Il Gusto... della Vita - Giugno 2008

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Editoriale La nostra terra, il nostro Gusto “Tra l’Adriatico e la ca-

“Il Gusto... della vita”.

tena appenninica dei

Segnali di maggiore attenzione a questi settori emer-

Sibillini giace una cam-

gono al di là delle mode. Basta saperli cogliere e baste-

pagna fertile e ondulata, ricca di cereali, di vino e

rebbe coniugarli insieme per un mix vincente.

d’olio. Campi pezzati di grano, di granturco, di trifoglio

Ci piace pensare alle denominazioni comunali di ori-

rosso, di lino azzurro, di legumi, ricoprono le valli e i pen-

gine (De.Co) - grande ed intelligente pallino di Paolo

dii delle colline. Aceri e pioppi, inghirlandati di viti, s’in-

Massobrio e del suo Club di Papillon - che stanno au-

nalzano dai campi di grano. Ulivi e gelsi abbondano.

mentando. Dopo quella apposta a “lu serpe” dal mu-

Le acacie orlano le strade, e qua e là gruppi di querce

nicipio di Falerone, Montegiorgio apporrà il suo timbro

e di olmi fanno rimpiangere al viaggiatore che non ne

De.Co. su “li caciù co la fava”.

siano stati risparmiati di più in quella che una volta era

Roba nostra, roba storica, roba genuina, dove i sindaci

una contrada con boschi bellissimi. Coppie di enormi

- in questo caso Massimo Bertuzzi e Armando Benedetti - ci

buoi tirano gli aratri e i carri dipinti. Gli Appennini in-

mettono la faccia e dicono: è una bontà di casa no-

cappucciati di neve chiudono a ovest l’orizzonte, e la

stra, da lungo tempo, fidatevi, lo certifichiamo noi.

distanza rende incantevole la vista del mare, intravisto

E ci piace ricordare la recente nascita dell’Associazio�-

tra le curve delle colline, punteggiato dai colori viva-

ne Produttori dei Maccheroncini di Campofilone.

ci delle vele delle barche da pesca. Strane minuscole

E ci piace dire delle fattorie didattiche, come quelle

città, circondate da massicce mura di difesa, stanno

di Doriano Scibé a Grottazzolina, dove i bambini delle

appollaiate sulla cima di ogni collina”.

scuole incontrano di nuovo - e non su internet o nei car-

Scriveva questo un secolo e mezzo fa Margaret Collier,

toni animati - gli animali da cortile, eppoi le mucche, i

inglese, giunta nel Fermano dopo il matrimonio con

maiali.

l’ufficiale dell’esercito Arturo Galletti. Vedeva questo

E ci piace infine sottolineare come i nostri cuochi siano

dalla sua villa su un cucuzzolo della campagna di Torre

l’ultimo anello - imprescindibile, indispensabile - di una

San Patrizio.

catena che lega la terra agli uomini, la natura al gusto

Molto è andato perduto oggi di questa realtà agreste,

dei suoi prodotti.

ma molto è anche sopravvissuto.

I cuochi sono i grandi interpreti della fantasia poliedri-

La nostra terra, nonostante gli attacchi subiti, una sua

ca che la terra ci propone. E sono anche gli interpreti

bellezza e una sua vocazione agricola l’ha mantenuta.

- come vedremo in alcuni servizi all’interno di questo

Ed oggi questo patrimonio rimasto è un valore aggiun-

numero - della bontà del Signore, che se voleva solo

to. Che può tirare le calzature e i cappelli, che arricchi-

sfamarci avrebbe consentito un solo prodotto, ma ha

sce la meccatronica, ma che può anche significare il

voluto farci assaporare migliaia di gusti.

rilancio tout cour del settore agricolo sommato al turi-

I cuochi allora, sia detto senza irriverenza, braccio de-

smo e alla buona tavola.

stro del Padreterno.

Terra ricca di tradizioni, di storie, di leggende e di buon mangiare è il Fermano. Ecco, perché ne parliamo ne

Adolfo Leoni

1

della vita



Sommario

Sommario...

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L'editoriale

...

Ma quale cuoco vogliamo?

...

Ospitalità e dintorni

...

A tavola con i fiori

... Tranquilli, in cucina siamo sempre i migliori ... Una vita da chef. In gonnella

Direttore Responsabile Adolfo Leoni Redazione via San Salvatore snc - Fermo Tel. 0734 623636 / 620707 redazione@informazione.tv Art Director Sara Ricci Grafica e impaginazione Studium Design info@studiumdesign.it Web master Angelo Cecchetti In redazione Medi@Comunicazioni: Stella Alfieri Fabio Scatasta Simone Troiani Hanno collaborato Anna Maria Cerquetti Franca D'amico Sinatti Claudio Desideri Antonio Di Giacomo Orietta Foresi Alberto Mazzoni Lupo Nobile Sandro Pazzaglia Luciano Scafà Alessandro Spena Wolf Gianmarco Veccia Fotografi Angelo Cecchetti Gioia Carli Edito da Associazione Cuochi della provincia di Fermo Indirizzo internet www.ilgustodellavita.org Abbonamenti: Info@ilgustodellavita.org Stampa Grafiche Ciocca - Mc La rivista è stampata su carta naturale ed ecologica

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n. giugno 2008 In attesa di registrazione c/o il Tribunale di Fermo

... Il coniglio in porchetta ... Antonio Nebbia e Carlo Venturini

... Confindustria Fermo: Orma group

... Le antiche radici del vino marchigiano ... Cinema e cibo

... Insalata di sella di coniglio

... Storia di un'azienda: La Fontursia ... L' Istituto Zooprofilattico e la sicurezza alimentare

... Rocca Tiepolo

... GAL Piceno: Le pesche della Valle dell'Aso in cucina

... I Crivelli e la frutta ... La Fiera del Libro di Torino ... Notizie dal GAL Fermano

... Cucina dal mondo: Mangiare alla russa ... Diario di bordo

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della vita


Il Cuoco ideale

Ma quale cuoco vogliamo?

V

ivendo nell’epoca in cui la globalizzazione invade ogni settore, e ogni professione ne riceve un qualche influsso, anche quella dei cuochi deve rivedere il suo modo di operare.

E allora, ripensando ad un lontano passato, quando ci veniva insegnato che il cuoco, innanzitutto, doveva unicamente “saper fare il cuoco”, viene spontanea la domanda: ma che significa saper fare il cuoco? Soprattutto oggi? E chi è costui? Quali sono le sue caratteristiche e prerogative? Beh, in certi periodi, sapeva fare il cuoco era chi riusciva a soddisfare i desideri-piaceri culinari dell’ospite-cliente. E ne riceveva il classico: “bravo, complimenti, ho mangiato veramente bene”. Un complimento non da poco, in un rapporto stretto cuoco-cliente. Ma con l’evoluzione degli ultimi 30-40 anni che si è avuta anche nel nostro campo, e a ritmi frenetici, si può pensare che sia sufficiente il solo accontentare il gusto della clientela? Badate bene: abbiamo detto “solo”. Da molti anni vado sostenendo (e non per spirito di parte) che la fortuna di un’azienda (ristorante, albergo, trattoria, hotelleries in genere) passa attraverso il cuoco. E di ciò sono confortato da autorevoli pareri provenienti da proprietari o general manager alberghieri. Dobbiamo prendere atto, allora, che la figura del cuoco tradizionale, con le caratteristiche del passato, non può reggere all’urto dei tempi e alle mutate necessità. Da molto sostengo la necessità che i cuochi assumano altre due caratteristiche, due componenti importanti nel nostro mestiere: la capacità dell’analisi costi-ricavi

Alessandro Paz zaglia

del comparto in cui operiamo e la conoscenza delle linee guida di una sana e corretta alimentazione. Certo, per sviluppare questi due punti occorrerebbero ampi spazi di manovra. Come diceva uno stimato professionista del passato: “l’arte di un grande cuoco sta nel suo saper dosare il fuoco”. Un modo di dire che esprime una valenza quanto mai attuale, che va estesa non alla sola dosatura del fuoco, ma ad una sempre più profonda conoscenza delle quantità e delle qualità che lo chef manipola e presenta, recitando così il ruolo di attore e non di comparsa nel suo palcoscenico.

Il Gusto...

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Ospitalità

Ospitalità e dintorni

T

Un Comune accogliente. Sarà il nostro? ornerò da voi. Sape-

Ho notato che la pavimentazio-

e quello bianco: una scoperta sor-

te

Adesso

ne del centro storico è realizzata

prendente; la carne alla brace è

sembrerà poca cosa

in pietra e che l’asfalto è solo un

soda e saporita: ho visto personal-

quello che leggerete.

brutto ricordo; le porte delle chie-

mente i bovini scorrazzare sotto la

Eppure - lo giuro! - ha

se sono aperte e trovo - incredibi-

magica Sibilla. E che dire dei primi

fatto la differenza. Tenetelo bene a

le! - sacerdoti al confessionale, non

piatti? Ci sono certi pastai...

mente!

mi pare vero; i campanili hanno

Ho incontrato anche sindaci che

Appena arrivato da voi, quel vigile

ancora le campane, campane

cantavano e ballavano ai concer-

urbano ha visto la mia indecisione

che suonano!; le mura antiche non

ti jazz. E ho sperimentato i cuochi

da forestiero e, con molta gentilez-

sono sdentate di merli; i musei sono

- grandi! - che si fanno in quattro

za, mi ha indicato un parcheggio

sempre visitabili e chi ci guida è

per offrire e farci scoprire il meglio

a portata di mano; il netturbino è

simpatico e preparato; la spiaggia

della tradizione culinaria di questa

corso a pulire quel rettangolo di so-

è pulita e il gestore dello chalet è

vostra provincia di Marca. Perché,

sta prima che posteggiassi l’auto;

carico di attenzioni; i ragazzi han-

far da mangiare - questo ricorda-

la signora che stava rientrando in

no trovato sempre uno spazio ver-

telo bene! - è un atto d’amore. È

casa, salutandomi cordialmente,

de ricco di giochi e quelli più gran-

voler bene a qualcuno, è dirglielo

ha atteso che le girassi le spalle

di hanno passato ore in quel pub di

con un fatto. Con una pietanza, è

prima di chiudere l’uscio; la com-

legno scuro e di birre bionde. Las-

il massimo!

messa del negozio non ha inserito

sù, in collina, è il regno della quie-

E il ritrovarsi a tavola, insieme, tran-

il nastro pre-registrato del: “signo-

te, giù, lungo la costa, dell’allegria

quilli, sereni, capaci ancora di di-

re, posso fare qualcosa per lei?”.

anche un po’ chiassosa. Ma ci sta!

scutere e di stupirsi, riapproprian-

Mi ha indicato, invece, l’oggetto

“Ospitalità”, mi sono detto, “questa

doci della nostra vita ogni giorno

migliore di questa vostra terra al

gente è ospitale sul serio”. E non è

scippata da altro, è un atto da veri

prezzo migliore; la fontana vicino

tutto. Il brodetto che ho mangiato

rivoluzionari.

alla piazza non era sigillata e dopo

in un locale fantastico eppur senza

Eccoci, noi rivoluzionari dell’ultima

avermi dissetato s’è chiusa auto-

pretese - brodetto servito in picco-

ora... ad apprezzare a tavola chi ci

maticamente senza spreco d’ac-

le fiamminghe di terracotta -, non è

ama, e ad amare, a tavola, chi ci

qua; i portici - che belli! - e tenuti

la scopiazzatura di ricette digerite

apprezza.

al meglio, mi hanno difeso dal sole

malamente da libri e tv, è l’eredi-

Tornerò, tornerò ancora! Non posso

e lo avrebbero fatto anche dalla

tà di padri, nonni e bisnonni con la

farne a meno!

pioggia, come un tempo accade-

passione del mare e la pelle grin-

Solo, un dubbio: ma eravate voi?

va ai pellegrini.

zosa del sole e del sale; il vino rosso

perché?

Lupo Nobile

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della vita



CGM natural food

PUBBLIREDAZIONALE

Ricerca, innovazione e attenzione per i trend di mercato e le esigenze della clientela.

Sono questi i punti di forza di CGM, tratti distintivi che hanno consentito all’azienda di affermarsi nel mercato dei surgelati. La grande esperienza maturata nel campo della ristorazione commerciale è stata prontamente messa a frutto dalla compagine societaria, la quale ha effettuato importanti investimenti finalizzati ad acquisire il necessario know-how tecnologico e a realizzare infrastrutture adeguate, come testimoniano gli stabilimenti produttivi, che si estendono su un’area di 2.000 mq, gli impianti frigoriferi di produzione e stoccaggio, per complessivi 1.400 mq (a breve partiranno i lavori per l’ampliamento dell’attuale struttura con la costruzione di un nuovo capannone di circa 5.000 mq.). Tutto ciò per raggiungere un solo, grande obiettivo: coniugare la tradizione gastronomica marchigiana con le moderne tecnologie industriali. Dunque, un’offerta ricca di gusto e qualità, che si traduce in una gamma amplissima di prodotti raccolti all’interno di due linee: la Linea Fritto e la Linea Forno. La prima si caratterizza per i marchi CGM (referenza storica, destinata al canale catering), Grand’Or (referenza destinata sempre al canale catering, ma caratterizzata da un' elevata qualità) e Ice Chef (referenza con un ottimo rapporto qualità - prezzo).

