia vedere la cose da diverse prospettive. Cfr. M.De Rossi, op. cit., p.126.
58
1.3. Area della metodologia collaborativa. Il percorso della metodologia collaborativa, in animazione, prospetta azioni di collegamento tra lo sviluppo del lavoro di gruppo, il lavoro in gruppo e per il gruppo, in quanto la differenza affronta il tema della partecipazione e della trasformazione delle persone dal ruolo di agente a quello di attore. Nell’animazione le tipologie di gruppo che s’incontrano e sulle quali si lavora sono i gruppi di animazione socioculturale, i gruppi di discussione, i gruppi di comunità, i gruppi di idee e i gruppi di progetto. La metodologia animativa, però usufruisce della sua funzione anche in altri tipi di gruppo, più orientati a un compito istituzionale (gruppi di couseling, gruppi di classe e di formazione, gruppi di addestramento etc), la sua funzione è quella di attivazione partecipativa e cosciente prima, durante e dopo lo sviluppo del percorso per raggiungere degli obiettivi. Il gruppo, comprende la figura dell’insegnante come animatore, poiché mediatore e animatore di processi, diventa soggetto di apprendimento, quindi il gruppo nella scuola è un gruppo di formazione ed è anche gruppo d’animazione. È un gruppo di formazione perché sul versante dell’apprendimento, ma è anche gruppo d’animazione perché si orienta sull’altro versante quello dell’educazione al benessere, alla motivazione, all’impegno e alla collaborazione, l’azione animativa è propedeutica affinché la classe si orienti a divenire gruppo. Sviluppare l’area collaborativa significa progettare una serie di pratiche volte a coniugare insieme autonomia personale e appartenenza a una comunità, considerando anche la dimensione affettivo-emotiva che offre le energie per rendersi disponibili a nuove conoscenze e a nuovi atteggiamenti, sia nella dimensione della responsabilità che della consapevolezza dei significati. Le tecniche di animazione, quelle attività ludiche di comunicazione e relazione, sono essenziali per la creazione di un buon clima di lavoro necessario in ogni contesto e fanno riferimento a tutte quelle pratiche collaborative che insistono su ogni compito.77 77
Ibid, p.128.
59
2. La funzione e l’uso delle tecniche. Le tecniche sono dei veri catalizzatori, amplificano la significatività dei contenuti che si vogliono costruire attraverso l’impiego della metodologia. Le tecniche ludiche consentono di attivare dei processi maieutici nelle prassi animativa. Ogni tecnica deve essere utilizzata secondo un corretto uso ed è frutto della flessibilità progettuale, quindi ogni attività ludica-animativa, con le tecniche adatte, deve essere progettata e orientata secondo fasi precise che corrispondono a: individuazione di criteri per la scelta del gioco o delle attività di animazione; conduzione e attuazione del percorso ludico-animativo; analisi dei processi attraverso il debriefing78 (dopogioco). Esistono diversi manuali di gioco e percorsi d’animazione che offrono spunti di lavoro, non è fattibile considerare che ogni modello di attività proposta possa essere applicato nel contesti d’azione, spesso anche i giochi a carattere psicologico, se non condotti e scelti da professionisti competenti possono creare effetti opposti, la scelta deve essere data da una analisi attenta del contesto d’azione, come l’età dei partecipanti e gli scopi d’azione. In base ai fini delle attività si deve distinguere tra l’uso terapeutico dei giochi e l’uso educativo, animativo, formativo, per la progettazione di percorsi ludici si identificano dei punti necessari: •
Analisi degli scopi;
•
Interpretazione dei bisogni (ermeneutica dei bisogni) in riferimento agli obbiettivi educativi e curricolari;
•
Calibratura mediante osservazione e analisi del gruppo in azione( età tipologia, storia delle relazioni);
•
adattamento creativo del gioco al clima e al contesto di azioni di gruppo. 79
78
Cfr.P.Marcato, C.Del Guasta, M.Bernacchia, Gioco e dopogioco, Molfetta , La Meridiana , 1995, p. 21.
79
Cfr, M.De Rossi, op.cit., p.146.
60
Questi criteri possono essere una guida per l’attuazione del gioco o dell’intervento ludico, due sono gli elementi che caratterizzano la qualità dell’intervento: setting e il ruolo dell’animatore. La predisposizione del setting, le condizioni riguardano sia gli spazi sia la conduzione, poiché non sempre è sufficiente avere location adeguate per compiere in modo efficace le attività, un progetto ludico-animativo, si sviluppa prevedendo la messa in atto di strategie di modificazione e superamento della realtà di partenza, consentendo una dialettica tra il livello teorico e l’azione pratica, 80 anche la metodologia e la didattica considerate nel suo percorso dovranno fare riferimento a pratiche educative, orientandosi verso la discussione, la metacognizione, la cooperazione, la rielaborazione creativa e l’analisi. L’animatore assume il ruolo di mediatore dei e nei processi, esercitando competenze promozionali, comunicative, didattiche e osservative. Rispetto al gruppo è necessario assumere un ruolo come conduttore in posizione meta, coinvolto nella partecipazione. La riflessione è la terza fase del percorso, necessaria affinché le azioni promosse acquistano significatività dal punto di vista educativo e formativo, è il momento del dopogioco, detto anche debriefing, consiste in una riflessione operativa sulle azioni stesse del gioco, essa è intesa come fase che consente ai soggetti di cogliere quali sono gli strumenti logici connessi alle operazioni mentali di analisi e classificazione, relazione e ipotesi che hanno determinato la modifica del loro comportamento, sia quelli comunicativi, emotivi-relazionali che hanno influenzato le azioni. Esso si articola in tre momenti: la descrizione di quanto è avvenuto, l’analisi del modello del gioco e la riflessione. La descrizione è rivolta sia a ciò che è avvenuto visibilmente sia all’esplicitazione di quanto ha vissuto ciascuno sul piano emotivo. L’analisi riguarda il tentativo di collegare il modello proposto del gioco a situazioni della realtà; la riflessione riguarda la valutazione delle scoperte e degli apprendimenti attuati a livello individuale e collettivo.81 80
E.Felisatti, Progettualità, ricerca e sperimentazione nella scuola autonoma: strumenti e materiali di lavoro per l’insegnante, Lecce, Pensa Multimedia, 2001, pp.32-3.
