Editoriale
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n. aprile 2008 In attesa di registrazione c/o il Tribunale di Fermo
Comunicare: una passione w w w.i n for m a z ione .t v
Editoriale
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e l’abbiamo fatta. Que sto è il pr imo numero de “Il Gusto...della vita”. Il per iodico che par lerà di noi - di noi cuochi, intendo -, dei r istoranti, delle ho teller ie, dei locali che mandiamo avanti, della cultura legata alla cucina e al buon mangiare e al buon bere. Insomma, della nostra civiltà, che si r itrova a tavola e gusta le cose buone che le no stre mani hanno elaborato dopo che altr i le hanno prodotte, e che il buon Dio ci ha dato. “Il Gusto...della vita”, ap punto. Che non è solo il sapore o il profumo, ma anche il piacere di r itro varsi, di scopr i re piatti nuovi e antichi, di r iscal dare il cuore con un buon rosso o un buon bianco. Ma ce l’abbiamo fatta anche sotto un altro pro filo. Qualcuno mi accuse rà di essere r ipetitivo. Eb bene, sì, lo sono, e lo sarò fintantoché nella nostra ter ra, “Ter ra di Marca”, come dice sempre e scr ive sempre il nostro di rettore Adolfo Leoni insieme al suo gr uppo di Medi@Comunicazioni, fintan toché, dicevo, non avremmo sino in fondo accettato, appli cato, vissuto la cultura dell’ospitalità. Come cuochi, come Associazione divenuta autonoma da Ascoli a luglio del 20 07, stiamo por tando avanti questo progetto: la cultura dell’ospi talità. Molto è già passato. Ospitalità è la bontà dei piatti offer ti nei nostr i locali, ma anche il sor r iso di chi li porge, an che l’indicazione che viene for nita con gentilez za dal vigile urbano, anche il panino del salumaio passato con garbo, il gestore dell’albergo che delucida il cliente sulla possibilità di un’escursione a cavallo o una gita in barca, o il semplice saluto per strada di un giovane. Ospitalità e Gusto, per far crescere questa nostra ter ra. Ripeto: Ter ra di Ma rca. Ed è un pr imo passo. Altr i poi ne ver ranno. I corsi di forma zione, ad esempio, che vor remmo propor re al nostro mon do; le iniziative, per par lare di cibo e salute, cibo ed ar te, cibo e musica. Il per iodico suppor terà queste nostre scelte. Insomma, c’è un g ran cammino da compiere. E, come sem pre, occor re fare il pr imo passo. O ra, l’abbiamo fatto.
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Alessandro Pazzaglia
S o m m a r i o
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L’editoriale
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FIC: la Federazione che cresce
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La filiera corta
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Pesce azzurro, che salute!
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Grande Proloco, grande paese
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Piatti della tradizione: un progetto per la 5 a provincia
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La ricetta: i vincisgrassi
... Valdaso in fiore
... Fermano: occorre un GAL
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Vin Santo: vino dell’anima
...Cucina dal mondo: mangiare alla russa ...La voce delle Associazioni
La filiera corta Una Federazione in crescita
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luglio 20 07. A Ser vigliano nasce l’Asso ciazione Cuo chi della Pro vincia di Fermo. I pr imi associati sono ben 8 8 (8 3 cuochi professio nisti più cinque allievi). All’hotel San Marco, l’assemblea generale delle Ber rette bianche ha scelto i suoi di r igenti. All’unanimità è sta to eletto come pr imo Presidente Alessandro Paz zaglia. Insieme a lui opereranno Sandro Monti roni (segretar io, di P. S.Elpidio), Adr iano Berdini (tesor iere, di Al tidona), Fabr izio Fer racuti (Fermo), Paola Ippoliti (Rapagnano), Walter Testoni (Fermo), Luciano Vecchiotti (Magliano di Tenna). A fungere da sindaco revisore dei conti è stato chiamato il se gretar io comunale di Ser vigliano Alber to Cesetti, mentre Luciano Scafà (P. S.Giorgio) farà par te del collegio dei Probivi r i. L’Associazione Cuochi della pro vincia di Fermo entra a far parte integrante della Federazione Italiana Cuochi. La FIC dunque cresce. 20 sono attualmente le Unioni Regionali, 125 le associa zioni provinciali, 3 0 quelle este re. Il totale iscr itti ha superato le ventimila unità. Diffusione della cultura gastro nomica, sostegno alla catego r ia, corsi di formazione, iniziative var ie sono il vanto della Federa zione, che ora ha un fiore all’occhiello in più: l’Associazione Cuo chi della Provincia di Fermo.
F.I.C. Ass.ne Cuochi della Provincia di Fermo via Legnano, 2 63018 Porto Sant’Elpidio tel. (+39) 330 650208
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alla Fer mo di “T ipici tà”, Paolo Petr ini, assessore re gionale all’ag r icoltura, ha ottenuto il premio “Autor i di Marca”. Sempre da T ipicità, ma stavolta dal Teatro dei Sapor i, insieme al sindaco di Ser vigliano Mau r izio Mar inoz zi, Petr ini ha lanciato un av ver ti mento. Anzi: un auspicio. Occor re, ha detto, che le aziende agroalimentar i marchigiane siano raffor zate. Raffor zate come? I r robusti scano, eppoi sentano la vicinanza dei consu mator i. E qui entra in campo la filiera cor ta o addi r ittura cor tissima: la possibilità di passa re da produttore a consumatore senza troppi inter mediar i, la possibilità di dar vita ai mercatini di campagna in città, la possibilità di creare r ispar mio per le famiglie e occasioni economiche per le imprese. Se queste impre se si r iti rassero, se gli uomini che le guidano facessero altre scelte, a scapitar ne sarebbe il nostro paesaggio. Innanzitutto, come tenuta ambientale; in secondo luogo come immagi ne da offr i re all’ester no. Petr ini ha r icordato come gli statunitensi ve dono il nostro ter r itor io: colline rotolanti. Ecco: se le colline rotolanti diventassero br ulle, fan gose, scivolose, smottanti, non solo aggrave remmo la tenuta delle aree, ma andrebbe a car te quarantotto quell’ “Economia dell’espe r ienza” che consente, anche ad altre imprese non di settore, di vendere l’identità marchi giana. E con successo. Allora, car i amici, e questo lo diciamo noi, mi glior iamo la nostra consapevolez za, che vuol di re: aiuto a chi resiste in campagna, a chi produce “buono”, a chi fa crescere una nuo va - antica cultura alimentare. Insomma, a chi sostiene “il Gusto... della Vita”. (a.le.)
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Cultura a tavola
Il Pesce Azzurro:
un prezioso alimento della nostra tavola
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Dr. Massimiliano Petrelli SOD Dietetica e Nutrizione Clinica. Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti di Ancona
econdo le stati stiche dell’ISTAT il pesce non è cer to l’alimento più fre quente sulle tavole italiane: in base alla spesa per famiglia, le r isorse desti nate alla car ne sono quattro volte super ior i. Oltretutto il consumo è notevolmente sbilanciato su base regiona le: mentre nelle regioni me r idionali e insular i ar r ivano ogni anno 11,4 chili di pe sce a testa, in quelle setten tr ionali e centrali la razione scende a soli 5,4 chilog ram mi. E’ un er rore, perché so stituendo in tavola il pesce alla car ne e ai der ivati del latte non soltanto si r iduce la quota di grassi satur i e cole sterolo che viene introdotta, ma si può anche r idur re il li vello ematico di colesterolo e tr iglicer idi, la forma in cui i g rassi ci rcolano nel sangue. Il pesce, e soprattutto il pe sce az zur ro, è r icco di particolar i acidi g rassi polinsa tur i che fanno par te della dell’acido alfa linolenico. I più impor tanti sono l’acido eicosapentaenoico o EPA e l’acido docosaesaenoico o DHA, noti anche come ome ga - 3. Nella dieta normale queste sostanze sono piutto sto rare, in quanto nei grassi vegetali e animali gli acidi polinsatur i sono rappresenta ti in maggioranza dall’acido linoleico e da quello arachi donico. Altro dato importante da aggiungere è che il nostro organismo non è in g rado di fabbr icare da solo gli omega - 3; tali nutr ienti, per tanto, devono necessa -
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r iamente essere assunti con l’alimentazione. Che cosa fanno in par ticola re gli omega - 3? La loro pre senza nella dieta fa sì che si abbassi il livello ematico del colesterolo totale, e in particolare delle lipoproteine a bassa densità (LDL o cole sterolo “cattivo”) che sono quelle realmente per icolose per l’insorgenza dell’atero sclerosi (quelle “incrostazio ni” dei vasi sanguigni che occludendo le coronar ie causano l’infar to, oppure occludendo le ar ter ie cere brali causano l’ictus). Inoltre r iducono anche i tr iglicer idi (che se troppo elevati con tr ibuiscono alla for mazione delle placche ateroscleroti che) ed esercitano un’azio ne anti - aggregante piastr i nica (che contrasta il r ischio di trombosi). Il r uolo del pesce az zur ro è stato individuato grazie so prattutto a studi su popo lazioni che hanno sempre r iser vato al pesce un posto d’onore. Per pr imi ci sono, ov viamente, gli eschimesi, una popolazione che si ali menta quasi esclusivamente di pesce (il rappor to con gli italiani per consumo di pe sce, infatti, è di 15 a 1). Il loro r ischio di sviluppare malattie cardiache e delle ar ter ie è ci rca 10 volte infer iore di quella delle popolazioni eu -
ropee. La Società Italiana di Nutr izione Umana, nei Livelli di Assunzione Raccomanda ti di Energia e Nutr ienti per la popolazione italiana, ha inser ito un livello minimo di acidi g rassi polinsatur i della ser ie omega - 3 per un adul to, par i allo 0,5% delle calo r ie totali giornaliere assun te. La percentuale aumenta nei neonati e nei bambini, in quanto numerosi studi han no dimostrato che alimenti r icchi di DHA garantiscono un migliore sviluppo neurolo gico. Uno studio condotto a Seattle USA) e pubblicato su Jama (1995:274(17);1363 -1367) ha dimostrato che una dieta r icca di DHA e EPA è capa ce di r idur re del 5 0 % il r ischio di ar resto cardiaco o ar itmie in un gr uppo di 3 4 4 soggetti (uomini e donne) che ave vano già avuto un infar to, r ispetto ad un eguale gr up po che non seguiva la stessa dieta. Attenzione, però, il pe sce va consumato al for no, lessato, in umido, alla g r iglia, ma non fr itto: infatti la fr ittu ra compromette l’appor to di questi acidi grassi e fa au mentare di molto le calor ie. Il “pesce az zur ro” è una de nominazione di uso generale e non cor r isponde a un gr up po scientificamente definito di specie. Un po’ come nel caso del “pesce bianco” o dei “fr utti di mare”. Si defini -