Infinte le referenze disponibili: accanto alle olive, prodotto di punta dell’azienda, troviamo infatti arancini, carciofi panati, cremini all’ascolana, crocchette di patate, medaglioni di mozzarella panati, mozzarella di bufala, misto di verdure, crêpes, panzerottini, supplì e zucchine stick panate. E passiamo alla Linea Forno, per la quale abbiamo cinque brand: I Cuocinforno, prodotto pensato espressamente per la G.D.O, I Ghiotti Cotti, dedicato al canale bar, e CGM, brand studiato per la ristorazione. Altrettanto ricca la gamma: si passa dalle cinque referenze de’ I Ghiotti Cotti (mozzarelle panate, olive ripiene all’ascolana, arancini alla siciliana, supplì gran gusto e carciofi panati), alle sedici del marchio CGM (arancini di riso mignon, arrosticini, carciofi panati, cremini all’ascolana, filetti di baccalà e fiori di zucca pastellati, funghi champignons, chicce fritte, misto prefitto, misto vegetali pastellati, mozzarelle panate, olive ripiene all’ascolana, pizzette rosse, polenta, rusticini misti e supplì di riso mignon). Seguono poi gli Happy Hour, ispirati alla cucina internazionale (come testimoniano le referenze disponibli: bastoncini di formaggio, anelli di cipolla, involtini primavera, tasche ripiene di formaggio, jalapenos verdi e broccoli nugget) e Le Spizzichelle, bocconcini di pasta di pizza che si ispirano alla tradizione napoletana (disponibili alle alghe, allo speck, alle mele e uvetta, al merluzzo e crostacei, alle patate e rosmarino).

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della vita


Cucinare con i fiori

I

A Tavola con i Fiori d i F r a n c a d ’A m i c o S i n a t t i

Fiore di zucca

fiori sulle tavole apparec-

Qui però cerchiamo di conoscere di

nel meridione di mandarini, limoni e

chiate sono sempre belli,

più. Ebbene i fiori sono commestibi-

altri fiori. La tradizione è spesso pre-

ma dentro il piatto lo sono

li: prima di essere coltivati sono nati

sente e noi la ignoriamo: a Firenze,

ugualmente?

spontanei, come le erbe aromati-

in centro, vicino alla chiesa di San

A chi avesse delle per-

che; sono quindi da considerare una

Marco c’è il Giardino dei Semplici; e

plessità va detto che questi ultimi

risorsa della natura, ma anche ele-

non è senza significato ch’è proprio

sono una componente dell’alimen-

menti da migliorare e coltivare. Se si

attaccato alla facoltà di Farmacia e

tazione. L’interesse oramai diffuso

pensa che il carciofo è nato cardo,

Chimica.

e anche reclamizzato per il modo

poi è stato scardettato (attenti pro-

Ci possiamo avvicinare a questi “re-

corretto di nutrirsi, delle diete, for-

prio a questo termine) per portare la

perti” anche attraverso i libri antichi

se oggi un poco in calo, impone

pianta al frutto: in arabo harschouf

e ci accorgiamo che un manuale

a tutti coloro che si avviano a re-

significa proprio grande fiore. Siamo

molto importante ci avverte di fare

alizzare una vera professionalità a

nei primi secoli della nostra epo-

una pastella di media densità per

guardare non soltanto attorno a

ca. La tradizione dei fiori nel piatto

metterci i fiori di sambuco quando

noi stessi, ma anche più lontano

affonda le radici così lontano che

sono belli bianchi: lo dice un cuo-

nel tempo. Non ci si deve riferire al

potremmo perderci. Alcuni dati ci

co anonimo veneziano del ‘300 e

cucinare delle nonne, ma assai più

possono confortare. In tutte le aree

si premura di avvertire che i bei fiori

in là: si tratta di guardare alla storia

coltivate vicino ai monasteri del Me-

vanno messi a mollo prima in latte di

alimentare italiana e anche euro-

dioevo c’era l’Orto dei Semplici. Era

capra! Poi una minestra straordina-

pea; la storia, quella fatta di date,

lo spazio destinato alle erbe officina-

ria: fiori di sambuco, latte di pecora,

di guerre, di paci, di spartizioni di

li e tutte le bordature erano di rose,

uova si fa una stracciatella. E poi il

Acacia

Ginestra

territori, è d’obbligo anche nelle scuole professionali. Esula invece la ricerca su quel percorso dal quale discendiamo poi tutti, oggi. E’ storia della civiltà, del suo progredire: ci saranno pagine scritte da quelle massaie che non potevano certamente andare nelle macellerie a prendere il macinato per il ragù, ma che, affacciandosi a guardare i campi dalle finestre, vedevano arrivare i luminosi fiori di zucca che concludevano le guide verdi. Era logico farne un condimento.

Il Gusto...

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famoso Martino da Como che nelle salse mette fiori di pesco o di ginestra. Gli ospiti della serata marchigiana di Monsampietro Morico erano un po’ sorpresi a sentire che i petali di rosa andavano a finire nel budino di riso, ma preoccupata, anche se non lo lasciava vedere, era la padrona di casa che davanti al locale aveva un vero giardino già fiorito: temeva forse l’assalto delle “reclute” del buon cucinare ai suoi fiori prediletti. C’erano già le petunie e quelle potevano benissimo finire in insalate profumate assieme alle calendule, fiore fra l’altro curativo delle infezioni cutanee. In un attimo si è levato il sipario su di uno spettacolo colorato e fragrante, profumato e utile nella novità. E, se quella famosa storia di cui si diceva fosse nota, i commensali avrebbero saputo che questi cibi non erano destinati ai poveri, ma ai grandi signori dal tempo perché scelte raffinate e suggestive. E qui si riapre il tema dell’istruzione che deve arricchire anche la fantasia, perché chi fa il cuoco sa quanta responsabilità c’è nel preparare i bei piatti, ma oggi più di sempre deve cercare di sorprendere attraverso elementi che non sono noti a tutti. Di qui la scelta di un cucinare diverso, ma non lontano dalla tradizione italiana; anzi sempre più vicino, per fare anche capire agli stessi giovani che a volte si sentono studiosi di serie B invece sono di serie A, ma in Nazionale, e che potrebbero fare buona figura anche all’estero. Il percorso dunque si può animare di piatti semplici, anche con i cari fiori di zucca fritti, ma può dare gioia preparare un risottino con le rose e, se si trovano, un budino semplice con due o tre fiori di arancio: non per gli sposi, ma per chi sposa la tavola come un’avventura.

Rosa


Giorgio Nardelli consiglia

Tranquilli, in cucina siamo sempre i migliori. Pa r o l a d i G i o r g i o Na r d e l l i , i l n u m e r o

S

1

d ’ Ita l i a

di Simone Troiani

andro Pazzaglia chia-

Per chi scrive, invece, è stata l’oc-

ma,

Nardelli

casione per strappare qualche bat-

risponde. Il vate dei

tuta ad un personaggio d’eccezio-

cuochi italiani non po-

ne. Giorgio Nardelli ha innanzitutto

teva dire di no all’invito

applaudito l’iniziativa, definendola

del collega marchigiano nonché

didattica piuttosto che tecnico-pra-

presidente dell’Associazione Cuochi

tica. Apprezzamento anche per il

della Quinta Provincia. Così lo scor-

coinvolgimento delle aziende del

so aprile è andato in scena all’Hotel

territorio. Giorgio Nardelli, a doman-

Royal di Fermo il “Cookie and Chill,

da precisa, ha poi rassicurato tutti:

Finishing”, che dall’inglese all’italia-

tranquilli, ai fornelli noi italiani siamo

no diventa “cuoci e lascia rilassare,

ancora i migliori. Dopo aver girato

prima del tocco finale”. Si è trattato

il mondo con la Federazione Cuo-

di una sorta di stage sulla banchet-

chi, il pioniere della cucina italiana

tistica, che come epilogo ha avuto

afferma con certezza che al primo

una gustosissima cena. Protagoni-

posto non può esserci nessun altro.

sta, appunto, Nardelli, il migliore in

Il maestro si è soffermato poi sui suoi

circolazione per quanto riguarda

inizi, con la passione per la cucina

una tipologia di preparazione e cot-

tramandatagli dalla famiglia. Oggi

tura dei cibi caratterizzata dall’uso di

è lui a testimoniare ai suoi figli un

nuove tecnologie, alcune delle quali

mestiere splendido. Oggi che ha più

davvero curiose e sorprendenti. Per

tempo, visto che ha lasciato il lavoro

gli chef del Fermano è stata l’occa-

negli alberghi per dedicarsi all’atti-

sione per stare qualche ora a stretto

vità di consulting. Hotel e ristoranti

contatto con un maestro assoluto.

si fidano della sua esperienza. E chi

Giorgio

non lo farebbe. Nardelli, originario dell’Alto Adige, si è rivelato fine conoscitore della cucina marchigiana, individuando nel ciauscolo, nella trippa e nei fegatelli, e ancora nel coniglio in porchetta e nello stoccafisso all’anconetana, i piatti tipici di una regione al plurale. La nostra breve chiacchierata si è conclusa con i consigli a quei giovani, tanti, che oggi vogliono intraprendere il mestiere dello chef: passione, amore e tanto tempo a disposizione, conditi da una buona dose di sacrificio. Se lo dice Giorgio Nardelli...

Il Gusto...

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delle migliori semole e delle uova, all’uso della

l'esperienza sono il segreto che

trafila di bronzo, alla prolungata essiccazione

rendono

a bassa temperatura, al confezionamento

prodotti unici al mondo nella

manuale: sono alcune delle caratteristiche

qualità e nel gusto. Prodotti

che conferiscono ai maccheroncini di Campo-

semplici, sani, genuini ed incon-

filone, della ditta Marcozzi, il riconoscimento

fondibili per i consumatori che

Campofilone è un piccolo centro

di prodotto tipico-tradizionale dal Ministero

ne apprezzano il sapore intenso,

adagiato

delle Politiche Agricole e Forestali e dalla

il profumo delicato ed il colore

Regione Marche.

dorato. L’”Antica Pasta” della

sulle

dolci

colline

fermane, a circa 200 metri sul

le

paste

Marcozzi

livello del mare, tra le vette dei

ditta Marcozzi oltre che in Italia

monti dell’Appennino e la riviera

è presente nei mercati di Belgio,

adriatica, sempre meta di più

Canada,

turisti. Il territorio comunale, 12

Germania, Giappone, Inghilterra,

km quadrati c.a, ospita una popo-

Olanda, Polonia, Russia, Slovac-

lazione di circa 1700 persone. Il

chia, Slovenia, Spagna, Svezia,

paese si è sviluppato attorno ad

Damimarca,

Ucraina,

Ungheria.

Francia,

Nel

2004

un borgo medievale, al centro del

Oltre ai classici maccheroncini di Campofi-

l’azienda è stata certificata FDA;

quale si trova l'abbazia benedet-

lone, l'azienda Marcozzi produce, coniugando

oltre la metà dei prodotti hanno

tina di San Bartolomeo. Nel XII

tradizione e modernità, 50 prodotti diversifi-

in etichetta la tabella nutrizionale

sec. il monastero passò sotto

cati in più linee: pasta lunga, pasta corta,

america, e dal 2005 ha ottenuto

l’arcivescovado di Fermo e vi

pasta aromatizzata, pasta al farro. Come tutte

dall'autorità

rimase fino al 1342. La Via degli

le altre specialità della Marcozzi, i maccheron-

Russia

Orti, il Viale dei Pini, il Torrione

cini si distinguono dalle altre paste alimentari

come azienda idonea e qualifi-

di Porta Marina, Porta da Sole e

all’uovo, perché la semola è impastata con

cata per vendere i propri prodotti

Porta da Bora sono segni evidenti

sole uova fresche, di origine italiana al 100%,

nel mercato russo.

del passato. Ed è proprio in

per ottenere una sfoglia morbida, sottile e

Questo a significare la bontà dei

questo bellissimo borgo che i

delicata al gusto. La sfoglia è tagliata in fili

maccheroncini “Antica Pasta” di

fratelli Marcozzi hanno fondato

sottili poi separati e stesi su fogli di carta

Campofilione, un prodotto di

la loro azienda, a conduzione

utilizzando la lama di un coltello (operazione

altissima qualità tanto che una

familiare,

pasta

manuale tipica dei pastai di Campofilone) e

commissione

all'uovo tipica, secondo la tradiz-

l’essiccazione, dalle 24 alle 36 ore, è fatta a

specializzati

ione artigiana di Campofilone.

bassa temperatura in modo da eliminare tutta

recente, i maccheroncini dell’

Una tradizione che li porta all’

l’umidità

“Antica Pasta”, come prodotto

accurata selezione e alla scelta

processo produttivo, esclusivo, la tradizione e

che

produce

contenuta

nella

pasta.

Questo

il

sanitaria certificato

di ha

della “GOST”

giornalisti definito,

di

unico al mondo.

Dalla Tradizione di Campofilone Marcozzi Gabriele & C. snc info@anticapasta.it - www.anticapasta.it Via Valdaso 48 - 63016 Campofilone (AP) - Italy - Tel +39 0734 931725 - Fax +39 0734 935325


L’ intervista

Una vita da chef.