81
Cfr. M.De Rossi, op.cit., p.148.
61
CAPITOLO TERZO
GIOCARE CON IL FUMETTO 1. Giochi cooperativi. Da molti anni, gli insegnanti utilizzano il gioco come parte integrante della didattica con lo scopo di costruire una conoscenza tra i ragazzi. I giochi, che riscuotono maggior successo, sono quelli cooperativi, in base alle loro funzioni si cerca di concepire e realizzare una collaborazione reciproca maturando un modo di stare insieme che mantenga e valorizzi l’originalità e la creatività. La simulazione del gioco, che coinvolge gli aspetti cognitivi e logici dell’agire, ma anche il piano emotivo, affettivo e relazionale, esso rappresenta una metafora dell’apprendimento. Il gioco cooperativo82, indirizza la pratica d’insegnamento verso il rapporto interpersonale, la relazione reciproca e il gruppo, un gruppo cooperativo, perché caratterizzato da un’interdipendenza positiva tra i membri del gruppo e, un forte sviluppo delle abilità sociali (di relazione, di comunicazione, di aiuto, di incoraggiamento etc), che vengono date per scontate nei gruppi tradizionali, ma in realtà necessarie per la conduzione di attività e per lo sviluppo di obiettivi cognitivi, partecipare tutti e occupare cooperativamente lo stesso spazio, secondo Bennett, Rolheiser, Bennet e Stevahn83, sono le due competenze sociali e possibile oggetto di apprendimento. Diversi approcci e tecniche ludiche possono essere propedeutiche non solo alla costruzione di abilità cooperative, ma anche alla struttura di attività d’apprendimento cooperativo. 82
Le matrici storiche di riferimento sono fatte risalire ai sistemi educativi di Bell e Lancaster tra il Settecento e l’Ottocento, seguiti dalle esperienze di Pestalozzi e di padre Girard, dalle riflessioni di Dewey e dai contributi di Piaget, Vygotskij e Bruner.
83
D.Bennett, C. Rolheiser Bennett, L. Stevahn, Cooperative Learning. Where Heart Meets Mind, Interaction Book Company, Edina 1991.
62
L’origine dei giochi cooperativi risale alle società tribali, dove il principio era quello della convivenza basato sulla condivisione di tutti i beni della comunità (in opposizione alla società industriale che invita alla competitività) che distrugge la fiducia in se stessi e il senso comunitario, quando le regole stabilite diventano più importanti. Il senso di competizione non è eliminato nei giochi, ma consente ai bambini o ragazzi di assumere un senso di capacità di mettersi alla prova e sfidare se stessi. Nei giochi cooperativi si può: •
“Contribuire a creare un clima positivo del gruppo;
•
Rendere la comunicazione tra le persone più fluida;
•
Rompere eventuali ostilità e barriere verso le persone conosciute;
•
Raggiungere più facilmente una coesione di gruppo e un’atmosfera aperta d’accettazione reciproca;
•
Aiutare a rompere le barriere dell’isolamento e della separazione che molta gente prova soprattutto quando si trova coinvolta in situazioni nuove con persone sconosciute;
•
Aumentare la collaborazione e il senso comunitario in gruppo che lavora insieme da parecchio tempo”.84
Le attività cooperative, favoriscono l’empatia, i buoni rapporti e promuovono lo spirito di sostegno; suscitano la curiosità, stimolano la creatività e lo sviluppo di abilità di problem solving, inoltre valorizza la comunicazione e iterazione tra giovani e adulti.
2. Costruire una relazione educativa efficace. La comunicazione è un tema molto rincorrente, e per tale aspetto bisogna considerare che quest’atto possa avvenire all’interno di una relazione, quest’ultima 84
Cfr. M. De Rossi, op.cit., p. 167.
63
e, la sua qualità danno un senso e significato alla comunicazione: è chi ascolta a dare significato ad un enunciato. Il principale problema che si è presentato negli ultimi anni è quello relazionale: si evidenziano delle difficoltà di rapporto sia in famiglia che a scuola tra i compagni di classe, perché i ragazzi passano gran parte del loro tempo a scuola, dove si privilegia più l’aspetto del contenuto rispetto a quello relazionale. È necessario investire tempo ed energie nella relazione, nella conoscenza reciproca, nell’espressione di sentimenti ed emozioni, positive e negative per essere consapevoli e imparare a gestirle, sia i genitori che insegnanti si lamentano delle difficoltà di coinvolgimento, di attenzione, di ascolto, di responsabilità dei loro figli/alunni, che descrivono ansiosi, aggressivi, insicuri, instabili, irrequieti, distratti capricciosi, apatici.85 La progettazione di percorsi di gestione della classe deve tener conto di attività relative alla conoscenza reciproca, comunicazione efficace, cooperazione, empatia, ascolto, gestione delle emozioni e dei conflitti, giochi di ruolo. La capacità di comunicare è più alta e costruttiva se si va verso modalità empatico-assertive, conciliando il massimo d’espressione e autonomia con il massimo di apertura e di relazione; dal punto di vista pedagogico, l’azione formativa non può che tradursi in una opportunità di apprendimento attraverso il gioco, l’incontro, l’attività pratica, in un clima di fiducia, sicurezza, esplorazione, attraversamento di soglie86 decostruzione e ricostruzione. Dal punto di vista psicologico, un’educazione ai rapporti interpersonali comincia nella vita quotidiana e quindi anche scolastica, costruendo atteggiamenti positivi, non violenti, nella consapevolezza della continuità tra i comportamenti microsociali e macrosociali87. È importante analizzare il concetto di aggressività come potenzialità positiva, necessaria per il superamento della dipendenza, l’affermazione e la difesa della 85
Ivi, p. 155.