scono az zur r i quei pesci dal la colorazione dorsale blu scuro e ventrale argentea. Generalmente abbondano nei nostr i mar i e questa pre rogativa li rende decisamen te economici, se acquistati e consumati ciascuno nella propr ia stagione. Tra questi r ientrano pesci come l’agu glia, l’alice, il cicerello, il pe sce sciabola, la sardina, lo sgombro e il suro. Inoltre possono essere considerati azzur r i per la loro colorazione, anche molti pesci che, per dimensioni e forme, non han no nulla in comune con “gli az zur r i” più conosciuti. Tra questi troviamo la lampuga, il pesce spada e il tonno. In alto e medio Adr iatico, g ra zie all’afflusso delle acque di molti fiumi, c’è una maggio re disponibilità di plancton. E propr io per questo le alici adr iatiche crescono rapida mente e sono più g rasse r i spetto alle alici del Mar T i rreno. Per gli antichi Romani il pe sce az zur ro era un alimento sempre presente sulla tavola, anche sotto forma di gar um (una salsa a base appunto di alici e sgombr i). Poi per diversi secoli non ha goduto cer to di considerazioni e amicizie altolocate; il pesce az zur ro, infatti, era il cibo quotidia -
no dei pescator i, una delle comunità r itenute più pove re. Oggi è considerato una g rande r isorsa alimentare e gastronomica ed è una vali da alter nativa alla car ne. Il perché balza agli occhi se si esamina il suo profilo nutr i zionale: ha proteine ad alto valore biologico in grande quan tità (anche fino al 20 % del peso); i g rassi che lo compongono r isultano addi r ittura benefi ci; possono sembrare tanti (se paragonati a quelli del pesce bianco) ma sempre meno di quelli dei latticini ed alcune car ni che però sono dannosi per le ar ter ie; è r icco di vitamine A, B1, B2, B6, B12, D, H e PP; è r icco di minerali, come io dio, fer ro, fluoro, potassio, rame: tutte sostanze di g ran de impor tanza per il meta bolismo dell’organismo; È sempre consigliabile svisce rare e lavare il pesce az zur ro pr ima di r ipor lo nel fr igor ife ro o nel congelatore. All’in ter no del fr igor ifero è prefe r ibile sistemar lo in posizione inter media, meglio se av vol to nella pellicola trasparente o in un contenitore chiuso, per evitare che il resto dei cibi ne prenda l’odore ed
è bene consumar lo rapida mente. Può essere congelato in casa, se acquistato fresco e r iposto immediatamente in freezer, negli appositi sacchetti a chiusura er metica. È bene r icordare che, essen do presente nel pesce azzur ro una maggiore quantità di g rassi, non è consigliabile conser var lo nel congelatore per più di tre mesi. Infine, è necessar io sottolineare che con la conser vazione si mo dificano anche le caratte r istiche organolettiche. Nel pesce surgelato si ver ifica una deg radazione progressi va degli acidi g rassi omega 3. Il fenomeno è strettamen te legato alla qualità iniziale del prodotto, alle condizioni di surgelamento e alla tem peratura di conser vazione. Nel pesce in scatola, invece, gli acidi g rassi si deg radano molto più lentamente, però si osser va qualche perdita di vitamine, legata alla loro diffusione nel liquido e alla temperatura di ster iliz zazio ne. Complessivamente, la qualità nutr izionale resta co munque molto buona, anche se il consiglio finale del nutr i zionista è quello di mangiare pesce az zur ro fresco, cotto da chi se ne intende, almeno tre volte a settimana.
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Il comune
Grande Pro Loco... grande paese
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r ima lo chiamava no: “Magl ianit tu”. Come per di re: è una cosa piccola piccola, quasi in signif icante. Gua rdatelo un po’ oggi!: zona industr iale in espansione e aziende di pr im’o rdine, laggiù in basso; case restaurate, verde e ini z iative a rottadicollo, lassù in alto. I mer iti? Degl i ultimi sindaci, sicuramente, ma an che della Pro Loco. E che Pro Loco! Allo ra, come pr ima cosa, vi r ivel iamo i nomi: Emi l iano Scagnol i, presidente, En r ico Cutini, vice; eppoi, i consi gl ier i: Romano Egidi, Gianni Levantesi, Massimi l iano San tini, Flo r iano Minnucci, Vi tal iano Medo r i, Wi l l iam Ferracuti, Ma r io Ubaldi, En r ico Zeppi ll i, Antonio De Gio rgio. Non basta, perché dovrem mo cita re decine e decine di altr i collabo rato r i, soprattut to di donne, tutti pronti a
da re una mano. Una mano per Magl iano di Tenna, al troché! I l prog ramma per i prossimi mesi è già denso. Ca r i signo r i e signo re, si comincia con la Festa del la Madonna delle Grazie il 7 e 8 giugno ; poi, dal sacro al profano, una settimana dopo si continua con la Sag ra del le Sag re. Provate per credere: incredibi le per i frequentato r i e la bontà dei cibi. A lugl io, Po r to San Gio rgio chiama e Magl iano di Ten na r isponde per le “Pro Loco in festa”. Lugl io è anche i l per iodo del la Rievocaz ione del la trebbiatu ra (i l 13), la Gio r nata del r ito r no dei cittadini emig rati altrove (i l 2 0), la Festa del l’anz iano (i l 27). A f ine agosto (3 0 e 31) ci si trasfer isce in per ifer ia per “Le Prese in festa”. Finito? Macché. Ad ot tob re (i l 26), Castagnata magl ianese. E g ran f inale natal i z io con i l
Presepe vivente. Passione per un comune, che da piccolo è diventato g rande g rande. Stel la Alf ier i
Magliano di Tenna
Piatti della tradizione
Piatti della Tradizione Magliano di Tenna
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iccole stor ie, grandi stor ie. Eppure, tutte, in d i sti ntamente, hanno bisogno di protagonisti. Ebbe ne, in questa, ce ne sono diversi. Innanzi tutto, c’è lui: Alessan dro Paz zaglia, con un’idea accarez za ta da anni e dive nuta piano piano sempre più chiara. Quale? Il ter r itor io fermano, oggi provin cia, non r icorda più i suoi piatti tradizio nali. Ne sta perden do la memor ia. Un g rave peccato d’omissione. E, allora, il capo degli chef della nuova provincia che ti fa? Pr ima, inizia a par larne con un gior nalista (il sottoscr itto), poi attiva i sindaci. Ha un’idea in mente, che è r ivoluzionar ia. Ogni comune della quinta provincia marchigiana si metta sulle tracce delle nonne e delle mamme, di coloro che ancora hanno il gusto della buona cucina. Le metta insieme, le faccia esibi re e diver ti re ai fornelli. È a questo punto che appare il ter zo protago nista. Si tratta di Nello De Angelis, è sindaco a Magliano di Tenna, gli piacciono le tradizioni, e, benché sposato, sposa le idee di Paz zaglia. Detto e fatto, nel gi ro di alcune settimane tro va ben 14 signore (e pure un signore), tutte av vez ze al mattarello in funzione culinar ia. A questo punto, occor re il locale. A prestarsi è l’Oster ia dell’Arco, ambiente medievale,
caldo, accogliente. Ancora più accogliente con i magnifici 15 che, divisi in due serate, si cimentano allegramente ai for nelli. Una me lodia per la gola, uno splendore per gli occhi. Dalla cucina, sotto lo sguardo attento e pronto dello chef Luciano Vecchiotti escono sapor i e profumi impossibili da descr ivere. Una festa d’altr i tempi, per questi tempi. Val la pena di citar le tutte, con i loro cogno mi e soprannomi, le nostre cuoche (ma c’è, r icordiamo, anche un uomo tra di loro) e le loro produzioni: Milena Palmier i - pist ringu, Mar ia Pr incipi - f rascarelli co lo sugo finto, Dora Latini - tajulì pilusi, T ilde de Fagià - piz za a sfornatura de pa’, Rita Tempestilli - ruscì de puju co l’oe, Lorenza Capancioni - oe in trippa co li veselli, Lorenzina Mercuri - cavili strascinati co le coteche, Mar iolina Iena - minest ra de ci rcerchia, Graziella Varani - moccolot ti de lo vat te, Natalina Spur io - pappuncì, Rosanna Casturani - tacchit ti co lo cece, Marcello Granatelli - polenta bianca co la saciccia, Luciana Cr uciani - ciammelle co lo mosto, Elvia Pallotti - pizza co li fichi, Graziella Varani - collu de puju r ra r rimpitu. Un tr ipudio! Due serate per la giur ia, che ad ogni piatto affida un giudizio. Poi, a qualche settimana di distanza, la grande dimostrazio ne si sposta al r istorante Da Benito, con una platea di sindaci e presidenti di istituzioni. Perché l’idea di Paz zaglia è ancor più r ivolu zionar ia. Alla fine del censimento nei 4 0 co muni, ver ra stilato il menù del Fer mano. Che roba, ragaz zi! E, grazie al sig. Nello, che ci ha creduto e ha rotto gli indugi. (a.le)
Il pane
Un Chicco di Grano che cresce
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ppoi dite che le donne... In effetti, hanno una marcia in più. E’ quel lo che ti viene in mente quando ascolti Gisel la Antolini. La raggiungiamo nel suo for no - pasticcer ia di via San Mar tino a Caldarette d’Ete di Fer mo. Entr i e man geresti di tutto: piz za, paste, pane di ogni specie. Sbi rci il for no e lo trovi lindo e ordi nato. Impostare un’inter vista non è semplice. Ogni istante ar r iva un cliente. Ce l’aveva av ver tito. Va bene così. E la marcia in più? Potrebbe già bastare, ma aggiungia mo altr i fatti. Lo scorso anno la signora Gisella ha detto: basta con le guer re tra panifici, basta con le concor renze, faccia mo un’alleanza, facciamo un consor zio. Gli ha r isposto una collega di P. S.Giorgio, I rene Anteni. Così è scoppiata la “pace” tra la città di collina e quella di mare. Ed è stato aper to – il 21 apr ile 20 07 quel fior fiore di locale che
si chiama Chicco di Grano. Lo trovate lungo la naziona le Adr iatica, a P. S.Giorgio, in via F.lli Rosselli. Gran bel lo cale che le due donne han no ar redato con gusto. Un po’ caffetter ia e un po’ pa netter ia. Un locale dove vai a prendere il caffé, mangi una pasta, por ti via il pane che prefer isci e, se vuoi, puoi anche pranzare con una pro posta di menù casalingo. Un successo! Gisella e I rene sono soddi sfatte. Hanno fatto da apr ipi sta. O ra il Consor zio, volendo, potrebbe anche ampliarsi ad altr i, o altre. Intanto sta per par ti re una nuova proposta. Le nostre donne sanno guardare la realtà. Hanno consta tato che la quar ta settima na por ta una diminuzione di clienti. Soldi non ce n’è. Che fare? Abbassare il prez zo del pane. Da due euro e passa al chilo, lo r idur ranno ad un euro. Quando? Entro la fine di apr ile. Grandi! (a.le.)