L

In gonnella di Adolfo Leoni

dere. Pochi giorni dopo arriva in via Bonvesin della a guardo e dico: questa è una ragazziRiva, celebre locale diretto dal Marchesi, scuola di na. Poi, indago, e vengo a sapere che è: cucina, cenacolo di intellettuali, punto di riferimensignora con figli all’università. Ma ragazzito per gastronomi d’alto bordo. Orietta inizia dalle na resta, nello sguardo e, soprattutto, nelcose più umili. Guarda i cuochi stellati, incamera la la passione. Passione per le cose di cucifilosofia del Maestro: semplicità dei piatti, ma accuna. Detto così, mi accorgo di svalutarla. Allora, cari ratezza nei dettagli, non si mischiano salse, nessun amici lettori, mi spiego subito: Orietta Foresi è una ornamento: è la pietanza che parla da sola. grande chef, con il volto da giovanissima, ma con Non si possono prendere appunti. Ma un registratore un’ esperien lo si può nascondere bene. E così accade. Un giorza da far imno è impegnata agli antipasti, poi ai primi, quindi ai pallidire tanti secondi. Quella di Marchesi è una scuola, anche di colleghi. Se vita. L’uomo è affascinante, possiede una rara cultura, avete panonostante sia un mostro sacro è aperto ai consigli dei zienza, ve la collaboratori. Incredibile! racconto. Quando torna al suo locale di Morrovalle, Il Castro, Orietta nasce Orietta porta un bagaglio enorme di conoscenze. Ma a Morrovalle, gli si è anche spalancata una nuova strada. Chiusa la da una famistagione de Il Castro, viene contattata dal ristorante glia di agriErmitage di Zurigo. Pronta, si reca in Svizzera per un coltori, mammese di grandi esperienze, soprattutto nel campo del ma Silvana, pesce (salmone, tonno) e delle carni di alto livello. papà Enzo e Dalla Svizzera alla Francia, per prendere parte ai corsi due fratelli. con Joel Robouchon. Vita dura in Quindi negli States. Grazie agli sponsor Varnelli e Spicampagna, che spinge ad affrancarsi. Orietta stunosi, Orietta Foresi si reca a New York per presentadia sodo e diventa ragioniera. Ma c’è qualcosa che re le ricette della cucina salata insaporita dal mistrà dice che la sua vita non saranno i conti, tantomeno della ditta Varnelli e introducendo i maccheroncini di la fabbrica. La sua vita sarà la gastronomia, i fornelli, Campofilone. Il pubblico delle serate di degustazione: le ricette. Ed allora, come sempre, un incontro camristoratori, giornalisti enogastronomici, importatori di bierà la vita, meglio: un imprevisto la cambierà. Un vini rimangono impressionati: grande cucina, grande imprevisto di nome Gualtiero Marchesi. E, scusate, cuoca. Orietta ringrazia ancora l’organizzatore delle se è poco!!! due settimane di tour, Domenico Licastro, manager Sono i primi anni ‘80, Orietta, che lavora insieme al dell’Istituto Italiano di cultura. Ad una delle serate marito in un locale di Morrovalle, prende parte ad parteciperà anche la regista Lina Wertmuller. Tornauna degustazione organizzata ad Ancona da Gualta in Italia, la nostra chef vieberto Compagnucci. E chi è ne nuovamente richiamata presente? Proprio il grande di Anna Maria Cerquetti - Morrovalle negli Stati Uniti dall’Istituto Marchesi. A questo punto, Culinario di Brooklin. C’è un ci piace pensare ad Orietta Solleva il coperchio dei ricordi il vento concorso di cucina regionale che, un poco rossa in volto, Mostrando l’appetito di un bambino, scalpitante come lo sfrigolio dell’olio italiana. Orietta propone la risi avvicina al Maestro, lo sache infioretta le pure vesti di mia madre. cetta del coniglio in porchetluta gentilmente, e spara una richiesta inattesa: Maestro mi E metto gli occhi di un fuoco a legna acceso ta (che pubblichiamo in altra Al risveglio di un pensiero domenicale, parte di questo numero). Un prenda per uno stage. Martra fornacelle di mattoni stanchi trionfo. Da incorniciare in vichesi non li ha mai fatti. Ha gorgheggi dorati la mia gola assapora. sta dei prossimi. altro cui pensare. Stavolta Lentamente in quel paiolo io abbandono A proposito, se volete assagperò è diverso. Sarà la simTutto l’oro dei miei ingenui sogni acerbi, giare il coniglio, andate da patia, sarà la luna, saranno le risa frivole delle fate nel granturco, Secondo a Macerata, perché le circostanze, stavolta dice: il timore di una catena appesa all’ombra Orietta sta lì. A volerci bene si, va bene, vieni a Milano. Ed E poi… con le sue ricette. Orietta non si fa certo attenL’odore del futuro sparso sui campi E la carezza antica di quel fumo Che nella luce di nostalgia m’inebria.

Ricordi di polenta

Il Gusto...

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La ricetta tradizionale

La cucina dei piccoli

Il coniglio in porchetta Chef Orietta Foresi

di Ludovica Benigni

Sempre in tema di cibi provenienti dalla ter ra, for se non tutti sanno che la famosa PORCHE T TA è nata propr io nelle Marche; può es sere piccola o g ros sa e si usa disossa r la. L’imbottitura consiste in finocchio selvatico o “ba sta rdo”, molti spicchi d’aglio, rosma r ino, pepe e sale; si bagna il tutto con vino bianco, ades so, fino a 40 anni fa si usava i r rorare l’animale con vino cotto che rendeva più sapor ita la cottura. Ecco qui r iproposta la r icetta tradiz ionale. INGR EDIEN TI - 1 coniglio da 1 kg - 1 hg di carne macinata di vitellone - 1 salsiccia di maiale - ½ hg di pancetta - 1 uovo - 1 bicchiere di vino bianco - 1 maz zetto di finocchio selvatico - olio extravergine di oliva q b - sale e pepe q b

Le uova al tegamino Ehi ragazzi, sentite un po’ qua Ho una grossa novità Che vi sconvolgerà A me non piacciono le uova Ma dovete sapere che queste uova al tegamino Sono veramente deliziose Sono facili da preparare ed Ecco alcuni suggerimenti che vi possono aiutare. Ingredienti (4 persone) - Panna montata 1 confezione - Pesche gialle sciroppate 8 gusci - Gelato alla crema 8 palline Esecuzione Disponete in ogni piatto due ciuffi di panna montata, sopra adagiate le palline di gelato alla crema, che coprirete con i gusci di pesca. A questo punto abbiamo ricreato i tuorli di uova, per formare l’albume, spruzzate intorno in modo circolare la panna montata ed ecco qua le mie uova al tegamino. Avete capito come si fa? Sono veramente semplici da preparare e vi assicuro che sono una bontà.

PR EPA R A ZIONE Il coniglio deve essere natural mente tenuto a bagno almeno 4 o 5 ore, quindi asciugatelo e salatelo all’interno. Fate un battuto con il finocchio selvatico lessato, l’aglio, la car ne macinata, la pancetta la salsiccia, la coratella del coniglio. Mescolate il tutto con l’uovo, il sale, il pepe e farcite il ventre del coniglio. Chiudete lo con un filo bianco e ponetelo in un tegame da forno bagna to d’olio. Cuocete in forno per mez z’ora ci rca a 18 0 °, e pr ima di ultimare la cottura spr uz zate il coniglio con il vino bianco. Ser vitelo a tocchetti con il r ipieno.

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della vita


Antonio Nebbia

ANTONIO NEBBIA e CARLO VENTURINI da una relazione di Luciano Scafà

(convegno Antonio Nebbia Massa Lombarda 20 novembre 1999)

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l mio incontro con il libro del Nebbia è avvenuto nel 1973, quando lo trovai in casa della contessa Stelluti Scala durante una delle mie ricerche sulla cucina marchigiana e di antichi testi di cucina.

Il Nebbia in queste poche righe ha voluto proporsi mumerosi e significativi obbiettivi. Il suo trattato infatti: 1 - Si prefigge di istruire con facilità; 2 - Si rivolge alle donne; 3 - Si preoccupa di cucinare con economia tanto nello spendere quanto nel cucinare; 4 - Insegna a cucinare secondo il nuovo gusto; 5 - Insegna a cucinare con somma pulizia; 6 - Ripete più volte che il cuoco deve essere bravo e perfettamente istruito; 7 - Ribadisce di mettere in esecuzione la propria abilità con la maggiore pulizia (è un elemento che ripete continuamente); 8 - Insegna a cucinare con poco grasso; “Una cosa, caro lettore, ho lasciato in questo capitolo, ed è la più essenziale, cioè tenersi lontano dal grasso, perchè questo grasso è di così gran pregiudizio alla nostra natura, che non ve lo sò spiegare.” (pag. 7) 9 - Detta “LE REGOLE DEL CUOCO” il modo di comportarsi e di trattare i subalterni senza “strapazzamenti e ingiurie” (pag.173); 10 - Inserisce nel suo testo le ricette di cucina popolare.

Il Gusto...

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Non mi è facile descrivervi l’emozione per il ritrovamento: era il mio primo libro importante, ed era marchigiano. Un’opera preziosa, un punto di partenza essenziale per le mie ricerche e per la mia vita professionale. ANTONIO NEBBIA nasce quasi sicuramente a Fortillo di Pieve Boviglina, paese d’origine della famiglia Nebbia, a cui siamo risaliti con Franco, di archivio in archivio. Dico quasi sicuramente perchè purtroppo Don Aronne Gubinelli non ci ha permesso di visionare il suo archivio e quindi le ricerche non sono potute proseguire. Della sua vita professionale conosciamo poco: per certo fu un grande professionista, un innamorato del suo mestiere. Ritengo errata l’asserzione di alcuni insigni studiosi che hanno inteso indicare in ANTONIO NEBBIA un personaggio scarsamente professionale, probabilmente non un “VERO CUOCO”, cioè non un operatore a tempo pieno, non innovativo, e un semplice seguace della cucina francese allora molto in voga. Ebbene ANTONIO NEBBIA è la figura più importante della nostra cucina, ed è stato il primo ad inserire in un libro le ricette della cucina popolare. Nel frontespizio leggiamo: IL CUOCO MACERATESE DI ANTONIO NEBBIA Che insegna a cucinare ogni sorta di vivande, tanto di grasso, che di magro; imbandir Mense secondo la nuova moda, ed ultimo buon gusto, e finalmente il modo facile di fare allievi di sotto Cuochi, ed il dover di quelli verso i loro respettivi Officiali. UTILE E VANTAGGIOSO Non meno a’Giovani Servitori, e Donne di cucina, ma anche a tutti quei, che intendono applicar a simil mestiere. Ancora nella prefazione: si rivolge “ai tanti servitori e serve“ senza altra mira che quella di istruirli con facilità assai grande e con somma chiarezza, a secondo il nuovo gusto e con economia di ogni sorte di comestibili... il che certamente sarà ai padroni di risparmio non solo, ma di gran soddisfazione a motivo di polizia, che non lascio, nè lascerò mai di raccomandare giacchè la medesima nelle cucine è una delle cose più importanti. Per far bene il cuoco si ricercan due cose -La prima esser bene e perfettamente istruito, la seconda è di mettere in esecuzione la propria abilità colla maggior polizia... Inoltre Sappia chi vuol fare il mestiere del cuoco, servirsi della mia ingenuità, che grandissima ho usato nello scrivere appoggiato alla sperienza, e al buon gusto...


Antonio Nebbia

Claudio Bemporat ne “La storia della gastronomia italiana”: “Il Cuoco Maceratese di Antonio Nebbia” edito nel 1779 merita attenzione particolare poichè rappresenta il punto di incontro e di congiunzione tra la vecchia cucina italiana della prima metà del secolo condizionata dai trattati francesi e le nuove aspirazioni italiane tendenti ad una autonomia libera da condizionamenti stranieri alla ricerca di una più marcata caratterizzazione nazionale. Paolo Scotto, giornalista de “Il Messaggero” a proposito del Nebbia scrive: Gli antichi ricettari diventano pertanto una finestra aperta per comprendere l’evoluzione della nostra tavola e i suoi percorsi, contributo inestimabile per saldare una riflessione sui nostri piatti di oggi e sulla loro effettiva parentela con quelli antichi. Con queste premesse, inutile dire che si legge con grande curiosità e piacere il volume di ricette e consigli di Antonio Nebbia, cuoco marchigiano della seconda metà del XVIII secolo. Il nostro chef si trovò infatti ad operare in un’importante epoca di transizione, la quale segnò di fatto un punto di svolta per la cucina italiana.

Il Nebbia a pag. 158 (della 2° edizione maceratese) parla “dell’esperienza per molti lustri esercitata in CUCINE RAGGUARDEVOLI” e sostiene che si diventa buoni cuochi solo con la pratica e non con la teoria. Ancora da un grande esperto. Da “Storia della gastronomia italiana” di Claudio Bemporat È nelle composizioni più spontanee che il Nebbia ha saputo esprimersi al meglio sfruttando la sua fantasia e il suo magistero, facendo ricorso ad un linguaggio immediato e quasi confidenziale, privo di ogni condizionamento stilistico, che rinuncia progressivamente a quella terminologia francese che era sembrata finora insostituibile. La sua posizione nel panorama della letteratura italiana si caratterizza con una marcata propensione per i piatti nazionali, se non regionali,in linea con quanto proposto dal Corrado negli stessi anni con maggiore organicità e spessore culturale. La sua cucina è destinata ad alimentare quel filone che prenderà corpo negli ultimi decenni del secolo e di natura nazional-popolare, ricca di appunti originali, fonte inesauribile di ispirazione per le massaie italiane che necessità e moda volevano “econome e di buon gusto”più attente al risparmio che alla qualità, che sempre più spesso intervengono di persona in cucina per controllare la preparazione dei piatti quotidiani. La professionalità del Nebbia è quindi riconosciuta dai più importanti studiosi di storia della cucina, difficilmente si spiegherebbero le ben 12 edizioni (5 maceratesi, 5 venete, 2 romane) in un’epoca difficilissima anche dal punto di vista alimentare, non dobbiamo dimenticare che ben 4 terribili carestie contrassegnarono il ‘700, e che proprio allora la media borghesia lentamente stava sostituendo la grande nobiltà: ecco spiegata la ricerca delle ricette semplici, poco grasse, economiche, che evitano gli sprechi.