86
E.Euli, I dilemmi (diletti) del gioco, La meridiana, Molfetta (Ba) 2004, pp. 1-10.
87
D.Novara, Scegliere la pace, Torino, EGA 1987, pp.4-13.
64
propria identità, da distinguere dall’accezione negativa di distruttività o violenza e, importanti si rivelano i rapporti con gli adulti significativi per il processo d’identificazione ed empatia con l’altro, costituisce uno dei più importanti inibitori dell’aggressività. Identificarsi con l’altro e il riconoscimento dell’altro come simile avviene attraverso la comunicazione, lo scambio, la condivisione di emozioni e sentimenti: così si possa evitare il pregiudizio, il congelamento affettivo tipico del meccanismo di deumanizzazione dell’altro. Diverse ricerche sulla genesi e le acquisizioni dei comportamenti cooperativi hanno constatato che questi sono collegati con la capacità di distaccarsi sia emotivamente che cognitivamente, dall’immediatezza della situazione conflittuale o frustrante, per trovare una soluzione più mediata che tenga conto dei bisogni dell’altro. La ricerca della soluzione cooperativa richiede un impegnativo processo di ristrutturazione cognitiva e distanziamento emotivo, esiste una connessione tra capacità collaborativa e capacità di simbolizzazione, è proprio attraverso quest’ultima che il bambino realizza quel distacco che rende possibile la ristrutturazione cognitiva. In base ad alcuni studi, si è definito che il minor ricorso di comportamenti aggressivi emerge quando si utilizza più frequentemente il gioco simbolico, infatti emergono l’importanza e il valore del gioco e del lavoro di gruppo, come momento di confronto, che costringono il bambino a tener conto del punto di vista altrui e negoziare soluzioni favorevoli; il gruppo può avere un ruolo positivo facilitando il dialogo, la comunicazione, la condivisione, la comprensione degli altri e il decentramento del sé . Se un educatore sa leggere e gestire contesti può contenere qualsiasi problema che si manifesta a livello relazionale o contenuto risulterà autorevole e credibile. 88
88
Cfr. M.De Rossi, op.cit., p.156.
65
3. Un percorso laboratoriale di giochi su comunicazione e relazione. Nella scuola primaria sono sempre più presenti percorsi ludici che consentono ai bambini di portare nel gioco i propri bisogni e sentimenti, di sperimentare le conseguenze delle proprie azioni. Nel gioco si scoprono l’interconnessione e la complementarietà tra libertà e regole, la libertà ha bisogno di regole (il bambino le crea e costruisce continuamente, nelle conversazioni, relazioni); la regola, ha bisogno di libertà, e per essere seguita deve consentire un margine di creatività di movimento89. Due dimensioni fondamentali del giocare sono: la co-costruzione di regole comuni, capaci di determinare ordine e stabilità e la variazione creativa delle regole, senza la quale non ci sarebbe cambiamento e innovazione. Prima di progettare qualsiasi percorso è importante coinvolgere e motivare i bambini sulla necessità e i vantaggi di apprendere le nuove abilità, vanno sempre sostenuti con incoraggiamenti e lodi sui progressi compiuti, sulle qualità delle relazioni interpersonali, attivando certi comportamenti, dopo ogni gioco/esercizio agito deve essere previsto il tempo per il gioco ripensato, gioco, dopo gioco o debriefing: lo spazio che va lasciato all’azione del gioco, va riservato al suo ripensamento, qui sono necessarie competenze psicopedagogiche e di gestione d’aula, soprattutto nel gioco relazionale e comunicativo, e strategie didattiche 90. Per giocare con i bambini è importante che gli insegnati credano nel percorso ludico e nella sua valenza formativa, partecipano con entusiasmo alle attività e sperimentano i giochi.
4. Attività con il fumetto Oggi la scuola accoglie molto più consapevolmente i linguaggi espressivi con cui il bambino ama esprimersi e, quest’atteggiamento contribuisce a rendere più vivace e piacevole l’apprendimento linguistico, cosicché l’alunno o il bambino può 89
Ibid, p.158.
90
P.Marcato, C. Del Guasta, M.Bernacchi, Gioco e dopogioco, La Meridiana, Molfetta 1995, p.17.