Il Professionista
i Vincisgrassi
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i questo piatto, ricor rente e tipico della tradizionale cucina della Marche, si è molto parlato nell’intento di scoprire le sue vere origini e le pro ve della sua nascita in terra marchigiana. Secondo l’ipotesi più antica, la paro la VINCISGRASSI deriva da Windisch Graetz nome di un generale austriaco che nel 1799, durante le guer re napoleoniche era di stanza con le sue truppe ad Anco na. Il suo cuoco personale (non si sa bene se anconetano o no) che aveva ideato la ricetta, glie la dedicò e la fama di una minestra asciutta, tanto appetitosa, si estese ben presto con i precetti della prepa razione. Il popolo la sperimentò subito cor rompendone tuttavia la denomi nazione. Var i scrittori sono però con cordi nel sostenere che i vincisgrassi furono si un piatto preferito dal gene rale austriaco, ma che fossero già stati inventati. Ciò sarebbe provato dal fatto che in un manuale gastronomi co del 1784 “Il cuoco maceratese” di Antonio Nebbia era ripor tata la ricetta di una salsa per PRINCIGRAS, già in uso nel maceratese. Dando credito a questa testimonianza, i vincisgrassi avrebbero un’origine anteriore al 1799. Inoltre bisogna sottolineare che il nome di questo piatto sicuramente nessun marchigiano lo avrebbe dedi cato al generale austriaco, visto che proprio il 5 luglio 1799, le sue truppe massacrarono 40 0 cittadini italiani di ogni sesso ed età. È un fatto comun que che, dagli inizi del 18 0 0 in poi, i vincisgrassi hanno trovato sempre migliore accoglienza; non solo a ta vola ma anche nelle scampagnate dei finesettimana o nelle colazioni en-plen- air, anche per la par ticolare caratter istica che hanno di mante nersi per qualche giorno senza che il sapore si alteri.
a cura di Orietta Foresi
La ricetta
Pr ima di tutto deve essere prepara to il ragù. Per questo si tr itano 15 0 g di lardo o pancetta e si pongono a rosolare in una casser uola con olio e 5 0 g di bur ro. Si unisce poi mez zo spicchio d’aglio, una cipolla con 7 chiodi di garofano appuntati, una costa di sedano e una carota, si fa appassi re a fuoco moderato pr i ma di aggiungere tagliate a dadini delle r igaglie di pollo e della car ne macinata o tr itata: tutto va bene in sapor ito, si spr uz za vino bianco secco che va poi lasciato evaporare. Si unisce quindi il passato di pomodo ro, si regola di sale e pepe e si lascia cuocere a calore moderato aggiun gendo alla fine un piz zico di noce moscata e un mestolo di funghi tr ifolati, meglio se porcini. Per la preparazione della sfoglia occor re: 1/2 kg di far ina, 1 hg di semolino, 5 uova intere, 1 cucchiaio di marsala. La sfoglia ti rata piuttosto sottile, va tagliata a str iscie larghe 10 cm e lunghe poco meno della teglia in cui andranno sistemate. Lessate la pasta e mettetela ad asciugare tra due strofinacci. Subito dopo prepara te la besciamella con 5 0 g di bur ro, 4 0 g di far ina, 1/2 l di latte, sale pepe e noce moscata. Appena pronta sul fondo imbur rato di una teglia si versa pr ima un po’ di sugo poi si colloca uno strato di pasta si versa ancora sugo, su questo si spolver iz za del par migiano, si nappa con la besciamella, poi pasta sugo e via di seguito fino all’ultimo strato, costituito dalla besciamella con pochissimo sugo. La teglia va fatta r iposare per diverse ore, poi si infor na a 20 0 °C perchè i vincisgrassi possano gratinarsi e color i rsi bene in super ficie. Vino consigliato: Marche Chardonnay 2007, La Capinera.
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Te r r i tor i o
Valdaso golosa
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’itinerario enogastronomico dell’area della Valdaso è senza ombra di dubbio uno dei più suggestivi ed inebrianti della Regione. Profumi e sapori sono sapientemente mescolati in un unicum del tutto speciale. Il viaggio immaginario alla scoperta del gusto, che ci auguriamo per i numerosi turisti diventi realtà durante la loro permanenza, può iniziare da Pedaso. La cittadina è rinomata per la produzione di coz ze che, condite “alla marinara”, sono un ottimo biglietto da visita per “avventurarsi “ nella Valdaso. La ricetta consiste nel cuocere le coz ze con prez zemolo, olio e aglio senza dimenticare un piz zico di peperoncino.
La storia dei salumi marchigiani è legata alla famiglia mez zadrile, che usava per alimentarsi quasi tutte le parti del maiale. Molta attenzione veniva posta nell’alimentazione dell’animale, che si allevava con ghiande e pasto ni. Tale aspetto è tuttora particolarmente curato e ciò si riflette molto positivamente sulla qualità dei salumi. La macellazione avveniva d’inverno, quando scarseggiava il cibo proveniente dalle altre attività rurali e le basse temperature consentivano la conser vazione delle carni. La salsiccia di carne, un tempo prodotto esclusivamente stagionale, è oggi sempre presente sui banconi dei vari rivenditori ed è così diventata, per questa sua frequenza e per l’uniformazione della lavorazione, un prodotto poco tipiciz zato. Viene preparata utiliz zando le parti magre di seconda e ter za scelta, residuo delle lavorazioni di salumi e insaccati importanti. La carne ed il lardo in parti uguali
Poi ci si dirige verso Campofilone, che deve la sua fama agli omonimi maccheroncini. Sono par ticolarmente apprez zati perché conser vano le peculiarità della lavorazione ar tigianale. Semplici gli ingredienti e la ricetta: due le materie prime, la farina di grano duro e le uova, in quantità doppia rispetto agli impasti normali. Le donne, che si tramandano quest’arte, lavorano la pasta a mano o con un cucchiaio di legno. E’ molto indicato l’accostamento con il ragù, ma anche con il sugo di pesce.
vengono triturati finemente, salati e pepati, conditi con aromi diversi ed insaccati nel budello naturale. La salsiccia viene consumata fresca, spalmata sul pane, o cotta sulla griglia, come avviene nel paesino di Carassai , durante la sagra apposita nel mese di Agosto. Può essere conser vata sott’olio o sotto strutto: sicuramente è il secondo il metodo migliore.
Dopo pochi km si incontra Montefiore dell’Aso. Qui le pesche trovano il terreno ed il clima ideali alla loro produzione. Nel caso di questa coltivazione abbiamo assistito alla scomparsa delle specie autoctone, sostituite da altre tipologie e la ricerca di nuove varietà si è fatta ultimamente più pressante. In effetti, poi, non tutte le nuove varianti coltivate hanno qualità organolettiche eccellenti, legate all’equilibrio tra par te zuccherina e par te acida, ma nella maggior parte dei casi si tratta di prodotti sostanzialmente di buon livello, adatti soprattutto a sostenere indenni la manipolazione del processo distributivo che li porta fino al tavolo del consumatore finale o alla trasformazione in prodotto conser vato. Oltre alle coltivazioni intensive ed estremamente razionaliz zate, esiste anche per la pesca una presenza d’antiche cultivar ormai rinvenibili unicamente in terreni collinari, dove i proprietari tenacemente proteggono i biotipi autoctoni per ragioni sentimentali o, più semplicemente, per mantenere una memoria del gusto. La maggior parte di pesche e nettarine (pesche noci) coltivate nel Fermano si presenta a polpa gialla, sia per meglio interpretare i gusti visivi dei consumatori, sia perché hanno una produzione che si protrae per circa quattro mesi, garantendo una lunga presenza sul mercato. Le pesche a polpa bianca, spesso di varietà autoctone, pur avendo in alcune specie qualità organolettiche superiori rispetto alle pesche a polpa gialla, trovano affezionati estimatori solo nei mercati locali. È impor tante evidenziare il fatto che non solo a Montefiore dell’Aso si producono le pesche, ma si tratta di una coltivazione tipica dell’intera Valle.