Angiola Maria Napolioni nè “Le Carte In Tavola”: L’alimimentazione delle classi neno abbienti non registra sostanziali trasformazioni anche a causa delle carestie che si ripetono nel corso del secolo: l’uso del pane di ghianda è documentato per i contadini dell’area appenninica tanto che il Parroco di Urbania, durante la carestia del 1767, annota che nella città della marina c’è forte “calamità per deficienza delle ghiande” che risolvono in alcuni casi il problema della sussistenza, tanto da essere mangiate dai montanari “a tutto pasto”. Pochi anni dopo il Cavaliere Cristiano de Miller, attraversando nel settembre del 1775 l’Appennino umbro-marchigiano in compagnia del Tesoriere generale dello Stato Pontificio , nota che i montanari mangiano un pane di ghianda così nero che “in altri paesi mangiano assai meglio li cani da caccia”. Se ci fossero ancora dubbi, dopo tanti elementi, che Antonio Nebbia era un cuoco, un apprezzato cuoco, e che come tale operava in una delle famiglie più importanti e illustri dell’epoca, la prova decisiva l’ho avuta grazie alla signora Marina Venieri, vostra concittadina da tempo residente a Fermo, che mi ha portato a conoscenza dell’esistenza di una edizione del “Cuoco Maceratese di Antonio Nebbia” nella biblioteca Comunale “Carlo Venturini” di Massa Lombarda, insieme ad altre 5427 opere appartenute al commendator Carlo Venturini. È la 5° edizione “maceratese” de “Il cuoco Maceratese del 1792” quella in vostro possesso, e ha la particolarità di recare una nota manoscritta in cui si legge: Il Nebbia fu cuoco di casa Presottini di Recanati in cui nacque Giuseppa dal Capitano Antonio e dalla Contessa Alessandra Stelluti di Ancona li 14 Novembre 1813. Sposò poi Carlo dott. Venturini di Massa Lombarda medico condotto in Recanati stessa Martedì 21 di Novembre 1837; e morì in Ancona (dopo felice e fortunato matrimonio di anni 44) Venerdì alle ore 3 del mattino 18 Nov. 1881. per Apoplessia, ove il marito era Console generale della Tunisia (Affrica).

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della vita


Antonio Nebbia Finalmente abbiamo una traccia documentata della sua attività, attività di cuoco svolta in una famiglia importante la famiglia Presottini, infatti così leggiamo nelle annotazioni del Venturini. In realtà, la moglie Giuseppa, è figlia in seconde nozze fra il Cap. Antonio PRESUTTINI E DELLA CONTESSA ALESANDRA STELLUTI. “PRESUTTINI” e non “Presottini” come si evince dall’estratto anagrafico “del Registro nominativo della popolazione - Censimento Napoleonico del 1809-1812 custodito negli Archivi Comunali di Recanati (n° inventario 1083). Questo piccolo errore la “o” invece della “u” nel cognome della moglie del Venturini, e del nome della suocera ALESSANDRA anzichè ALESANDRA nonchè l’esprimersi in terza persona mi ha fatto sorgere il dubbio che l’annotazione manoscritta sul foglio di guardia antistante il frontespizio del libro, confrontata con la sua firma sul frontespizio, non fosse autografa del Venturini, ma di un’altra persona, segretario, archivista, custode. Sono quasi certo che così sia confortato dall’analisi con altri testi manoscritti del Venturini che la solerte dott.ssa Marisa Galanti mi ha fatto pervenire. Per fugare ancora dubbi, qualora ce nè fossero, la storiografa dott.ssa prof. PAOLA MAGNARELLI, nel suo libro “ESTRATTO TERRA, CHIESA, BORGHESIE SUL SUOLO DELL’ENFITEUSI NELLA FORMAZIONE DEL CETO MEDIO” “annali della Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università Degli Studi di Macerata”, XXIV (1991, pag. 181-228) a pag. 220 cita il possidente Antonio Francesco Presuttini, del ceto civile ed è chiaramente scritto Presuttini. PRESUTTINI cap. ANTONIO - dei fu Giuseppe e Marianna Corsetti sposò in prime nozze MADDALENA TERRI e da questa ebbe MARIANNA il 2 giugno 1800 In seconde nozze sposò : STELLUTI ALESANDRA (una S) dei fu Carlo e Camilla Bonarelli da cui; nacquero DIANA il 16 ottobre 1807 ____?____ 1809 non sopravvissuto atto di nascita n° 123 CARLO il 7 settembre 1810 GIUSEPPE 1812 vissuto 16 mesi † 1813 GIUSEPPA il 14 novembre 1813 CARLO prende il nome dal nonno materno GIUSEPPA dal nonno paterno GIUSEPPE e probabilmente dal fratello morto MARIANNA dalla nonna paterna .. Giuseppa sarà la moglie del dott. Carlo Venturini (nato a Massa Lombarda il 6 giugno 1809 e ivi deceduto il 7 novembre 1886) era Console di Tunisi, del Brasile e del Venezuela, collezionista, filantropo, membro di 160 accademie italiane e straniere. Il Gusto...

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Nebbia esercita in casa di possidenti di Recanati la famiglia Presuttini. Il frutto del suo lavoro - anche in tale casa - è “Il cuoco maceratese” I “possidenti” (dal registro) si sono assicurati i servigi di un cuoco di fama, il cui nome anche dopo la morte (probabilmente... ) rimase a tal punto famoso da dare il via alle ristampe del testo fino al 1820 a cura della Tipografia Remondini di Bassano (41 anni dopo la prima pubblicazione del 1779). Ho ritrovato nella biblioteca Benedettucci di Recanati il testamento di ANTON FRANCESCO PRESUTTINI del 15 aprile 1747 morto 10 giorni dopo, il 25 aprile 1747 lascia fidecommisso la moglie MARIA VIRGINIA con disposizione (atti notaio Pignotti 1754) di lasciare tutto ai nipoti maschi del fratello “FLAVIANO”, morto nel 1740. Eredita il figlio - dott. MARIN GIACOMO PRESUTTINI-, a questi succedono l’avv. ANTONIO e il cap GIUSEPPE PresOttini (1741 ?) (il cognome esatto è e rimane PresUttini, qualche volta, PresOttini. C’è una maschera dialettale bolognese chiamata “Presuttino”, che può forse immaginare l’area di provenienza. Paola Magnarelli da “Tre Storie Borghesi”, rivista Proposte e ricerca

- questi il 22 ottobre 1785 a Forli, fa “l’inventario e descrizione di parte dei mobili ed altro.... deIl’illustre cap Giuseppe della città di Recanati abitante da molti anni in Forlì”. Il figlio di quest’ultimo - il cap ANTONIO - (4-11-1776) dà in sposa la figlia GIUSEPPA (14-11-1813) a CARLO VENTURINI (6-11-1809) di Massa Lombarda medico in Recanati.

n°32 del 1994)

- Forse il Nebbia ha lavorato per il cap. Giuseppe e per il suocero cap. Antonio considerando che il Nebbia ha fatto testamento che,”avanti negli anni e con numerosi acciacchi, timoroso di morire”, volle fare per tempo il 17-3-1775 dichiarando di essere “sano, per grazia di Dio, di mente, senso, vista,udito, loquela ed intelletto, benchè infermo di corpo e giacente nel letto, e temendo il pericolo della sua futura morte,...”(Archivio Notarile , volume 4141, carta 186, verso). Non sappiamo quando il Nebbia è nato nè quando è morto, pertanto possiamo fare solo delle ipotesi tenendo come data certa quella del testamento. Quando Carlo Venturini firma la nota di possesso sulla copia del “Cuoco maceratese” sono già trascorsi diversi anni dalla pubblicazione (la quinta edizione esce infatti nel 1792) e forse dalla stessa morte del Nebbia: forse Carlo aveva trovato il libro tra gli scaffali della biblioteca della moglie? o del suocero? in ogni caso la famiglia Presuttini conservava di sicuro gelosamente questo ricordo del famoso cuoco.

La “nostra”, o meglio quella in possesso di Venturini, la quinta edizione maceratese differisce dalle precedenti. La prima e la seconda edizione maceratesi del Nebbia sono infatti identiche; invece nelle successive si nota una continua evoluzione espressiva, da una più puntigliosa descrizione delle ricette, una più ricercata ampiezza degli argomenti, al raggruppamento per tipologie delle ricette, e - cosa importantissima - l’indicazione quantitativa degli ingredienti che compongono alcune ricette. Finalmente con le edizioni romane e venete Antonio Nebbia esce dai ristretti confini maceratesi, diviene un autore conosciuto in altre regioni e un riferimento della letteratura gastronomica dell’epoca. Come dimostrano i trattati di cucina (quasi tutti anonimi) pubblicati successivamente - nelle Marche e in Italia - e cioè: La brava ed economica cuciniera; Almanacco per l’anno 1825; Il fa per tutti. Giornale per l’anno 1831 La cuciniera all’uso moderno Il cuoco delle Marche del 1861 Il cuoco perfetto marchigiano 1891 Il re dei cuochi-Ossia l’arte di mangiare al gusto degli italiani-Fi 1883 Come posso mangiare bene-Libro di cucina per stomachi sani e per quelli delicati-Giulia Ferraris Tamburini-1900 Pellegrino Artusi “L’arte del mangiare bene” Tutti hanno seguito la linea tracciata da “Antonio Nebbia”, del quale molte sono le ricette prese e sviluppate. Il Nebbia invece in parte si è ispirato al “CUOCO PIEMONTESE PERFEZIONATO A PARIGI - Torino 1766” a - IL CUOCO GALANTE di VINCENZO CORRADO - Napoli 1773 altri scritti d’arte culinaria di autori marchigiani; Bernardino Baldi da Urbino - Celeo e l’orto-fine 500; un opuscolo della fine del 600 di Giovan Francesco Angelita Roco da Recanati - I Pomi D’oro Il Teatro Nobilissimo di Scalcheria - di Vincenzo Mattei da Camerino. Il mio intento è stato quello di dare un contributo, a una maggiore conoscenza di Antonio Nebbia. Autore, fautore di quel cambiamento, di quella svolta, che indicando ai successori la strada da percorrere ha fatto grande la cucina italiana. Per i lettori de "Il Gusto... della vita", copia del libro "IL CUOCO MACERATESE" di Antonio Nebbia è acquistabile presso il David Palace Hotel di Porto San Giorgio al prezzo di 25 euro.


La Cantina

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na storia, una famiglia, un’azienda. La storia è quella legata alla Contrada di Forano, nel comune di Appignano. Di questa zona si parla sin dal secolo XIII, quando San Francesco d’Assisi si fermò nel vicino convento, all’epoca circondato da un folto cerqueto dove i frati si dedicavano alla meditazione. Nel tempo l’area ha subito una trasformazione e il terreno è stato messo a frutto principalmente con le colture del grano e della vigna. Più che di una famiglia, dobbiamo parlare di famiglie. Dai Conti Faccini Della Torre ai Marchesi Rangoni Machiavelli, sino - e siamo arrivati al 1966 - ai Conti Lucangeli. Si legge in un' interessante scheda di presentazione dell’azienda: “In tutti i passaggi di proprietà, la cantina di Villa Forano con i suoi vini fu sempre l’anima dell’azienda…” Dei 190 ettari totali della tenuta, 20 sono dedicati ai vigneti, i restanti 170 ettari sono stati impegnati nella coltivazione di medicali, noceti, ciliegie, colture biologiche ed anche dalle arnie per la produzione del miele. Gli appezzamenti destinati alla coltivazione della vite sono stati atten-

tamente scelti in micro zone meno fertili e più sabbiose, dove la pianta produce uve di particolare qualità, atte a dare origine a vini - soprattutto rossi - dalle notevoli capacità evolutive. Il 26 maggio scorso sono stati festeggiati i anni dell’Azienda, che oggi si è arricchita anche dell’Agriturismo Forano. La famiglia Lucangeli ha voluto ringraziare i suoi collaboratori ed amici nello spazio di una giornata, iniziata con una conferenza stampa; una visita alla scoperta di un'antica bottega di vasai nel comune di Appignano; una degustazione verticale presieduta da molte personalità del mondo dell'enologia e una splendida cena accompagnata dalle migliori etichette della cantina. Tra i vini prodotti da Villa Forano e, presentati nella degustazione verticale dall'enologo della cantina Dott. Giancarlo Soverchia e dal Sommelier Prof. Cesare Lapadula, è necessario citare il Rosso Piceno Doc “Bulciano” (80% Montepulciano e 20% Sangiovese) e il “Monteferro” Colli Maceratesi Bianco Doc (Maceratino al 90% e Malvasia al 10%). “I frutti di tanti anni di lavoro e passione trovano oggi motivo di gioia e soddisfazione, ancor più avvalorati dalla condivisione con tutti voi che, per affetto o per curiosità, avete voluto essere presenti oggi”.