66
usufruire di codici che gli sono più consoni e gli consentono di comunicare il proprio pensiero. Una delle tecniche espressive per eccellenza è il disegno (non più visto con lo scopo di educare la mano alla precisione e all’occhio a una corretta percezione). I diversi programmi scolastici insistono sulla necessità di motivare, organizzare e arricchire l’esperienza espressiva dell’alunno, utilizzando solo metodi e strumenti e modelli che promuovono la creatività. Il disegno è comunicazione e rappresenta un tramite tra animatore o insegnante e bambino o alunno, poiché garantisce un colloquio e offre informazioni sulle conoscenze/capacità del bambino e può essere utilizzato nelle attività tra gruppi cooperativi. Giocare tramite il disegno, consente di passare da un disegno libero a immagini brevi disegnate, create dai ragazzi e poi arricchite di didascalia e nuvolette ed è così che nasce un fumetto. Tale attività può essere utile anche per la comprensione di eventi storici o sociali, o di fatti di cronaca, lavorare sul fumetto o con il fumetto consente di sviluppare tecniche grafiche ed espressive e consente di svolgere ricerche sia di tipo creativo sia operativo. Creative sono le tecniche che richiedono un intervento dell’alunno, dopo scelto un argomento ed essersi documentati sui contenuti, avrà piena libertà d’azione nell’illustrare gli aspetti che ritiene più significativi; le tecniche operative svolgono un ruolo più marginale, richiedono degli interventi su materiali già prodotti da altri, ma stimolano alla ricerca del materiale da analizzare, selezionare e utilizzare. L’uso di tecniche espressive, non si limita a una manipolazione, riadattamento e lettura-osservazione del fumetto, ma prevedono una serie di attività che possono entrare in rapporto, favorendo attività interdisciplinari. L’osservazione e il senso estetico, rappresentano due aspetti su cui l’educazione all’immagine insiste, sono oggi acquisiti in campo educativo come linguaggi espressivi, possiedono un ruolo per sollecitare lo sviluppo della creatività del
67
bambino e per questo devono essere indirizzati verso esperienze e attività che utilizzano ogni mezzo per fornire attività d’animazione. La lettura dell’opera d’arte (pittura, scultura), produzioni personali (modellaggio, disegno, pittura), l’uso di materiali (incisioni, collage, composizione) sono alcuni mezzi che consentono di stimolare il linguaggio espressivo e che possono essere collegati al fumetto: le diverse tecniche del fumetto coinvolgono disegno, scenografia, architettura e prospettiva per gli ambienti, collage e composizioni per creare sequenze.91
5. Laboratori e gioco Le attività espressivo-comunicative possono essere utilizzate per la realizzazione di laboratori sia espressivi che manuali, si possono considerare alcune attività animative presenti nei programmi ministeriali che consetono di elaborare nuove unità didattiche: •
Le esperienze vissute (giochi, eventi quotidiani, avventure, viaggi etc.) queste proposte presentano infinite possibilità di estensione nelle aree disciplinari, partendo da un evento sociale, si può preparare un’unità didattica, prevedendo la descrizione orale o scritta, la ricerca delle origini del tempo e nelle località, le implicazioni religiose e, il tutto può essere rappresentato graficamente e riproposto con la tecnica del fumetto, che richiede un impegno attento per l’esecuzione dei disegni e del testo, per la creazione della scenografia.
•
Le storie di personaggi, di persone reali o immaginarie, protagonisti di storie lette, ascoltate, viste, inventate, l’uso della tecnica espressiva del fumetto
è
lineare
a
diversi
percorsi.
Le storie di animali, possono essere inserite in un discorso interdisciplinare che prende avvio dalle favole per animali, dai personaggi antropomorfi del fumetto, dall’osservazione degli animali domestici per poi studiare la fauna 91
G.Marrone, Il fumetto fra pedagogia e racconto.Manale didattica dei comics a scuola e in biblioteca, Roma, Tunué, 2005, pp. 105-108.
68
nelle varie parti del mondo, della storia della trasformazione nei secoli. Il fumetto dedica spesso delle rubriche e storie a queste problematiche: leggere e raccontare questo materiale è un modo per riflettere sulle condizioni di vita e sui comportamenti da assumere, per poi migliorare queste condizioni. •
Disegnare e dipingere, per favorire opportunità d’espressione e il riconoscimento e riprodurre le forme e dei colori, la coordinazione occhiomano. L’educatore è a conoscenza delle potenzialità che il disegno e la pittura mettono a disposizione sia l’insegnante e sia l’alunno, maneggiare carta, cartoni, tele, matite, colori, chine che rappresentano per l’alunno una conquista espressiva e poi usarli per esprimere sentimenti e idee, fermare impressioni o liberare le proprio angosce, è l’aspetto più significativo di questo mezzo espressivo e artistico, consente all’uomo di comunicare ed esprimersi. Forma e colore, giocano un ruolo fondamentale nella realizzazione di un fumetto, poiché determinano la qualità del prodotto.
•
Collegare immagini e la parola realizzando dei fumetti per aiutare il bambini a superare difficoltà di verbalizzazione ad acquisire migliori strutturazioni spazio-temporali e cogliere le differenze tra discorso diretto e discorso indiretto. È presente una maggiore richiesta nei programmi di avvicinare il bambino alla conoscenza di tutti i moderni codici linguistici, non può limitare l’uso del fumetto alla produzione in classe.
•
Costruire sequenze disegni, fotografie e diapositive, raccontando storie e documentando ricerche, per acquisire una migliore strutturazione spaziotemporale. Il concetto di sequenza trova una risposta nel fumetto, la sua fruizione resta il miglior mezzo per comprendere la dinamicità spazio-temporale che prende forma si srotola da un riquadro all’altro.92
92
Ibid., pp.109-112.
69
6. Costruire con le mani. Le carenze di sussidi e strumenti, può essere superato mettendo a frutto creatività e abilità manuali. L’uso di materiali poveri, può fornire spunti per l’applicazione di tecniche manuali, che possono offrire agli alunni informazioni più approfondite sulla struttura di strumenti che si è soliti a usare senza conoscere le composizioni. Questi lavori stimolano la creatività, si rende necessario scoprire quali materiali possono essere adatti a costruire qualcosa. Gli aspetti che meglio favoriscono lo sviluppo delle attività manuali all’interno di un programma didattico possono essere indicati nei seguenti: 1. Modellare sabbia. Creta e paste di diverso tipo, per favorire la percezione
tridimensionale,
il
contatto
con
la
materia.
La manipolazione, risveglia nel bambino la percezione delle proprie potenzialità sensoriali, la modellatura di personaggi conosciuti del fumetto (topolino, paperino), la creazione di maschere che ne riproducono le sembianze può essere un’opportunità realizzata con gioco e può consentire di esprimere la proprio energia in maniera creativa. 2. Utilizzare materiali di varia provenienza per realizzare collages, stampe, composizioni e costruzioni. Questi materiali si adattano molto bene ad attività finalizzate all’educazione artistica e motoria, la realizzazione di collage, composizioni e costruzioni presuppone, l’acquisizione di capacità che gli permettono di combinare forme e colori in maniera gradevole e di scegliere riproduzioni, stampe od altri materiali con gusto artistico. 3. Incidere materiale diverso (vegetali, linoleum) e rivelare impronte di diverso tipo. È una tecnica manuale poco usata nelle scuole, perché richiede una preparazione specifica, queste tecnica potrebbe essere usata anche nei disegni per elaborare il fumetto.