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Spostandoci invece verso l’interno, potremo essere piacevolmente sorpresi da sentieri nascosti, itinerari conser vati gelosamente nella memoria, profumi del sottobosco, aria umida e fresca, cortecce muschiose, il grattare concitato di un cane e subito il profumo stordente di un tar tufo. La farmacia delle migliori alchimie è però, ovviamente, la cucina e così avviene a Force, dove i tartufi si consumano preferibilmente a crudo, finemente affettati sui piatti (solo il nero è consigliabile nei ripieni e nelle farciture). Tra le attrattive della montagna, poi, ci sono ovviamente anche i funghi. La varietà porcini la si può trovare fra faggi, castagni e lecci, ma anche comodamente nei tanti mercati di funghi. Lungo la Valdaso è sicuramente ancora una volta Force, questo incantevole paesino a 690 mt. sul livello del mare, che può offrir vi il magnifico connubio fra tartufi e funghi. Dalla simbiosi, poi, fra Campofilone ed i suoi maccheroncini e Force ed i suoi prodotti del sottobosco nasce un piatto sublime, assolutamente da non perdere: I Maccheroncini di Campofilone con tartufo di Force, dal gusto intenso e dal profumo unico ed ineguagliabile.
Se dovessimo invece raggiungere i Monti Sibillini, potremmo qui degustare il pecorino, che deve la sua par ticolarità all’originalissimo metodo di preparazione, approntato da mani femminili con caglio naturale ed erbe aromatiche (serpillo, maggiorana, basilico, germogli di rovo mescolati con chiodi di garofano, noce moscata, pecorino grattugiato, rosso d’uovo, pepe e persino olio), in giornate di cielo sereno, senza vento e con luna calante. Anche nel pecorino di Monterinaldo c’è il serpillo, tra le altre spezie ed erbe profumate. L’eccezionalità di questo pecorino sta nell’agnello da latte, dal cui stomaco viene prodotto il caglio. Chi è in cerca del buon vino, poi, può fare un salto all’omonima festa di Ortezzano, dove ai numerosi banchi di assaggio dei migliori vini locali si affiancano gli stand dei prodotti tipici del posto (salumi, polente, arrosto di maiale, bruschette, olive all’ascolana, “pupi” arrosto, etc...). Chi invece ama i sapori particolari, può recarsi a Monte Vidon Combatte per la “Sagra delle Quaglie”; avrà così l’occasione di gustare la saporita cacciagione arrostita accompagnata da abbondante vino locale. Petritoli è invece famosa per la “Festa delle Cove”, manifestazione della devozione popolare a Maria, alla quale veniva affidata la buona riuscita del raccolto di grano. In questi giorni di festa, nel paese interamente addobbato con spighe di grano, si susseguono vari eventi (la sfilata delle canestrelle e dei carri fatti di covoni di grano) ed è possibile gustare numerose delle specialità tipiche della tradizione contadina del posto. La ridente cittadina di Montegiberto ci può introdurre nell’arte della coltivazione dell’olivo e della molitura delle olive che non solo qui, ma nell’intera regione, ha origini antichissime. Troviamo menzione dell’olio di oliva delle Marche, della sua qualità e della sua quantità nel periodo medioevale, a par tire dal 1228, quando alle navi marchigiane che dovevano approdare alla riva di Ferrara era richiesto un pedaggio consistente in 25 libbre di olio. Le caratteristiche geografiche (oliveti ubicati in collina medio alta, terreni calcareo-argillosi permeabili, ricchi di minerali) permettono di produrre un olio di eccellente gusto e profumo e di bassa acidità. Ciò è dovuto anche alla raccolta effettuata quasi esclusivamente a mano (mungitura) e al metodo di estrazione dell’olio rigorosamente a freddo per sola spremitura. Le varietà tipiche utiliz zate per la produzione dell’olio di oliva extra vergine delle Marche sono una serie di vecchie cultivar autoctone (mignola, sergano, carboncella, raggiala, rosciola, piantone di Falerone, lea e nebba) che conferiscono all’olio particolari fraganze, per la presenza di alcuni composti aromatici volatili nei loro frutti. Si prosegue per Monterubbiano, dove le colline circostanti forniscono alle api grandi quantità di nettare, tanto che se ci si vuole deliziare, nutrire e curare con il miele, non bisogna perdere la mostra-mercato “L’ape che ronza”, l’indicatore più emblematico dell’attività degli apicoltori marchigiani, presenti sul mercato in 5.60 0, con 88.0 0 0 alveari. Insieme costituiscono il 6,70% del totale del patrimonio apistico nazionale. Il miele, poi, fa bene al fegato. Il levulosio e il destrosio presenti nella sua composizione sono molto utili al buon funzionamento epatico. Il miele di acacia può essere consumato anche dai diabetici. È ricco di fruttosio, che può essere assunto senza alterare i livelli glicemici. Dal miele si ottiene anche un aceto ricco di nutrienti e proprietà nutritive, ottimo per l’apparato digerente, per arricchire la microflora intestinale, contro lo stress, la febbre, il raffreddore e la raucedine. Per l’ottima e abbondante produzione è stata richiesta l’Indicazione Geografica Protetta. La vicina Moresco permette di gustare un tipico salume locale: il ciauscolo, o ciabuscolo, preparato con carni di prima e seconda scelta di costate, pancetta e spalla, molto grasso, sale, pepe, finocchio, aglio o vino cotto. Esse vengono prima finemente tritate, poi insaccate nel budello naturale ed infine affumicate. Un piacevole odore, poi, ti conduce fino a Lapedona : è quello del mitico Vin Cotto, che un tempo poteva solamente essere donato, essendo la sua vendita proibita. Dolce e mieloso, è supportato da una grande spalla di acidità di etere e profumi di spezie, tabacco, resine, fichi secchi e prugne cotte. È ridotto a non più del 20% del mosto e con grande parsimonia spillato da botticelle rimboccate in serie. La sua vita è lunghissima: passano decine e decine di anni, a volte sessanta ed anche oltre, prima di incontrarne un bicchiere. Ritornando verso la costa, potremmo fermarci ad assaporare, durante i giorni dell’omonima sagra, la polenta con le lumache di Altidona, la cui preparazione prevede la raccolta delle lumache in campagna e la loro cottura, insieme a po modoro e vari aromi, per ottenere un sugo dal sapore e dalla delicatez za unici. Le Marche si possono definire la regione dei mille sapori. Un assioma che torna tanto più attuale allorché dall’enogastronomia regionale in genere ci si inoltra nella costellazione dei vini della Valdaso. Vini che sono quanto mai sinergici e complementari. Non concorrenti quindi, ma alleati per ogni occasione. Come ‘vino da spiaggia’, da accompagnare quindi a spuntini marinari a base di pasta fredda, pesce crudo ed insalate, andrebbe eletto un bianco, che conser vi un buon patrimonio aromatico anche a temperature molto basse, 8/10 gradi circa. Mentre ai secondi ‘importanti’, che si consumano anche durante la bella stagione, si sposerà al meglio il Rosso Piceno. Federica Mariani e Pamela Petrini
Le sciroppate
Succhi di frutta
...albicocche, melone, mela, kiwi, anguria bianca, carota, pesche, mela verde, mela rosa, visciola confezioni da 100, 250 e 350 g
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Le confetture
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Frutta e passione
Grande è la natura... Passione, genuinità, natura.
S
olo tre parole, ma se ne potrebbero utiliz zare molte altre, per descrivere quello che è il mondo de “La Golosa”, azienda agricola che si trova a Montelparo, in uno spicchio di quinta provincia che sa di altro mondo in questo mondo. Il segreto dei prodotti con marchio “La Golosa” è racchiuso proprio nello straordinario territorio che li fa maturare. Colore, odore e sapore della frutta che Maurizio Curi è abile a trasformare in confetture, sciroppate e, novità delle novità, succhi di frutta, sono unici grazie ad una vallata incontaminata a due passi dai Sibillini. Ok il territorio ideale, ma non basta. Senza il gusto e la passione per il lavoro, i risultati non sarebbero come quelli raggiunti dalla Golosa, piccola grande realtà delle Marche che sudano e si fanno valere. Lo sa bene Maurizio, che dalla mamma ha imparato tutto, che la car ta vincente oggi è la qualità. Qualità vuol dire assoluta assenza di additivi chimici e conser vanti nelle eccellenze Golosa. Vuol dire 10 0% di frutta lavorata rigorosamente a mano, senza trucchi né inganni. Qualità è ancora differenziarsi dalla grande industria andando a promuovere il prodotto nelle piccole realtà come enoteche e gastronomie. Solo qui, spiega Curi, è possibile avere un contatto con le persone, spiegare la storia di ogni prodotto, farlo assaggiare. Una delle cose più belle di questo lavoro è far conoscere il prodotto alla gente. Un’esperienza unica, che rappresenta la spinta ad andare avanti, nonostante la fatica e le difficoltà che si incontrano quando si è piccoli ar tigiani del gusto. “La Golosa”, che dopo aver conquistato le Marche si sta
Conserviamola
facendo apprez zare anche fuori regione, produce la confettura di mela rosa, presidio Slow Food, garante per originalità e salvaguardia delle biodiversità. La filosofia del produttore è ben espressa da parole come: sensorialità, amore per la scoper ta dei profumi, dei sapori, attrazione per il gusto, gli aneddotti e i segreti di conse r va z ione, il metodo di preparazione. Mangiare un prodotto di un territorio, per Maurizio Curi, significa apprezzare la sua semplicità, apprezzare la natura. Come detto, l’azienda è conosciuta per confetture e frutte sciroppate, mentre la grande novità di questa stagione sono i succhi di frutta, quelli veri. E chissà cosa hanno ancora in serbo Maurizio e la sua mamma... Simone Troiani
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Il norcino
Salumificio
Nerino Mezzaluna Autentici sapori di famiglia
N
egli anni del boom economico del dopoguerra, le imprese marchigiane erano ben poche. Solo chi aveva doti innate si inventava imprenditore. Nerino Mezzaluna era uno di questi. Arguzia, spiccata capacità di relazionarsi, instancabile lavoratore ma, soprattutto, sapeva vedere le cose con spirito imprenditoriale. Così nel 1960 nasce nella verdeggiante contrada di San Girolamo a Fermo, l’attività della macellazione e lavorazione delle carni suine a supporto dell’antica azienda agricola di famiglia. Nerino non si limita all’eccellenza qualitativa del prodotto, sa adeguarsi ai cambiamenti tecnologici, legislativi e di mercato. L’azienda cresce preservando la sana mentalità contadina di un tempo. Negli Anni ’90, il “Salumificio Nerino Mezzaluna” è ormai una realtà consolidata. L’intero opificio viene ristrutturato e ampliato con moderne celle frigorifere. Si dota di bolli comunitari M/S/L CEE. L’obiettivo ora è quello di mantenere uno standard p rod ut t i vo che qualifichi il prodotto mantenendone la tradizione. Inizia un percorso di a c -
di Fabio Scatasta
curata selezione dei maiali, di ricerche sugli impasti e sulle successive fasi di asciugatura e stagionatura. “Salumificio Nerino Mezzaluna” è divenuto così un marchio agroalimentare di eccellenza, riscontrato nel mercato come produttore tipico e di nicchia. A raccoglierne l’eredità sono oggi Marco e Paola, figli cresciuti attorno al focolare di una operosa famiglia tradizionale, come ne resistono ancora in questa armoniosa Terra di Marca, cresciuti tra i colori e i sapori più autentici. Ma il vero segreto di questo piccolo miracolo è custodito da nonna Mara. La vedova di Nerino è ogni mattina sul tavolo della lavorazione carni. Con una leggerezza che addolcisce i suoi venerandi 8 0 anni, non na Mara è lì intenta a sugge re e r incuorare i suoi operai più giovani. Forse è propr io questa l’inimitabi le “spezia” che rende dav ve ro unici i sa lumi “Mezzaluna”.