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I prestigiosi Vini di Villa Forano 17

della vita


Confindustria Fermo

Orma Group srl,

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ovvero, la passione per i Cotti.

uò il Gusto… della Vita prescindere dai produttori agroalimentari? No, non può. Ecco, allora, che iniziamo a guardare con occhi sempre più attenti alle aziende che operano nel territorio. Cominciando da quelle associate a Confindustria Fermo. Ne sono quindici: chi impegnate nel campo della pasta, chi nell’ittico, chi nelle uova e derivati, chi nei salumi e carni fresche. Un primo e consistente gruppo. Prossimamente, entreranno anche le aziende vinicole. Settimane fa c’è stato un incontro ritenuto più che soddisfacente. Da dicembre 2007 il presidente della sezione agroalimentare è Andrea Maroni. Personaggio noto per il suo lavoro e il suo prodotto. Maroni è l’amministratore unico della Orma Group Srl, azienda di Grottazzolina specializzata in tutti i prodotti a base di carne cotta. Il prodotto gastronomico di punta, in grado di rendere l'Azienda di Grottazzolina leader di mercato è la “Galantina di pollo”, vera delizia del palato e tipico piatto della cucina tradizionale marchigiana (ma ne diremo più sotto). Con le sue numerose varianti costituisce sempre di più il punto di riferimento per un'alimentazione “light” consona ai moderni ritmi di vita, ma che sia in grado di apprezzare sapori ed aromi antichi. La Orma Group ha esteso progressivamente la produzione ad altri preparati di carni bianche e rosse tra i quali spiccano il “Tacchino in Porchetta”, l'Anatra al Tartufo, il Petto di Tacchino arrosto, la Coscia Prelibata ed altre preparazioni gastronomiche confezionandoli in più formati secondo le varie esigenze di mercato. Insomma, ce n’è per tutti i gusti. La Orma Group Srl produce con tre marchi acquistati nel 2006: “Bacalini. I cotti delle Marche”, “Marchigianella”, “Cascina marchigiana”. Sin qui, i prodotti. Ora ci interessa conoscere l’uomo che ha messo insieme tutto questo. Andrea Maroni è nipote d’arte. Suo nonno materno, Francesco Piegallini, era di quelli che giravano le campagne per cucinare nei grandi pranzi festosi del tempo che fu. Qualche gene di Andrea sicuramente ne sarà stato “contaminato”. Una passione per le carni e per la cucina, Andrea ha cominciato a rivelarla già da piccolo. Venuto a Fermo con la famiglia, invece di giocare a pallone per strada con gli amici, preferiva più spesso soffermarsi in una vicina macelleria, guardare i macellai incollare i quarti di bovino, dividerli sul bancone, appenderli ai ganci, servire i clienti. Uno sguardo che poi è diventato fattiva collaborazione nei mesi estivi quando, terminate le scuole, Maroni iniziava il lavoro nell’esercizio commerciale. A 20 anni era già Il Gusto...

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macellaio a tutti gli effetti. Nel 1983 la sua macelleria inizia una lenta metamorfosi adeguandosi alle mutate esigenze della clientela. Le donne cucinano sempre meno, si lavora fuori casa, l’esigenza è quella di trovare cibi già cotti. Ed ecco che Andrea, oltre a fettine e bistecche, dispone sul bancone piatti di carne cotta. È quello che la clientela stava aspettando. Nel 2006 il salto. Orma Group inizia la produzione in serie per la grande distribuzione del Centro Italia. Da Grottazzolina partono furgoni diretti alla Conad, Coal, Sma, Eurospin e via dicendo. 25 quintali la settimana, niente male! Visitare l’azienda in via Stazione, 90, è un piacere. Innanzitutto, per l’ordine e la pulizia. Ogni cosa a suo posto: gli otto dipendenti tutti in camice bianco e cappellino in testa, eppoi il locale dei forni, quello per l’abbattitore di temperatura, le celle frigorifere, la cucina con i bollitori, il magazzino, il luogo degli imballaggi… Maroni, come tutti gli imprenditori che hanno passione per il proprio lavoro, è fiero di mostrare i laboratori, e mentre visitiamo l’azienda, ci parla dei progetti, del culatello e del prosciutto arrosto. Ma, in modo particolare si sofferma sulla galantina che, sottolinea con forza, “deve diventare un prodotto tradizionale nelle Marche, come la Bresaola lo è in Valtellina”. Il suo non è un dire tanto per dire. Alle parole sta facendo seguire i fatti. Da componente la Consulta agroalimentare di Confindustria Marche si sta battendo per ottenere l’Identificazione Geografica Protetta, la famosa IGP. Ha messo in moto un procedimento recepito dalla Regione Marche, che ora dovrà girarlo alla Commissione Europea. Una battaglia non in solitaria. Settimane fa ha riunito nei locali di Confindustria Fermo i suoi colleghi produttori di galantina. La battaglia è comune, si vince insieme, nessuna concorrenza, anzi: più si è uniti più si otterrà quel che giusto ottenere. Ottimo, sig. Andrea. Vada avanti così! Potevamo ignorare questa realtà? (Wolf)


Vino marchigiano

LE ANTICHE RADICI DEL VINO MARCHIGIANO Il Pecorino nuova realtà viticola ed enologica delle Marche

Enologo Alberto Mazzoni

Le MARCHE sono una delle più belle regioni d’Italia. Il paesaggio è estremamente vario: chilometri e chilometri di splendide coste, ricche campagne, zone montuose dal fascino selvaggio… Ma non solo le risorse naturali fanno grande questa regione: essa possiede anche un invidiabile patrimonio culturale, storico e artistico. IL CLIMA E IL TERRENO Si tratta di una viticoltura collinare, con impianti disposti nei pendii prospicienti, le vallate dei ben 13 fiumi che dall’Appennino scendono perpendicolari verso il mare. La fascia altimetrica ideale è da sempre sfruttata per il vigneto, che vi gode illuminazione e riscaldamento ottimali. Il clima è favorevole, con un giusto grado di piovosità annuale. In queste aree collinari i suoli sono formati prevalentemente da substrati marnosi, argillosi, arenacei e in parte calcarei e anch’essi contribuiscono in misura non trascurabile alla qualità del prodotto. Non a caso la viticoltura rappresenta per le Marche una delle principali attività agricole di maggior rilievo e sta acquistando sempre più una grande importanza. IL VITIGNO PECORINO - cenni storici È una varietà a frutto giallo ed è un vitigno che appartiene a un gruppo di quelli che si chiamano ITALICI. I vitigni italici nel corso degli anni passati sono stati rilegati in territori sempre più ristretti a causa della ridotta produttività e dello scarso interesse viticolo. Il Pecorino iscritto nel Catalogo Nazionale delle varietà, attraverso la documentazione storica, si conferma che esso era conosciuto in molte aree viticole del Centro (umbre, marchigiane, abruzzesi) e del Sud Italia (pugliesi). Nelle Marche, al Pecorino sono stati attributi numerosi sinonimi, come

Pecorino d‘Arquata, o Pecorina arquatanella, Arquitano, che traggono origine dalla zona di Arquata. Altri si rifanno all‘attività prevalente della pastorizia, pertanto assunse i nomi di Uva pecorina o Pecorina (zona di Perugia) o Uva delle Pecore. La coltivazione del Pecorino è già diffusa dal 1876 nella provincia di Ancona, tanto che si annovera un Pecorino a grappolo stretto e veniva impiantato su terreni collinari esposti a Sud-Ovest, dove dimostrano la sua rusticità alle intemperie, dando luogo alla produzione di mosti zuccherini e di sostenuti livelli acidici. CARATTERISTICHE DEL VITIGNO Vitigno autoctono degli Appennini Umbro-Marchigiano; completa il ciclo nel breve periodo (150 giorni), richiede zone di coltivazioni fresche; possiede costante capacità di accumulo zuccherino che consente di raggiungere costantemente una buona dotazione alcolica (superiore a 12° alcole)e nel contempo mette in atto una lenta demolizione della componente acida, che difficilmente scende sotto i 7.5 g/l; vitigno miglioratore negli uvaggi per gli apporti di profumi, struttura e di acidità. EPOCA DI VENDEMMIA Matura intorno alla 3ˆ decade di agosto e/o 1ˆ decade di settembre (a seconda dell’andamento stagionale climatico). COMMENTI Il vino in cui gli elevati valori del pH fungono da potere tampone, con-

sentendo di mantenere stabile a lungo i contenuti alcolici e la tonalità di colore. L’acidità sostenuta, ma non aggressiva favoriscono la pulizia della bocca per cui il vino si presta ad essere consumato a tutto pasto. ABBINAMENTO È un vino bianco che può essere commercializzato non prima del 1° Marzo successivo all’annata di produzione e la sua immissione al consumo deve essere autorizzata dalla Camera di Commercio competente del territorio dopo analisi e degustazione da parte della commissione di assaggio nel rispetto del Disciplinare di Produzione Offida. La gradazione alcolica minima è di 12% vol. e si adatta bene a minestre e primi piatti saporiti, pesce e carni bianche, ma anche a salumi tipici del territorio ascolano come lonza, salame e prosciutto nostrano insieme anche al tipico ciauscolo. Va servito fresco ad una temperatura che oscilla dai 12° ai 14° C per esaltarne le caratteristiche organolettiche e degustative del vino.

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della vita


Cinema e cibo

S

ono in molti a credere che

Accostare la cinematografia al cibo è, per

ventano gioviali e

l'uomo sia diventato tale

molti registi, spesso, un'operazione no-

felici.

solo quando ha smesso di

stalgica, quasi sentimentale. Non si tratta

Comunione di sen-

cibarsi per sopravvivere e

solo di racchiudere all'interno di un'in-

si e di sapori an-

ha iniziato a concepire l'ali-

quadratura una bella tavola imbandita,

che nella pellicola

mentazione come un vero e proprio piace-

esaltandone i colori e la perfezione della

tratta dal racconto

re. È così che un atto puramente dettato

mise en place (espressione tecnica del ger-

di Laura Esquivel:

dalla forza della Natura si è trasformato

go alberghiero). Nel caso del grande scher-

“Come

in tratto culturale, in connotazione neces-

mo si va oltre.

per il cioccolato”

saria, fino ad assumere la sembianza di

Impossibile non ricordare “Il pranzo di

(1992), di Alfonso Arau. Tita, l'eroina del

identità di un popolo. È qui che il cibo si

Babette”, pellicola del 1987, per la regia

film, imparerà a comunicare con il suo

fa cultura.

di Gabriel Axel, vincitore di un Oscar come

amato Pedro attraverso il cibo. Nei pasti

Non c'è stato strumento migliore della pel-

migliore film straniero. Il menù portato in

che la giovane Tita preparava per la sua

licola cinematografica per testimoniare il

tavola dalla protagonista è un atto d'amo-

famiglia riusciva ad imprimere i propri

particolare rapporto che la specie umana

re totale: sia verso il suo passato, vissuto

sentimenti. Come per un sortilegio acca-

l'acqua

Cinema e cibo: un amore lungo un secolo.

d i Stel la Alf ier i

“Il pranzo di Babette” di Gabriel Axel

“La ricotta” di Pierpaolo Pasolini

“Come l'acqua per il cioccolato” di Alfonso Arau

intrattiene con il cibo. Il cinema ha sem-

in Francia, a Parigi, che nei confronti del

devano cose strane: quando Tita preparò

pre rappresentato lo specchio dei vizi e

suo presente, abitato dagli algidi e contriti

la torta di nozze per il matrimonio della

delle virtù dell'uomo, fermando il tempo

personaggi di uno sperduto paesino della

sorella proprio con il suo Pedro, gli invi-

e lo spazio, sapendo cogliere sia i momenti

Danimarca. “Consentitemi di dare il me-

tati, mangiando il dolce, riuscirono ad av-

di gloria e che gli istanti di debolezza del

glio di me”, implora Babette. E ancora:

vertire il suo stesso senso di angoscia.

mondo. Breve incursione nella letteratu-

“Seduta sul tagliere della cucina, Babette

Il cibo è uno tra gli elementi più ricorrenti

ra: Carlo Lucarelli, tra i migliori giallisti

era circondata da una tale quantità di cas-

nella filmografia internazionale e per rifre-

italiani, definisce fondamentale, nella de-

seruole e padelle unte e annerite, come mai

scarvi la memoria basterebbe citare alcu-

scrizione di un personaggio o di una storia,

le sue padrone avevano visto in vita loro.”

ne pellicole come “La febbre dell'oro”

la presenza di una colonna sonora. Sapere

Durante il famoso pranzo, il ritmo dell’or-

(1925) di Charlie Chaplin, “La cena dei

che musica ascolta il nostro protagonista

dine delle portate, il progressivo, interiore

cretini” (1998) di Francis Veber, oppure

aiuta a conoscerlo più a fondo, quasi nel

e inconfessato abbandonarsi al piacere del

“La ricotta” (1963), di Pierpaolo Pasolini.

suo intimo.

cibo e del bere, uniti alla delicatezza della

Eppure, a pensarci bene, è proprio con un

Ora torniamo alla pellicola: che ne sareb-

messa in scena, fanno di questo film una

pranzo che, il 28 dicembre 1895, nacque

be stato di Ferdinando Mericoni, il mitico

piacevole sorpresa. Aiutati dalla bontà del

il cinema. Era la prima proiezione pubbli-

Nando interpretato da Alberto Sordi, se

cibo, dall'atmosfera e dall'amore con cui i

ca dei fratelli Lumière: “Le dejeuner de

non lo avessimo visto alle prese con un bel

piatti erano stati cucinati, i 12 invitati di-

bebé”.

piatto di maccheroni tentatori? Semplice: non sarebbe stato quel personaggio che, nel 1954 con “Un'americano a Roma”, Steno consegnava alla storia del cinema. È stato sufficiente un piatto di pasta per rappresentare un'epoca, un periodo storico, una città intera, uno stato d'animo che investiva tutta la nazione. Il Gusto...