70
4. Fotografare oggetti e situazioni da differenti angolazioni, in bianco e nero in posa o istantanea, per confrontare modi diversi di rappresentare la realtà, collegandoli alle personali esigenze di espressione
e
comunicazione.
Scattare
fotografie,
scegliendo
personaggi, paesaggi soggetti è una soddisfazione per il bambino, perché la foto è il risultato di ciò che è riuscito a fare, ma sono stimolanti i rapporti con l’esterno dove di può sviluppare fin dall’infanzia, evidenziando anche le sensazioni che il ragazzo vive, anche la fotografia aiuta a esprimere sentimenti a creare rapporti concreti con la realtà. Il ruolo dell’immagine lega profondamente fotografia e fumetto, poiché il fotogramma deve essere realizzato effettuando delle scelte dei soggetti e ambientazioni. Il contenuto del fumetto è in grado di stimolare la fantasia e la creatività infantile, sia come lettura che come produzione realizzare dall’alunno. 93
93
Ibid, pp. 112- 115.
71
CAPITOLO QUARTO
ANIMAZIONE E FUMETTO 1. Animare parole e immagini. La produzione legata all’infanzia, fiabe, racconti d’avventura, fumetto, ripone il suo fondamento sull’elemento fantastico, presente nel modo di esprimersi del bambino. Fantastico e immagini restano i codici più significativi attraverso cui il bambino riesce a comunicare il suo modo di essere al mondo adulto. Come si possono animare fiabe e storie, anche nei fumetti, si può compiere la medesima funzione, scegliendo le storie che hanno maggiormente colpito il bambino, la composizione del fumetto, tra l’altro, si presenta a essere animato poiché già contiene la struttura del dialogo, e la sceneggiatura non ha bisogno di essere elaborata. Trasporre la storia a fumetti, in un impianto a carattere recitativo, accorda l’incontro di più linguaggi all’interno di una rappresentazione che può prendere connotazioni più vicine al teatro. Non mancano le opportunità per scoprire vecchi e nuovi modi di utilizzare il fumetto, si può animare o trasformare in racconto; e di ogni evento o storia si può realizzare una riduzione a fumetti. L’incontro con più linguaggi e relazioni spazio-temporali, fornisce al bambino elementi dei codici multimediali con cui si è in contatto. All’interno di una rappresentazione recitativa, ciascun elemento del gruppo, svolge funzioni che rientrano in un contesto complessivo e implicano i rapporti con la coscienza di sé, degli altri e dello spazio.94
94
Ivi. p.116.
72
È possibile, per svolgere tali attività, sfruttare le abilità gestuali, mimiche, di movimento e plasticità, quando la rappresentazione è figurativa (fumetto, disegno, pittura) siamo in un campo che giocano i ruoli di ritmo e plasticità, se l’alunno non acquisisce coscienza e conoscenza del proprio corpo e dello spazio non raggiunge padronanza dei codici iconici95. Interpretare i codici è un percorso sempre vicino a un piano educativo che, coinvolge sia la famiglia che la scuola. Il codice iconico del fumetto contribuisce ad arricchire e ampliare il bagaglio di conoscenze che la popolazione scolastica acquisisce in ambiente extrascolastico. Animare un fumetto o ridurre in linguaggio verbo-visuale una produzione teatrale sono operazioni in grado di stimolare le capacità comunicative e di socializzazione dei bambini, quindi svolgere un ruolo positivo anche nel rapporto insegnamento- apprendimento.
2. Leggere il fumetto. L’inserimento delle tecniche laboratoriali di animazione in un percorso dedicato sia al gioco, alla lettura e l’animazione di storie garantisce, grazie all’animazione, che alcuni aspetti della narrazione escono dalla carta stampata per essere vissuti con il corpo e il movimento. Ferraresso, all’inizio del suo testo Animare le Storie96 afferma che, nel dibattito tra televisione e lettura, quest’ultimo gode di un vantaggio: il lettore, rispetto allo spettatore della tv, deve impegnarsi di più, ma lo fa in un’attività ludica, in un gioco. Leggere è giocare con la fantasia, giocare con le parole, giocare a tuffarsi negli ambienti, giocare ad avere paura, giocare a rischiare senza del male, giocare a confrontarsi, giocare con se stessi e diverte grandi e piccole.
95
Ibid.
96
Cfr. L.Ferraresso, Animazione alla lettura, Morelli, Dolo, 1996. M. De rossi,p. 26..
73
La lettura è gioco, l’animazione alla lettura enfatizza l’aspetto ludico dell’esperienza che il soggetto vive con il libro; frasi, esclamazioni, movimenti, espressioni del viso tornano alla concretezza e possono quindi essere giocati, nell’esperienza della lettura, l’interpretazione è data dall’incontro tra il punto di vista dell’autore e quello del lettore, nella presentazione animata di un fumetto l’incontro si amplia per comprendere l’altro, il gruppo, il confronto e il dialogo. La lettura richiede al soggetto una quantità d’energia mentale in termini d’attenzione, ma gli stati affettivo-emotivo provocati dalla valutazione della lettura, in termini di godimento estetico ed empatia, producono energia. Nella lettura il sistema affettivo e cognitivo interagiscono: l’animazione lavora per accentuare il primo aspetto, contribuendo a costruire la tonalità affettiva, essa viene progettata al fine di facilitare il processo di comprensione della narrazione in termini di ambiente, personaggi, fatti e sequenze, supportando il sistema cognitivo, al contempo, essa viene progettata anche al fine di facilitare il processione di comprensione della narrazione in termini di ambienti, personaggi.. 97
2.1. Raccontare con le immagini. Il racconto d’immagine, definito da Michael Rak nell’introduzione Manuale di lettura dei fumetti98, ha attinto al repertorio e alle procedure di due tradizioni, ”narrativa” in senso lato, che molte culture storiche hanno tenuto idealmente divise, con varie motivazioni, nei loro sistemi di modelli: tradizione del visuale e la tradizione del verbale. Il concetto di lettura, comunemente, viene identificato con la parola scritta e non con l’immagine, ma tutt’oggi la lettura non viene ancora estesa a tutte le forme di linguaggio iconico, ma si ha un avanzamento verso la lettura dell’opera d’arte. Questa posizione consente al fumetto di avere un riconoscimento letterario per la parte del dialogo e dei cartigli, ma non per la parte visuale, cioè l’aspetto grafico 97
Cfr. M.De Rossi, op.cit., p.175.