L’IRRESISTIBILE VARIETÀ DE I PRODOT TI MEZZALUNA Il “Fermanello” è l’insaccato dal gusto invitante e inegua gliabile che si presenta al taglio con un raffinato mo saico di car ni rosse e giuste quantità di grasso. “Ferma nello” evoca il sapore del salame delle campagne fer mane, tradizionalmente r icavato da car ne lavorate e sminuz zate a mano.. E inoltre… prosciut to nost rano e salciccia stagionata, salame coi la rdelli e pepe in grani, guanciale speziato, ciabusolo e ciabuscolone fermano dalla pasta non troppo consistente, salami di fegato e piccanti, capocollo (o lonza) a f fumicato, l’immancabile porchet ta, culat ta, fiocchello e l’ultimo ar r ivato, il “Doppiogusto”. Stagionato per tre anni, “Doppiogusto” è un filone di lonzino dal sapore mol to dolce, composto da una par te di bistecca disossata e, dall’altra, da una magra cotenna di lardo e magro.
ISTITUTO STATALE di ISTRUZIONE TECNICA PROFESSIONALE e SCIENTIFICA Sede legale ed amministrativa Porto Sant’Elpidio I.T.C. “L. Einaudi” Via Legnano Porto Sant’Elpidio Tel. 0734/991431
I.T.C “L.Einaudi” Via Ghandi Montegranaro Tel. 0734/893092
I.P.S.C.T. “Tarantelli” Corso Baccio 25 Sant’Elpidio a Mare Tel. 0734/859128
Liceo Scientifico “Medi” Via Giotto 5 Montegiorgio Tel. 0734/962081
Questa Istituzione scolastica è lieta di colla borare alla realiz zazione di manifestazioni di r ilevante interesse culturale che mettono in evidenza la r icchez za del ter r itor io del fer ma no e delle Marche. L’Istituto professionale alberghiero, con sede operativa a Por to Sant’Elpidio e Sant’Elpidio a Mare, ha iniziato l’attività didattica nell’an no scolastico 20 01/20 02. In questi sette anni ha avuto un notevole svi luppo. Nel cor rente anno scolastico funziona no 3 0 classi, per complessivi 75 0 studenti. La sua funzione istituzionale si caratter iz za per il for te impegno nella formazione generale e l’acquisizione di conoscenze e competenze da par te degli studenti: in mer ito abbiamo avuto r iconoscimenti e attestazioni molto po sitivi. Alcuni giovani diplomati sono stati assunti da aziende prestigiose e di eccellenza a livello nazionale e internazionale. La qualità dell’accoglienza tur istica e r isto rativa non è fatta solo di belle e moder ne str utture ma soprattutto di addetti preparati e capaci. Preparati per forni re calore umano e sicurez za al visitatore. Offr i re il meglio dei prodotti locali e non solo della r istorazione, con eleganza e stile. Capaci di guidare con successo un’azienda alberghiera e/o della r i storazione o un’agenzia tur istica. Capaci di suscitare interesse per il ter r itor io, le sue attrattive tur istiche, i prodotti gastronomici di eccellenza. La formazione dei giovani che scelgono di impegnarsi nell’attività di accoglienza è un lavoro impegnativo che r ichiede professiona lità e passione. La gratificazione per gli Insegnanti consiste nel vedere i giovani farsi strada dopo qualche anno che hanno terminato la scuola, veder li, così, felici e realiz zati. IL DIRIGENTE SCOLASTICO
Prof. Antonio Iandior io
GAL Fermano
Obiettivi di sviluppo del
1. 2.
GAL Fermano
Creazione di una Agenzia di Sviluppo Locale
Promozione del territorio con azioni di marketing e valoriz zazione turistica delle aree rurali; Definizione di un sistema di gestione sostenibile dell’area; Attivazione di progetti di cooperazione interterritoriale e transnazionale;
Incremento della qualità della vita e diversificazione dell’economia nelle zone rurali
Promozione della microimprenditorialità rurale e turistica; Sostegno alla crescita economica del settore turistico con la realiz zazione di infrastrutture e ser vizi turistici ed agrituristici; Miglioramento e creazione di ser vizi e piccole infrastrutture essenziali per l’economia e la popolazione rurale; Sviluppo e riqualificazione di piccoli centri storici e borghi rurali al fine di ridurre lo spopolamento delle aree interne; Tutela attiva e valoriz zazione del patrimonio storico, culturale e paesaggistico rurale; A zioni formative volte ad accompagnare la diversificazione delle attività economiche ed il miglioramento della qualità della vita in ambito rurale;
3.
Interventi finanziabili: a)Adeguamento funzionale di beni immobili destinati alla creazione di centri rurali di ristoro e degustazione; b)adeguamento funzionale di beni immobili destinati allo svolgimento di attività turistiche di piccola ricettività quali i ser vizi di alloggio e prima colazione e di offerta di camere ed appartamenti; c)Adeguamento funzionale di beni immobili destinati allo svolgimento di attività di ar tigianato tipico ed ar tistico; d)Acquisto di attrez zature, strumenti, arredi e impianti destinati allo svolgimento delle attività; e)Creazione, potenziamento e adeguamento di infrastrutture su piccola scala quali: centri di accoglienza e di informazione turistica ed agrituristica realiz zate nell’ambito di progetti di valoriz zazione di aree protette o aree di elevato valore ambientale o di comprensori rurali caratteriz zati dalla presenza di produzioni di qualità e/o di beni storico-architettonici e/o di tradizioni storiche e culturali; f )Segnaletica stradale turistica ed agrituristica ed organiz zazione di percorsi ed aree di sosta nell’ambito di progetti di cui al trattino precedente; g)Infrastrutture ricreative quali quelle che permettono l’accesso ad aree naturali o di particolare interesse paesaggistico e ser vizi di piccola ricettività quali rifugi, aree di sosta per camper; h)Sostegno alla creazione, promozione e commercializ zazione di prodotti riguardanti l’offer ta turistica ed agrituristica delle aree rurali, compresi i ser vizi di visita guidata alle aree stesse, anche tramite azioni di marketing e l’utiliz zo delle TIC per le prenotazioni; i)Realiz zazione di strutture destinate alla fornitura di ser vizi innovativi alle popolazioni rurali o alla qualificazio ne e razionaliz zazione di ser vizi anche esistenti; j)Fornitura dei ser vizi dei settori descritti al punto 1) ivi compresa la trasformazione dei menu delle mense sco lastiche con l’introduzione di alimenti e prodotti biologici e di qualità; k)Fornitura di ser vizi di trasporto integrativo e/o mirato alle popolazioni rurali per sopperire a carenze specifiche locali; l)Implementazione di ser vizi di trasporto a chiamata attraverso l’acquisto di attrez zature, di mez zi di traspor to ed il cofinanziamento della gestione dei ser vizi; m)Fornitura di ser vizi telematici in rete a supporto delle imprese e dei cittadini, compresi i ser vizi della pubblica amministrazione forniti dagli Enti Locali; n)Inter venti volti al riuso ed alla riqualificazione del tessuto urbano nell’ambito di piccoli centri storici e borghi rurali abitati, entro i limiti di perimetrazione della zona “centro-nucleo storico”, così come definita dagli strumenti urbanistici vigenti, connessi ad inter venti organici nei quali siano compresi anche investimenti di iniziativa privata. Gli inter venti riguarderanno proprietà pubbliche e saranno finaliz zati ad allestire spazi pubblici di ser vizio ed a riqualificare l’arredo urbano; o)Studi e ricerche attinenti: a.il paesaggio tipico rurale del Fermano; b.il patrimonio architettonico dei borghi rurali; c.la cultura e la civiltà contadina sotto i suoi molteplici aspetti; d.il patrimonio artistico, storico ed archeologico delle aree rurali regionali; e.i luoghi di grande pregio ambientale; f.il sistema insediativo ed infrastrutturale complessivo delle aree rurali. p)Inter venti strutturali di recupero, restauro e riqualificazione dei beni indicati in elenco alla precedente lettera o); q)Creazione di percorsi e di altri investimenti materiali destinati a favorire la fruizione pubblica dei beni indicati in elenco alla precedente lettera o); r)Corsi di formazione individuati dal Piano di Sviluppo Locale presentati del GAL.