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MACCHERONI TENTATORI: Ingredienti per 6 persone 500 g di spaghetti 300 g di guanciale a cubetti 600 g di pelati 2 cucchiai olio extravergine di oliva 1/2 bicchiere di aceto e vino mescolati insieme 120 gr di pecorino romano grattugiato sale e peperoncino q.b.


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Il Professionista

Insalata di Sella di Coniglio, Favette e Asparagi all’Aceto di Lamponi

Antonio Di Giacomo

Desidero offrire ai lettori un piatto semplice, fresco e di facile esecuzione, utilizzando ingredienti di stagione e del territorio. Ingredienti per 4 persone: - 2 selle di coniglio nostrano - 3 rametti di timo - 3 scorzette di limone non trattato - 50 g di guanciale - 400 g di favette fresche - 8 asparagi - 50 g di misticanza - sale e pepe - 2 cucchiai di aceto di lamponi - 4 cucchiai di olio extravergine - 1 cucchiaio di sugo di cottura

Il Gusto...

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Esecuzione: Tritare finemente il gaunciale, timo e buccia di limone, disossare la sella e condirla col trito, sale, pepe al mulinello, bordare con sottili fette di lardo, rosolare leggermente in un tegame insieme alle ossa e terminare la cottura per 10 minuti a forno moderato. Abbattere. Sgranare le fave, sbollentarle e raffreddare con acqua e ghiaccio, sbucciarle e togliere il germe. Ottenere dagli asparagi sottili lamelle con l’aiuto di un pelapatate, tuffarle in acqua bollente salata al 20%, raffreddare subito in acqua e ghiaccio per fermare la cottura e fissare il colore. Asciugare. Affettare sottilmente la sella, suddividere armoniosamente nei piatti con le favette fresche e gli asparagi, guarnire a piacere con misticanza, fiori di cetriolo, fiori di salvia, mentuccia ecc... Condire con un’emulsione di extravergine, aceto di lamponi e sugo di cottura filtrato fine. Servire dando un giro di pepe.


Storia di un'azienda

LA FONTURSIA G i a n m a r c o Ve c c i a

V

iticoltori da circa trent’anni. Un’azienda che si estende in più di venticinque ettari in uno degli angoli più affascinanti delle Marche. Terra ghiaiosa, ricca di minerali, copre le radici dei vigneti autoctoni, coltivati a biologico. La Fontursia, questo il nome dell’Azienda Veccia di Ripatransone, in provincia di Ascoli Piceno, è situata a circa quattrocento metri di altitudine sul livello del mare. Le vigne, ben esposte alle correnti che provengono dal poco distante mare Adriatico, godono delle fresche brezze che dai vicini Monti Sibillini scendono verso la piana. Un luogo ideale, circondato da boschi, ben disposto alla coltivazione di uve Pecorino, Passerina, Montepulciano, Sangiovese, Shardonnay, per vini longevi e di grande struttura. Affascinante l’origine del nome Fontursia che è legato ad una antica fonte situata poco distante dall’Azienda. Deriva dalla lingua dei Tusci. Una popolazione insediata nella zona e vissuta in un forte che aveva vicina una fonte chiamata all’epoca la “fonte dei Tusci”. Da qui il successivo nome Fontursia. Quello che unisce i Veccia alla cultura e al territorio è un legame forte. La linea di punta non a caso è dedicata ad uno dei più grandi pittori che le Marche hanno conosciuto: Carlo Crivelli. Per questo sono state scelte etichette che ripropongono le sue pale ed è stato usato il nome di “Crivellino” per i tre vini: Pecorino Offida Doc, Rosso Piceno Doc e Offida Doc Pecorino Passito. Profondo è infatti per la famiglia Veccia il rispetto per le tradizioni, per il territorio e per ogni procedura di vinificazione. L’obiettivo della Fontursia è quello di raggiungere il più alto livello di qualità dei vini prodotti mantenendo intatta la massima cura di ogni azione eseguita sulla pianta ed in cantina. La Fontursia infatti produce un vino certificato bio, proveniente da vitigni autoctoni che da secoli esprimono il territorio ascolano e rientra tra quelle aziende che a campione sono soggette a costanti controlli. L’esperienza della Famiglia Veccia e la

un viaggio enoico tra biologico, autoctono e tradizione. tendenza a l l’u t i l i z zo di nuove tecno l og ie hanno permesso di individuare i sistemi di coltivazione più adeguati, di concerto con un’attenta potatura e pratiche colturali biologiche. A questi sistemi di lavorazione fa seguito un’accurata cernita del prodotto in fase di raccolta, per contenere le rese per ettaro, ed ottenere dei vini che riescano ad esaltare la loro tipicità. Quello che si vuole è trasmettere al consumatore tipicità e affidabilità. L’Azienda per questo è spesso presente ad iniziative di vario genere per presentare i propri prodotti e farsi conoscere in un mercato sempre più globale ma sempre più povero di esclusività. Il mercato di riferimento della Fontursia è principalmente a carattere nazionale. Rivolto ad una clientela rappresentata dalla medio - alta ristorazione, dalle enoteche e da negozi specializzati. Negli ultimi anni l’adesione a fiere nazionali ed internazionali, ha permesso all’Azienda di raggiungere diversi mercati esteri, intraprendendo rapporti

commerciali con Canada, Stati Uniti, Germania, Svizzera, Belgio, Inghilterra, Austria, Albania, Romania. La Fontursia negli anni si è rivolta anche a rispondere alle necessità di un mercato sempre più esigente. Per questo realizza una serie di prodotti e confezioni regalo destinate a soddisfare anche le richieste più difficili. Tra questi prodotti una cassetta che per le sue peculiarità è unica nel suo genere. Pregiati vini che, per i Cavalieri Crociati, sono stati imbottigliati in rare bottiglie con i fregi degli ordini cavallereschi. I tre diversi vini rappresentano un’ottima “Selezione Italiana”. Le bottiglie sono sigillate a cera lacca. Le etichette sono cesellate a mano su fogli d’argento. Ogni bottiglia è numerata e catalogata nel Libro d’Oro del Millennio, con il nome del possessore, per lasciare al tempo la nobiltà di una scelta. Le bottiglie sono raccolte in una cassetta in legno, ornata da fregi metallici e cuoio, che su richiesta può essere personalizzata con iniziali, stemmi o fregi. Anche questo fa parte dell’amore e della cura che la Famiglia Veccia dedica ai suoi prodotti e che vede la Fontursia essere nelle Marche espressione di un carattere, di una cultura che è amore per la terra, per la vigna, per il vino.

23

della vita


Sicurezza alimentare

L’Istituto Zooprofilattico e la Sicurezza Alimentare L’attività di controllo degli OGM rappresenta un punto di forza. Considerata l’attenzione che l’argomento suscita nei cittadini, abbiamo voluto approfondirne gli aspetti più salienti insieme alla Dr.ssa Giuliana Blasi, responsabile del laboratorio di Sicurezza Alimentare della Sezione di Fermo.

L

’attenzione del consumatore è sempre più rivolta alla sicurezza alimentare, argomento fondamentale che, a volte, genera un livello di preoccupazione non trascurabile, per la diminuita fiducia nei confronti dei produttori di alimenti e delle autorità deputate al loro controllo, conseguente alle crisi degli ultimi anni (BSE, diossina ecc.). Questo atteggiamento ha certamente influenzato il giudizio dell’opinione pubblica anche nei confronti degli Organismi Geneticamente Modificati (OGM), il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura attraverso il normale accoppiamento o la ricombinazione (Dir 2001/18/CE). La posizione dei consumatori italiani nei confronti degli OGM, in particolare nella filiera alimentare, è stata sin dall’inizio di diffidenza, opposizione o, addirittura, rifiuto totale, mentre, in alcuni Stati, la produzione e l’impiego a scopo alimentare è ormai una realtà consolidata. In Europa ed in particolare in Italia, sono invece ancora presenti i timori per le possibili ripercussioni ambientali, socio-economiche e sanitarie legate all’utilizzo dei “novel food”. Per rendere più trasparente questa problematica e dare la possibilità di una scelta consapevole, la Comunità Europea ha emanato una corposa normativa. La Regione Marche, da parte sua, ha scelto una linea di precauzione, predisponendo una serie di norme ed attività per massimizzare la tutela dei prodotti agricoli e zootecnici locali, in particolare quelli di qualità regolamentata. Nell’ambito delle attività di controllo regionali, la Sezione di Fermo ha assunto il ruolo di centro tecnico di riferimento, con la messa a punto di metodiche analitiche di biologia molecolare finalizzate alla ricerca di sequenze di DNA transgenico in alimenti e mangimi. Negli ultimi anni si è quindi registrato un forte impulso in questo settore, in stretta collaborazione con i servizi sanitari regionali e nazionali deputati alla vigilanza sul campo.

Il Gusto...

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Rispetto ai primi anni, quando i controlli erano essenzialmente limitati a campioni prelevati su segnalazione delle associazioni di consumatori, oggi l’attività è programmata e rientra tra le funzioni “routinarie” della sezione di Fermo. Si articola in piani di monitoraggio delle sementi destinate alle campagne di semina, alimenti finiti, prelevati in produzione o alla commercializzazione e alimenti ad uso zootecnico, recapitati in laboratorio dagli Organi ufficiali che operano sul territorio (ASL, NAS, Corpo Forestale, ecc.). L’attività effettuata nei Laboratori dell’IZS UM, rappresentata nel grafico, testimonia il costante lavoro svolto in questi anni.

L’esperienza acquisita ha inoltre permesso di aderire a numerosi progetti di ricerca nazionali e comunitari ed offerto la possibilità di un confronto ed uno scambio continui con numerose altre realtà scientifiche. Complessivamente, i risultati dell’attività di monitoraggio dimostrano il buon esito delle scelte prudenziali adottate dalla Regione Marche, che si traducono, in particolare, in un adeguato livello di garanzia per tutti i prodotti destinati alla ristorazione collettiva ed i “baby foods”. L’esperienza e le competenze maturate in seno all’istituto Zooprofilattico in questo specifico settore sono peraltro a disposizione, non soltanto delle Autorità preposte al controllo ufficiale ma, anche e soprattutto, degli operatori del settore agroalimentare, in particolare di quelli direttamente coinvolti nella ristorazione.


di Simone Troiani

L

Rocca Tiepolo

a domanda, cari lettori, immaginiamo che nasca spontanea: cosa c’entra una imponente ma ormai antica struttura come la sangiorgese Rocca Tiepolo con il gusto e l’enogastronomia? Se di mezzo c’è un termine come “bellezza” vedrete che l’accostamento non si rivelerà poi così strano. Sette secoli e più di vita, testimone silenziosa di alcuni tra gli eventi più importanti della storia di Porto San Giorgio e della Marca Fermana, Rocca Tiepolo resiste ancora oggi e si prepara, udite udite, a rivivere un’estate da assoluta protagonista. Edificata nel 1267 per volere dell’omonimo governatore di Fermo, Lorenzo Tiepolo, la Rocca rappresentò un fortilizio posto a difesa dei porti del litorale marchigiano. La costruzione si erge a poche decine di metri dalla Statale Adriatica, in un’area lambita dal mare tra il XII e il XIII secolo. Si estende per circa 1.000 metri quadrati di superficie, raccolti in un perimetro esagonale irregolare munito di cinque torri. Ad essa si accede tramite una lunga scalinata che rendeva difficile l’irruzione degli assedianti, i saraceni in particolare. Si narra che questi, una volta entrati dentro le mura, si trovavano ancora sotto il tiro degli armigeri arroccati nel mastio, la torre più grande e più alta, ultimo baluardo dei difensori. Sopravvissuta negli anni, oggi Rocca Tiepolo viene usata come arena per spettacoli e incontri. Lavori di riqualificazione iniziati e poi interrotti qualche mese addietro, hanno portato al ritrovamento di cunicoli sotterranei. Se dal sottosuolo potrebbero riemergere dunque ricchezze inestimabili, non poche sorprese le riserverà, come anticipato, anche l’estate 2008. Tra queste non mancheranno eventi che hanno a che fare con il bello, con il buono, con il gusto della vita insomma. Ecco allora il festival delle birre, fortemente voluto dal nuovo assessore alla cultura di Porto San Giorgio, Cesare Catà. Una scommessa più che una semplice manifestazione estiva. Una scommessa che si può vincere se solo si pensa all’odore, al sapore, all’effetto che può suscitare una birra bevuta in un simile contesto. Sì, il semplice gesto di degustare una doppio malto, come quelle prodotte con maestria dai monaci delle abbazie del Belgio, non nel solito gazebo ma all’interno di una suggestiva rocca, fa sì che lo strano accostamento tra il fortilizio e l’enogastronomia non si riveli poi così indigesto. Assaggiare per credere.