98
Michele Rak, Introduzione a Ulrich Krafft, Manuale di lettura dei fumetti, Torino, Erickson, 1982, p.7.
74
pittorico, e come se le componenti delle vignette si ponessero come due aspetti o momenti separati. In realtà, il fumetto si rivolge al lettore come un racconto per immagini, in cui la nuvoletta svolge un ruolo di completamento, che dà modo al personaggio di dialogare, pensare, esprimere proprie opinioni, danno un maggior al contenuto della trama.99 Per il bambino il passaggio dall’osservazione del disegno alla lettura completa del quadretto è spontaneo e quindi, rispettando questa naturale evoluzione dell’apprendimento, l’approccio con la lettura può avvenire senza traumi, come risposta della curiosità infantile verso nuove conoscenze. Inoltre, oltre a stimolare la lettura, il fumetto rappresenta un mezzo per avviare il bambino alla scrittura, in quanto viene richiesto all’alunno di completare delle nuvolette precedentemente cancellate, oppure di arricchire dei disegni con didascalie e nuvolette. Le fasi operative di un’unità didattica, attraverso cui il bambino deve saper scrivere un breve racconto tra due personaggi, sono queste: •
Disegnare un fumetto con due personaggi;
•
Far parlare tra loro i due personaggi;
•
Scrivere la trama della storiella;
•
Riscrivere la storiella con i due personaggi che dialogano.100
99
Cfr. G. Marrone, op. cit, p.70.
100
Ivi, p. 72.
75
3. Animazione alla lettura. L’animazione alla lettura è un’azione consapevole, che produce un avvicinamento affettivo e intellettuale a un testo, la scuola vede nell’educazione alla lettura come un processo continuo da impostarsi dalla scuola dell’infanzia primaria, dove gli insegnanti, grazie al saper fare arricchisce il loro repertorio di giochi didattici. L’animatore alla lettura ha come scopo incrementare la lettura, non solo dal punto di vista pedagogico, che in sé l’educazione strumentale, ma anche ambendo a un’analisi meta-strumentale: l’animatore alla lettura insegna a rileggere, a non fermarsi al primo livello interpretativo.101 La lettura va oltre la decifrazione del codice, perché saper leggere: •
È un insieme di abilità e un atteggiamento che supera gli ambiti dell’educazione linguistica e che riguarda un’area disciplinare;
•
È soprattutto un problema di curiosità e motivazione alla lettura in quanto tale e non solo alla lettura scolastica, basato sul superamento tra ciò che si vuole e ciò che si deve leggere;
•
È in sostanza il passaggio da una concezione della lettura come attività libera e capace di porre il soggetto in relazione con se stesso e con gli altri.102
Educare alla lettura, attivando e consolidando un comportamento intelligente e costante di lettura, sembrano quindi essere le condizioni essenziali per la motivazione e l’interesse per la lettura: l’animazione alla lettura rappresenta una delle strategie per suscitarli. Animare un fumetto consente di attivare meccanismi cognitivi ed emotivi, si considera il contesto multimediale in cui è immerso il lettore.
101
Cfr. A. Arca, Animazione alla lettura. Teorie e Tecniche, Brescia, la Scuola, 2006, p.11.
102
Cfr. M. De rossi, op. cit, p. 175.
76
Il processo di decodifica e comprensione di un testo implica una certa attività cognitiva, molto faticosa per un lettore, tramite l’animazione alla lettura il lettore viene accompagnato nella scoperta dei testi supportato nell’impegno attentivo e cognitivo che la lettura comporta, scoprendo il piacere che ne deriva. Per un bambino impegnato nell’acquisizione del codice, il fumetto, essendo un testo animato, è vissuto come un dono, un promemoria delle emozioni che si annidano tra le pagine, un incentivo ad acquisire il codice. L’intenzionalità dell’animatore-insegnante consente di proporre un ascolto diverso, che comprende non solo gli scenari dell’azione ma anche le descrizioni d’ambiente e gli scenari di coscienza dei personaggi.103
3.1. Struttura del progetto d’animazione. La programmazione di un’animazione alla lettura prevede tre momenti: la programmazione vera e propria, l’attuazione e la verifica. Il lavoro dell’animatore si snoda, prima durante e dopo l’attuazione dell’animazione. PRIMA A) Analisi: “Chi sono” i bambini destinati all’animazione; B) Definizione degli obiettivi: generali (suscitare o aumentare la voglia di leggere), specifici (quelli propri dell’animazione); C) Preparazione: 1. Remota: conoscenza di psicologia dell’età evolutiva, d’illustratori; 2. Prossima: passione che spinge l’animatore a confrontare le teorie con il bambino reale, costruendo animazioni coinvolgenti Nella fase di preparazione sono definiti il titolo dell’animazione, i tempi necessari per i vari movimenti, che non devono superare i sessanta minuti, 103
Ibid, p. 177.