Promozione di interventi integrati e di filiera sul territorio
Promozione di inter venti per il miglioramento della competitività del settore agricolo e forestale; Promozione di inter venti per il miglioramento dell’ambiente e dello spazio rurale; Filiere attivabili (integrazione con l’Asse 2 del PSR) Filiere agroalimentari di qualità; Filiere agroalimentari locali; Filiere forestali locali; Filiere energetiche e no-food locali; Integrazione per accordi agroambientali d’area.
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Tel. : 0734 634013 Fax: 0734 634214 Piazza Gramsci, 4 – 63025 Magliano di Tenna (FM) Web: www.galfermano.it E-mail: info@galfermano.it
L’ enologo
VIN SANTO Vino dell’anima
U
na vecchia casa, tipica della cam pagna marchigiana, tegole rosse, finestre piccole, la stalla, il camino al centro della g rande cucina su cui si affacciano le camere da letto. O ra non è più abitata ma è ancora piena della vita, che un gior no l’animava e car ica di profumi di cenere, di uva che sono inebr ianti. Ci si chiede il perché di un così for te profumo ed allora ci si accorge che in quel la che una volta era la ca mera padronale del capo famiglia, oggi ospita la vin santaia. Grande è l’emozio ne nel vedere i castelli coper ti di g rappoli d’oro. Sono le uve in appassimento con tutte le to nalità dell’autunno che vanno dal giallo, al maculato, al mar rone scuro. Sembra di aver scoper to un tesoro. Le uve sono disidratate, la buccia, come dice Ma r ia è ispessita ma al suo inter no nasconde una goccia che sembra un antico rosolio. Guardando questi acini si prova una pro fonda emozione nel pensare che ci vor ran no più di dieci anni pr ima che il mosto, che nascerà da queste uve, possa diveni re vino. Un vino prezioso perché r ichiede tempo ed il tempo è il bene più impor tante che l’uomo possiede. Nella ter ra ascolana la tradizione del vin santo è antichissima. C’è chi par la di duemila anni, da quando cioè questa ter ra era abitata dai Piceni ed i Greci già solcavano le rotte del mare Adr iatico. Una tradizio ne che ogni casa ha mantenuto e che ancora oggi por ta a considerare questo vino, il vino delle occasioni, il vino dell’in timità, il vino dell’ospitalità. Regole precise ne stabiliscono la preparazione. Appassimento in luogo non troppo umido, sotto tetto, esposto al freddo ed al caldo senza eccessivi sbilancia menti, maturazione in caratelli per minimo dieci anni. Le rese sono estreme, si par la di un 3 0 per cento del prodotto, ma il piacere di assaporar lo tra le labbra è unico. Nella Ter ra Asco -
lana si usano le uve Passer i na doc, un vitigno autoctono molto apprez zato per i suoi profumi intensi e per le sue peculiar ità. Filippo sceglie solo i g rappoli miglior i, quelli più belli che lui stesso mette da par te il gior no della vendemmia. Le uve vengono adagiate su cassetti dal fon do aper to per far respi rare i g rappoli ed evitare che siano aggrediti dalle muffe. Li r ipo seranno sino a dopo Natale, sor vegliate con la cura e l’attenzione discreta che ha una madre nel controllare che il suo bimbo dorma sereno. Poi ar r iva il momento della spremitura. Bandita ogni forma automatica. Tutto viene svolto da mani sapienti che hanno nella loro memor ia il r icordo di un gesto antico. Vi sto da sempre. Il mosto viene raccolto in piccole botti che nessuno oserà toccare più per dieci lunghi anni. Sino al momento in cui quelle stesse mani toglieranno il tappo di sughero per senti re spr igio nare, come in una specie di lampada di Aladino, un pro fumo di grande spi r itualità. E’ trascorso molto tempo da quando Filippo ha adagiato quei g rappoli sulle foglie di vite per non rovinar li. Tante premure sono state r iser vate a questo che è un prodotto esclusivo perché più di ogni altro vino è fr utto del g rande amore che l’uomo ha per la sua ter ra, per le sue tradizio ni, per la sua anima. Il nettare di vino è pronto per essere imbottigliato, per far provare emozioni, per dona re sor r isi, per dare piacere. Gianmarco Veccia
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Frantoiani
Il Frantoio Natali
S
ulla strada del Pincio di Civi tanova Marche Alta c’è l’Olei ficio Natali. T i guardi in gi ro, scorgi le colline delicate e piene di verde, gli oliveti squa drati, e ti dici: l’azienda di Antonio e Ivano, che fu creata nel 1949 da nonno Luigi e por tata avanti da papà E rnesto, non poteva che operare propr io qui, a due passi dalla campagna e ad un passo dalla stor ia me dievale e r inascimen tale del centro. C’è un’antica stra da che, dalla zona del mare, condu ce al paese alto. Si chiama “Cilest ra”, in r icordo di una chiesa dedicata alla Madonna Ce leste. Molta oliva ar r iva da quella por zione di ter re no. E “La Cilestra” è anche l’olio di punta dell’impresa Natali. Un alimento pregiato, ottenuto da olive eccellen ti di var ietà preco ci o medio tardive, raccolte anticipa tamente r ispetto ai calendar i tradizio nali, col r isultato di un’intensa armonia di profumi e sapor i. Entr i nel locale e scorgi magar i due signore straniere che acquistano olio e guardano con attenzione la por zio ne di parete fitta di r iconoscimenti e
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Produrre la qualità
premi: l’Orciolo d’Oro, l’Ercole Oliva r io (pre stigiosissimo), il Leone d’O ro dei Mastr i Olea r i, L’Oro delle Ma rche. Se avrete la ventura di incontrare la gentile si gnora Nina, sarete som mersi dalla passione in contenibile per il lavoro di “frantoiana”. Che vuol di re: amore per la cam pagna, per l’olio, per la salute, per la tradizione. Sarà lei ad accompa gnar vi in un gi ro alta mente istr uttivo tra i fusti d’acciaio dove l’olio è r icoverato a tem perature controlla te, tra le macchine defogliatr ici, le ma cine imponenti. Oltre all’olio della Cilestra, c’è l’olio Natali, ottenuto con cura da olive integ re e fresche, di var ietà tardive o precoci, raccolte a piena maturazione e lavorate subito dopo la raccolta. Non basta, perché ci sono poi gli oli monovar ietali: Ro sciola, Coroncina, Raggiola, Raggia, O rbetana, Carboncella, Frantoio, Piantone di Moglia no, Leccino, Migno la. Ognuno con il suo tipico gusto. La r icetta? Produr re la qualità, pensare al cliente come ad un amico da sod disfare, diffondere la cultura del man giare sano, infine, continuare la tra -
dizione familiare passando la mano, quando ne sarà il momento, ai giovani Alice, Chiara, Noemi, Beatr ice e Luigi.
Nel cuore delle Marche immerso nel
verde della campagna, il centro turistico Le Case vi accoglie con la sua originale proposta di ospitalità che unisce eleganza, benessere e legame con il territorio.
L’ambientazione
è sempre in sintonia con i gusti e i desideri degli ospiti, per lasciare un ricordo indimenticabile di un giorno speciale.
Un
L’esperienza
dei cuochi e l’alto grado di preparazione del personale consentono di realizzare cerimonie curate sotto ogni aspetto e di garantire, anche per un alto numero di coperti, un’ottima qualità dei cibi, curati come fossero ordinati alla carta, sia di carne che di pesce.
luogo caldo ed accogliente per un soggiorno all’insegna della comodità e del buon gusto.
loc. Mozzavinci, 16 - 17 MACERATA - Tel. 0733 231897 www.ristorantelecase.it e-mail: ristorantelecase@tin.it
Il ristorante
Dai Monti Azzurri alle colline di Magliano:
la passione di Benito
C
i siete mai andati? Se non l’aveste ancora fatto, fatelo. Perché “Da Benito”, alla periferia di Magliano di Tenna in via Monti Sibillini, si mangia come re e si gusta uno spettacolo che pochi altri offrono. Partiamo proprio da qui: dalla bellezza del luogo. Salite sulla terrazza che Benito Ricci ha realizzato giusto qualche estate fa. Ottima per i banchetti. Non avrete che l’imbarazzo della scelta tanto il panorama è mozzafiato. Sembra di lambire il mare di Fermo e P.S.Elpidio; le decine di centri appisolati sui crinali a destra e a sinistra del Tenna sono a portata di mano; il centro storico di Magliano di Tenna è lì a due passi, mentre da un varco delle colline si stagliano i Monti Azzurri ancora innevati. Proprio da quelle parti Benito ha fatto la gavetta. Il gusto dei fornelli gli è nata nel piccolo ristorante paterno di Montefortino, poi la scuola alberghiera ad Ascoli Piceno e Tolentino, poi l’espatrio in Svizzera, poi il ritorno in Italia, prima a Milano, infine nella sua terra d’origine, le Marche. Per anni ha condotto il ristorante omonimo sempre a Montefortino. Specialità: tartufi, funghi, cinghiali, agnelli e via assaporando. Piatti prelibati, piatti della buona tradizione, cercati da famiglie in vacanza, arrampicatori affamati, single sulle tracce delle specialità. Benito (oggi 48 enne) è uno di quegli spiriti inquieti che debbono provarle tutte nella vita. Così, dopo 18 anni di onorata carriera ai bordi delle montagne, ha deciso di spostarsi in collina, a Magliano di Tenna, acquistando, nel 2005, un ristorante immerso nel silenzio, con all’esterno ampissimi spazi verdi ottimi per banchetti di
alto livello a prezzi convenienti. Bellissimo anche il porticato dove mangiare all’aperto nelle calde serate estive . Ne parliamo accanto ad un antico gelso. Gli piacciono gli alberi, come gli piace offrire pasti succulenti. Le sue specialità restano le stesse: funghi, tartufi, agnelli, cinghiali, papera, conigli... Va ancora sui monti ad acquistarseli e la clientela lo premia per questo. Vini? “Rigorosamente della nostra Regione”, spiega contento. Gli capitiamo in casa dopo una tre giorni di fuoco, quella pasquale. Ci conduce in cucina: enorme, all’avanguardia, tirata a lucido come neppure nelle nostre abitazioni. Ci mostra la grande dispensa, i locali del personale, le due grandi sale da pranzo: circa 400 posti (una è polivalente: può accogliere anche convegni e serate da ballo), c’è poi la tavernetta, rustica e suggestiva, dove mangiare carne alla brace, ad esempio. A dargli man forte, oltre allo scelto personale, ci sono sua moglie Franca e sua figlia Manuela. Sogni? Ne ha ancora tanti, Benito. Ha spazio per realizzare una quarantina di camere, vorrebbe attivare una piscina, coprire una parte dell’immensa terrazza con una tensostruttura. Ha passione, quest’uomo, lo si vede, lo si sente da come parla. Specie quando rimarca “Io sono nato cuoco, voglio fare il cuoco”. Che, in parole povere, vuol dire: “mi piace che la gente quando lascia il mio locale mi saluta calorosamente e a volte mi abbraccia. Sono felice di averli soddisfatti”. Bravo, Benito. Avanti così. E buona fortuna. (a.le.)