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della vita


GAL Piceno

Torna il concorso enogastronomico

“Le Pesche della Valle dell’Aso in cucina” È ai nastri di partenza il CONCORSO ENOGASTRONOMICO “Le Pesche della Valle dell’aso in cucina”, organizzata dal Gal Piceno s.c.a.r.l, in collaborazione con l’Associazione Sommelier AIS Marche, la (F.I.C.) Federazione Italiana Cuochi della Provincia di Fermo, lo Slow food Valdaso, l’Associazione Valdaso e l’Associazione Albergatori della Provincia di Fermo. realizzata

tutto accompagnato da vini locali, im-

nell’ambito del Piano di

pegnandosi ad inserirlo nel menu di un

Sviluppo Locale Piceno

giorno della settimana nei mesi di luglio,

Leader + (2000-2006), ha

agosto e settembre 2008.

l’obiettivo di promuovere

L’iniziativa verrà pubblicizzata mediante

le tradizioni gastronomi-

l’affissione di locandine e attraverso altre

L’iniziativa,

che e le peculiarità del territorio Le-

forme di comunicazione.

ader + Piceno e in particolare della

Turisti, visitatori e buongustai potranno

Valle dell’Aso.

presentarsi nel giorno stabilito presso i ri-

Si caratterizza come significativa for-

storanti aderenti all’iniziativa e degustare

mula di promozione in quanto la ri-

il piatto o i piatti proposti, naturalmente

storazione, essendo uno dei punti di

a base di Pesche della valle dell’Aso, in-

forza dell’offerta turistica del territorio,

seriti nel menu del giorno in abbinamen-

utilizza un frutto prezioso come la pe-

to ad un vino locale.

sca quale elemento strategico per la

Nei giorni indicati da tutte le varie strut-

vitalità e il mantenimento delle pecu-

ture ammesse al concorso, la giuria,

liarità del territorio.

composta da esperti di gastronomia

Il concorso gastronomico coinvolgerà

e da qualificati sommeliers, si recherà

tutti gli addetti del settore della risto-

presso le stesse per degustare il piatto o

razione (ristoranti, agriturismo, country

i piatti proposti e valutarli sulla base di

house, catering ecc) delle province di

apposite schede.

Ascoli Piceno e Fermo.

Al termine del periodo estivo la giuria

I partecipanti dovranno presenta-

proclamerà il vincitore che avrà diritto

re all’interno della propria struttura

ad una promozione personalizzata all’in-

uno o più piatti o un menù comple-

terno di una rivista specializzata.

to a base di pesche della Valdaso, il

Il Gusto...

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Buon appetito!


Crivelli e la frutta

I Crivelli e la frutta. Un fatto culturale, non una forzatura

I

n occasione della Notte dei Musei, del 17 maggio scorso, le giovani di Sistema Museo, hanno pensato bene a S.Elpidio a Mare di abbinare la visita al Crivelli, Vittore, alla degustazione di frutta. La stessa frutta con cui i due artisti - e non solo loro - arricchivano dipinti e pale d'altare. Un successo. Frutta, perché? Ce lo spiega uno scritto di Luigi Lanzi pubblicato nel 1789, in riferimento al Crivelli maggiore, cioè Carlo: «È pittor degno che si conosca per la forza del colorito più che pel disegno; e il suo maggior merito sta nelle piccole istorie, ove mette vaghi paesetti, e dà alle figure grazia, movenza, espressione, e talora qualche colore di scuola peruginesca [...] per il succo delle tinte e per un nerbo di disegno questo pittore può a buon diritto chiamarsi pregevolissimo tra gli antichi. Si compiacque d'introdurre in tutti i suoi quadri delle frutta e delle verdure, dando la preferenza alla pesca ed al cetriolo; quantunque trattasse tutti gli accessori con bravura tale che in finitezza ed amore non cedono al confronto de' fiamminghi. Non sarà inutile accennare che i suoi quadri sono condotti a tempera e perciò a tratti, e sono impastati di gomme sì tenaci che reggono a qualunque corrosivo; motivo per cui si mantennero lucidissimi.» Ed ora un rapido excursus sul simbolismo legato al mondo della botanica, che ha origini molto antiche; fu nel Medioevo e soprattutto nei numerosi trattati pubblicati nel Rinascimento che venne elaborato un codice simbolico applicato al mondo dei fiori e della frutta. Le fonti da cui venivano tratti i diversi simbolismi attribuiti a un singolo fiore o frutto potevano essere: la Bibbia, i Vangeli apocrifi, la mitologia classica (Metamorfosi di Ovidio), i testi scientifici come la Naturalis Historia di Plinio, il De Rerum Natura di Lucrezio; i trattati di agricoltura di Catone, Varrone, Columella; gli erbari che

Carlo e Vittore Crivelli, i due grandi pittori del Rinascimento marchigiano, anzi, Fermano-Ascolano. I loro quadri arricchiscono pinacoteche, chiese e musei di questa nostra terra.

elencavano le diverse proprietà naturali delle piante, spesso interpretate con connotazioni morali. Oltre al significato simbolico di ogni elemento va considerata la sua contestualizzazione nell'opera analizzata. Il cetriolo ad esempio potrebbe simbolizzare il peccato della lussuria. Il significato simbolico della ciliegina è eucaristico: il succo rosso rappresenta il sangue di Cristo sparso durante la Passione. La ciliegina rossa collocata accanto al cetriolo significherebbero peccato e redenzione. La stessa idea di redenzione viene espressa dal ben noto contrasto tra gli alberi verdi e quelli secchi mostrati ai lati della Vergine. Essi rappresentano l'Albero della Vita che si è seccato ed è morto con il peccato originale, per rinascere e diventare di nuovo verdeggiante con l'incarnazione di Cristo e con la sua Passione. La ghirlanda di frutta sospesa dietro la testa della Vergine, presente in diverse opere, può essere interpretata globalmente e anche attraverso la lettura del simbolismo individuale di ciascun frutto. Nel suo significato generale il serto simbolizza il frutto dello spirito o potrebbe essere una allusione al Cristo. Considerato individualmente, ogni frutto si orienta al Cristo o alla Trinità. Le prugne simbolizzano la Passione del Cristo a causa del proprio colore. Le nocciole e la pesca simbolizzano la trinità anche a causa della loro struttura triplice. La mela assume diversi significati: può simbolizzare la caduta dell'uomo oppure salvezza e redenzione, dipende se viene associata ad Adamo o al Cristo, il quale è il nuovo Adamo. Oppure potrebbe simbolizzare la croce di Cristo nella sua Passione. Il melograno o pomograno per i suoi chicchi rossi scuri, sanguigni, è simbolo di fecondità e di unità. Per il suo spaccarsi, allorché maturo, quasi il cuore del Crocefisso, è emblema della carità. Alle volte ancora preso come segno del martirio. In latino il vocabolo malum (“mela” e “male”) ha suggerito la traduzione con tali frutti dell'albero della seduzione nell'Eden. “Alla sua ombra bramo sedere dolce al mio palato è il suo frutto”: detto di Cristo, per custodia eucaristica. Dunque, nessuna forzatura nell'iniziativa elpidiense e nessuna concessione alle mode degustative. Ma giusto e interessante abbinamento. Da riproporre.

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della vita



La Fiera del Libro di Torino ha scoperto Il Gusto... della vita

N

A Torino...

di Claudio Desideri

on tutte le riviste riescono, con

la voglia di avere anche il numero 1 e quelli che ad

il loro numero “0”, ad essere

esso seguiranno. Perché non c’è cosa più importan-

immediatamente note ad un

te per un periodico che l’essere cercato, preso in

pubblico variegato ed interna-

mano, sfogliato e letto dalla prima all’ultima riga.

zionale.

Non tutte riescono a

Solo così il suo scopo sarà stato raggiunto. Comuni-

valicare, dopo i primi vagiti editoriali, i confini del

care per conoscere e farsi conoscere, per entrare in

proprio territorio per farsi conoscere ed apprezzare

contatto con il lettore ed abbattere le barriere del

per contenuti e veste grafica.

tempo e dello spazio e, nel caso specifico, far ap-

“Il Gusto... della Vita” si!. La rivista dei Cuochi del Fer-

prezzare il piacere delle cose importanti della vita.

mano è riuscita infatti ad essere presente ad uno de-

Quelle che conquistano il corpo e l’anima. Ed in

gli eventi editoriali più importanti a livello nazionale

questo la rivista c’è riuscita tanto da portarci a dire

ed internazionale: la Fiera del Libro di Torino. Più di

che in questa edizione 2008 la Fiera internazionale

300 mila sono stati i visitatori presenti nel 2008 e molti

del libro di Torino ha finalmente scoperto “Il Gusto...

di questi sono tornati a casa con in mano “Il Gusto...

della vita”.

della Vita”. La rivista è stata, per cinque giorni, dall’8 al 12 maggio, ospite dello stand della Regione Marche. Distribuita, in centinaia e centinaia, di copie è stata esposta insieme ai volumi e alle pubblicazioni della Regione, delle Province, delle Università e

Stand della Regione Marche alla Fiera del Libro di Torino

degli editori delle Marche. Presentata tra i trecento titoli proposti a Torino dall’editoria marchigiana, ben in vista nella vetrina delle opere più interessanti dello stand. Molte come si è detto le persone che l’hanno richiesta, sicuramente attratte dai contenuti, dal formato e dalla preziosa copertina che hanno appassionato più di un visitatore alla ricerca della cultura, della storia e delle tradizioni locali. L’augurio che facciamo al Gusto... della Vita è di aver allacciato, con chi ha portato a casa e sfogliato la rivista, quel filo invisibile che unisce la conoscenza a chi la cerca e di essere per questo apprezzata e richiesta da tutti coloro che nel valutarla sentiranno

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della vita


GAL Fermano

Notizie dal GAL Fermano

C

ome noto il percorso di riconoscimento dei Gruppi di Azione Locale (GAL) da parte della Regione Marche, è articolato in tre diverse fasi: 1.Riconoscimento dei requisiti dei GAL; 2.Elaborazione delle Strategie di Sviluppo Locale; 3.Elaborazione del Piano di Sviluppo Locale in cui dettagliare e specificare le linee strategiche di cui al precedente punto 2. Il GAL Fermano Leader ha superato la prima fase ed ha di conseguenza ricevuto dalla Regione Marche il formale riconoscimento del possesso dei requisiti necessari a partecipare alle successive due fasi. La fase in corso di svolgimento è la seconda. Essa ha avuto inizio il 5 giugno u.s. con la pubblicazione del Decreto del Dirigente della P.F. “Diversificazione delle attività rurali e struttura decentrata di Macerata” n. 59 del 27/05/2009, pubblicazione avvenuta sul BURM n. 53 del 05/06/2009. Il Consiglio di Amministrazione del GAL Fermano ha a disposizione 90 giorni per presentare alla Regione Marche il documento contenente le linee strategiche e per questo ha elaborato un calendario di incontri con gli operatori privati e con gli enti pubblici. Il calendario è organizzato in riunioni con le singole associazioni di categoria (circa 35 incontri) e con gli enti locali raggruppati invece in sub-aree (8 incontri). Lo staff del GAL Fermano è inoltre disponibile ad incontrare, su richiesta, tutti i soggetti portatori di interessi territoriali diffusi purché compatibili con le finalità operative del GAL Fermano. Per questo è possibile inoltrare una richiesta formale ai seguenti recapiti: • T 0734 634013 • F 0734 634214 • E info@galfermano.it per fissare incontri non attualmente previsti dal calendario istituzionale. Sono stati inoltre programmati due appuntamenti di verifica cui parteciperà la partnership pubblico-privata nel suo complesso: il primo si terrà l’11 di luglio e servirà a verificare in itinere il lavoro di redazione del documento. Il secondo, previsto intorno al 27 luglio, è quello di condivisione finale del documento prima della sua presentazione alla Regione Marche per la successiva approvazione. Poiché l’elaborazione del documento delle linee strategiche riveste un’importanza decisiva per il GAL Fermano, è stato costituito un gruppo di lavoro ad-hoc costituito da: Presidente del GAL Fermano; 3 componenti dello staff; 3 componenti del Consiglio di Amministrazione del GAL Fermano (due rappresentanti della parte privata ed uno della parte pubblica); Un rappresentante della Giunta Provinciale di Ascoli Piceno quale componente di raccordo fra la programmazione del GAL Fermano e l’analoga programmazione del GAL Piceno.

Il Gusto...

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Il gruppo di lavoro si completa con un consulente tecnico, figura che il GAL Fermano Leader sta ricercando con un bando emanato il 01/07/2008. Il bando è disponibile per la consultazione presso l’Albo Pretorio del comune di Magliano di Tenna, in Piazza Gramsci n. 25, sede legale del GAL. Restiamo in ogni caso a disposizione, ai riferimenti già indicati, per tutte le informazioni ed i chiarimenti del caso. Il gruppo di lavoro dovrà supportare il tecnico incaricato di redigere il documento delle linee strategiche con incontri settimanali, fino al licenziamento dell’elaborato e la sua consegna alla Regione Marche. Il lavoro dovrà concludersi nel corso della prima settimana di agosto in modo da lasciare, prima della scadenza della consegna del documento fissata al 2 settembre 2008, un congruo periodo di tempo necessario ad eventuali modifiche imposte dall’Ente approvatore (Regione Marche). Si ricorda infine che a breve riprenderà l’invio della news-letter per informare il territorio sul resoconto degli incontri della campagna di ascolto in corso di svolgimento. Chiunque fosse interessato a riceverla può inviare un messaggio di posta elettronica all’indirizzo info@galfermano.it con la richiesta di essere formalmente inserito nel database. I dati personali saranno trattati in osservanza del Codice in materia di protezione dei dati personali (D.Lgs. 196/2003).