77
ambiente in cui è effettuato, il tipo d’animazione questa scelta si rivela delicata, tiene conto delle caratteristiche del testo rapportabile a quella dei bambini a cui viene presentato. L’intervento animativo può essere effettuato prima, durante o dopo la lettura. La scelta dell’animazione è opzionale: per ogni testo ne va predisposto una sola e solo una, da effettuarsi prima, durante o dopo la narrazione, una delle prime scelte della progettazione dell’animazione sta se essa sollecita nel bambino processi di comprensione del testo o lo stimola a percorsi interpretativi. Per comprensione intendiamo riferirci a un processo dinamico d’interazione tra le informazioni nuove fornite dal testo e le conoscenze presente nel lettore. 104 Comprendere un racconto ascoltato significa essere capaci di ricordare: •
Le sequenze logiche e cronologiche di un testo;
•
Le situazioni iniziali e l’ambientazione;
•
Gli eventi della storia e le relazioni del personaggio dei principali;
•
Il modo in cui gli episodi si concludono.
Comprendere è ricevere le informazioni che con il testo ci vengono offerte dal suo autore, interpretare invece: •
Reagire al testo in base alla propria esperienza;
•
Dare valutazioni estetiche o ideologiche del testo.
Un’animazione finalizzata alla comprensione invita ai bambini a soggiornare nel testo, approfondirlo, a esplicitare il non detto partendo dal detto, mentre quella finalizzata all’interpretazione parte dal testo per andare altrove, nei pensieri, nei vissuti.
DURANTE 104
R.De.Beni, F.Pazzaglia, Lettura e meta cognizione, Erickson, Trento 1991. p. 180.
78
Fasi della realizzazione: a) Creazione
dell’atmosfera:
l’animatore
predispone
l’ambiente,
decidendo se i bambini si siederanno in cerchio o davanti a lui, su sedie o a terra, dispone oggetti che possono fungere da organizzatore anticipato o che siano evocati ambienta o situazioni. b) Accoglienza: in questa fase l’animatore incontra i bambini: può presentare se stesso, l’ambiente che ha strutturato, alcuni oggetti presenti, ed effettuare un’animazione che precede la lettura; c) Parte centrale: narrazione ed eventuale animazione “durante” o”dopo”; d) Congedo: l’animatore saluta, dà la tempistica dell’eventuale prossimo incontro e consegna a ciascun bambino un piccolo regalo. È costruito dall’animatore in conformità a criteri di economicità di tempo e materiali, ma con una presa intenzionalità educativa: esso allo scopo di ripercorrere la narrazione del fumetto e raccontare ad altri. Solitamente rappresenta i personaggi della storia, ma anche ambienti o oggetti attorno ai quali si è snodata la narrazione. Più i bambini sono piccoli, più il regalino deve rappresentare personaggi o oggetti nella sua interezza, la capacità di rievocare un personaggio, ambiente o oggetto tramite una sua parte richiede al bambino di avanzare un processo di simbolizzazione, sul regalino sono riportate la data dell’animazione, il titolo e l’autore del fumetto.
DOPO Verifica: rivisitazione critica dell’animazione relativa a: •
Momenti dell’animazione;
•
Tempi:
•
Protagonisti;
79
•
Strumenti e materiali”
Luigi Ferraresso, maestro e animatore, afferma che al centro di ogni percorso di lettura o progetto d’animazione vi deve essere un buon testo.105
4. Educare e linguaggio. Il fumetto rappresenta una delle più importanti forme espressive mediante i quali i bambini si accostano alla lettura, data l’affinità con il mondo dei cartoni animati, non sorprende la sua potenzialità attrattiva che esercita nei piccoli. Una ricerca condotta dall’ISPO106 pone i fumetti tra le letture preferite dai bambini tra i 6 e i 13 anni: il 16% li sceglie, preferendoli alle favole o ad altri generi.107 Da anni è stato riconosciuto il valore socializzante dei media, ciò vale anche per i fumetti, le cui storie contribuiscono a diffondere valori, stili di vita e aspettative delle diverse generazioni, il fumetto propone un linguaggio alla sensibilità dei bambini, che è un territorio d’indagine molto interessante prima ancora che per gli alunni, per il formatori. Il linguaggio dei fumetti si può analizzare e smontarlo al fine di predisporre strumenti critici e operativi, utili per costruire dei progetti e dei laboratori, finalizzati alla produzione e alla comprensione, il fumetto dovrebbe essere un laboratorio di ricerca permanente, si evidenzia il pieno sfruttamento di codici comunicativi di un nuovo territorio espressivo che l’ambizione di diventare un ambiente per ripensare le pratiche didattiche. Il fumetto è un linguaggio moderno, la sua funzione principale è creare un ambiente comunicativo attraverso cui veicolare sentimenti, emozioni e azioni e raccontare storie; la comunicazione prevede una fonte (da cui parte la comunicazione), un messaggio (che costituisce il contenuto della comunicazione), 105
Cfr. M.De Rossi, op. cit., pp. 179-183.
106
Istituto per gli studi della pubblica opinione.
107
S. Tirocchi, G. Prattichizzo, Nuvole Parlanti. Insegnare con il fumetto,Torino, Carocci Faber, 2005, p. 37.
80
un destinatario (arrivo della comunicazione), inoltre presuppone l’uso di codici, cioè di sistemi di regole convenzionali, che possono essere condivisi e non condivisi e l’esistenza di un contesto all’interno del quale la comunicazione si sviluppa. Nel fumetto il processo comunicativo assume forme più articolate, quando uno legge un fumetto si trova di fronte a un testo complesso, fatto di diversi codici. Il linguaggio del fumetto è costituito da due tipi di elementi: la parola e l’immagine (i disegni veri e propri e le frasi contenute all’interno delle nuvolette o all’interno delle vignette). La comunicazione, si sviluppa a diversi livelli: l’emittente è l’autore del fumetto ma può essere anche il personaggio che esprime le idee dell’autore. Per comprendere al meglio il fumetto, è necessario conoscere le regole di lettura, intesa non tanto come conoscenza linguistica dei codici, quanto acquisizione di competenze esperienziali e contestuali, che maturano attraverso la pratica quotidiana della lettura. La competenza comunicativa, dunque come capacità di decodificare (interpretare) i contenuti del format-fumetto (riconoscimento del funzionamento della narrazione, dei personaggi, dei temi), si articola attraversi diversi livelli di senso e significato.108 Il fumetto è un dispositivo narrativo che si avvale di un codice multiplo per raccontare storie in modo originale, attivando strategie comunicative che attirano il lettore all’interno del suo mondo d’immagini in movimento, inoltre, secondo Giovanni Genovesi, il fumetto ha un valore educativo, offre occasioni di svago e compensazione psichica.109
5. Il piacere di leggere. L’approccio alla lettura, nella scuola primaria, è delicato e coinvolge due momenti fondamentali dell’apprendimento infantile: imparare a leggere e leggere con piacere. 108
Ibid, p. 42.