Il biologico
La fattoria della “reciprocanza”
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eciprocanza. Ag r i cola e non solo. In dialetto, “lu raiu tu”. Vi dice nulla questo termine? Se non lo avete mai sentito, im parerete a conoscer lo e ad apprez zar lo g razie all’azien da agr icola di Dor iano Scibè. Nella parola reciprocanza è racchiuso tutto quello che è il mondo di Dor iano, della sua grande famiglia e delle Fat torie Biologiche, realtà che potete trovare a Grottaz zolina, immersa nel verde unico della quinta provincia. Reciprocanza, perchè una volta in campagna, tra i con tadini, si usava fare così. Ci si dava una mano. Quando scoccava l’ora della trebbia tura come quando c’era da fare la “salata”. Non impor ta a chi toccasse. Tutti i vicinati si davano appuntamento e si lavorava insieme. Sapienti i nostr i contadini. Si sudava for te ma si stava bene. No nostante i moderni macchi nar i questa usanza Dor iano, g razie ai suoi nonni, non l’ha persa. È per questo che le Fattor ie Biologiche altro non sono che una famiglia allargata. Qui ognuno, parenti e conoscenti, giovani e anzia ni, fa la sua piccola g rande par te. Il r isultato è la carne di indiscutibile qualità e ge nuinità che fa il gi ro delle Marche, dalle mense scola stiche alle tavole dei r isto ranti, dal Piceno al Pesare se. La maniera di lavorare la car ne è la stessa di una vol ta, per questo è giusto parlare di agr icoltura biologica. Nella fattor ia non troverete un prodotto chimico, né per il ter reno né per gli animali. A colpi r vi sarà il r ispetto dei r itmi di vita dei ter reni e de -
gli animali, che tradotto vuol di re r ispetto per il consuma tore. A colpi r vi saranno i ma iali, le mucche, le pecore, i polli, i conigli, tenuti all’aperto e non al chiuso. Come si faceva una volta appunto. Tutti gli animali poi nasco no e crescono nella fattor ia, e non ar r ivano da fuor i solo per essere ingrassati e ma cellati. Lo splendido clima della fattor ia si respi ra anco ra di più quando ar r ivano le scolaresche oppure le persone disagiate della Comu nità di Capodarco. È qui che la fattor ia biologica diventa anche fattor ia didattica e sociale. Ed è qui che tor na quella reciprocanza di cui dicevamo. Va bene il reddito e va bene lavorare per man dare avanti una famiglia così
g rande, dice Dor iano Scibè, ma non c’è soddisfazione più g rande del vedere i bambini giocare con gli animali e i di sabili sor r idere per qualche ora trascorsa nella natura. A zienda Scibè, esempio del buon vivere. Simone Troiani
Il Casaro
Con la Terra nel cuore.
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Qualche nome di formaggio:
la Caciotta Cremosa, il Quadra San Faustino, il Fiordilatte “La Marchigianella”, il Moro stagionato, il Biancolatte, la Ricotta. Senza dimenticare le mozzarelle, di cui Pietro ha centrato il “liquido di governo”, il punto cioè di migliore conservazione del sapore.
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L’ azienda agricola Rossi
ietro Rossi ti guarda, e i suoi occhi sorridenti ti raccontano ogni cosa. Occhi che parlano di terra, di bestiame, di lavoro. Che raccontano le nostre tradizioni: del duro lavoro nei campi, ma anche della soddisfazione innanzi a un germoglio che sboccia o ad un agnello che nasce. Quella che oggi si chiama Azienda Agricola Rossi s.s. di Rossi Pietro e C., da Moresco, è nata 30 anni fa, grazie al sig. Aldo Filippo, Pippo per gli amici, padre di Pietro. Oggi Pippo, che ha varcato le 80 primavere, continua ad essere uno di quegli uomini capaci di stupire per idee e innovazioni. Probabilmente Pietro gli somiglia. Andate a Moresco, nella fattoria dei Rossi, e respirerete un’altra aria: familiare, genuina, vera. La campagna circonda le costruzioni. Trenta ettari di terra dove pascolano le pezzate rosse, che sono mucche poderose di un latte dalla qualità eccellente. Lo stesso latte impiegato per i migliori formaggi. Perché da sette anni, oltre alla macelleria e al recentissimo piccolo salumificio, Pietro ha avviato un caseificio con i fiocchi. È un produttore di formaggi di altissima levatura. Non ve lo diciamo noi, neppure lui. Ve lo dice la clientela, del territorio ma, specie d’estate, fatta di turisti golosi. Ogni giorno necessitano sei quintali di latte, che arrivano direttamente dai locali mungitura. Servono anche per il distributore automatico di latte crudo. Tutto in casa, dunque, guai a parlare con Pietro di acquisti fuori azienda. “Viva la stalla”, ti dice appassionato. Poi ci sono i suini, per gli insaccati; e i vitelloni, per l’ottima carne. Prodotti che la gente va ad acquistare nella macelleria interna, dove domina pulizia e allegria. Insomma, qui si scherza e si produce. A dare una mano al figlio, al marito, al socio e ai nove dipendenti, ci sono due altre colonne. La signora Clementina, mamma di Pietro, infaticabile; e la signora Roberta, moglie di Pietro. Quando un uomo è grande è perché ha vicino una grande donna, disse una volta uno statista. Sacrosanto. Eppoi, non possiamo dimenticare il socio Francesco Tassotti. E’ lui il responsabile del salumificio. Un validissimo collaboratore, un pilastro insostituibile. Uscendo dai locali, notiamo, “parcheggiato”, un trattore, di quelli mignon, da bambino, un giocattolo. È di Matteo, il piccolo di Pietro e Roberta. La tradizione dei Rossi è destinata a continuare. Se ne vedono tutte le premesse.
Cucina dal mondo
Mangiare alla russa a cura di Orietta Foresi
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Segreti della cucina russa di Markus Wolf
rte culinaria e attività spionistica sono due professioni tanto antiche quanto l’umanità. Discutano pure gli studiosi se fosse Noè o Mosè il loro padre spirituale. Chi è in grado di stabilire l’età di questi mestieri e chi di decidere se il successo dipende più dall’abilità artigianale o dall’ispirazione artistica? Chi può dire quando finisce l’una e quando comincia l’altra? Ormai è risaputo che esiste un certo legame tra cucina e arte. Non occorre più citare Brillat Savarin, il famoso teorico della cultura gastronomica, secondo il quale l’arte culinaria è la “più antica di tutte le arti”. Certo, annoverare tra le muse anche lo spionaggio mi sembra esagerato. Comunque sia, il segreto del successo di entrambe le “specialità” va ricercato nella creatività. Svelare ciò che porta al successo, non è semplice. In ogni servizio di informazioni esistono grandi professionisti che, malgrado i loro enormi sforzi, non riescono nemmeno lontanamente a scoprire qualche notizia segreta. Allo stesso modo esistono maitre de cuisine o aspiranti-cuochi, le cui invenzioni non farebbero venire l’acquolina a nessun invitato. In ambedue i campi, ovviamente, l’ispirazione è legata non solo alla personalità del soggetto, ma anche alla sua intraprendenza, alla sua ricettività, al suo estro. Per Wolf scrivere questo libro di cucina, raccogliendo la maggior parte delle ricette della cucina russa fu un modo per superare lo stress, procuratogli dall’altra sua specialità, la cosiddetta “cucina delle spie”, una cucina non troppo salutare per il sistema nervoso. Come molti uomini sottoposti a continue pressioni di lavoro, compensò le sue tensioni dedicandosi di fatto all’universo gastronomico. Fenomeno, questo, sul quale gli psicologi hanno di sicuro già formulato una loro teoria. La cucina russa Chi desidera addentrarsi nei segreti della cucina russa, deve innanzitutto avere un’idea di cosa è una cucina, ossia il luogo dove si prepara da mangiare. Un proverbio russo sostiene: ”la casa comincia dalla cucina e la cucina dal forno”. Un altro: “i pirogi sono il primo ornamento della casa”. E da dove arrivano i croccanti pirogi? Arrivano dal forno. “Dal forno cominciano le danze” afferma infine un terzo detto. Per parlare della cucina bisogna, quindi, cominciare dall’antica stufa russa che fungeva, allo stesso tempo anche da forno.