Cucina dal mondo

Mangiare alla russa a cura di Orietta Foresi

A

Segreti della cucina russa di Markus Wolf

proposito del pane “l’uomo non vive di solo pane” sta scritto all’incirca in un passo del vangelo secondo Matteo. “ il pane è un dolce benedetto” e “il volto di Dio sta alla parete come il pane sul tavolo” recitano invece due detti popolari russi. Si narra che una volta, quando nelle case dei contadini russi o ucraini si faceva il pane, l’aroma del pane sfornato si sentiva nell’intero paese. In queste occasioni era tradizione lasciare le finestre aperte. Come quasi tutti i popoli slavi, anche i russi usano accogliere gli ospiti, offrendo loro “pane e sale” su un fazzoletto bianco ricamato. Da parte loro gli ospiti devono tagliare o rompere un pezzo di pane, intingerlo nel sale e mangiarlo. Ma ci sono altre occasioni in cui il pane gioca un ruolo importante. Una volta, per esempio, quando nasceva un figlio, la madre usava rompere due pezzi di pane: uno per sé, una da riporre nella culla del piccolo. Già negli anni quaranta alcuni scienziati avevano avviato degli studi sulla natura dell’aroma del pane. Vennero infatti individuate le combinazioni principali del suo odore caratteristico: maltosio, di acetilene, furfurolo e alcuni suoi derivati. Fino ad oggi sono state identificate ben 174 sostanze che ne costituiscono l’aroma. Per fortuna, però, i chimici non sono ancora riusciti a riprodurre in tubetti o in contenitori di plastica il profumo del pane del nostro fornaio o di una pagnotta russa, il kalac’! Per i russi il pane è l’alimento più importante in assoluto. A parte forse i pirozki e i bliny, il pane accompagna ogni piatto e viene servito in tavola sempre in abbondanza. Il tipico pane russo è quello nero, ovvero il pane di segala con l’aggiunta di lievito,ovviamente esiste anche il pane bianco di farina di frumento. Già all’inizio del secolo scorso il poeta Aleksandr Puskin, il “ Goethe russo”, aveva scritto: “È dura la vita per un russo a Parigi; non ha nulla da mangiare, e non c’è pane nero”. In Russia, nei periodi di carestia di grano la popolazione soffriva la fame anche se carne e pollame abbondavano. Il paradosso è che i russi impararono a seminare la segale dopo aver coltivato per 15 secoli il grano. Nel V secolo a.C Erodoto, di ritorno da un viaggio nei territori che oggi sono suolo

russo, narra come le popolazioni agricole sciite coltivassero il grano, un cereale molto simile al frumento. La segale, originaria dall’antico regno di Urartu, venne importata in russia solo nel XI-XII secolo. Proprio in quell’epoca avvenne lo scisma d’Oriente, e probabilmente anche a causa del pane. Gli ortodossi sostenevano infatti che durante la Santa Cena, ossia la Comunione, si dovesse usare solo pane lievitato (il pane benedetto nel primo giorno di Pasqua). Per i cattolici, invece, il pane benedetto era quello non lievitato. Sul vino per fortuna erano d’accordo. Quando nell’anno 1054, durante il sinodo di Reims, papa Leone IX annunciò la sua riforma della chiesa bollando il pane lievitato in quanto violazione del vero credo, Bisanzio si schierò dalla parte della chiesa russo-ortodossa assicurandosi così un fedele alleato. Ciò non toglie che in Russia il pane più diffuso sia quello nero di farina di segale. Poi c’è il pane misto di farina di segale e frumento. Da parte sua il pane bianco di farina di frumento è qualcosa di speciale. In russo le pagnottine e i panini di farina di frumento vengono chiamati bulki. L’altro tipo di pane bianco, considerato invece una vera leccornia tra i vari prodotti del forno è il kalac. Un tempo questo era il cosiddetto “pane con sale”che venive offerto ai regnanti, patriarchi o ad altri prestigiosi ospiti in segno di benvenuto. Non esiste festa russa senza pirog (pl. Piroga), ossia torta o pasticcio. Probabilmente il termine pirog deriva da pir che in russo significa “festa, banchetto, convito”. In Russia i piroga vengono preparati da che mondo è mondo. Nel XVII secolo il geografo e ricercatore Adam Orealius così scrisse di ritorno da un viaggio in Russia: “… i moscoviti hanno una sorte di torte, simili alle sfoglie ripiene o più ancora alle omelettes che vengono chiamati piroga… le farciscono con carne macinata o carne con cipolle e le friggono nel burro o, durante la quaresima, nell’olio; sono molto gustose e vengono offerte agli ospiti di maggiore riguardo”. Per la preparazione di questa fondamentale pietanza si era soliti, ma lo si è tuttora, usare ingredienti di qualità. Le ricette su come preparare i piroga sono infinite e per tutti i gusti: aperti, chiusi, tondi, quadrati, piccoli, grandi, fritti, cotti al forno… e infiniti sono ovviamente anche i ripieni.

□ PIROŽKI Ingredienti: 500 gr di farina 50 gr di burro fuso ¼ l di latte tiepido 20 gr di lievito 1 cucchiaino di zucchero 1 cucchiaino di sale Esecuzione: versare la farina a fontana in una terrina. Mettervi al centro il lievito con una presina di sale e 5 cucchiai di latte e amalgamare bene il tutto. Coprire l’impasto e lasciarlo riposare finché si sarà gonfiato. Versare il burro fuso lungo i bordi della terrina, aggiungere ancora un po’ di sale e il resto del latte. Quindi impastare energicamente finché forma delle bolle. Formare una palla, riporla nella terrina leggermente infarinata e coprirla. Lasciarla riposare al caldo e attendere che la massa raddoppi. Ingredienti per il ripieno di carne macinata: 500 gr di carne di vitello (o metà vitello e metà maiale) 3 uova 2 cipolle di media grandezza 80 gr di burro 1 mazzetto di aneto sale e pepe nero macinato Ingredienti per il ripieno di funghi: 800 gr di funghi freschi o funghi secchi messi a bagno 1 mazzetto di prezzemolo fresco sale e pepe nero macinato Squisiti sono i pirožki con ripieno misto di carne e di funghi. Per entrambi i ripieni: cuocere le 3 uova per 10 minuti. Tagliare a pezzettini le uova sbucciate, le cipolle e l’aneto (senza gambi). Rosolare brevemente nel burro già fuso e a fuoco non troppo vivace la carne macinata con le spezie e con il trito di cipolle, aneto e uova. Nel caso del ripieno di funghi, seguire lo stesso procedimento tranne un passaggio: uova e prezzemolo tritato vanno aggiunti solo dopo aver rosolato gli altri ingredienti. Al posto delle uova si possono mettere anche 4 cucchiai di panna acida. Aggiustare infine con sale e pepe. Per confezionare i pirožki: stendere la sfoglia fino a farla diventare sottile 0,5 cm. Con uno stampino tondo tagliare 12 pezzetti di sfoglia (si può anche non tirare la sfoglia, prendere dalla palla dei pezzetti di pasta e poi tirarli). Porre al centro delle piccole sfoglie un cucchiaino di ripieno e ripiegarle, formando dei fagottini ovali. Distribuire i fagottini sulla placca imburrata e infarinata e spalmarli con l’albume sbattuto a neve. Mettere la placca in forno, precedentemente scaldato a 200°, e lasciarli cuocere 15 minuti in modo che diventino belli dorati. Coprirli con un tovagliolo e servirli caldi. Nel caso si raffreddassero, scaldarli nuovamente in forno.

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della vita


Diario di bordo. Una traversata tra iniziative e proposte

L

'avete mai vista un'intera piazza trasformarsi in una grande osteria, dove si possono trovare i vini migliori dei maggiori produttori marchigiani? Beh, a S.Elpidio a Mare questo accade. E' accaduto il 2 luglio, accade il nove, accadrà il 16 in piazza Matteotti. Il Comune punta su questo tipo di iniziative. Le hanno chiamate “Arte e gusto” e l'edizione è la nona. A dare il giusto supporto è l'Associazione Italiana Sommelier, capitanata nelle Marche dell'instancabile Stefano Isidori. Sempre piazza Matteotti ospiterà inoltre, ma solo nella serata del 16 luglio, la gara di abilità culinaria tra amministratori locali. I sindaci si improvviseranno cuochi. Tolte giacca e cravatta, indosseranno il grembiule, la berretta da chef e metteranno le mani in pasta. È proprio il caso di dirlo. Come andrà a finire non è difficile indovinarlo: Alessandro Mezzanotte, primo cittadino elpidiense, in privato è un gran cuoco!!! Bella sarà la sfida tra Saturnino Di Ruscio e Giovanni Basso. Sotto sotto si contendono la presidenza della provincia di Fermo; sopra sopra forse un piatto di spaghetti all'amatriciana. Vedremo.

Restiamo a S.Elpidio a Mare dove s'è svolto il 4 luglio un omaggio a re Asparago. Una giornata di degustazioni ma anche di convegni e approfondimenti tematici con medici, esperti, storici e... golosi. Il sindaco di Montegiberto Corrado Corradi ha confermato: “tra qualche mese, passata l'estate, procederò con una De. Co.”. Il prodotto che avrà la denominazione comunale non è stato svelato. Attendiamo trepidanti. Le De.Co nate nel nostro territorio (ne parliamo in altra parte del giornale) sono il risultato di un incontro che Paolo Massobrio, Presidente nazionale del Club di Papillon, ebbe tre anni fa a Fermo con una decina di sindaci del Fermano. A proposito di Papillon, il Club Marche Sud guidato da Pio Mattioli ha proposto una serie di itinerari enogastronomici lungo le nostre vallate pubblicati in un recente numero del settimanale La Voce delle Marche. Pubblicato invece in un libro dedicato a Bruno Lauzi, e uscito a livello nazionale, un ricordo che il Club marchigiano ha voluto fare dell'artista venuto a P.S.Giorgio (e in precedenza all'Abbadia di Fiastra) pochi mesi prima di morire.

Sfogli l'indice e già ti viene l'acquolina in bocca. Leggiamo per voi una parte dell'elenco dei dolci tipici e delle rispettive ricette: per Carnevale, Castagnole di Marisa, Castagnole alle mele di nonno Silvano, Frittelle al vento della signorina Anna, Vigné, Bombette, Sfrappe, Cicerchiata di nonna Gloria, Orecchia de Carnuà di Marialina, Scroccafusi della signora Delia, Pesche; per San Giuseppe, Zeppole, Ciambelline di patate, Frittelle di riso, Crema fritta; per Pasqua, Pizza dolce, Ciammella di Pasqua della signora Dina, Pizza battuta, Pizza battuta profumata, Picù, Flan; per i dolci della domenica, Ciammellotto rustico, Ciammellotto morbido, Ciammella. Potremmo continuare ancora con i dolci d'autunno, e quelli di natale. Prenderemmo dieci pagine. Ci fermiamo qui, perché quel che abbiamo anticipato - e molto di più ancora - è contenuto in un gran libro - grande e bello - presentato tra l'altro qualche mese fa ad Herbaria. Lo ha scritto la gentile signora Manuela Di Chiara, le foto sono di sua sorella Lucilla. Lo ha pubblicato la Fondazione Cassa Risparmio di Macerata. E' uno scrigno di ricette e un patrimonio di storia culinaria. Già il titolo dice tutto: “Ricette, ricordi, racconti”. Eh sì, perché Manuela ha messo mano ad un tesoro che aveva in casa. Risale alla sua bisnonna Filomena Carradori. E siamo agli inizi del 1800. La bisnonna Filomena ha la ventura di frequentare le cucine di un convento e, guarda di qua, guarda di là, quando ne esce ha portato con sé una sorta di diario. Il prezioso ricettario viene passato da madre in figlia, sino a Manuela che, appassionata di cucina e tradizioni, ci fa un dono meraviglioso: non solo il ricettario della bisnonna, ma tutto quello che nel tempo la nostra signora ha rintracciato nella sua curiosa “cerca” della gastronomia locale. Ma sentite cosa scrive Manuela nella sua introduzione: “...la cucina è una delle espressioni più significative del patrimonio culturale di un popolo perché ci permette di conoscere le tradizioni, la religione e l'economia del territorio. Attraverso la cucina viviamo in stretto rapporto con la natura e siamo chiamati a rispettarne i cicli produttivi. La cucina infatti ha sempre accompagnato l'attività produttiva della terra nelle diverse stagioni dell'anno e il lavoro dell'uomo ad essa conseguente”. Un “grazie” a Manuela, in attesa del secondo volume... (Lupo Nobile)

F.I.C. Ass.ne Cuochi della Provincia di Fermo via Legnano, 2 63018 Porto Sant’Elpidio tel. (+39) 330 650208

Il Direttivo dell’Associazione Cuochi provincia di Fermo è formato dai “Magnifici sette” Sandro Pazzaglia, Adriano Berdini, Fabrizio Ferracuti, Paola Ippoliti, Sandro Montironi, Walter Testoni e Luciano Vecchiotti. A loro il merito di aver dato vita ad alcune tra le più belle manifestazioni di quest’anno. Ai colleghi e agli amici il merito di aver apprezzato e partecipato. E non è che l’inizio!

Il Gusto...

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