109
Ibid.
81
È fondamentale il primo rapporto con la lettura, se si presenta, gravoso anche i successivi rapporti ne saranno danneggiati: un bambino che legge con difficoltà diventerà un adulto non lettore. Il primo approccio deve essere gioioso e gradito, quindi grazie al fumetto e grazie alle immagini è possibile fornire un terreno di comprensione e di curiosità. La parola scritta del fumetto ha la possibilità di avere una corrispondenza con i personaggi, permettendo un’intuizione immediata e un riferimento concreto con l’ambiente in cui si svolge l’azione, la narrazione è provvista di dinamicità temporale e spaziale, ma è presentata attraverso schemi statici, le vignette, che consentono al bambino di soffermarsi su ciascuna sequenza o passare dall’una all’altra. La rappresentazione grafica, che muovendosi dal disegno o dall’immagine di arricchisce di altri codici linguistici, la descrizione verbale, il dialogo, l’onomatopea, è un modo molto naturale di comunicare per il bambino e quindi il primo impatto con questo tipo di lettura è più congeniale.110 La naturale tendenza del bambino a cogliere prima l’insieme, nella sua globalità, per poi soffermarsi sui particolari e avviare un processo di approfondimento delle conoscenze acquisite, trova risposta nel rapporto con la lettura verbo-visuale, dapprima percepito come insieme visivo e solo in un secondo momento come composizione di elementi. La vignetta disegnata contiene una serie di elementi, che pur racchiusi in riquadri e strisce, favoriscono il colpo d’occhio globale, consentendo al lettore di cogliere il senso complessivo della narrazione e poi soffermarsi sulle singole fasi di sviluppo del racconto e sui particolari che vivificano l’azione, la presenza dell’effetto scenico dinamico della striscia e statico della vignetta, facilita il passaggio
da
una
comprensione
complessiva
dell’intreccio
narrativo
a
un’acquisizione sequenziale degli elementi che compongono il testo.
110
G. Marrone, op. cit, p. 100.
82
Conclusione. La promozione di albi a fumetti, con le migliori storie dei personaggi più amati dei comics, ha contribuito a diffondere storie offrendo un’occasione didattica, e soprattutto autodidattica, straordinaria. Questa iniziativa ha incrementato la visibilità pubblica del fumetto, rilevando l’importanza e l’esigenza di un’educazione seria e sistematica a quel genere di lettura, in una società contrassegnata dalla pevarsività dell’immagine e dalla sua straordinaria capacità d’attrazione. La nostra società, affacciata sempre di più alla tecnologia, predilige come mezzo di comunicazione l’immagine come componente elementare di interfacce utente reattive ed interattive, essendo anche un mezzo di comunicazione più naturale rispetto alla scrittura(esistito fin dalle origini) è presente tutt’ora grazie a diversi dispositivi(cfr. Android, Windows Phone e iOS 111), che cercano di sfruttare al meglio i codici dell’immagine, essendo il linguaggio delle immagini altamente evocativo. Le immagini, nella comunicazione multimediale costituiscono un linguaggio visuale, che consente la manipolazione grafica degli elementi, infatti, il fumetto è un’ arte visuale, sia come genere narrativo che come linguaggio moderno, per questo la sua funzione primaria consiste nel creare un ambiente comunicativo. La prospettiva del fumetto nell’ambito didattico, utilizzando tecniche animative per accostare bambini e ragazzi a questo mezzo comunicativo, consente un’educazione ai media, ossia una disciplina che pensa ai media come risorse integrali per il processo formativo. Con l’espressione dei media education si intende il duplice significato: educare con i media e ai media. Nella prima si riferisce all’utilizzo dei media come uno strumento da impiegare all’interno di una didattica tradizionale, mentre nella seconda i media sono considerati un vero e proprio ambiente formativo. 111
Sono le piattaforme software di Google, Windows e Apple.
83
L’utilizzo di tecniche multimediali nella prassi animativa, consente di raggiungere degli obiettivi: la comunicazione in differita 112, educare ai media e comunicare con una pluralità di linguaggi. Grazie a degli strumenti esemplificativi come laboratori mediali (fumetto, fotografia, video-film making) si sviluppano un’educazione all’immagine e una produzione multimediale. L’utilizzo del fumetto nelle tecniche narrative, considerando il valore intrinseco del fumetto, consente grazie alla lettura animata, storytelling, foto-story, scrittura creativa e collaborativa e il digital storytelling, di sviluppare l’ascolto, la comprensione e una riflessione sull’esperienza e sulle azioni. La civiltà è sempre più indirizzata al cambiamento, il quale implica inevitabilmente nuove metodiche e modelli di approccio didattico. Tal evoluzione, quindi, segue e seguirà sempre di più una via parallela rispetto quella dei nuovi strumenti disponibili, dunque: perché non considerare i vantaggi che essi possono dare a supporto della comunicazione? E, perché non provare a scoprirle nel mondo scolastico? Da queste due questioni, si afferma la centralità strategica del fumetto e delle sue peculiarità, per il futuro della didattica e della comunicazione tout court.
112
Rendere recepibile un messaggio, una informazione, in qualsiasi luogo ma - come significato dal termine "differimento" - in un qualsiasi tempo, ovvero in un tempo costitutivamente successivo rispetto a quello dell'acquisizione originaria dei dati.
84
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