L’antica stufa russa era un vero e proprio miracolo di poliformismo e di poliedricità. In essa si cuoceva il pane si preparavano gli šči e la kaša, si fabbricavano la birra e il kvas, si mettevano a essiccare i cibi e ad asciugare i vestiti. Accanto alla stufa ci si poteva riscaldare e il suo calore era un toccasana per gli anziani. In certi casi sostituiva pure il medico. Chi era raffreddato si accovacciava su un’apposita panchetta sopra la stufa. Questa parte dell’izba, ossia la vecchia dimora russa, era l’anima della casa. Non è un caso, dunque, se è uno degli elementi centrali di molte fiabe russe. Le prime stufe ad essere eliminate furono quelle delle abitazioni di città, poi quelle dei villaggi contadini. Vennero sostituite dai fornelli. Alimentati prima a legna, poi a carbone, a gas fino ad arrivare alle piastre elettriche. Per fortuna le pentole di ceramica sono sopravvissute a tutti questi cambiamenti e si fabbricano ancor oggi. Grazie a esse è possibile preparare lo šči, la kaša di grano saraceno o di miglio o anche un arrosto seguendo le vecchie ricette della cucina russa, ricette a cui arriveremo tra breve. Come nelle cucine di un tempo, anche in quelle di oggi, ogni cosa ha un posto fisso. Si intendono ovviamente non solo i piatti e la posateria ma anche tutto il vasellame usato durante la preparazione e la cottura finché le pietanze non vengono servite in tavola. Talvolta gli strumenti di un cuoco, come per esempio certi vecchi attrezzi russi, possono persino ornare la cucina. Ma molto più importante è che il cuoco li sappia usare e anche in un determinato modo. Spesso è proprio il modo in cui un falegname o un fabbro adopera i suoi strumenti a fare di lui un artista. Un cuoco deve quindi conoscere bene i suoi attrezzi per poi poter acquisire i segreti dell’arte gastronomica. Che “molti cuochi rovinano la frittata” è vero un po’ dappertutto. Di solito nella cucina russa prevale il matriarcato. Il patriarcato comincia una volta seduti a tavola. Certo, finché si tratta di famiglie russe i cui membri, per loro fortuna, dispongono di una propria cucina con fornallo elettrico o a gas, è persino possibile riunirsi attorno al “focolare”. E con grande comodità. In cucina si può infatti mangiare e bere, le pietanze non devono essere portate chissà dove, il fornello è li vicino. I piatti sporchi scompaiono in un batter d’occhi nella lavastoviglie. La radio o persino la televisione fanno da sottofondo. Tutto ritorna pulito, i fuochi sono spenti e agli odori ci pensa l’aspiratore. Continua...
LE ZAKUSKI
ZAKUSKA (plurale zakuski, genere femminile) viene tradotto con “antipasto, spuntino, seconda colazione, dessert”. Ovviamente ogni zakuska viene accompagnata da una serie di brindisi e di bevande come distillati fatti in casa, alcol puro, vodka, birra. La zakuska più semplice in assoluto sono i pezzetti di pane cosparsi di sale, poi segue tutta una serie di antipasti caldi e freddi, a tale proposito eccovi alcune ricette:
╠ Caviale di melanzane
Ingredienti: 600 g di melanzane 2 cipolle medie erba cipollina, olio 2 cucchiai di conserva di pomodoro 2 spicchi di aglio, aceto pepe, sale Dopo aver tagliato i gambi, cucinare le melanzane nel forno. Lasciarle raffreddare, spellarle e sminuzzare la polpa. Soffriggere nell’olio le cipolle affettate, aggiungere il pomodoro e la polpa e mescolare finché la massa si sarà raddensata. Condire con aglio tritato, sale, pepe e un po’ d’olio. Versare in una ciotola e cospargere di erba cipollina.
╠ Aringa russa con patate
Ingredienti: 4 aringhe sotto sale di media grandezza 15 patate lessate 2 cipolle medie aceto di vino o aromatico olio di semi di girasole o d’oliva aneto, 100 g di burro Spellare e spinare le aringhe. Tagliarle a dadini (3-5 cm) e disporle sul piatto di portata guarnendole a forma di pesce con le rispettive teste e code. Ricoprirle poi con le cipolle affettate. Aggiungere un cucchiaio di aceto e due cucchiai d’olio. Lasciar marinare per 15-20 minuti. Sbucciare le patate appena lessate, spargervi l’aneto sminuzzato e portarle in tavola calde. Su un piattino a parte servire il burro.
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Dalle Associazioni
17/04/2008 COOKIE & CHILL - FINISHING Lezione Tenuta dal grande Maestro di cucina
Chef Giorgio Nardelli.
Hotel Royal - Casabianca Fermo F.I.C. Ass.ne Cuochi della Provincia di Fermo via Legnano, 2 63018 Porto Sant’Elpidio tel. (+39) 330 650208
Vedi un papillon e pensi a Paolo Massobrio. Il suo volto sorridente, il calice alzato in segno di saluto, la sua po sitività guardando le cose che gli stanno attorno. Paolo, piemontese, giornalista di raz za, firma autorevole sui maggiori quotidiani e riviste - suo il Golosario, Ascolto del vino, ecc. -, ha creato anni fa il Club di Papillon, perché l’uomo è uomo davvero quando è capace di amare la tavola, di fare famiglia, di stare insieme agli amici, di scaldare il cuore con un bel rosso, di ringraziare Iddio per i buoni prodotti della terra. “Dopo la musica e la poesia, il gusto per la bellez za si esercita sugli uomini attraverso il cibo e il vino”. Una frase che Paolo aveva sentito pronunciare a don Luigi Giussani. E gli era andato dietro. Ora il Club di Papillon è diffuso in tutta Italia. Celebri i suoi “Salotti” dal nord al sud del Paese, celebre il suo appuntamento di “Golosaria”, che coinvolge l’intero Monferrato. Ora vedi il papillon nelle Marche e pensi a Pio Mattioli, che è un imprenditore di prestigio ma anche – ed è questo il punto – il delegato del Club di Papillon Marche Sud. E’ lui che insieme ad una comitiva di amici ha rivoltato il nostro territorio con una serie di incredibili iniziative. Vi racconto l’ultima, che è la più originale. Il 17 febbraio ha chiamato a raccolta i soci del Club. Appuntamento in un locale di Grottaz zolina. C’è da dare una mano alle monache di Vitorchiano, che faticano a costruire il loro nuovo monastero alla periferia di Praga. Occorrono soldi. Bene, sessanta persone si ritrovano in una sala apparecchiata come nei monasteri benedettini, il primo piatto – un risotto alle triglie incomparabile – viene fatto mangiare in per fetto silenzio. Perché? Perché si assapora meglio il cibo, si fa attenzione al vicino di posto, si riflette e si gusta. Poi, al secondo - stoccafisso all’acquese – esplode il tripudio. E il Club di Papillon Marche Sud risulta il primo in Italia nelle contribuzioni. Obiettivo centrato! Qualche giorno prima, la gentile signora Simonetta Varnelli e l’enologo Alberto Maz zoni avevano presentato a Fermo, invitati da Mattioli in quel magnifico spazio che è il BUC Machiner y, “Adesso”, un libro-agenda di Paolo Massobrio e soci indiriz zato alla famiglia, con santi, ricette, poesie, consigli, dipinti, gusto... della vita. Nel corso della serata non erano mancati i produttori di qualità. Momenti affascinanti. Come affascinante era stata la vendemmia in notturna da Sgaly a Or tez zano; la proiezione del film “Il Pranzo di Babette” e la conseguen te mostra di quadri di Sandro Bisonni con tanto di polenta finale presso l’Hotel Astoria di Fermo. Un’altra caratteristica del Papillon? Le Giornate di Resistenza Umana, l’affiancamento di piccoli produttori, specie giovani, che hanno scelto di restare in campagna, di sfidare l’omologazione, di continuare a ben produrre. Eppoi, l’educazione al gusto. Una sfida di civiltà. Per il futuro? Lo spazio non ci basterebbe. Adolfo Leoni
dalle
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Associazioni
Il 12 dicembre 1997 con una cena dal tema: “Antichi profumi e sapori di mare” presso il Ristorante “Pino e Camillo” di Porto San Giorgio fu inaugurata una sezione dello Slow Food Arcigola, Associazione nata nel lontano 1986, che oggi, col movimento internazionale Slow Food, costituito nel 1989, opera in tutto il mondo, mentre in Italia conta circa 40.0 0 0 associati organiz zati in Condotte e Convivium. L’ Associazione che prese il via a Porto San Giorgio fu chiamata “Condotta dei Porti”, considerando che essa opera essenzialmente nel territorio costiero. La “Condotta dei Porti” ha ottenuto in questi anni un notevole consenso in termini di adesioni, rilanciando con for za il progetto culturale del movimento Slow Food fondato sulla filosofia del piacere, di un programma di educazione del gusto, di salvaguardia del patrimonio enogastronomico locale, di informazione del consumatore e della difesa delle biodiversità. Inoltre la “Condotta dei Porti” si è particolarmente impegnata ad aiutare le giovani generazioni ad instaurare un rapporto corretto col cibo, a favorire un turismo attento e rispettoso dei prodotti alimentari naturali e della qualità dei ser vizi e a promuovere iniziative di solidarietà. Nell’immediato e precisamente nei prossimi mesi di Aprile e Maggio, la Condotta dei Por ti proporrà due incontri conviviali: il primo sul brodetto alla sangiorgese, considerando che, grazie all’appor to fondamentale dello Slow Food Condotta dei Porti, è stato stabilito dal comune di Porto San Giorgio un disciplinare del brodetto sangiorgese. Il secondo incontro invece è incentrato sui formaggi: ci sarà la possibilità di degustare ben venti formaggi di provenienza mondiale: dagli Stati Uniti d’America alla Danimarca, dalla Francia al Perù e così via; non mancheranno i migliori formaggi italiani a cominciare dal Castelmagno. Il primo di Maggio poi si svolgerà la tradizionale festa di primavera in una nuova Countr y House nella zona dell’Ete, tra Lapedona e Fermo. In questa occasione oltre a riflettere sulle tematiche della Filiera Corta e del progetto della Terra Madre, portate avanti con energia dall’associazione nazionale, ci sarà la possibilità per i soci e per gli amici dello Slow Food Condotta dei Porti di degustare i migliori prodotti del territorio di piccoli produttori e ar tigiani alimentari. A fine Maggio si sta’ organiz zando un pullman in occasione delle Cantine Aper te che visiterà ben sei cantine della Toscana: sarà un viaggio di due giorni che cercherà di avvicinare soprattutto le nuove generazioni all’universo del vino in una regione che possiede enormi potenzialità in questo settore. Prof. Loreto Del Giovane